REGOLA BOLLATA DI SAN FRANCESCO – 4
CAPITOLO IV – CHE I FRATI NON RICEVANO DENARI
1 Comando fermamente a tutti i frati che in nessun modo ricevano denari o pecunia, direttamente o per interposta persona. 2 Tuttavia, i ministri e i custodi, ed essi soltanto, per mezzo di amici spirituali, si prendano sollecita cura per le necessità dei malati e per vestire gli altri frati, secondo i luoghi e i tempi e i paesi freddi, così come sembrerà convenire alla necessità, 3 salvo sempre il principio, come è stato detto, che non ricevano denari o pecunia.
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Approfondimenti
È utile richiamare come il Santo all’inizio del suo cammino di conversione si spogliò di tutti i suoi beni, donandoli ai poveri, e si incamminò povero dietro il Cristo povero. Questa stessa scelta di lasciare tutto la consegnava a coloro che gli chiedevano di poter condividere la sua vita e missione. La vita semplice della prima fraternità comportava il dover lavorare per mantenersi, evitando in ogni modo l’attaccamento al denaro e l’assumere incarichi che non permettevano di vivere da minori e sottomessi a tutti. Francesco e i suoi frati iniziarono il loro viaggio comune separandosi da relazioni e da possedimenti che li legavano all’interno della società e si incamminarono su quella che compresero essere la via del Signore. Vissero tra la gente come uomini di pace e di servizio, diffondendo la luce che portavano dentro.
Questo capitolo è più restrittivo rispetto a quello di Rnb VII, infatti nel 1221 viene esplicitamente proibito ai frati di usare o ricevere denaro per procurarsi vestiti o libri, come ricompensa del lavoro, per qualunque casa o luogo o per qualsiasi altro scopo. Solo un’eccezione è ammessa: per la manifesta necessità dei malati, i frati possono usare denaro. Questa eccezione non è più prevista nel 1223, dove la proibizione del denaro è assoluta. I casi, nei quali per lo più si doveva usare denaro, necessità dei malati e vestiti, vennero regolati in modo che i ministri e i custodi, ed essi soli, dovessero pregare gli amici spirituali di pagare le spese.
Per amici spirituali si intendono quei benefattori che, essendo legati ai frati, erano disposti ad aiutarli con i loro beni. In questo modo si ottiene che i frati stessi non fossero obbligati ad usare denaro [con il termine denaro possiamo supporre che si facesse riferimento al denaro grosso] o pecunia [pecunia non è solo il denaro contante, ma ogni cosa della quale gli uomini sono soliti usare, quando serve come prezzo delle cose da pagare, o che si dà o si riceve in luogo di denaro contante], ma si rivolgevano agli amici spirituali per un aiuto esclusivamente a favore dei frati infermi. Entrambe queste precisazioni riguardo al denaro e agli amici spirituali presumono che i frati vivessero in gruppi piccoli come dei nuclei familiari e che non si appropriassero di ciò che avevano e che utilizzavano. Nel capitolo V della Rb la proibizione del denaro viene riferita al caso specifico della ricompensa del lavoro: “Come ricompensa del lavoro ricevano le cose necessarie al corpo, per sé e per i loro fratelli, eccetto denari o pecunia” (Rb V, 4: FF 88).
La proibizione del denaro nella pratica provocò una serie di questioni di carattere giuridico, soprattutto a riguardo del ricorso all’amico spirituale. Nel 1230 i frati riuniti nel loro Capitolo generale discussero animatamente sulla Regola, enucleando alcune affermazioni di dubbia interpretazione, che sottoposero all’interpretazione di Gregorio IX perché sciogliesse i dubbi; tuttavia la questione degli amici spirituali non compariva tra quelle presentate. Con la bolla papale Quo elongati, i superiori si trovano affiancati da un agente finanziario che funzionava da mediatore tra l’Ordine e i suoi benefattori.
Dal punto di vista giuridico o anche materiale, come la proibizione giuridica di possedere, così anche la proibizione del denaro poteva venire osservata soltanto con l’implicazione di persone che vivevano al di fuori dell’Ordine.
Tratto da: FRATI MINORI di Canepanova – Pavia ● Centenari francescani: la Regola bollata