REGOLA DI SAN BENEDETTO – 21

Capitolo XXI – I decani del monastero

1 Se la comunità è abbastanza numerosa, si scelgano in essa alcuni monaci di buon esempio e di santa vita per costituirli decani; 2 essi vigileranno premurosamente, secondo le leggi di Dio e gli ordini dell’abate sui gruppi di dieci fratelli affidati alle loro rispettive cure. 3 Come decani devono essere eletti quei monaci con i quali l’abate possa tranquillamente condividere i suoi pesi 4 e in tale scelta non bisogna tener conto dell’ordine di anzianità, ma regolarsi solo in considerazione della condotta esemplare e della scienza delle cose di Dio. 5 Se poi fra questi decani ce ne fosse qualcuno che, montato un po’ in superbia, dovesse essere ripreso, sia rimproverato una prima, una seconda e una terza volta e, se non vorrà correggersi, 6 venga sostituito con un altro veramente degno. 7 La stessa cosa stabiliamo per il priore.

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Approfondimenti

Decanus (decano) o decurio (decurione) era chiamato nell'esercito romano chi era a capo di una “decuria” o “contubernium”, cioè un gruppo di dieci soldati; così era divisa la “centuria” (=100 soldati), con a capo un “centurione”. Però i monaci antichi, per l'organizzazione in decanie non si rifanno all'esercito romano, ma sopratutto alla Scrittura (Esodo). La fonte a cui attinge SB è la tradizione monastica egiziana ampiamente attestata da S. Girolamo (Epistola 22,35), S. Agostino (Costumi della Chiesa cattolica 1,67) e sopratutto da Cassiano (Inst. 4,7.10.17): i cenobiti egiziani erano ordinati a gruppi di dieci sottoposti ciascuno a un decano; il complesso di dieci decurie stava alle dipendenze di un capo superiore (“centesimus”). Cassiano non usa mai la parola “decano”, ma “praepositus” (come farà la RM) o “senior” (più anziano).

Secondo la RM (c. 11) i prepositi (= i decani della RB) sono dei guardiani perpetui e minuziosi (difatti ne vengono prescritti due per ogni decania, mentre ciò non appare nella RB) il cui primo dovere consiste nello stare sempre con i fratelli e vegliare su ogni loro difetto e riprenderli immediatamente con avvertenze appropriate citando la Scrittura. Certo, al lettore moderno desta meraviglia il vedere applicato ad adulti un sistema di vigilanza che oggi non si concepisce nemmeno per i fanciulli!

Nella RB l'incarico di un decano è di più largo respiro, più pedagogico e più spirituale, come appare dalle qualità richieste (vv.1-4).

1-4: Nomina, qualità e ufficio dei decani La necessità di ricorrere a decani si avvera solo quando la comunità è alquanto numerosa (cioè – considerando che SB parla sempre di decanie al plurale – non al di sotto di una ventina di membri). SB in questo capitolo ha certo presente, come Cassiano (Inst. 4,7), l'episodio di Ietro che consiglia a Mosè di procurarsi degli uomini di buona fama e timorati di Dio che lo aiutassero nel giudicare il popolo (Es 18,21 e parallelo Dt 1,13), ma più ancora l'elezione dei primi diaconi (Atti 6,1-3).

Abbiamo nel testo tre volte la parola “elegantur” e una volta la parola “constituentur”. Da chi erano scelti i decani? Certo non si può pensare ad una elezione da parte della comunità con valore deliberativo anche contro il volere dell'abate; è troppo chiaro da tutta la Regola che, per conservare la pace e l'unione, l'organizzazione dipende dall'abate. Dunque era certamente lui a costituire i decani; ma non può escludersi da testo e dal contesto che nella scelta entrassero anche altri membri della comunità; o i monaci presentavano i candidati, oppure l'abate consultava alcuni fratelli “timorati di Dio” (RB 65,15).

Come si diceva sopra, l'incarico di decano in RB, a differenza di RM, è più pedagogico e spirituale. Si esige anzitutto che siano “stimati”, letteralmente “di buona reputazione” boni testimonii fratres, espressione tratta da Atti 6,3 a proposito dei diaconi; inoltre che siano di “santa vita monastica” sanctae conversationis. Più sotto, al v. 4, abbiamo una coppia di qualità richieste per chi deve essere ordinato abate (RB 64,2): vitae meritum et sapientiae doctrinam (santita` di vita e dottrina spirituale). Il significato è evidente: che l'abate “possa condividere con loro tutti i pesi suoi” (v. 3), (l'espressione richiama Es 18,22), compresa la responsabilità spirituale: insegnare le vie di Dio ai fratelli loro affidati.

5-7: Provvedimenti in caso di decani indegni o di priore indegno Abbiamo anche un'anticipazione del codice penale (che inizia al c. 23), per il caso dei decani indegni che montassero in superbia; per i monaci l'ammonizione era duplice (RB 23,2), per i decani è triplice.

Improvvisamente appare la menzione del “presposito”, quello che oggi si chiama priore. SB, influenzato dalla mentalità pacomiana, preferisce certo l'organizzazione del monastero in decanie (RB 65,12); è probabile che quando scriveva il presente capitolo non pensava ancora all'istituzione del priore; costretto poi dall'esperienza e dall'uso, lo avrà permesso; e allora avrà aggiunto questa postilla (v. 7) al c.21. Più tardi ancora, meglio ammaestrato dall'esperienza, sarà stato indotto a scrivere il c. 65; si osservi infatti che lì prescriverà quattro (e non tre) ammonizioni per il priore (RB 65,18).

Oggi alcune mansioni degli antichi decani sono raccolte nel priore (o vice-priore); altre sono ripartite tra gli officiali del monastero, sopratutto economo, maestro dei novizi, ecc. Il senso della corresponsabilità poi è inculcato dalla mentalità nuova della Chiesa e dall'importanza del capitolo di famiglia. (Talvolta i decani si usano soltanto per i gruppi di novizi o di giovani monaci nel periodo di formazione).

Tratto da: APPUNTI SULLA REGOLA DI S. BENEDETTO – di D. Lorenzo Sena, OSB. Silv.


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