REGOLA DI SAN BENEDETTO – 44
Capitolo XLIV – La riparazione degli scomunicati
1 Il monaco che per colpe gravi è stato escluso dal coro e della mensa comune, al termine dell’Ufficio divino si prostri in silenzio davanti alla porta del coro, 2 rimanendo lì disteso con la faccia a terra dinanzi a tutti quelli che escono 3 e continui a fare in questo modo fino a quando l’abate non giudichi che ha sufficientemente riparato. 4 Quando poi sarà chiamato dall’abate, si getti ai piedi di lui e di tutti i fratelli per chiedere le loro preghiere. 5 Allora, se l’abate vorrà , potrà essere riammesso in coro al suo posto o a quello designato dallo stesso abate, 6 senza permettersi, però, di recitare un salmo, una lezione o altro, a meno che l’abate glielo ordini. 7 Inoltre al termine di tutte le Ore dell’Ufficio divino, si prostri a terra lì dove si trova 8 e faccia così la sua riparazione, finché l’abate non metterà fine a questa penitenza. 9 Quelli, invece, che per colpe più leggere sono stati esclusi solo dalla mensa, facciano penitenza in coro per il tempo stabilito dall’abate 10 e la ripetano fin tanto che questi li benedica e dica: Basta!
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Approfondimenti
Il capitolo parla della soddisfazione e riconciliazione dei monaci scomunicati. Cassiano prevede un rito molto semplice: una semplice prostrazione alla fine dell'Ufficio e l'ordine dell'abate di alzarsi (Inst. 4,16). RM 14 è più complicata: prostrazione alla porta durante l'Ufficio, preghiera della comunità all'abate, rimprovero al penitente e sua promessa di correggersi, preghiera della comunità , versetto “Confitemini...” (Confessatevi...), lunga preghiera, nuovo avvertimento, versetto “Erravi...” (Ho peccato...). RB in parte ritorna alla semplicità di Cassiano, in parte conserva il cerimoniale di RM.
1-8: Soddisfazione degli scomunicati: scomunica maggiore I colpiti da scomunica maggiore (RB 25) devono seguire questa procedura in quattro fasi: anzitutto la prostrazione alla porta dell'oratorio “in silenzio, con la faccia rivolta a terra, ai piedi di tutti i fratelli man mano che escono”; e non una volta sola, ma fino a quando lo giudica l'abate (vv. 1-3). Potremmo qui notare la falsariga della procedura della Chiesa per i penitenti pubblici i quali aspettavano davanti alla porta della basilica). Poi, chiamati dall'abate, si prostrano davanti a lui e a tutti per chiedere preghiere: è un rito silenzioso, non si pronuncia nessuna orazione a voce alta (a differenza della lunga orazione di RM. 14,25-73). Quindi, se l'abate lo concede, tornano al loro posto in coro. Però non potranno recitare salmo o lettura come solista in coro e alla fine di ogni ora canonica si prostrano a terra al loro posto. Questa soddisfazione durerà fin quando l'abate lo giudicherà opportuno. Così la procedura potrà essere più o meno lunga; è da notarsi l'insistenza di S. Benedetto sul giudizio personale e la responsabilità pastorale dell'abate, il quale deve essere spinto solo dal desiderio di provare la sincerità e la perseveranza del monaco penitente e assicurare meglio la sua conversione. SB si ispira alla medesima carità e al realismo dei cc.27-29; è più pedagogico rispetto a RM, perché conosce meglio la psicologia e ha esperienza diretta.
9-10: Soddisfazione degli scomunicati: scomunica minore Gli scomunicati solo dalla mensa (scomunica minore: RB 24) fanno la soddisfazione nell'oratorio fino a quando l'abate con la sua benedizione dice che basta. Consisteva nella prostrazione alla fine dell'Ufficio e probabilmente nel non intonare salmi e antifone, come nella terza e quarta fase del rituale sopra descritto (vv.6-7).
Tratto da: APPUNTI SULLA REGOLA DI S. BENEDETTO – di D. Lorenzo Sena, OSB. Silv.
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