REGOLA DI SAN BENEDETTO – 54
Capitolo LIV – La distribuzione delle lettere e dei regali destinati ai singoli monaci
1 Senza il consenso dell’abate nessun monaco può ricevere dai suoi parenti o da qualunque altra persona lettere, oggetti di devozione o altri piccoli regali e neanche farne a sua volta o scambiarli con i confratelli. 2 E anche se i parenti gli mandassero qualche dono, non si permetta di accettarlo, senza averne prima informato l’abate. 3 Ma questi, anche nel caso che dia il suo consenso per ricevere il dono, può sempre assegnarlo a chi vuole 4 e il monaco a cui era destinato non deve farsi di questo un motivo di afflizione, per non dare occasione al diavolo. 5 Se poi qualcuno si provasse a comportarsi diversamente, sia sottoposto ai castighi dalla Regola.
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Approfondimenti
Non ricevere nulla senza permesso Questo breve capitolo non è che l'applicazione di quanto prescritto in RB 33,2: “Nessuno ardisca dare o ricevere qualcosa senza il permesso dell'abate”. Si è già detto quanto SB sia severo in materia di povertà , per lo spogliamento e il distacco del monaco. La fonte è soprattutto S. Agostino (ma anche Pacomio, Cassiano, Cesario); tuttavia, mentre Agostino parla della castità (ricevere alcunché da qualcuna, cioè da una donna) e della clausura, RB si riferisce alla povertà (e all'obbedienza: non disporre di nulla senza il permesso dell'abate).
Per il monaco destinatario si aggiunge la raccomandazione di non lamentarsi (cf RB 34,3) nel caso che l'abate dia il permesso di accettare il regalo e poi lo dia a un altro fratello che forse ne ha più bisogno, secondo lo spirito del c. 34: è un caso concreto di distribuzione delle cose in comune. Pertanto quel monaco a cui era inviato il regalo non deve rattristarsi, “per non dare occasione al diavolo” (cf Ef 4,27; 1Tim 5,14), cioè per non cedere alla tentazione del malcontento, dell'agitazione, della mormorazione.
Il termine “eulogia” (letteralmente: “buona parola”, “benedizione”) ha tanti significati: designava anzitutto l'Eucarestia e il pane benedetto durante la messa che si inviavano vicendevolmente vescovi e presbiteri, in segno di comunione e di amicizia. S. Paolino da Nola ne mandava ai suoi amici, come S. Agostino. Anche quel briccone di Fiorenzo, quando inviò a SB il pane avvelenato, simulò di mandare un'eulogia (II Dial. 8). Designava ancora il pane offerto dai fedeli che non veniva consacrato per l'Eucarestia e veniva distribuito al termine della liturgia. Il vocabolo servì poi ad indicare ogni pio dono, come reliquie, medaglie, immagini e anche frutta e piccoli doni tra i più vari. In questo testo, dunque, significa piccoli regali, magari con incluso il carattere quasi sacro di regalo tra ecclesiastici e persone consacrate a Dio (SB pensa probabilmente ai regaletti fatti ai monaci dalle monache o pie donne, cf II Dial. 19).
Tratto da: APPUNTI SULLA REGOLA DI S. BENEDETTO – di D. Lorenzo Sena, OSB. Silv.
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