REGOLA DI SAN BENEDETTO – 56

Capitolo LVI – La mensa dell’abate

1 L’abate mangi sempre in compagnia degli ospiti e dei pellegrini. 2 Ma quando gli ospiti sono pochi, può chiamare alla sua mensa i monaci che vuole. 3 Sarà bene tuttavia lasciare uno o due monaci anziani con la comunità per il mantenimento della disciplina.

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Approfondimenti

1-3: Senso del capitolo Il breve capitolo va considerato come complemento del capitolo dell'ospitalità: c'è una cucina e una mensa propria per i forestieri e per l'abate. Questi mangia sempre con gli ospiti e, nel caso questi fossero pochi, l'abate può invitare alcuni dei fratelli, purché rimangano sempre uno o due seniori a tutelare la disciplina nel refettorio comune.

Il capitolo, uno dei più brevi di tutta la Regola, è stato il tormento dei commentatori, antichi e moderni. Alcuni hanno ritenuto inammissibile che SB faccia mancare abitualmente l'abate dalla mensa comunitaria, che è uno dei segni maggiori della vita fraterna e della comunità radunata nel nome di Cristo. DeVogué ha interpretato che gli ospiti fossero introdotti nel refettorio monastico e mangiassero alla “tavola” (“mensa” = nel senso di tavola) dell'abate, in giorno di digiuno con orario diverso (in modo che l'abate – solo lui – interrompesse il digiuno), negli altri giorni insieme alla comunità. Ma questa ipotesi renderebbe incomprensibile il v. 3 e non risponderebbe alla “mens” di SB, il quale vuole che gli ospiti non disturbino con la loro presenza la vita regolare dei monaci.

Dobbiamo dire che separare l'abate dai fratelli in un momento così significativo della vita della comunità come la refezione comune, costituisce il prezzo che SB si considerò obbligato a pagare affinché l'esercizio dell'ospitalità non intralciasse lo svolgimento normale del ritmo della giornata monastica. Certo, la cosa generò, nel corso dei secoli, abusi e inconvenienti: si pensi alla grande stortura che più tardi si verificò dando alla “mensa abbatis” il senso di “beneficio ecclesiastico”, con patrimonio proprio, distinto da quello della comunità; fu il pretesto per una lunga serie di gravi abusi che influirono molto negativamente sullo spirito monastico, specialmente nel periodo dei cosiddetti “abati commendatari”.

Naturalmente, oggi, tutto ciò è sorpassato e l'abate presiede abitualmente ai pasti comuni; gli ospiti o mangiano a parte o sono ammessi al refettorio monastico assieme alla comunità.

Tratto da: APPUNTI SULLA REGOLA DI S. BENEDETTO – di D. Lorenzo Sena, OSB. Silv.


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