REGOLA DI SAN BENEDETTO – 67

Capitolo LXVII – I monaci mandati in viaggio

1 I monaci, che sono mandati in viaggio, si raccomandino alle preghiere di tutti i confratelli e dell’abate; 2 e nell’orazione conclusiva dell’Ufficio divino si ricordino sempre tutti gli assenti. 3 Quelli, poi, che rientrano, nel giorno stesso del loro ritorno si prostrino in coro al termine di tutte le Ore canoniche, 4 implorando dalla comunità una preghiera per riparare le mancanze eventualmente commesse durante il viaggio, guardando o ascoltando qualcosa di male o perdendosi in chiacchiere. 5 E nessuno si permetta di riferire ad altri quello che ha visto o udito fuori del monastero, perché questo sarebbe veramente rovinoso. 6 Se poi qualcuno si provasse a farlo, sia sottoposto al castigo previsto dalla Regola. 7 Allo stesso modo sia punito chi osasse oltrepassare i confini del monastero o andare in qualunque luogo o fare qualsiasi cosa, sia pur minima, senza il consenso dell’abate.

=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti

Norme per i fratelli in viaggio I viaggi senza dubbio sono inevitabili. È curioso notare che proprio immediatamente dopo il c. 66 che insiste rigorosamente nulla necessità di rimanere in monastero, il primo dei capitoli aggiunti (ricordiamo che i cc. 67-73 sono stati aggiunti dopo la prima redazione della Regola che terminava al c. 66) parla dei fratelli mandati in viaggio. Necessità di apostolato, di carità, di interessi del monastero e anche di famiglia possono esigere che i fratelli viaggino. RB. 67 si limitava comunque a far notare i pericoli spirituali a cui può andare incontro il monaco fuori del suo ambiente più naturale, e SB richiama continuamente l'aiuto soprannaturale. I partenti si raccomandano alla preghiera della comunità (v. 1); essi poi durante l'assenza vengono ricordati alla fine dell'ufficio (v. 2: questo si fa ancor oggi con il “Divinum auxilium...); al ritorno chiedono perdono delle eventuali colpe commesse fuori (vv. 3-4). In questo contesto si comprende la prescrizione seguente (vv. 5-6), di non riferire le cose viste o udite fuori ai fratelli rimasti dentro, sempre per evitare il pericolo di far entrare la mentalità del mondo nel monastero. Il v. 7 aggiunge la pena regolare per chi esce dal monastero senza il permesso dell'abate, o per chi compie qualsiasi cosa (l'interpretazione secondo il contesto sembra essere: qualsiasi cosa fuori dal monastero), senza il permesso dell'abate. Il santo Patriarca non perde occasione per riaffermare l'autorità del “padre del monastero”. Tuttavia SB non prescrive niente di straordinario: i Regolamenti di Pacomio hanno disposizioni molto simili. Anche per questo brano va tenuto conto, oggi, della nostra situazione diversa; va interpretato secondo quanto già detto al capitolo precedente.

Tratto da: APPUNTI SULLA REGOLA DI S. BENEDETTO – di D. Lorenzo Sena, OSB. Silv.


🔝C A L E N D A R I OHomepage