REGOLA DI SAN BENEDETTO – 68

Capitolo LVIII – Le obbedienze impossibili

1 Anche se a un monaco viene imposta un’obbedienza molto gravosa, o addirittura impossibile a eseguirsi, il comando del superiore dev’essere accolto da lui con assoluta sottomissione e soprannaturale obbedienza. 2 Ma se proprio si accorgesse che si tratta di un carico, il cui peso è decisamente superiore alle sue forze, esponga al superiore i motivi della sua impossibilità con molta calma e senso di opportunità, 3 senza assumere un atteggiamento arrogante, riluttante o contestatore. 4 Se poi, dopo questa schietta e umile dichiarazione, l’abate restasse fermo nella sua convinzione, insistendo nel comando, il monaco sia pur certo che per lui è bene così 5 e obbedisca per amore di Dio, confidando nel Suo aiuto.

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Approfondimenti

Questo capitolo, uno dei più belli di tutta la Regola, fa parte della serie degli ultimi capitoli (67-73) propri di SB, i quali – secondo Delatte – possono considerarsi il testamento spirituale del santo Patriarca e sono interamente immersi nella luce di Dio e impregnati della sua dolcezza; e – secondo De Vogué, di altra generazione e di altra scuola – il capitolo 68 uno dei passi più caratteristici e più preziosi della RB; dopo tanti commenti conviene fermarsi ad ammirare la sua dottrina tanto ferma e insieme tanto armoniosa, tanto soprannaturale e insieme tanto umana. SB torna ad occuparsi dell'obbedienza sino alla fine della sua Regola. Non si tratta di una ritrattazione o rettifica di certe cose, come potrebbe dirsi in qualche modo del capitolo 64 rispetto al capitolo 2 per quanto riguarda l'abate; si tratta invece di una appendice, di una precisazione molto interessante.

Diversità dal capitolo 5 Ci troviamo di fronte a una caso estremo di obbedienza: come deve reagire in situazioni difficilissime il monaco desideroso di obbedire? A risolvere la questione ci si presenta un autore con un linguaggio e una mentalità certamente diversi dal capitolo 5; o non è la stessa persona o è talmente maturata in età, esperienza, saggezza da non sembrare la stessa. Si può dire, giustamente, che nel capitolo 5 l'obbedienza è messa a fuoco dal punto di vista dell'abate, mentre nel capitolo 68 dal punto di vista del discepolo. Tuttavia ciò non è sufficiente ad eliminare la distanza tra i due capitoli: nel primo una dottrina austera, esigente, teorica; nel secondo un insegnamento altrettanto soprannaturale e in fondo anche piÚ esigente, però nello stesso tempo pieno di umanità, di comprensione, di finezza psicologica. È veramente una perla tra le piÚ fini della RB, un capitolo meraviglioso non solo sotto l'aspetto dottrinale, ma anche letterario.

Fonti Non si trovano paralleli del capitolo 68 in quanto tale; niente del sapere e della mentalità del capitolo nella RM secondo la quale l'obiezione del fratello ad accettare ed eseguire immediatamente un ordine, merita subito la scomunica e la pena (RM 57,14-16). Si possono tuttavia considerare i seguenti testi: la Regola di S. Basilio 69; Pseudo-Basilio: Ammonizione al figlio spirituale 6; S. Cesario di Arles: Discorso 233,7; e sopratutto Cassiano: Istituzioni 4,10. Quest'ultimo, a proposito di monaci obbedienti, aggiunge che essi “non solo ricevono con fede e devozione comandi umanamente impossibili, ma si sforzano anche di adempierli senza alcuna esitazione del cuore, non misurando l'impossibilità per riverenza e sottomissione al loro seniore”. Probabilmente questo passo, con il richiamo alle cose impossibili, avrà ispirato SB; ma in esso manca completamente il processo psicologico-pedagogico, meravigliosamente descritto nel capitolo 68 della RB.

STRUTTURA di RB 68 Il capitolo non presenta difficoltà d'interpretazione; basta leggerlo e seguirlo parola per parola. È come un piccolo dramma, piccolo per durata ma grande per intensità e profondità, in tre atti:

  1. il monaco riceve un ordine estremamente difficile e lo accetta con perfetta docilitĂ  e sottomissione (v.1);
  2. se, soppesato il tutto, vede che sembra superare le sue forze, il monaco è autorizzato a presentare le ragioni della sua impossibilità (vv.2-3);
  3. se il superiore non cambia parere, il monaco sappia che gli conviene obbedire e obbedisca (vv.4-5)

1: Il caso difficile Nonostante la prudenza e la discrezione raccomandata da SB all'abate (specie nel capitolo 64), nonostante la retta intenzione del superiore di dare ordini ragionevoli, può anche avvenire che il comando appaia insopportabile. Gravia aut impossibilia: significa qualcosa di difficile o addirittura di impossibile. Difficile: significa “troppo pesante per le proprie forze”. Impossibile: non nel senso in cui allude Cassiano nel testo citato sopra (Ist. 4,10), cioè di cose che il superiore stesso conosce impossibili e comanda solo per provare il monaco e distruggere ogni attaccamento alla propria volontà, ma nel senso che paiono impossibili a chi li riceve. Si può notare inoltre che spesso una cosa sembra impossibile solo finché non la si fa. SB vuole che all'inizio, anche in casi così ardui per la debolezza umana, si riceva l'ordine con perfetta docilità e sottomissione.

2-3: dialogo filiale con il superiore Il monaco soppesa l'ordine ricevuto e conclude che veramente è superiore alle sue forze. Ed ecco allora il tocco paterno di SB e la larghezza del suo spirito: non si irrigidisce subito sulla esecuzione del comando, ma permette che il monaco suggerat (faccia presente) la sua difficoltà; la voce del monaco può illuminare anche il superiore e indurlo a modificare o a ritirare il comando. Però SB insiste: “con sottomissione e a tempo opportuno” – due qualità positive – “senza arroganza, puntiglio od opposizione – tre note negative –. È l'atteggiamento proprio dell'umiltà; anche il verbo “suggerat” indica il parlare sommesso e umile di chi accenna appena, fa presente con calma.

4-5: Obbedienza eroica per amore Ma anche dopo l'esposizione delle difficoltà, il superiore può avere ancora le sue valide ragioni per persistere nell'ordine dato. È il momento in cui viene messo alla prova tutto il fondo soprannaturale che ispira l'obbedienza, è il momento della fede di Abramo, dell'obbedienza eroica. “Sappia...” Con questo verbo SB introduce un'ammonizione di grave importanza. Ricordi bene il monaco che, nonostante tutto, gli conviene abbracciare la via dell'obbedienza: la mente si ribella, il cuore sanguina, ma Dio può chiedere questa testimonianza d'amore.

Bello il v. 5, anche letterariamente, pare quasi ritmato a tre cadenze: et ex caritate – confidens de adiutorio Dei – oboediat. “E per amore” – “confidando nell'aiuto di Dio” – “obbedisca”.

CONCLUSIONE Senza togliere nulla alla dottrina dell'obbedienza, SB in questo capitolo l'ha umanizzata e posta al livello del cuore del discepolo. Un momento nuovo – il suggerat (faccia presente) – si è introdotto nello schema dell'obbedienza e conferisce a questa un valore più alto, quello dell'atto compiuto in piena luce in cui il superiore e il suddito agiscono ormai ambedue in piena conoscenza di causa. La considerazione della persona del monaco e della impossibilità soggettiva da lui sperimentata approfondisce e arricchisce il tema dell'obbedienza, dà luogo a un approfondimento psicologico, a uno sforzo educativo che prende come punto di partenza la ripugnanza interiore e la trasforma in profitto spirituale per il monaco (De Vogué).

È facile osservare quanto la prospettiva di SB sia conforme agli insegnamenti del Vaticano II. Non si nomina Cristo in tutto il capitolo. Però sappiamo che l'obbedienza perfetta che insegna la RB non vuole essere una prodezza ascetica; tutta la sua forza proviene dall'esempio di Cristo.

H.U. Von Balthasar fa notare la presenza, invisibile ma certa, di Gesù Cristo in questo luogo. «Solo l'esempio di Cristo – ha scritto – giustifica il mirabile capitolo 68 di SB. Dato che il Padre chiese al Figlio cose impossibili – che prendesse su di sé tutto ciò che presso Dio è impossibile, esecrabile, cioè il peccato – il Figlio muore sulla croce. Però prima il Figlio espose al Padre le ragioni della sua impossibilità ad obbedire: “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice. Però non come voglio io, ma come vuoi tu” (Mt 26,39). Se il monaco, secondo la Regola, presenta al superiore umilmente, senza atteggiamento di contraddizione, i motivi della sua ripugnanza all'ordine ricevuto, non fa altro che seguire l'esempio di Cristo nel Getsemani; e se, nonostante l'abate mantiene il suo ordine, il monaco obbediente seguirà Cristo fino alla croce». (H.U. Von Balthasar)

Tratto da: APPUNTI SULLA REGOLA DI S. BENEDETTO – di D. Lorenzo Sena, OSB. Silv.


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