REGOLA DI SANTA CHIARA – 1
BOLLA DI PAPA INNOCENZO IV
Prologo
1 Innocenzo vescovo, servo dei servi di Dio. 2 Alle dilette figlie in Cristo Chiara abbadessa e alle altre suore del monastero di San Damiano d’Assisi, salute e apostolica benedizione. 3 La Sede apostolica è solita acconsentire ai pii voti e prestare un favore benevolo alle oneste richieste dei supplicanti. 4 Ora da parte vostra ci è stato richiesto umilmente che la forma di vita, nella quale dovete vivere in comune in unità di spirito e di povertà altissima, 5 datavi dal beato Francesco e da voi accettata spontaneamente, 6 e che il nostro venerabile fratello vescovo di Ostia e Velletri ha ritenuto fosse da approvare, come è detto con chiarezza nella lettera dello stesso vescovo, 7 noi dovessimo confermare con autorità apostolica. 8 Inclinati dunque alle richieste della vostra devozione, ritenendo legittimo e grato quanto sull’argomento ha fatto lo stesso vescovo, la confermiamo con autorità apostolica e con il patrocinio del presente scritto, 9 facendo inserire il tenore di quel testo verbalmente in questa bolla; il testo è questo: 10 Rinaldo*, per bontà divina vescovo di Ostia e di Velletri, alla sua carissima madre e figlia in Cristo donna Chiara, abbadessa di San Damiano d’Assisi 11 e alle sue suore, presenti e future, salute e paterna benedizione.
CAPITOLO I
NEL NOME DEL SIGNORE INIZIA LA FORMA DI VITA DELLE SORELLE POVERE 1 La forma di vita** dell’Ordine delle “Sorelle Povere”, istituito dal beato Francesco, è questa: 2 osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza proprietà e in castità. 3 Chiara, indegna serva di Cristo e pianticella del beatissimo padre Francesco,*** promette obbedienza e riverenza al signor papa Innocenzo e ai suoi legittimi successori e alla Chiesa romana. 4 E come all’inizio della sua conversione, insieme alle sue sorelle, promise obbedienza al beato Francesco, così promette di mantenerla inviolabilmente ai suoi successori. 5 Le altre suore siano sempre tenute ad obbedire ai successori del beato Francesco, a suor Chiara e alle altre abbadesse elette canonicamente. ___________________ Note al Prologo e al CAP. I *Rinaldo di Ienne, (fino a qualche decennio fa era più noto come dei Conti di Segni), cardinale protettore del monastero di S. Damiano e degli altri monasteri ad esso ispirati; fu anche protettore dei Frati minori. Ienne si trova nel Lazio, più precisamente sull’Aniene, a sud-est di Subiaco. Rinaldo, eletto papa col nome di Alessandro IV (1254-1261), canonizzerà Chiara.
**Forma di vita, o “Forma vivendi”, è l’espressione usata da S. Francesco (RCla 6,2); anche il card. Ugolino la definisce fin dall’inizio “Forma” (2Ugo 1,5: FC 2209) e non “Regola”, forse a motivo del Concilio Lateranense IV che vietava di creare altre Regule (CLat 13,1: FC 2200). Questa “forma” è esemplata sulla Regola bollata dei Frati minori: Chiara testimonia non a caso di essersi continuamente nutrita dei precetti e delle ammonizioni di Francesco.
***“Ancella di Cristo” e “Pianticella di Francesco”, sono due termini cari a Chiara: indicano i due aspetti della sua umile e grata relazione con Cristo e Francesco.
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Approfondimenti
Chiara si vide approvare la sua “Regola” con la stessa Bolla (“Solet annuere”), con la quale, nel 1223, era stata approvata quella di Francesco. Chiara desiderava ardentemente che la sua Regola fosse approvata prima della sua morte, e di questo parlò personalmente con Innocenzo IV che le fece visita nel monastero di San Damiano. Il papa concederà la sua approvazione, da Assisi. Tutto avvenne nei seguenti giorni del mese di agosto 1253: sabato 9 (firma della bolla), domenica 10 (consegna della bolla a Chiara), lunedì 11 (morte di Chiara).
È la prima “Regola”, nella storia della Chiesa, ad essere stata scritta da una donna per altre donne, e questo è importante, non solo come primato storico, ma anche perché lo scritto è pervaso da una sensibilità, che manca in altri documenti giuridici della stessa epoca.
Infatti, mentre Chiara vive quello che prescrive nella sua “Regola”, lo stesso non accadeva per i pontefici, che emanavano le altre (Ugolino e Innocenzo IV). Ad esempio, a proposito della clausura, nella “Regola di Chiara” si parla del silenzio e della cura delle ammalate o di altri aspetti della vita comune, con una capacità di adattamento affidata alla discrezione della abbadessa, che non appare negli altri testi, quasi irrigiditi nel loro “giuridismo”.
Un altro esempio, il confronto con le “Costituzioni di Montargis”, che furono utilizzate, nello stesso periodo, da monasteri di domenicane. In dette “Costituzioni” una larga parte è lasciata a una specie di “codice di punizioni”, nel quale si prevedono tutti i casi di colpa leggera, grave, gravissima per le pene corrispondenti. Nella “Regola di Chiara” non c'è nulla di tutto questo: prevale, invece, lo spirito di fiducia verso le “sorores” (“sorelle”), che dovranno vivere quanto si prescrive: vi è uno spirito esortativo, non impositivo, e il suo linguaggio è più spirituale ed evangelico che giuridico.
Tanto è vero che Chiara non usò mai la parola “Regola”, preferendo, invece, l'espressione “Forma di vita delle sorelle povere”.
Tratto da: Clarisse di Padova ● Gli scritti di S. Chiara d'Assisi