REGOLA DI SANTA CHIARA – 5
CAPITOLO V
IL SILENZIO, IL PARLATORIO, LE GRATE
1 Dall’ora di compieta fino a terza, le suore osservino il silenzio, eccetto le inservienti fuori del monastero. 2 Sempre in silenzio restino in chiesa, nel dormitorio, nel refettorio quando mangiano; 3 ma non nell’infermeria, dove sia lecito parlare con discrezione, per la ricreazione ed il servizio delle suore inferme. 4 Possano tuttavia sempre e dovunque scambiarsi sottovoce e brevemente quanto è necessario. 5 Al parlatorio e alla grata non sia lecito alle suore parlare se non con il permesso dell’abbadessa o della vicaria. 6 Inviate al parlatorio, non osino parlare se non in presenza di due suore che ascoltino. 7 Né presumano di accedere alla grata, se non alla presenza di almeno tre delle otto discrete assegnate dall’abbadessa o dalla vicaria, elette da tutte le suore per consigliare l’abbadessa. 8 Questa disposizione valga anche per l’abbadessa e per la vicaria. 9 La grata si usi raramente. Alla porta poi non si vada mai. 10 Alla grata si aggiunga dall’interno una tenda, che non sia tolta se non durante qualche conferenza spirituale o quando qualcuna parla ad altri. 11 Ci sia anche la porta con due diverse serrature di ferro, ben munita di due battenti e spranghe: 12 perché soprattutto di notte sia serrata con due chiavi, di cui una sia tenuta dall’abbadessa e l’altra dalla sacrestana; 13 e resti sempre chiusa, eccetto quando si ascolta l’ufficio divino e per le ragioni dette sopra. 14 Nessuna può per nessuna ragione parlare alla grata prima della levata o dopo il tramonto del sole. 15 Al parlatorio resti sempre una tenda interna, che non deve essere rimossa. 16 Nella quaresima di san Martino e nella quaresima maggiore, nessuna acceda al parlatorio, 17 se non per il sacerdote a causa di confessione o per altra manifesta necessità, che viene riservata alla disposizione dell’abbadessa o della sua vicaria.
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Approfondimenti
La Forma vitae clariana_ coniuga assenza totale di possedimenti e stretta clausura, resa possibile dall’assistenza dei frati che risiedono accanto al monastero. La sua scelta religiosa evangelico-penitenziale da questo punto di vista va inquadrata nel più ampio fenomeno del “ritorno al deserto” che si diffuse in Europa dal secolo XI e che portò sia a nuove forme di vita regolare – come Camaldoli, Citeaux, la Chartreuse – sia a svariate espressioni di eremitismo e di reclusione maschile e soprattutto femminile nei pressi delle città. È una sete di solitudine, di silenzio, di penitenza, di libertà profonda per cercare Dio che anima queste forme di vita, tra cui quella delle sorelle di San Damiano, sebbene le sue origini strettamente legate alla fraternitas di Francesco le abbiano conferito un’impronta del tutto singolare rispetto agli altri insediamenti centro-italici delle pauperes moniales inclusae.
Nel capitolo 5 la triplice modalità di rapporti con l’esterno – apertura per parlare, grata della chiesa, porta – è affrontata da Chiara sempre in forma negativa. È sua la precauzione che le sorelle presenti ai colloqui alla grata siano tre discrete, come pure la limitazione di tempo_ «Nessuna può per nessuna ragione parlare alla grata prima della levata o dopo il tramonto del sole» (5,14) e la normativa sulle due chiavi, che di notte vanno custodite una dall’abbadessa e l’altra dalla sacrestana, come avviene per le chiavi della porta d’ingresso. Così come del tutto suo sarà il divieto che alcun estraneo entri in monastero prima della levata del sole o vi rimanga dopo il tramonto (11,8). Perché queste norme di tono restrittivo? Si può parlare anche in questo caso di inserzioni negative venute a rispondere a delle problematiche che nel corso degli anni si sono presentate a San Damiano? È difficile dirlo. Anche altrove nella Forma vitae vediamo Chiara assai diffidente verso tutto ciò che può mettere in pericolo l’honestas delle sorelle, la loro bona fama, l’integrità della loro consacrazione a Cristo.
Ci sono al contrario delle differenze di segno opposto, che mostrano come per Chiara le norme sulla clausura non sono mai esasperate, ma sono situate all’interno di una gerarchia di valori. Due di queste differenze riguardano la grata della chiesa, che doveva avere un rilievo particolare nella struttura del monastero, se le sono dedicati ben sette versetti. Mentre al _locutorium-– il panno che ricopre la lamina perforata non viene mai rimosso, alla grata la Forma vitae, diversamente dalle regole papali, ammette due eccezioni: per la predicazione della parola di Dio e quando una sorella parla a qualcuno (5,10), due motivazioni in se stesse così diverse, ma accomunate dalla “parola”. Nessun accenno esplicito, per il secondo caso, all’uso di coprirsi il volto, aggiunto da Innocenzo alle norme sulla grata della forma vivendi date dal cardinale Ugolino. Questa possibilità di contatto più diretto rispetto al parlatorio dove non c’era la minima visibilità può spiegare la serie di precauzioni notate sopra nei confronti dei colloqui alla grata – rarissimi del resto, come dice Chiara stessa più avanti – e forse nella maggioranza dei casi riguardanti gli incontri con i parenti. Un’altra differenza con le regole papali è l’omissione del motivo per cui l’abbadessa è tenuta ad osservare il modo di parlare pubblicamente richiesto a tutte le altre sorelle (notiamo qui il colpo di penna di Chiara, più che significativo di un modo di comprendere la realtà: legem loquendi è diventato formam loquendi). In Chiara la questione si pone su un altro piano: ciò che conta non è tanto l’evitare motivi di detrazione, ma la condivisione della vita comune, senza eccezioni neppure per l’abbadessa.
Il capitolo 5 si chiude con una di quelle delicatezze che fanno di Chiara la mater provida et discreta che lei stessa così bene descrive nel Testamento (TestsC 63). Al divieto di accedere al parlatorio durante le due quaresime, non previsto dalle regole papali, la madre può fare delle eccezioni. Il discernimento della necessità è affidato alla providentia dell’abbadessa o della sua vicaria. E qui la nuova trascrizione della Solet annuere ci ha restituito una sfumatura clariana tra le più belle: providentia al posto di prudentia come in 9,17. Provideo: videre pro. È un prendere coscienza delle situazioni, delle necessità in favore degli altri, discernendo dentro ad ogni situazione concreta, valutando ciò che è meglio per ogni persona.
Tratto da: Federazione S. Chiara di Assisi ● La Regola di Chiara di Assisi: il Vangelo come forma di vita