SACROSANCTUM CONCILIUM 43-46

DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Costituzione sulla sacra Liturgia SACROSANCTUM CONCILIUM (4 dicembre 1963)

CAPITOLO I – PRINCIPI GENERALI PER LA RIFORMA E LA PROMOZIONE DELLA SACRA LITURGIA

V – L'incremento dell'azione pastorale liturgica

43 Lo zelo per la promozione e il rinnovamento della liturgia è giustamente considerato come un segno dei provvidenziali disegni di Dio sul nostro tempo, come un passaggio dello Spirito Santo nella sua Chiesa; esso imprime una nota caratteristica alla vita della Chiesa stessa, anzi a tutto il modo di sentire e di agire religioso del nostro tempo. Per la qual cosa, per favorire sempre più questa azione pastorale liturgica nella Chiesa, il sacro Concilio stabilisce:

Commissione liturgica nazionale 44 Conviene che la competente autorità ecclesiastica territoriale, di cui all'art. 22-2, istituisca una commissione liturgica, la quale si serva dell'aiuto di esperti in liturgia, in musica e arte sacra e in pastorale. La suddetta commissione sia coadiuvata possibilmente da qualche istituto di liturgia pastorale, senza escludere tra i suoi membri, se è utile, la presenza di laici particolarmente esperti in queste materie. Sarà compito della stessa commissione, sotto la guida dell'autorità ecclesiastica territoriale, di cui si è parlato, dirigere l'attività pastorale liturgica nel territorio di sua competenza e promuovere gli studi e i necessari esperimenti ogni volta che si tratti di adattamenti da proporsi alla Sede apostolica.

Commissione liturgica diocesana 45 Parimenti sia costituita nelle singole diocesi la commissione di sacra liturgia allo scopo di promuovere, sotto la guida del vescovo, l'apostolato liturgico. Talvolta può essere opportuno che più diocesi costituiscano una sola commissione per promuovere di comune accordo l'apostolato liturgico.

Altre commissioni 46 Oltre alla commissione di sacra liturgia, siano costituite in ogni diocesi, per quanto possibile, anche le commissioni di musica sacra e di arte sacra. È necessario che queste tre commissioni collaborino tra di loro, anzi talora potrà essere opportuno che formino un unica commissione.

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Approfondimenti

L’uomo non può «farsi» da sé il proprio culto; egli afferra solo il vuoto, se Dio non si mostra. Quando Mosè dice al faraone: «noi non sappiamo con che cosa servire il Signore» (Es 10,26), nelle sue parole emerge di fatto uno dei principi basilari di tutte le liturgie. […] La vera liturgia presuppone che Dio risponda e mostri come noi possiamo adorarlo. Essa implica una qualche forma di istituzione. Essa non può trarre origine dalla nostra fantasia, dalla nostra creatività, altrimenti rimarrebbe un grido nel buio o una semplice autoconferma”.

Questo carattere non arbitrario del culto emerge per contrasto in modo drammatico nell’episodio del vitello d’oro. “Questo culto, guidato dal sommo sacerdote Aronne, non doveva affatto servire un idolo pagano. L’apostasia è più sottile. […] non si riesce a mantenere la fedeltà al Dio invisibile, lontano e misterioso. Lo si fa scendere al proprio livello, riducendolo a categorie di visibilità e comprensibilità. In tal modo il culto non è più un salire verso di lui, ma un abbassamento di Dio alle nostre dimensioni. […]

L’uomo si serve di Dio secondo il proprio bisogno e così si pone in realtà al di sopra di lui. […] Questo culto diventa così una festa che la comunità si fa da sé; celebrandola, la comunità non fa che confermare se stessa. Dall’adorazione di Dio si passa a un cerchio che gira intorno a se stesso […] La storia del vitello d’oro è un monito contro un culto realizzato a propria misura e alla ricerca di se stessi […]. Ma alla fine resta anche la frustrazione, il senso di vuoto. Non c’è più quell’esperienza di liberazione che ha luogo lì dove avviene un vero incontro con il Dio vivente.

(J. Ratzinger, Introduzione allo spirito della liturgia, Edizioni San Paolo, 2001, pp. 17-18). =●=●=●=

Nella nostra riforma liturgica c'è la tendenza, a parer mio sbagliata, ad adattare completamente la liturgia al mondo moderno. Essa dovrebbe quindi diventare ancora più breve e da essa dovrebbe essere allontanato tutto ciò che si ritiene incomprensibile; alla fin fine, essa dovrebbe essere tradotta in una lingua ancora più semplice, più «piatta».

In questo modo, però, l'essenza della liturgia e la stessa celebrazione liturgica vengono completamente fraintese. Perché in essa non si comprende solo in modo razionale, così come si capisce una conferenza, bensì in modo complesso, partecipando con tutti i sensi e lasciandosi compenetrare da una celebrazione che non è inventata da una qualsiasi commissione di esperti, ma che ci arriva dalla profondità dei millenni e, in definitiva, dall'eternità.

(J. Ratzinger, Il sale della terra, Edizioni San Paolo, 2005, p. 199).


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