SACROSANCTUM CONCILIUM 5-13

DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Costituzione sulla sacra Liturgia SACROSANCTUM CONCILIUM (4 dicembre 1963)

CAPITOLO I – PRINCIPI GENERALI PER LA RIFORMA E LA PROMOZIONE DELLA SACRA LITURGIA

I – Natura della sacra liturgia e sua importanza nella vita della Chiesa

5 Dio, il quale «vuole che tutti gli uomini si salvino e arrivino alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,4), «dopo avere a più riprese e in più modi parlato un tempo ai padri per mezzo dei profeti» (Eb 1,1), quando venne la pienezza dei tempi, mandò il suo Figlio, Verbo fatto carne, unto dallo Spirito Santo, ad annunziare la buona novella ai poveri, a risanare i cuori affranti [Cf. Is 61,1; Lc 4,18], «medico di carne e di spirito» [S. IGNAZIO D’ANTIOCHIA, Ad Eph. 7, 2; ed. F. X. FUNK, Patres Apostolici I, Tubingae 1901, p. 218], mediatore tra Dio e gli uomini [Cf. 1 Tm 2,5]. Infatti la sua umanità, nell'unità della persona del Verbo, fu strumento della nostra salvezza. Per questo motivo in Cristo «avvenne la nostra perfetta riconciliazione con Dio ormai placato e ci fu data la pienezza del culto divino» [Sacramentarium Veronense (Leonianum), ed. C. Mohlberg, Romae 1956, n. 1265, p. 162]. Quest'opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine operate nel popolo dell'Antico Testamento, è stata compiuta da Cristo Signore principalmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezione da morte e gloriosa ascensione, mistero col quale «morendo ha distrutto la nostra morte e risorgendo ha restaurato la vita» [Cf. Messale romano, Prefazio pasquale I]. Infatti dal costato di Cristo dormiente sulla croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa [Cf. S. AGOSTINO, Enarr. in Ps. 138, 2; Corpus Christianorum, 40, Turnholti 1956, p. 1991, e l’orazione dopo la seconda lettura del Sabato santo, nel Messale romano, prima della riforma della Settimana santa (nel Messale di Paolo VI, Orazione sopra le offerte della Messa Pro Ecclesia, B; ediz. italiana, Per la Chiesa universale, 2)].

La liturgia attua l'opera della salvezza propria della Chiesa

6 Pertanto, come il Cristo fu inviato dal Padre, così anch'egli ha inviato gli apostoli, ripieni di Spirito Santo. Essi, predicando il Vangelo a tutti gli uomini [Cf. Mc 16,15], non dovevano limitarsi ad annunciare che il Figlio di Dio con la sua morte e risurrezione ci ha liberati dal potere di Satana [Cf. At 26,18] e dalla morte e ci ha trasferiti nel regno del Padre, bensì dovevano anche attuare l'opera di salvezza che annunziavano, mediante il sacrificio e i sacramenti attorno ai quali gravita tutta la vita liturgica. Così, mediante il battesimo, gli uomini vengono inseriti nel mistero pasquale di Cristo: con lui morti, sepolti e risuscitati [Cf. Rm 6,4; Ef 2,6; Col 3,1; 2 Tm 2,11], ricevono lo Spirito dei figli adottivi, «che ci fa esclamare: Abba, Padre» (Rm 8,15), e diventano quei veri adoratori che il Padre ricerca [Cf. Gv 4,23]. Allo stesso modo, ogni volta che essi mangiano la cena del Signore, ne proclamano la morte fino a quando egli verrà [Cf. 1 Cor 11,26]. Perciò, proprio nel giorno di Pentecoste, che segnò la manifestazione della Chiesa al mondo, «quelli che accolsero la parola di Pietro furono battezzati» ed erano «assidui all'insegnamento degli apostoli, alla comunione fraterna nella frazione del pane e alla preghiera... lodando insieme Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo» (At 2,41-42,47). Da allora la Chiesa mai tralasciò di riunirsi in assemblea per celebrare il mistero pasquale: leggendo «in tutte le Scritture ciò che lo riguardava» (Lc 24,27), celebrando l'eucaristia, nella quale «vengono resi presenti la vittoria e il trionfo della sua morte» [CONCILIO DI TRENTO, Sess. XIII, 11 ott. 1551, Decr. De Ss. Eucharist., c. 5: CONCILIUM TRIDENTINUM, Diariorum, Actorum, Epistolarum, Tractatuum nova collectio, ed. Soc. Goerresianae, t. VII, Actorum, pars IV, Friburgi Brisgoviae 1961, p. 202 (Dz 1644; Collantes 9.142)] e rendendo grazie «a Dio per il suo dono ineffabile» (2Cor 9,15) nel Cristo Gesù, «a lode della sua gloria» (Ef 1,12), per virtù dello Spirito Santo.

Cristo è presente nella liturgia

7 Per realizzare un'opera così grande, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche. È presente nel sacrificio della messa, sia nella persona del ministro, essendo egli stesso che, «offertosi una volta sulla croce [CONCILIO DI TRENTO, Sess. XXII, 17 sett. 1562, Dottr. De ss. Missae sacrif., c. 2: ed. cit., t. VIII, Actorum pars V, Friburgi Brisgoviae 1919, p. 960 (Dz 1743; Collantes 9.175)], offre ancora se stesso tramite il ministero dei sacerdoti», sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. È presente con la sua virtù nei sacramenti, al punto che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza [Cf. S. AGOSTINO, In Ioannis Evangelium Tractatus VI, cap. I, n. 7: PL 35, 1428]. È presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura. È presente infine quando la Chiesa prega e loda, lui che ha promesso: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro» (Mt 18,20).

Effettivamente per il compimento di quest'opera così grande, con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a sé la Chiesa, sua sposa amatissima, la quale l'invoca come suo Signore e per mezzo di lui rende il culto all'eterno Padre. Giustamente perciò la liturgia è considerata come l'esercizio della funzione sacerdotale di Gesù Cristo. In essa, la santificazione dell'uomo è significata per mezzo di segni sensibili e realizzata in modo proprio a ciascuno di essi; in essa il culto pubblico integrale è esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra. Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun'altra azione della Chiesa ne uguaglia l'efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado.

Liturgia terrena e liturgia celeste 8 Nella liturgia terrena noi partecipiamo per anticipazione alla liturgia celeste che viene celebrata nella santa città di Gerusalemme, verso la quale tendiamo come pellegrini, dove il Cristo siede alla destra di Dio [Cf. Ap 21,2; Col 3,1; Eb 8,2] quale ministro del santuario e del vero tabernacolo; insieme con tutte le schiere delle milizie celesti cantiamo al Signore l'inno di gloria; ricordando con venerazione i santi, speriamo di aver parte con essi; aspettiamo come Salvatore il Signore nostro Gesù Cristo, fino a quando egli comparirà, egli che è la nostra vita, e noi saremo manifestati con lui nella gloria [Cf. Fil 3,20; Col 3,4].

La liturgia non esaurisce l'azione della Chiesa 9 La sacra liturgia non esaurisce tutta l'azione della Chiesa. Infatti, prima che gli uomini possano accostarsi alla liturgia, bisogna che siano chiamati alla fede e alla conversione: «Come potrebbero invocare colui nel quale non hanno creduto? E come potrebbero credere in colui che non hanno udito? E come lo potrebbero udire senza chi predichi? E come predicherebbero senza essere stati mandati?» (Rm 10,14-15). Per questo motivo la Chiesa annunzia il messaggio della salvezza a coloro che ancora non credono, affinché tutti gli uomini conoscano l'unico vero Dio e il suo inviato, Gesù Cristo, e cambino la loro condotta facendo penitenza [Cf. Gv 17,3; Lc 24,47; At 2,38]. Ai credenti poi essa ha sempre il dovere di predicare la fede e la penitenza; deve inoltre disporli ai sacramenti, insegnar loro ad osservare tutto ciò che Cristo ha comandato [Cf. Mt 28,20], ed incitarli a tutte le opere di carità, di pietà e di apostolato, per manifestare attraverso queste opere che i seguaci di Cristo, pur non essendo di questo mondo, sono tuttavia la luce del mondo e rendono gloria al Padre dinanzi agli uomini.

... ma ne è il culmine e la fonte 10 Nondimeno la liturgia è il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia. Il lavoro apostolico, infatti, è ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al sacrificio e alla mensa del Signore. A sua volta, la liturgia spinge i fedeli, nutriti dei «sacramenti pasquali», a vivere «in perfetta unione» [Messale romano, orazione dopo la Comunione della Veglia Pasquale e della domenica della Risurrezione (nel Messale di Paolo VI solo nella Veglia)]; prega affinché «esprimano nella vita quanto hanno ricevuto mediante la fede» [Messale romano, colletta del martedì nell’ottava di Pasqua (nel Messale di Paolo VI il giorno prima)]; la rinnovazione poi dell'alleanza di Dio con gli uomini nell'eucaristia introduce i fedeli nella pressante carità di Cristo e li infiamma con essa. Dalla liturgia, dunque, e particolarmente dall'eucaristia, deriva in noi, come da sorgente, la grazia, e si ottiene con la massima efficacia quella santificazione degli uomini nel Cristo e quella glorificazione di Dio, alla quale tendono, come a loro fine, tutte le altre attività della Chiesa.

Necessità delle disposizioni personali 11. Ad ottenere però questa piena efficacia, è necessario che i fedeli si accostino alla sacra liturgia con retta disposizione d'animo, armonizzino la loro mente con le parole che pronunziano e cooperino con la grazia divina per non riceverla invano [Cf. 2 Cor 6,1]. Perciò i pastori di anime devono vigilare attentamente che nell'azione liturgica non solo siano osservate le leggi che rendono possibile una celebrazione valida e lecita, ma che i fedeli vi prendano parte in modo consapevole, attivo e fruttuoso.

Liturgia e preghiera personale 12 La vita spirituale tuttavia non si esaurisce nella partecipazione alla sola liturgia. Il cristiano, infatti, benché chiamato alla preghiera in comune, è sempre tenuto a entrare nella propria stanza per pregare il Padre in segreto [Cf. Mt 6,6]; anzi, secondo l'insegnamento dell'Apostolo [Cf. 1 Ts 5,17], è tenuto a pregare incessantemente. L'Apostolo ci insegna anche a portare continuamente nel nostro corpo i patimenti di Gesù morente, affinché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale [Cf. 2 Cor 4,10-11]. Per questo nel sacrificio della messa preghiamo il Signore che, «accettando l'offerta del sacrificio spirituale», faccia «di noi stessi un'offerta eterna» [Messale romano, orazione sulle offerte del lunedì nell’ottava di Pentecoste (nel Messale di Paolo VI, sabato della II e VI settimana di Pasqua)].

Liturgia e pii esercizi 13. I «pii esercizi» del popolo cristiano, purché siano conformi alle leggi e alle norme della Chiesa, sono vivamente raccomandati, soprattutto quando si compiono per mandato della Sede apostolica. Di speciale dignità godono anche quei «sacri esercizi» delle Chiese particolari che vengono compiuti per disposizione dei vescovi, secondo le consuetudini o i libri legittimamente approvati. Bisogna però che tali esercizi siano regolati tenendo conto dei tempi liturgici e in modo da armonizzarsi con la liturgia; derivino in qualche modo da essa e ad essa introducano il popolo, dal momento che la liturgia è per natura sua di gran lunga superiore ai pii esercizi.

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Approfondimenti

Culmine e fonte: queste due parole sono state sufficienti a trasformare tutto l’universo celebrativo e a far diventare la liturgia una grande educatrice per i credenti al primato della fede e della grazia. È dalla liturgia che dipende la qualità di ogni vita spirituale come ha affermato Paolo VI nell’Angelus del 7 marzo 1965 parlando appunto della riforma liturgica ormai in atto in tutte le parrocchie: «Il bene del popolo esige questa premura da parte della chiesa, sì da rendere possibile la partecipazione attiva dei fedeli al culto pubblico della Chiesa. È un sacrificio che la Chiesa ha compiuto della propria lingua, il latino; lingua sacra, grave e bella, estremamente espressiva ed elegante. Ha sacrificato tradizioni di secoli e soprattutto sacrifica l’unità di linguaggio nei vari popoli, in omaggio a questa maggiore universalità, per arrivare a tutti. E questo perché sappiate meglio unirvi alla preghiera della Chiesa, perché sappiate passare da uno stato di semplici spettatori a quello di fedeli partecipanti attivi. Se saprete davvero corrispondere a questa premura della Chiesa, avrete la grande gioia, il merito, la fortuna di un vero rinnovamento spirituale».

Se tutto questo è vero è chiaro allora che la Chiesa si edifica in corpo di Cristo proprio nell’atto del celebrare. La stessa celebrazione è il momento costitutivo e costruttivo della Chiesa: da questo scaturisce che la preghiera, il rito, il sacramento, non sono solo il momento in cui si educa la comunità cristiana, ma il luogo in cui essa si costruisce, così come la nostra vita interiore. Così troviamo scritto in una preghiera sulle offerte del giorno di Pasqua: «Esultanti per la gioia pasquale, ti offriamo Signore questo sacrificio nel quale nasce e si edifica sempre la tua Chiesa».


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