SACROSANCTUM CONCILIUM 91-101

DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Costituzione sulla sacra Liturgia SACROSANCTUM CONCILIUM (4 dicembre 1963)

CAPITOLO IV – L'UFFICIO DIVINO

Distribuzione dei salmi 91 Affinché l'ordinamento dell'ufficio proposto nell'articolo 89 possa essere veramente attuato, il salterio sia distribuito non più in una settimana, ma per uno spazio di tempo più lungo. L'opera di revisione del salterio, felicemente incominciata, venga condotta a termine al più presto, tenendo presente il latino usato dai cristiani, l'uso che ne fa la liturgia e le esigenze del canto, come pure tutta la tradizione della Chiesa latina.

Norme per le letture 92 Per quanto riguarda le letture, si tengano presenti queste norme:

a) la lettura della sacra Scrittura sia ordinata in modo che i tesori della parola divina siano accessibili più facilmente e in maggiore ampiezza; b) la lettura delle opere dei Padri, dei dottori e degli scrittori ecclesiastici sia meglio selezionata; c) le «passioni» o vite dei santi siano rivedute dal punto di vista storico.

Revisione degli inni 93 Gli inni, nella misura in cui la cosa sembrerà utile, siano restituiti alla loro forma originale, togliendo o mutando ciò che ha sapore mitologico o che può essere meno conveniente alla pietà cristiana. Secondo l'opportunità, poi, se ne riprendano anche altri che si trovano nelle raccolte innografiche.

94 Per santificare veramente il giorno e per recitare le ore con frutto spirituale, nella recita delle ore si osservi il tempo che corrisponde più da vicino al vero tempo naturale di ciascuna ora canonica.

Obbligo dell'ufficio divino 95 Le comunità obbligate al coro sono tenute, oltre che alla messa conventuale, anche a celebrare in coro ogni giorno l'ufficio divino, e precisamente:

a) tutto l'ufficio gli ordini di canonici, di monaci, di monache e di altri regolari obbligati al coro per diritto o in forza delle costituzioni; b) quelle parti dell'ufficio che vengono loro imposte dal diritto comune o particolare: i capitoli delle cattedrali e delle collegiate; c) tutti i membri, poi, di queste comunità, che abbiano ricevuto gli ordini maggiori o che abbiano fatto la professione solenne, eccetto i conversi, devono da soli recitare quelle ore canoniche che non recitano in coro.

96 I chierici non obbligati al coro, se hanno ricevuto gli ordini maggiori, devono, ogni giorno, in comune o da soli, recitare tutto l'ufficio, a norma dell'articolo 89.

97 Le opportune commutazioni dell'ufficio divino con altre azioni liturgiche siano definite nelle nuove rubriche.

In casi particolari e per giusta causa, gli ordinari possono dispensare in tutto o in parte, oppure possono commutare, per coloro che sono loro soggetti, l'obbligo dell'ufficio.

98 I membri degli istituti di perfezione, che, in forza delle costituzioni, recitano qualche parte dell'ufficio divino, praticano la preghiera pubblica della Chiesa. Così pure praticano la preghiera pubblica della Chiesa se, in forza delle costituzioni, recitano qualche «piccolo ufficio», purché composto sullo schema dell'ufficio divino e regolarmente approvato.

La recita comunitaria dell'ufficio divino 99 Poiché l'ufficio divino è la voce della Chiesa, ossia di tutto il corpo mistico che loda pubblicamente Dio, è raccomandabile che i chierici non obbligati al coro, e specialmente i sacerdoti che vivono o che si trovano insieme, recitino in comune almeno qualche parte dell'ufficio divino. Tutti coloro, poi, che recitano l'ufficio, sia in coro sia in comune, compiano il dovere loro affidato il più perfettamente possibile, sia quanto alla devozione interiore, sia quanto alla realizzazione esteriore. È bene inoltre che, secondo l'opportunità, l'ufficio in coro e in comune sia cantato.

La partecipazione dei fedeli all'ufficio divino 100 Procurino i pastori d'anime che, nelle domeniche e feste più solenni, le ore principali, specialmente i vespri, siano celebrate in chiesa con partecipazione comune. Si raccomanda che anche i laici recitino l'ufficio divino o con i sacerdoti, o riuniti tra loro, e anche da soli.

La lingua dell'ufficio divino 101

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Approfondimenti

La Sacrosanctum Concilium, la Costituzione sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II, decreta: «i chierici non obbligati al coro, se hanno ricevuto gli ordini maggiori, devono, ogni giorno, in comune o da soli, recitare tutto l’Ufficio, a norma dell’articolo 89» (SC n. 96).

Il termine “officium” connota un compito da adempiere: una responsabilità. Anche l’Ufficio delle Letture è un dovere per i sacerdoti, come pure almeno una delle tre ore minori e la compieta. Il carattere obbligatorio della preghiera liturgica dei preti, comunque, non si basa tanto su motivi di legge ecclesiale, quanto sull’invito di Cristo stesso ai suoi discepoli «venite e vedete» (Gv 1,39) e «vegliate e pregate» (Mt 26,41).

Secondo papa Benedetto XVI la preghiera è lavoro pastorale: «il tempo che dedichiamo alla preghiera non è un tempo tolto alle nostre responsabilità pastorali, è anzi “lavoro” pastorale; ed è anche preghiera per gli altri. Nel Comune dei Pastori, si legge quale caratteristica tipica del buon pastore, la qualità “multum oravit pro fratribus”. È proprio del pastore essere uomo di preghiera, presentarsi davanti a Dio pregando per gli altri, ed anche sostituirsi agli altri che non sanno pregare, non vogliono pregare o non hanno il tempo di pregare. È ovvio perciò che questo dialogo con Dio è lavoro pastorale» (Da un discorso a una riunione del clero nella cattedrale di Varsavia, il 25 maggio 2006).

La preghiera e specificamente la preghiera della Chiesa, aiuta ogni prete a crescere nel pieno potenziale della sua vocazione profondamente nobile. Lo aiuta non solo a combattere per scacciare il male dal mondo, dal momento che il Signore ha assicurato che «questa razza di demoni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno» (Mt 17,21), ma anche per superare le proprie inclinazioni cattive «vegliate e pregate per non cadere in tentazione» (Mt 26,41). Lo tiene impegnato al proprio lavoro.

Ha affermato papa Giovanni Paolo II: «la preghiera è essenziale per conservare la sensibilità pastorale verso tutto ciò che viene dallo Spirito» (Lettera di Papa Giovanni Paolo II ai sacerdoti, Giovedì Santo 1987, n.12). La preghiera aiuta i preti ad essere forti e rafforzati da Dio di fronte ai dolori e alle sofferenze del nostro ministero, come lo fu Gesù che trasformava in preghiera i suoi momenti più drammatici di decisione nel Giardino degli Ulivi: «entrato nella lotta, pregava più intensamente» (Lc 22,44).

La preghiera ci lega insieme con la Chiesa, specialmente la preghiera liturgica come la Liturgia delle Ore. Ci apre gli orizzonti per abbracciare la creazione stessa fino alle realtà metacosmiche che toccano la stessa eternità di Dio.

Gesù ci ha aperto la via a Dio che era considerato irraggiungibile per la filosofia greca. È in Lui che noi sperimentiamo l’Amore di Dio. La Chiesa è la vera presenza di Cristo nella storia e così, pregando con Lui e in Lui, possiamo sperimentare continuamente la bontà e la misericordia di Dio. Ciò allarga i nostri orizzonti.

Diceva papa Benedetto XVI: «Imparo a pregare pregando con gli altri, con mia madre ad esempio, seguendo le sue parole, che gradualmente si riempiono di significato per me nella misura che parlo, vivo e soffro in comunione con lei... ecco perché è impossibile iniziare un dialogo solo con Cristo, tagliando fuori la Chiesa: una forma cristologica di preghiera che escludesse la Chiesa, escluderebbe anche lo spirito e lo stesso essere umano. Ho bisogno di sentire che entro in queste parole in tutto ciò che faccio, nella preghiera, nella vita, nella sofferenza, nei miei pensieri. Ed è questo processo che mi trasforma» (La festa della fede, Ignatius Press, San Francisco 2006, p. 30).

Impariamo dalla Santissima Madre Maria, che in silenzio e in pura obbedienza a Dio ha accettato la missione difficile e dolorosa affidatale, ed è cresciuta in una vita di profonda comunione con il Figlio suo.

Allo stesso modo, papa Giovanni Paolo II ha affermato: «dobbiamo continuamente ritornare nel Cenacolo e al Getsemani per riscoprire il centro del nostro sacerdozio, nella preghiera e attraverso la preghiera» _(Giovanni Paolo II, Lettera ai sacerdoti, Giovedì Santo 1987, n.13).

(Tratto da: Liturgia delle Ore e spiritualità sacerdotale, card. Albert Malcolm Ranjith, Arcivescovo di Colombo, Sri Lanka). http://www.diocesiportosantarufina.it/home/news_det.php?neid=1359


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