SALMO – 120 (119)
INVOCAZIONE PER LA PACE 1 Canto delle salite
Nella mia angoscia ho gridato al Signore ed egli mi ha risposto.
2 Signore, libera la mia vita dalle labbra bugiarde, dalla lingua ingannatrice.
3 Che cosa ti darà, come ti ripagherà, o lingua ingannatrice?
4 Frecce acute di un prode con braci ardenti di ginestra!
5 Ahimè, io abito straniero in Mesec, dimoro fra le tende di Kedar!
6 Troppo tempo ho abitato con chi detesta la pace.
7 Io sono per la pace, ma essi, appena parlo, sono per la guerra.
_________________ Note
120,1 All’interno del Salterio, i Sal 120-134 compongono una piccola raccolta chiamata “canti delle salite” (o di pellegrinaggio). Si tratta di quindici composizioni destinate ai pellegrini che salivano a Gerusalemme (alla città santa, infatti, si “sale”, data la sua altitudine di oltre 700 metri) in occasione delle feste di Pasqua, Pentecoste e Capanne. Il Sal 120, probabilmente, è stato inserito in un secondo momento in questa raccolta, poiché si presenta come una supplica che sale a Dio dall’orante per essere liberato da chi lo calunnia e lo inganna e da chi non favorisce la pace all’interno della comunità e della città.
120,5 Mesec e Kedar: designano regioni lontane (la prima forse era nel Caucaso, la seconda nell’Arabia) e la loro popolazione bellicosa e selvaggia.
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Approfondimenti
Supplica di un uomo pacifico Supplica individuale
Questo carme apre la raccolta dei “Cantici delle ascensioni”, ma la sua inclusione è probabilmente avvenuta in un secondo momento, data la notevole differenza che lo distingue dagli altri. Il breve salmo riesce a creare un'intensità espressiva molto forte, movimentata anche da un dialogo fittizio. La simbologia è bellica e somatica. Nel TM il sintagma napšî (= mia vita) del v. 2 fa inclusione con lo stesso del v. 6.
Divisione:
- v. 1: dichiarazione di fiducia iniziale;
- vv. 2-4 (I strofa): supplica di liberazione;
- vv. 5-7 (II strofa): esposizione del caso.
v. 1. «Nella mia angoscia ho gridato...: l'espressione «al Signore (JHWH)» è in stato enfatico ™ e apre il salmo come un'esplosione di fiducia e di speranza. Il salmista attesta la sua precedente esperienza di ricorso al Signore e della sua positiva risposta. «nella mia angoscia»: l'angoscia, propriamente «prigionia» (ṣārātâ) si riferisce a una difficile situazione esterna, come nel caso di un giusto perseguitato e oppresso, che porta riflessi interiori con sensazioni di soffocamento.
v. 2. «dalle labbra di menzogna, dalla lingua ingannatrice»: sono due espressioni sinonime con le quali si descrive il nemico. Si tratta di gente falsa, menzognera. Il salmista si sente circondato come da fiamme di menzogne e calunnie! La parola menzognera è anche quella degli idolatri. Gli idoli infatti sono inganno e falsità. In questo caso la prima strofa si accorda meglio con la seconda in cui il salmista dice di trovarsi in territorio straniero.
v. 3. «Che ti posso dare...»: lett. «Che darà a te...». I LXX e la Vg hanno visto un passivo: «Che cosa si darà a te?». Nell'uno e nell'altro caso si sottintende come soggetto «il SIgnore». È un interrogativo retorico che vivacizza il testo. Si chiede così al Signore di intervanire con una sua punizione esemplare di giustizia (legge del taglione) contro i nemici falsi e calunniatori. Può trattarsi anche di giuramento imprecatorio.
v. 4. «Frecce acute... carboni di ginepro»: è la risposta di Dio. Le due immagini «frecce» e «carboni di ginepro», corrispondono alla legge del contrappasso. Poiché le parole sono come dardi, le parole punitrici di Dio sono come frecce appuntite; e per di più sono scagliate da un uomo valoroso, segno che colpiscono infallibilmente l'obiettivo!
v. 5. «Me infelice»: la strofa si apre con un'esclamazione onomatopeica ’ôyāh (lett. «Ahimè!»), che esprime angoscia e paura. «Mosoch»: ebr. Mešek. In Gn 10,2 con questo nome è chiamato il figlio di Iafet e indica le regioni del Nord (tra il Mar Nero e il Caucaso). «Cedar»: ebr. Qēdār, cfr. Gn 25,13-14. È collegata con il secondo figlio di Ismaele e richiama le tribù della penisola arabica o del deserto della Siria (cfr. Is 21,16-17; 42,11-13; 60,7; Ct 1,5).
v. 6. «Troppo io ho dimorato..»: lett. «Troppo ha dimorato per sé l'anima mia». L'espressione (anima mia) fa inclusione con il v. 2. L'orante si pronunzia sul tempo della sua dimora. Egli sente che è stata lunga e insostenibile la sua situazione di trovarsi come straniero in mezzo a gente bellicosa e idolatra. Si avverte l'ansia di un Ebreo della diaspora che si sente a disagio in terra straniera e che desidera al più presto far ritorno in patria.
v. 7. «Io sono per la pace...»: viene contrastata l'espressione del v. 6b. Il versetto originale è ellittico, ma il parallelismo antitetico è comprensibile. Il verso suona: «io-pace, ma se parlo, essi per la guerra». Il salmista con il binomio antitetico «pace-guerra» qualifica se stesso come «pace» e i nemici come «guerra», egli stesso come uomo pacifico, i nemici come uomini bellicosi.
(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)