SALMO – 13 (12)

IMPLORAZIONE A DIO 1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.

2 Fino a quando, Signore, continuerai a dimenticarmi? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?

3 Fino a quando nell'anima mia addenserò pensieri, tristezza nel mio cuore tutto il giorno? Fino a quando su di me prevarrà il mio nemico?

4 Guarda, rispondimi, Signore, mio Dio, conserva la luce ai miei occhi, perché non mi sorprenda il sonno della morte,

5 perché il mio nemico non dica: “L'ho vinto!” e non esultino i miei avversari se io vacillo.

6 Ma io nella tua fedeltà ho confidato; esulterà il mio cuore nella tua salvezza, canterò al Signore, che mi ha beneficato. _________________ Note

13,1 L’insistente richiesta di aiuto al Signore, formulata mediante il grido caratteristico delle suppliche (Fino a quando, Signore? vv. 2-3; cf Sal 6,4), ha origine dalle angosce e dai pericoli che minacciano il giusto. Anche Dio sembra dimenticarsi del suo fedele, che dal profondo della sofferenza ravviva la sua fiducia, prorompendo in un inno di lode.

13,3 anima e cuore: esprimono qui unitariamente quelle realtà interiori dell’uomo che lo rendono capace di avvertire sensazioni tumultuose e angosciate.

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Approfondimenti

Salmo 13 (12) – Supplica insistente e fiduciosa Supplica individuale

Questo carme si può prendere come modello del genere letterario delle “Suppliche individuali”. Infatti oltre al rapporto triangolare dei soggetti: Dio, l'io ed essi (= i nemici), il salmo abbraccia tutti gli elementi che qualificano tale genere. La composizione poetica è breve, semplice e trasparente nelle sue idee, ma profonda nei sentimenti e sensazioni che riesce a trasmettere. Insieme alla sensazione di impaziente urgenza data dall'espressione «fino a quando?» (‘ad ’ānâ), ripetuta quattro volte nei vv. 2-3, predominano nel carme i campi semantici simbolici del vedere e del sentire-parlare, nonché quello inerente alla morte. Il nome del Signore si incontra all'inizio (v. 2), al centro (v. 4) e alla fine (v. 6).

Divisione:

vv. 2-3. Questi due versetti sono dominati dall'espressione «fino a quando?» ripetuta quattro volte, che nel simbolismo numerico indica la totalità delle direzioni cardinali spaziali. L'espressione, che introduce una domanda retorica, oltre a vivacizzare il lamento, implica una certa protesta radicale, per risolvere finalmente una situazione fattasi pesante e insostenibile.

v. 2. «continuerai a dimenticarmi..»; il salmista si lamenta della dimenticanza di Dio nei suoi riguardi, dandogli la sensazione di un prolungato disinteresse, cfr. Sal 77,8-9; Lam 5,20.

v. 3. «affanni... tristezza... nemico»: l'orante enumera gli effetti del nascondimento di Dio: le angosce e la tristezza nel suo intimo, e i nemici all'esterno. «il nemico»: l'espressione si trova al singolare qui e nel v. 5a; al plurale («avversari») nel v. 5b. L'oscillazione tra il singolare e il plurale ricorre spesso nei salmi di lamentazione. La figura del nemico è generica, ma aperta a diverse possibilità; può essere un singolo o una collettività, o perfino la malattia e la morte (cfr. 1Cor 15,26).

v. 4. «Guarda..»: l'espressione è caratteristica della preghiera dell'AT. Serve ad attirare l'attenzione sulle necessità dell'orante. Lo sguardo di Dio inoltre indica certezza di esaudimento, cfr. Sal 80,15; 84,10. «Signore mio Dio»: è l'invocazione più intima dell'orante; evidenzia lo stretto rapporto personale con Dio. «luce ai miei occhi... sonno della morte»: le due espressioni sono qui correlative e antitetiche. Il salmista chiede al Signore di conservargli la luce degli occhi, cioè mantenerlo in vita (cfr. 1Sam 14,27.29), e non farlo morire. Per l'immagine della luce come «vita», cfr. Sal 36,10; Gb 33,28.30. Per l'immagine della morte come «sonno», cfr. Ger 51,39; Gb 3,13; e nel NT 1Cor 15,6.18.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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