SALMO – 130 (129)

ATTESA DEL PERDONO E DELLA SALVEZZA DEL SIGNORE 1 Canto delle salite

Dal profondo a te grido, o Signore; 2 Signore, ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia supplica.

3 Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi ti può resistere?

4 Ma con te è il perdono: così avremo il tuo timore.

5 Io spero, Signore. Spera l'anima mia, attendo la sua parola.

6 L'anima mia è rivolta al Signore più che le sentinelle all'aurora.

Più che le sentinelle l'aurora, 7 Israele attenda il Signore, perché con il Signore è la misericordia e grande è con lui la redenzione.

8 Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe.

_________________ Note

130,1 L'undicesimo “canto delle salite” è molto caro alla tradizione cristiana, che ama chiamarlo con le parole iniziali della versione latina, “De profundis”, e lo ha inserito nei sette “salmi penitenziali” (vedi Sal 6), usandolo nella liturgia funebre (ma questo non è il significato originario del salmo). Dall’esperienza del peccato e del dolore, l’orante e la sua comunità guardano a Dio come alla fonte del perdono e all’unica speranza di sopravvivenza.

130,8 In Mt 1,21 il nome di Gesù viene spiegato con una frase che si richiama a questo versetto (vedi anche Tt 2,14).

=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti

Fiduciosa attesa della redenzione Supplica individuale (+ motivi di fiducia)

È uno dei sette “Salmi penitenziali”. Insieme al Sal 51 è pervaso da una profonda spiritualità, e pur essendo una lamentazione-supplica, non riguarda i nemici esterni o le malattie, ma direttamente il peccato, vero nemico dell'uomo. Nella prima parte (vv. 1-3) c'è l'angoscia per esso, nella seconda parte (vv. 5-8) la certezza del perdono. Tuttavia, mentre il Sal 51 medita sulla realtà dell'uomo peccatore, il Sal 130 attira l'attenzione sulla misericordia divina e l'abbondanza del suo perdono. Il ritmo prevalente nel TM è di 3-2 accenti (qînâ). C'è un'inclusione con la parola «colpe» (‘awônôt) nei vv. 3 e 8. Il verbo «sperare» (qwb) si trova due volte nel v. 5, il verbo «attendere» (yḥl) è presente nei vv. 5.7 ™; l'espressione «più che le sentinelle l'aurora» è ripetuta due volte nel TM. La radice pdh (redimere) ricorre nei vv. 7-8. La simbologia è spazio-temporale e antropomorfica.

Divisione:

v. 1. «Dal profondo...»: l'espressione rievoca l'abisso caotico delle acque della creazione (Gn 1,2; 2,3-4) e il regno dei morti (Sal 18,5-7.29) e richiama l'abisso della miseria dell'uomo e la sua coscienza.

v. 3. «Se consideri le colpe...»: l'orante ammette di essere colpevole e perciò di meritare il castigo. «chi potrà sussistere?»: lett. «chi potrà stare in piedi?». Più che continuare a esistere, qui supponendo un processo giudiziale accusatorio di Dio, si afferma che nessun uomo potrebbe presentarsi a testa alta e uscire indenne dal giudizio di Dio. Davanti alla giustizia di Dio nessun uomo e nessuna coscienza umana può reggere (cfr. Sal 76,8; 102,27).

v. 4. «Ma presso di te è il perdono»: alla coscienza del peccato è legata subito la coscienza e la fede nella salvezza e liberazione di Dio, cfr. Es 34,9. «presso di te»: lett. «con, in compagnia di...». Come la giustizia di Dio, così il perdono, personalizzato, è visto come un membro del consiglio di Dio (cfr. Os 13,12). «perdono»: la voce ebraica sᵉlîḥāh significa purificazione, remissione (Ne 9,17; Dn 9,9; Sir 5,5; Sal 86,5). E il perdono supera di gran lunga la giustizia, cfr. Es 20,5-6. «e avremo il tuo timore»: lett. «perché (tu) sia temuto». Questo emistichio è oggetto di diverse interpretazioni fin dall'antichità (cfr. LXX, Vg, Peshitta). L'interpretazione più logica dipende dall'esatto significato del «timore» nell'AT. Esso per metonimia indica non solo la reazione di paura e di terrore davanti alla giustizia e all'ira di Dio (il tremendum), ma anche lo stupore, la venerazione e l'adorazione scaturiti davanti alla sua bellezza, maestà e potenza (il fascinosum). Qui il timore è presentato come il fine del perdono, uno dei suoi frutti. Il perdono di Dio, infatti, deve inculcare un timore reverenziale per lui come quello scaturito di fronte alla sua ira. La bontà di Dio non deve farci dimenticare la realtà del nostro peccato. Però, più che la collera di Dio, il suo amore eterno e misericordioso deve spingere l'uomo a temerlo e amarlo (cfr. Rm 2,4; Lc 5,9).

v. 5. «Io spero nel Signore...»: lett. «(io) spero, Signore, spera l'anima mia, e alla sua parola attendo». Il salmista spera fortemente e attende la parola, la risposta assolutrice che reca il perdono di Dio.

v. 6. «più che le sentinelle l'aurora»: nel TM l'espressione è ripetuta una seconda volta. La ripetizione dà all'immagine, già di per sé suggestiva poeticamente, un ulteriore fascino e acutizza l'attesa e la speranza. Per l'immagine delle sentinelle cfr. Is 21,11-12; Sal 121,3-5.8.

v. 7. La misericordia e la redenzione sono viste come persone che stanno «presso il Signore» (lett. «con, in compagnia del...»). Esse sono gli attributi divini dell'esodo e dell'alleanza (Es 34,6; Sal 36,7; Dt 7,8; 9,26; 15,16; 21,8).

v. 8. «Egli redimerà... da tutte le sue colpe»: cfr. Sal 25,22. Il salmista sottolinea la certezza del perdono divino di ogni genere di peccato per Israele suo popolo. Le colpe che hanno causato l'angoscia profonda nel salmista nel v. 3 ora sono richiamate in inclusione ma per annunciarne il loro completo e totale perdono.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


🔝C A L E N D A R IIndice BIBBIAHomepage