SALMO – 14 (13)

LO STOLTO VIVE COME SE DIO NON ESISTESSE 1 Al maestro del coro. Di Davide.

Lo stolto pensa: “Dio non c'è”. Sono corrotti, fanno cose abominevoli: non c'è chi agisca bene.

2 Il Signore dal cielo si china sui figli dell'uomo per vedere se c'è un uomo saggio, uno che cerchi Dio.

3 Sono tutti traviati, tutti corrotti; non c'è chi agisca bene, neppure uno.

4 Non impareranno dunque tutti i malfattori, che divorano il mio popolo come il pane e non invocano il Signore?

5 Ecco, hanno tremato di spavento, perché Dio è con la stirpe del giusto.

6 Voi volete umiliare le speranze del povero, ma il Signore è il suo rifugio.

7 Chi manderà da Sion la salvezza d'Israele? Quando il Signore ristabilirà la sorte del suo popolo, esulterà Giacobbe e gioirà Israele. _________________ Note

14,1 Questa riflessione sul dilagare del male e della corruzione viene riproposta con leggere varianti nel Sal 53. Tutto ha origine dal non considerare la presenza e l’azione di Dio nel mondo: è il significato dell’espressione Dio non c’è (v. 1). Il salmo contiene elementi caratteristici della riflessione sapienziale e profetica.

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Approfondimenti

La stoltezza umana Salmo di requisitoria (+ motivi sapienziali)

Il salmo, che comincia ex abrupto, mette a confronto due tipi di uomini: lo stolto (nābāl) (v. 1) e il saggio (maśkîl) (v. 2). Strutturalmente la composizione nella prima parte si basa sulle espressioni: “c'è/non c'è”. Il salmo in una recensione leggermente diversa si trova nel salterio anche con il numero 53. Il metro nel TM è quello elegiaco della qînâ (3 + 2 accenti). La simbologia è antropomorfica e antropologica.

Divisione:

v. 1. «Lo stolto»: il vocabolo ebraico corrispondente (nābāl) ha numerosi significati: empio, incosciente, folle, stolto, immorale ecc. (cfr. Sal 36,2). Qui si tratta di un incosciente che si professa “ateo”. «Non c'è Dio»: non si tratta di ateismo teoretico, ma pratico. Infatti nel mondo antico orientale l'ateismo teoretico era inconcepibile. Lo stolto pensa che Dio si mostri indifferente, disinteressato davanti alle azioni dell'uomo e agli eventi del mondo (cfr. Sal 9-10,25.32 [TM: Sal 10,4.11]; Ger 5,12).

vv. 2-3. «Il Signore dal cielo si china...»: è un antropomorfismo (cfr. Sal 11,4; 33,13-14) che rafforza l'affermazione del versetto precedente sulla diffusione della corruzione. Dio stesso infatti, con tutta la sua scienza, paradossalmente, non riesce a trovare una persona saggia, e non può che confermare l'assunto (v. 3). La situazione è grave, la corruzione dilaga come prima del diluvio (cfr. Gn 6,5.11-12; 8,21).

vv. 4-6. In questi versetti si ha la reazione di Dio. Egli con un oracolo interviene e dimostra fattivamente di esserci.

v. 4. «Non comprendono nulla....»: è un interrogativo retorico che prepara il verdetto oracolare dei vv. 5-6.

vv. 5-6. «perché Dio è con la stirpe... ma il Signore è il suo rifugio»: in questi due versetti, al contrario del v. 4, Dio parla in terza persona.

v. 7. «Venga da Sion...»: questo versetto è probabilmente un'aggiunta attualizzante del tempo dell'esilio babilonese. Si allude alla restaurazione nazionale d'Israele (cfr. Sal 51,20). Il salmista, in continuità di pensiero con il salmo, afferma che la risposta di Dio allo stolto (= qui: i Babilonesi), che nega la sua presenza salvifica, si concretizza con il ritorno dall'esilio del popolo d'Israele per opera del Signore. «da Sion...»: la salvezza è attesa da Sion, ove il Signore ha il trono nel tempio santo, perché essa è opera del Signore (cfr. Sal 3,9; 9,12). «Giacobbe... Israele»: sono i due nomi del capostipite del popolo d'Israele (cfr. Gn 25,25; 32,28). Si esprime così poeticamente la totalità della nazione ebraica, che non potrà non gioire perché salvata dal Signore.

Nel NT Paolo in Rm 3,10-12 cita i vv. 2-3 di questo Salmo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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