SALMO – 141 (140)

INVOCAZIONE A DIO CONTRO IL PECCATO 1 Salmo. Di Davide.

Signore, a te grido, accorri in mio aiuto; porgi l'orecchio alla mia voce quando t'invoco.

2 La mia preghiera stia davanti a te come incenso, le mie mani alzate come sacrificio della sera.

3 Poni, Signore, una guardia alla mia bocca, sorveglia la porta delle mie labbra.

4 Non piegare il mio cuore al male, a compiere azioni criminose con i malfattori: che io non gusti i loro cibi deliziosi.

5 Mi percuota il giusto e il fedele mi corregga, l'olio del malvagio non profumi la mia testa, tra le loro malvagità continui la mia preghiera.

6 Siano scaraventati sulle rocce i loro capi e sentano quanto sono dolci le mie parole:

7 “Come si lavora e si dissoda la terra, le loro ossa siano disperse alla bocca degli inferi”.

8 A te, Signore Dio, sono rivolti i miei occhi; in te mi rifugio, non lasciarmi indifeso.

9 Proteggimi dal laccio che mi tendono, dalle trappole dei malfattori.

10 I malvagi cadano insieme nelle loro reti, mentre io, incolume, passerò oltre.

_________________ Note

141,1 Sono ancora i nemici, descritti con immagini simili al salmo precedente, che con la loro malvagità spingono l’orante a invocare l’aiuto e l’intervento di Dio.

141,2 sacrificio della sera: era offerto nel tempio; la preghiera viene paragonata a questo sacrificio vespertino.

141,3 I peccati di lingua erano ritenuti particolarmente gravi nella società antica, nella quale aveva grande rilievo la comunicazione orale.

141,5 L'olio, usato per l’accoglienza degli ospiti, era segno di amicizia e di comunione.

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Approfondimenti

Supplica per perseverare nel bene Supplica individuale

Il salmo presenta problemi testuali nei vv. 4b-7 a causa dell'arcaicità o arcaismo di alcuni vocaboli. Può risalire al III secolo a.C. La simbologia più diffusa è quella di carattere somatico. È presente anche il carattere venatorio e liturgico. Come nel Sal 140 la sua metrica nel TM è di 4 + 3 accenti.

Divisione:

v. 1. «Signore, a te grido...»: il versetto è costruito in forma chiastica.

v. 2. «Come incenso..»: in questo versetto, di carattere liturgico, la preghiera di supplica è paragonata al fumo dell'incenso, e si menzionano le due celebrazioni vespertine nel tempio: l'oblazione dell'incenso e il rito della minḥâ con l'immolazione dell'agnello sull'altare degli olocausti. «le mie mani alzate»: questo gesto, oltre a coinvolgere anche il corpo nella preghiera secondo la mentalità dell'uomo biblico, simbolizza un ponte tra l'uomo e Dio, in una figura di adorazione quasi universale. Il gesto è noto in Egitto, in Ugarit e in Mesopotamia.

v. 3. «porta»: il vocabolo ebraico corrispondente (dal) è hapax nell'AT. Il Signore è invitato a tappare la bocca dell'orante per non fare uscire possibili bestemmie, lamentele, critiche, imprecazioni ecc. nei suoi confronti.

v. 4. «Non lasciare che il mio cuore...»: alla lett. «non deviare il mio cuore a parola (= azione) cattiva». L'orante ebreo attribuisce a Dio ogni effetto come alla causa prima, saltando le cause seconde. Il salmista chiede al Signore di impedirgli di commettere cattive azioni con gli operatori di iniquità (cfr. Mt 6,13). «non gusti i loro cibi deliziosi»: l'espressione «cibi deliziosi» (man‘amîm) è hapax nell'AT. Si richiama l'immagine del banchetto che è segno di comunione e di condivisione di ideali e di sentimenti. Il salmista chiede al Signore di liberarlo anche dalla stretta familiarità con gli operatori di iniquità.

v. 5. «Mi percuota il giusto...»: c'è l'autoimprecazione. Il salmista, con un giuramento d'innocenza, imprecando su di sé, si augura di essere percosso e rimproverato dal giusto e dal fedele della sua comunità se egli partecipa con l'empio al culto idolatrico. «l'olio dell'empio non profumi il mio capo»: l'olio versato sul capo è segno di ospitalità e di consacrazione, cfr. Sal 23,5; 45,8; 92,11. «tra le loro malvagità continui la mia preghiera»: alla lett. «Si, ancora la mia preghiera (è) tra (o contro) le loro malvagità». Traducendo «tra le loro malvagità» il salmista si impegna a non associarsi ai malvagi negli atti di culto (v. 5c). Se si traduce invece «contro le loro malvagità», l'orante afferma di impegnarsi a una preghiera continua contro la malvagità.

vv. 6-7. Si espone una vicenda che resta alquanto oscura. Sembra rispecchiarsi la diversa sorte riservata ai buoni e ai malvagi come nel Sal 16; o sembra intravvedersi la situazione simile a quella del Sal 140,11-12, in cui i malvagi cadono nello stesso laccio preparato apposta per l'orante. Se i verbi al perfetto sono considerati “precativi” le espressioni si trasformano in imprecazioni contro i malvagi, con l'applicazione del principio della retribuzione terrena. Nota l'immagine suggestiva che richiama all'aratro che spacca e apre le zolle della terra (v. 7). La «rupe» può riferirsi anche a Dio stesso così chiamato altrove (Sal 18,3; 31,4; 71,3), contro cui si infrange ogni attacco del male.

v. 8. «proteggi la mia vita»: alla lett. «non far venir meno l'anima mia». Si ha l'immagine della vita che si spegne adagio, come in un lento dissanguarsi (cfr. Lv 17,11-14; 1Sam 1,15; Is 53,12). Il versetto è una nuova professione di fede nel Signore come unico e vero salvatore, cfr. v. 1.

v. 10. «Gli empi cadono...»: se il verbo «cadono», è visto come iussivo «cadano», si ha qui un'altra imprecazione!

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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