SALMO – 142 (141)

INVOCAZIONE A DIO NELLA TRIBOLAZIONE 1 Maskil. Di Davide. Quando era nella caverna. Preghiera.

2 Con la mia voce grido al Signore, con la mia voce supplico il Signore;

3 davanti a lui sfogo il mio lamento, davanti a lui espongo la mia angoscia,

4 mentre il mio spirito viene meno. Tu conosci la mia via: nel sentiero dove cammino mi hanno teso un laccio.

5 Guarda a destra e vedi: nessuno mi riconosce. Non c'è per me via di scampo, nessuno ha cura della mia vita.

6 Io grido a te, Signore! Dico: “Sei tu il mio rifugio, sei tu la mia eredità nella terra dei viventi”.

7 Ascolta la mia supplica perché sono così misero! Liberami dai miei persecutori perché sono più forti di me.

8 Fa' uscire dal carcere la mia vita, perché io renda grazie al tuo nome; i giusti mi faranno corona quando tu mi avrai colmato di beni.

_________________ Note

142,1 Caduto nella rete preparata dai suoi nemici e privo ormai di ogni aiuto, all’orante non rimane che tendere fiducioso le mani e le braccia a Dio, il solo che può accorrere in sua difesa.

142,1 Quando era nella caverna: allusione a quanto è narrato in 1Sam 24 (vedi Sal 57,1).

142,6 terra dei viventi: l’ambito in cui si svolge la vita presente, in contrapposizione alla dimora dei morti (gli inferi).

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Approfondimenti

Supplica angosciata di un prigioniero Supplica individuale [di un prigioniero?]

Diversamente dagli altri salmi dello stesso genere, qui non si chiede la punizione dei nemici. Il carme esprime con profondità di sentimenti e schietta spiritualità la realtà della solitudine e della persecuzione dell'orante. Il TM non presenta particolari difficoltà di trasmissione; il metro prevalente è quello della qînâ (3 + 2 accenti). Il salmo sebbene usi immagini e temi usuali delle “Suppliche”, è vigoroso, di una certa eleganza, semplice e chiaro nella struttura. La simbologia è spaziale (intesa più in senso spirituale) e fortemente personalizzata.

Divisione:

v. 2. «Con la mia voce... grido aiuto»: a differenza della preghiera mormorata e silenziosa di Anna in 1Sam 1,13, qui il salmista chiede aiuto con alte grida.

v. 3. «al tuo cospetto»: diversamente dalla traduzione di BC, nel TM c'è di nuovo lᵉpānāyw (= davanti a lui). Il discorso continua perciò in terza persona.

v. 4a. «Mentre il mio spirito vien meno»: l'espressione è meglio riferirla ai versetti precedenti, di cui si vuole sottolineare la gravità e l'urgenza dell'implorazione. «la mia via»: «via» nel senso di «vita», «condotta».

v. 4b. «mi hanno teso un laccio»: c'è la metafora venatoria del «laccio» nel senso di insidia, cfr. Sal 9,16.

v. 5. «Guarda a destra... nessuno mi riconosce»: alla «destra» sta generalmente il difensore, il testimone favorevole (Sal 110,5; 121,5), ma anche «Satana» (l'accusatore) (Zc 3,1; Sal 109,6), e la guardia del corpo (Is 63,12; 2Sam 11,3). Il salmista, con questa espressione originale, denuncia l'indifferenza di tutti.

v. 6. «sorte»: ebr. ḥeleq, indicava originariamente una «porzione» di terra di Canaan (Gs 15,13; 19,9; Ez 45,7; 48,8.21; Zc 2,16), ma ha acquistato poi un significato metaforico e spirituale. Perciò il Signore è la «sorte» (= porzione) dei leviti (cfr. Nm 18,20; Dt 10,9...), del popolo eletto (Dt 32,9). Il salmista cerca il «possesso» del Signore, fonte e pienezza di vita, nella «terra dei viventi», cioè su questa terra, e sul suolo della Palestina, nella vita presente in contrapposizione con la «terra dei morti», lo šᵉ’ôl.

v. 8. «carcere»: sebbene la voce masgēr significhi «carcere» in senso proprio, qui, poiché il v. 4 parla di cammino, sembra essere una metafora per esprimere lo stato di tensione e di opposizione dei persecutori, che come in una morsa stringono l'orante (cfr. Sal 88,9; 107,10; 144,11; Is 42,7; Lam 3,7). Si sottintende l'immagine dei battitori i quali, chiudendo sempre di più il cerchio, spingono nella trappola la loro preda.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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