SALMO – 90 (89)

SALMI – LIBRO QUARTO (90-106)

ETERNITÀ DI DIO E BREVITÀ DELLA VITA DELL’UOMO 1 Preghiera. Di Mosè, uomo di Dio.

Signore, tu sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.

2 Prima che nascessero i monti e la terra e il mondo fossero generati, da sempre e per sempre tu sei, o Dio.

3 Tu fai ritornare l'uomo in polvere, quando dici: “Ritornate, figli dell'uomo”.

4 Mille anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte.

5 Tu li sommergi: sono come un sogno al mattino, come l'erba che germoglia;

6 al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e secca.

7 Sì, siamo distrutti dalla tua ira, atterriti dal tuo furore!

8 Davanti a te poni le nostre colpe, i nostri segreti alla luce del tuo volto.

9 Tutti i nostri giorni svaniscono per la tua collera, consumiamo i nostri anni come un soffio.

10 Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, e il loro agitarsi è fatica e delusione; passano presto e noi voliamo via.

11 Chi conosce l'impeto della tua ira e, nel timore di te, la tua collera?

12 Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio.

13 Ritorna, Signore: fino a quando? Abbi pietà dei tuoi servi!

14 Saziaci al mattino con il tuo amore: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.

15 Rendici la gioia per i giorni in cui ci hai afflitti, per gli anni in cui abbiamo visto il male.

16 Si manifesti ai tuoi servi la tua opera e il tuo splendore ai loro figli.

17 Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: rendi salda per noi l'opera delle nostre mani, l'opera delle nostre mani rendi salda.

_________________ Note

90,1 Domina in questa preghiera, che nel titolo del salmo viene attribuita a Mosè (v. 1), il simbolismo del tempo e dello spazio. Da una parte vi è il riconoscimento della stabilità di Dio; dall’altra la constatazione dell'inconsistenza e fragilità; dell'uomo (polvere, turno di veglia nella notte, erba del campo, soffio).

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Approfondimenti

Signore, muoviti a pietà dei tuoi servi Supplica collettiva (+ motivi innici e sapienziali)

Il salmo è attribuito, unica volta nel Salterio, a Mosè, ma è molto probabilmente del postesilio. Strutturalmente è tenuto unito da un'inclusione generale tra i vv. 1-2 e 17. Inoltre Dio è invocato come Signore (’adōnāy) in apertura e in chiusura (vv. 1.17). La simbologia del tempo è dominante, ma ricorrono anche quella spaziale, psicologica e antropomorfica. Questo salmo, che fa da apertura al quarto libro del Salterio, per i problemi affrontati è simile al Sal 39.

Divisione:

vv. 1b-2. Si proclama una duplice professione di fede: Dio come luogo sicuro di «rifugio» (v. 2) (cfr. Sal 71,3; 91,9), e Dio nella sua eterna stabilità (v. 3). Queste due premesse fondano le richieste finali del salmo.

v. 2. «nascessero i monti... fossero generati»: non si nega la verità della creazione (Gn 1), ma si adoperano immagini cosmogoniche proprie del genere innico (cfr. Gb 38,8).

vv. 3-12. L'orante medita sulla caducità umana segnata dal peccato, in raffronto con l'eternità di Dio. I vv. 3-6 riguardano l'uomo in genere, mentre i vv. 7-12, in particolar modo, il popolo di Dio che ha ricevuto la rivelazione. La sezione si chiude con l'invocazione del v. 12 a Dio per «giungere alla sapienza del cuore». Nel v. 3 si ricorda la realtà della morte richiamando Gn 3,19; nel v. 4 si accenna all'incommensurabilità del tempo divino in raffronto con il tempo dell'uomo (mille anni = un giorno); nei vv. 5-6 la caducità della vita umana è paragonata all'erba dei campi, che al mattino fiorisce e a sera dissecca, cfr. Sal 102,12; 103,15-16; Is 40,6-7; Gb 14,2; Sir 14,18. Nei vv. 7-12 i verbi nel TM sono al passato, il che fa pensare che il salmista e la comunità pur tenendo presente la condizione umana in genere, riflettono sulla situazione di disagio presente in cui versa il popolo, riconosciuta come effetto dell'ira divina a causa del peccato (vv. 7-8).

v. 8. «Davanti a te poni le nostre colpe, i nostri peccati occulti...»: in un parallelismo sinonimico in forma chiastica il salmista professa che niente si può nascondere a Dio; Dio conosce anche i nostri peccati più segreti (cfr. Sal 51).

vv. 9-10. «Tutti i nostri giorni svaniscono..»: si sottolinea la fugacità del tempo della vita dell'uomo che comporta anche fatica e dolore (cfr. Gb 9,25-28a).

v. 11. Il senso del versetto è incerto.

v. 12. «Insegnaci a contare i nostri giorni...»: è la supplica che chiude la meditazione dei vv. 3-12. Il salmista, dopo le considerazioni precedenti, chiede al Signore di saper valutare bene la vita umana, specialmente nei lati negativi, per trarne una lezione. Il cuore, cioè la mente dell'uomo, può acquistare la saggezza che lo aiuta a vivere (cfr. Sap 4,8-9; Qo 11,9-12,8).

vv. 13-17. L'attenzione del salmista si fa più attenta alla situazione presente di disagio del popolo e supplica il Signore affinché rotti gli indugi («fino a quando?»), abbia pietà.

v. 14. «Saziaci al mattino con la tua grazia»: il verbo «saziare» (śb‘) è un verbo simbolico e poetico usato spesso nel Salterio, cfr. Sal 17,15; 22,27; 37,19; 63,6...

Nel NT il v. 4 del salmo è ripreso da 2Pt 3,8-9.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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