📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA: Regole; a Diogneto ● PROFETI ● Concilio Vaticano II ● NUOVO TESTAMENTO

La quinta visione 1Vidi il Signore che stava sopra l’altare e diceva: «Colpisci con forza i capitelli e siano scossi gli architravi, falli cadere sulla testa di tutti e io ucciderò il resto con la spada; nessuno di loro riuscirà a fuggire, nessuno di loro scamperà. 2Anche se si rifugiassero negli inferi, di là li prenderà la mia mano; se salissero al cielo, di là li tirerò giù; 3se si nascondessero in cima al Carmelo, là li scoverò e li prenderò; se si occultassero al mio sguardo in fondo al mare, là comanderò al serpente di morderli; 4se andassero in schiavitù davanti ai loro nemici, là comanderò alla spada di ucciderli. Io volgerò il mio sguardo su di loro in male e non in bene».

Terza dossologia 5Il Signore, Dio degli eserciti, colpisce la terra ed essa vacilla e sono in lutto tutti i suoi abitanti; essa si solleva tutta come il Nilo e si abbassa come il Nilo d’Egitto. 6Egli costruisce nei cieli il suo palazzo e fonda la sua volta sulla terra; egli chiama a raccolta le acque del mare e le riversa sulla terra. Signore è il suo nome.

Elezione e giudizio 7«Non siete voi per me come gli Etiopi, figli d’Israele? Oracolo del Signore. Non sono io che ho fatto uscire Israele dal paese d’Egitto, i Filistei da Caftor e gli Aramei da Kir? 8Ecco, lo sguardo del Signore Dio è rivolto contro il regno peccatore: io lo sterminerò dalla terra, ma non sterminerò del tutto la casa di Giacobbe. Oracolo del Signore. 9Ecco, infatti, io darò ordini e scuoterò, fra tutti i popoli, la casa d’Israele come si scuote il setaccio e non cade un sassolino per terra. 10Di spada periranno tutti i peccatori del mio popolo, essi che dicevano: “Non si avvicinerà, non giungerà fino a noi la sventura”.

La salvezza futura 11In quel giorno rialzerò la capanna di Davide, che è cadente; ne riparerò le brecce, ne rialzerò le rovine, la ricostruirò come ai tempi antichi, 12perché conquistino il resto di Edom e tutte le nazioni sulle quali è stato invocato il mio nome. Oracolo del Signore, che farà tutto questo. 13Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – in cui chi ara s’incontrerà con chi miete e chi pigia l’uva con chi getta il seme; i monti stilleranno il vino nuovo e le colline si scioglieranno. 14Muterò le sorti del mio popolo Israele, ricostruiranno le città devastate e vi abiteranno, pianteranno vigne e ne berranno il vino, coltiveranno giardini e ne mangeranno il frutto. 15Li pianterò nella loro terra e non saranno mai divelti da quel suolo che io ho dato loro», dice il Signore, tuo Dio.

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Approfondimenti

La quinta visione 9,1-4 9, 1-4. A un comando rivolto al profeta (v. 1) segue una dichiarazione di JHWH stilizzata in cinque condizioni completate con sette verbi di azione divina, che sottolineano il disastro generale cui nessuno può sottrarsi (vv. 1b-4). Il testo sembra alterato, ma il senso della visione non ammette dubbi.

V. 1. L'altare non è localizzato, ma probabilmente si tratta del santuario di Betel. JHWH appare sopra l'altare, probabilmente in mezzo al fumo degli olocausti (cfr. Gdc 13,19s.). I capitelli della colonna alludono a un'area sacra in cui è radunato il popolo. Il tempio crolla uccidendo i presenti; gli altri sono vittime della guerra.

v. 2. Le immagini riferite nei vv. 2-4 sembrano derivate dalla tradizione sapienziale, che insiste sull'onnipresenza e onnipotenza divine (cfr. Ger 23,23s.; Sal 139,7-12); «gli inferi» sono il soggiorno dei morti situato sotto terra (Is 5,14; 14,9ss.; 1Sam 18,11-14).

v. 3. Dio può intervenire nei luoghi più impervi per scovare i fuggitivi e condurli davanti al suo tribunale; «la vetta del Carmelo» era coperta di foreste e fornita di grotte; «il serpente» personifica la potenza ostile del mare (cfr. Is 27,1; Gb 26,13), che qui obbedisce docilmente agli ordini del Signore.

v. 4. La personificazione della «spada» è una spietata raffigurazione del castigo, presentato sotto la figura di una guerra atroce. Nella quinta visione Dio appare come un guerriero vittorioso munito di spada, che annienta il suo popolo (Am 4,10; 7,9; 9,1; Ger 47,6s.). In questa campagna non viene risparmiato nemmeno il tempio, che cade in frantumi. Ogni scampo viene escluso, perché il Signore va a scovare i rifugiati in ogni angolo del cielo, delle montagne e degli inferi. Egli è presente dappertutto, essendo non solamente il Dio dei popoli e della storia, ma anche il Dio degli spazi cosmici.

Terza dossologia 9,5-6 Questa strofa di inno (cfr. 4,12-13; 5,8-9), che sembra fuori contesto, esalta il potere cosmico di Dio; si riscontra un certo nesso con i versetti precedenti della quinta visione (vv. 2-4).

v. 5. Dio si manifesta con tratti catastrofici: terremoti, lampi, moria (ctr. Mic 1,3-4; Ez. 38,19-20; Sal 18,15-16; 144,5).

v. 6. Questo stesso Dio è l'architetto del suo palazzo, che si trova nel cielo (Sal 104,3.13; Gb 22,14). Il firmamento è concepito come una volta che riposa sulle estremità della terra (Gb 22,14; Prv 8,27).

Elezione e giudizio 9,7-10 A un oracolo polemico riguardante l'elezione di Israele (v. 7) fa seguito una gravissima minaccia di sterminio del regno colpevole (v. 8), che però non sarà totale, ma raggiungerà solamente i peccatori (vv. 9-10). Alcuni studiosi considerano come tardivi questi vv. a causa del loro contenuto particolare.

v. 7. Mediante due domande retoriche il profeta demolisce l'orgogliosa sicurezza di Israele fondata sulla elezione divina; «gli Etiopi», lett. «Cusciti», sono un popolo camita rinomato per le sue leggendarie ricchezze (cfr. Gn 10,6; Is 20,3; 43,3; Ez 30,4). È un popolo lontano, estraneo all'alleanza. L'oracolo afferma che davanti a JHWH Israele non ha maggiori meriti del popolo più straniero della terra. Dio dirige la storia anche degli altri popoli: ha fatto migrare i Filistei da Creta («Caftor») e i Siriani (Aramei) dalla Mesopotamia; «Kir» si identifica con Ur (cfr. Dt 2,23; Gn 47,4; 2Re 16,9). Mediante audaci paragoni si afferma che Israele non è l'unico beneficiario dell'azione divina, perciò non deve inorgoglirsi della sua condizione di popolo dell'alleanza (2,9ss.; 3,2; 7,8.15).

v. 8. Il v. non ha un nesso diretto con il contesto. La prima parte, che sottolinea il castigo, conclude bene l'insegnamento delle ultime tre visioni. La seconda parte contiene l'annuncio della salvezza di un resto (cfr. 5, 15).

v. 9. Versetto ambiguo che può contenere una minaccia o una promessa; «il setaccio» può essere quello del muratore che vuole ottenere della sabbia (Sir 27,4) o quello del mugnaio. Generalmente è un'immagine tradizionale del giudizio (Is 30,28). Ma si potrebbe intendere anche della separazione dei pii dagli infedeli in Israele. La condanna sarebbe ristretta a un gruppo particolare di Israeliti. Malgrado le minacce oratorie di distruzione totale (2,13-16; 5,16s.27; 7,8s.; 8,1-3.14; 9,1-4), Amos intravede la salvezza di una parte di Israele (3,12; 5,3.15).

v. 10. La condanna concerne solamente coloro che speravano di sfuggire alla disgrazia, non prestando fede alla predicazione di Amos. La pericope sottolinea due attributi divini: JHWH è il Dio di tutti i popoli, non solamente di Israele (cfr. 1,2-2,16); egli non coinvolge tutti indistintamente nel giudizio e nella condanna, ma solamente i peccatori, mentre è propizio a coloro che ascoltano la sua parola annunciata dal profeta.

La salvezza futura 9,11-15 Questo brano finale, diverso dagli altri per forma, contenuto e genere letterario e datato probabilmente dall'epoca dell'esilio, contiene la promessa della restaurazione del regno davidico (vv. 11-12), l'assicurazione di una prosperità paradisiaca (vv. 13-14) e la conferma del possesso definitivo della patria ritrovata (v. 15). La proclamazione del disastro è incorporata in Amos nella proclamazione della salvezza escatologica.

v. 11. «In quel giorno»; termine vago e solenne che si riferisce al futuro; «la capanna di Davide» è il regno davidico nella sua unità, comprendente Israele e Giuda e la dominazione sui paesi vicini. Ora questo regno è sparito sotto i colpi dei nemici ed è ridotto a uno stato lamentevole paragonabile a una capanna crollata. Viene annunciata la sua ricomposizione come agli inizi (cfr. Mic 7,14; Is 51,9; Ml 3,4).

v. 12. Edom è citato (quale nemico acerrimo di Israele (cfr. 1,11; Abd 9s.). Saranno riconquistati i paesi sottomessi da Davide; la storia è concepita come una ripetizione del passato. Dio aveva segnato col suo nome, cioè aveva preso possesso e garantito la proprietà delle nazioni vicine di Israele sottomesse al dominio di Davide (cfr. 2Sam 12,28). I v. 11s. sono citati in modo accomodatizio in At 15,16s.

v. 13. Immagini di straordinaria fecondità dei lavori agricoli. Il suolo è prodigiosamente fertile, venendo sospeso il ritmo periodico della vegetazione. I monti e le colline subiscono una meravigliosa trasformazione (cfr. Sal 27,16; 65,13). Al lavoro umano viene tolta la condanna seguita al peccato primordiale (Gn 3,19). Queste immagini, probabilmente tradizionali, si uniranno ad altre nella letteratura profetica (Os 2,20.23ss.; Is 11,6-9; 30,25; Gl 4,18) e assumeranno un fantastico sviluppo nelle apocalissi giudaiche.

vv. 14-15. Il ritorno dall'esilio è accompagnato dalle immagini relative alla pace e alla felicità (Os 14,8; Is 65,21s.; Ger 31,5). Israele è paragonato a una pianta, che non sarà più sradicata dalla Palestina (Os 2,25; Ger 24,6; 32,41; 42,10; 45,4). Ci sarà una nuova alleanza, evocata con le espressioni «mio popolo» (v. 14) e «tuo Dio» (v. 15).

(cf. STEFANO VIRGULIN, Amos – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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La quarta visione 1Ecco ciò che mi fece vedere il Signore Dio: era un canestro di frutta matura. 2Egli domandò: «Che cosa vedi, Amos?». Io risposi: «Un canestro di frutta matura». Il Signore mi disse: «È maturata la fine per il mio popolo, Israele; non gli perdonerò più. 3In quel giorno i canti del tempio diventeranno lamenti. Oracolo del Signore Dio. Numerosi i cadaveri, gettati dovunque. Silenzio!

Oracolo contro gli sfruttatori 4Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese, 5voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio e si potrà vendere il grano? E il sabato, perché si possa smerciare il frumento, diminuendo l’efa e aumentando il siclo e usando bilance false, 6per comprare con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali? Venderemo anche lo scarto del grano”». 7Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe: «Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere. 8Non trema forse per questo la terra, sono in lutto tutti i suoi abitanti, si solleva tutta come il Nilo, si agita e si abbassa come il Nilo d’Egitto? 9In quel giorno – oracolo del Signore Dio – farò tramontare il sole a mezzogiorno e oscurerò la terra in pieno giorno! 10Cambierò le vostre feste in lutto e tutti i vostri canti in lamento: farò vestire ad ogni fianco il sacco, farò radere tutte le teste: ne farò come un lutto per un figlio unico e la sua fine sarà come un giorno d’amarezza. 11Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore Dio – in cui manderò la fame nel paese; non fame di pane né sete di acqua, ma di ascoltare le parole del Signore». 12Allora andranno errando da un mare all’altro e vagheranno da settentrione a oriente, per cercare la parola del Signore, ma non la troveranno. 13In quel giorno verranno meno per la sete le belle fanciulle e i giovani. 14Quelli che giurano per il peccato di Samaria e dicono: «Viva il tuo Dio, Dan!», oppure: «Viva la via sacra per Bersabea!», cadranno senza più rialzarsi!

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Approfondimenti

La quarta visione 8,1-3 Per la forma e la sentenza finale (v. 3), che sembra un'aggiunta, il brano è simile a quello della terza visione. Si annuncia in modo simbolico il tempo maturo per il giudizio.

v. 1. La visione non sfrutta il senso simbolico degli oggetti, ma gioca su un'assonanza verbale; «canestro di frutta matura»: lett. «un canestro d'estate». Accostando le parole qāîs (estate e frutta d'estate) e qēs (fine), il Signore dimostra la gravità della situazione del popolo, giunto alla consumazione.

v. 2. «È maturata»: viene usato il perfetto profetico, che sta per il futuro.

v. 3. Il tempio potrebbe designare il santuario di Betel (cfr. 5,5.21). Il numero dei morti rende impossibile il seppellimento e i cadaveri imbrattano tutto il paese. Davanti a questo spettacolo si rimane attoniti e senza parole.

Oracolo contro gli sfruttatori 8,4-14 Unità redazionale comprendente rimproveri e minacce contro i rapaci mercanti (vv. 4-8), la descrizione del «giorno del Signore» (vv. 9-10), della fame della parola di Dio (vv. 11-12) e l'annuncio della rovina degli apostati (vv. 13-14). Diversi temi sono ripresi dai capitoli precedenti e alcuni oracoli sono introdotti con la formula «in quel giorno» (vv. 9.13) o «verranno giorni» (v. 11).

8,4-8. Lunga interpellazione, nella quale vengono citate le parole degli sfruttatori (vv. 4-6), seguita da una solenne decisione di JHWH (v. 7) e da una conclusione del profeta che riporta probabilmente alcune righe di un inno sconosciuto (v. 8).

v. 4. Per l'ultima volta l'oracolo comincia con «ascoltate» (cfr. 3,1.13; 4,1; 5,1). I commercianti sono accusati di truffa, usura e disonestà; «gli umili del paese» sono i più ridotti alla miseria dai soprusi dei ricchi.

v. 5. Il novilunio e il sabato imponevano la sospensione delle attività lucrative, il che per i commercianti era una insopportabile restrizione (cfr. Os 2,13; Is 1,13s.; 1Sam 20,5.24; Lv 23,24); «le misure»: lett. «efa», equivalente a 38 litri (cfr. Gn 18,6; Es 16,36; «siclo», una unità che serve a pesare i lingotti di moneta (cfr. 2Re 7,1).

v. 6. I trafficanti intendono ridurre il povero in schiavitù a causa di un debito insignificante.

v. 7. Terzo giuramento nel libro di Amos; «il vanto di Giacobbe» può indicare la fierezza del popolo (cfr. 6,8), o la maestà divina manifestatasi con le promesse fatte a Giacobbe (1Sam 15,29), o la terra santa (Sal 47,5). La formula del giuramento è ambigua.

v. 8. Probabile citazione di un inno che descrive le conseguenze di un terremoto (cfr. 9,5). Lo strano paragone poetico relativo alle crescite e regressi del Nilo sottolinea il carattere inesorabile del disastro che accompagnerà il giudizio.

vv. 9-10. L'oracolo, messo in bocca a JHWH e introdotto con una formula che diventerà tradizionale (v. 9), descrive con caratteri escatologici il «giorno del Signore». L'eclissi di sole (v. 9) che getta tutti nella paura (cfr. 5,18; Is 13,10; Gl 3,4; 4,15) è simbolo della morte. Il vestire di sacco, la rasatura generale (evidente iperbole) e la lamentazione delle piangenti (v. 10) sono tipiche manifestazioni di lutto (cfr. Gn 37,34; Ger 4,8; Am 5,16; 8,3). Il cordoglio per l'unigenito assume una particolare gravità, perché questa morte preannuncia l'estinzione della discendenza, il che è una somma disgrazia per l'Israelita (cfr. Ger 6,26; Zc 12,10). Questo v. è parzialmente citato in Tb 2,6.

8,11-12. Introdotto con una formula che diventerà tradizionale, l'oracolo annuncia come castigo una fame e sete spirituale generalizzate, che non si estingueranno, perché il profetismo verrà meno.

v. 11. Si suppone che la parola di Dio annunciata dai profeti sia necessaria al popolo come il nutrimento quotidiano. E la prima volta che nella letteratura profetica compare la minaccia della sparizione della profezia (cfr. Os 5,6; Mic 3,4; Ez 7,26; Ger 11,11; Prv 1,28).

v. 12. Il silenzio di Dio e della sua parola è il più terribile dei castighi (cfr. Dt 8,3; Ct 5,6). I due mari sono il Mar Morto e il Mediterraneo.

8,13-14. Descrizione generale del giudizio a causa dell'idolatria praticata nei santuari nazionali. Vengono citate le parole degli accusati (cfr. 8,4ss.). Il testo appare come una spiegazione tardiva di 5,2.

v. 13. Il binomio «belle fanciulle» e «giovani» indica la totalità della popolazione valida (cfr. Dt 32,25; Is 23,4; Ger 31,13; 51,22; Sal 148,12; Lam 1,18; 2,21). La sete è quella fisica e metaforica insieme (cfr. v. 12). Le formule di giuramento (v. 14) dimostrano la pratica del culto degli dei cananei nei diversi santuari; «il peccato di Samaria» può indicare la rappresentazione sacrilega di JHWH nel santuario di Betel (cfr. 1Re 12,29; Os 8,5s.) o un palo sacro rappresentante una divinità femminile (cfr. 1Re 16,33). A Dan si venerava il vitello sacro (cfr. 1Re 12,30); «il tuo diletto» sembra essere il titolo di una divinità del santuario patriarcale del Sud. Le varie divinità cananee sono designate con soprannomi o eufemismi.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Amos – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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IL CICLO DELLE VISIONI

Le tre visioni del giudizio 1Ecco ciò che mi fece vedere il Signore Dio: quando cominciava a germogliare la seconda erba, quella che spunta dopo la falciatura per il re, egli formava uno sciame di cavallette. 2Quando quelle stavano per finire di divorare l’erba della regione, io dissi: «Signore Dio, perdona! Come potrà resistere Giacobbe? È tanto piccolo». 3Il Signore allora si ravvide: «Questo non avverrà», disse il Signore. 4Ecco ciò che mi fece vedere il Signore Dio: il Signore Dio chiamava a una lite per mezzo del fuoco che consumava il grande abisso e divorava la campagna. 5Io dissi: «Signore Dio, desisti! Come potrà resistere Giacobbe? È tanto piccolo». 6Il Signore allora si ravvide: «Neanche questo avverrà», disse il Signore Dio. 7Ecco ciò che mi fece vedere il Signore Dio: il Signore stava sopra un muro tirato a piombo e con un filo a piombo in mano. 8Il Signore mi disse: «Che cosa vedi, Amos?». Io risposi: «Un filo a piombo». Il Signore mi disse: «Io pongo un filo a piombo in mezzo al mio popolo, Israele; non gli perdonerò più. 9Saranno demolite le alture d’Isacco e saranno ridotti in rovina i santuari d’Israele, quando io mi leverò con la spada contro la casa di Geroboamo».

Amos e Amasia 10Amasia, sacerdote di Betel, mandò a dire a Geroboamo, re d’Israele: «Amos congiura contro di te, in mezzo alla casa d’Israele; il paese non può sopportare le sue parole, 11poiché così dice Amos: “Di spada morirà Geroboamo, e Israele sarà condotto in esilio lontano dalla sua terra”». 12Amasia disse ad Amos: «Vattene, veggente, ritirati nella terra di Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, 13ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno». 14Amos rispose ad Amasia e disse: «Non ero profeta né figlio di profeta; ero un mandriano e coltivavo piante di sicomòro. 15Il Signore mi prese, mi chiamò mentre seguivo il gregge. Il Signore mi disse: Va’, profetizza al mio popolo Israele. 16Ora ascolta la parola del Signore: Tu dici: “Non profetizzare contro Israele, non parlare contro la casa d’Isacco”. 17Ebbene, dice il Signore: “Tua moglie diventerà una prostituta nella città, i tuoi figli e le tue figlie cadranno di spada, la tua terra sarà divisa con la corda in più proprietà; tu morirai in terra impura e Israele sarà deportato in esilio lontano dalla sua terra”».

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Approfondimenti

IL CICLO DELLE VISIONI 7,1-9,10 La terza parte del libro comprende cinque visioni narrate da Amos in prosa e in prima persona, formanti un ciclo unitario. Le visioni sono disposte secondo un ordine progressivo; le prime quattro sono abbinate a causa di una certa rassomiglianza formale (vv. 1-9; 8,1-3: cavallette, siccità, guerra, frutti maturi), mentre la quinta si distacca dalle prime, essendo JHWH non l'autore, ma l'oggetto della visione (9,1-4). Tra le visioni sono intercalati una narrazione biografica (7,7-17), una dossologia (9,5-6) e alcuni oracoli che richiamano i cc. 3-6 (8,4-14; 9,7-10). Il tema comune delle visioni è la rivelazione del giudizio divino che pende su Israele. Viene così ripreso e sviluppato il tema dei cc. 3-6. Nelle prime due visioni Amos intercede per il popolo onde evitare il castigo (7,1-3.4-6); nelle altre due l'annuncio della calamità non può essere evitato (7,7-8; 8,1-3), mentre nella quinta il disastro appare nella sua tragica realizzazione (9,1-4). Non è possibile stabilire se le visioni ebbero luogo poco prima o dopo la vocazione profetica propriamente detta (cfr. 3,8; 7,15). Le prime tre precedono l'inizio dell'attività pubblica di Amos, poiché nei suoi oracoli non si fa mai menzione dell'intercessione profetica in favore del popolo.

Le tre visioni del giudizio 7,1-9 Le visioni delle cavallette, della siccità e del piombino presentano la stessa forma stilistica: descrizione della visione, in cui appare una figura, grido del profeta e decisione del Signore. E possibile che si tratti di apparizioni interne, che avvengono in sogno o in estasi, ma non si può escludere che si tratti anche di un fatto o di un oggetto appartenente alla vita corrente, che diventa segno di una realtà teologica nascosta. Le visioni rassomigliano alle azioni simboliche. Caratteristico è il modo immediato e concreto col quale JHWH agisce come protagonista e interlocutore.

v. 1. La formula introduttiva, autobiografica e identica per le prime quattro visioni (cfr. vv. 1.4.7; 8,1), insiste sull'origine divina del fatto. Il flagello delle cavallette è frequente in Oriente soprattutto sul finire della primavera (cfr. Gl 1). Il re aveva diritto al primo taglio dell'erba per i suoi cavalli (cfr. 1Re 5,6; 9,19; 10,26-29; 2Cr 1,14ss.); poi ognuno poteva pascolare il suo gregge. Un volo di cavallette in gennaio-febbraio significava la fame per il paese.

v. 2. Amos riconosce nel flagello il segno della collera divina e intercede per il popolo debole e piccolo rimettendosi completamente alla grazia di Dio. Il profeta, oltre ad annunciare la parola ispirata, ha la missione di intervenire presso Dio in favore del popolo (cfr. Nm 11,2; 21,7; Gdc 5,16ss.; Ger 14,7-12; 1Re 18,42). La domanda di perdono suppone il pentimento del popolo.

v. 3. Il pentimento di Dio (cfr. anche i vv. 6.8) – questo è il significato letterale del verbo ebraico tradotto dalla BC con «si impietosì» – è un antropopatismo che mette in rilievo il fatto che Dio è libero di sopprimere gli effetti del peccato, grazie alla sua misericordia, senza pertanto annullare la gravità della condanna (Gn 6,6; Es 32,14; Ger 18,8; Gl 2,13s.; Gio 3,9). Nei suoi disegni segreti ed eterni Dio ha incluso anche la libertà di perdonare (cfr. Ger 18,8). È indicativo il fatto che Dio si lascia commuovere dalla piccolezza dell'uomo, mentre punisce l'orgoglio e la presunzione (cfr. 6,8).

vv. 4-6. La seconda visione riguardante la siccità contiene dei motivi mitologici e tende verso l'allegoria. Il fuoco che dissecca il grande abisso, cioè l'oceano sotterraneo sul quale galleggia la terra (Ger 7,11; 44,25) e che è la riserva delle sorgenti e dei fiumi e poi si mette a disseccare anche la campagna, è una rappresentazione visiva della siccità provocata dal vento del deserto. Al v. 5 Amos chiede l'interruzione del flagello, non il perdono. La situazione si aggrava.

vv. 7-9. Il dialogo iniziato dal Signore spiega la visione del piombino che si conclude in forma di oracolo (v. 9). C'è un contrasto con le due visioni precedenti; Amos non interviene più, la pazienza di Dio è esaurita e inizia il tempo del giudizio.

v. 7. Il piombino potrebbe designare lo stagno, materiale molto ricercato per la preparazione delle armi, ovvero un termine tecnico che indica lo strumento che serve per la costruzione di un edificio o per misurare l'inclinazione di un muro che minaccia rovina, come nel nostro versetto (cfr. Is 28,17; 30,13; 34,11; Ez 13,10; Lam 2,8; 2Re 21,13).

v. 8. Il significato simbolico del piombino dimostra che è imminente il pericolo, poiché il risultato della perizia fatta da Dio sul popolo è negativo; oppure si può intendere come l'immediata distruzione di Israele dovuta allo strumento che Dio tiene in mano. Fuori metafora si annuncia l'invasione del paese da parte dell'Assiria.

v. 9. Oracolo che sembra indipendente dal contesto e annuncia la soppressione dei santuari e della casa regnante; «le alture di Isacco» sono i luoghi di culto che si trovavano generalmente sui colli (cfr. 1Re 14,23; 2Re 17,9-10; Ger 2,20; 3,6). Questo è l'unico testo in cui si parla direttamente della dinastia di Geroboamo. Né l'altare né il trono rappresentano una garanzia di salvezza di fronte al giudizio che viene.

In parecchi oracoli del profeta Amos, Dio appare come un giudice implacabile e un vendicatore che colpisce senza misericordia le trasgressioni della legge. Nelle prime due visioni del c. 7, invece, Dio è presentato come colui che si pente e che ritira le decisioni punitive già prese contro il suo popolo (cfr. Gn 6,6; Es 32,12; Ger 18,8.10). Si tratta di un antropomorfismo che mette in rilievo il fatto che i castighi sono sempre condizionali, che possono essere evitati, quando il popolo si converte, ovvero per la sola grazia divina. Dio si lascia commuovere dalla miseria e dalla piccolezza degli uomini e perdona passando sopra alle disastrose conseguenze del peccato. Vengono così armonizzati due aspetti della condotta divina che sembrano inconciliabili: la giustizia e la misericordia.

Amos e Amasia 7,10-17 Racconto biografico circostanziato dell'attività profetica di Amos, redatto in prosa da un testimone dell'evento, indipendente dal contesto. Il sacerdote Amasia denuncia Amos alla polizia reale (vv. 10-11); segue un dialogo tra Amasia (vv. 12-13) e Amos (vv. 14-17) con due dichiarazioni del profeta (vv. 11.16s.). Abbondano le antitesi, le ripetizioni e le allitterazioni; lo stile è conciso, talvolta lapidario; dominano gli interventi orali.

v. 10. Amasia, capo del clero addetto al santuario nazionale di Betel, è in stretto rapporto con l'amministrazione regia, essendo stato designato dal re a questo ufficio (cfr. 1Re 12,32). Il verbo «congiurare» allude ai colpi di stato cruenti, che periodicamente hanno infestato il regno del Nord (1Re 15,27; 16,9; 2Re 9,14), I profeti si erano immischiati in simili complotti e avevano fatto precipitare la crisi (Achia, Elia, Eliseo: 1Re 11,29ss.; 2Re 9). Amos è considerato come un nemico dello stato, del quale mette in pericolo la sicurezza.

v. 11. Le parole di Amos (cfr. v. 7,9) vengono interpretate in modo forzato. La morte di Geroboamo non è presentata come una punizione divina, ma come una semplice disgrazia. In questo modo Amasia misconosce il vero significato dell'oracolo di Amos dipingendo il profeta come un perturbatore politico, che bisogna sorvegliare e sopprimere. Sono taciuti gli aspetti più essenziali e religiosi della predicazione di Amos, come la denuncia dei peccati e l'invito alla conversione.

v. 12. Con stile incisivo e diretto, che proviene dall'autorità concessagli dal re, Amasia ordina ad Amos di lasciare il paese. Riconosce che Amos è un «veggente», cioè un profeta vero (cfr. 2Sam 24,11; 2Re 17,13, Is 29,10), che ha ricevuto delle visioni da parte di Dio (cfr. 1,1), perciò aveva il diritto di esercitare l'attività profetica e di mantenersi con i doni che gli venivano offerti dai fedeli che lo consultavano (cfr. 1Sam 9,6s.; 2Re 5,15ss.). Solamente che essendo nato in Giuda, non aveva il diritto di predicare nel regno del Nord. Il santuario nazionale non doveva servire da tribuna a un agitatore politico.

vv. 14-15. In modo categorico e preciso, mediante frasi brevi e antitesi incisive Amos risponde che il suo ministero a Betel non può essere contestato senza ledere i diritti assoluti di JHWH sul suo popolo. Il v. 14 è formato da tre brevi sentenze nominali, il cui verbo può essere inteso al presente o al passato. Nel primo caso «profeta» (in ebraico nabi) designa un professionista, che predica per interesse, e «figlio di profeta» è colui che appartiene alle confraternite profetiche, esistenti presso i santuari (cfr. 1Sam 10,10; 1Re 20,35; 2Re 2,3); negando queste qualifiche al presente e insistendo sul suo mestiere di pastore, Amos legittima il proprio intervento mediante l'ordine del Signore. Nel secondo caso Amos nega di aver svolto nel passato una funzione profetica o di aver aderito a un circolo profetico; per confermare ciò ricorda di essere stato pecoraio e raccoglitore di sicomori; è stato chiamato direttamente dal Signore e destinato al suo servizio. Doveva fare il profeta in Israele, cioè nel regno del Nord, perché anche questo popolo appartiene a Dio e non al re o al sacerdote. Per questo Amos non è un intruso nel territorio di Geroboamo.

vv. 16-17. Oracolo di fattura classica comprendente il motivo, la formula di introduzione e la sentenza. Il v. 16 riprende i termini del v. 11. Il castigo suppone l'occupazione nemica e la distruzione delle proprietà tra i conquistatori. La sorte di Amasia sarà la peggiore che possa toccare a un sacerdote; sarà privato della moglie, zimbello dei nemici, dei figli uccisi in guerra; perderà il suo patrimonio e sarà sepolto in terra straniera consacrata agli idoli (cfr. Os 9,2; Ez 4,16). La scomunica colpirà anche la sua morte, quasi una maledizione totale, che si avventa su di lui. Anche gli altri abitanti del paese saranno deportati.

Lo scontro tra Amasia e Amos a Betel è un testo capitale per comprendere la missione del profeta. Egli deriva la sua autorità unicamente da Dio che lo invia, per cui le autorità civili e religiose non hanno il diritto di opporsi alla sua predicazione. Il vero profeta è libero, non condizionato dalle circostanze politiche. La sua parola si identifica con la volontà di Dio. Come Amos, molti profeti dovranno affrontare le stesse contestazioni e subire gli stessi tentativi di soffocare la loro voce. I rapporti tra profezia e monarchia assunsero spesso nella storia d'Israele degli aspetti drammatici.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Amos – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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La falsa sicurezza e l'esilio 1Guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria! Questi notabili della prima tra le nazioni, ai quali si rivolge la casa d’Israele! 2Andate a vedere la città di Calne, da lì andate a Camat, la grande, e scendete a Gat dei Filistei: siete voi forse migliori di quei regni o il loro territorio è più grande del vostro? 3Voi credete di ritardare il giorno fatale e invece affrettate il regno della violenza. 4Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti nella stalla. 5Canterellano al suono dell’arpa, come Davide improvvisano su strumenti musicali; 6bevono il vino in larghe coppe e si ungono con gli unguenti più raffinati, ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano. 7Perciò ora andranno in esilio in testa ai deportati e cesserà l’orgia dei dissoluti. 8Ha giurato il Signore Dio, per se stesso! Oracolo del Signore, Dio degli eserciti. «Detesto l’orgoglio di Giacobbe, odio i suoi palazzi, consegnerò al nemico la città e quanto contiene». 9Se sopravvivranno in una sola casa dieci uomini, anch’essi moriranno. 10Lo prenderà il suo parente e chi prepara il rogo, per portare via le ossa dalla casa; dirà a chi è in fondo alla casa: «C’è ancora qualcuno con te?». L’altro risponderà: «No». Ed egli dirà: «Silenzio!», perché non si pronunci il nome del Signore. 11Poiché ecco: il Signore comanda di fare a pezzi la casa grande, e quella piccola di ridurla in frantumi. 12Corrono forse i cavalli sulla roccia e si ara il mare con i buoi? Poiché voi cambiate il diritto in veleno e il frutto della giustizia in assenzio. 13Voi vi compiacete di Lodebàr dicendo: «Non abbiamo forse conquistato Karnàim con la nostra forza?». 14«Ora, ecco, io susciterò contro di voi, casa d’Israele – oracolo del Signore, Dio degli eserciti –, un popolo che vi opprimerà dall’ingresso di Camat fino al torrente dell’Araba».

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Approfondimenti

La falsa sicurezza e l'esilio 6,1-14 Il gruppo degli oracoli di questo capitolo fa parte della terza invettiva introdotta con la parola d'ordine «guai» (6,1). I vv. 1-7 contengono un esteso attacco contro la vita lussuriosa dei notabili di Samaria, seguito dall'annuncio del castigo (v. 7). La descrizione del lusso, delle gozzoviglie e dell'irresponsabilità della classe dirigente è unica nell'AT. Due altre invettive che svolgono il tema del peccato e della rovina, si leggono nei vv. 8-11.12-14. I frammenti letterari non sono bene coordinati e collegati tra loro, ad esempio nel v. 8 parla direttamente il Signore, mentre nel v. 11 si descrive il suo intervento.

v. 1. La minaccia è rivolta ai capi di Samaria e di Sion (forse Sion è un'aggiunta posteriore); «la prima delle nazioni» è una formula ironica, che suppone l'orgogliosa sicurezza dei capi del regno del Nord dopo le vittorie di Geroboamo II (cfr. 2Re 14,25). I Giudei del sud rendono omaggio, cercano consiglio e chiedono giustizia ai notabili del regno del Nord.

v. 2. Versetto difficile, considerato da alcuni autori come una glossa, perché le città menzionate furono distrutte dopo l'epoca di Amos; «Calne» si trova in Siria a nord di Aleppo e fu occupata dagli Assiri nel738 a.C.; «Camat», occupata nel 720 a.C. si trova sul fiume Oronte in Siria; «Gat», che sta per tutta la Filistea, fu presa dagli Assiri nel 711 a.C. Il versetto può essere interpretato in due sensi: come un'interpellazione rivolta ai capi di Samaria, che inquieti dovrebbero fare il paragone tra la loro capitale e le città una volta prospere ed ora distrutte, ovvero come una citazione delle considerazioni che i capi facevano ai loro visitatori; essi palesavano la propria sicurezza politica, poiché la situazione di Israele e di Giuda era più brillante di quella delle città della Siria e della Filistea e il loro territorio era più popolato.

v. 3. Gli illusi capi sono attaccati direttamente, sia perché dichiarano inesistente il pericolo dell'invasione assira, sia perché la scongiurano mediante un nuovo impulso dato al culto e ai banchetti sacri.

6,4-6. Brillante descrizione del lusso e dei bagordi dell'alta società: mobili intarsiati (cfr. 3,15), alto consumo di carne, impensabile in un'epoca di generale sottoalimentazione, una vita di ozio passata in conviti e orge.

v. 4. I letti incrostati di avorio furono trovati a Arslan Tash nel nord della Siria a est di Carchemis. Lo sdraiarsi sui divani era un'imitazione della moda straniera. Gli agnelli del gregge sono quelli che hanno la carne tenera, perché nutriti di solo latte (cfr. Ger 46,21).

v. 5. In modo ironico i canti improvvisati e gli strumenti musicali inventati sono paragonati a quelli di Davide, considerato come il cantore e il suonatore per eccellenza (cfr. 1Cr 23,5; Ne 12,36).

v. 6. Le grandi coppe servivano alle libazioni liturgiche (cfr. 1Re 7,40; 2Re 25,15; Zc 14,20) e l'uso degli unguenti era indice di festa (Is 61,3; Sal 23,5; Qo 9,8). «Giuseppe» sta per gli abitanti del regno del Nord (cfr. 5,6.15).

v. 7. Il castigo comporta l'esilio e la cessazione dei conviti.

6,8-14. La condanna viene affermata in maniera globale (v. 8), poi viene specificata mediante piccoli quadri a partire dall'immagine della peste (vv. 9-10b). Non vale invocare il nome di Dio (v. 10c), poiché la rovina è ineluttabile (v. 11). Due paragoni illustrano l'assurdità di certe azioni (v. 12). Viene ancora ripetuta l'accusa (v. 13) e la condanna (v. 14).

v. 8. Solenne formula di giuramento, per cui Dio assume un impegno assoluto ingaggiando il proprio onore personale (cfr. Ger 51,14; Ez 10,18); «l'orgoglio di Giacobbe» è l'autosufficienza degli abitanti, che comporta il disprezzo della legge del Signore; «la città» può indicare la capitale Samaria o l'insieme delle città del regno.

v. 9. Il testo presenta delle difficoltà, come anche quello del v. 10. Si suppone una moria generale provocata da una pestilenza. Se anche dieci persone cercano rifugio in una casa, periranno. La popolazione è quasi sterminata.

v. 10. Viene descritta una scena misteriosa e suggestiva. I fuggitivi ritornano in città per cercare gli eventuali sopravvissuti e prelevare i cadaveri; ma è invano che vengono rovistate fino in fondo le case. Il breve dialogo sottolinea che non c'è nessun sopravvissuto e che un silenzio di morte regna sulle macerie. La situazione è così grave che sarebbe vano invocare il nome di Dio, poiché è lui la causa della catastrofe. E questo uno dei passi più lugubri della profezia di Amos. La pazienza di Dio ha un limite, oltre il quale non c'è che distruzione e silenzio di morte; «chi prepara il rogo»: la frase potrebbe indicare anche il rito della cremazione, ritenuto come una profanazione in Israele (cfr. 1Sam 31,12).

v. 11. Si suppone un terremoto, che sconvolge le abitazioni.

v. 12. La piccola parabola della follia viene espressa con due interrogazioni retoriche di tenore sapienziale e riguardanti due paragoni tratti dall'esperienza popolare. Infatti i cavalli corrono sulla sabbia, non sulle rocce, e i buoi sono aggiogati per lavorare la terra, non le acque. Tale è l'assurdità e l'illogicità dell'amministrazione della giustizia trasformata in strumento di corruzione e di morte (cfr. 5,7ss.).

v. 13. Il versetto contiene una mordace accusa della forza militare; «Lo-de-bar» (= non c'è nulla) è una località della Transgiordania conquistata dal re Geroboamo II o da Ioas (cfr. 2Sam 9,4; 17,27; 2Re 13,25; 14,25), come anche «Karnaim» (le due corna). Il primo nome indica ciò che è derisorio in tale conquista, mentre il secondo sottolinea la potenza vittoriosa. Queste conquiste tendono a far nascere nella nazione sentimenti di orgoglio, che l'oracolo descrive citando le parole del popolo.

v. 14. L'occupazione assira si estenderà dalla città dell'Oronte («Camat») fino al sud del Mar Morto nella depressione giordanica.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Amos – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Lamentazione su Israele 1Ascoltate questa parola, questo lamento che io elevo su di voi, o casa d’Israele! 2È caduta, non si alzerà più, la vergine d’Israele; è stesa al suolo, nessuno la fa rialzare. 3Poiché così dice il Signore Dio: «La città che mandava in guerra mille uomini resterà con cento, e la città che ne mandava cento per la casa d’Israele, resterà con dieci».

La ricerca del Signore 4Poiché così dice il Signore alla casa d’Israele: «Cercate me e vivrete! 5Non cercate Betel, non andate a Gàlgala, non passate a Bersabea, perché Gàlgala andrà certo in esilio e Betel sarà ridotta al nulla». 6Cercate il Signore e vivrete, altrimenti egli, come un fuoco, brucerà la casa di Giuseppe, la divorerà e nessuno spegnerà Betel! 7Essi trasformano il diritto in assenzio e gettano a terra la giustizia.

Seconda dossologia 8Colui che ha fatto le Pleiadi e Orione, cambia il buio in chiarore del mattino e il giorno nell’oscurità della notte, colui che chiama a raccolta le acque del mare e le riversa sulla terra, Signore è il suo nome. 9Egli fa cadere la rovina sull’uomo potente e fa giungere la devastazione sulle fortezze.

Minacce ed esortazione 10Essi odiano chi fa giuste accuse in tribunale e detestano chi testimonia secondo verità. 11Poiché voi schiacciate l’indigente e gli estorcete una parte del grano, voi che avete costruito case in pietra squadrata, non le abiterete; voi che avete innalzato vigne deliziose, non ne berrete il vino. 12So infatti quanto numerosi sono i vostri misfatti, quanto enormi i vostri peccati. Essi sono ostili verso il giusto, prendono compensi illeciti e respingono i poveri nel tribunale. 13Perciò il prudente in questo tempo tacerà, perché sarà un tempo di calamità. 14Cercate il bene e non il male, se volete vivere, e solo così il Signore, Dio degli eserciti, sarà con voi, come voi dite. 15Odiate il male e amate il bene e ristabilite nei tribunali il diritto; forse il Signore, Dio degli eserciti, avrà pietà del resto di Giuseppe.

Il giorno del Signore 16Perciò così dice il Signore, Dio degli eserciti, il Signore: «In tutte le piazze vi sarà lamento, in tutte le strade si dirà: “Ohimè! ohimè!”. Si chiameranno i contadini a fare il lutto e quelli che conoscono la nenia a fare il lamento. 17In tutte le vigne vi sarà lamento, quando io passerò in mezzo a te», dice il Signore. 18Guai a coloro che attendono il giorno del Signore! Che cosa sarà per voi il giorno del Signore? Tenebre e non luce! 19Come quando uno fugge davanti al leone e s’imbatte in un orso; come quando entra in casa, appoggia la mano sul muro e un serpente lo morde. 20Non sarà forse tenebra, non luce, il giorno del Signore? Oscurità, senza splendore alcuno?

Il culto autentico 21«Io detesto, respingo le vostre feste solenni e non gradisco le vostre riunioni sacre; 22anche se voi mi offrite olocausti, io non gradisco le vostre offerte, e le vittime grasse come pacificazione io non le guardo. 23Lontano da me il frastuono dei vostri canti: il suono delle vostre arpe non posso sentirlo! 24Piuttosto come le acque scorra il diritto e la giustizia come un torrente perenne. 25Mi avete forse presentato sacrifici e offerte nel deserto per quarant’anni, o Israeliti? 26Voi avete innalzato Siccut come vostro re e Chiion come vostro idolo, e Stella come vostra divinità: tutte cose fatte da voi. 27Ora, io vi manderò in esilio al di là di Damasco», dice il Signore, il cui nome è Dio degli eserciti.

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Approfondimenti

Lamentazione su Israele 5,1-3 Ha inizio con questo brano una nuova collezione di detti, che comprende tutto il c. 5. Vi sono raccolti frammenti di vario contenuto, divisi in due serie di detti, di cui la prima è introdotta con la parola «ascoltate» (vv. 1-17) e la seconda con la parola «guai» (vv. 18-27). Vari sono i generi letterari utilizzati: lamentazione (vv. 1-3), oracolo di salvezza (vv. 4-6), minacce (vv. 7.10-12), esortazione (vv. 14-15), descrizione (vv. 18-20), istruzione (vv. 21-27).

I vv. 1-3 sono un appassionata elegia sulla rovina di Israele comprendente un'introduzione (v. 1), l'annuncio propriamente detto espresso con il perfetto profetico (v. 2) e la conferma divina (v. 3). È probabile che Amos abbia pronunciato queste parole durante una solenne celebrazione festiva in un santuario.

v. 2. Viene espresso in modo stilisticamente perfetto il dramma che colpirà Israele abbandonato, senza che nessuno gli venga in aiuto; «la vergine d'Israele»: è la prima volta nell'AT che la nazione israelitica viene presentata come una donna in giovane età che non ha conosciuto le gioie della vita coniugale, il che era considerato una duplice disgrazia. La stessa espressione sarà ripresa in Ger 18,13; 31,4.21. In altri passi la nazione è chiamata semplicemente «vergine» (Ger 18,13; 31,4.21), «figlia» (Is 1,8; 10,32).

  1. Versetto in prosa, in cui Dio annuncia la sparizione di Israele come popolo e come stato. Ciò che rimane dell'esercito è una realtà irrisoria. Il tema del resto acquista un significato negativo. La certezza della rovina, che è già motivo di lutto, dovrebbe indurre Israele a ritornare al suo Dio.

La ricerca del Signore 5,4-7 Accorata esortazione piuttosto inusuale in Amos, comprendente due agili ed eleganti strofette (vv. 4-5 e 6) sotto forma di torah sacerdotale; in essa viene formulato uno dei grandi ideali religiosi del profeta: la religione pura e interiore che è sorgente di vita. Il tema enunciato direttamente da JHWH (vv. 4s.) è concluso in terza persona con l'aggiunta di una minaccia (v. 6). Il v. 7 è un frammento apparentemente isolato, che tratta dei giudici iniqui, e probabilmente è connesso con il brano dei vv. 10-13. Questo passo mostra che il giudizio punitivo non è ineluttabile e rimane sempre la possibilità di sopravvivere.

v. 4. «Cercare il Signore» è un termine tecnico che indica la consultazione della volontà di Dio per mezzo della sorte o dell'interpretazione della legge data dai sacerdoti (cfr. Dt 12,5; Sal 24,6). In questo caso però a frase significa sforzarsi di conoscere e praticare la volontà di Dio, in patrticolare di esercitare la giustizia (cfr. Is 55,6; Sal 105,4; 1Cr 16,1); «vivere» indica sfuggire all'imminente castigo e godere la felicità che viene da Dio (cfr. Dt 30, 155.).

v. 5. La vera ricerca di Dio implica l'esclusione dei pellegrinaggi ai santuari nazioni, anche a, quello di Bersabea, che si trovava nel deserto del Negheb, in territorio giudaico, ed era connesso con la memoria dei patriarchi, soprattutto Isacco (Gn 21,21-34; 26, 23ss.). Ad esso accorrevano anche i pellegrini del regno del Nord. Alla fine del v. c'è un gioco di parole fondato sull'assonanza dei nomi simili a Galgala e sul contrasto tra «casa di Dio» (Betel) e «casa di iniquità» (Bet-Aven) (cfr. Os 4,15).

v. 6. Il profeta Amos commenta la parola di Dio aggiungendo una minaccia. Dio è identificato con il fuoco che divora il regno del Nord e i suoi santuari (cfr. Os 8,14; Is 10,17; Ger 4,4; 21,12).

v. 7. Degne di nota sono le due immagini poetiche: il «diritto» è cambiato in veleno, letteralmente «in assenzio», che è spesso simbolo della morte (cfr. Ger 9,14; 23,15; Prv 5,4; Lam 3,19) e la «giustizia», degna di sedere in trono come regina, è trattata come una schiava vilipesa (cfr. Is 47,1s.).

Seconda dossologia 5,8-9 L'inno non presenta un nesso logico con il contesto. Dio viene esaltato come creatore del mondo stellare e delle acque, come colui che dirige la storia e le sorti degli uomini.

v. 8. «le Pleiadi e Orione» sono due costellazioni particolarmente luminose, che si trovano associate in Is 13,10 e Gb 9,9; 38,31. Peraltro l'interpretazione dei relativi termini ebraici è incerta.

v. 9. Anche il testo di questo versetto non è sicuro, per cui è di difficile interpretazione; «le fortezze e le cittadelle» designano probabilmente i potenti che saranno castigati.

Minacce ed esortazione 5,10-15 Tre frammenti di oracoli riguardanti la giustizia amministrativa (vv. 10-12) e conclusi con una sentenza sapienziale (v. 13) sono seguiti da un brano esortatorio che sviluppa il tema della vera religiosità (vv. 14-15), ispirandosi ai vv. 4s. Probabilmente si suppone una disputa tra il profeta e il popolo, che riteneva Dio presente in mezzo ai suoi, a giudicare dalla florida situazione materiale della società.

v. 10. «la porta» è la piazza situata all'entrata della città, dove veniva amministrata la giustizia. Il giudice retto e il testo verace sono fatti bersaglio dell'odio degli iniqui.

v. 11. Viene denunciata l'estorsione praticata dai proprietari delle terre, che sottraggono ai fittavoli i prodotti agricoli necessari alla sussistenza; «la pietra squadrata» era il costoso materiale con il quale si costruivano templi e palazzi reali (cfr. 1Re 5,31; 6,36; 7,9.11s.).

v. 13. Il versetto è una conclusione fatta dal profeta, relativa all'accusa contenuta nel versetto precedente. Il silenzio è provocato dall'attesa del castigo.

v. 15. I verbi «odiare» e «amare» sottolineano la profonda conformazione del pensiero e del sentimento alla condotta morale. Del regno del Nord colpevole e impenitente sopravvivrà un modesto numero di fedeli, dopo i castighi già inflitti (4,6-11) o che verranno inflitti da Dio (5,3). È la prima volta nei libri profetici che si parla del «resto», partecipe della salvezza. Si tratta però di un'eventualità che dipende dalla libera volontà di Dio, non di una certezza, come si afferma nella profezia di Isaia.

I vv. 5, 4-7 e 14-15 contengono un'elevata dottrina morale e religiosa. La ricerca di JHWH identificata con il ripudio del culto sincretistico praticato nei santuari e con l'osservanza dei precetti del Signore viene immedesimata con l'amore del bene e l'odio del male, cioè con una condotta moralmente retta, la cui principale espressione è la pratica della giustizia nei tribunali. Questa è solamente un aspetto della giustizia sociale, sulla quale insiste il profeta (cfr. 2,6ss.; 4,1; 5,7.12; 8,4-8). Non si tratta solamente di non commettere il male, ma di rigettarlo e aborrirlo, e di desiderare e prediligere il bene. La conseguenza della ricerca di Dio è il possesso della «vita». Il senso immediato della vita è forse la sopravvivenza del popolo di fronte alla catastrofe politica che sembra imminente. Però la promessa della vita è commentata da due formule di contenuto spirituale. In 5,14b si garantisce l'attiva presenza di JHWH in mezzo ai suoi, secondo il principio dell'alleanza (cfr. Gs 1,17; Nm 14,43; 23,21; Dt 2,7; 20,4; 31,6ss.; 1Re 8,57; Is 7,14; 8,8.10). In 5,15 la promessa riveste la forma dubitativa della manifestazione della misericordia divina; si vuole sottolineare che il Dio dell'alleanza decide da solo, se crede, di fare grazia a una parte del popolo.

Il giorno del Signore 5,16-20 Supposto anticipatamente l'esecuzione del giudizio con le sue terribili conseguenze, viene elevato un canto funebre che riguarda gli agricoltori e i vignaiuoli (vv. 16s.). Segue, introdotto con un «guai», il celebre brano concernente il giorno del Signore, interpretato in senso negativo, in quanto si identifica con il castigo di Dio eseguito secondo giustizia (vv. 18ss.)

v. 16. «Ah! ah!» è un elemento tipico dell'elegia funebre. Il disastro è tale che non basterà la popolazione del paese per fare il cordoglio (8,10; Ger 9,9-20).

v. 17. Il passaggio del Signore richiama alla mente la decima piaga dell'Egitto (Es 12,12.23), però la natura di questo transito punitivo rimane nel vago.

v. 18. Il verbo «attendere» indica talvolta un desiderio vano (cfr. Prv 13,4.21.26; Qo 6,2) e disordinato (Dt 5,21; 2Sam 23,15; 1Cr 11,17; Ger 17,16); il «giorno del Signore» è il tempo in cui Dio manifesta la sua potenza salvifica o punitiva. Il profeta respinge implicitamente come illusoria, l'attesa di un intervento divino incondizionato a favore di Israele; «tenebre» è sinonimo di rovina, mentre «luce» indica salvezza e gioia.

v. 19. Le immagini dei tre animali (leone, orso e serpente) illustrano la vera indole del «giorno del Signore», che comporta una situazione senza sbocco dovuta all'inevitabilità del giudizio (cfr. 2,13-16; 3,14; 9,1-4).

v. 20. L'interrogazione retorica fa inclusione con il v. 18, che viene ripreso e ampliato.

Il culto autentico 5,21-27 Questo brano, che rappresenta un tutto omogeneo nello stile di un insegnamento sacerdotale o profetico, è introdotto senza formula. Contiene una violenta requisitoria contro il culto formalistico (vv. 21s.), un'esortazione (vv. 23s.), una duplice domanda retorica (vv. 25s.) e una sentenza di condanna (v. 27). In forma polemica viene espresso il pensiero di Dio sulla vita cultuale del popolo eletto.

v. 21. «non gradisco»: lett. «non posso respirare»; è un'allusione all'antica credenza mitica, secondo la quale gli dei fiutavano l'odore dei sacrifici (cfr. Gn 8,21; Es 29,41; 30,38). Dio aborrisce le cerimonie liturgiche delle grandi feste, che comportavano processioni e danze (cfr. 8,10; 1Re 12,32s.; Gdc 21,19).

v. 22. I tre tipi di sacrifici menzionati olocausti (Gn 22,3; Lv), doni, cioè varie offerte di cereali (Gs 1,13; 1Sam 2,17) e i sacrifici di comunione (Lv 3; Is 24,5) comprendono tutto il sistema sacrificale israelitico.

v. 23. Dio rigetta anche le preghiere e i canti, considerati come un volgare fracasso (cfr. 1Sam 4,14).

v. 24. Bella esortazione pratica che sottolinea la necessità di rispondere alle esigenze della solidarietà sociale (= diritto, giustizia) che regolano il regime dell'alleanza, invece di praticare un culto lussuoso e formalistico.

v. 25. I vv. 25s. presentano delle difficoltà testuali e non è escluso che siano delle addizioni posteriori. Il significato del v. 25 è discusso. Probabilmente si afferma che durante i 40 anni di permanenza nel deserto del Sinai, Israele era completamente dipendente dai doni che Dio gli procurava, non avendo nulla da offrirgli. Non si asserisce che il culto nel deserto era esonerato da ogni sacrificio, ma che era semplice e sincero in contrasto con i sontuosi riti del momento.

v. 26. Alcuni autori spiegano il versetto in senso rituale facendo riferimento alle processioni con gli oggetti sacri, al baldacchino, al marciapiede, simboli del trono regale di JHWH; altri studiosi interpretano «Siccut» e «Chion» come nomi di divinità assire. Il culto di Israele verrebbe ironicamente identificato con quello dei pagani.

v. 27. Il luogo della deportazione è indicato in modo vago, però è sottintesa l'Assiria.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Amos – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Contro le donne della capitale 1Ascoltate questa parola, o vacche di Basan, che siete sul monte di Samaria, che opprimete i deboli, schiacciate i poveri e dite ai vostri mariti: «Porta qua, beviamo!». 2Il Signore Dio ha giurato per la sua santità: «Ecco, verranno per voi giorni in cui sarete portate via con uncini e le rimanenti di voi con arpioni da pesca. 3Uscirete per le brecce, una dopo l’altra, e sarete cacciate oltre l’Ermon». Oracolo del Signore.

Falsa religiosità e ostinazione 4«Andate pure a Betel e peccate, a Gàlgala e peccate ancora di più! Offrite ogni mattina i vostri sacrifici e ogni tre giorni le vostre decime. 5Offrite anche sacrifici di lode con pane lievitato e proclamate ad alta voce le offerte spontanee, perché così vi piace fare, o figli d’Israele». Oracolo del Signore Dio. 6«Eppure, vi ho lasciato a denti asciutti in tutte le vostre città, e con mancanza di pane in tutti i vostri villaggi; ma non siete ritornati a me». Oracolo del Signore. 7«Vi ho pure rifiutato la pioggia tre mesi prima della mietitura, facevo piovere sopra una città e non sopra l’altra; un campo era bagnato di pioggia, mentre l’altro, su cui non pioveva, seccava. 8Due, tre città andavano barcollanti verso un’altra città per bervi acqua, senza potersi dissetare; ma non siete ritornati a me». Oracolo del Signore. 9«Vi ho colpiti con ruggine e carbonchio, vi ho inaridito i giardini e le vigne; i fichi e gli olivi li ha divorati la cavalletta; ma non siete ritornati a me». Oracolo del Signore. 10«Ho mandato contro di voi la peste, come un tempo contro l’Egitto, ho ucciso di spada i vostri giovani, mentre i vostri cavalli diventavano preda; ho fatto salire il fetore dai vostri campi fino alle vostre narici; ma non siete ritornati a me». Oracolo del Signore. 11«Vi ho travolti come Dio aveva travolto Sòdoma e Gomorra, eravate come un tizzone strappato da un incendio; ma non siete ritornati a me». Oracolo del Signore. 12Perciò ti tratterò così, Israele! Poiché questo devo fare di te: prepàrati all’incontro con il tuo Dio, o Israele!

Dossologia 13Ecco colui che forma i monti e crea i venti, che manifesta all’uomo qual è il suo pensiero, che muta l’aurora in tenebre e cammina sulle alture della terra, Signore, Dio degli eserciti è il suo nome.

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Approfondimenti

Contro le donne della capitale 4,1-3 Violenta requisitoria contro le donne di Samaria, che a causa delle loro colpe sociali (v. 1) dovranno subire la deportazione (vv. 2-3). Il brano pur essendo autonomo, continua il tema del giudizio del c. 3.

v. 1. «Ascoltate»; la formula introduce tutta la collezione di 4,1-13 composta in gran parte di rimproveri e minacce; «Basan» è una regione della Transgiordania celebre per i suoi fertili pascoli (cfr. Dt 32,14; Ez 39,18; Sal 22,13); «vacche di Basan»: appellativo che allude alla ricchezza e superbia delle donne che opprimono gli indifesi e conducono una vita dissoluta (cfr. Is 28,1-8). Esse coinvolgono i mariti nelle gozzoviglie praticate a danno dei poveri.

v. 2. «ha giurato per la sua santità»: cioè per la sua intima natura che è santa e ingaggia il suo onore, per cui le decisioni divine sono irrevocabili (cfr. Sal 89,36). La frase singolare è di estrema gravità, giacché, se Dio giura – e lo fa raramente –, giura per se stesso; «le rimanenti di voi», sono probabilmente le serve delle grandi matrone, ovvero la discendenza di queste ultime. Le dame samaritane saranno trattate come bestie catturate, cui si pongono degli anelli al naso, mentre le rimanenti saranno costrette a camminare legate mediante uncini.

v. 3. «Ermon»: è una correzione testuale che indica l'alta montagna situata a nord della Palestina, al confine con il Libano. Nel testo ebraico si legge: «Armon», che indica una regione sconosciuta.

Falsa religiosità e ostinazione 4,4-12 Mediante quattro ironici imperativi riguardanti le pratiche cultuali e due imperativi concernenti il loro effetto negativo, Amos denuncia l'ipocrita pietà del popolo probabilmente durante una festa nel santuario di Betel (v. 4-5). Seguono cinque strofe in prima persona riferite a Dio, aventi la stessa struttura letteraria, in cui si elencano con una certa gradazione, sette calamità naturali inviate da Dio con lo scopo di convertire il popolo, ma senza successo. Ogni strofa termina con lo stesso ritornello (vv. 6-11). Infine si annuncia il castigo (v. 12). Non mancano nella pericope delle piccole aggiunte.

vv. 4-5. Vengono evocati i principali atti di culto, dovuto a uno zelo esagerato praticato nel santuario nazionale di «Betel» e «Galgala». Galgala potrebbe essere il santuario fondato al tempo di Giosuè presso Gerico (Gs 4,19-20; 5,9-10) ovvero un altro luogo di culto situato presso Betel (cfr. 2Re 2,1; 4,38); «peccate»: il termine ebraico è lo stesso che viene usato per i crimini dei popoli e di Israele in 1,3-2,6. Il culto è paradossalmente un crimine che comporta la condanna, perché non è accompagnato dalla pratica della legge e della giustizia sociale, per cui è l'espressione di una religiosità puramente umana, e perciò illegittima. «Offrite» (v. 5): lett. «offri» al singolare; è sottinteso che il sacerdote è incaricato di questa funzione (cfr. Lv 2,2.8-11); «con lievito»: la legislazione rituale proibiva l'uso di ogni sostanza fermentata (Lv 2,11; 7,12); qui si allude a una pratica sincretistica dovuta all'influsso cananeo.

v. 6. «a denti asciutti» espressione sarcastica che indica la siccità e la fame, fenomeni frequenti in Palestina (cfr. Gn 12,10; 41,34; 1Re 17,12; 2Re 4,38).

vv. 7-8. La capricciosa siccità riflette il sistema meteorologico della Palestina, che conosce due ondate di pioggia, quella autunnale e quella primaverile. Amos è convinto che il Signore invia o trattiene la pioggia; questo potere veniva spesso attribuito dal popolo alle divinità cananee.

v. 9. «Vi ho colpiti»: in ebraico viene usato il termine tecnico per indicare le piaghe dell'Egitto (cfr. Dt 28,22; 1Re 8,37). Vengono enumerati i danni causati da una cattiva annata agricola.

v. 10. L'uccisione dei giovani presuppone un'epidemia scoppiata nel campo militare (cfr. 2Sam 24,15; 2Re 19,35). Il fetore si riferisce al gran numero di cadaveri rimasti insepolti (cfr. Is 34,3).

v. 11. La punizione di Sodoma e Gomorra, dovuta a un terremoto, era diventata proverbiale in Israele per indicare una tremenda catastrofe (cfr. Gn 19,24; Is 13,19; Ger 49,18; 50,40; Dt 29,22).

v. 12. Annuncio vago e misterioso di un futuro castigo definitivo; «l'incontro con Dio» ha un senso ostile; è una specie di citazione a giudizio di un popolo infedele e impenitente.

La pericope 4,4-12 mette in piena luce la pedagogia divina riguardo al popolo d'Israele infedele. Si suppone che il Signore possieda il diretto e immediato controllo delle forze della natura, che sono ostili all'uomo. La lista delle calamità costituisce l'antitesi delle opere salvifiche recensite in 29ss. Dio invia le disgrazie per punire Israele, rivelandogli la propria collera; ma lo scopo ultimo è quello di indurlo alla conversione. Ciò significa che Dio è ricco di misericordia e di amore. Tuttavia la sua benevolenza non è indefinita, poiché la nazione ribelle e ostinata nella sua falsa concezione religiosa deve affrontare il castigo meritato. La stessa dottrina si trova in 1,3.6.9.11.13; 2,1; 7,1-9.

Dossologia 4,13 È il primo dei tre frammenti di un cantico elevato alla trascendente maestà divina, che si rivela nelle forze della natura (cfr. 5,8-9; 9,5-6; cfr. ancora Ger 10, 12s.). Esistono delle affinità tra questi inni e il Deuteroisaia, Gb 38 e alcuni salmi. Due serie parallele di titoli (3+2) espresse con dei participi precedono la solenne proclamazione del nome di JHWH. Non è certo che i frammenti siano opera del profeta che si ispira al culto liturgico; è possibile che siano stati introdotti posteriormente nell'opera. Nel contesto attuale l'inno è una conferma che Dio con il suo potere irresistibile può realizzare il suo progetto; «l'uomo» rappresenta il popolo d'Israele; «cammina sulle alture della terra»: la frase evoca la teofania sinaitica (cfr. Es 19,18.20; Ne 9,13).

(cf. STEFANO VIRGULIN, Amos – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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ORACOLI CONTRO ISRAELE

Castigo malgrado l'elezione 1Ascoltate questa parola, che il Signore ha detto riguardo a voi, figli d’Israele, e riguardo a tutta la stirpe che ho fatto salire dall’Egitto: 2«Soltanto voi ho conosciuto tra tutte le stirpi della terra; perciò io vi farò scontare tutte le vostre colpe.

La vocazione profetica 3Camminano forse due uomini insieme, senza essersi messi d’accordo? 4Ruggisce forse il leone nella foresta, se non ha qualche preda? Il leoncello manda un grido dalla sua tana, se non ha preso nulla? 5Si precipita forse un uccello a terra in una trappola, senza che vi sia un’esca? Scatta forse la trappola dal suolo, se non ha preso qualche cosa? 6Risuona forse il corno nella città, senza che il popolo si metta in allarme? Avviene forse nella città una sventura, che non sia causata dal Signore? 7In verità, il Signore non fa cosa alcuna senza aver rivelato il suo piano ai suoi servitori, i profeti. 8Ruggisce il leone: chi non tremerà? Il Signore Dio ha parlato: chi non profeterà?

Le colpe di Samaria 9Fatelo udire nei palazzi di Asdod e nei palazzi della terra d’Egitto e dite: “Adunatevi sui monti di Samaria e osservate quanti disordini sono in essa e quali violenze sono nel suo seno”. 10Non sanno agire con rettitudine – oracolo del Signore –; violenza e rapina accumulano nei loro palazzi». 11Perciò così dice il Signore Dio: «Il nemico circonderà il paese, sarà abbattuta la tua potenza e i tuoi palazzi saranno saccheggiati». 12Così dice il Signore: «Come il pastore strappa dalla bocca del leone due zampe o il lobo d’un orecchio, così scamperanno i figli d’Israele che siedono a Samaria nell’angolo di un letto, sulla sponda di un divano. 13Ascoltate e attestatelo nella casa di Giacobbe, oracolo del Signore Dio, Dio degli eserciti: 14Quando colpirò Israele per i suoi misfatti, colpirò gli altari di Betel; saranno spezzati i corni dell’altare e cadranno a terra. 15Demolirò la casa d’inverno insieme con la casa d’estate, e andranno in rovina le case d’avorio e scompariranno i grandi palazzi». Oracolo del Signore.

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Approfondimenti

ORACOLI CONTRO ISRAELE 3,1-6,14 Questa sezione comprende 19 oracoli, alcuni brevi (3,1-2.12), altri estesi (3,3-8; 4,6-12), diversi incompleti (cc. 5-6), coordinati in modo artificiale secondo una certa affinità di tema. Si distinguono due collezioni minori introdotte rispettivamente con la formula «ascoltate» (3,1; 4,1; 5,1) e «guai» (5,18; 6,1). Benché prevalgano gli oracoli di giudizio, si nota la presenza di riflessioni sapienziali 3,3-8; 4,4-12), di materiale liturgico (4,14; 5,8s.; 4,4-11) e di esortazioni (5,4-6.14s.).

Castigo malgrado l'elezione 3,1-2 «Ascoltate» introduce gli oracoli di tutto il capitolo. Viene sottolineata la responsabilità particolare di Israele dovuta all'elezione divina. L'infedeltà all'alleanza scatena la collera divina.

v. 1. Il v. 1 è un po' imbarazzato, poiché si parla di JHWH in terza e prima persona a causa di una certa identificazione del profeta con Dio; «Israeliti» sono tutte le tribù d'Israele, anche quelle del regno di Giuda.

v. 2. «ho eletto»; lett. «ho conosciuto», cioè ho scelto, amato. Nel mondo semitico la conoscenza esprime un rapporto personale di comunione e di preferenza, come l'amore del padre per il figlio (Is 63,16) e l'amore degli sposi (Gn 4,1). Nel nostro passo il verbo indica il rapporto speciale stabilitosi tra Dio e Israele in seguito alla liberazione dall'Egitto e all'alleanza sinaitica (cfr. Es 3,7; 4,22; Is 5,1-7; Os 11,1; Ger 2,2s.; Ez 16,6; Is 41,8s.); «farò scontare»: lett. «visiterò» nel senso di un intervento punitivo di Dio (cfr. Es 20,5; 34,7; Lv 18,25). Tra elezione e punizione ricorre un'intima correlazione e dipendenza. La scelta di Dio non è destinata a procurare automaticamente la salvezza, non essendo un privilegio imprescrittibile, ma fonda una responsabilità imprescindibile: se le esigenze divine non sono rispettate, scatta la collera e il castigo. Si tratta di una conseguenza paradossale dell'elezione divina.

La vocazione profetica 3,3-8 Discorso didascalico di autodifesa comprendente sette domande retoriche basate sull'inevitabile rapporto che esiste tra effetto e causa (vv. 3-5) e causa ed effetto (v. 6-8). Il brano, di tenore sapienziale, è frutto della riflessione personale del profeta che prende le immagini dalla vita sociale (v. 3), campestre (vv. 4s.) e militare (v. 6). Probabilmente Amos risponde ad alcune obiezioni sollevate contro la legittimità della sua vocazione profetica, quasi fosse un profeta inautentico che annuncia solo giudizio e castigo.

v. 3. Per maggiore sicurezza il viaggio si faceva sempre con un compagno, il che suppone un previo accordo (cfr. Tb 5,1-15). Un fatto evidente induce a scoprire un altro aspetto, che non si può osservare in forma diretta, ma ne rappresenta la spiegazione.

v. 4. L'esempio del leone e del leoncello mostra non solo che un fatto presuppone la causa, ma anche che produce un certo effetto.

v. 6. Il suono della tromba è l'allarme dato dalle sentinelle della città che vedono sopraggiungere l'esercito invasore.

v. 7. Questo versetto si distingue per la sua forma dichiarativa e il contenuto teologico, espresso con formule deuteronomistiche; «il suo consiglio»: lett. «il suo segreto»; il termine ebraico indica l'incontro confidenziale tra amici (cfr. Prv 15,22; Sir 8,17). Dio che delibera segretamente con se stesso, rivela anticipatamente i suoi piani ai profeti che sono suoi servi e confidenti (cfr. 2Re 9,7; Ger 7,25; Dn 6,10; Zc 1,6). Viene sottolineata l'origine e l'essenza divina del profetismo. La profezia è identificata con la rivelazione divina.

v. 8. Sentenza lapidaria, composta di due interrogazioni retoriche. L'appello di Dio è irresistibile, come la paura suscitata dal ruggito del leone; perciò il profeta è obbligato ad annunciare la parola di Dio. Amos fa appello alla sua esperienza vocazionale e rivela la profonda coscienza della propria missione. La chiamata divina produce in lui un effetto cosi potente che non può fare a meno di fare il profeta (cfr. 7,14s.; Ger 20,7ss.). Perciò la sua parola è quella di Dio; egli non annuncia la sventura per volontà propria, ma costretto da Dio, per cui essa avrà effetto. Così Amos giustifica la sua predicazione nel regno del Nord, dove incontrava incomprensione e contrasti.

Le colpe di Samaria 3,9-15 I tre oracoli distinti e riconoscibili da tre introduzioni speciali (vv. 9.12.13) sottolineano i peccati di Samaria (ingiustizie: vv. 9s.; culto sacrilego: v. 14; lusso: v. 15) e la punizione che essi attirano: l'invasione nemica, il saccheggio e la distruzione della ricchezza ingiustamente accumulate. Probabilmente questi oracoli furono pronunciati nella capitale Samaria.

v. 9. Usando un genere letterario simile a quello giudiziario, Amos si rivolge ad alcuni messaggeri perché vadano nei paesi pagani (Asdod sta per la Filistea; i LXX però leggono: Assiria) ad invitarli a recarsi nella capitale del regno del Nord e prendere atto dei crimini ivi commessi, soprattutto contro i miserabili (cfr. Mic 6,1ss.; Os 4,1ss.; Is 1,2ss.). Samaria, la capitale, fu fondata dal re Omri nell'VII sec. a.C. su una collina a 10 km a nord-ovest di Sichem.

v. 10. La violenza e la rapina che vanno spesso insieme (cfr. Ger 6,7; 20,8; 48,3; Ez 45,9; Ab 1,3) indicano che si è perduto il senso morale di ciò che e giusto.

v. 11. Il nemico non nominato è l'Assiria.

v. 12. Versetto di difficile interpretazione. La comparazione presa dalla vita pastorale sembra avere un significato ironico. Piuttosto che introdurre il tema del sacro resto, il paragone del pastore sembra alludere a Es 22,12-13, secondo cui il pastore deve portare al proprietario la prova che un capo di bestiame mancante è stato divorato, suo malgrado, altrimenti è costretto a pagare un'indennità (cfr. Gn 31,39; 1Sam 17,34; Is 31,4). I salvati di Samaria sono i testimoni della distruzione di Israele. Dio è innocente e il popolo ne assume la colpevolezza.

v. 13. «Giacobbe» sembra indicare l'insieme delle tribù d'Israele. A Dio viene dato il titolo divino più completo, che sottolinea la sua maestà; in altri passi la formula si riscontra con delle varianti incomplete (4,5; 8,3.9.11; 6,8.14).

v. 14. Viene abolito il diritto di asilo. A Betel Geroboamo I aveva stabilito un santuario e un culto nazionale, centrato sulla venerazione del vitello in opposizione a Gerusalemme (1Re 12,26.33; Am 4,4; 7,10; Os 4,15; 5,8); «i corni dell'altare» erano quattro sporgenze situate ai lati dell'altare, sulle quali veniva spruzzato il sangue delle vittime immolate in taluni sacrifici. Quando questo altare veniva toccato da un omicida involontario, questi veniva sottratto alla giustizia (cfr. Es 27,1s.; Lv 4,30; 16,18; Ez 43,15; 1Re 1,50; 2,28). I corni caduti a terra non possono più servire come riparo ai colpevoli involontari.

v. 15. La menzione di quattro tipi di case abitate dai ricchi allude alla situazione economico-sociale del paese. Pochi proprietari facoltosi e potenti, legati alla corte, vivono nello sfarzo signoreggiando su pochi commercianti al minuto e su una massa di braccianti. A Samaria furono trovati i resti delle placche di avorio che ornavano i palazzi della capitale. Questi palazzi saranno distrutti dal terremoto.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Amos – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Contro Moab 1Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Moab e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché ha bruciato le ossa del re di Edom per ridurle in calce. 2Manderò il fuoco a Moab e divorerà i palazzi di Keriòt e Moab morirà nel tumulto, al grido di guerra, al suono del corno. 3Eliminerò dal suo seno chi governa, ucciderò, insieme con lui, tutti i suoi prìncipi», dice il Signore.

Oracolo contro Giuda 4Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Giuda e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno rifiutato la legge del Signore e non ne hanno osservato i precetti, si sono lasciati traviare dagli idoli che i loro padri avevano seguito. 5Manderò il fuoco a Giuda e divorerà i palazzi di Gerusalemme».

Contro Israele 6Così dice il Signore: «Per tre misfatti d’Israele e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno venduto il giusto per denaro e il povero per un paio di sandali, 7essi che calpestano come la polvere della terra la testa dei poveri e fanno deviare il cammino dei miseri, e padre e figlio vanno dalla stessa ragazza, profanando così il mio santo nome. 8Su vesti prese come pegno si stendono presso ogni altare e bevono il vino confiscato come ammenda nella casa del loro Dio. 9Eppure io ho sterminato davanti a loro l’Amorreo, la cui statura era come quella dei cedri e la forza come quella della quercia; ho strappato i suoi frutti in alto e le sue radici di sotto. 10Io vi ho fatto salire dalla terra d’Egitto e vi ho condotto per quarant’anni nel deserto, per darvi in possesso la terra dell’Amorreo. 11Ho fatto sorgere profeti fra i vostri figli e nazirei fra i vostri giovani. Non è forse così, o figli d’Israele? Oracolo del Signore. 12Ma voi avete fatto bere vino ai nazirei e ai profeti avete ordinato: “Non profetate!”. 13Ecco, vi farò affondare nella terra, come affonda un carro quando è tutto carico di covoni. 14Allora nemmeno l’uomo agile potrà più fuggire né l’uomo forte usare la sua forza, il prode non salverà la sua vita 15né l’arciere resisterà, non si salverà il corridore né il cavaliere salverà la sua vita. 16Il più coraggioso fra i prodi fuggirà nudo in quel giorno!». Oracolo del Signore.

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Approfondimenti

Contro Moab 2,1-3 È il paese situato a sud del fiume Arnon e a oriente del Mar Morto (cfr. Nm 22-24; Gdc 3,12ss.; 2Re 3,4ss.). Il crimine di Moab è quello di aver disprezzato la persona umana impedendone la sepoltura.

v. 1. L'incinerazione del cadavere che comportava la privazione della sepoltura era per i Semiti la somma disgrazia e un castigo divino (cfr. Ger 7,33; 8,2; 16,4; 2Re 9,10; Qo 6,3). Il diritto di riposare nella tomba non era rifiutato né ai condannati a morte né ai nemici (cfr. Dt 21,22s.; 2Re 9,34).

v. 2. «Keriot» corrisponde probabilmente a El Kerak (cfr. Ger 48,24).

v. 3. Il «giudice» è probabilmente il re, che aveva il compito di amministrare la giustizia.

Oracolo contro Giuda 2,4-5 Brano di tenore deuteronomistico, forse aggiunto posteriormente alla raccolta dei vaticini di Amos, nel quale viene denunciata in forma generale l'infedeltà del popolo di Giuda nel rapporto con Dio nel contesto dell'alleanza sinaitica (cfr. Dt 11,28; 2Re 17,15).

v. 4. Tre sono le colpe rinfacciate a Giuda: il disprezzo della volontà di Dio (torah), la disobbedienza ai singoli precetti e l'adorazione delle menzogne cioè degli «idoli».

v. 5. Mediante la breve formula di condanna (cfr. 1,10.12; 2,2) viene applicata al popolo di Dio la stessa punizione che colpisce le nazioni pagane.

Contro Israele 2,6-16 Ampio e violento oracolo che condanna quattro crimini di Israele (vv. 6-8):

  1. oppressione dei poveri,
  2. prostituzione sacra,
  3. orge gastronomiche,
  4. corruzione dei consacrati.

Vengono ricordati i benefici divini in favore di Israele (vv. 9-11) e minacciato il castigo, al quale nessuno sfuggirà (vv. 13-16). La pericope rappresenta il punto culminante della sezione contenente gli oracoli contro i popoli stranieri.

v. 6. La vendita si può intendere del commercio degli schiavi o della riduzione dei poveri e degli innocenti allo stato di schiavitù per dei futili motivi, ciò che era proibito dalla legge mosaica (cfr. Es 21,1-11; 22,2).

v.7. Le espressioni iperboliche dei primi stichi alludono all'oppressione generalizzata dei miseri da parte dei potenti (cfr Es 22,21ss.; 23,10s.). La libertà sessuale si riferisce ai giovani e agli anziani che abusavano della stessa schiava (cfr. Es 21,7-11; Lv 18,17; 20,14) ovvero concerne la prostituzione sacra, tipica del culto cananeo, aggravata da pratiche incestuose (cfr. Dt 23,18s.; 1Re 14,24; 15,12; 2Re 23,7; Os 4,14).

v.8. Un altro rimprovero riguarda la mancata restituzione delle vesti (cfr. Es 22,25s.; Dt 24,12.17), col pretesto che dovevano servire al culto, inoltre le estorsioni, accompagnate da multe, di una misura abbondante di vino destinato alle libazioni rituali e ai pasti sacri illecitamente consumati nei templi (cfr. Es 29,40; Lv 23,13; Nm 15,1-12).

v. 9. I benefici divini rievocati in sequenza non cronologica (cfr. anche i vv. 10-11) sono la distruzione dei Cananei, l'esodo dall'Egitto, la traversata del deserto e l'attività dei nazirei e dei profeti. Questi favori danno a JHWH il diritto di esigere l'obbedienza dal suo popolo. L'Amorreo designa tutte le popolazioni autoctone della Palestina; esse sono descritte in modo poetico e iperbolico secondo un modello tradizionale (cfr. Nm 13,33; Dt 1,28; 2,10.21; 3,11).

v. 10. Il discorso è rivolto direttamente al popolo. Amos è il solo profeta che menziona la permanenza di 40 anni nel deserto; questo numero indica un periodo storico completo.

v. 11. I «nazirei» erano degli asceti, consacrati totalmente al Signore, i quali conducevano una vita austera fino alla morte o per un periodo determinato (cfr. Nm 6,1-21; Gdc 13,4; 1Sam 1,28); tali erano Sansone e Samuele.

v. 12. I versetto in prosa interrompe il discorso e si differenzia dai vv. precedenti. Probabilmente è una glossa che commenta il v. 11 a partire dal conflitto che oppose Amos al sacerdote Amasia (7,10-17). Opporsi ai profeti è contestare Dio stesso e violentare i nazirei equivale a profanare la loro consacrazione.

vv. 13-16. Le conseguenze dell'invasione nemica, che rappresenta il castigo divino, sono descritte mediante due immagini: quella del carro carico di messi, che rimane impastoiato nel terreno, e quella dell'esercito in ritirata, che avendo perso la battaglia, è in preda al terrore e cerca invano di fuggire. I componenti l'esercito sono: il soldato (v. 14c), l'arciere (v. 15a), «in quel giorno» (v. 16): si tratta del giorno del Signore, tipica espressione profetica, usata qui per la prima volta (cfr. ancora 8,3.9.13; 9,11) e indicante un importante avvenimento storico comprendente una particolare manifestazione di Dio; «Oracolo del Signore», in ebraico nᵉ'um JHWH: formula solenne di conclusione, che ricorre 21 volte in Amos e diverse centinaia di volte nei libri profetici.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Amos – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Titolo e prologo 1Parole di Amos, che era allevatore di pecore, di Tekòa, il quale ebbe visioni riguardo a Israele, al tempo di Ozia, re di Giuda, e al tempo di Geroboamo, figlio di Ioas, re d’Israele, due anni prima del terremoto. 2Egli disse: «Il Signore ruggirà da Sion e da Gerusalemme farà udire la sua voce; saranno avvizziti i pascoli dei pastori, sarà inaridita la cima del Carmelo».

GIUDIZIO CONTRO LE NAZIONI

Minacce contro Damasco 3Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Damasco e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno trebbiato Gàlaad con trebbie ferrate. 4Alla casa di Cazaèl manderò il fuoco e divorerà i palazzi di Ben-Adàd; 5spezzerò il catenaccio di Damasco, sterminerò chi siede sul trono di Bikat-Aven e chi detiene lo scettro di Bet-Eden, e il popolo di Aram sarà deportato in esilio a Kir», dice il Signore.

Contro Gaza 6Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Gaza e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno deportato popolazioni intere per consegnarle a Edom. 7Manderò il fuoco alle mura di Gaza e divorerà i suoi palazzi, 8sterminerò chi siede sul trono di Asdod e chi detiene lo scettro di Àscalon; rivolgerò la mia mano contro Ekron e così perirà il resto dei Filistei», dice il Signore.

Oracolo contro Tiro 9Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Tiro e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno deportato popolazioni intere a Edom, senza ricordare l’alleanza fraterna. 10Manderò il fuoco alle mura di Tiro e divorerà i suoi palazzi».

Contro Edom 11Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Edom e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché ha inseguito con la spada suo fratello e ha soffocato la pietà verso di lui, perché la sua ira ha sbranato senza fine e ha conservato lo sdegno per sempre. 12Manderò il fuoco a Teman e divorerà i palazzi di Bosra».

Minacce contro Ammon 13Così dice il Signore: «Per tre misfatti degli Ammoniti e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno sventrato le donne incinte di Gàlaad per allargare il loro confine. 14Darò fuoco alle mura di Rabbà e divorerà i suoi palazzi, tra il fragore di un giorno di battaglia, fra il turbine di un giorno di tempesta. 15Il loro re andrà in esilio, egli insieme ai suoi comandanti», dice il Signore.

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Approfondimenti

Titolo e prologo 1,1-2 Il lungo titolo (v. 1) dovuto all'editore fornisce delle informazioni sulla persona del profeta e sul tempo del suo ministero, mentre nel v. 2 si legge un frammento di inno teofanico, che in forma paradossale annuncia l'intervento di Dio contro il suo popolo a partire dalla città santa.

  1. «pecoraio»: sembra che il termine indichi un proprietario che alleva i greggi; le «visioni» sono un termine tecnico che indica l'origine divina delle comunicazioni fatte al profeta (cfr. Is 1,1; 2,1; Mic 1,1; Ab 1,1). «Israele»: termine usato 23 volte nel libretto, indica il regno del Nord, in quanto distinto dalla Giudea. Solamente in 9,14 il nome indica il popolo ebraico nella sua totalità. Ozia regnò in Giuda dal 784 al 746 a.C., mentre Geroboamo fu re di Israele dal 787 al 747 a.C. «prima del terremoto»: non è possibile precisare la data di questa calamità, che lasciò un ricordo incancellabile nella memoria del popolo (cfr. Zc 14,4s.).

  2. «Egli disse»: formula singolare che introduce l'oracolo pronunciato dal profeta. La voce del Signore è assimilata a quella del leone (3,8; 5,19; Ger 25,30; Gl 4,16) o del tuono (cfr. Es 19,16; Sal 18,14; 29; Gb 37,2-5). L'immagine esprime la potenza di Dio e il terrore che suscita la sua manifestazione. Dio che risiede in Gerusalemme, giudica anche il regno del Nord, che ha fatto secessione. Il disseccarsi delle praterie dei pastori e della vetta del Carmelo, famosa per le sue foreste, rappresenta una gravissima disgrazia (cfr. Is 33,9; 35,2; Ger 2,7; 4,26; 50,19; Ct 7,6).

GIUDIZIO CONTRO LE NAZIONI 1,3-2,15 Poderoso discorso contenente sette oracoli rivolti contro le nazioni vicine, alle quali vengono rimproverati crimini contro il diritto delle genti (1,3-2,5). Ad essi viene aggiunto un lungo oracolo contro Israele (2,6-15). La struttura dei brani comprende quattro elementi:

  1. la formula introduttoria dell'inviato, «Così dice il Signore», ripresa talvolta nella conclusione (1,5.8.15; 2,3);
  2. il motivo principale del giudizio invariabilmente ripetuto mediante la formula numerica (tre... quattro);
  3. il motivo particolare della condanna che varia per ogni popolo;
  4. infine il verdetto della pena.

Gli oracoli diretti contro Tiro (1,9s.) e Edom (1,11s.) sono brevi e mancano di originalità. Quello rivolto contro Giuda (2,4s.) contiene un'accusa generale formulata con espressioni deuteronomistiche e il verdetto finale è simile a quello applicato a Tiro e Edom. L'ampio oracolo rivolto a Israele (2,6-16), espresso con molto vigore, corona degnamente tutta la serie.

Minacce contro Damasco 1,3-5 Capitale dello stato arameo, già sottomesso da Davide (cfr. 2Sam 8,5), Damasco era divenuta un temibile avversario d'Israele nel sec. VIII a.C. (cfr. 1Re 15,18s.; 20,22; 2Re 5,2). La sua colpa è l'inumana condotta della guerra contro Galaad.

v. 3. La formula numerica: «tre... quattro», usata anche nei libri sapienziali (Prv 30,15.19.21.29; Sir 25,7ss.; 26,2.28), indica la pienezza. Di fatto viene enunciato un solo delitto, il quarto; «non revocherò il mio decreto»: espressione antropomorfica che sottolinea che la decisione divina è irrevocabile; «le trebbie ferrate»: sono probabimente una metafora che indica azioni di estrema crudeltà, verosimilmente lo sterminio della popolazione di Galaad, regione montagnosa situata a est del Giordano (cfr. 2Re 10,32ss.).

v. 4. Il castigo è quello che accompagna l'occupazione di una città presa d'assalto: incendio della reggia, massacro della popolazione, deportazione. Il fuoco è simbolo della collera divina, che si rivela nella guerra, attribuita direttamente all'iniziativa divina; «Cazael» e «Ben-Adad» sono i nomi dei re di Damasco, particolarmente ostili a Israele (cfr. 1Re 20,22; 2Re 5,2; 8,12; 10,32).

v. 5. «Bikeat-Aven» (= valle di iniquità) e «Bet-Eden» (= casa di piacere) sono probabilmente dei nomi simbolici di Damasco; «Kir»: luogo della bassa Mesopotamia, da dove trasmigrarono gli Aramei (cfr, 9,7).

Contro Gaza 1,6-8 Questa città commerciale situata a sud della Filistea rappresenta tutto il paese. I Filistei avevano compiuto delle razzie nel territorio di Israele facendo schiavi donne e bambini per venderli poi a Edom e all'Egitto (cfr. Gl 4,4ss.; Ger 25,20; 20,47; Sof 2,4ss.; Zc 9,5ss.). Viene riprovato il commercio degli esseri umani.

vv. 7-8. Delle cinque città della confederazione filistea non è nominata Gat, che forse al tempo di Amos era incorporata nel regno di Giuda. Il popolo che considera l'uomo come oggetto di mercato, viene punito con la morte.

Oracolo contro Tiro 1,9-10 Il grande porto marittimo di Tiro rappresenta tutta la costa fenicia. La città è punita per avere violato i suoi obblighi verso gli alleati (cfr. Is 23; Ger 27,3; 47,4; 25,22; Ez 26-28).

v. 9. «Edom»: alcuni autori leggono Aram (Damasco), a causa della situazione geografica presupposta nel testo. Spesso nel TM vengono confusi Edom e Aram a causa della quasi identica grafia (cfr. 2Sam 8,12s. e i LXX; 1Cr 18,11s.; 1Re 11,25; 2Re 16,6; Ez 16,57). L'alleanza fraterna fra Tiro e Israele datata dai tempi di Salomone (cfr. 1Re 5,26) era stata confermata al tempo di Acab (cfr. 1Re 16,31) e si basava su eccellenti rapporti politici e commerciali.

Contro Edom 1,11-12 L'oracolo è rivolto contro il paese che occupa la zona montagnosa situata tra il Mar Morto e il golfo Elanitico. Edom è stato sempre in contrasto con Israele per motivi territoriali. L'accusa si riferisce alla persistenza di un odio feroce tra i due popoli, odio incomprensibile tra parenti di sangue (cfr. Am 9,12; Ez 25,12; 35,5s.; 36,5; Lam 4,21; Ml 1,2-5; Sal 137,7).

v. 11. «suo fratello» è Israele, discendente di Giacobbe e fratello di Esaù, capostipite degli Edomiti (cfr. Gn 36,1).

v. 12. «Teman» è una regione situata a nord-est di Petra o la tribù che ivi abitava. Potrebbe essere un'espressione poetica per indicare Edom (cfr. Ger 49,7.20; Abd 9); «Bozra» è una città situata nella stessa regione.

Minacce contro Ammon 1,13-15 Situato a est di Galaad nella Transgiordania, Ammon era abitato da un popolo discendente da Lot e perciò imparentato con Israele (cfr. Gn 19,38). Il misfatto condannato è la soppressione della vita nel seno della madre, un atto della guerra totale che mirava allo spopolamento del territorio conquistato (2Re 8,12).

v. 13. La distruzione della vita innocente non è legittimata dalle ambizioni nazionali.

v. 14. «Rabba» era la capitale degli Ammoniti (l'attuale Amman) (cfr. 2Sam 12,26). La descrizione della guerra accompagnata da fragore e paragonata a un uragano distruttore assume una colorazione apocalittica.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Amos – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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La condanna delle nazioni 1Poiché, ecco, in quei giorni e in quel tempo, quando ristabilirò le sorti di Giuda e Gerusalemme, 2riunirò tutte le genti e le farò scendere nella valle di Giòsafat, e là verrò a giudizio con loro per il mio popolo Israele, mia eredità, che essi hanno disperso fra le nazioni dividendosi poi la mia terra. 3Hanno tirato a sorte il mio popolo e hanno dato un fanciullo in cambio di una prostituta, hanno venduto una fanciulla in cambio di vino e hanno bevuto. 4Anche voi, Tiro e Sidone, e voi tutte contrade della Filistea, che cosa siete per me? Vorreste prendervi la rivincita e vendicarvi di me? Io ben presto farò ricadere sul vostro capo il male che avete fatto. 5Voi infatti avete rubato il mio oro e il mio argento, avete portato nei vostri templi i miei tesori preziosi; 6avete venduto ai figli di Iavan i figli di Giuda e i figli di Gerusalemme per mandarli lontano dalla loro patria. 7Ecco, io li richiamo dalle città, dal luogo dove voi li avete venduti e farò ricadere sulle vostre teste il male che avete fatto. 8Venderò i vostri figli e le vostre figlie per mezzo dei figli di Giuda, i quali li venderanno ai Sabei, un popolo lontano. Il Signore ha parlato. 9Proclamate questo fra le genti: preparatevi per la guerra, incitate i prodi, vengano, salgano tutti i guerrieri. 10Con i vostri vomeri fatevi spade e lance con le vostre falci; anche il più debole dica: «Io sono un guerriero!». 11Svelte, venite, o nazioni tutte dei dintorni, e radunatevi là! Signore, fa’ scendere i tuoi prodi! 12Si affrettino e salgano le nazioni alla valle di Giòsafat, poiché lì sederò per giudicare tutte le nazioni dei dintorni. 13Date mano alla falce, perché la messe è matura; venite, pigiate, perché il torchio è pieno e i tini traboccano, poiché grande è la loro malvagità! 14Folle immense nella valle della Decisione, poiché il giorno del Signore è vicino nella valle della Decisione. 15Il sole e la luna si oscurano e le stelle cessano di brillare. 16Il Signore ruggirà da Sion, e da Gerusalemme farà udire la sua voce; tremeranno i cieli e la terra. Ma il Signore è un rifugio per il suo popolo, una fortezza per gli Israeliti. 17Allora voi saprete che io sono il Signore, vostro Dio, che abito in Sion, mio monte santo, e luogo santo sarà Gerusalemme; per essa non passeranno più gli stranieri.

Restaurazione d'Israele 18In quel giorno le montagne stilleranno vino nuovo e latte scorrerà per le colline; in tutti i ruscelli di Giuda scorreranno le acque. Una fonte zampillerà dalla casa del Signore e irrigherà la valle di Sittìm. 19L’Egitto diventerà una desolazione ed Edom un arido deserto, per la violenza contro i figli di Giuda, per il sangue innocente sparso nel loro paese, 20mentre Giuda sarà sempre abitata e Gerusalemme di generazione in generazione. 21Non lascerò impunito il loro sangue, e il Signore dimorerà in Sion.

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Approfondimenti

La condanna delle nazioni 4,1-17 La pericope contiene una triplice descrizione del giudizio.

  • Nei vv. 1-3 le nazioni vengono condannate per un triplice motivo.
  • Nei vv. 9-14 la sentenza viene eseguita mediante il procedimento stilistico dell'appello alla guerra santa.
  • La catastrofe cosmica finale assicura la salvezza a Israele (vv. 15-17).

Si alternano le parole del Signore (vv. 1-8.12s.17) e quelle dei profeti (vv. 9ss.14ss.).

v. 2. «la valle di Giosafat» (lett. «di Dio che giudica») è un luogo apocalittico immaginario. Sin dal sec. IV d.C. esso è stato identificato con la valle del Cedron a Gerusalemme. Nel v. 14 questo luogo è chiamato «Valle della decisione», cioè «luogo dove viene eseguito il giudizio». Nei vv. 2s. il profeta riassume tutte le calamità che hanno colpito Israele da parte soprattutto degli Assiri e dei Babilonesi. È evidente l'allusione all'esilio del sec. VI a.C. (cfr. 2Re 24,15s.; 25,11s.; Ez 11,17; 21,23-27; Abd 11-14).

v. 3. La tradizione ebraica assicurava una particolare protezione ai bambini (Gn 43,9; Gio 4); essi sono ridotti in schiavitù e scambiati con ciò che vi è di più vile (una prostituta) o di più comune (un po' di vino).

4,4-8. Versetti in prosa, in cui vengono nominati i popoli della Fenicia e della Filistea, colpevoli di azioni predatorie e di traffico di schiavi. Ad essi viene applicata la legge del taglione. Alcuni studiosi ritengono che i versetti siano un'aggiunta posteriore.

v. 6. «I Greci», lett. «I figli di Iavan, della Ionia»: sono gli abitanti delle isole del Mediterraneo orientale. E difficile precisare la data di questi fatti (cfr. Ez 27,13; 1Mac 3,41; 2Mac 8,10).

v. 7. I popoli avranno lo stesso trattamento che hanno inflitto a Giuda, e ciò sarà compiuto dagli stessi Giudei (cfr. Es 21,23ss.; Lv 24,18.20; Dt 19,21).

v. 8. Conclusione del giudizio divino; «i Sabei» sono una popolazione dell'Arabia meridionale, celebre per il commercio delle spezie e delle pietre preziose (cfr. 1Re 10,1; Is 66,6; Ger 6,20).

4,9-14. Il brano, ricco di verbi all'imperativo e pieno di violenza e di foga, descrive l'organizzazione dell'ultimo combattimento della storia che avviene tra l'esercito delle nazioni e quello di Dio.

v. 9. «la guerra santa» diretta dal Signore deve essere preparata con precise osservanze, specialmente con l'astensione dai rapporti sessuali (cfr. 1Sam 7,8s.; 21,6; Is 13,3; Ger 6,4; 22,7).

v. 10. Vengono richiamati anche i non adatti alla guerra. Le prospettive messianiche di Is 2,4 e Mic 4,3 vengono rovesciate. Gli strumenti di pace sono trasformati in strumenti di guerra.

v. 11. «i tuoi prodi»: il senso è incerto; forse si tratta degli angeli che formano l'esercito celeste. La sola allusione agli eroi di Dio dà la certezza che le armate nemiche saranno sterminate.

v. 12. Vengono riprese le espressioni del vv. 2 e 9. Gerusalemme è il luogo dove JHWH esercita il suo potere di giudice universale (cfr. Zc 14,3ss.).

v. 13. Maestosa scena di giudizio, in cui Dio si rivolge ai suoi ausiliari con il linguaggio simbolico della mietitura e della pigiatura. Tre brevi sentenze sono seguite da altrettante lapidarie considerazioni (cfr. Mic 4,13; Is 17,5; 63,1; Ger 25,30).

v. 14. Scena grandiosa di condanna universale; la «Valle della decisione»: il testo ebraico si potrebbe tradurre anche con «Valle del trebbio e dell'erpice» (cfr. Am 1,3; Gb 41,22).

v. 15. Sono i soliti fenomeni che precedono o accompagnano il «giorno del Signore» (cfr. 2,10; 3,3s.). I vv. 15-17 rappresentano una breve composizione apocalittica, redatta con elementi di origine diversa.

v. 16. Il versetto è una citazione di Am 1,2. Il ruggire di JHWH è una formula liturgica tradizionale usata nel culto. Il Signore «rifugio e fortezza del suo popolo» è un'espressione che ricorre spesso nei salmi (cfr. Sal 46,2; 27,1; 31,4; 43,2).

v. 17. Il Signore assicura che tutta la città di Gerusalemme, non solamente il tempio, diventerà santa e inviolabile (cfr. Ger 31,40; Na 1,15; Is 51,23; 52,1; Abd 17; Zc 9,8; 14,21). Lo stico 17c è una citazione di Is 52,1.

Restaurazione d'Israele 4,18-21 Con immagini tipiche dell'escatologia giudaica viene descritta l'iperbolica abbondanza dei beni agricoli (v. 18), l'umiliazione dei nemici del popolo (v. 19) e la felicità degli abitanti di Giuda (vv. 20s.).

v. 18. La prosperità agricola senza precedenti (cfr. Am 9,13) è dovuta all'abbondanza dell'acqua (cfr. Sal 46,5; 65,10; Ez 47,1-12; Zc 14, 10); la valle di Sittim o «delle acacie» è un luogo sconosciuto; probabilmente si tratta del corso inferiore del torrente Cedron.

v. 19. L'Egitto e Edom, ereditari nemici di Israele, rappresentano tutti gli avversari del popolo di Dio (cfr. Ger 49,7-22; Ml 1,2-5; Sal 137,7).

v. 21. La presenza di JHWH assicura la fertilità del paese di Giuda e la prosperità dei suoi abitanti.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Gioele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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