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DIARIO DI LETTURA: Regole; a Diogneto ● PROFETI ● Concilio Vaticano II ● NUOVO TESTAMENTO

LA NUOVA ERA E IL GIUDIZIO DIVINO

L'effusione dello spirito 1Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni. 2Anche sopra gli schiavi e sulle schiave in quei giorni effonderò il mio spirito. 3Farò prodigi nel cielo e sulla terra, sangue e fuoco e colonne di fumo. 4Il sole si cambierà in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il giorno del Signore, grande e terribile. 5Chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvato, poiché sul monte Sion e in Gerusalemme vi sarà la salvezza, come ha detto il Signore, anche per i superstiti che il Signore avrà chiamato.

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Approfondimenti

LA NUOVA ERA E IL GIUDIZIO DIVINO 3,1-4,21 Nella seconda parte della profezia viene descritta come preludio al «giorno del Signore» l'effusione dello spirito su tutto Israele (3,1-5), seguita dal giudizio finale, che comprende la convocazione dei popoli, l'accusa e la sentenza (4,1-17). Dopo il giudizio viene instaurato il regno definitivo di Dio (4,18-21). Emergono in questi cc. i caratteristici temi escatologici: il contesto cosmico della teofania, la condanna delle nazioni pagane, la liberazione del popolo eletto e l'istituzione di un nuovo ordine mondiale.

L'effusione dello spirito 3,1-5 Il Signore annuncia il dono dello spirito ai membri di tutto il popolo eletto (vv. 1s.) in un contesto di sconvolgimenti cosmici, che rivelano «il giorno del Signore» (vv. 3s.). A modo di conclusione il profeta proclama i principio della salvezza universale (v. 5). Questo brano è un importante testo profetico, che illustra l'azione dello spirito di Dio su tutto il popolo d'Israele.

v. 1. «Dopo questo»: formula rara nei profeti, dalla cronologia vaga, che introduce un nuovo intervento divino nella storia (cfr. Ger 16,16; 21,7; 26,26; 49,6); «effonderò»: questo verbo evoca l'immagine di una pioggia abbondante che cade sul suolo, lo inzuppa e trasforma. Così lo spirito viene da Dio e penetra profondamente nell'intimo dell'uomo (cfr. Ez 39,39; Zc 12,10). Lo spirito è la potenza divina che crea (Gn 1,2; Gb 33,4), feconda il suolo (Sal 104,38) e rende l'uomo capace di compiere imprese straordinarie, soprattutto di penetrare nei misteri di Dio (Nm 11,25.29; 24,2; 1Sam 10,6.10; Is 42,1); «sopra ogni uomo»: lett. «sopra ogni carne», cioè sulle creature deboli e fragili; si tratta di tutti i membri del popolo eletto, senza distinzione di età, sesso e condizione sociale; «diventare profeti» significa essere trasportati dalla forza irresistibile del Signore per aderire completamente a lui e attendere la sua venuta (cfr. Ger 31,33s.; Ez 11,19s.); i «sogni» (cfr. Nm 12,6; Dt 13,2-6) e le «visioni» (cfr. Is 21,2; 29,11; Ez 7,13.26; 12,22s.; Mic 3,6) erano considerati dei modi autentici con i quali Dio si rivelava agli uomini.

v. 2. «gli schiavi e le schiave» sono i non ebrei conquistati in guerra, e anche coloro che sono stati comperati, oppure sono nati in casa da genitori schiavi. Erano considerati come Israeliti di secondo grado. Viene affermata l'universalità del dono dello spirito e l'assoluta purità di coloro che in qualunque modo appartengono al popolo ebraico. Il voto espresso da Mosè in Nm 11,29 trova qui un'appropriata risposta.

vv. 3-4. «sangue e fuoco e colonne di fumo»: non si sa a quali fatti straordinari si alluda. Più che di una teofania, si tratta di segni che indicano l'effusione dello spirito. Gli sconvolgimenti cosmici (v. 4) sono immagini apocalittiche (cfr. Am 8,9; Sof 1,14-17) con le quali vengono descritti i prodromi del giudizio finale, identificato con «il giorno del Signore» (cfr. Is 13,10; 24,23; 63,19-64,1; Ez 32,7s.).

v. 5. La possibilità di sfuggire al terribile «giorno del Signore» è l'invocazione del suo nome, cioè il culto del vero Dio, caratteristico del popolo d'Israele (cfr. Gn 4,26; 12,8; 13,4; 21,33; ecc.). La salvezza è destinata agli Israeliti ritornati in patria dalla dispersione. L'orizzonte del profeta è limitato al popolo eletto; però il primo stico del versetto si presta a un'interpretazione universalistica, come si può vedere in Rm 10,13.

IL DONO DELLO SPIRITO L'effusione dello spirito era già stata predetta da Ezechiele (36,25ss.; 39,29; cfr. Is 44,3). La novità di Gioele sta nel fatto di attribuire allo spirito un ruolo carismatico generale, del quale godrà tutto il popolo senza distinzione, e questa effusione introdurrà la fase finale della storia della salvezza In At 2,17-21 Pietro interpreta il testo di Gioele applicandolo al prodigio della Pentecoste cristiana e attribuendogli una portata universale. I testi del NT che trattano dell'unione con Cristo e con Dio grazie alla presenza dello Spirito Santo trovano il loro fondamento nel testo di Gioele. La soppressione di ogni distinzione nella comunicazione dello spirito trova la più decisa affermazione in Gal 3,8. L'orizzonte di Gl 3,1-5 e Gal 3,8 è certamente escatologico, però esso si realizza parzialmente già nel corso della storia dopo la risurrezione di Cristo.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Gioele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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È vicino il «giorno del Signore» 1Suonate il corno in Sion e date l’allarme sul mio santo monte! Tremino tutti gli abitanti della regione perché viene il giorno del Signore, perché è vicino, 2giorno di tenebra e di oscurità, giorno di nube e di caligine. Come l’aurora, un popolo grande e forte si spande sui monti: come questo non ce n’è stato mai e non ce ne sarà dopo, per gli anni futuri, di età in età. 3Davanti a lui un fuoco divora e dietro a lui brucia una fiamma. Come il giardino dell’Eden è la terra davanti a lui e dietro a lui è un deserto desolato, niente si salva davanti a lui. 4Il suo aspetto è quello di cavalli, anzi come destrieri che corrono; 5come fragore di carri che balzano sulla cima dei monti, come crepitìo di fiamma avvampante che brucia la stoppia, come un popolo forte schierato a battaglia. 6Davanti a lui tremano i popoli, tutti i volti impallidiscono. 7Corrono come prodi, come guerrieri che scalano le mura; ognuno procede per la propria strada, e non perde la sua direzione. 8Nessuno intralcia l’altro, ognuno va per la propria via. Si gettano fra i dardi, ma non rompono le file. 9Piombano sulla città, si precipitano sulle mura, salgono sulle case, entrano dalle finestre come ladri. 10Davanti a lui la terra trema, il cielo si scuote, il sole, la luna si oscurano e le stelle cessano di brillare. 11Il Signore fa udire la sua voce dinanzi alla sua schiera: molto grande è il suo esercito, potente nell’eseguire i suoi ordini! Grande è il giorno del Signore, davvero terribile: chi potrà sostenerlo?

Appello alla conversione 12«Or dunque – oracolo del Signore –, ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. 13Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male». 14Chi sa che non cambi e si ravveda e lasci dietro a sé una benedizione? Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio. 15Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. 16Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo. 17Tra il vestibolo e l’altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: «Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti». Perché si dovrebbe dire fra i popoli: «Dov’è il loro Dio?». 18Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo.

Rendimento di grazie 19Il Signore ha risposto al suo popolo: «Ecco, io vi mando il grano, il vino nuovo e l’olio e ne avrete a sazietà; non farò più di voi il ludibrio delle genti. 20Allontanerò da voi quello che viene dal settentrione e lo spingerò verso una terra arida e desolata: spingerò la sua avanguardia verso il mare orientale e la sua retroguardia verso il mare occidentale. Esalerà il suo lezzo, salirà il suo fetore, perché ha fatto cose grandi. 21Non temere, terra, ma rallégrati e gioisci, poiché cose grandi ha fatto il Signore. 22Non temete, animali selvatici, perché i pascoli della steppa hanno germogliato, perché gli alberi producono i frutti, la vite e il fico danno le loro ricchezze. 23Voi, figli di Sion, rallegratevi, gioite nel Signore, vostro Dio, perché vi dà la pioggia in giusta misura, per voi fa scendere l’acqua, la pioggia d’autunno e di primavera, come in passato. 24Le aie si riempiranno di grano e i tini traboccheranno di vino nuovo e di olio. 25Vi compenserò delle annate divorate dalla locusta e dal bruco, dal grillo e dalla cavalletta, da quel grande esercito che ho mandato contro di voi. 26Mangerete in abbondanza, a sazietà, e loderete il nome del Signore, vostro Dio, che in mezzo a voi ha fatto meraviglie: mai più vergogna per il mio popolo. 27Allora voi riconoscerete che io sono in mezzo a Israele, e che io sono il Signore, vostro Dio, e non ce ne sono altri: mai più vergogna per il mio popolo».

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Approfondimenti

È vicino il «giorno del Signore» 2,1-11 In un quadro grandioso è descritto «il giorno del Signore», che si avvicina come un esercito irresistibile (vv. 1.2), che causa immensi danni e spavento (vv. 3-5), conquista la città (vv. 6-9), mentre avvengono degli sconvolgimenti cosmici (vv. 10-11). È un poema impressionante, bene strutturato e simmetrico, vigoroso e conciso: un gioiello letterario dell'AT.

v. 1. Il suono della tromba, l'allarme e il terrore fanno parte della descrizione tradizionale delle teofanie (cfr. Es 19,16-19; Ab 3,7s.; Sal 18,8s.).

v. 2. Le immagini delle tenebre e dell'oscurità convengono all'approssimarsi delle nubi di cavallette che oscurano il cielo (cfr. Sof 1,15; Am 5,18.20; Ez 30,3; 34,12). In modo iperbolico viene descritta l'apparizione subitanea e onnipresente dell'esercito, che non ha rassomiglianze con le armate terrene.

v. 3. Conseguenza della teofania è la distruzione della vegetazione e la devastazione del paese (cfr. Sal 97,3; Mic 1,3s.; Sof 1,2ss.); «il giardino dell'Eden» è il simbolo di una regione che possiede una vegetazione lussureggiante (cfr. Gn 2,8; Ez 36,35; Is 51,3).

vv. 4-5. Descrizione enfatica, concreta e vivace della fulminea marcia e della vittoria dell'esercito nemico cui fa da sfondo l'invasione delle cavallette (cfr. Na 2,4-7). II linguaggio è approssimativo, come conviene allo stile apocalittico. Il cavallo simboleggia la forza guerriera e altera (cfr. Is 2,7; 30,15s.; 31,1; Sal 20,8; 33,17; 147,10).

v. 6. I «popoli» sono le popolazioni palestinesi e le altre nazioni. Esse impallidiscono di vergogna e di collera a causa dello sgomento e dell'agitazione (cfr. Is 13,8; Ne 2,11).

vv. 7-9. Viene ripresa la concitata descrizione dell'irresistibile attacco nemico che si svolge in buon ordine e compatto, in modo che ogni resistenza sia inutile.

v. 10. La teofania ha delle ripercussioni cosmiche, secondo lo stile apocalittico; tutto ricade nel caos, perché l'opera della creazione viene annullata (cfr. Am 8,8s.; Is 13,10.13; Mic 3,6; Ger 4,22.28; Ez 32,7s.). Le immagini indicano che le forze della natura prendono parte agli interventi di Dio nella storia.

v. 11. Interpretazione teologica del disastro: il comandante dell'esercito invasore è Dio onnipotente, il suo campo è immenso, e temibile è «il suo giorno». Il tuono è la voce del Signore che annuncia il giudizio (cfr. Es 9,23.28; Sal 29; 46,7; Gb 28,26).

Appello alla conversione 2,12-18 Questo secondo invito alla penitenza è introdotto da un oracolo del Signore (v. 12) e interpretato dal profeta con parole di fiducia (v. 13). Tutte le categorie di persone sono convocate all'adunanza penitenziale (vv. 15s.) che si conclude con la supplica dei sacerdoti (v. 17s.). Il brano contiene un profondo insegnamento circa lo spirito di penitenza. Si leggono nella pericope una decina di imperativi.

v. 12. «ritornare al Signore» (espressione ripetuta anche nel v. 13) indica una conversione cosciente e totale; «con tutto il cuore» è un'espressione deuteronomistica (cfr. Dt 30,10; Gs 22,3; 23,14). La sequenza della frase «digiuni, pianti e lamenti» è una formula originale.

v. 13. Con vigore viene denunciata l'insufficienza dei riti esteriori, se non sono accompagnati dalla trasformazione del cuore, cioè dell'intimo dell'uomo. I cinque attributi di Dio rappresentano una sintesi della fede d'Israele circa il Dio dell'alleanza (cfr. Es 34,6; Sal 86,15; 103,8; 145,8).

v. 14. In modo antropomorfico si parla del «cambiamento» di Dio per indicare la rivelazione della sua misericordia dopo il castigo esemplare. Viene così espressa la fiducia nel perdono divino (cfr. Es 32,14; 2Sam 12,22; Gio 3,9). La «benedizione» divina si manifesta nella prosperità agricola, che renderà possibile la ripresa del culto (cfr. Dt 7,13ss.; 16,10.15; 28,1-13; Ag 2,15-19).

v. 15. Con brevi sentenze all'imperativo si indice una convocazione del popolo che comprende tre momenti: l'annuncio della cerimonia, la solenne pubblicazione e la riunione. La tromba era usata per indire le manifestazioni religiose (cfr. Lv 25,9; Nm 10,10).

v. 16. Ai giovani sposi la legge riservava un trattamento di favore; il marito durante il primo anno delle nozze era esonerato dal servizio militare (cfr. Dt 20,7; 24,5). Però essi non sono dispensati dalla penitenza.

v. 17. Il luogo della supplica è lo spazio che si estende tra il portico del tempio e l'altare degli olocausti (cfr. 1Re 8,64; 2Cr 8,12). La preghiera dei sacerdoti è una supplica nazionale di tenore liturgico tradizionale, comprendente due domande cui si aggiunge un motivo; l'«eredità» è un termine che indica sia il popolo d'Israele sia la terra di Palestina (cfr. Dt 9,26-29; Ger 12,8.14-17). Si suppone che i mali che colpiscono il popolo riescono di ludibrio al Signore e la disfatta di Israele è un disonore rispetto agli altri popoli (cfr. Sal 42,11; 44,14-17; 69,12).

v. 18. Il profeta aggiunge la sua invocazione alla preghiera dei sacerdoti; «geloso per la sua terra» indica probabilmente che Dio è sollecito della prosperità del suo popolo (cfr. Zc 1,14; 8,2).

Rendimento di grazie 2,19-27 Dopo la promessa divina di rendere al popolo la prosperità agricola (v. 19) e di annientare il nemico (v. 20), il profeta innalza un cantico di lode a Dio invitando alla gioia tutto il paese (vv. 21-24). Il Signore riprende la parola per annunciare la restituzione di ciò che le cavallette hanno distrutto (v. 25) e descrivere i salutari effetti della sua presenza in mezzo al popolo (vv. 26s.).

v. 19. L'abbondanza dei frutti della terra dimostrerà alle genti che Israele era una nazione potente.

v. 20. «quello che viene dal settentrione» può indicare le cavallette descritte con tinte guerriere, ovvero l'esercito apocalittico del Signore che, come tutti gli invasori della capitale, proviene dal nord (cfr. Ger 1,14; 4,6; 6,1); «il mare d'oriente» è il Mar Morto, mentre quello occidentale è il Mediterraneo (cfr. Zc 14,8); «il fetore»: si suppone che in seguito allo sterminio dell'esercito invasore, i cadaveri rimangano insepolti (cfr. Am 4,10; Is 34,3).

vv. 21-24. In antitesi ai vv. 1,7-12, il profeta invita alla gioia a causa del ritorno della prosperità agricola, dovuta alla pioggia. L'abbondanza dei prodotti della terra rivela la grandezza di Dio; «in giusta misura» (v. 23), letteralmente «per la giustizia», che potrebbe essere intesa nel senso della fedeltà, che il Signore dimostra verso il suo popolo, in virtù dell'alleanza.

v. 25. Il Signore promette in prima persona il mutamento della situazione descritta nel v. 1,4. Tutto ciò che fu distrutto dalle cavallette (da notare i quattro termini con cui vengono indicati questi esseri insaziabili), sarà restituito.

v. 27. Solenne professione di fede nell'unico Dio con espressioni che derivano da Ezechiele (cfr. Ez 6,7.13.14; 7,4.27; 11,10) e dal Deuteroisaia (Is 45, 5s.21-25).

(cf. STEFANO VIRGULIN, Gioele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Titolo 1Parola del Signore, rivolta a Gioele, figlio di Petuèl.

PUBBLICA LAMENTAZIONE E RISPOSTA DEL SIGNORE

Il disastro delle cavallette 2Udite questo, anziani, porgete l’orecchio, voi tutti abitanti della regione. Accadde mai cosa simile ai giorni vostri o ai giorni dei vostri padri? 3Raccontatelo ai vostri figli, e i vostri figli ai loro figli, e i loro figli alla generazione seguente. 4Quello che ha lasciato la cavalletta l’ha divorato la locusta; quello che ha lasciato la locusta l’ha divorato il bruco; quello che ha lasciato il bruco l’ha divorato il grillo. 5Svegliatevi, ubriachi, e piangete, voi tutti che bevete vino, urlate per il vino nuovo che vi è tolto di bocca. 6Poiché è venuta contro il mio paese una nazione potente e innumerevole, che ha denti di leone, mascelle di leonessa. 7Ha fatto delle mie viti una desolazione e tronconi delle piante di fico; ha tutto scortecciato e abbandonato, i loro rami appaiono bianchi. 8Laméntati come una vergine che si è cinta di sacco per il lutto e piange per lo sposo della sua giovinezza. 9Sono scomparse offerta e libagione dalla casa del Signore; fanno lutto i sacerdoti, ministri del Signore. 10Devastata è la campagna, è in lutto la terra, perché il grano è devastato, è venuto a mancare il vino nuovo, è esaurito l’olio. 11Restate confusi, contadini, alzate lamenti, vignaioli, per il grano e per l’orzo, perché il raccolto dei campi è perduto. 12La vite è diventata secca, il fico inaridito, il melograno, la palma, il melo, tutti gli alberi dei campi sono secchi, è venuta a mancare la gioia tra i figli dell’uomo.

Invito al digiuno e alla preghiera 13Cingete il cilicio e piangete, o sacerdoti, urlate, ministri dell’altare, venite, vegliate vestiti di sacco, ministri del mio Dio, perché priva d’offerta e libagione è la casa del vostro Dio. 14Proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra, radunate gli anziani e tutti gli abitanti della regione nella casa del Signore, vostro Dio, e gridate al Signore: 15«Ahimè, quel giorno! È infatti vicino il giorno del Signore e viene come una devastazione dall’Onnipotente. 16Non è forse scomparso il cibo davanti ai nostri occhi e la letizia e la gioia dalla casa del nostro Dio?». 17Sono marciti i semi sotto le loro zolle, i granai sono vuoti, distrutti i magazzini, perché è venuto a mancare il grano. 18Come geme il bestiame! Vanno errando le mandrie dei buoi, perché non hanno più pascoli; anche le greggi di pecore vanno in rovina. 19A te, Signore, io grido, perché il fuoco ha divorato i pascoli della steppa e la fiamma ha bruciato tutti gli alberi della campagna. 20Anche gli animali selvatici sospirano a te, perché sono secchi i corsi d’acqua e il fuoco ha divorato i pascoli della steppa.

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Approfondimenti

Titolo 1,1 Comprende le tradizionali indicazioni relative al contenuto e all'autore del libretto (cfr. Os 1,1; Mic 1,1; Sof 1,1). Il nome del padre non ricorre altrove nella Bibbia.

PUBBLICA LAMENTAZIONE E RISPOSTA DEL SIGNORE 1,2-2,7 Con varie immagini viene descritta la piaga delle cavallette che porta con sé siccità e fame (1,2-11) e viene rivolto un pressante invito alla comunità giudaica, perché faccia digiuno e supplichi il Signore (1,12-20). Un'altra descrizione della calamità (2,1-11) è seguita dall'appello alla conversione (2,12-18) e da un oracolo divino di perdono e di promessa (2,19-27). Lo stile dei due cc. è concreto e conciso, abbondano gli imperativi e le antitesi, si alternano le descrizioni e le esortazioni; il campo semantico è quello dell'agricoltura e del culto. La composizione, equilibrata e armoniosa, rivela il talento poetico dell'autore.

Il disastro delle cavallette 1,2-12 Un appello agli anziani e alla tradizione (vv. 2-3) introduce la descrizione del flagello delle locuste (v. 4) e l'invito al lamento pubblico rivolto agli ubriachi (v. 5), a tutta la comunità (v. 8) e ai contadini (v. 11). Vengono ampiamente descritti i danni prodotti dal flagello (vv. 6-7.9-10.11b-12).

v. 2. Come preludio alla lamentazione si attira l'attenzione degli anziani, cioè dei responsabili delle città e del villaggi (cfr. Dt 19,12; Gs 9,11; Gdc 8,14; 1Sam 11,4), sulle nefaste conseguenze del flagello, usando delle frasi iperboliche.

v. 3. Il profeta chiede che si formi riguardo alla disgrazia una tradizione, che sia oggetto di insegnamento per le generazioni future, come avvenne per i fatti della storia della salvezza (cfr. Dt 4,9; 11,19) e per il sapere sapienziale (cfr. Prv 4,1-4).

v. 4. «la locusta, il bruco, il grillo» possono indicare diverse specie di cavallette, oppure i diversi stadi del loro sviluppo zoologico. Non è escluso che i termini siano dei sinonimi che indicano la stessa specie di insetti.

v. 5. Vengono passate in rassegna le vittime del disastro: gli ubriachi (v. 5), i sacerdoti (v. 8-9), gli agricoltori (vv. 11-12). Gli ubriachi rappresentano un popolo che vive nell'indifferenza dimenticando il Signore (cfr. Am 4,1; Is 5,11s.; 28,1.7s.; Mic 2,11).

v. 6. Il flagello è riletto in modo poetico mediante l'immagine di un esercito particolarmente brutale. Il leone è il simbolo della forza feroce e invincibile (cfr. Gn 49,9; Nm 23,24; Gb 4,10s.; Sal 22,14-22; Ger 4,7; 5,6).

v. 7. Viene descritta la distruzione totale dell'agricoltura. La vigna e il fico sono spesso usati come simbolo di prosperità (cfr. Mic 4,4; Zc 3,10; 1Re 5,5).

v. 8. Il paese sprofondato nel dolore è poeticamente paragonato a una giovane fidanzata, che piange lo sposo prematuramente scomparso (cfr. Ger 3,4; 6,26; 14,17; Prv 2,17); il «sacco» è l'indumento rozzo di peli di capra o cammello, che si indossava in tempo di lutto e di penitenza (cfr. Am 8,10; Ger 4,8; 49,3; Ez 22,15; 2Sam 3,31; 1Re 21,31).

v. 9. È soppresso il culto sacrificale del tempio, consistente nell'offerta della farina, dell'olio e del vino (cfr. Es 29,38-42; Nm 28, 3-8).

v. 10. Il versetto riassume la dolorosa situazione del paese. Il frumento, il vino e l'olio sono i prodotti tipici del mondo mediterraneo (cfr. Dt 7,15; 11,14; 28,51; Gdc 9,9-13; Sal 104,14s.).

v. 11. I vignaioli sono in generale coloro che coltivano gli alberi da frutto.

v. 12. Il flagello della siccità, che accompagna spesso l'invasione delle cavallette (cfr. Am 4,7ss.; 7,1-4), era una delle piaghe endemiche della Palestina. Veniva considerata come una punizione con la quale Dio colpiva il popolo infedele all'alleanza (cfr. Lv 26,9; Dt 28,22ss.; Ger 3,3; 5,24; Ag 1,11).

Invito al digiuno e alla preghiera 1,13-20 Il profeta rivolge un pressante invito ai sacerdoti, perché facciano penitenza e proclamino un «digiuпо» (vv. 13s.), mentre si profila il tema del «giorno del Signore» (v. 15). Segue una lamentazione pubblica redatta in prima persona plurale (vv. 15-18) e una supplica in prima persona singolare – il profeta parla a nome della comunità – che rappresenta un vero capolavoro letterario e teologico (vv. 19s.).

v. 13. Il profeta invita i sacerdoti a manifestare esternamente la penitenza mediante l'indossamento del sacco, la veglia, il lamento e il digiuno. Nei vv. 13s. ricorrono nove verbi all'imperativo, rivolti ai sacerdoti. Questo pressante invito sarà rinnovato e arricchito con nuovi dettagli in 2,12-17.

v. 14. «Proclamate»: lett. «santificate»; il digiuno nazionale comportava la visita del tempio, le preghiere e l'astinenza sessuale.

v. 15. Viene introdotto il tema del «giorno del Signore» che si avvicina come una potenza furiosa che tutto sconvolge e livella. Questo inaudito e sorprendente intervento divino, prefigurato dalle cavallette, rivela la potenza di Dio e incute timore (cfr. 2,1s.11; Am 5,18s.; Is 2,6-22; Sof 1,14-18), anche se nel contesto di Gl 3s. e Abd 15 esso conduce al trionfo finale di Israele. Esiste un gioco di parole tra «sterminio» e Šadday (cfr. Gn 17,21; 28,3; 35,11). Šadday è un titolo divino caro alla tradizione sacerdotale (cfr. Es 6,3) e profetica (Is 13, 6; Ez 1,24; 10,5; Sal 68,15) e anche al libro di Giobbe, nel quale viene usato 31 volte. Il senso proprio del termine è: «Dio della montagna», ma in seguito esso fu compreso come esprimente l'onnipotenza divina, giusta e misericordiosa. Le diverse esclamazioni, le parole rare utilizzate e le assonanze provano una certa indipendenza dal contesto.

vv. 16-18. Viene ripresa la lamentazione che descrive la desolazione del paese, conseguenza dell'invasione delle cavallette (cfr. Ger 14,2-6). La siccità influisce non solamente sui prodotti della natura, ma anche sulla vita degli animali, che condividono, secondo la concezione biblica, la sventura degli uomini e della natura (cfr. Dt 20,14; Ger 14,3ss.; Sal 135,8; Gio 3-4).

vv. 19-20. La preghiera del profeta utilizza la forma liturgica tradizionale (cfr, Sal 28,1; 30,9; 86,3; Sal 3,5; 18,7; 55,17) e suppone come motivo i danni della siccità, rappresentata dalle immagini del fuoco e della fiamma (cfr. Am 1,4.7.10.14; 2,2.5; 7,4).

(cf. STEFANO VIRGULIN, Gioele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1Samaria sconterà la sua pena, perché si è ribellata al suo Dio. Periranno di spada, saranno sfracellati i bambini; le donne incinte sventrate.

Annuncio di salvezza 2Torna dunque, Israele, al Signore, tuo Dio, poiché hai inciampato nella tua iniquità. 3Preparate le parole da dire e tornate al Signore; ditegli: «Togli ogni iniquità, accetta ciò che è bene: non offerta di tori immolati, ma la lode delle nostre labbra. 4Assur non ci salverà, non cavalcheremo più su cavalli, né chiameremo più “dio nostro” l’opera delle nostre mani, perché presso di te l’orfano trova misericordia». 5«Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò profondamente, poiché la mia ira si è allontanata da loro. 6Sarò come rugiada per Israele; fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano, 7si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell’olivo e la fragranza del Libano. 8Ritorneranno a sedersi alla mia ombra, faranno rivivere il grano, fioriranno come le vigne, saranno famosi come il vino del Libano. 9Che ho ancora in comune con gli idoli, o Èfraim? Io l’esaudisco e veglio su di lui; io sono come un cipresso sempre verde, il tuo frutto è opera mia».

Epilogo sapienziale 10Chi è saggio comprenda queste cose, chi ha intelligenza le comprenda; poiché rette sono le vie del Signore, i giusti camminano in esse, mentre i malvagi v’inciampano.

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Approfondimenti

14,1. La capitale del regno, Samaria, che personifica tutto il paese (8,5; 10,7), a causa della sua ribellione, dovrà subire i barbarici usi bellici dell'antichità: lo sventramento delle donne incinte (10,4; Am 1,3; 2Re 8,12) e lo sfracellamento dei bambini (Na 3,10; Sal 139,9). Si fa riferimento all'occupazione assira della capitale nel 722 a.C.

Annuncio di salvezza 14,2-9 Usando la formula della liturgia penitenziale il profeta invita il popolo alla conversione, mettendogli sulle labbra una preghiera di pentimento con il proposito di evitare le colpe (vv. 2-4). Il Signore risponde facendo delle grandiose promesse e intavolando un breve dialogo con Efraim (vv. 5-9). Le parole-chiave del brano sono il verbo šwb, usato cinque volte (vv. 2a.3a.Sa.b.8a) e il termine «frutto» (vv. 3b.9b) (= Efraim). Se non è del redattore, l'oracolo appartiene all'ultima predicazione di Osea, che volge lo sguardo oltre l'imminente catastrofe del 722 a.C.

v. 2. Il classico invito alla conversione al Dio dell'alleanza (cfr. Gl 2,13) è rivolto a tutto il popolo al singolare e al plurale (v. 3). Il motivo è che si riconosce che la situazione disperata in cui si trova Israele, è la conseguenza delle sue colpe (4,5; 5,5; 14,10), non della mancanza di amore da parte di Dio (cfr. Sal 31,11; 32,3ss.).

v. 3. Invece di accostarsi a Dio coi sacrifici (4,8; 5,6; 6,6; 8,13), il popolo «prepari le parole», cioè riconosca con animo sincero la propria colpa, faccia la confessione (Sal 32,5) e ringrazi per il perdono ottenuto (Sal 32,6-10). Il profeta compone la preghiera che Israele dovrebbe recitare; «accetta ciò che è bene»: altra versione congetturale è «che noi ritroviamo la felicità». Il testo degli stichi b e c è corrotto; «il frutto delle nostre labbra» è un semitismo, che significa il ringraziamento rivolto a Dio.

v. 4. La preghiera continua con una serie di propositi con i quali Israele dovrebbe dichiarare la sua piena sottomissione a JHWH. Si tratta di tre negazioni che equivalgono a un'abiura. Non si porrà più fiducia nelle potenze straniere, incapaci di salvare (cfr. 5,13; 7,11; 8,9; 12,2), né in generale nei mezzi militari (cavalli) (8,14; 10,13). Non si praticherà più il culto delle immagini e quello dei Baal (2,10; 4,7.17; 8,4ss.; 10,5s.; 11,2; 13,2); «orfano» designa il popolo che pone la sua fiducia unicamente in JHWH il quale si prende speciale cura di coloro che sono abbandonati (Es 22,21ss.; Dt 27,19; Sal 68,6).

v. 5. Dio risponde alla confessione del popolo annunciando la vittoria dell'amore sulla collera (8,5; 9,15; 13,11). La malattia di Israele, cioè l'apostasia (11,7; Ger 2,19; 3,22; 8,5) sarà guarita (termine oseano per salvezza: 5,13; 6,1; 7,1) mediante l'amore spontaneo, gratuito e illimitato. Per l'ultima volta viene usato il termine carattertstico dell'amore nella profezia oseana (3,1; 4,18; 8,9; 9,1.10.15; 10,11; 11,1.4; 12,5).

14,6-9. Con una serie di brillanti immagini prese dalla natura e che richiamano il contesto del Cantico dei Cantici sono descritti gli effetti dell'amore divino a favore di Israele.

vv.6-7. La rugiada, simbolo di Dio, è un beneficio che apporta una vita nuova (Is 26,19; Mic 5,6), è un dono celeste (Sal 110,3), è un indice di ricchezza (Gn 27,28; Dt 33,13). Amato e ricreato da Dio, Israele è paragonato a un giglio fiorito, cioè a una specie di iris che cresce nel deserto (Ct 2,1); «l'albero del Libano»: lett.: «come il Libano». Menzionato tre volte (vv. 6.7.8) coi suoi cedri, il suo profumo e il suo vino, il Libano diventa per la prima volta nella Bibbia, il simbolo della potenza, dello splendore e della bellezza (Ct 4,11). La Palestina diventerà un altro Libano rigoglioso, prospero e fecondo (cfr. Ez 31,2-7). L'olivo è in Oriente una pianta utile e pregiata (cfr. Dt 6,11; 28,40; Ger 11,16).

v. 8. L'ombra di JHWH è sinonimo di protezione é sicurezza (Sal 17,8; 36,7; Is 30,2s.). La coltivazione del grano e della vigna significano la restaurazione del favore divino (2,8s.22).

v. 9. L'idolatria è stata il maggior peccato della nazione (v. 3; 8,4; 13,2). L'interrogazione iniziale messa in bocca a JHWH esprime protesta e sollievo. Il passato idolatrico di Efraim è completamente dimenticato. JHWH formula una lapidaria sentenza di salvezza, affermando di esaudire sempre le richieste del popolo e di proteggerlo in ogni circostanza (Nm 6,26; Zc 12,4; Sal 32,8; 33,18). Con un'arditissima immagine, unica in tutta la Bibbia, JHWH si identifica con il «cipresso sempre verde», cioè con l'albero della vita per eccellenza (Is 41,19; 60,13), assumendosi il ruolo che l'Israele fedifrago attribuiva ai Baal, e cioè quello di procurare la fertilità e la fecondità dei frutti della terra (4,12s.). Dio solo è la fonte della vita.

Epilogo sapienziale 14,10 Aggiunta di un redattore, che fa il più antico commento al difficile libro di Osea. Per comprenderlo è necessaria la sapienza e l'intelligenza (cfr. Ger 9,11; Zc 8,2; Qo 8,1; Sal 107,43). «Le vie del Signore» sono i precetti della legge dell'alleanza (Dt 8,6; 10,12; 11,22; Gdc 2,22). Essendo retti, cioè contenendo essi la vera sapienza, rendono giusti coloro che li praticano, mentre condannano alla rovina gli iniqui. L'avvertimento è rivolto al singolo o al piccolo gruppo dei giusti. Si suppone che il libro di Osea, destinato originariamente al popolo del regno del Nord, poi diventato patrimonio del regno di Giuda, sia stato accolto in seguito dai circoli sapienziali come parola contenente la rivelazione delle vie di Dio.

La pericope (14,2-9) contiene un riassunto della fondamentale dottrina teologica di tutta la profezia oseana. Si tratta della vera conversione di Israele dall'apostasia. Essa implica un radicale cambiamento, che ha le sue radici nel più profondo del cuore, poiché comporta la rinuncia alla fiducia negli idoli e nel culto cananeo e il ripudio della sicurezza basata sulla potenza militare e sulle alleanze straniere. Questa conversione si manifesta non tanto nell'offerta dei sacrifici, quanto «nel frutto delle labbra», cioè nella confessione dei peccati, nella richiesta di perdono e nella lode di Dio (cfr. Es 24,7; Sal 50,13s.).

Anche in Dio si opera una «conversione» perché ritira la sua ira e fa trionfare l'amore, che perdona e rinnova. È il tema esposto nei cc. 1-3. Questo amore è fondato unicamente nella sua libera, generosa e sovrana volontà. Arditamente Dio viene paragonato all'albero della vita, concedente i doni che Israele prima chiedeva agli idoli e ai vitelli. Le splendide immagini usate nei vv. 6-9 raggiungono per il tono, l'intensità e la bellezza, i motivi espressi nel Cantico del Cantici. In questo modo viene richiamato implicitamente il tema del matrimonio di Dio con Israele e viene affermato inequivocabilmente che solamente JHWH è il principio della vita e Israele può trovare la felicità unicamente nel rispetto dell'alleanza che Dio si è degnato contrarre con il suo popolo.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Osea – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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L'ultimo conto di Efraim 1Quando Èfraim parlava, incuteva terrore, era un principe in Israele. Ma si è reso colpevole con Baal ed è decaduto. 2Tuttavia continuano a peccare e con il loro argento si sono fatti statue fuse, idoli di loro invenzione, tutti lavori di artigiani. Dicono: «Offrite loro sacrifici» e mandano baci ai vitelli. 3Perciò saranno come nube del mattino, come rugiada che all’alba svanisce, come pula lanciata lontano dall’aia, come fumo che esce dalla finestra. 4«Eppure io sono il Signore, tuo Dio, fin dal paese d’Egitto, non devi conoscere altro Dio fuori di me, non c’è salvatore fuori di me. 5Io ti ho protetto nel deserto, in quella terra ardente. 6Io li ho fatti pascolare, si sono saziati e il loro cuore si è inorgoglito, per questo mi hanno dimenticato. 7Perciò io sarò per loro come un leone, come un leopardo li spierò per la via, 8li assalirò come un’orsa privata dei figli, spezzerò la corazza del loro cuore, li divorerò come una leonessa; li sbraneranno le bestie selvatiche. 9Israele, tu sei rovinata e solo io ti posso aiutare! 10Dov’è ora il tuo re, che ti possa salvare? Dove sono i capi in tutte le tue città e i governanti di cui dicevi: “Dammi un re e dei capi”? 11Ti ho dato un re nella mia ira e con sdegno te lo riprendo. 12L’iniquità di Èfraim è chiusa in luogo sicuro, il suo peccato è ben custodito. 13I dolori di partoriente lo sorprenderanno, ma egli è figlio privo di senno, non si presenterà a suo tempo pronto a uscire dal seno materno. 14Li strapperò di mano agli inferi, li riscatterò dalla morte? Dov’è, o morte, la tua peste? Dov’è, o inferi, il vostro sterminio? La compassione è nascosta ai miei occhi». 15Èfraim prosperi pure in mezzo ai fratelli: verrà il vento d’oriente, si alzerà dal deserto il vento del Signore e farà inaridire le sue sorgenti, farà prosciugare le sue fonti, distruggerà il tesoro e ogni oggetto prezioso.

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Approfondimenti

L'ultimo conto di Efraim 13,1-14,1 Questa collezione di quattro oracoli composti di accusa, giudizio e castigo, continua il processo iniziato nel c. 12. Viene condannata l'idolatria (vv. 1-3), l'ingratitudine di Israele sottolineata direttamente da Dio (vv. 4-8), l'insuccesso della monarchia (vv. 9-11) e l'iniquità di Israele, che sarà immancabilmente punita (vv. 12-14,1). Il c. contiene audaci immagini e vivaci descrizioni. Lo sfondo storico degli oracoli sembra essere l'epoca della cattura del re Osea (725 a.C.), che si concluse con l'occupazione di Samaria (722 a.C.).

13,1-3. Nonostante gli antichi successi storici Efraim persiste nel praticare l'idolatria, per cui sarà completamente annientato.

v. 1. «Efraim», distinto da Israele, indica qui la tribù, che nel passato ebbe grande importanza politica, come lo dimostra il fatto che Giosuè, conquistatore della terra promessa, apparteneva alla tribù di Efraim (Nm 13,16; Gs 1,1).

v. 2. Nonostante i rovesci politici Israele continua a praticare il culto idolatrico confezionando statue di metallo per l'uso pubblico e privato (cfr. 8,4s.), offrendo sacrifici agli idoli (1Re 12,28) «e mandando baci» in segno di omaggio ai due vitelli di Betel e Dan, istituiti dal re Geroboamo (1Re 12,27.32; 19,18; Gb 31,27).

v. 3. Mediante quattro immagini prese dalla natura e dalla vita degli uomini si annuncia la imminente sparizione degli idoli e dei loro adoratori (cfr. 6,4; Is 17,13; 41,15; Sal 1,4). È da notare che nelle case antiche non c'erano camini, perciò il fumo doveva uscire dalla finestra.

13,4-8. In forma innica Dio si autopresenta enumerando i benefici concessi a Israele nel passato e riaffermando le sue esigenze (vv. 4-5). Ma il popolo si è mostrato ingrato, per cui verrà annientato (vv. 6-8).

v. 4. Riferendosi al primo precetto del decalogo Dio si proclama come l'unico vero salvatore di Israele, liberato dalla schiavitù egiziana (Es 20,2; Dt 5,6; Os 12,10; Is 43,11). Il popolo doveva «conoscere» solamente JHWH, cioè adorarlo e seguire i suoi precetti (4,1; 6,3; 8,2).

v. 5. La protezione nel deserto simboleggia tutti i benefici goduti nel corso della storia passata (cfr. Sal 78,15-27; 105,40; Sap 16,20).

v. 6. «il pascolo» designa la terra promessa in cui scorre latte e miele. Ma il godimento dei beni della terra pervertì il popolo, che si inorgoglì (Nm 11,33s.; Sal 78,29ss.) e dimenticò JHWH (2,13; Dt 8,11-20; 6,10-19; 11,15s.). L'orgoglio consiste nel considerare l'elezione divina come un diritto inalienabile e nel seguire una politica basata sulle alleanze e sui mezzi umani (8,14). La dimenticanza di JHWH, dovuta all'ingratitudine, favorisce ribellioni e brontolii (Dt 32,13-18) e il ricorso agli idoli, cui si attribuiscono i beni naturali della vita.

vv. 7-8. «io sarò»: lezione della versione greca. Il testo ebraico ha il passato: «io fui». Con le audaci immagini zoomorfiche e antropomorfiche (leone, leopardo, orsa, bestie feroci: 5,14; Is 11,6; 31,4; Am 3,12; 1Sam 17,34) viene sottolineato in modo passionale il cambiamento avvenuto in Dio, il quale da buon pastore si trasforma in bestia feroce, bramosa di sbranare la preda, cioè di distruggerla. L'orsa, privata dei suoi piccoli, è il tipo del furore più pericoloso (Prv 17,12; 28,15; 2Sam 17,8; Dn 7,5). Le «bestie selvatiche» che divorano Israele (7,9; 8,7; Is 9,11) sono gli stranieri che invaderanno il paese. Probabilmente c'è un'allusione all'occupazione assira del paese (733 a.C.).

13,9-11. Il proposito di annientare Israele (v. 9a) ed eliminare la monarchia (v. 11) fa da cornice a tre interrogazioni retoriche che confermano l'ineluttabilità del castigo, giacché né i re né i capi possono portare aiuto (vv. 9b-10).

v. 9. «ti distruggerò»: nel senso che se Dio ha preso questa decisione, essa si compirà certamente (cfr. 2,8s.; 5,14). La domanda retorica del secondo stico suppone che nessuna forza umana può venire in aiuto (13,4).

vv. 10-11. La monarchia dalla quale si attendeva la salvezza (10,3; Gdc 8,22; 1Sam 8,20; Lam 4,20) ha portato il paese, grazie alle sue vicissitudini, sull'orlo dell'abisso (7,3-7; 8,4; 9,15; 10,4.10). La prima interpretazione allude forse ironicamente all'ultimo re d'Israele, che portava il nome di Osea = «JHWH salva» (cfr. 2Re 17,1-4). La seconda interrogazione contiene un velato rimprovero all'istituzione della monarchia avvenuta contro la volontà del Signore (v. 11; 8,4; 1Sam 8,7; 1Re 11,33). La fine del regime monarchico è dovuta all'intervento del Signore.

13,12- 14,1. Fosco vaticinio di distruzione e di morte, perché Efraim non può liberarsi dalle colpe (v. 12), né approfittare della prova per rinascere (v. 13); JHWH si rifiuta di intervenire contro le forze del male (v. 14). L'Assiria, come il vento orientale, distruggerà il regno (v. 15) e la sua capitale, Samaria (v. 14,1).

v. 12. Le colpe di Efraim cioè del regno del Nord, sono custodite e tenute in riserva come in un sacchetto di cuoio, per il tempo del giudizio (Dt 32,34; Gb 14,17; Dn 9,24).

v. 13. Per la prima volta nella Bibbia «i dolori del parto», segno di estrema debolezza e impotenza sono presi a simbolo delle sventure che colpiscono il popolo (2Re 19,3; Is 26,17; 66,6s.; Ger 6,24; 22,23). Efraim è la madre che dà alla luce il figlio, il quale non sa nascere. Probabilmente si tratta di un'espressione proverbiale che indica una situazione disperata. Il figlio manca di intelligenza, cioè della conoscenza di JHWH (2,10); questa mancanza è la causa di tutte le calamità di Israele.

v. 14. Versetto di minaccia contenente tre interrogazioni retoriche e un'affermazione pronunciate da Dio stesso. La morte, lo šė'ôl e la compassione sono considerate come persone. Lo šė'ôl è presentato come una forza malvagia che strappa dal mondo dei vivi coloro che sono destinati alla perdizione. Le forze della distruzione sono pronte per scatenarsi contro Israele e JHWH le stimola ad agire in modo irreparabile, poiché l'epoca della misericordia è terminata. La seconda parte del versetto è citata secondo la versione dei LXX da Paolo in 1Cor 15,55 in senso positivo e perciò fuori contesto, come una promessa di vittoria sulla morte.

v. 15. Con un gioco di parole basato sul collegamento tra il vocabolo «Efraim» e la radice ebraica pr' che significa «far frutto», si ammette che la tribù di Efraim era più prospera delle altre (13,1) e lo è ancora (il re Osea ebbe il coraggio di staccarsi dall'Assiria). Però «il vento d'oriente» (cfr. Gn 41,6; Sal 11,6) che tutto dissecca e che è identificato con «il soffio del Signore» (cfr. Gn 1,2), inaridisce le acque del paese e quindi viene a cessare il benessere del regno. Fuori metafora si annuncia che l'armata assira, che giunge dalle steppe del deserto siriano, deprederà ogni ricchezza, deporterà gli abitanti e renderà il paese un cumulo di rovina.

Il c. 13 contiene le più severe minacce di giudizio che si leggono nella profezia oseana. Gli oracoli sono dominati dal tema della distruzione totale e della morte (v. 1b.3.17s.14). La responsabilità è tutta di Efraim. Benché abbia fatto l'esperienza, grazie al favore divino, della liberazione dalla schiavitù e del possesso della terra promessa, tuttavia Israele ha seguito gli dei naturistici praticando il culto dei Baal, ha posto la fiducia nella potenza militare e nella politica delle alleanze (v. 10). Questo atteggiamento ingrato e presuntuoso colpisce così profondamente l'intimo di JHWH, che la sua reazione di disgusto e di riprensione viene paragonata a quella delle fiere selvagge, avide di preda (v. 8; 5,14). Così il Signore decide di ratificare la via della morte scelta con tanta temerarietà da Efraim.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Osea – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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PERVERSIONE DI ISRAELE E RICONCILIAZIONE

Giacobbe e i suoi discendenti 1Èfraim mi raggira con menzogne e la casa d’Israele con frode. Ma Giuda è ancora con Dio e resta fedele al Santo». 2Èfraim si pasce di vento e insegue il vento d’oriente, ogni giorno moltiplica menzogne e violenze; fanno alleanze con l’Assiria e portano olio in Egitto. 3Il Signore è in causa con Giuda e punirà Giacobbe per la sua condotta, lo ripagherà secondo le sue azioni. 4Egli nel grembo materno soppiantò il fratello e da adulto lottò con Dio, 5lottò con l’angelo e vinse, pianse e domandò grazia. Lo ritrovò a Betel e là gli parlò. 6Signore, Dio degli eserciti, Signore è il nome con cui celebrarlo. 7Tu ritorna al tuo Dio, osserva la bontà e la giustizia e poni sempre nel tuo Dio la tua speranza. 8Canaan tiene in mano bilance false, ama frodare. 9Èfraim ha detto: «Sono ricco, mi sono fatto una fortuna; malgrado tutti i miei guadagni, non troveranno in me una colpa che sia peccato». 10«Eppure io sono il Signore, tuo Dio, fin dal paese d’Egitto. Ti farò ancora abitare sotto le tende, come ai giorni dell’incontro nel deserto. 11Io parlerò ai profeti, moltiplicherò le visioni e per mezzo dei profeti parlerò con parabole». 12Se Gàlaad è una iniquità, i suoi abitanti non sono che menzogna; in Gàlgala si sacrifica ai tori, perciò i loro altari saranno come mucchi di pietre nei solchi dei campi. 13Giacobbe fuggì nella regione di Aram, Israele prestò servizio per una donna e per una donna fece il guardiano di bestiame. 14Per mezzo di un profeta il Signore fece uscire Israele dall’Egitto, e per mezzo di un profeta lo custodì. 15Èfraim provocò Dio amaramente, il Signore gli farà ricadere addosso il sangue versato e lo ripagherà della sua offesa.

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Approfondimenti

PERVERSIONE DI ISRAELE E RICONCILIAZIONE 12,1-14,10 Questa ultima parte del libro è composta di oracoli oseani messi insieme dal redattore in modo tale, che l'inizio comprenda un processo contro la condotta di Israele (12,1-3), che viene poi continuato mediante la denuncia dei peccati (12,3-14,1) e il ricorso alle citazioni delle tradizioni cultuali riguardanti Giacobbe (12,4-7.13), l'esodo (12,10s.14; 13,4s.) e la creazione (13,14). La conclusione comprende un oracolo di salvezza (14,2-9) e una sentenza di stile sapienziale (14,10). La terza parte del libro è collegata con le due precedenti mediante la ripetizione di termini, di temi e di immagini.

12,1-15. Insieme di oracoli abbastanza slegati, dei quali non è facile scoprire il nesso logico, ma raccolti sotto il tema del processo contro la furbizia e presunzione di Israele con riferimento all'antenato Giacobbe, del quale si ricordano alcuni episodi sfavorevoli. Il motivo fondamentale del capitolo è: quale l'antenato, tale l'erede.

Si distinguono la serie delle accuse (vv. 1-2.4.8.12a.13), quella dei castighi minacciati (vv. 3.10-11.12b) e quella dei passi storici (vv. 4-7.10.12-14). C'è un accenno alla fiducia (v. 7) e un v. che fa la sintesi delle accuse e dei castighi (v. 15). Dio parla in prima persona nei v. 1.10-11, mentre negli altri prende la parola il profeta.

Giacobbe e i suoi discendenti 12,1-15 Vengono condannati il culto dei Baal e le mutili alleanze con gli stranieri.

v. 1. «le menzogne e la frode» indicano la trasgressione del primo precetto del decalogo, che comporta il culto dell'unico Dio, perciò si identificano con l'idolatria cananea; inoltre i termini designano le alleanze politiche e la mancanza di carità e giustizia (v. 8). La menzione di «Giuda» è probabilmente un'aggiunta esilica; comunque, il testo è incerto; lett.: si traduce: «Giuda è esitante con Dio e con i santi è fedele».

v. 2. «il vento d'oriente» che dissecca tutto è simbolo dell'invasione assira (5,13; 8,9; 13,15; Ger 4,11; 18,17; Ez 17,10). L'offerta dell'olio all'Egitto è una manifestazione di vassallaggio (2Re 17,3s.).

v. 3 Il processo sviluppato nei vv. 3-7 è parallelo a quello descritto nei v. 4,1-3. Il procedimento giudiziario è fatto a carico dell'antenato Giacobbe, che incarna il popolo d'Israele, secondo il principio della personalità corporativa. Le tradizioni relative al patriarca Giacobbe sono interpretate negativamente in funzione della situazione del momento. Invece di «Giuda» diversi studiosi leggono «Israele», considerando «Giuda» un'attualizzazione posteriore (cfr. anche 11,12; 12,5).

v. 4 Vengono citati due episodi della vita di Giacobbe, interpretati negativamente come segno di prepotenza: la nascita, che privò Esaù del diritto di primogenitura (Gn 2,26; 27,26) e la lotta con Dio, durante la quale Giacobbe si arrogò l'elezione con mezzi puramente umani (Gn 32,21-31). Israele continua a ripetere queste sopraffazioni con il suo comportamento verso Dio e i fratelli.

v. 5 «l'angelo» sostituisce il nome di Dio (cfr. Gn 32,29); «vinse»: il soggetto può essere anche Dio. Il pianto e la supplica di Giacobbe si riferiscono a una tradizione diversa da quella di Gn 32,23s. L'episodio di Betel (Gn 28,10-22) riferito qui dopo quello di Penuel (Gn 32,25.32), è ricordato in chiave positiva e sottolinea la libera iniziativa divina che precede la confessione di fede di Giacobbe: «e là gli parlò»: il testo ebraico ha «e là Dio parlò con noi». Secondo quest'ultima lezione la vicenda di Giacobbe è applicata direttamente al popolo vivente al tempo di Osea. Alcuni studiosi considerano il v. 5 come un interpolazione posteriore, che ha lo scopo di glorificare Giacobbe e rendere accettabile, dal punto di vista teologico, la lotta con Dio facendo intervenire l'angelo e sottolineando il pentimento del patriarca. Le divergenze con il racconto di Genesi nella successione degli episodi e nella loro interpretazione si devono probabilmente ad alcune tradizioni autonome proprie del regno del Nord.

v. 6 Confessione di fede di carattere liturgico, in cui per l'unica volta in Osea, si trova il titolo: «Signore, Dio degli eserciti». Probabilmente è una inserzione posteriore.

v. 7 Importante oracolo divino rivolto ai contemporanei di Osea e contenente una delle formule centrali del libro, insieme al testo di 2,21. La frase «Tu ritorna al tuo Dio» può essere tradotta con «e tu ritornerai con l'aiuto del tuo Dio». In questo caso il versetto contiene una promessa divina e un'istruzione, che esige una risposta ai requisiti dell'alleanza (amore e giustizia: 2,21) che si traducono nell'amore di Dio e dei fratelli (6,6) e nell'osservanza del diritto divino (5,1; 1,4; 4,1ss.). Questo comportamento deve essere animato da una fiduciosa speranza in Dio (cfr. Sal 27,14; 37,34; Is 51,5).

v. 8 «Canaan»: l'antico nome degli abitanti della Palestina, che significa anche «commerciante» (Prv 31,24), designa qui in senso dispregiativo Israele che si è lasciato contaminare praticando la frode (Am 8,5; Prv 11,1; 20,23).

v. 9 Il popolo si difende dal rimprovero, poiché le ricchezze sono considerate come segno della benedizione divina (Prv 3,16; 8,18; 10,22).

vv. 10-11. I due versetti sono compresi in due modi diversi: come promessa (e allora sarebbero fuori contesto) e come rimprovero. Il Signore, che porta un titolo solenne e impegnativo (cfr. Es 20,2; Os 13,4) annuncia il ritorno al deserto (2,16s.) come ai giorni del soggiorno al Sinai, dove egli incontrò il suo popolo (Es 25,22; 29,42s.; 30,6.36). In segno del favore divino egli continuerà a comunicare con esso mediante i profeti e le visioni (Es 33,11; Nm 12,2-8; Dt 18,9-22; Sal 74,9; Lam 2,9). Intesi come rimprovero, JHWH quale giudice annuncia l'annullamento del dono della terra promessa. Israele esiliato abiterà «sotto le tende», perché è senza patria. Questa situazione è stata predetta dai profeti e viene annunciata anche per il futuro. La seconda interpretazione si armonizza meglio con il contesto. La lezione «parlerò con parabole» del v. 11 è incerta. Altre versioni leggono: «distruggerò la madre», «darò la morte».

v. 12 Il testo oscuro non si armonizza bene con il contesto. Viene menzionato il culto idolatrico praticato in Galaad (6,8) e Galgala (4,15; 9,15) e viene espressa la sentenza di condanna con un gioco di parole; infatti Galgala in ebraico significa anche «mucchio di pietre» (cfr. Gn 31,48).

vv.13-14. Riappare bruscamente il tema di Giacobbe, il quale viene messo a confronto e in contrasto con Mosè. Giacobbe è rimproverato per la sua fuga in Mesopotamia, dove fece il pastore presso Labano e ne sposò le figlie, Lia e Rachele (cfr. Gn 28,2; 29-30). Mentre Giacobbe non pensava che alle donne e ai suoi interessi in terra straniera, il profeta Mosè fu scelto da Dio per liberare il popolo dalla schiavitù e portarlo nella terra promessa (Dt 18,15.18; 34,10). Israele doveva ispirarsi all'esempio di Mosè, non a quello di Giacobbe.

v. 14 Il v. 14 ricorda come Efraim/Israele ha mancato di gratitudine verso JHWH; ha versato il sangue sacrificando i bambini (6,8; 12,12), maltrattando e uccidendo i profeti e praticando il culto cananeo, per cui deve ora rendere i conti (cfr. Dt 4,25; 9,18; 1Re 14,9.15; Ger 7,18).

Nel c. 12 è contenuta una profonda lettura della storia d'Israele, a partire dal presupposto dell'intima unione esistente tra gli antenati e il popolo attuale. Sorprendente è la critica negativa che Osea fa di alcuni episodi della vita del patriarca Giacobbe, presentato come sopraffattore, egoista, poco amante del suo paese, tratti che prefigurano il carattere e il comportamento dei suoi discendenti, cioè del popolo d'Israele. Il capitolo infatti si presenta come un processo fatto a Israele a causa della sua fedeltà all'alleanza, della frode che ha praticato e della presunzione che ha dimostrato. In contrasto con Giacobbe e presentata la figura di Mosè. Questi è non solamente il liberatore dall'Egitto e il conduttore attraverso il deserto, ma anche il profeta-mediatore della rivelazione divina. Benché non venga ricordato il monte Oreb né si faccia allusione al decalogo, si può giustamente supporre che Osea non ignorasse la rivelazione divina fatta al Sinai e l'esistenza di una forma primitiva delle dieci parole. Osea è persuaso che l'invio dei profeti che annunciano la parola di Dio, è un segno di grazia da parte del Signore (12,11; Am 3,7; Sal 74,9).

(cf. STEFANO VIRGULIN, Osea – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Lo sconfinato amore di Dio-Padre 1Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio. 2Ma più li chiamavo, più si allontanavano da me; immolavano vittime ai Baal, agli idoli bruciavano incensi. 3A Èfraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. 4Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. 5Non ritornerà al paese d’Egitto, ma Assur sarà il suo re, perché non hanno voluto convertirsi. 6La spada farà strage nelle loro città, spaccherà la spranga di difesa, l’annienterà al di là dei loro progetti. 7Il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in alto, nessuno sa sollevare lo sguardo. 8Come potrei abbandonarti, Èfraim, come consegnarti ad altri, Israele? Come potrei trattarti al pari di Adma, ridurti allo stato di Seboìm? Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. 9Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Èfraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò da te nella mia ira. 10Seguiranno il Signore ed egli ruggirà come un leone: quando ruggirà, accorreranno i suoi figli dall’occidente, 11accorreranno come uccelli dall’Egitto, come colombe dall’Assiria e li farò abitare nelle loro case. Oracolo del Signore.

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Approfondimenti

Lo sconfinato amore di Dio-Padre 11,1-11 Capitolo unitario, che descrive con l'immagine del padre e del figlio gli intimi rapporti esistenti tra JHWH e Israele. Il Signore fa un lamento retrospettivo circa la sua volontà salvifica e la ribellione di Israele (vv. 1-4). Segue l'annuncio del castigo (vv. 5-6) e una sintesi dell'accusa (v. 7). JHWH confessa la sua «conversione» adducendo il motivo (vv. 8-9); la promessa di salvezza viene concretizzata (v. 11). A causa della forma e del contenuto il v. 10 sembra essere un'aggiunta postesilica. Il testo è spesso mal interpretato e alcuni vv. sono di difficile interpretazione (ad es. i vv. 5.7.8a). Probabilmente il capitolo data dalla fine della monarchia.

v. 1. La giovinezza di Israele coincide con l'esodo dall'Egitto e con l'epoca (idealizzata) del deserto. È allora che per Osea comincia la storia di Israele, mentre dei patriarchi ha solamente dei ricordi spiacevoli (12,4s.13). Allora Dio ha manifestato a Israele il suo amore, cioè l'ha scelto, eletto con amore di padre e da quel tempo gli ha rivolto degli appelli. Israele è chiamato «figlio di Dio» in senso adottivo (Es 4,22; Is 1,2s.; 30,9; Ger 3,19.22; 31,9.20). L'ultimo stico è applicato dall'evangelista Matteo in senso tipico a Gesù (Mt 2, 15).

v. 2. Dopo l'esodo dall'Egitto Dio ha ripetuto i suoi richiami per mezzo dei profeti, ma Israele ha interrotto i legami filiali con JHWH praticando i culti cananei, contravvenendo al precetto fondamentale del decalogo (Es 20,3s.23; 22,20; 34,17).

11,3-4. Belle immagini prese dal comportamento del padre e della madre verso il bambino, che mostrano la tenerezza che Dio ha usato con Israele durante l'età d'oro del deserto (cfr. 13,5; Dt 8,16).

v. 3. «Efraim» designa Israele. Insegnare a camminare è uno dei primi atti dell'educazione paterna (Dt 1,31; 8,2-5; Nm 11,12; Is 63,9); «curare» significa liberare da minacce e pericoli (5,13; 6,1; 7,1). Ma Israele non ha «riconosciuto» il suo salvatore; è stato ingrato.

v. 4. Vengono ricordati tre affettuosi atteggiamenti del genitore verso il bambino: lo attira dolcemente a sé, lo solleva fino al viso e si piega su di lui per nutrirlo. Dio ha agito così con il suo popolo con estrema condiscendenza, nutrendolo con la manna (Es 16,17) e con le quaglie (Nm 11). «legami di bontà»: lett. «legami di uomo», cioè pieni di umanità; «un bimbo»: correzione congetturale del testo ebraico che ha «giogo».

v. 5. Non è chiaro se il versetto contenga una minaccia o una semplice constatazione. Comunque, si tratta della presente situazione pericolosa che comporta il castigo della schiavitù e dell'esilio. Il verbo «ritornare» ha il doppio senso di convertirsi e far ritorno. Siccome Israele non si è convertito al Signore, farà ritorno in Egitto (da intendersi in senso metaforico, del paese della schiavitù), com'era prima dell'esodo (7,11; 8,13; 9,3.6; 11,11; 12,2), anche se non è da escludere un rifugio reale in Egitto da parte degli abitanti durante l'occupazione assira del regno del Nord (732 a.C.). Israele sarà dominato dal potere assiro e dal dio Assur (9,3; 2Re 15,29s.).

v. 6. L'esilio sarà preceduto da un bagno di sangue.

v. 7. Versetto molto corrotto. Secondo l'interpretazione adottata dalla versione della BC Dio si lamenta constatando l'impossibilità della conversione da parte del popolo (cfr. Is 6,10; Ger 7,25s.).

11,8-9. Improvviso cambiamento di situazione; nel cuore di Dio l'ira lascia il posto all'amore, per cui Israele non può essere abbandonato.

v. 8. Le due interrogazioni retoriche dimostrano l'impossibilità per Dio di punire in modo definitivo il suo popolo, consegnandolo all'Assiro. «Ádma» e «Seboìm» sono due città della Pentapoli (Gn 10,19; 14,2.8; Dt 29,22) che nella tradizione elohista tengono il posto di Sodoma e Gomorra, nomi propri della tradizione jahvistica (cfr. Is 1,9-10); le due città sono simbolo della distruzione totale; «il cuore e le viscere» (termini ebraici tradotti con «il mio intimo») sono la sede dei sentimenti più profondi e segreti di Dio. Il Signore «si commuove» abbandonando la severità e usando misericordia (1Sam 10,9).

v. 9. Viene escluso l'annientamento totale del popolo, che sembrava richiesto dalla collera divina per due motivi. Dio non è un uomo, cioè un essere instabile, capriccioso e impotente, che cambia i suoi progetti (Nm 23,19), non sa perdonare e ricomporre la situazione. Dopo aver scelto Israele e averlo trattato come un figlio carissimo, Dio non può cambiare sentimenti e distruggerlo (1Sam 15,29; Is 31,3; Ez 28,2). Inoltre Dio è il «Santo», cioè una potenza dinamica e irresistibile, che opera in modo sorprendente (cfr. Is 8,11-18; 10,20; 30,15; 55,8).

v. 10. Lo sfondo storico del v. sembra essere quello dell'esilio del sec. VI a.C. (cfr. Is 49,12), e della dispersione nei paesi occidentali. Gli esuli, chiamati stranamente «figli», ritornano all'appello di JHWH paragonato eccezionalmente al ruggito del leone (cfr. Am 1,2; 3,8; Ger 25,30; Gl 3,16).

v. 11 Il ritorno degli esiliati è attribuito a Dio stesso (cfr. Ger 16,15; 23,3). Le immagini degli «uccelli» e delle «colombe» indicano la sicurezza e la rapidità del ritorno (cfr. Sal 55,7; Is 60,8). I rimpatriati nella Palestina riavranno la proprietà delle loro case e godranno di tutti i diritti ereditari.

Il c. 11 ha una rilevanza teologica fondamentale e si collega per il contenuto con il c. 2. Mediante il sorprendente antropomorfismo dell'amore paterno-materno applicato a JHWH viene offerta la chiave per comprendere tutta la storia di Israele come espressione della predilezione divina, che riempie il cuore clemente e misericordioso di JHWH, anche di fronte all'incomprensione e ingratitudine del popolo. Per la prima volta nell'AT l'amore divino è considerato come la causa della nascita e dell'elezione di Israele. Dio è padre e creatore e Israele è figlio, qualifica che comporta una dignità regale (Sal 2,7). Malgrado tutte le delusioni, Dio rimane fedele all'incanto del primo amore e rifiuta di lasciare l'ultima parola alla vendetta e alla collera (Nm 23,19; 1Sam 15,29; Is 55,8; Ger 10,24).

Il v. 8 ci fa entrare in modo antropomorfico nell'intima personalità di Dio, che cambia i suoi sentimenti di severità in quelli di compassione per cui perdona e ricrea, non a causa di motivi a lui esterni, ma in virtù della sua stessa natura, sovrana e libera, animata da una insondabile e illimitata bontà.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Osea – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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L'idolatria d'Israele 1Vite rigogliosa era Israele, che dava sempre il suo frutto; ma più abbondante era il suo frutto, più moltiplicava gli altari; più ricca era la terra, più belle faceva le sue stele. 2Il loro cuore è falso; orbene, sconteranno la pena! Egli stesso demolirà i loro altari, distruggerà le loro stele. 3Allora diranno: «Non abbiamo più re, perché non rispettiamo il Signore. Ma anche il re, che cosa potrebbe fare per noi?». 4Dicono parole vane, giurano il falso, concludono alleanze: il diritto fiorisce come pianta velenosa nei solchi dei campi. 5Gli abitanti di Samaria trepidano per il vitello di Bet-Aven; è in lutto il suo popolo e i suoi sacerdoti ne fanno lamento, perché la sua gloria sta per andarsene. 6Sarà portato anch’esso in Assiria come offerta al gran re. Èfraim ne avrà vergogna, Israele arrossirà per i suoi intrighi. 7Perirà Samaria con il suo re, come un fuscello sull’acqua. 8Le alture dell’iniquità, peccato d’Israele, saranno distrutte, spine e cardi cresceranno sui loro altari; diranno ai monti: «Copriteci» e ai colli: «Cadete su di noi». 9Fin dai giorni di Gàbaa tu hai peccato, Israele. Là si fermarono, e la battaglia non li raggiungerà forse a Gàbaa contro i figli dell’iniquità? 10«Io voglio colpirli: si raduneranno i popoli contro di loro, perché sono attaccati alla loro duplice colpa.

Esortazione e requisitoria 11Èfraim è una giovenca addestrata, cui piace trebbiare il grano. Ma io farò pesare il giogo sul suo bel collo; attaccherò Èfraim all’aratro e Giacobbe all’erpice. 12Seminate per voi secondo giustizia e mieterete secondo bontà; dissodatevi un campo nuovo, perché è tempo di cercare il Signore, finché egli venga e diffonda su di voi la giustizia. 13Avete arato empietà e mietuto ingiustizia, avete mangiato il frutto della menzogna. Poiché hai riposto fiducia nella tua forza e nella moltitudine dei tuoi guerrieri, 14un rumore di guerra si alzerà contro il tuo popolo e tutte le tue fortezze saranno distrutte. Come Salmàn devastò Bet-Arbèl nel giorno della battaglia in cui la madre fu sfracellata sui figli, 15così sarà fatto a te, casa d’Israele, per la tua enorme malvagità. All’alba sarà la fine del re d’Israele.

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Approfondimenti

L'idolatria d'Israele 10,1-10 I quattro oracoli che compongono questa pericope trattano degli altari e santuari illegittimi (v. 1-2.5-6.8) e dei re (vv. 3-4.7). I vv. 9-10 contengono un rimprovero e una minaccia. Viene portato un giudizio negativo sulle istituzioni politiche e religiose del paese.

v. 1. Il versetto contiene una retrospettiva storica relativa alla fiorente epoca di Geroboamo II. La vite è spesso usata come simbolo di Israele (Is 5,1-7; 27,2; Ger 2,21; 2,10; Ez 17,3-10; Sal 80,9-19, cfr. anche Mic 20,1; Gv 15,1-8). Nel versetto «Israele» designa tutto il popolo di Dio sin dal tempo in cui entrò in Canaan. La prosperità materiale fu la causa dell'intensificazione del culto sincretistico (2,7.14; 4,11; 13,6); le «stele» erano emblemi della divinità maschile.

v. 2. «falso»: lett.: «sdrucciolevole», cioè diviso tra il culto di JHWH e quello dei Baal (cfr. 2Re 18,21). La soppressione del culto idolatrico avverrà per mezzo del conquistatore assiro.

v. 3. Versetto difficile a comprendersi. La citazione delle parole del popolo è ambigua. Potrebbe essere una constatazione dell'instabilità politica dovuta alle fazioni dopo l'assassinio di Pekach e prima della successione di un altro re, e insieme una confessione di colpevolezza, che però il profeta non prende sul serio. L'ultimo stico sarebbe la risposta di una parte del popolo fondamentalmente opposto alla monarchia. Osea considera la regalità in Israele come primaria manifestazione di infedeltà e ribellione contro JHWH (3,4; 7,3-7; 8,4-10; 10,7.15; 13,10s.).

v. 4. Il versetto contiene un severo ma giusto giudizio sugli ultimi re di Israele relativamente alla loro condotta personale e politica. La regalità non solo è inutile, ma favorisce la pratica della cattiva amministrazione della giustizia (5,13; 7,11; 12,2); la «cicuta» è una pianta velenosa che simboleggia l'iniqua condotta dei re.

v. 5. Viene annunciata la sparizione del culto del vitello nel regno del Nord; «Samaria», la capitale, sta per tutto il paese; «Bet-Aven» equivale a Betel (cfr. 4,15; 5,8); «sacerdoti»: in ebraico vi è un termine dispregiativo (komēr) usato per i ministri idolatrici (2Re 23,5; Sof 1,4); la «gloria dell'idolo» è la sua costosa ornamentazione in oro; ma l'espressione potrebbe indicare anche l'idolo stesso (cfr. il termine usato per indicare l'arca dell'alleanza: 1Sam 4,22).

v. 6. Le statue degli idoli venivano spesso collocate nei santuari dei conquistatori (cfr. 1Sam 4,11; 5,11; Is 46,1s.); «gran re» è il titolo proprio dei monarchi assiri.

v. 7. «re di Samaria» è un titolo dato all'immagine del vitello (cfr. vv. 5s.).

v. 8. «iniquità» in corto idolatrico che consisteva in sacrifici e pratiche immorali (cfr. 4,13; 8,11); «spine e rovi» sono il segno della maledizione divina (Gn 3,18). Davanti alla catastrofe il popolo invoca la morte e la fine del mondo. Questo testo è citato in Lc 23,30 e Ap 6,16 come annuncio di un castigo ancora più severo.

10,9-10. Il testo di questi due versetti è corrotto e di difficile interpretazione. JHWH si rivolge direttamente a Israele con l'accusa (v. 9) e il verdetto (v. 10).

v. 9. L'episodio di Gabaa (Gdc 19-21) fu l'inizio delle colpe del popolo, che hanno contrassegnato tutta la sua storia; «Là si fermarono»: cioè non mutarono condotta, avendo il crimine contaminato tutta la loro esistenza (cfr. 9,9). L'ultimo stico è particolarmente oscuro.

v. 10. «i popoli» sono gli Assiri e i loro alleati; «la duplice colpa» potrebbe indicare il crimine di Gabaa (Gdc 19) e quello del tempo di Osea, cioè il culto idolatrico, oppure l'abbandono di JHwH e l'adesione ai Baal.

Esortazione e requisitoria _10,11-15 In forma parabolica viene descritta l'elezione di Israele (v. 11), seguita da un invito a praticare gli obblighi dell'alleanza (v. 12). L'iniqua condotta morale e la falsa fiducia negli armamenti (tipico peccato dei rei e dei capi) attirano il castigo (vv. 13-15). Nel v. 11 è Dio che parla, mentre negli altri versetti interviene il profeta.

v. 11. L'immagine di Israele come di una giovenca docile a JHWH, che viene usata per il lavoro piacevole della trebbiatura (cfr. 4,16), rappresenta l'epoca del deserto, in cui esistevano ideali rapporti tra Dio e il suo popolo. Portare il giogo ed eseguire lavori pesanti, indispensabili alla messe, come arare o erpicare (cfr. Is 28,24; Gb 39,10) sono allusioni alla vita nel paese di Canaan.

v. 12. In forma diretta ed esortativa, usando l'immagine del popolo agricoltore che semina e miete viene descritto l'atteggiamento appropriato della vita religiosa; «secondo giustizia» significa in conformità con la volontà di Dio espressa nella legge e soprattutto nel decalogo (8,12; 4,1s.; 6,6; Ger 2,20; 4,3; 5,5); «la bontà» (hesed) è quasi sinonimo di giustizia, in quanto designa la fedeltà al Dio dell'alleanza; «cercare il Signore» equivale a orientare tutta la propria vita secondo Dio (5,16-6,1; Am 5,4.6; Ger 10,21). Dio diffonde la giustizia in quanto opera la salvezza trasformando i cuori e conferendo la fertilità alla terra (2,21).

v. 13. Continua l'immagine agricola; mediante tre verbi è indicata l'opposizione di Israele al piano divino. Il risultato è in contrasto con l'attesa; «l'empietà» è il culto idolatrico dei Baal; anche «la menzogna» ha lo stesso significato. Il secondo peccato di Israele è la fiducia riposta nella potenza militare, che è indice di sfiducia in JHWH (Am 6,13; Is 51,1). carri erano l'arma più temuta in tempo di guerra e i guerrieri erano dei soldati professionisti dell'esercito reale.

v. 14. La minaccia della guerra e della distruzione è resa più tragica dal ricordo di un atroce fatto bellico, difficile da interpretare; «Salman» è probabilmente il re moabita Salaman, contemporaneo di Tiglat-Pilezer III (745-727 a.C.), che regnò durante l'incursione assira nella regione di Galaad, dove si trova Bet-Arbel, identificata con Irbid (cfr. 13,16; 2Re 8,12; Is 13,16; Na 3,10; Sal 137,9). L'uccisione delle donne accompagnava spesso la conquista delle città.

v. 15. «gente d'Israele» è tutto il popolo del regno del Nord. Questa lezione è quella dei LXX; il testo ebraico ha «Betel». L'alba è il momento dell'intervento divino, che realizza la disfatta del regno (cfr. Is 8,20; 58,8). «I re d'Israele» è probabilmente Osea, figlio di Ela (732-724 a.C.; cfr. 2Re 17,1-4).

Nel c. 10 viene ripetuto l'insegnamento oseano circa il culto. Quando lo splendore e il ritmo delle cerimonie sono accompagnati da un «cuore falso» cioè diviso (10,2), il culto viene ripudiato. Ciò che Dio esige è la fedeltà all'alleanza praticata con tutto il cuore (6,6; 8,11s.; Dt 4,29; 6,5; 10,12). La monarchia, incaricata per sé della prosperità del popolo, è stata una sventura per Israele (cfr. 7,3ss.; 13,10ss.), perché non si è appoggiata sull'aiuto divino, ma sulla potenza militare e sulle alleanze straniere (10,3.13) ed ha trasgredito l'ordinamento voluto da Dio (10,4). Il potere che non è esercitato con giustizia e non è orientato verso la pace, è illegittimo e perverso. È possibile che questa critica di Osea abbia influenzato “la legge reale” contenuta in Dt 17,14-20. Il compito primordiale del popolo di Dio è quello di «seminare secondo giustizia», cioè vivere in conformità con le esigenze dell'alleanza, «cercare Dio» e cominciare sempre da capo «dissodando un campo nuovo» (10,12; Am 5,24; Mic 6,8; Ger 4,3).

(cf. STEFANO VIRGULIN, Osea – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Tristezza dell'esilio 1Israele, non rallegrarti fino all’esultanza come gli altri popoli, perché hai praticato la prostituzione, abbandonando il tuo Dio, hai amato il compenso della tua prostituzione su tutte le aie per il grano. 2L’aia e il tino non li nutriranno e il vino nuovo verrà loro a mancare. 3Non potranno restare nella terra del Signore, ma Èfraim ritornerà in Egitto e in Assiria mangeranno cibi impuri. 4Non faranno più libagioni di vino al Signore, non gli saranno graditi i loro sacrifici, saranno per loro come pane di lutto: quanti ne mangiano diventano impuri. Il loro pane sarà tutto per loro, ma non entrerà nella casa del Signore. 5Che cosa farete nei giorni delle solennità, nei giorni della festa del Signore? 6Ecco, sono sfuggiti alla rovina, l’Egitto li accoglierà, Menfi sarà la loro tomba. I loro tesori d’argento passeranno alle ortiche e nelle loro tende cresceranno i cardi.

Il profeta perseguitato 7Sono venuti i giorni del castigo, sono giunti i giorni del rendiconto, Israele lo sappia! Il profeta diventa pazzo, l’uomo ispirato vaneggia a causa delle tue molte iniquità, per la gravità del tuo affronto. 8Sentinella di Èfraim è il profeta con il suo Dio; ma un laccio gli è teso su tutti i sentieri, ostilità fin nella casa del suo Dio. 9Sono corrotti fino in fondo, come ai giorni di Gàbaa; ma egli si ricorderà della loro iniquità, chiederà conto dei loro peccati.

Il ripudio di Efraim 10Trovai Israele come uva nel deserto, ebbi riguardo per i vostri padri, come per i primi fichi quando iniziano a maturare; ma essi, appena arrivati a Baal-Peor, si consacrarono a quell’infamia e divennero una cosa abominevole, come ciò che essi amavano. 11La gloria di Èfraim volerà via come un uccello, non più nascite né gravidanze né concepimenti. 12Anche se allevano figli, io li eliminerò dagli uomini; guai a loro, se io li abbandono. 13Èfraim, lo vedo come un palma piantata in luoghi verdeggianti. Èfraim tuttavia condurrà i figli al macello. 14“Signore, da’ loro. Che cosa darai?”. Un grembo infecondo e un seno arido! 15Tutta la loro perversità si è manifestata a Gàlgala, è là che ho preso a odiarli. Per la malvagità delle loro azioni li scaccerò dalla mia casa, non avrò più amore per loro; tutti i loro capi sono ribelli. 16Èfraim è stato percosso, la loro radice è inaridita, non daranno più frutto. Anche se generano, farò perire i cari frutti del loro grembo». 17Il mio Dio li respingerà, perché non gli hanno obbedito; andranno raminghi fra le nazioni.

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Approfondimenti

9,1-17. Il capitolo comprende tre brani:

  1. una triste visione della deportazione (vv. 1-6),
  2. l'ostilità contro il profeta, che è la sentinella di Dio (vv. 7-9)
  3. la descrizione delle colpe e castighi del popolo con minacce per il futuro (vv. 10-17).

Si incontrano spesso dei versetti problematici.

Tristezza dell'esilio 9,1-6 L'oracolo profetico, talvolta in dialogo diretto con gli uditori (vv. 1.5), contiene un invito a sospendere l'assemblea festiva in cui si pratica la prostituzione (v. 1), poi segue la descrizione del modo come finirà la celebrazione (probabilmente si tratta della festa delle Capanne, vv. 2-6). Lo sfondo dell'oracolo è il culto cananeo della fertilità (2,7; 4,12s.), praticato anche durante la festa delle Capanne (cfr. Es 23,16; 34,22s.). Probabilmente l'oracolo fu pronunciato nel santuario di Betel dopo il 732. La deportazione è presentata come una ineluttabile realtà.

v. 1. «Israele» designa nel versetto la comunità religiosa (4,5; 8,2.3); «far festa» è da mettersi in rapporto con «la festa del Signore» (v. 5). La festa delle Capanne era di origine cananea, storicizzata dopo l'occupazione della terra promessa da parte degli Ebrei. Osea la considera come espressione dell'apostasia del popolo (prostituzione), descritta come amore venale e infedeltà matrimoniale; «prezzo della prostituzione»; altra versione: «il salario impuro», cioè il frutto ottenuto con la pratica dei riti cananei della fecondità, vale a dire, i beni della terra considerati come doni dei Baal (mentre in realtà ne è JHwH il donatore: 2,11).

v. 2. Il castigo è descritto mediante una serie di privazioni, che impediranno di usufruire dei beni del suolo. Da notare la pittoresca personificazione dell'aia, del tino (pressoio d'olio) e del mosto.

v. 3. Il castigo più drastico è la deportazione in paese straniero. Egitto e Assiria sono associati come luoghi d'esilio (11, 5.11). Il ritorno in Egitto (da intendersi in senso metaforico, anche se diversi Israeliti vi cercarono rifugio più tardi: cfr. 7,16; 8,13; 9,6; 11,5.11) punisce coloro che non fanno ritorno a Dio. Il passato salvifico di Israele viene cancellato e si ridiventa schiavi in terra straniera (11, 1s); «terra del Signore» per la prima volta nell'AT viene designata così la Palestina, in quanto proprietà particolare di JHWH (cfr. 8,1; 9,15; Ger 2,7; 16,18), in polemica con i Baal considerati come signori del suolo e dispensatori di beni. Ogni paese straniero è impuro a causa degli idoli (cfr. Am 7,12; 1Sam 26,19).

v. 4. In terra d'esilio cessa il culto legittimo. Le persone in lutto diventavano impure a causa del contatto con un cadavere (Dt 26,14). L'ultimo stico sembra essere un'aggiunta posteriore, perché manca il nesso con lo stico precedente.

v. 5. Interrogazione ironica. L'esilio segnerà la fine della nazione di Israele in quanto comunità religiosa che celebra le feste di JHWH.

v. 6. Lugubre quadro del disastro finale che il profeta vede già realizzato in visione. L'unica scappatoia davanti all'invasione assira sarà l'Egitto; «Menfi» è una città del Basso Egitto, celebre per le piramidi della quarta dinastia (cfr. Is 19,13; Ger 2,16; 44,1); qui sta probabilmente per tutto l'Egitto, che diventa una tomba, perché gli esuli non avranno più speranza di ritornare in patria. L'ultimo stico è poco chiaro; forse si allude ai beni lasciati per forza in patria, come segno di estrema miseria. I pruni e le ortiche si sostituiscono alle suppellettili delle case distrutte o abbandonate (cfr. Is 34,13).

Il profeta perseguitato 9,7-9 Breve oracolo quasi biografico in cui Osea risponde alle calunnie lanciate contro di lui e condanna il ripudio della sua precedente predicazione. L'annuncio del castigo è vero, perché è già iniziato (v. 7a); vengono poi citati gli insulti del popolo (v. 7b). Quale sentinella di Dio il profeta è assalito dall'ostilità popolare (v. 8), ma la punizione dei peccati è ineluttabile (v. 9).

v. 7. «Sono venuti»; perfetto profetico indicante che ciò che fu iniziato dagli Assiri, sarà portato a compimento; «pazzo»: cioè che parla sragionando (Prv 1,7; 27,22; 29,9), in quanto si oppone alla politica internazionale della nazione; «uomo ispirato»: lett.: «uomo dello spirito» in senso negativo, alludendo allo stato estatico del nābî' (cfr. 1Sam 10,6; 1Re 18,12; 22,21; 2Re 2,9.16). «Vaneggia»: cioè perde la testa, insensato (1Sam 21,12-15; 2Re 9,11; Ger 29,26).

v. 8. Versetto difficile e corrotto: «Sentinella»: lezione congetturale; così viene chiamato il profeta che ha il compito di correggere il popolo (cfr. Is 56,10; Ger 6,17; Ez 3,17; 33,2.6s.; cfr. Os 5,8; 8,1). Un altra congettura del testo ebraico è: «Efraim spia nella tenda del profeta»; «la casa di Dio» è probabilmente Sichem (cfr. 6,9; Gs 24) o i legittimi santuari di JHWH. La persecuzione contro il profeta è descritta con i termini delle lamentazioni salmiche (Sal 37,32; 91,3; Ger 5,26).

v. 9. Come a Gabaa fu inflitto un oltraggio al servo del Signore, così ci si comporta con il profeta (cfr. Gdc 19-21). Dio si ricorda del peccato, quando decide di punirlo (8,13). Questo è l'unico brano in cui viene sottolineata la reazione dell'uditorio alla predicazione del profeta. Osea è ripudiato, perseguitato, lo si considera come un volgare nābî', un uomo irresponsabile, psichicamente anormale (cfr. Ger 29,26; 2Re 9,11); gli si lanciano delle minacce. Tale fu sorte del profeta Elia (1Re 19) e di Amos (Am 7,10ss.). Osea sfoga il suo dolore in forma di lamento, ma ribadisce il castigo col quale Dio colpirà la nazione.

Il ripudio di Efraim 9,10-17 Unità letteraria comprendente due brani (vv. 10-14.15-17), che iniziano con un detto divino che ricorda due circostanze storiche e continuano con l'annuncio del castigo. Nella conclusione prende la parola il profeta (vv. 14.17). A partire da questa pericope fino alla fine (14,10) viene fatto un ripetuto uso della storia. Le immagini si accavallano senza logica rigorosa e gli oracoli assumono un tono meditativo.

v. 10. Con le immagini dell'uva, che di per sé non cresce nel deserto, e dei fichi primaticci particolarmente apprezzati (Is 28,4; Mic 7,1; Ger 24,2), vengono descritti i felici inizi del rapporto di JHWH con Israele. Il tempo della permanenza nel deserto del Sinai è considerato un periodo ideale (2,7; 13,5; Ger 2,2s.). Ma l'idillio cessò al contatto con Canaan (Nm 25,1-5). Baal-Peor è qui il nome di un luogo, situato a 10 km a nord-est della sorgente del Giordano; «infamia» indica il Baal. Gli Israeliti stessi praticando i riti idolatrici della fecondità divennero abominevoli al pari degli idoli (Dt 29,16; Ger 4,1; 7,30; Ez 5,11; 7,20). L'infedeltà di Israele, cominciata alle porte della Palestina, pesò su tutta la sua storia posteriore.

v. 11. Dall'accusa al castigo. «La gloria di Efraim» è la dignità e potenza del popolo del Nord, che consiste soprattutto nel numero dei figli. Suggestivo è il paragone con il volo dell'uccello che esprime la rapidità con cui cesserà la fecondità; «nascita, gravidanza, concepimento» indicano il processo, all'inverso, della procreazione.

v. 12. Sono colpiti i bambini già nati, che saranno eliminati dalla guerra, dalla fame e dalla deportazione. L'abbandono di Israele da parte di Dio è un tema centrale del messaggio oseano (1,6.9; 4,6; 5,6.15).

v. 13. Il testo ebraico del v. è incomprensibile. La congettura del testo della BC si può comprendere nel senso che iniziando pericolose guerre Efraim ha fatto dei suoi figli un oggetto di caccia nemica.

v. 14. La preghiera d'intercessione del profeta, che non può assistere alla totale estinzione di Israele, viene inter-rotta. Si accetta in parte l'annunciato castigo; nei giorni futuri la sterilità sarà una benedizione, poiché è migliore la privazione dei figli, anziché la loro morte prematura (cfr. Gb 3,11-16).

v. 15. L’infedeltà generalizzata del popolo di Dio fece la sua apparizione a Galgala, dove fu praticato il culto sincretistico (4,15). È meno probabile che si alluda all'istituzione della monarchia (1Sam 11,14s.) o alle disubbidienze di Saul (1Sam 15,12s.). L'odio di Dio (unico testo in Osea) – audace antropomorfismo – è da intendersi relativamente all'amore ingannato di colui che ha istituito l'alleanza sinaitica (Dt 22,13; 24,3; Ger 12,8). La cessazione dell'amore di Dio per Israele è la più grande sventura per il profeta Osea; «li scaccerò dalla mia casa»: la metafora è presa dalla convivenza matrimoniale e indica la deportazione lontano dal paese (8,1; 9,8).

v. 16. Il termine «Efraim» indica la fecondità, e l'albero simboleggia la vita. Frutti e grembo sono destinati alla sterilità (9,12).

v. 17. Il profeta commenta che la sorte di Israele sarà come quella precedente l'entrata nella terra promessa. L'oracolo della dispersione si realizzò nel 722 a.C. con la conquista assira del paese. L'occupazione della terra promessa divenne una grande tentazione per Israele. Già a Baal-Peor e poi a Galgala il popolo cercò di assicurarsi la fertilità umana e agricola mediante il culto dei Baal. Ma abbandonando JHWH Israele si è procurato la scomparsa della nazione e la perdita della terra. Questa tragedia viene motivata con l’«odio» da parte di JHWH, termine che indica la reazione del marito nei confronti della moglie che ha commesso qualcosa di scandaloso (Dt 22,13; 24,3). La mancanza di amore in JHWH designa solamente una momentanea reazione, giacché per il futuro l'amore trionferà su tutte le colpe di Israele (2,21.25; 11,8; 14,5). Per Osea l'apostasia del popolo ha delle radici storiche molto profonde; esse fondano e spiegano gli atteggiamenti presenti. Esiste nella colpa una responsabilità collettiva, che viene sottolineata in diverse preghiere di penitenza (Sal 106,6s.; Ne 9,2.16.34).

(cf. STEFANO VIRGULIN, Osea – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Accuse e castigo 1Da’ fiato al corno! Come un’aquila piomba sulla casa del Signore la sciagura perché hanno trasgredito la mia alleanza e rigettato la mia legge. 2Essi gridano verso di me: “Noi, Israele, riconosciamo te nostro Dio!”. 3Ma Israele ha rigettato il bene: il nemico lo perseguiterà. 4Hanno creato dei re che io non ho designati; hanno scelto capi a mia insaputa. Con il loro argento e il loro oro si sono fatti idoli, ma per loro rovina. 5Ripudio il tuo vitello, o Samaria! La mia ira divampa contro di loro; fino a quando non si potranno purificare? 6Viene da Israele il vitello di Samaria, è opera di artigiano, non è un dio: sarà ridotto in frantumi. 7E poiché hanno seminato vento, raccoglieranno tempesta. Il loro grano sarà senza spiga, se germoglia non darà farina e, se ne produce, la divoreranno gli stranieri. 8Israele è stato inghiottito: si trova ora in mezzo alle nazioni come un oggetto senza valore. 9Essi sono saliti fino ad Assur, sono come un asino selvatico, che si aggira solitario; Èfraim si è acquistato degli amanti. 10Se ne acquistino pure fra le nazioni, io li metterò insieme e cominceranno a diminuire sotto il peso del re e dei prìncipi. 11Èfraim ha moltiplicato gli altari, ma gli altari sono diventati per lui un’occasione di peccato. 12Ho scritto numerose leggi per lui, ma esse sono considerate come qualcosa di estraneo. 13Offrono sacrifici e ne mangiano le carni, ma il Signore non li gradisce; ora ricorda la loro iniquità, chiede conto dei loro peccati: dovranno tornare in Egitto. 14Israele ha dimenticato il suo creatore, si è costruito palazzi; Giuda ha moltiplicato le sue città fortificate. Ma io appiccherò il fuoco alle loro città e divorerà i loro palazzi.

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Approfondimenti

Accuse e castigo 8,1-14 Il capitolo raccoglie vari oracoli oseani pronunciati in diverse circostanze e raccolti insieme dai redattori. I temi trattati sono: la violazione dell'alleanza (vv. 1-3), anarchia e idolatria (vv. 4-7), la falsa politica estera (vv. 8-10), il culto formalistico (vv. 11-13), il lusso edilizio (v. 14). Vari sono i generi letterari: accuse (vv. 1.3.4.9. 11-13a), minacce di castigo (vv. 3.5.10.13b), descrizione di pena (v. 8), polemica idolatrica (v. 6), sentenze sapienziali (v. 7). Gli oracoli sono posti in bocca a Dio, solamente i vv. la. 13 appartengono al profeta. Si alternano la seconda e la terza persona.

vv. 1-3. In modo sintetico e generale vengono rilevati i traviamenti del popolo e annunciati i castighi.

v. 1. Il grido di allarme attira l'attenzione sul nemico (Assiria) che come un'aquila si avventa su Israele, sua preda (cfr. Ab 1,8; Ger 4,13; 48,40; Lam 4,19; Dt 28,49); «la casa del Signore» indica qui tutto il paese del Nord (9,15; Ger 12,7; Lc 9,8; 1Cr 17,14; Sal 10,16); «la mia alleanza» è quella sinaitica; «la mia legge» è il complesso delle tradizioni relative alla volontà di Dio (cfr. Es 19,5-20, 21; 24), in modo particolare il decalogo (4,2) e una tradizione scritta (8,12). Osea conosce non solo la tradizione relativa all'esodo, ma anche quella del Sinai, che viene misconosciuta in Israele.

v. 2. La conoscenza di Dio è superficiale e formalistica (4,2.6; 5,4; 7,14).

v. 3. «il bene» si identifica con la legge del Signore (2,8; 3,5; Mic 6,8).

vv. 4-7. Vengono ora addotti due esempi di disprezzo della legge del Signore: la illegittima successione dei monarchi (v. 4a) e l'introduzione del culto iconico paragonato all'idolatria (vv. 4b-6). Segue l'annuncio del castigo (v. 7).

v. 4. I re e i capi militari si sono insediati mediante colpi di stato, contro la volontà del Signore. Sin dall'origine (1Sam 8,1-8; 10,19) e durante il corso della storia (7,7; 10,3; 13,10s.) l'istituto monarchico è stato l'espressione della sfiducia e ribellione contro Dio. Nelle statue del vitello, chiamate «idoli», ma che erano simboli di JHWH, si palesava la concezione naturalistica del culto cananeo.

v. 5.Il «vitello» è quello eretto da Geroboamo nei santuari di Betel e Dan (1 Re 12, 28.32). Qui Samaria indica il regno del Nord. Il peccato originale del regno settentrionale è quello di raffigurare JHWH contro l'esplicito divieto del decalogo (Es 20,4; Dt 5,8; Es 32,1-14).

v. 6.È questo il primo attacco contro gli idoli seguito da molti altri (Is 40,18ss.; 41,6s.; 44,9-20; 46,5ss.; Ger 2,27s.; 10,3ss.; Ab 2,18s.; Bar 6; Sap 13,10-15, 19).

v. 7. I due proverbi (cfr. Sir 7,3; Prv 22,8; Gb 4,8) illustrano il castigo che colpirà la nazione. L'idolatria sarà punita con la carestia e l'invasione nemica (cfr. v. 3) distruggerà anche gli eventuali scarsi prodotti.

vv. 8-10. Viene ripreso il tema della politica internazionale di Israele (cfr. 5,13s.; 7,8-12) con un lamento sulla situazione (v. 8), la colpevolezza di Efraim (v. 9) e il castigo (v. 10). L'oracolo potrebbe datare dal periodo concernente la campagna dell'Assiria sotto il re Menachem (743-738 a.C.; cfr. 2Re 15,19s.) o meglio dal periodo conseguente alla guerra siro-efraimitica (5,8-12).

v. 8.La nazione israelitica vassalla dell'Assiria ha perduto la sua peculiare identità, perciò è come un vaso da gettare (Ger 22,28; 48,38; Sal 31,13). Dopo il 732 a.C, le regioni della Galilea e del Galaad erano diventate province assire.

v. 9.Il versetto presenta delle difficoltà di interpretazione: «salire ad Assur» indica chiedere aiuto all'Assiria; l’«asino selvaggio» (Gb 39,5-8) è simbolo della testardaggine e della condotta arbitraria e indipendente. L'immagine può essere applicata al popolo d'Israele, ma non è escluso che si possa riferire anche a Assur; «si è acquistato degli amanti»: lett.: «ha distribuito dei doni di amore». Il popolo del Nord è paragonato a una prostituta sempre in cerca di amanti, ma i ruoli sono capovolti: è essa stessa che paga i suoi sfruttatori (cfr. Ez 16,32ss.). Si allude forse al tributo pagato da Israele all'Assiria (5,13; 7,11) o ai regali inviati in Egitto (12,2). I rapporti con gli stati stranieri sono considerati come un adulterio.

v. 10. Versetto testualmente corrotto e diversamente interpretato; «li metterò insieme»: alcuni autori leggono «li disperderò», «cesseranno di eleggersi re e governanti»: lezione congetturale basata sui LXX. Il testo ebraico ha «cominceranno un poco a elevare re e governanti».

v. 11-14. Anche il falso culto costituisce una violazione dell'alleanza; c'è una opposizione tra i sacrifici e la legge, giacché il popolo preferisce i riti all'osservanza delle prescrizioni morali e sociali (cfr. 4,8s.; 6,6).

v. 11. I sacrifici offerti sui numerosi altari non fanno altro che moltiplicare i peccati, perché il culto è svolto secondo i costumi cananei.

v. 12. Si suppone l'esistenza di una legge scritta (cfr. 4,2), inseparabile dall'alleanza (8,1) e affidata alla responsabilità dei sacerdoti (4,6). Questa torah è considerata dal popolo come se fosse la volontà di un dio straniero, cioè inesistente, senza valore.

v. 13. Si tratta dei «sacrifici» di comunione (4,13; Ger 7,21); «si ricorderà»: espressione di origine forense, che indica la testimonianza a carico o a discarico presentata in processo (Gn 40,14; Lv 26,45; Nm 5,15; Ger 2,2; Ez 21,28; 29,16; 1Re 17,18); «dovranno tornare in Egitto»: è il rovescio della storia della salvezza (11,1; 13,4); la frase può essere intesa nel senso di una fuga in Egitto (9,3.5) o vi si può vedere adombrata la deportazione in Assiria. Comunque, si minaccia il ritorno alla schiavitù.

v. 14. Annuncio di giudizio con accusa e verdetto contro il lusso delle costruzioni nella linea del profeta Amos (Am 1,7.10.14; 2,5). La forma e il contenuto del versetto rendono dubbia la sua autenticità oseana; «creatore», cioè Dio in quanto ha scelto e protetto Israele, è un titolo usato solamente qui in Osea (cfr. Is 26,11; 44,2; 51,13). II lusso nella costruzione delle regge, dei templi e delle fortificazioni militari portano alla dimenticanza di JHWH (2,13; 4,6; 13,6) giacché sono segno di sfiducia in lui. Notevole è in questo capitolo la presentazione di Dio che si lamenta dell'infedeltà del popolo in modo da esprimere il suo intimo dolore (8,4.9.12). Si parla inoltre dell'alleanza é della legge che la caratterizza, legge che esiste già in una forma scritta (8,1; 12). Essa si identifica col «bene» (v. 3) ed è l'espressione della volontà di un Dio che non è straniero (8,12). La legge non viene trasgredita solamente mediante il ricorso alle nazioni straniere, il culto formalistico, e il capriccio nella designazione dei monarchi, ma sopratutto mediante il culto delle immagini. È probabile che Geroboamo II abbia considerato le statue dei due vitelli eretti nei santuari di Dan e Betel come piedistalli e simboli della potenza di JHWH (cfr. Gn 49,24; Is 1,24), ma per Osea essi sono il segno della contaminazione cananea del culto. Osea diventa il campione di una rigorosa proibizione di immagini e il paladino di una religione nella quale il ruolo principale non è svolto dai riti religiosi, ma dall'osservanza della legge che è parola divina (cfr. 6,6).

(cf. STEFANO VIRGULIN, Osea – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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