📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

INSEGNAMENTI DI ALTRI SAGGI (30,1-31,9)

Insegnamenti di Agur 1Detti di Agur, figlio di Iakè, da Massa. Dice quest'uomo: Sono stanco, o Dio, sono stanco, o Dio, e vengo meno, 2perché io sono il più stupido degli uomini e non ho intelligenza umana; 3non ho imparato la sapienza e la scienza del Santo non l'ho conosciuta. 4Chi è salito al cielo e ne è sceso? Chi ha raccolto il vento nel suo pugno? Chi ha racchiuso le acque nel suo mantello? Chi ha fissato tutti i confini della terra? Come si chiama? Qual è il nome di suo figlio, se lo sai? 5Ogni parola di Dio è purificata nel fuoco; egli è scudo per chi in lui si rifugia. 6Non aggiungere nulla alle sue parole, perché non ti riprenda e tu sia trovato bugiardo. 7Io ti domando due cose, non negarmele prima che io muoia: 8tieni lontano da me falsità e menzogna, non darmi né povertà né ricchezza, ma fammi avere il mio pezzo di pane, 9perché, una volta sazio, io non ti rinneghi e dica: “Chi è il Signore?”, oppure, ridotto all'indigenza, non rubi e abusi del nome del mio Dio. 10Non calunniare lo schiavo presso il padrone, perché egli non ti maledica e tu non venga punito. 11C'è gente che maledice suo padre e non benedice sua madre. 12C'è gente che si crede pura, ma non si è lavata della sua lordura. 13C'è gente dagli occhi così alteri e dalle ciglia così altezzose! 14C'è gente i cui denti sono spade e le cui mascelle sono coltelli, per divorare gli umili eliminandoli dalla terra e togliere i poveri di mezzo agli uomini.

Proverbi numerici 15La sanguisuga ha due figlie: “Dammi! Dammi!”. Tre cose non si saziano mai, anzi quattro non dicono mai: “Basta!”: 16il regno dei morti, il grembo sterile, la terra mai sazia d'acqua e il fuoco che mai dice: “Basta!”. 17L'occhio che guarda con scherno il padre e si rifiuta di ubbidire alla madre sia cavato dai corvi della valle e divorato dagli aquilotti. 18Tre cose sono troppo ardue per me, anzi quattro, che non comprendo affatto: 19la via dell'aquila nel cielo, la via del serpente sulla roccia, la via della nave in alto mare, la via dell'uomo in una giovane donna. 20Così si comporta la donna adultera: mangia e si pulisce la bocca e dice: “Non ho fatto nulla di male!”. 21Per tre cose freme la terra, anzi quattro non può sopportare: 22uno schiavo che diventa re e uno stolto che si sazia di pane, 23una donna già trascurata da tutti che trova marito e una schiava che prende il posto della padrona. 24Quattro esseri sono fra le cose più piccole della terra, eppure sono più saggi dei saggi: 25le formiche sono un popolo senza forza, eppure si provvedono il cibo durante l'estate; 26gli iràci sono un popolo imbelle, eppure hanno la tana sulle rupi; 27le cavallette non hanno un re, eppure marciano tutte ben schierate; 28la lucertola si può prendere con le mani, eppure penetra anche nei palazzi dei re. 29Tre cose hanno un portamento magnifico, anzi quattro hanno un'andatura maestosa: 30il leone, il più forte degli animali, che non indietreggia davanti a nessuno; 31il gallo pettoruto e il caprone e un re alla testa del suo popolo. 32Se stoltamente ti sei esaltato e se poi hai riflettuto, mettiti una mano sulla bocca, 33poiché, sbattendo il latte ne esce la panna, premendo il naso ne esce il sangue e spremendo la collera ne esce la lite.

_________________ Note

30,1 INSEGNAMENTI DI ALTRI SAGGI (30,1-31,9) Nei capitoli 30-31 confluisce altro materiale proveniente dal patrimonio della letteratura sapienziale dei popoli del Vicino Oriente antico, come sembrano indicare i nomi dei personaggi sulle cui labbra sono poste queste massime (Agur, figlio di Iakè, da Massa e Lemuèl, re di Massa, vedi 30,1 e 31,1).

30,1-14 Insegnamenti di Agur – Questa breve serie di massime ricorda l’insegnamento dei saggi racchiuso in 22,17-24,34. Agur: è personaggio sconosciuto; Massa è il nome di una tribù dell’Arabia settentrionale (vedi Gen 25,14): gli Arabi erano rinomati per la loro sapienza. Ma la versione è incerta. Alcuni intendono la parola ebraica Massa non come nome di tribù, ma nel senso di “oracolo” (o anche “carico”, “peso”). I LXX collocano i vv. 1-30 all’interno del c. 24: vv. 1-14 dopo 24,22; vv. 15-33 dopo 24,34.

30,15-33 Proverbi numerici – Alcune massime ritmate sul gioco dei numeri erano già presenti in 6,16-19. Si tratta di un espediente letterario, con il quale si cercava di favorire la memoria. Era già conosciuto dalle antiche popolazioni cananee, come documenta l’opera Storia e massime di Achikàr (risalente al V sec.).

30,20 mangia e si pulisce la bocca: la frase può essere compresa nel significato di darsi al piacere.

30,26 iràci: piccoli mammiferi delle dimensioni di un coniglio.

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Approfondimenti

vv. 1-14. Non vi è accordo tra gli interpreti sulla delimitazione esatta dei detti di Agur (v. 4? v. 6? o v. 14?). Nei LXX questo capitolo è spezzato, per cui 30, 1-14 segue 22, 17-24, 22 e 1 vv. 15-33 seguono 24, 23-24. Si è generalmente d'accordo sulla necessità di emendare il TM del v. 1b (cfr. nota al testo).

vv. 1-6. Nel v. 2 Agur afferma di essere piuttosto un animale che un uomo e che egli non possiede né intelligenza né perspicacia e il v. 3 mostra che con ciò egli intende dire che non possiede la conoscenza di Dio. Non va escluso un deliberato intento ironico in queste affermazioni, quasi a contrastare l'atteggiamento di altri che presumono invece con le loro speculazioni di essere in grado di far luce sui misteri divini (cfr. v. 4). Contro coloro che parlano di Dio con tale sicumera da sembrare di essergli familiari e di non avere alcun dubbio al riguardo, Agur afferma che l'uomo da solo non è in grado di conoscere Dio. Affermazioni dello stesso tenore ricorrono altrove nella letteratura sapienziale (cfr. Gb 11,7-9; 38-40; Sir 18,3-6; Bar 3,9-4,4). Il saggio tuttavia non si ferma qui: se la ricerca umana da sola fallisce, non per questo l'essere umano deve dimenticare che Dio stesso ha parlato e che dunque attraverso questa parola egli ha accesso a Dio: citando un salmo (v. 5, cfr. Sal 18,31) e riprendendo un'ingiunzione presente nei testi legislativi (cfr. Dt 4,2), Agur mostra che vi è una conoscenza di Dio concessa all'uomo, che tuttavia è ben diversa da quella che ritengono di possedere coloro che il saggio contesta (nello stesso senso si veda Gb 28,20-28).

vv. 7-9. La preghiera cui si volge ora il saggio collega la condizione sociale dell'uomo al suo modo di parlare di Dio: il contesto mostra che con «falsità e menzogna» non si ha di mira soltanto il rapporto interumano, ma anche il parlare di Dio in modo corretto. Il saggio non ha pretese di arricchirsi, perché è consapevole che la ricchezza può rendere l'uomo arrogante e indurlo a credersi autosufficiente, disprezzando perciò il potere di Dio. D'altro canto l'indigenza potrebbe indurre l'uomo a dubitare della provvidenza divina e della sua giustizia.

vv. 11-14. Una serie di detti in forma constatativa: non si tratta però soltanto di un quadretto descrittivo, ma con molta probabilità di un'accusa che il saggio lancia ai suoi contemporanei.

vv. 15-33. Sui detti numerici, cfr. il commento a 6,16-19.15-16. Si osservi in tutta questa pericope l'efficace osservazione del mondo fisico e animale, da cui il saggio sa trarre orientamenti per la condotta umana. Dopo un detto che intende illustrare plasticamente la bramosia e la cupidigia (v. 15a), si introduce il primo detto numerico, che tuttavia non è ben riuscito dal punto di vista formale, dato che è appesantito da inutili spiegazioni. Significativo è l'accostamento tra grembo sterile e terra: la terra è come una madre e l'acqua è l'elemento che la feconda.

vv. 18-19. Una quaterna molto efficace, anche sotto il profilo ritmico e sonoro, dove l'accento cade sul quarto elemento, che non è una pura osservazione di un fatto naturale, dato che il «sentiero» (derek) in questo caso non è più soltanto un fenomeno fisico, ma riguarda la condotta, il comportamento (un ulteriore significato del vocabolo ebraico). Il volo di un'aquila, il guizzo del serpente sulla roccia, il passaggio di una nave sul mare sono meravigliosi e misteriosi: sono movimenti attraenti e allo stesso tempo sorprendenti. Il quarto elemento che viene evocato si collega ai precedenti proprio per queste caratteristiche: si tratta dell'irresistibile e inesplicabile attrazione naturale che porta l'uomo a unirsi alla donna. La riflessione verte dunque sul mistero della sessualità umana.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Vale la pena essere saggi 1Chi disprezza i rimproveri con ostinazione sarà rovinato all'improvviso, senza rimedio. 2Quando dominano i giusti, il popolo gioisce, quando governano i malvagi, il popolo geme. 3Chi ama la sapienza allieta il padre, ma chi frequenta prostitute dissipa il patrimonio. 4Il re con la giustizia rende prospero il paese, quello che aggrava le imposte lo rovina. 5L'uomo che adula il suo prossimo gli tende una rete davanti ai piedi. 6Con la sua trasgressione l'iniquo si prepara un trabocchetto, mentre il giusto giubila e si rallegra. 7Il giusto riconosce il diritto dei miseri, il malvagio invece non intende ragione. 8Gli uomini senza scrupoli sovvertono una città, mentre i saggi placano la collera. 9Se un saggio entra in causa con uno stolto, si agiti o rida, non troverà riposo. 10Gli uomini sanguinari odiano l'onesto, mentre i giusti hanno cura di lui. 11Lo stolto dà sfogo a tutto il suo malanimo, il saggio alla fine lo sa calmare. 12Se un principe dà ascolto alle menzogne, tutti i suoi ministri sono malvagi. 13Il povero e l'oppressore s'incontrano in questo: è il Signore che illumina gli occhi di tutti e due. 14Se un re giudica i poveri con equità, il suo trono è saldo per sempre. 15La verga e la correzione danno sapienza, ma il giovane lasciato a se stesso disonora sua madre. 16Quando dominano i malvagi, dominano anche i delitti, ma i giusti ne vedranno la rovina. 17Correggi tuo figlio e ti darà riposo e ti procurerà consolazioni. 18Quando non c'è visione profetica, il popolo è sfrenato; beato invece chi osserva la legge. 19Lo schiavo non si corregge a parole: comprende, infatti, ma non obbedisce. 20Hai visto un uomo precipitoso nel parlare? C'è più da sperare da uno stolto che da lui. 21Chi accarezza lo schiavo fin dall'infanzia, alla fine se lo vedrà contro. 22Un uomo collerico suscita litigi e l'iracondo commette molte colpe. 23L'orgoglio dell'uomo ne provoca l'umiliazione, l'umile di cuore ottiene onori. 24Chi spartisce con un ladro odia se stesso: egli sente la maledizione, ma non rivela nulla. 25Chi teme gli uomini si mette in una trappola, ma chi confida nel Signore è al sicuro. 26Molti ricercano il favore di chi comanda, ma è il Signore che giudica ognuno. 27L'iniquo è un orrore per i giusti e gli uomini retti sono un orrore per i malvagi.

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Approfondimenti

vv. 2.4.16. Il benessere di un regno è garantito dalla applicazione della giustizia da parte di chi ne decide le sorti: un re malvagio si preoccupa soltanto del suo tornaconto e non della prosperità del suo popolo. Tutta la vicenda storica narrata nei Libri dei Re ne è un'illustrazione lampante.

vv. 13-14. I due versetti sono collegati dal riferimento ai poveri presente in entrambi. Il v. 13 è un'osservazione sulla realtà: sia il povero che il suo sfruttatore sono tenuti in vita da Dio e questo impone la domanda sul modo di agire di Dio. Perché il malvagio può sussistere nonostante la sua malvagità? Il versetto non spiega tale situazione, ma afferma soltanto che ogni struttura sociale possiede al suo interno tale polarità tra poveri e ricchi. Il saggio deve tener conto di questo e nello stesso tempo tener presente che la malvagità, anche se non incontra subito la sua punizione, non è affatto mezzo per riuscire nella vita. Per il v. 13, cfr. anche 22,2.

v. 18. I due vocaboli «rivelazione», «legge» non trovano una interpretazione univoca. Il primo (ḥāzôn) è termine tecnico per definire la visione profetica (cfr. Is 29,7; Ez 12,22-24.27), ma anche la rivelazione profetica nel suo complesso (cfr. Ger 14,14; 23,16), mentre il secondo può indicare sia l'istruzione impartita dal saggio (cfr. 28,4.7.9) sia la legge divina rivelata a Mosè. Troviamo forse qui il riflesso di una specifica situazione che il saggio deve fronteggiare: la profezia non è sempre all'opera nel popolo (e ciò vale in modo speciale per l'epoca successiva all'esilio), di conseguenza il saggio deve attenersi alla legge per conformare la sua vita al volere divino.

vv. 25-26. Concludendo, il saggio riassume i suoi insegnamenti indicando al discepolo una strada di libertà. Di fronte ai potenti, il saggio sa che nulla ha da temere, perché la sua garanzia è il Signore; né il successo della vita è garantito dall'adulazione dei potenti, perché chi giudica le azioni degli uomini sta al di sopra anche di costoro: a lui dunque deve essere gradita la condotta di ognuno.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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L’empio e il giusto 1Il malvagio fugge anche se nessuno lo insegue, mentre il giusto è sicuro come un giovane leone. 2Quando un paese è in subbuglio sono molti i suoi capi, ma con un uomo intelligente e saggio l'ordine si mantiene. 3Un povero che opprime i miseri è come pioggia torrenziale che non porta pane. 4Quelli che trasgrediscono la legge lodano il malvagio, quelli che la osservano gli si mettono contro. 5I malvagi non comprendono la giustizia, ma quelli che cercano il Signore comprendono tutto. 6Meglio un povero dalla condotta integra che uno dai costumi perversi, anche se ricco.

Massime varie 7Osserva la legge il figlio intelligente, chi frequenta gli ingordi disonora suo padre. 8Chi accresce il patrimonio con l'usura e l'interesse, lo accumula per chi ha pietà dei miseri. 9Chi allontana l'orecchio per non ascoltare la legge, persino la sua preghiera è spregevole. 10Chi fa deviare i giusti per la via del male, nel suo tranello lui stesso cadrà, mentre gli integri erediteranno il bene. 11Il ricco si crede saggio, ma il povero intelligente lo valuta per quello che è. 12Grande è l'onore quando esultano i giusti, ma se prevalgono gli empi ognuno si dilegua. 13Chi nasconde le proprie colpe non avrà successo, chi le confessa e le abbandona troverà misericordia. 14Beato l'uomo che sempre teme, ma chi indurisce il cuore cadrà nel male. 15Leone ruggente e orso affamato, tale è un cattivo governatore su un popolo povero. 16Un principe privo di senno moltiplica le angherie, ma chi odia il lucro prolungherà i suoi giorni. 17Un uomo che è perseguito per omicidio fuggirà fino alla tomba: non lo si trattenga! **18vChi procede con rettitudine sarà salvato, chi va per vie tortuose cadrà all'improvviso. 19Chi coltiva la sua terra si sazia di pane, chi insegue chimere si sazia di miseria. 20L'uomo leale sarà colmo di benedizioni, chi ha fretta di arricchirsi non sarà esente da colpa. 21Non è bene essere parziali, ma per un tozzo di pane si può prevaricare. 22L'avaro è impaziente di arricchire, ma non pensa che gli piomberà addosso la miseria. 23Chi corregge un altro troverà alla fine più favore di chi ha una lingua adulatrice. 24Chi deruba il padre o la madre e dice: “Non è peccato”, è simile a un assassino. 25L'avido suscita litigi, ma chi confida nel Signore sarà arricchito. 26Chi confida nel suo senno è uno stolto, chi cammina nella saggezza sarà salvato. 27Per chi dona al povero non c'è indigenza, ma chi chiude gli occhi avrà grandi maledizioni. 28Se prevalgono i malvagi, tutti si nascondono; se essi periscono, dominano i giusti.

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Approfondimenti

Pr 28,1-28. Il capitolo è quasi totalmente contrassegnato dalla preoccupazione per la sfera etica. L'uso ricorrente del participio («Colui che...» BC: «Chi...») permette ulteriormente di porre in rilievo la condotta del giusto e quella del malvagio.

vv. 4.7.9. La menzione così frequente della «legge» (torah) è insolita nel libro e in genere si ritiene che con tale vocabolo ci si riferisca all'«istruzione», cioè alle sentenze dei saggi. In questi versetti non va tuttavia ignorato il chiaro tono religioso (soprattutto i v. 9, ma cfr. anche il v. 5), e perciò si può presumere che a fondamento della «legge» qui accennata stia la volontà di Dio.

v. 5. La vera sapienza scaturisce dalla relazione con Dio (cfr. Pr 1,7), ma la sapienza che viene dall'alto rende il saggio capace di attuare la giustizia e di armonizzare la propria vita con i precetti divini (cfr. Pr 2,7-9; Gb 28,28). Tale collegamento tra conoscenza/sapienza (sia essa intellettuale o etica) e ricerca di Dio è originario nel pensiero sapienziale e non solo di quello israelitico.

v. 8. Contro la pratica dell'usura (cfr. Lv 25,35-37) il detto ribadisce che l'ingiustizia non ripaga.

v. 14. Collegandolo al versetto precedente, si potrebbe qui cogliere un riferimento al timore di Dio. Il detto sembra però contrastare l'arroganza di coloro che ritengono di non sbagliare mai e che non hanno mai dubbi riguardo alle proprie scelte: l'uomo che teme non è dunque il pavido, ma colui che conosce i limiti della sua conoscenza e delle sue possibilità, perciò si lascia consigliare e agisce sempre con prudenza e riflessione, per evitare il peccato (verso Dio) e non mancare mai di giustizia verso il prossimo.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Vanità, ira e gelosia 1Non vantarti del domani, perché non sai neppure che cosa genera l'oggi. 2Ti lodi un estraneo e non la tua bocca, uno sconosciuto e non le tue labbra. 3La pietra è greve, la sabbia è pesante, ma più d'entrambi la collera dello stolto. 4L'ira è crudele, il furore è impetuoso, ma alla gelosia chi può resistere?

L’amicizia e la cura delle cose 5Meglio un rimprovero aperto che un amore nascosto. 6Leali sono le ferite di un amico, ingannevoli i baci di un nemico. 7Lo stomaco sazio disprezza il miele, per lo stomaco affamato anche l'amaro è dolce. 8Come un uccello che vola lontano dal nido, così è l'uomo che va errando lontano da casa. 9Profumo e incenso allietano il cuore e il consiglio dell'amico addolcisce l'animo. 10Non abbandonare il tuo amico né quello di tuo padre, non entrare nella casa di tuo fratello nel giorno della tua disgrazia. Meglio un amico vicino che un fratello lontano. 11Sii saggio, figlio mio, e allieterai il mio cuore; così avrò di che rispondere a colui che mi insulta. 12L'accorto vede il pericolo e si nasconde, gli inesperti vanno avanti e la pagano. 13Prendigli il vestito perché si è fatto garante per un estraneo, e tienilo in pegno per uno sconosciuto. 14Chi benedice il prossimo di buon mattino ad alta voce, sarà considerato come se lo maledicesse. 15Lo stillicidio incessante in tempo di pioggia e una moglie litigiosa si rassomigliano: 16chi vuole trattenerla, trattiene il vento e raccoglie l'olio con la mano destra. 17Il ferro si aguzza con il ferro e l'uomo aguzza l'ingegno del suo compagno. 18Chi custodisce un fico ne mangia i frutti, chi ha cura del suo padrone ne riceverà onori. 19Come nell'acqua un volto riflette un volto, così il cuore dell'uomo si riflette nell'altro. 20Come il regno dei morti e l'abisso non si saziano mai, così non si saziano mai gli occhi dell'uomo. 21Come il crogiuolo è per l'argento e il forno è per l'oro, così l'uomo rispetto alla bocca di chi lo loda. 22Anche se tu pestassi lo stolto nel mortaio tra i grani con il pestello, non si allontanerebbe da lui la sua stoltezza. 23Preòccupati dello stato del tuo gregge, abbi cura delle tue mandrie, 24perché le ricchezze non sono eterne e una corona non dura per sempre. 25Tolto il fieno, ricresce l'erba nuova e si raccolgono i foraggi sui monti; 26gli agnelli ti danno le vesti e i capretti il prezzo per comprare un campo, 27le capre ti danno latte abbondante per nutrire te, per nutrire la tua famiglia e mantenere le tue domestiche.

_________________ Note

27,14 Chi benedice il prossimo…: un richiamo a non esagerare nelle lodi.

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Approfondimenti

vv. 1-2. La radice hll, «lodare, vantare» collega i due versetti. Confidare su meriti o realizzazioni future è per i saggi assurdo: l'uomo non può in alcun modo disporre del domani, perciò non deve mai vantarsi anzitempo. La lode vera è quella che proviene alla persona da un estraneo e ciò significa non solo che la persona non è un buon giudice di se stessa, ma anche che bisogna essere cauti rispetto alle lodi di chi ci è familiare, dato che potrebbero essere dettate da servilismo (se rivolte a un'autorità) o mosse da secondi fini.

v. 7. Anche la pietanza più appetitosa è rifiutata da colui che ormai è sazio, ma chi è affamato può ritenere prelibato anche il peggiore dei cibi.

v. 13. Il versetto riprende 20,16.

vv. 15-16. La donna litigiosa è descritta attraverso tre metafore: la sua condotta è fastidiosa e snervante come una pioggerella persistente ed è inoltre incorreggibile, per cui il marito che la tiene con sé è costretto ad affrontare un'impresa pressoché disperata, dato che ella come il vento è indomabile e come l'olio è sempre sfuggente.

v. 19. Le incertezze del testo non consentono un'interpretazione univoca. Se si traduce «come l'acqua (riflette) il volto per il volto, così il cuore dell'uomo a se stesso» il significato è che ognuno conosce se stesso se sa guardare dentro di sé, alla sua coscienza e perciò ai suoi pensieri e alle sue aspirazioni. Se invece la seconda parte si traduce «così il cuore dell'uomo a un altro», si può collegare con il v. 17 e in tal modo il versetto sarebbe da interpretare nel senso che la persona si conosce nella relazione con l'altro: si ha bisogno del prossimo per conoscere se stessi.

vv. 23-27. Un quadretto di vita pastorale che il saggio presenta come stile di vita da seguire: non le ricchezze facili (commercio, usura?) e neppure l'attività agricola (v. 25) consentono di guardare con fiducia al futuro: l'attività tradizionale (la pastorizia) rappresenta invece il provento sicuro e la garanzia per sé e la propria famiglia.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Il ritratto dello stolto 1Come neve d'estate e pioggia alla mietitura, così l'onore non conviene allo stolto. 2Come passero che svolazza, come rondine che volteggia, così una maledizione immotivata non ha effetto. 3La frusta per il cavallo, la cavezza per l'asino e il bastone per la schiena degli stolti. 4Non rispondere allo stolto secondo la sua stoltezza, per non divenire anche tu simile a lui. 5Rispondi allo stolto secondo la sua stoltezza, perché egli non si creda saggio. 6Si taglia i piedi e beve amarezze chi invia messaggi per mezzo di uno stolto. 7Come pendono le gambe da uno zoppo, così una massima sulla bocca dello stolto. 8Come chi lega una pietra alla fionda, così chi attribuisce onori a uno stolto. 9Come ramo spinoso in mano a un ubriaco, così una massima sulla bocca dello stolto. 10È come un arciere che colpisce a caso chi paga lo stolto o stipendia il primo che passa. 11Come il cane torna al suo vomito, così lo stolto ripete le sue stoltezze. 12Hai visto un uomo che è saggio ai suoi occhi? C'è più da sperare da uno stolto che da lui.

Il ritratto del pigro 13Il pigro dice: “C'è una belva per la strada, un leone si aggira per le piazze”. 14La porta gira sui cardini, così il pigro sul suo letto. 15Il pigro immerge la mano nel piatto, ma dura fatica a riportarla alla bocca. 16Il pigro si crede più saggio di sette persone che rispondono con senno.

Il ritratto del denigratore e del bugiardo 17È simile a chi prende un cane per le orecchie un passante che si intromette nella lite di un altro. 18Come un pazzo che scaglia tizzoni e frecce di morte, 19così è colui che inganna il suo prossimo e poi dice: “Ma sì, è stato uno scherzo!”. 20Per mancanza di legna il fuoco si spegne; se non c'è il calunniatore, il litigio si calma. 21Mantice per il carbone e legna per il fuoco, tale è l'attaccabrighe per attizzare le liti. 22Le parole del calunniatore sono come ghiotti bocconi, che scendono fin nell'intimo. 23Come patina d'argento su un coccio di creta sono le labbra lusinghiere con un cuore maligno. 24Chi odia si maschera con le labbra, ma nel suo intimo cova inganni; 25anche se usa espressioni melliflue, non credergli, perché nel cuore egli ha sette obbrobri. 26Chi odia si nasconde con astuzia, ma la sua malizia apparirà pubblicamente. 27Chi scava una fossa vi cadrà dentro e chi rotola una pietra, gli ricadrà addosso. 28Una lingua bugiarda fa molti danni, una bocca adulatrice produce rovina.

_________________ Note

26,6 Si taglia i piedi: cioè arreca un danno gravissimo a se stesso.

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Approfondimenti

vv. 1-28. Possiamo individuare nel capitolo una certa organizzazione per temi: lo stolto (vv. 1-12), il pigro (vv. 13-16), le liti (vv. 17-19), l'uso della lingua (vv. 20-28).

v. 2. La maledizione non è efficace di per se stessa, come un atto magico, ma rappresenta un modo di invocare l'intervento divino sul colpevole, che altrimenti rimarrebbe impunito; di conseguenza una maledizione pronunciata contro un innocente non sortirà alcun effetto, perciò non la si deve temere.

vv. 4-5. I due detti sono apparentemente contraddittori, ma essi esprimono un paradosso: non si intende negare la validità dell'uno affermando l'altro, ma dire che entrambi contengono un aspetto di verità e che la verità completa si realizza accogliendoli entrambi. La risposta è un atto che consegue a un altro e che dipende dalla situazione concreta: in un caso si risponde con prudenza, senza entrare in contraddittorio, per non essere sminuiti, in un altro si ribatte apertamente, per dare una lezione allo stolto.

vv. 20-28. L'accento è di nuovo posto sull'uso negativo del linguaggio: la calunnia, che suscita contese e inimicizie (vv. 20-22), l'adulazione (v. 23), la simulazione (vv. 24-26).

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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ALTRI PROVERBI DI SALOMONE RACCOLTI DAGLI UOMINI DI EZECHIA, RE DI GIUDA (25,1-29,27)

Massime, consigli, raccomandazioni 1Anche questi sono proverbi di Salomone, raccolti dagli uomini di Ezechia, re di Giuda. 2È gloria di Dio nascondere le cose, è gloria dei re investigarle. 3I cieli per la loro altezza, la terra per la sua profondità e il cuore dei re sono inesplorabili. 4Togli le scorie dall'argento e l'orafo ne farà un bel vaso; 5togli il malvagio dalla presenza del re e il suo trono si stabilirà sulla giustizia. 6Non darti arie davanti al re e non metterti al posto dei grandi, 7perché è meglio sentirsi dire: “Sali quassù”, piuttosto che essere umiliato davanti a uno più importante. Ciò che i tuoi occhi hanno visto, 8non esibirlo troppo in fretta in un processo; altrimenti che farai alla fine, quando il tuo prossimo ti svergognerà? 9La tua causa discutila con il tuo vicino, ma non rivelare il segreto altrui, 10perché chi ti ascolta non ti biasimi e il tuo discredito sarebbe irreparabile. 11Come mele d'oro su vassoio d'argento cesellato, è una parola detta a suo tempo. 12Come anello d'oro e collana preziosa è un saggio che ammonisce un orecchio attento. 13Come il fresco di neve al tempo della mietitura è un messaggero fedele per chi lo manda: egli rinfranca l'animo del suo signore. 14Nuvole e vento, ma senza pioggia, tale è l'uomo che si vanta di regali che non fa. 15Con la pazienza il giudice si lascia persuadere, una lingua dolce spezza le ossa. 16Se hai trovato il miele, mangiane quanto ti basta, per non esserne nauseato e poi vomitarlo. 17Metti di rado il piede in casa del tuo vicino, perché, stanco di te, non ti prenda in odio. 18Mazza, spada e freccia acuta è colui che depone il falso contro il suo prossimo. 19Quale dente cariato e quale piede slogato, tale è l'appoggio del perfido nel giorno della sventura. 20Come chi toglie il mantello in un giorno di freddo e come chi versa aceto su una piaga viva, tale è colui che canta canzoni a un cuore afflitto. 21Se il tuo nemico ha fame, dagli pane da mangiare, se ha sete, dagli acqua da bere, 22perché così ammasserai carboni ardenti sul suo capo e il Signore ti ricompenserà. 23La tramontana porta la pioggia, la lingua maldicente provoca lo sdegno sul volto. 24È meglio abitare su un angolo del tetto, che avere casa in comune con una moglie litigiosa. 25Come acqua fresca per una gola riarsa è una buona notizia da un paese lontano. 26Fontana torbida e sorgente inquinata, tale è il giusto che vacilla di fronte al malvagio. 27Mangiare troppo miele non è bene, né cercare onori eccessivi. 28Una città smantellata, senza mura, tale è chi non sa dominare se stesso.

_________________ Note

25,1-29,27 La quinta raccolta di proverbi, che qui inizia e si protrae fino a 29,27, è abbastanza ampia. Anche questa è attribuita a Salomone, il sovrano saggio per eccellenza. Come è detto in 25,1, si tratta di proverbi e massime fissati nello scritto al tempo del re Ezechia (VIII-VII sec.).

25,1 Ezechia: regnò in Gerusalemme dal 716 al 687 circa, al tempo del profeta Isaia. Gli uomini erano probabilmente gli scribi della corte reale.

25,7 è meglio sentirsi dire: è interessante confrontare questo passo con Lc 14,7-11.

25,22 ammasserai carboni ardenti: è un’immagine che significa “far arrossire dalla vergogna” (vedi Rm 12,20).

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Approfondimenti

vv. 2-7b. I detti sono accomunati dal riferimento al re. A differenza dell'agire di Dio, che l'uomo non può mai totalmente afferrare, un re sarà tanto più stimato e le sue scelte tanto più apprezzate, quanto più esse saranno intelligibili e ponderate con attenzione (v. 2); tuttavia egli deve essere a tal punto acuto e penetrante e flessibile nei suoi pensieri da non essere mai totalmente prevedibile e scontato nelle sue decisioni: ciò innalza il suo prestigio (v. 3). Non basta però al re la destrezza: se vuole davvero consolidare il suo trono egli deve eliminare gli elementi negativi dalla sua corte e dal suo popolo (vv. 4-5). Il saggio si volge poi a consigliare l'atteggiamento da tenere davanti al re: nessuna ambizione e nessuna vanità, ma piuttosto il fedele adempimento dei propri doveri che solo può motivare l'apprezzamento del superiore (vv. 6-7b; cfr. Lc 14,7-11).

vv. 7c-10. Le controversie tra i cittadini si risolvono in tribunale, attraverso un dibattito che si basa sulle testimonianze. Incontriamo qui l'accostamento di due detti (vv. 7c-8 e 9-10) che esprimono talune riserve su un ricorso facile al tribunale per risolvere le questioni con il prossimo: anche se si è testimoni oculari di un fatto, non bisogna agire affrettatamente, perché si può essere sempre smentiti da un osservatore più attento; inoltre è sempre opportuno risolvere in privato talune controversie che potrebbero mettere in cattiva luce una persona, perché in tal caso l'accusatore stesso potrebbe essere poi considerato sleale e inaffidabile dai suoi vicini (un comportamento simile è suggerito in Mt 18, 15).

vv. 21-22. Un consiglio ripreso alla lettera da Paolo (Rm 12, 20).

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Massime di vita pratica 1Non invidiare le persone malvagie, non desiderare di stare con loro, 2poiché il loro cuore trama rovine e le loro labbra non esprimono che malanni. 3Con la sapienza si costruisce una casa e con la prudenza la si rende salda; 4con la scienza si riempiono le sue stanze di tutti i beni preziosi e deliziosi. 5Il saggio cresce in potenza e chi è esperto aumenta di forza. 6Perché con le strategie si fa la guerra e la vittoria dipende dal numero dei consiglieri. 7È troppo alta la sapienza per lo stolto, alla porta della città egli non potrà aprire bocca. 8Chi trama per fare il male si chiama mestatore. 9Il proposito dello stolto è il peccato e lo spavaldo è aborrito da tutti. 10Se te ne stai indolente nel giorno della sventura, ben poca è la tua forza. 11Libera quelli che sono condotti alla morte e salva quelli che sono trascinati al supplizio. 12Se tu dicessi: “Io non lo sapevo”, credi che non l'intenda colui che pesa i cuori? Colui che veglia sulla tua vita lo sa; egli renderà a ciascuno secondo le sue opere. 13Mangia il miele, figlio mio, perché è buono e il favo è dolce al tuo palato. 14Sappi che tale è la sapienza per te; se la trovi, avrai un avvenire e la tua speranza non sarà stroncata. 15Non insidiare, come un malvagio, la dimora del giusto, non distruggere la sua abitazione, 16perché se il giusto cade sette volte, egli si rialza, ma i malvagi soccombono nella sventura. 17Non ti rallegrare per la caduta del tuo nemico e non gioisca il tuo cuore, quando egli soccombe, 18perché il Signore non veda e se ne dispiaccia e allontani da lui la sua collera. 19Non irritarti per i malfattori e non invidiare i malvagi, 20perché non ci sarà avvenire per il cattivo e la lampada dei malvagi si spegnerà. 21Figlio mio, temi il Signore e il re, e con i ribelli non immischiarti, 22perché improvviso sorgerà il loro castigo e la rovina mandata da entrambi chi la conosce?

ALTRI INSEGNAMENTI DEI SAGGI (24,23-34)

Non fare preferenze 23Anche queste sono parole dei saggi. Avere preferenze personali in giudizio non è bene. 24Chi dice al malvagio: “Tu sei innocente”, i popoli lo malediranno, le genti lo detesteranno; 25a chi invece lo punisce tutto andrà bene, su di lui si riverserà la benedizione. 26Dà un bacio sulle labbra chi risponde con parole giuste. 27Cura prima il tuo lavoro di fuori e prepàratelo nel tuo campo, e poi costruisciti la casa. 28Non testimoniare senza motivo contro il tuo prossimo, non ingannare con le labbra. 29Non dire: “Come ha fatto a me così io farò a lui, renderò a ciascuno come si merita”.

Il ritratto del pigro 30Sono passato vicino al campo di un pigro, alla vigna di un uomo insensato: 31ecco, ovunque erano cresciute le erbacce, il terreno era coperto di cardi e il recinto di pietre era in rovina. 32Ho osservato e ho riflettuto, ho visto e ho tratto questa lezione: 33un po' dormi, un po' sonnecchi, un po' incroci le braccia per riposare, 34e intanto arriva a te la povertà, come un vagabondo, e l'indigenza, come se tu fossi un accattone.

_________________ Note

24,7 alla porta della città: vedi 1,20-21 e nota relativa.

24,12 Se tu dicessi…: invito a testimoniare per un innocente.

24,23 Come lascia intendere il v. 23, inizia qui un’altra piccola raccolta di parole dei saggi. È la quarta che troviamo nel libro dei Proverbi e ha un contenuto che la differenzia poco dalle precedenti raccolte.

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Approfondimenti

vv. 1-7. A un ammonimento in forma negativa seguito dalla motivazione (vv. 1-2) che riprende 23,17, fanno seguito tre sentenze che intendono esaltare i vantaggi che la sapienza conferisce a colui che si pone alla sua sequela: una vita sicura, nel benessere e nella prosperità, è garantita dalla sapienza (vv. 3-4); la vittoria non dipende soltanto dalla forza dei combattenti e dalla consistenza degli eserciti, ma dall'abilità degli strateghi e dai consiglieri che fanno loro corona (vv. 5-6); nella pubblica assemblea o nel tribunale la parola dello stolto non sarà presa in considerazione: nulla di convincente saprà esporre (v. 7).

vv. 10-12. La connessione tematica fra i tre versetti non è del tutto sicura, anche se non va esclusa. Ammesso che siano da leggere insieme, possiamo evincere una situazione in cui il saggio deve affrontare il caso di una persona ingiustamente accusata e di cui egli debba prendere le difese, pur andando incontro ad avversità (vv. 10-11). Il saggio è invitato a non trarsi da parte con scuse gratuite: il vero giudice è il Signore (v. 12) e a lui compete anche di valutare la condotta del saggio e quindi la coerenza tra i suoi principi e le sue azioni.

vv. 21-22. L'istruzione si conclude sottolineando l'atteggiamento fondamentale che deve ispirare la condotta del saggio, il «timore». A differenza delle precedenti ricorrenze (cfr. 1,7; 9,10; 15,33), qui al timore del Signore è unito quello del re e la motivazione aggiunta all'esortazione (v. 22), che sottolinea il castigo e la calamità, mostra che in questo caso il vocabolo indica la paura vera e propria. Il cortigiano deve sempre agire con prudenza per non suscitare mai l'ira del re (cfr. 16,14; 19,12; 20,2), ma deve anche tener presente che al di sopra del re vi è un altro che valuta le sue azioni, il cui castigo è ancor più temibile.

vv. 23-34. Questa breve collezione si divide in tre parti: una condanna della parzialità nei giudizi (vv. 23b-25); alcuni detti singoli (vv. 26-29); un quadretto descrittivo che tratta del pigro e ne valuta il comportamento (vv. 30-34).

vv. 23b-25. L'imparzialità da parte dei giudici è esigenza fondamentale di ogni società, perciò l'insistenza sul tema accomuna il nostro testo sia alle sezioni legali dell'AT (cfr. Lv 19,15; Dt 1,17; 16,19) che a quelle profetiche (cfr. Is 10,1-2; Am 5,12.15; Mic 3,9-11).

v. 29. I saggi hanno già indicato che la vendetta non è una risposta adeguata al male subito (cfr. 20,22) e ancora ammoniscono a non covare né rancori né vendette. Tale insegnamento è ulteriormente sviluppato in Sir 28,1-7 e troverà il suo completamento nel NT (cfr. Mt 5,38-40; 6,12.14-15; Rm 12,17-19).

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Vincere la golosità 1Quando siedi a mangiare con uno che ha autorità, bada bene a ciò che ti è messo davanti; 2mettiti un coltello alla gola, se hai molto appetito. 3Non bramare le sue ghiottonerie, perché sono un cibo fallace. 4Non affannarti per accumulare ricchezze, sii intelligente e rinuncia. 5Su di esse volano i tuoi occhi ma già non ci sono più: perché mettono ali come aquila e volano verso il cielo. 6Non mangiare il pane dell'avaro e non bramare le sue ghiottonerie, 7perché, come uno che pensa solo a se stesso, ti dirà: “Mangia e bevi”, ma il suo cuore non è con te. 8Vomiterai il boccone che hai mangiato e rovinerai le tue parole gentili.

Rispettare il prossimo e i suoi beni 9Non parlare agli orecchi di uno stolto, perché egli disprezzerà le tue sagge parole. 10Non spostare il confine antico, e non invadere il campo degli orfani, 11perché il loro vendicatore è forte e difenderà la loro causa contro di te. 12Apri il tuo cuore alla correzione e il tuo orecchio ai discorsi sapienti. 13Non risparmiare al fanciullo la correzione, perché se lo percuoti con il bastone non morirà; 14anzi, se lo percuoti con il bastone, lo salverai dal regno dei morti.

Consigli di un padre 15Figlio mio, se il tuo cuore sarà saggio, anche il mio sarà colmo di gioia. 16Esulterò dentro di me, quando le tue labbra diranno parole rette. 17Non invidiare in cuor tuo i peccatori, ma resta sempre nel timore del Signore, 18perché così avrai un avvenire e la tua speranza non sarà stroncata. 19Ascolta, figlio mio, e sii saggio e indirizza il tuo cuore sulla via retta. 20Non essere fra quelli che s'inebriano di vino né fra coloro che sono ingordi di carne, 21perché l'ubriacone e l'ingordo impoveriranno e di stracci li rivestirà la sonnolenza. 22Ascolta tuo padre che ti ha generato, non disprezzare tua madre quando è vecchia. 23Acquista la verità e non rivenderla, la sapienza, l'educazione e la prudenza. 24Il padre del giusto gioirà pienamente, e chi ha generato un saggio se ne compiacerà. 25Gioiscano tuo padre e tua madre e si rallegri colei che ti ha generato. 26Fa' bene attenzione a me, figlio mio, e piacciano ai tuoi occhi le mie vie: 27una fossa profonda è la prostituta, e un pozzo stretto la straniera. 28Ella si apposta come un ladro e fra gli uomini fa crescere il numero dei traditori.

Il ritratto dell’ubriaco 29Per chi i guai? Per chi i lamenti? Per chi i litigi? Per chi i gemiti? A chi le percosse per futili motivi? A chi gli occhi torbidi? 30Per quelli che si perdono dietro al vino, per quelli che assaporano bevande inebrianti. 31Non guardare il vino come rosseggia, come scintilla nella coppa e come scorre morbidamente; 32finirà per morderti come un serpente e pungerti come una vipera. 33Allora i tuoi occhi vedranno cose strane e la tua mente dirà cose sconnesse. 34Ti parrà di giacere in alto mare o di giacere in cima all'albero maestro. 35“Mi hanno picchiato, ma non sento male. Mi hanno bastonato, ma non me ne sono accorto. Quando mi sveglierò? Ne chiederò dell'altro!“.

_________________ Note

23,2 mettiti un coltello alla gola: il significato è di frenare la gola.

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Approfondimenti

vv. 1-8. Le tre ammonizioni sono accomunate dalla messa in guardia di fronte ai pericoli connessi con il mancato controllo del propri appetiti (cioè i desideri o le ambizioni). Neppure quando è seduto a tavola il saggio deve smettere il suo autocontrollo, perché il superiore è bene attento a ogni aspetto della sua personalità (vv. 1-3). La ricchezza non rappresenta la vera sicurezza dell'uomo, perché è un bene fugace: ecco perché il saggio concentra i suoi sforzi su acquisizioni assai più importanti (vv. 4-5). L'invito e le profferte di un uomo avaro e taccagno sono soltanto all'apparenza espressione di generosità: egli si serve del suo prossimo, per questo il saggio deve stare in guardia, affinché il cibo che ha mangiato non diventi come un «pelo in gola» e le parole di lode che ha pronunciato non si ritorcano contro di lui (vv. 6-8).

vv. 15-25. Il maestro gioisce nel vedere che il suo discepolo segue e pratica i suoi insegnamenti (vv. 15-16), ma il discepolo deve prendere coscienza che l'educazione impartitagli non è soltanto per gratificare il maestro (v. 15) o i genitori (v. 25), ma rappresenta la vera garanzia per una vita riuscita (v. 18), giacché lo allontana dal male, collocandolo nella giusta relazione con Dio (v. 17).

vv. 26-28. Il tema è stato diffusamente trattato nella prima collezione. La straniera distoglie il discepolo dall'insegnamento del saggio e induce a comportamenti che lacerano il tessuto sociale.

vv. 29-35. Si tratta di uno dei brani più efficaci di tutta la letteratura sapienziale, soprattutto per l'arte retorica che dispiega: brevi domande, frasi incisive, immagini vivide, discorso in prima persona (sul tema cfr. Sir 31,25-31). Il saggio deve essere sempre perspicace e pronto, a differenza dell'ubriaco la cui mente è ottenebrata e la cui volontà è ormai asservita (come mostra la splendida descrizione caricaturale dei vv. 33-35).

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Raccomandazioni varie 1Un buon nome è preferibile a grandi ricchezze e la benevolenza altrui vale più dell'argento e dell'oro. 2Il ricco e il povero s'incontrano in questo: il Signore ha creato l'uno e l'altro. 3L'accorto vede il pericolo e si nasconde, gli inesperti vanno avanti e la pagano. 4Frutti dell'umiltà sono il timore di Dio, la ricchezza, l'onore e la vita. 5Spine e tranelli sono sulla via del perverso; chi ha cura di se stesso se ne tiene lontano. 6Indirizza il giovane sulla via da seguire; neppure da vecchio se ne allontanerà. 7Il ricco domina sul povero e chi riceve prestiti è schiavo del suo creditore. 8Chi semina ingiustizia raccoglie miseria e il bastone che usa nella sua collera svanirà. 9Chi è generoso sarà benedetto, perché egli dona del suo pane al povero. 10Scaccia lo spavaldo e la discordia se ne andrà: cesseranno i litigi e gli insulti. 11Chi ama la schiettezza del cuore e la benevolenza sulle labbra, sarà amico del re. 12Gli occhi del Signore custodiscono la scienza: in tal modo egli confonde le parole del perfido. 13Il pigro dice: “C'è un leone là fuori: potrei essere ucciso in mezzo alla strada”. 14La bocca delle straniere è una fossa profonda: vi cade colui che è in ira al Signore. 15La stoltezza è legata al cuore del fanciullo, ma il bastone della correzione l'allontana da lui. 16Chi opprime il povero non fa che arricchirlo, chi dà a un ricco non fa che impoverirsi.

INSEGNAMENTI DEI SAGGI (22,17-24,22)

Invito all’ascolto 17Porgi l'orecchio e ascolta le parole dei sapienti, applica la tua mente alla mia istruzione: 18ti saranno piacevoli se le custodirai nel tuo intimo, se le terrai pronte sulle tue labbra. 19Perché sia riposta nel Signore la tua fiducia, oggi le faccio conoscere a te. 20Ecco, ho scritto per te trenta massime, in materia di consigli e di saggezza, 21perché tu sappia riferire in modo conveniente parole di verità e possa riportarle a quelli che ti mandano.

Consigli dettati dai saggi 22Non depredare il povero perché egli è povero, e non affliggere il misero in tribunale, 23perché il Signore difenderà la loro causa e spoglierà della vita coloro che li hanno spogliati. 24Non ti associare a un collerico e non praticare un uomo iracondo, 25per non abituarti alle sue maniere e procurarti una trappola per la tua vita. 26Non essere di quelli che danno la mano e si fanno garanti dei debiti altrui, 27perché, se poi non avrai da pagare, si dovrebbe togliere il letto di sotto a te. 28Non spostare il confine antico, che è stato posto dai tuoi padri. 29Hai visto un uomo sollecito nel lavoro? Egli starà al servizio del re e non al servizio di gente oscura!

_________________ Note

22,17 La terza raccolta di proverbi, che prende il nome dai sapienti evocati nel v. 17, è piuttosto breve e presenta elementi riconducibili a un testo sapienziale egiziano, conosciuto come Insegnamento di Amenemope (risalente al XIII-XII sec.). L’accenno alle trenta massime in 22,20 forse allude ai trenta capitoli (o “stanze”) di cui si componeva quel testo.

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Approfondimenti

vv. 1-2. Il saggio non disprezza la ricchezza, perché anch'essa rappresenta una benedizione divina (cfr. Giobbe), ma non la pone al vertice delle sue aspirazioni: assai più vale una considerazione positiva da parte della società (la buona fama, cfr. Qo 7,1). Anche se in ogni contesto sociale si incontrano poveri e ricchi, il valore di una persona non dipende dal suo statuto sociale, perché alla radice della persona sta il suo essere creatura di Dio e ciò conferisce dignità anche al povero (cfr. 14,31; 17,5).

vv. 6.15. L'educazione è un indispensabile mezzo per abilitare la persona ai suoi compiti e a vivere responsabilmente, ma rappresenta pure una correzione a quegli impulsi istintivi che potrebbero fuorviare il giovane.

v. 14. Con la bocca la «straniera» parla e con essa seduce, come già ha illustrato la prima collezione del libro (cfr. 2,16-19; 5,3-14; 6,24-26; 7,6-28).

v. 16. Un'altra traduzione possibile è la seguente: «Chi opprime il povero si arricchisce, chi dà a un ricco si impoverisce soltanto».

Pr 22,17-24,22. Pur mancando di un titolo esplicito (incorporato probabilmente nel primo versetto) la collezione si presenta ben delimitata sia nella forma, sia perché in 24,23 ricorre il titolo di una diversa raccolta, che si ricollega tuttavia a questa («anche queste sono parole dei saggi»). Il v. 22,20, in cui si indicano trenta istruzioni, è da comprendere alla luce della dipendenza della raccolta dall'Insegnamento di Amenemope, il cui testo è diviso appunto in trenta stanze (o paragrafi) e ciò ha indotto taluni a ravvisare trenta detti nella collezione, ma senza risultati definitivi (tenendo conto inoltre che la somiglianza specifica con l'istruzione egiziana non va oltre 23,11). A differenza delle istruzioni contenute in Pr 1-9, in cui si ha uno sviluppo logico del pensiero, la presente istruzione è costituita da comandi, proibizioni e detti separati, proposti da un saggio. Lo stile è quasi sempre quello del parallelismo sinonimico.

vv. 17-21. L'invito all'ascolto e a porgere attenzione all'insegnamento del saggio caratterizza le istruzioni (cfr. Pr 1-9), così come l'insistenza sul valore dell'insegnamento proposto e sui frutti che conseguono alla sua acquisizione.

vv. 22-28. Quattro proibizioni che mettono in guardia il discepolo da altrettanti comportamenti negativi; tre proibizioni sono seguite da una motivazione, mentre la quarta ne è priva ed è inoltre simile a quella contenuta in 23,10. Ciò ha indotto taluni interpreti a vedervi una dittografia, ma non sembra necessario. Ben tre proibizioni si concentrano sui rapporti sociali, accennando a comportamenti che anche altrove sono censurati nella letteratura sapienziale. Anche se nelle controversie giuridiche il ricco e il potente possono far valere la loro supremazia a scapito del povero, essi sono ammoniti che al di sopra del giudizio umano sta il giudizio di Dio, che si colloca dalla parte del povero e realizzerà appieno la giustizia (vv. 22-23); garantire per il prossimo rappresenta un pericolo già altrove segnalato (vv. 26-27; cfr. Pr 6,1-5; 11,15; 17,18); pur mancando della motivazione, la proibizione del v. 28, definendo il confine «antico» (ᵉôlām) e «posto dai tuoi padri», indica che la proprietà ereditaria è inalienabile e inviolabile (cfr. 1Re 21,4): certamente un limite imposto a coloro che avendo notevoli risorse economiche volevano fare man bassa del territorio (cfr. Is 5,8).

v. 29. L'Insegnamento di Amenemope ha una conclusione affine: «Uno scriba esperto nel suo mestiere si ritroverà degno di essere un uomo di corte».

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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L’agire del giusto e dell’empio 1Il cuore del re è un corso d'acqua in mano al Signore: lo dirige dovunque egli vuole. 2Agli occhi dell'uomo ogni sua via sembra diritta, ma chi scruta i cuori è il Signore. 3Praticare la giustizia e l'equità per il Signore vale più di un sacrificio. 4Occhi alteri e cuore superbo, lucerna dei malvagi è il peccato. 5I progetti di chi è diligente si risolvono in profitto, ma chi ha troppa fretta va verso l'indigenza. 6Accumulare tesori a forza di menzogne è futilità effimera di chi cerca la morte. 7La violenza dei malvagi li travolge, perché rifiutano di praticare la giustizia. 8La via di un uomo colpevole è tortuosa, ma l'innocente è retto nel suo agire. 9È meglio abitare su un angolo del tetto che avere casa in comune con una moglie litigiosa. 10L'anima del malvagio desidera fare il male, ai suoi occhi il prossimo non trova pietà. 11Quando lo spavaldo viene punito, l'inesperto diventa saggio; egli acquista scienza quando il saggio viene istruito. 12Il giusto osserva la casa del malvagio e precipita i malvagi nella sventura. 13Chi chiude l'orecchio al grido del povero invocherà a sua volta e non otterrà risposta. 14Un dono fatto in segreto calma la collera, un regalo di nascosto placa il furore violento. 15È una gioia per il giusto quando è fatta giustizia, mentre è un terrore per i malfattori. 16L'uomo che si scosta dalla via della saggezza, riposerà nell'assemblea delle ombre dei morti. 17Diventerà indigente chi ama i piaceri, chi ama vino e profumi non si arricchirà. 18Il malvagio serve da riscatto per il giusto e il perfido per gli uomini retti. 19Meglio abitare in un deserto che con una moglie litigiosa e irritabile. 20Tesori preziosi e profumi sono nella dimora del saggio, ma l'uomo stolto dilapida tutto. 21Chi ricerca la giustizia e l'amore troverà vita e gloria. 22Il saggio assale una città di guerrieri e abbatte la fortezza in cui essa confidava. 23Chi custodisce la bocca e la lingua preserva se stesso dalle afflizioni. 24Il superbo arrogante si chiama spavaldo, egli agisce nell'eccesso dell'insolenza. 25Il desiderio del pigro lo porta alla morte, perché le sue mani rifiutano di lavorare. 26L'empio indulge tutto il giorno alla cupidigia, mentre il giusto dona senza risparmiare. 27Il sacrificio dei malvagi è un orrore, tanto più se offerto con cattiva intenzione. 28Il falso testimone perirà, ma chi ascolta potrà parlare sempre. 29Il malvagio assume un'aria sfrontata, l'uomo retto controlla la propria condotta. 30Non c'è sapienza, non c'è prudenza, non c'è consiglio di fronte al Signore. 31Il cavallo è pronto per il giorno della battaglia, ma al Signore appartiene la vittoria.

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Approfondimenti

v. 3. Insistendo su un motivo rinvenibile sia nei testi storici (cfr. 1Sam 15,22) che in quelli profetici (cfr. Is 1,10-20; Am 5,22-24), i saggi mettono in risalto che a determinare la retta relazione con Dio non è la prassi rituale, anche se ricorrente e conforme alle norme, ma la dimensione etica, che include sia la risposta fedele a Dio in conformità alla sua legge, sia la responsabilità verso il prossimo che edifica una società fondata su diritto e giustizia.

v. 11. Una traduzione alternativa, fondata su un'interpretazione del verbo che BC rende con «viene istruito» (śkl), ma che significa pure «prestare attenzione, osservare» (cfr. il v. 12), è la seguente: «Quando l'insolente è punito, l'inesperto apprende e, osservando il saggio, si istruisce».

v. 12. BC vede nel giusto che osserva la sorte degli empi Dio stesso, il quale attua così il suo giudizio su di essi: tale interpretazione è possibile, ma non è l'unica. Il versetto può pure essere tradotto come segue: «Un (uomo) onesto osserva come la casa del malvagio precipita i malvagi nella rovina».

v. 18. Il «riscatto» è la somma che si devolve per liberare una persona da una pena che deve subire, ma questo non è certamente il caso del giusto, la cui condotta non merita punizione. Forse il riferimento è ai castighi che una comunità intera subisce: in quel caso il malvagio è punito, a differenza del giusto che sarà preservato.

vv. 30-31. Il collegamento tra i due vv. permette di cogliere con precisione l'orientamento del v. 30. Il riferimento è ai saggi che ritengono di essere gli unici in grado di gestire i complessi problemi amministrativi e diplomatici di uno stato, una pretesa messa a nudo e contestata anche dai profeti come possiamo vedere tra l'altro in Is 29,14; Ger 9,22. La riuscita e il successo sono sempre frutto dell'agire di JHWH, ma pure la vera sapienza è suo dono, dato che si fonda sul rispetto di lui (cfr. Pr 1,7).

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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