📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

La vite infruttuosa 1Mi fu rivolta questa parola del Signore: 2«Figlio dell’uomo, che pregi ha il legno della vite di fronte a tutti gli altri legni della foresta? 3Si adopera forse quel legno per farne un oggetto? Si può forse ricavarne un piolo per attaccarvi qualcosa? 4Ecco, lo si getta nel fuoco a bruciare, il fuoco ne divora i due capi e anche il centro è bruciacchiato. Potrà essere utile per farne un oggetto? 5Anche quand’era intatto, non serviva a niente: ora, dopo che il fuoco l’ha divorato, l’ha bruciato, si potrà forse ricavarne qualcosa? 6Perciò così dice il Signore Dio: Come io metto nel fuoco a bruciare il legno della vite al posto del legno della foresta, così io tratterò gli abitanti di Gerusalemme. 7Mi volterò contro di loro. Da un fuoco sono scampati, ma un fuoco li divorerà! Allora saprete che io sono il Signore, quando mi volterò contro di loro 8e renderò il paese deserto, poiché sono stati infedeli». Oracolo del Signore Dio.

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Approfondimenti

La vite infruttuosa 15,1-8 È quasi una ripresa, in poesia, del vaticinio precedente (14, 12-23). Per Gerusalemme, vite selvatica, non rimane altro da fare se non che venga buttata nel fuoco. La nazione ebraica è stata raffigurata più volte, presso i profeti, come una vite (Ger 2, 21; Os 10, 1; Sal 80, 9-17; Ez 17), una vite feconda, o sterile, o dalle larghe foglie. Qui Ezechiele la presenta come un arbusto che germoglia nel bosco e che invece di uva, pare, produca solo lambruschi (così suppone il testo ebr. «il tralcio/della vite/che sta tra gli alberi della foresta»). Il piccolo poema, dal ritmo non ben definito, è diviso in due parti: vv. 1-5: esposizione della parabola; vv. 6-8: sua applicazione alla città di Giuda. 1-5. Da simile pianta non se ne potrà ricavare nulla di utile, sia per via del suo frutto, che è solo uva acerba, ma anche per il suo legno che, a differenza di quello di altri alberi, non serve ad alcuna costruzione o sostegno (v. 3). Sarà allora dato alle fiamme per essere consumato, prima nelle sue punte estreme e poi anche nel mezzo, fino all'in-cenerimento. Un'immagine molto pertinente ed effica-ce, ravvivata da una serie di interrogazioni retoriche (v. 1.3.5), e conclusa con una logica constatazione: se non serviva a nulla mentre era aderente all'humus della fo-resta, molto meno potrà giovare quando sarà divorata tutta dal fuoco (v. 5). 6-8. L'applicazione è introdotta da un laken, «Per- ciò», segno di un verdetto: la parabola è parola di Dio in simbolo, come il germe della realtà significata. La nazione israelitica, la più piccola delle nazioni della terra, divenuta del tutto ribelle (“selvaggia”) al Signore, si è resa inetta alla missione esemplare di popolo di JHwH (5, 5-8). Attaccata dal fuoco del castigo divino nelle sue componenti (regno del Nord distrutto dagli Assiri nel 721; e regno di Giuda conquistato dai Babilonesi nel 597), fra non molto divorata dall'incendio finale con la caduta di Gerusalemme e la rovina del tempio («il centro», v. 4), finirà nell'estrema desolazione: «paese deserto» e abitanti trucidati dalla spada a causa delle loro persistenti infedeltà (vv. 7.8). L'attestato finale, «dice il Signore Dio» (v. 8b), è garanzia di realizzazione. In quell'annullamento gli uditori del profeta riconosceranno l'onnipotenza del Dio d'Israele, che brucia tutto quel che si oppone alla santità dei suoi disegni (v. 7). Il balenare dei più radicali castighi negli oracoli profetici non è una semplice metafora dell'ira divina, ma un mezzo forte e salutare per far scorgere agli ostinati il grande abisso verso cui stanno per precipitare, e così muoverli alla conversione. Non altrimenti tarà Gesù con gli increduli di Catarnao, quando rievocherà ai loro occhi il fuoco distruttore di Sodoma (cfr. Mt 11, 23).

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Contro gli idolatri

Rifiuto di un responso 1Vennero a trovarmi alcuni anziani d’Israele e sedettero dinanzi a me. 2Mi fu rivolta allora questa parola del Signore: 3«Figlio dell’uomo, questi uomini hanno posto i loro idoli nel proprio cuore e approfittano di ogni occasione per peccare. Mi lascerò consultare da loro? 4Parla quindi e di’ loro: Dice il Signore Dio: A chiunque della casa d’Israele avrà posto i suoi idoli nel proprio cuore e avrà approfittato di ogni occasione per peccare e verrà dal profeta, io, il Signore, risponderò in base alla moltitudine dei suoi idoli; 5così raggiungerò il cuore della casa d’Israele che si è allontanata da me a causa di tutti i suoi idoli. 6Riferisci pertanto alla casa d’Israele: Dice il Signore Dio: Convertitevi, abbandonate i vostri idoli e distogliete la faccia da tutti i vostri abomini, 7poiché a chiunque della casa d’Israele e a ogni straniero abitante in Israele che si allontana da me e pone nel proprio cuore i suoi idoli e approfitta di ogni occasione per peccare e viene dal profeta a consultarmi, io stesso, il Signore, risponderò. 8Distoglierò la faccia da costui e ne farò un esempio proverbiale, e lo sterminerò dal mio popolo: così saprete che io sono il Signore. 9Se un profeta si inganna e fa una profezia, io, il Signore, lascio nell’inganno quel profeta: stenderò la mano contro di lui e lo cancellerò dal mio popolo Israele. 10Popolo e profeta porteranno la pena della loro iniquità. La pena di chi consulta sarà uguale a quella del profeta, 11perché la casa d’Israele non vada più errando lontano da me né più si contamini con tutte le sue prevaricazioni: essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio». Oracolo del Signore Dio.

Responsabilità personale 12Mi fu rivolta questa parola del Signore: 13«Figlio dell’uomo, se una terra pecca contro di me e si rende infedele, io stendo la mano sopra di essa, le tolgo la riserva del pane, le mando contro la fame e stermino uomini e bestie; 14anche se in quella terra vivessero questi tre uomini: Noè, Daniele e Giobbe, essi con la loro giustizia salverebbero solo se stessi, oracolo del Signore Dio. 15Oppure, se io facessi invadere quella terra da bestie feroci, tali che la privassero dei suoi figli e ne facessero un deserto impercorribile a causa delle bestie feroci, 16anche se in quella terra ci fossero questi tre uomini, giuro com’è vero ch’io vivo, oracolo del Signore Dio: non salverebbero figli né figlie. Essi soltanto si salverebbero, ma la terra sarebbe un deserto. 17Oppure, se io mandassi la spada contro quella terra e dicessi: “Spada, percorri quella terra”, e così sterminassi uomini e bestie, 18anche se in quella terra ci fossero questi tre uomini, giuro com’è vero che io vivo, oracolo del Signore Dio: non salverebbero figli né figlie. Essi soltanto si salverebbero. 19Oppure, se io mandassi la peste contro quella terra e sfogassi nel sangue il mio sdegno e sterminassi uomini e bestie, 20anche se in quella terra ci fossero Noè, Daniele e Giobbe, giuro com’è vero che io vivo, oracolo del Signore Dio: non salverebbero figli né figlie. Essi soltanto si salverebbero per la loro giustizia.

Conferma dai superstiti 21Dice infatti il Signore Dio: Quando manderò contro Gerusalemme i miei quattro tremendi castighi: la spada, la fame, le bestie feroci e la peste, per estirpare da essa uomini e bestie, 22ecco, vi sarà un resto che si metterà in salvo con i figli e le figlie. Essi verranno da voi, perché vediate la loro condotta e le loro opere e vi consoliate del male che ho mandato contro Gerusalemme, di quanto ho mandato contro di essa. 23Essi vi consoleranno quando vedrete la loro condotta e le loro opere e saprete che non ho fatto senza ragione quello che ho fatto contro di essa». Oracolo del Signore Dio.

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Approfondimenti

Contro gli idolatri 14,1-23 In questo capitolo il Signore dà una risposta agli anziani del popolo venuti a consultarlo a mezzo del suo profeta (v. 1). Sembra abbiano in mente di chiedere spiegazione del rigore manifestato nei precedenti vaticini di rovina: era possibile che la giustizia divina volesse colpire così radicalmente tutta la nazione (cc. 8-12), senza tener conto della bontà dei suoi antenati e di molti contemporanei (cfr. 9,4: i segnati col tau)? Non aveva JHWH tante volte risparmiato o promesso di risparmiare il suo popolo per le preghiere e la solidarietà di uomini giusti (Gn 18,23-32; Es 20,1; Nm 14,13-19; 1Sam 12,19-23)? La risposta del Signore si articola in tre oracoli:

  • vv. 1-11: non sarà possibile ottenere un adeguato responso attraverso i veri profeti da chi coltiva nel cuore legami idolatrici;
  • vv. 12-20: non gioverà agli ostinati la solidarietà con genitori onesti;
  • vv. 21-23: la loro profonda malizia si renderà nota per via dei pochi scampati, che raggiungeranno i deportati del 597.

Rifiuto di un responso 14,1-11 Anzitutto c'è un rimprovero per coloro che vengono a consultare il Signore, mentre hanno legato («hanno posto», perfetto che indica il perdurare di un'azione) il loro cuore ai culti paganeggianti, divenuti incentivo di iniquità (v. 3a). Dio rifiuta di lasciarsi interrogare a loro favore (v. 3b). Non sono degni neppure di essere ascoltati. Sarà il Signore stesso a formulare il suo giudizio contro di loro, al di là dei loro problemi: «risponderò io». La frase è improntata allo stile sacerdotale (Lv 17, 2-16). Chiunque, nessuno escluso, fosse pure lo straniero ospitato nella comunità israelitica, si lascia trascinare dall'adesione (interiore ed esterna, «cuore» e «sguardo») agli idoli, dovrà attendersi una risposta diretta: saranno colpiti in tal modo nell'intimo del loro cuore (v. 5). Nella frase parallela (6b-8) viene spiegato in che cosa consiste quella risposta tagliente: gli Israeliti, in forza dell'alleanza erano tenuti a prestare culto al solo vero Dio, JHWH (20,5-7), fonte di prosperità e salvezza; rivolgendosi ipocritamente a lui per un consulto (con il cuore fisso alle «immondezze», cioè le divinità pagane), non potevano incontrare se non il suo volto irritato e il rifiuto della sua presenza. È l'unico responso che avrebbe dimostrato in quel caso ancora una volta la grandezza e santità di JHWH, e avrebbe potuto farli riflettere nel profondo del loro animo. Da un immenso amore tradito, nel momento stesso in cui gli si chiede aiuto, non ci si può aspettare che un energico ammonimento alla resipiscenza! La parola divina è una spada a doppio taglio (Eb 4,12), che ferisce in profondità, svela i segreti meandri dell'infedeltà, sospinge il peccatore verso i sentieri della vita (vv. 6.8). La medesima sorte è riservata al profeta che si sarà lasciato indurre a dare un oracolo a chi gli si accosta con quell'oscura disposizione. Vien detto che è stato Dio stesso a sedurre quel veggente (v. 9). È una formulazione ebraico-orientale dell'attribuzione di tutti gli eventi al supremo Signore, sia quelli derivanti dalla causa prima, che quelli dalle cause seconde, sia quelli direttamente voluti da Dio che quelli semplicemente permessi: lo si dovrà discernere dal contesto, come nei casi di Es 10,27s.; 1Re 22,21-23. L'affermazione serve a rilevare che anche in certe dolorose permissioni c'è l'influsso della giustizia divina, finalizzato al ravvedimento o alla purificazione dei figli d'Israele: perché si riconosca da tutti la trascendente santità del loro Dio, e il popolo eletto, anche con quelle esemplari punizioni, ritorni sulla via della alleanza sinaitica (v. 11). È la meta costante di tutto l'agire divino.

Responsabilità personale 14,12-20 In quest'altro oracolo viene aggiunta una risposta più specifica, sempre in stile casuistico-sacerdotale. In Gn 18 Dio mostra ad Abramo l'ineluttabilità del castigo delle due città corrotte di fronte ai pochi giusti (meno di 10: Gn 18,32), incapaci di controbilanciare la malvagità dei Sodomiti. In Ger 15,1 il Signore dichiara l'inesorabilità del decreto di distruzione per il regno giudaico, dinanzi alle implorazioni dello stesso Geremia (cfr. Ger 11,14). In Ez 14,12-20 Dio proclama l'inevitabilità di un disastro generale, quando egli ha già deciso di inviare uno dei suoi tipici flagelli collettivi, quali sono la carestia, la spada (invasione di eserciti), la peste. Gli eventuali giusti, fossero pure della levatura di Noè (Gn 6-9), di Giobbe (l'eroe di Gb), di Daniele (famoso uomo giusto orientale, probabilmente quello dell'omonimo libro sacro), che vi si trovassero in mezzo, non sarebbero in grado di salvare se non se stessi. La quadruplice ripetizione parallela è nello stile casuistico di Ezechiele (cfr. cc. 18.43) e serve a ribadire l'inderogabilità del principio: un castigo generale ormai decretato a causa di inveterati crimini non può essere più stornato (come in Am 8,1-2; Ger 11,9-14). Ciò non toglie che vi possano essere dei superstiti in quelle tragedie. L'espressione generalizzante «salverebbero solo se stessi» (v. 14) vuole sottolineare soltanto l'immutabilità della decisione divina per tutta la nazione. Gli anziani (v. 1) lo dovettero capire: il responso che venivano a sollecitare per sé e la loro patria era completamente negativo e inappellabile per le motivazioni che erano state loro rivelate.

Conferma dai superstiti 14,21-23 A convincerli del tutto viene data un'ulteriore precisazione. Dall'immane strage che sta per abbattersi su Gerusalemme sfuggiranno, di fatto, alcuni Israeliti, i quali verranno condotti con i loro figli tra gli esuli di Babilonia (6,8s.). La loro perversa condotta renderà ragione di quel radicale castigo. Gli stessi uditori del profeta, vedendoli, constateranno con compiacenza, «si consoleranno» (v. 23), quanto sia stato giusto e salutare il comportamento di JHWH a loro riguardo. Dio sta adoperando ogni mezzo per far rinsavire i figli del suo popolo in esilio: rimproveri é ammonimenti contro la doppiezza del loro cuore (vv. 1-11), conferma della decretata distruzione del loro regno teocratico (vv. 12-20), dimostrazione della giustizia dei suoi interventi nella storia (vv. 21-23). A lui importa sommamente che le sue creature riconoscano sinceramente le colpe commesse e si riorientino verso il loro bene supremo.

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Contro i falsi profeti

Contro gli pseudoveggenti 1Mi fu rivolta questa parola del Signore: 2«Figlio dell’uomo, profetizza contro i profeti d’Israele, profetizza e di’ a coloro che profetizzano secondo i propri desideri: Udite la parola del Signore: 3Così dice il Signore Dio: Guai ai profeti stolti, che seguono il loro spirito senza avere avuto visioni. 4Come volpi fra le macerie, tali sono i tuoi profeti, Israele. 5Voi non siete saliti sulle brecce e non avete costruito alcun baluardo in difesa della casa d’Israele, perché potessero resistere al combattimento nel giorno del Signore. 6Hanno avuto visioni false, vaticini menzogneri coloro che dicono: “Oracolo del Signore”, mentre il Signore non li ha inviati. Eppure confidano che si avveri la loro parola! 7Non avete forse avuto una falsa visione e preannunciato vaticini bugiardi, quando dite: “Oracolo del Signore”, mentre io non vi ho parlato? 8Pertanto dice il Signore Dio: Poiché voi avete detto il falso e avuto visioni bugiarde, eccomi dunque contro di voi, oracolo del Signore Dio. 9La mia mano sarà sopra i profeti dalle false visioni e dai vaticini bugiardi; non faranno parte dell’assemblea del mio popolo, non saranno scritti nel libro della casa d’Israele e non entreranno nella terra d’Israele, e saprete che io sono il Signore Dio. 10Ingannano infatti il mio popolo dicendo: “Pace!”, e la pace non c’è; mentre il popolo costruisce un muro, ecco, essi lo intonacano di fango. 11Di’ a quelli che lo intonacano di fango: Cadrà! Scenderà una pioggia torrenziale, cadrà una grandine come pietre, si scatenerà un uragano 12ed ecco, il muro viene abbattuto. Allora non vi si chiederà forse: “Dov’è l’intonaco che avete adoperato?”. 13Perciò dice il Signore Dio: Con ira scatenerò un uragano, per la mia collera cadrà una pioggia torrenziale, nel mio furore per la distruzione cadrà grandine come pietre; 14demolirò il muro che avete intonacato di fango, lo atterrerò e le sue fondamenta rimarranno scoperte; esso crollerà e voi perirete insieme con esso, e saprete che io sono il Signore. 15Quando avrò sfogato l’ira contro il muro e contro coloro che lo intonacarono di fango, io vi dirò: Il muro non c’è più e neppure chi l’ha intonacato, 16i profeti d’Israele che profetavano su Gerusalemme e vedevano per essa una visione di pace, mentre non vi era pace. Oracolo del Signore Dio.

Contro le indovine 17Ora tu, figlio dell’uomo, rivolgiti alle figlie del tuo popolo che profetizzano secondo i loro desideri e profetizza contro di loro. 18Dirai loro: Dice il Signore Dio: Guai a quelle che cuciono nastri a ogni polso e preparano veli di ogni grandezza per le teste, per dar la caccia alle persone. Pretendete forse di dare la caccia alla gente del mio popolo e salvare voi stesse? 19Voi mi avete disonorato presso il mio popolo per qualche manciata d’orzo e per un tozzo di pane, facendo morire chi non doveva morire e facendo vivere chi non doveva vivere, ingannando il mio popolo che crede alle menzogne. 20Perciò dice il Signore Dio: Eccomi contro i vostri nastri, con i quali voi date la caccia alla gente come a uccelli; li strapperò dalle vostre braccia e libererò la gente che voi avete catturato come uccelli. 21Straccerò i vostri veli e libererò il mio popolo dalle vostre mani e non sarà più una preda nelle vostre mani; saprete così che io sono il Signore. 22Voi infatti avete rattristato con menzogne il cuore del giusto, mentre io non l’avevo rattristato, e avete rafforzato il malvagio perché non desistesse dalla sua vita malvagia e vivesse. 23Per questo non avrete più visioni false né più spaccerete vaticini: libererò il mio popolo dalle vostre mani e saprete che io sono il Signore».

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Approfondimenti

Contro i falsi profeti 13,1-23 Tra i deportati del 597 vennero a trovarsi gruppi di pseudoprofeti. Ne abbiamo un attestato nel libro di Geremia (Ger 29,21-32). Costoro si illudevano di recepire oracoli divini e di essere quindi abilitati a rispondere in nome di JHWH alle consultazioni della gente. Non facevano però che adattarsi alle attese dei clienti, offrendo previsioni e consigli in proporzione degli eventuali donativi. Profeti del proprio cervello e del proprio tornaconto, distoglievano gli esuli dalla retta valutazione delle loro colpe e dei pericoli che incombevano su tutta la nazione; e di conseguenza li allontanavano sempre più dall'auspicato ravvedimento. Il nostro profeta è spinto dal Signore a intervenire energicamente. Il capitolo consta di due oracoli paralleli: vv. 1-16, diretto agli pseudoveggenti; vv. 17-23 contro le indovine.

Contro gli pseudoveggenti 13,1-16 Il 1° oracolo inizia con un “vaticinio di guai”, una forte minaccia, contro coloro che trasmettono messaggi dall'alto, che non hanno mai udito (v. 3). Avrebbero dovuto adoperarsi per riparare le brecce già aperte nel baluardo della loro nazione, cioè la crisi morale e fisica dei Giudei per la caduta di Gerusalemme nel 597, e preservare il popolo da ulteriori trasgressioni e sventure («nel giorno di JHWH», v. 5b). Invece con le loro false assicurazioni non fanno che accrescere il disorientamento e preparare maggiori rovine. Molto coerenti con l'immagine della breccia sono quelle del nuovo muro costruito dai clienti (v. 10a) e dell'intonaco spalmato dagli pseudoprofeti (v. 10b). La gente costernata dai disastri nazionali e dalle angustie personali si crea altre visuali e rosee prospettive, fidandosi magari delle antiche promesse, e vengono a consultare quei veggenti. Ma si tratta di un muro fragile, tatto con sole pietre, senza impasto: quei falsari vi spalmano della calce, l'intonaco, la dichiarazione cioé che tutto «va bene, in pace» (v. 10) e non c'è nulla da correggere o da aggiungere, e si può tranquillamente continuare a coltivare le proprie debolezze ed empietà! Alla denunzia del pernicioso inganno (l'accusa) Ezechiele fa seguire il verdetto del giudizio divino, scandito dal laken, «Pertanto» (vv. 8.10) e dall'hinni, «eccomi», la pronta risposta del partner sfidato alla lotta: gli pseudoprofeti saranno depennati dal libro del popolo di JHWH, non riammessi nel paese d'Israele (v. 9); poiché la mano divina peserà su di loro “con grandine e pioggia torrenziale” (v. 11) (cioè con grandi sciagure), sì da far sparire quei muri cadenti e gli spalmatori dell'intonaco. In quel radicale castigo si riconoscerà la potenza di JHWH (v. 14).

Contro le indovine 13,17-23 Il 2° oracolo è contro le donne ebree che danno anch'esse pronostici. Nel TM non vengono chiamate «profetesse»; ma la loro attività viene descritta con un'immagine analoga. Si comportano esattamente come gli pseudoprofeti: come questi intonacano i muri degli Israeliti, così quelle donne adattano nastri e veli magici (cioè oracoli più o meno favorevoli) ai polsi e alle teste di ogni richiedente, per guadagnarsene la stima e gli equi compensi, «dar la caccia alle persone», riceverne «qualche manciata d'orzo» (vv. 18s.); vale a dire, proferivano responsi divini a seconda della disposizione dei singoli, eventi felici a chi poteva offrire di più, rovina a chi era meno generoso. In tal modo oltraggiavano l'onore del Dio d'Israele, affliggendo in suo nome chi non lo meritava, e promettendo vita e prosperità a chi meritava la morte, con la conseguenza di distoglierlo da un salutare ravvedimento. Era l'accusa. La sentenza punitiva non sarà meno dura: «Pretendete forse di dare la caccia alla gente del mio popolo e salvare voi stesse?» (v. 18). Non vi sarà risparmio per esse: come nel giudizio precedente crollava il muro e chi lo intonacava (v. 14), così saranno spezzati legami e veli dalle mani di quelle falsarie, ed esse non saranno più in grado di catturare i figli d'Israele, poiché periranno (v. 23). Il giudizio divino termina pure qui con una formula di riconoscimento di JHWH. In quel castigo adeguato i colpevoli capiranno il male commesso e la gelosia del Dio onnipotente per la sua nazione: essi hanno disonorato il supremo Signore e danneggiato il popolo a lui caro (chiamato 7 volte «popolo mio»). Chi si arroga il potere di guidarlo in nome dell'Altissimo senza suo autentico mandato, vedrà il proprio fallimento (v. 23). La disapprovazione di JHWH è rivolta contro qualsiasi falsificazione dei suoi piani di salvezza: non solo contro gli operatori di iniquità e di culti pagani (c. 8), ma anche contro chi induce i fedeli a interpretare erroneamente la sua azione divina nella storia, a far ritenere castigo ciò che castigo non è, e rettitudine ciò che è malvagità, e prospettiva di pace ciò che è solo un sogno magico. Nell'insegnamento biblico-profetico è messo sotto processo ogni tentativo di appropriazione della scienza trascendente e ogni illecito ricorso a poteri preternaturali: oggi diremmo, ogni tipo di arte magica e qualsiasi pretesa di superamento delle forze naturali con mezzi impropri. L'uomo deve lasciarsi guidare dalla autentica illuminazione del suo creatore (vera profezia e rivelazione), impegnarsi con tutte le sue energie nella soluzione dei problemi quotidiani senza attese illusorie, e fidarsi dell'indefettibile provvidenza del Padre celeste: «Sarà come albero piantato lungo corsi d'acqua... le sue foglie non cadranno mai» (Sal 1,3) o «come il monte Sion... stabile per sempre» (Sal 125, 1). La rivelazione gratuita del Dio invisibile è la luce sovrana che può sublimare l'uomo dalla sua dimensione creaturale.

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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ALTRI VATICINI SU GIUDA

Azione simbolica dell'emigrante

Il simbolo 1Mi fu rivolta questa parola del Signore: 2«Figlio dell’uomo, tu abiti in mezzo a una genìa di ribelli, che hanno occhi per vedere e non vedono, hanno orecchi per udire e non odono, perché sono una genìa di ribelli. 3Tu, figlio dell’uomo, fatti un bagaglio da esule e di giorno, davanti ai loro occhi, prepàrati a emigrare; davanti ai loro occhi emigrerai dal luogo dove stai verso un altro luogo. Forse comprenderanno che sono una genìa di ribelli. 4Davanti ai loro occhi prepara di giorno il tuo bagaglio, come fosse il bagaglio di un esule. Davanti a loro uscirai però al tramonto, come partono gli esiliati. 5Fa’ alla loro presenza un’apertura nel muro ed esci di lì. 6Alla loro presenza mettiti il bagaglio sulle spalle ed esci nell’oscurità. Ti coprirai la faccia, in modo da non vedere il paese, perché io ho fatto di te un simbolo per gli Israeliti». 7Io feci come mi era stato comandato: preparai di giorno il mio bagaglio come quello di un esule e, sul tramonto, feci un foro nel muro con le mani. Uscii nell’oscurità e sotto i loro occhi mi misi il bagaglio sulle spalle.

Spiegazione 8Al mattino mi fu rivolta questa parola del Signore: 9«Figlio dell’uomo, non ti ha chiesto la casa d’Israele, quella genìa di ribelli, che cosa stai facendo? 10Rispondi loro: Così dice il Signore Dio: Questo messaggio è per il principe di Gerusalemme e per tutta la casa d’Israele che vi abita. 11Tu dirai: Io sono un simbolo per voi. Quello che ho fatto io, sarà fatto a loro; saranno deportati e andranno in schiavitù. 12Il principe che è in mezzo a loro si caricherà il bagaglio sulle spalle, nell’oscurità, e uscirà per la breccia che verrà fatta nel muro per farlo partire; si coprirà il viso, per non vedere con gli occhi il paese. 13Stenderò su di lui la mia rete e rimarrà preso nel mio laccio: lo condurrò nella terra dei Caldei, a Babilonia, ma non la vedrà e là morirà. 14Disperderò ai quattro venti quanti sono intorno a lui, le sue guardie e tutte le sue truppe; snuderò contro di loro la spada. 15Quando li avrò dispersi fra le nazioni e li avrò disseminati in paesi stranieri, allora sapranno che io sono il Signore. 16Tuttavia ne risparmierò alcuni, scampati alla spada, alla fame e alla peste, perché raccontino tutti i loro abomini alle nazioni fra le quali andranno; allora sapranno che io sono il Signore».

Altre azioni simboliche 17Mi fu rivolta questa parola del Signore: 18«Figlio dell’uomo, mangia il pane con paura e bevi l’acqua con trepidazione e con angoscia. 19Dirai alla popolazione del paese: Così dice il Signore Dio agli abitanti di Gerusalemme, alla terra d’Israele: Mangeranno il loro pane nell’angoscia e berranno la loro acqua nella desolazione, perché la loro terra sarà spogliata della sua abbondanza, a causa dell’empietà di tutti i suoi abitanti. 20Le città popolose saranno distrutte e la campagna ridotta a un deserto; saprete allora che io sono il Signore».

Certezza di realizzazione 21Mi fu rivolta questa parola del Signore: 22«Figlio dell’uomo, che cos’è questo proverbio che si va ripetendo nella terra d’Israele: “Passano i giorni e ogni visione svanisce”? 23Ebbene, riferisci loro: Così dice il Signore Dio: Farò cessare questo proverbio e non lo si sentirà più ripetere in Israele. Anzi riferisci loro: Si avvicinano i giorni in cui si avvererà ogni visione. 24Infatti non ci sarà più visione falsa né vaticinio fallace in mezzo alla casa d’Israele, 25perché io, il Signore, parlerò e attuerò la parola che ho detto; non sarà ritardata. Anzi, ai vostri giorni, o genìa di ribelli, pronuncerò una parola e l’attuerò». Oracolo del Signore Dio.

Compimento delle predizioni 26Mi fu rivolta questa parola del Signore: 27«Figlio dell’uomo, ecco, la casa d’Israele va dicendo: “La visione che costui vede è per i giorni futuri; costui predice per i tempi lontani”. 28Ebbene, riferisci loro: Dice il Signore Dio: Non sarà ritardata più a lungo ogni mia parola: la parola che dirò, l’eseguirò». Oracolo del Signore Dio.

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Approfondimenti

ALTRI VATICINI SU GIUDA 12,1-24,27 Dopo le prime grandi profezie (accusa e sentenza di condanna per i Giudei di Palestina e di Gerusalemme, con accenni di salvezza per il resto sacro, individuato globalmente negli esuli), i vaticini di Ezechiele si concentrano su alcune aree dei trasgressori e su alcuni aspetti importanti della storia israelitica: la fuga e l'emigrazione dalla città conquistata dai Babilonesi (c. 12), la responsabilità dei falsi profeti per la sorte dei loro connazionali (c. 13), la profonda corruzione della nazione ebraica fin dalle sue origini e l'umiliazione che le è riservata (cc. 15.16.22.23), le particolari colpe degli attuali suoi dirigenti (cc. 17.19.22), le errate contestazioni degli uditori di fronte agli inviti di conversione (cc. 12, 21-28; cc. 14.18.20), ultime azioni simboliche sull'imminente caduta di Gerusalemme (cc. 21.24).

Azione simbolica dell'emigrante 12,1-28 Dal c. 12 al c. 20 abbiamo una serie di oracoli pronunziati verosimilmente tra il 592 (8,1) e i 591 (20, 1). Il nostro capitolo è divisibile in 5 brani, contrassegnati dalla formula dell'evento della parola: «Mi fu rivolta questa parola».

Il simbolo 12,1-7 In un primo tempo il profeta è invitato a mimare la partenza di un emigrante attraverso una fessura praticata nel muro della sua casa. Compirà i singoli gesti sotto lo sguardo degli astanti, ancora restii a recepire i suoi messaggi di sventura: preparazione del bagaglio, apertura nel muro costruito in quei tempi con semplici mattoni di fango, uscita attraverso quel varco, col carico sulle spalle e un leggero velo sul volto (probabile accenno all'accecamento del re Sedecia). Cinque volte viene ripetuta la frase «davanti ai loro occhi». Vi si sente, come al momento della chiamata di Ezechiele, lo zelo di JHWH per la conversione degli esuli, chiamati anche qui (più nel v. 9) quattro volte «genia di ribelli». Quei gesti, viene affermato (v. 3), forse riusciranno a far aprire la loro mente; sono simboli eloquenti!

Spiegazione 12,8-16 Il veggente, rientrato probabilmente nella tarda nottata in casa, riceve da Dio stesso l'interpretazione dell'azione simbolica, da trasmettere ai suoi compagni. Essa riguarda il principe di Giuda e gli abitanti di Gerusalemme e si verificherà puntualmente così come sarà registrata in 2Re 25,4-7 e in Ger 39,4-7: espugnata la città, il re Sedecia assieme a molti soldati tenta la fuga attraverso un'apertura segreta delle mura, coprendosi il volto probabilmente per non farsi riconoscere; ma catturato dagli assedianti viene portato davanti al re Nabucodonosor e, dopo aver visto sgozzati i suoi figli, viene accecato e mandato prigioniero in Babilonia, con un gran numero dei suoi sudditi. Ma ancora una volta emerge la finalità salvifica di quella sventura, non solo per i Giudei, ma ora anche per i popoli che ne verranno a conoscenza. Saranno infatti risparmiati dei superstiti, «perché raccontino tutte le loro scelleratezze alle genti fra le quali andranno» (v. 16b) e gli stessi popoli pagani riconoscano, in quelle giuste punizioni, la santità e trascendenza del Dio d'Israele JHWH: «e anch'esse sappiano che io sono JHWH» (v. 16b): un concetto che verrà ripreso più volte nei messaggi seguenti (14,22s.; 28,24; 29,16; 39,21-24). Gli eventi dolorosi del popolo eletto sono orientati non soltanto all'illuminazione e conversione del “resto sacro”, ma anche all'elevazione religiosa dei gentili, e i messaggeri di JHWH non pronunziano unicamente sentenza di morte, ma hanno già nel cuore presentimenti di salvezza per tutti.

Altre azioni simboliche 12,17-20 Al profeta viene ingiunto, per un certo tempo, di prendere i suoi pasti con l'atteggiamento di chi è oppresso e angustiato e di ribadire, per tutta la sua comunità («la gente della regione»: cfr. 7,27; 45,16), il perché di quel suo comportamento: è un ripetuto annunzio di quel che avverrà fra non molto agli abitanti della città santa, per la completa devastazione di tutte le campagne, causata dalle loro gravi colpe... Ma anche ciò costituirà un mezzo per il riconoscimento di JHWH (v. 20).

Certezza di realizzazione 12,21-25 Altre due comunicazioni divine intervengono a dissipare ogni illusione. Sui vaticini del profeta, alcuni obiettano che non si nota alcuna corrispondenza nella realtà: per loro sarebbero parole vuote, minacce inconsistenti; secondo altri, visioni di epoche molto lontane: «Passano i giorni e ogni visione svanisce» (v. 22). La risposta di JHWH è inequivocabile: tutto si compirà immancabilmente e quanto prima, al momento segnato. Gli uomini possono crearsi degli schermi contro le dichiarazioni del supremo Signore, ma la sua parola li raggiungerà lo stesso, infallibilmente: «parlerò e attuerò senza indugio» (v. 24).

Compimento delle predizioni 12,26-28 Agli ostinati non gioverà, per immunizzarli contro gli interventi punitivi, l'aver affermato la propria incredulità. Dio non computa il tempo a misura d'uomo (2Pt 3,8). Le sue date non temono mai smentite. Egli parla al cuore di tutti, li mette in guardia dal trascurare i suoi avvertimenti, a volte anche con simboli molto significativi (vv. 18s.). Non si può far sempre orecchio da mercante. Il non decidersi in tempo all'ascolto potrebbe essere assai rischioso (v. 28).

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Giudizio contro i responsabili della città 1Uno spirito mi sollevò e mi trasportò alla porta orientale del tempio del Signore, che guarda a oriente. Ed ecco, davanti alla porta vi erano venticinque uomini; in mezzo a loro vidi Iaazania, figlio di Azzur, e Pelatia, figlio di Benaià, capi del popolo. 2Il Signore mi disse: «Figlio dell’uomo, questi sono gli uomini che tramano il male e danno consigli cattivi in questa città. 3Sono coloro che dicono: “Non in breve tempo si costruiscono le case. Questa città è la pentola e noi siamo la carne”. 4Per questo profetizza contro di loro, profetizza, figlio dell’uomo». 5Lo spirito del Signore venne su di me e mi disse: «Parla: Così dice il Signore: Avete parlato a questo modo, o casa d’Israele, e io conosco ciò che vi passa per la mente. 6Voi avete moltiplicato i morti in questa città, avete riempito di cadaveri le sue strade. 7Per questo così dice il Signore Dio: I cadaveri che avete gettato in mezzo ad essa sono la carne, e la città è la pentola. Ma io vi caccerò fuori. 8Avete paura della spada e io manderò la spada contro di voi, oracolo del Signore Dio! 9Vi caccerò fuori dalla città e vi metterò in mano agli stranieri e farò giustizia su di voi. 10Cadrete di spada: alla frontiera d’Israele io vi giudicherò e saprete che io sono il Signore. 11La città non sarà per voi la pentola e voi non ne sarete la carne! Alla frontiera d’Israele vi giudicherò: 12allora saprete che io sono il Signore, di cui non avete seguito le leggi né osservato le norme, mentre avete agito secondo le norme delle nazioni vicine». 13Non avevo finito di profetizzare quando Pelatia, figlio di Benaià, cadde morto. Io mi gettai con la faccia a terra e gridai ad alta voce: «Ohimé! Signore Dio, vuoi proprio distruggere quanto resta d’Israele?».

Promessa di salvezza per gli esuli 14Allora mi fu rivolta questa parola del Signore: 15«Figlio dell’uomo, gli abitanti di Gerusalemme vanno dicendo ai tuoi fratelli, ai deportati con te, a tutta la casa d’Israele: “Voi andate pure lontano dal Signore: a noi è stata data in possesso questa terra”. 16Di’ loro dunque: Dice il Signore Dio: Se li ho mandati lontano fra le nazioni, se li ho dispersi in terre straniere, nelle terre dove sono andati sarò per loro per poco tempo un santuario. 17Riferisci: Così dice il Signore Dio: Vi raccoglierò in mezzo alle genti e vi radunerò dalle terre in cui siete stati dispersi e vi darò la terra d’Israele. 18Essi vi entreranno e vi elimineranno tutti i suoi idoli e tutti i suoi abomini. 19Darò loro un cuore nuovo, uno spirito nuovo metterò dentro di loro. Toglierò dal loro petto il cuore di pietra, darò loro un cuore di carne, 20perché seguano le mie leggi, osservino le mie norme e le mettano in pratica: saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio. 21Ma su coloro che seguono con il cuore i loro idoli e i loro abomini farò ricadere la loro condotta». Oracolo del Signore Dio.

Epilogo della visione 22I cherubini allora alzarono le ali e le ruote si mossero insieme con loro, mentre la gloria del Dio d’Israele era in alto su di loro. 23Quindi dal centro della città la gloria del Signore si alzò e andò a fermarsi sul monte che è a oriente della città. 24E uno spirito mi sollevò e mi portò in Caldea fra i deportati, in visione, per opera dello spirito di Dio. E la visione che avevo visto disparve davanti a me. 25E io raccontai ai deportati quanto il Signore mi aveva mostrato.

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Approfondimenti

Giudizio contro i responsabili della città 11,1-13 Un'ultima scena, nel c. 11, descrive la sorte riservata ai capi del governo, promotori dei gravi delitti del paese. Lo spirito trasferisce Ezechiele presso la porta orientale, dove si è posata la gloria. Lì si trovano radunati 25 rappresentanti del popolo, probabilmente i principali dirigenti della fazione antibabilonese, che istigavano alla ribellione contro Nabucodonosor e perseguitavano a morte i loro oppositori (cfr. Ger 26,20-24; 37; 38). Essi si illudono di poter resistere a nuovi attacchi degli eserciti stranieri, come era stato fino ad allora, al tempo di Ezechia (2Re 19) e nella invasione del 597 (2Re 24,10-17). I palazzi di Gerusalemme, essi affermano, sono lì intatti da secoli (non sono stati cioè rifabbricati in quei pochi anni, v. 3). La città sacra può essere paragonata a una pentola, nella quale essi («la carne») potranno stare al sicuro per tutta la vita. Ma il profeta ha l'ordine di proferire su di loro il giudizio divino (v. 7): la città è realmente una pentola per tutti quelli che sono stati trucidati dalla loro malvagità, mentre essi saranno cacciati fuori e eliminati (vv. 9-11). A quella parola cade morto improvvisamente uno di quei personaggi, Pelatia (il cui nome significa «JHWH libera»): è la conferma simbolica che non vi sarebbe stato alcun risparmio per tutta quella gente. Sicché il veggente ancora una volta con più ardore implora pietà per il “resto” d'Israele. Il portavoce di JHWH si dimostra molto sollecito per la sorte del suo popolo e proteso verso un traguardo di salvezza: la stessa meta a cui tende Dio in tutti i suoi interventi. Lo si constata chiaramente nel discorso finale qui inserito nei vv. 14-21, probabilmente da altro contesto, dal medesimo Ezechiele.

Promessa di salvezza per gli esuli 11,14-21 In risposta alla pretesa dei responsabili della Giudea (11,3) di dover restare per sempre nella città santa e alla ripetuta implorazione del profeta per la salvezza del “resto” (11,13), il Signore dichiara che gli abitanti di Gerusalemme si ingannano ritenendosi ormai gli unici proprietari della terra santa. Essi affermano che gli esuli di Babilonia, figli dello stesso popolo («fratelli tuoi») a cui Ezechiele è stato inviato e dei quali è stato fatto responsabile («uomini del tuo riscatto», traduzione preferibile a «deportati con te»), non hanno più alcun diritto al suolo dei padri. Essi sarebbero come dei morti (37, 11) e il possesso, secondo la legge, sarebbe passato esclusivamente agli eredi rimasti presso la dimora del sovrano divino (Lv 25,23-34; Ger 32,6-8). Ma si sbagliano. Benché allontanati dalla patria per le colpe della collettività, JHWH non ha abbandonato i compagni d'esilio del profeta: sarà loro santuario e difesa con la sua presenza per un certo tempo («per poco tempo»: v. 16), cioè in comunione di vita paracultuale con lui, fino a che non saranno raccolti da tutte le regioni e riportati nella sua terra: è la promessa che sarà più volte rinnovata in seguito (cfr. cc. 20; 34-37). Dio farà in modo che essi eliminino le radici delle loro iniquità e abbiano «un altro cuore» (secondo i LXX, invece «un solo», del TM) «e uno spirito nuovo» (v. 19), cioè un cuore di carne al posto di quello di pietra, e un animo docile, per cui si sentano spinti dall'interno a osservare tutte le leggi della torah e tornino a essere il suo popolo (36,26s.). La rovina cadrà invece su coloro che, pur rimasti in patria, persisteranno nella malvagità (v. 21). In altri termini, la salvezza e assicurata a quel Giudei che erano ritenuti diseredati; e sarà opera della benignità divina per via di una trasformazione sovrumana interiore, che li renderà aperti e disponibili alla voce del Signore; non potrà più dirsi di loro: «non vogliono ascoltar i miei profeti, perché non vogliono ascoltar me» (3,7)! Proprio come prospettava dalla Giudea il veggente di Anatot (cfr. Ger 24,5-8). Sempre lo stesso modo di agire di Dio nella storia dell'uomo: «umilia l'albero alto e innalza l'albero basso» (Ez 17,24); «ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote» (Lc 1,53).

Epilogo della visione 11,22-25 Con la suddetta dichiarazione di JHWH si conclude il grande giudizio in visione sulla città santa. Vi è specificato e sviluppato il messaggio di guai, già espresso nelle scene simboliche dei cc. 4-7, ed è stato pronunziato il verdetto definitivo sulla nazione ebraica. La gloria divina, sollevandosi sui cherubini, lascia Gerusalemme, indegna della sua presenza, e va a posarsi a oriente sul Monte degli Ulivi, in attesa di un'era migliore (v. 23: 43,2-4). Intanto il veggente, ridestatosi dall'estasi, si ritrova di fronte ai suoi visitatori, e riferisce loro tutto ciò che gli era stato mostrato (vv. 24s.).

Com'è chiaro, la visione vissuta da Ezechiele è in gran parte simbolica: non corrisponde precisamente alla realtà storica che poi si verificherà (cfr. ad es. 2Re 25,8-17). Ma nei tratti essenziali è densa di significati teologici.

Ci mostra anzitutto come Dio parla ai suoi profeti: creando nella loro immaginazione delle scene concrete, facendoli assistere alle azioni e ai dialoghi di determinati personaggi, coinvolgendoli nel dramma. Dà così ai suoi messaggeri la forza persuasiva dell'esperienza viva. Quale impressione ne avrà riportato il neo eletto di Tel-Aviv e quale incisività avrà esercitato negli astanti? Certo molto maggiore di quando alzava il braccio sul modello della città santa (c. 4) o profetizzava rivolto contro i monti di Giuda (c. 6). Il Signore prepara così i suoi fervidi araldi nel corso dei secoli.

Ci fa vedere poi come opera il giudizio di Dio: interviene o lascia che intervenga la sventura quando si è raggiunto un culmine di malizia. Ma anche allora ha cura e riguardo per coloro che si sono dissociati dalla perversione collettiva; mette in azione un fuoco purificatore per l'intera nazione, ma si riserva un resto, lontano dal paese contaminato; la gloria divina abbandona il tempio profanato, ma sosta presso i monti di Sion in attesa di rientrarvi nel giorno della restaurazione interiore (43,1-4).

Gli uditori dovevano capire tutto ciò, e finalmente adeguarsi all'agire giusto e misericordioso del Dio dei padri. E un Dio che ama il suo popolo, lo istruisce con l'efficacia della sua parola, lo purifica dalle iniquità, guarda con sollecitudine paterna, persegue indefettibilmente il suo disegno di salvezza (il recupero del resto santo d'Israele e di tutti i suoi eletti).

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1Io guardavo, ed ecco, sul firmamento che stava sopra il capo dei cherubini, vidi come una pietra di zaffìro e al di sopra appariva qualcosa che aveva la forma di un trono. 2Disse all’uomo vestito di lino: «Va’ fra le ruote che sono sotto il cherubino e riempi il cavo delle mani di carboni accesi, che sono fra i cherubini, e spargili sulla città». Egli vi andò, mentre io lo seguivo con lo sguardo. 3Ora i cherubini erano fermi alla destra del tempio, quando l’uomo vi andò, e una nube riempiva il cortile interno. 4La gloria del Signore si alzò sopra il cherubino verso la soglia del tempio e il tempio fu riempito dalla nube e il cortile fu pieno dello splendore della gloria del Signore. 5Il fragore delle ali dei cherubini giungeva fino al cortile esterno, come la voce di Dio onnipotente quando parla. 6Appena ebbe dato all’uomo vestito di lino l’ordine di prendere il fuoco fra le ruote in mezzo ai cherubini, questi avanzò e si fermò vicino alla ruota. 7Il cherubino tese la mano per prendere il fuoco che era fra i cherubini; ne prese e lo mise nel cavo delle mani dell’uomo vestito di lino, il quale lo prese e uscì. 8Nei cherubini appariva la forma di una mano d’uomo sotto le loro ali. 9Guardai, ed ecco che al fianco dei cherubini vi erano quattro ruote, una ruota al fianco di ciascun cherubino. Quelle ruote avevano l’aspetto del topazio. 10Sembrava che tutte e quattro fossero di una medesima forma, come se una ruota fosse in mezzo all’altra. 11Muovendosi, potevano andare nelle quattro direzioni senza voltarsi, perché si muovevano verso il lato dove era rivolta la testa, senza voltarsi durante il movimento. 12Tutto il loro corpo, il dorso, le mani, le ali e le ruote erano pieni di occhi tutt’intorno, tutti e quattro con le loro ruote. 13Io sentii che le ruote venivano chiamate Tùrbine. 14Ogni cherubino aveva quattro sembianze: la prima quella di cherubino, la seconda quella di uomo, la terza quella di leone e la quarta quella di aquila. 15I cherubini si alzarono in alto: erano gli stessi esseri viventi che avevo visto al fiume Chebar. 16Quando i cherubini si muovevano, anche le ruote avanzavano al loro fianco: quando i cherubini spiegavano le ali per sollevarsi da terra, le ruote non si allontanavano dal loro fianco; 17quando si fermavano, anche le ruote si fermavano, e quando si alzavano, anche le ruote si alzavano con loro perché lo spirito degli esseri viventi era in esse. 18La gloria del Signore uscì dalla soglia del tempio e si fermò sui cherubini. 19I cherubini spiegarono le ali e si sollevarono da terra sotto i miei occhi; anche le ruote si alzarono con loro e si fermarono all’ingresso della porta orientale del tempio del Signore, mentre la gloria del Dio d’Israele era in alto su di loro. 20Erano i medesimi esseri che io avevo visto sotto il Dio d’Israele lungo il fiume Chebar e riconobbi che erano cherubini. 21Ciascuno aveva quattro aspetti e ciascuno quattro ali e qualcosa simile a mani d’uomo sotto le ali. 22Il loro aspetto era il medesimo che avevo visto lungo il fiume Chebar. Ciascuno di loro avanzava diritto davanti a sé.

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Approfondimenti

Nei vv. 1-7 l'esecuzione del castigo si estende per un nuovo comando di JHWH a tutta la città: sarà il pauroso incendio che coinvolgerà ogni costruzione e le mura stesse del tempio (2Re 25,9). La gloria divina si farà presente in tutto il suo splendore (vv. 1-5). Ezechiele potrà ammirarne e precisarne i singoli componenti: riempirà con la sua nube luminosa il santuario e inciterà l'uomo in abito sacerdotale ad appressarsi al fuoco sacro che arde fra i cherubini. Egli lo riceverà nelle sue mani, offertogli da uno dei cherubini, e andrà via per spargerlo dappertutto. Il figlio del sacerdote Buzì si compiace di rilevare l'osservanza delle norme rituali dell'uomo vestito di lino nell'accostarsi al trono di JHWH: non gli basta avere l'abito sacerdotale per toccare il trono del Dio santissimo (vi può accedere solo il sommo sacerdote: Lv 16,2); attende che il fuoco sacro gli venga consegnato dall'assistente speciale. Nel frattempo il veggente può osservare con più esattezza alcuni aspetti del cocchio celeste (v. 9): le 4 ruote accanto agli esseri viventi, il loro muoversi sincronico in ogni direzione, il folgorio delle ruote, delle ali, dei corpi quadriformi, come fossero costellati di occhi (vv. 9-17).

Finché tutto l'insieme, trono e gruppo dei cherubini, sollevandosi in alto non escono dal cortile interno e vanno a posarsi all'ingresso orientale del santuario (vv. 18-22).

Benché alcuni tratti, specialmente dei vv. 8-17, potrebbero essere delle amplificazioni posteriori, non è da escludere che il brano sostanzialmente possa provenire dal nostro profeta: egli ha voluto mettere in risalto la riverenza con cui ci si deve avvicinare al supremo Signore e la trascendenza della sua gloria al di sopra delle costruzioni del tempio e della città santa. JHWH si eleva su tutte le forme contingenti del culto e degli ordinamenti terreni; nessuna cosa al mondo potrà nuocere alla sua infinita maestà: occorre adorarlo soprattutto «in spirito e verità» (Gv 4,24).

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Esecuzione della condanna 1Allora una voce potente gridò ai miei orecchi: «Avvicinatevi, voi che dovete punire la città, ognuno con lo strumento di sterminio in mano». 2Ecco sei uomini giungere dalla direzione della porta superiore che guarda a settentrione, ciascuno con lo strumento di sterminio in mano. In mezzo a loro c’era un altro uomo, vestito di lino, con una borsa da scriba al fianco. Appena giunti, si fermarono accanto all’altare di bronzo. 3La gloria del Dio d’Israele, dal cherubino sul quale si posava, si alzò verso la soglia del tempio e chiamò l’uomo vestito di lino che aveva al fianco la borsa da scriba. 4Il Signore gli disse: «Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme, e segna un tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono». 5Agli altri disse, in modo che io sentissi: «Seguitelo attraverso la città e colpite! Il vostro occhio non abbia pietà, non abbiate compassione. 6Vecchi, giovani, ragazze, bambini e donne, ammazzate fino allo sterminio: non toccate, però, chi abbia il tau in fronte. Cominciate dal mio santuario!». Incominciarono dagli anziani che erano davanti al tempio. 7Disse loro: «Profanate pure il tempio, riempite di cadaveri i cortili. Uscite!». Quelli uscirono e fecero strage nella città. 8Mentre essi facevano strage, io ero rimasto solo. Mi gettai con la faccia a terra e gridai: «Ah! Signore Dio, sterminerai quanto è rimasto d’Israele, rovesciando il tuo furore sopra Gerusalemme?». 9Mi disse: «L’iniquità d’Israele e di Giuda è enorme, la terra è coperta di sangue, la città è piena di violenza. Infatti vanno dicendo: “Il Signore ha abbandonato il paese; il Signore non vede”. 10Ebbene, neppure il mio occhio avrà pietà e non avrò compassione: farò ricadere sul loro capo la loro condotta». 11Ed ecco, l’uomo vestito di lino, che aveva la borsa al fianco, venne a rendere conto con queste parole: «Ho fatto come tu mi hai comandato».

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Approfondimenti

Esecuzione della condanna 9,1-10,22 Da 9,1 appare sullo scenario, la terribile esecuzione. A un ordine divino si fanno avanti 7 esseri celesti, ministri della giustizia: sei hanno con sé gli strumenti di sterminio; il settimo, in veste sacerdotale («di lino»: 44,17), porta al fianco un astuccio da scrivano. Vengono dal nord, come al solito, gli eserciti invasori (Ger 1,15).

Contemporaneamente la maestosa figura di JHWH, lasciando i cherubini, viene a posarsi sulla soglia del Santo, e di là dà le sue direttive: – il ministro scrivano vada innanzi, segnando con un tau (ultima lettera dell'alfabeto ebraico, allora a forma di croce) coloro che sinceramente si dissociavano dalla malvagità generale: così l'angelo segnò in rosso le case degli Ebrei da risparmiare al momento dell'esodo (cfr. Es 11,5s.; 12,22s.). I sei lo seguiranno, colpendo a morte tutti gli altri, senza pietà.

Assistendo alla strage, un grido di dolore si leva verso Dio dal cuore del veggente a favore del “resto” sacro d'Israele (cfr. Am 7,3.5), temendone la fine. La risposta del Signore per il momento è inflessibile: l'enormità dei delitti del suo popolo contro i propri simili e contro la loro fede dev'essere esemplarmente punita: «non userò misericordia» (v. 10), «manderanno alte grida... ma non li ascolterò» (8, 18). È il delenda Carthago del profeta di guai (2,9), confermato dall'angelo-scriba (v. 11), che alcuni accostano al settimo dio planetario Nabû, il dio babilonese del fato, con la sua frase lapidaria «così è scritto e così si farà». Dio ha i suoi precisi disegni di amore e di purificazione nelle grandi tribolazioni dei popoli e dei singoli individui; e, quando si è raggiunto il colmo della malizia e della corruzione, egli lo persegue con decisione, nostro malgrado: ci vuol salvare a ogni costo.

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Visione del tempio e di Gerusalemme in fiamme

Abominazioni del tempio e della città 1Nell’anno sesto, nel sesto mese, il cinque del mese, mentre mi trovavo in casa e dinanzi a me sedevano gli anziani di Giuda, la mano del Signore Dio si posò su di me 2e vidi qualcosa dall’aspetto d’uomo: da ciò che sembravano i suoi fianchi in giù, appariva come di fuoco e dai fianchi in su appariva come uno splendore simile al metallo incandescente. 3Stese come una mano e mi afferrò per una ciocca di capelli: uno spirito mi sollevò fra terra e cielo e in visioni divine mi portò a Gerusalemme, all’ingresso della porta interna, che guarda a settentrione, dove era collocato l’idolo della gelosia, che provoca gelosia. 4Ed ecco, là era la gloria del Dio d’Israele, simile a quella che avevo visto nella valle. 5Mi disse: «Figlio dell’uomo, alza gli occhi verso settentrione!». Ed ecco, a settentrione della porta dell’altare l’idolo della gelosia, proprio all’ingresso. 6Mi disse: «Figlio dell’uomo, vedi che cosa fanno costoro? Guarda i grandi abomini che la casa d’Israele commette qui per allontanarmi dal mio santuario! Ne vedrai altri ancora peggiori». 7Mi condusse allora all’ingresso del cortile e vidi un foro nella parete. 8Mi disse: «Figlio dell’uomo, sfonda la parete». Sfondai la parete, ed ecco apparve una porta. 9Mi disse: «Entra e osserva gli abomini malvagi che commettono costoro». 10Io entrai e vidi ogni sorta di rettili e di animali obbrobriosi e tutti gli idoli della casa d’Israele raffigurati intorno alle pareti.11Settanta anziani della casa d’Israele, fra i quali vi era Iaazania, figlio di Safan, ritto in mezzo a loro, stavano davanti ad essi, ciascuno con il turibolo in mano, mentre il profumo saliva in nubi d’incenso. 12Mi disse: «Hai visto, figlio dell’uomo, quello che fanno gli anziani della casa d’Israele nelle tenebre, ciascuno nella stanza recondita del proprio idolo? Vanno dicendo: “Il Signore non ci vede, il Signore ha abbandonato il paese”». 13Poi mi disse: «Vedrai che si commettono abomini peggiori di questi». 14Mi condusse all’ingresso della porta del tempio del Signore che guarda a settentrione e vidi donne sedute che piangevano Tammuz. 15Mi disse: «Hai visto, figlio dell’uomo? Vedrai abomini peggiori di questi». 16Mi condusse nel cortile interno del tempio del Signore; ed ecco, all’ingresso dell’aula del tempio, fra il vestibolo e l’altare, circa venticinque uomini, con le spalle voltate al tempio e la faccia a oriente che, prostrati, adoravano il sole. 17Mi disse: «Hai visto, figlio dell’uomo? Come se non bastasse per quelli della casa di Giuda commettere simili abomini in questo luogo, hanno anche riempito il paese di violenze, per provocare la mia collera. Eccoli, vedi, che si portano il ramoscello sacro alle narici. 18Ebbene, anch’io agirò con furore. Il mio occhio non avrà pietà e non avrò compassione: manderanno alte grida ai miei orecchi, ma non li ascolterò».

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Approfondimenti

Visione del tempio e di Gerusalemme in fiamme 8,1-11,25 Questi capitoli si presentano nella redazione attuale come un'unica composizione: il racconto autobiografico di Ezechiele di una sua visione catastrofica, verificatasi alla presenza di alcuni visitatori e subito riferita loro. Ma probabilmente qualche tratto (11,14-21) vi è stato inserito in un secondo tempo. Vi si individuano 6 parti principali:

  • introduzione storica, 8,1-2a;
  • accusa e sentenza contro la città santa, 8,2b-18;
  • esecuzione della condanna, 9,1-10,22;
  • giudizio contro i responsabili della città, 11,1-13;
  • promessa di salvezza a favore degli esuli, 11,14-21;
  • epilogo dell'evento, 11,22-25.

Abominazioni del tempio e della città 8,1-18 Passati circa 13 mesi dalla visione inaugurale del Chebar (1,1s.), dal giugno 593 al settembre 592 (i 390 giorni della sua reclusione: 3,25; 4,9), il profeta riceve nella sua dimora la visita di alcuni anziani della comunità. Sotto i loro occhi è rapito in estasi («la mano del Signore Dio si posò su di me», v. 1, come in 1,3) e viene portato in spirito a Gerusalemme, come avverrà in 40,1.

Dal v. 2b inizia la descrizione di ciò che Ezechiele ha esperimentato e che gli anziani naturalmente non hanno visto, ma di cui presto verranno a conoscenza (11,24). Viene portato col suo spirito all'ingresso del tempio di Sion dalla mano dell'uomo splendente, già contemplato presso il fiume. Lì gli riappare la gloria di JHWH e gli vengono mostrate come in un filmato cinque scene di grave profanazione, una specie di accusa giudiziaria:

1) Presso la porta dell'atrio interno settentrionale è collocato «l'idolo della gelosia» (v. 3), probabilmente la statua di una divinità cananea (forse della dea della fecondità, Astarte: cfr. 2Re 21,7): un'offesa gravissima contro il culto spirituale di JHwH, il quale proibiva perfino la rappresentazione dello stesso divino Signore d'Israele (Es 20,4). Lui si era dimostrato come l'unico essere trascendente, che aborrisce qualsiasi tipo di idolatria (Dt 5,7-9).

2) Al di là della parete, in cui è stata praticata una fessura (sempre in visione), il profeta è fatto entrare in una camera segreta («stanza recondita del proprio idolo», v. 12): sui muri sono dipinti animali d'ogni specie, probabilmente secondo la forma degli dei del Nilo, venerati in quel periodo dalla fazione filo-egiziana; vi offrono il loro incenso i 70 rappresentanti del popolo, che hanno perduto ormai ogni fiducia nel Dio dei padri: «Vanno dicendo: Il Signore non ci vede... ha abbandonato il paese» (v. 12b); vi accedono «nelle tenebre» (v. 12a), per timore, sembra, di rappresaglie da parte dei dominatori babilonesi.

3) C'è di peggio: presso il portico dell'atrio interno, un gruppo di donne onorano col pianto la discesa nello šºôl del dio babilonese della vegetazione, Tammuz, sotto i calori dell'estate.

4) C'è ancora di più: nell'atrio interno circa 25 sacerdotị volgono le spalle al Santo dei santi, si prostrano al dio Šameš («Sole») dei Caldei.

5) Il colmo però è raggiunto in una intollerabile provocazione: per via delle violenze dilaganti in tutto il territorio sacro, che irritano al massimo il sovrano Signore del popolo eletto. Forse questo vuole indicare l'enigmatico simbolo del «ramoscello sacro portato verso le nari (di JHWH)» (v. 17). Per cui viene pronunziata la sentenza punitiva: un'inesorabile distruzione (v. 18); come in Is 1,14s.: «sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani io distolgo gli occhi da voi... Le vostre mani grondano sangue».

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Rovina finale 1Mi fu rivolta questa parola del Signore: 2«Ora, figlio dell’uomo, riferisci: Così dice il Signore Dio alla terra d’Israele. Ecco la fine: essa giunge sino ai quattro estremi della terra. 3Ora che su di te pende la fine, io scaglio contro di te la mia ira, per giudicarti secondo le tue opere e per domandarti conto di tutti i tuoi abomini. 4Non avrà pietà di te il mio occhio e non avrò compassione, ma ti riterrò responsabile della tua condotta e diverranno palesi in mezzo a te i tuoi abomini; saprete allora che io sono il Signore. 5Così dice il Signore Dio: Ecco, arriva sventura su sventura. 6Viene la fine, viene su di te: ecco, viene! 7Viene il tuo turno, o abitante della terra: arriva il tempo, è prossimo il giorno terribile e non di tripudio sui monti. 8Ora, fra breve, rovescerò il mio furore su di te, e su di te darò sfogo alla mia ira, per giudicarti secondo le tue opere e per domandarti conto di tutti i tuoi abomini. 9Non avrà pietà di te il mio occhio e non avrò compassione, ma ti riterrò responsabile della tua condotta e diverranno palesi in mezzo a te i tuoi abomini: saprete allora che sono io, il Signore, colui che colpisce. 10Ecco il giorno, eccolo: arriva. È giunto il tuo turno. L’ingiustizia fiorisce, germoglia l’orgoglio 11e regna la violenza, scettro della malvagità. 12È giunto il tempo, è vicino il giorno: chi ha comprato non si allieti, chi ha venduto non rimpianga, perché l’ira pende su tutti! 13Chi ha venduto non tornerà in possesso di ciò che ha venduto, anche se rimarrà in vita, perché la condanna contro il loro fasto non sarà revocata e nessuno, per la sua perversità, potrà salvare la sua esistenza. 14Si suona il corno e tutto è pronto; ma nessuno muove a battaglia, perché il mio furore è contro tutta quella moltitudine. 15La spada all’esterno, la peste e la fame di dentro: chi è in campagna perirà di spada, chi è in città sarà divorato dalla fame e dalla peste. 16Chi di loro potrà fuggire e salvarsi sui monti, gemerà come le colombe delle valli, ognuno per la sua iniquità. 17Tutte le mani si indeboliranno e tutte le ginocchia si scioglieranno come acqua. 18Vestiranno il sacco e lo spavento li avvolgerà. Su tutti i volti sarà la vergogna e tutte le teste saranno rasate. 19Getteranno l’argento per le strade e il loro oro si cambierà in immondizia, con esso non si sfameranno, non si riempiranno il ventre, perché è stato per loro causa di peccato. 20Della bellezza dei loro gioielli fecero oggetto d’orgoglio e fabbricarono con essi le abominevoli statue dei loro idoli. Per questo li tratterò come immondizia, 21li darò in preda agli stranieri e saranno bottino per i malvagi della terra che li profaneranno. 22Distoglierò da loro la mia faccia, sarà profanato il mio tesoro, vi entreranno i ladri e lo profaneranno. 23Prepàrati una catena, poiché il paese è pieno di assassini e la città è colma di violenza. 24Io manderò i popoli più feroci e s’impadroniranno delle loro case, abbatterò la superbia dei potenti, i santuari saranno profanati. 25Giungerà l’angoscia e cercheranno pace, ma pace non vi sarà. 26Sventura seguirà a sventura, allarme succederà ad allarme: ai profeti chiederanno responsi, ai sacerdoti verrà meno la legge, agli anziani il consiglio. 27Il re sarà in lutto, il principe sarà ammantato di desolazione. Tremeranno le mani della popolazione del paese. Li tratterò secondo la loro condotta, li giudicherò secondo i loro giudizi: così sapranno che io sono il Signore».

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Approfondimenti

Rovina finale 7,1-27 7,1-4. E il preludio. Il profeta intravede con chiarezza il crollo di Gerusalemme e della Giudea: nel settembre 592 vi assisterà in estasi (cc. 8-11). Come ad Amos per il regno del Nord (Am 8,2b), gli è ingiunto di proferire la terribile parola «fine»: fine in tutte e quattro le direzioni del paese, fine su tutte le «nefandezze» del popolo, fine inesorabile, indirizzata al riconoscimento di JHWH.

5-9. Nella 2ª strofa è ripreso il tema della fine con alcune variazioni molto incisive: si sussegue sventura a sventura, si compie il destino, giunge il tempo, il giorno dell'angustia. Pare di sentire l'annunzio incalzante di un uragano in arrivo. Tornano i motivi dell'ira divina, delle gravi iniquità commesse, dell'ineluttabilità, del riconoscimento di JHWH, quale autore di quelle adeguate sciagure (v. 9).

10-18. Nella 3ª strofa ancora una volta risuona il ritornello della fine, dell'imminenza del «giorno» («eccolo che arriva... È giunto il tempo, è vicino il giorno», vv. 10-12). Il poeta sembra si compiaccia delle ripetizioni. Ma vengono ora specificate le colpe («ingiustizia», «orgoglio», «violenza», v. 10: come sempre in Ez), e enumerati i disastri: inutilità delle compravendite dei beni d'ogni genere (v. 12), per il fatto che tutto cadrà in possesso degli invasori babilonesi e non potrà essere conservato o recuperato (v. 13a: secondo la legge del Lv 25,23-28), anche se qualcuno resterà in vita (v. 13b: traduzione congetturale); sarà poi inutile ogni difesa contro gli assalitori (v. 14): mancherà il coraggio di combattere; i tre strumenti di morte mieteranno vittime dentro e fuori la città, e i superstiti vagheranno per i campi, trepidanti «come le colombe» (v. 16; Is 38,14), coperti di vergogna (designata con tre metafore: «ginocchia disciolte come acqua», «rasate le teste», «vestiti di sacco»: vv. 17s.; cfr. Is 35,3; Sal 22,15; Ez 27,31).

19-27. Più in dettaglio nella 4ª strofa: si accorgeranno che le ricchezze accumulate con l'ingiustizia (considerate come «immondizia», v. 19) non potranno giovare a nulla, neanche a sfamarsi. Se ne sono serviti per i loro soprusi e per costruirsi idoli: saranno consegnate assieme ai tesori del tempio, secondo il giudizio divino, ai più feroci dei popoli; i quali abbatteranno i palazzi dei superbi e incateneranno come schiavi da deportare i delinquenti del paese («preparare catene»: v. 23a: lezione congetturale).

Chiude il piccolo poema, come un'inclusione, il richiamo all'incombente catastrofe: «Sventura seguirà a sventura, allarme seguirà ad allarme» (v. 26a); con riferimento a tutte le categorie del paese completamente disorientate, alle loro malvagità, al finale riconoscimento di JHWH. Un carme profetico, martellante, incisivo, nonostante qualche verso inintelligibile: imprime in chi lo recita o lo ascolta l'ineluttabilità della tragedia e il terrore dell'annientamento, mentre dal preludio all'ultima strofa lampeggia un barlume di speranza: il frutto di quel radicale intervento, la manifestazione e la venerazione di JHWH (v. 27).

L'interlocutore divino continua a proclamare le sue previsioni di rovina e di morte sul territorio a lui sacro, a indicarne la causa profonda, la contaminazione generale degli abitanti, e a preannunziare l'inderogabilità del castigo. Allo stesso tempo però fa scorgere spiragli di salvezza: la preservazione di un nucleo di Giudei e la possibilità del loro ritorno a lui. A mezzo del suo portavoce il Signore persegue il suo progetto di bene: attraverso l'oscurità e la tempesta far brillare la sua luce, attraverso la devastazione far intravedere una rinascita. E sempre il Dio della vita e della misericordia.

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Vaticinio di rovina 1Mi fu quindi rivolta questa parola del Signore: 2«Figlio dell’uomo, volgiti verso i monti d’Israele e profetizza contro di essi: 3Monti d’Israele, udite la parola del Signore Dio. Così dice il Signore Dio ai monti e alle colline, alle gole e alle valli: Ecco, manderò sopra di voi la spada e distruggerò le vostre alture. 4I vostri altari saranno demoliti e quelli per l’incenso infranti, getterò i vostri cadaveri davanti ai vostri idoli 5e disseminerò le vostre ossa intorno ai vostri altari. 6Su tutto il vostro suolo dove abitate, le città saranno devastate, le alture verranno rese deserte, in modo che i vostri altari siano devastati e resi deserti, e siano frantumati e scompaiano i vostri idoli, siano spezzati i vostri altari per l’incenso e siano eliminate le vostre opere. 7Trafitti a morte cadranno in mezzo a voi e saprete che io sono il Signore. 8Tuttavia farò sopravvivere in mezzo alle nazioni alcuni di voi scampati alla spada, quando vi disperderò nei vari paesi. 9I vostri scampati si ricorderanno di me fra le nazioni in mezzo alle quali saranno deportati: io, infatti, spezzerò il loro cuore infedele, che si è allontanato da me, e i loro occhi, che si sono prostituiti ai loro idoli; avranno orrore di se stessi per le iniquità commesse e per tutti i loro abomini. 10Sapranno allora che io sono il Signore e che non ho minacciato invano di infliggere loro questi mali. 11Così dice il Signore Dio: Batti le mani, pesta i piedi e di’: “Ohimè, per tutti i loro orribili abomini il popolo d’Israele perirà di spada, di fame e di peste! 12Chi è lontano morirà di peste, chi è vicino cadrà di spada, chi è assediato morirà di fame: sfogherò su di loro il mio sdegno”. 13Saprete allora che io sono il Signore, quando i loro cadaveri giaceranno fra i loro idoli, intorno ai loro altari, su ogni colle elevato, su ogni cima di monte, sotto ogni albero verde e ogni quercia frondosa, dovunque hanno bruciato profumi soavi ai loro idoli. 14Stenderò la mano su di loro e renderò la terra desolata e brulla, dal deserto fino a Ribla, dovunque dimorino; sapranno allora che io sono il Signore».

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Approfondimenti

Vaticinio di rovina 6,1-7,27 Dopo il primo oracolo simbolico indirizzato alla capitale ebraica e ai suoi abitanti, il Signore ne comunica altri due per tutta la Giudea. Nel testo non ne è indicata l'epoca, ma probabilmente il profeta li avrà ricevuti a poca distanza dal precedente.

Il primo consta di tre parti;

  • vv. 1-7, annunzio di rovina per tutto il territorio di Giuda;
  • vv. 8-10, annunzio di conversione per gli scampati alla strage;
  • vv. 11-14, invito a rallegrarsi per l'esemplare punizione inflitta per gli abomini del popolo.

Il secondo, in forma poetica, consta di un preludio e di altre 3 strofe: una solenne proclamazione della fine del regno giudaico: 7,1-27.

6,1-7. L'unità del vaticinio è contrassegnata, come al solito in Ez, dalla formula dell'evento della parola in 6,1 e poi all'inizio del c. 7. Il profeta deve fissare lo sguardo non più sulla città assediata (4,3), ma verso tutta la regione montuosa della Giudea con le sue alture e le sue valli: è il gesto del giudice che pronunzia il verdetto di condanna. Sarà inviato da Dio il suo strumento di castigo, «la spada», cioè gli eserciti stranieri, i quali si abbatteranno su tutto il suolo distruggendone le città e i luoghi sacri. Questi, secondo l'uso dei Cananei, si trovavano sulle alture (v. 6) e consistevano in una specie di cella contenente un altare e degli oggetti di culto (figure in legno o in pietra: «idoli»). Nonostante la centralizzazione del culto jahvista nel tempio di Gerusalemme (Dt 12,1-14), il popolo ebreo fu sempre attirato dalle pratiche religiose dei pagani; e dopo la drastica riforma del re Giosia (2Re 22) era tornato in massa alle alture sacre (Ger 7-10). Il giudizio divino prende di mira tutti questi oggetti di depravazione: i monti collegati con le alture e le stele, e gli abitanti che li venerano. Tutto ciò che si è lasciato corrompere dall'idolatria sarà sottoposto a una serie di operazioni annientatrici: devastazione, distruzione, spezzamento, dissacrazione: ad esprimere il senso di orrore che suscitano. La sorte della terra contaminata segue la condanna dei suoi colpevoli abitanti. La gelosia di JHWH, come fuoco divorante, dimostrerà a chi sopravvivrà la potenza e santità del Dio dei padri (v. 7).

8-10. Il concetto espresso nel v. precedente viene sviluppato in un discorso ancora in 2ª persona (v. 8). Gli scampati si ricorderanno di JHWH, cioè si renderanno conto dell'insensatezza commessa contro il loro Dio, quando per via della grande delusione egli spezzerà il loro cuore adultero e i loro occhi sviati dietro alle fatue divinità: due immagini eloquenti che descrivono nei profeti l'infedeltà della nazione sacra verso lo sposo divino (Ger 3,1ss.; Os 2; 9,1; Ez 16,23); «spezzare il cuore» richiama la durezza del cuore di pietra e, per associazione, quella dello sguardo fisso sugli idoli. Questa breccia muoverà gli animi a sentire disgusto di se stessi (lett. «delle proprie facce», v. 9). Allora cominceranno a riconoscere la grandezza del loro Dio, il quale «non invano aveva minacciato di infliggere loro quei mali» (v. 10): effetto del contrasto tra la fiducia posta negli idoli e il dinamismo sovrumano della parola!

11-14. In corrispondenza con quelle finalità salvifiche, il portavoce del Dio d'Israele è esortato a esplodere in gesti di compiacenza: «Batti le mani, pesta i piedi in terra» (v. 11); si compie la sentenza divina sulla nazione ribelle a mezzo dei tre grandi flagelli, disseminando di cadaveri tutte le zone rese impure dai culti idolatrici, dal nord (Ribla: 2Re 23,33) fino al deserto del sud. Simili espressioni di gioia faranno i nemici di Giuda, compiacendosi della sventura del popolo eletto (25,6); ma il profeta è invitato a rallegrarsi non tanto per l'annientamento della sua nazione, quanto per la manifestazione del giusto giudizio divino, orientato al riconoscimento di JHWH: esattamente come dovrà avvenire ai deportati del 597, che all'apprendere la caduta della città santa non dovranno compiere alcun gesto di lutto, riconoscendo la giustizia di quel castigo (24,23s.). Anche in quest'annunzio il profeta persegue la meta del suo ministero: far sì che i suoi connazionali in esilio si dissocino dai promotori di tanta rovina (i paganeggianti) e si orientino verso il sincero cambiamento del cuore (“occhi e cuore spezzati”, v. 9).

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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