📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

IL SIGNORE È L’UNICO VERO BENE 1 Miktam. Di Davide.

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.

2 Ho detto al Signore: “Il mio Signore sei tu, solo in te è il mio bene”.

3 Agli idoli del paese, agli dèi potenti andava tutto il mio favore.

4 Moltiplicano le loro pene quelli che corrono dietro a un dio straniero. Io non spanderò le loro libagioni di sangue, né pronuncerò con le mie labbra i loro nomi.

5 Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita.

6 Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi: la mia eredità è stupenda.

7 Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio animo mi istruisce.

8 Io pongo sempre davanti a me il Signore, sta alla mia destra, non potrò vacillare.

9 Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro,

10 perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.

11 Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra. _________________ Note

16,1 Il salmo esprime l’intensa fiducia dell’orante nel suo Signore e il rifiuto di ogni cedimento all’idolatria. Il credente nutre la certezza di venire liberato anche dalla morte (descritta con le immagini degli inferi e della fossa, v. 10) e di godere senza fine alla presenza di Dio. A questa composizione si ispirerà il NT nel presentare la risurrezione di Gesù (At 2,25-31; 13,35-36).

16,1 Il significato del termine “miktam” (che ricorre anche nei Sal 56-60) è sconosciuto. Alcuni lo traducono “inno”, altri “poema” o “preghiera scritta”.

16,4 Le libagioni di sangue alludono ai sacrifici umani offerti alle divinità pagane (vedi Sal 106,36-38).

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Approfondimenti

Fiducia in Dio unico bene Salmo di fiducia (+ motivi innici e sapienziali)

La simbologia è spaziale, temporale e somatica. Il testo originale è in cattivo stato nei vv. 1-4.

Divisione:

  • v. 1: invocazione introduttiva;
  • vv. 2-6: professione di fede in Dio;
  • vv. 7-11: benefici della fede in Dio.

v. 1. Il salmista (un sacerdote o un levita) chiede protezione al Signore presso cui si è rifugiato, cfr. Sal 11,1.

v. 2. «Sei tu il mio Signore, senza di te...»: con questa affermazione si sottolinea la scelta esclusiva di Dio, che è fondamentale per il salmista (cfr. Gs 24,15).

v. 3. «Per i santi... uomini nobili, è tutto il mio amore»: la dedizione a Dio si estende anche a quelli che partecipano della sua santità, come possono essere sia le persone dedicate al servizio divino (cfr. Sal 106,16), sia i fedeli e pii Israeliti (cfr. Sal 34,10).

v. 4. «Si affrettino altri...»: per contrasto alle affermazioni dei vv. 2-3, il salmista nega la sua fede e il suo servizio agli idoli. «libazioni di sangue»: si accenna ai sacrifici umani fatti alle divinità pagane, denunziati spesso dai profeti (cfr. Is 57,5-6; 65,11; Ez 22,4).

v. 5. «Il Signore è mia parte di eredità»: ritorna la professione positiva di fede e di fiducia nel Signore. Egli “nelle cui mani è affidata la vita del salmista” è tutto per lui, un'eredità magnifica. Si ricalca nella formulazione quanto è stato detto alla tribù di Levi, cui nella spartizione della terra non è stato dato nessun territorio (cfr. Dt 10,9; Gs 13,14), perché solo il Signore, con il suo tempio e i proventi che ne derivavano, doveva essere suo “peculiare possesso”, cfr. Nm 18,20; Sal 73,26. «mio calice»: è simbolo di salvezza (Sal 116,13) e di abbondanza (cfr. Sal 23,5).

v. 6. «su luoghi deliziosi»: al posto della terra divisa tra le tribù, il salmista e i Leviti hanno avuto in sorte un altro terreno, ma più importante e fecondo: quello del tempio del Signore, luogo davvero delizioso. L'espressione specifica “l'eredità” del v. 5.

v. 7. «Benedico il Signore»: l'orante benedice (= loda) il Signore che lo ha ammesso nella sua familiarità, diventando suo consigliere personale, facendolo oggetto dei suoi progetti, e delle sue comunicazioni salvifiche, servendosi anche della sua coscienza (= cuore) (cfr. Sal 73,21-24).

v. 8. «lo pongo sempre...»: il salmista conduce una vita intima con il Signore e percepisce la sua presenza protettrice, che non lo fa barcollare.

vv. 9-11. «Di questo gioisce il mio cuore...»: il poeta, forte della presenza del Signore, gioisce anche nella malattia “corporale”, perché sa che il suo Signore non lo farà morire (v. 10), ma lo guarirà facendogli riacquistare la vita, la gioia e la dolcezza immensa di continuare a stare nel suo tempio, al lato destro dell'altare (= alla tua destra) per vivere alla sua presenza (v. 11).

Nel NT i v. 8-11 sono citati negli Atti (2,24-32; 13,34-36) come profezia della risurrezione di Cristo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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IL GIUSTO VIVE ALLA PRESENZA DEL SIGNORE 1 Salmo. Di Davide.

Signore, chi abiterà nella tua tenda? Chi dimorerà sulla tua santa montagna?

2 Colui che cammina senza colpa, pratica la giustizia e dice la verità che ha nel cuore,

3 non sparge calunnie con la sua lingua, non fa danno al suo prossimo e non lancia insulti al suo vicino.

4 Ai suoi occhi è spregevole il malvagio, ma onora chi teme il Signore. Anche se ha giurato a proprio danno, mantiene la parola;

5 non presta il suo denaro a usura e non accetta doni contro l'innocente. Colui che agisce in questo modo resterà saldo per sempre. _________________ Note

15,1 Ispirandosi a un rituale liturgico particolare, che elencava le condizioni per essere ammessi nel tempio, alla presenza del Signore, questo salmo propone al fedele un cammino interiore che coinvolge la condotta quotidiana. Nel salmo risuona la predicazione dei profeti e il loro richiamo a una religiosità del cuore (vedi, ad es., Is 33,14-16; Mi 6,6-8).

15,1 La santa montagna è il monte Sion, su cui era costruito il tempio.

15,5 doni: offerti per corrompere.

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Approfondimenti

Requisiti per abitare con Dio Salmo d'ingresso (+ motivi sapienziali)

Il salmo è simile per contenuto ai Sal 24; 26; 50; 95, ma in particolare si richiama più direttamente a Mic 6,6-8 e Is 33,14-16. Strutturalmente è lineare, ben equilibrato, e rivela una certa preoccupazione didattica. Il ritmo nel TM è di 3 + 3 accenti. Il campo semantico è quello dello spazio sacro, del tempo e della parola.

Divisione:

  • v. 1b: domanda d'ingresso;
  • vv. 2-5b: risposta sacerdotale;
  • v. 5cd: conclusione riassuntiva del tema iniziale.

v. 1b. «Signore, chi abiterà..»: la domanda è rivolta in seconda persona direttamente al Signore. Da chi? Se a pronunciarla è un sacerdote, è da prendersi in senso reale, dato che gli addetti al tempio (sacerdoti, leviti...) abitavano con una certa stabilità nel recinto del tempio in cui avevano proprie celle (cfr. Ger 35,2-4; 36,10-21, Ez 42). Se a pronunciarla è un semplice fedele è da prendersi simbolicamente, come espressione metaforica di unione con Dio. «nella tua tenda»: la «tenda» indica il tempio, chiamato così a ricordo della «tenda del convegno» del periodo del deserto (Es 28,43; 33,7). Dio a sua volta fu ospitato nella tenda di Abramo (Gn 18) e di Giacobbe (Gn 29,4).

vv. 2-5b. Risposta sacerdotale che contiene undici enunciati: positivi (vv. 2.4a.b) e negativi (vv. 3.4c.5ab) mescolati insieme, e a mo' di esemplificazione, cfr. Es 20; Dt 5; Prv 27-31; Sir 7,1-8,7. Il contenuto riguarda prettamente l'etica sociale.

v. 2. «Colui che cammina senza colpa..: il triplice enunciato di questo versetto è di carattere generale, quasi come un primo comandamento da cui scaturiscono gli altri, cfr. Sal 84,12; Prv 28,18. Giobbe aveva qualità tali da essere esempio di uomo perfetto, cfr. Gb 1,5; «cammina..»: la metafora della “via”, è comune nella Bibbia per indicare la condotta integra di vita, secondo i comandamenti (Sal 1,1).

v. 4. «anche se giura a suo danno...»: si tratta del giuramento fatto con leggerezza che poi si rivela a svantaggio della stessa persona che lo ha fatto, cfr. Lv 5,4. Poiché il giuramento è sacro, esso va rispettato, così come non si può ritirare, sostituendolo con un altro, un animale sacro offerto al Signore (cfr. Lv 27,10.33). Il giuramento infatti è anche una professione di fede perché si coinvolge anche Dio. Giurare però di fare il male non è vincolante.

vv. 5ab. «fare usura»: nella Bibbia vuol dire prestare denaro con interessi. Ciò è proibito con un proprio connazionale (Es 22,24; Lv 25,36-37) ma è permesso con gli stranieri (Dt 23,20-21). Il peccato di “usura” era anche combattuto dai profeti (cfr. Am 8,6), ma si consiglia anche di prestare con generosità (Dt 15; Sal 37,21.25-26; Sir 29,1-13). «non accetta doni contro l'innocente»: è il peccato della corruzione della magistratura, denunciato spesso dalla Legge (Es 23,8; Dt 10,17; 16,19; 27,25), dai Profeti (Is 1,23; 5,23; 33,15; Ez 22,12) e dai libri Sapienziali (Sal 26,10; Prv 17,23).

vv. 5cd. «Colui che agisce in questo modo»: l'espressione riassume tutti gli enunciati precedenti. «resterà stabile per sempre»: facendo eco al v. 1b il salmista conclude il salmo assicurando l'eterna stabilità dell'uomo giusto in mezzo alle tempeste della vita, com'è stabile il monte del tempio, ove risiede il Signore «roccia e baluardo di salvezza» (Sal 31,4; 42,10; 61,3; 91).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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LO STOLTO VIVE COME SE DIO NON ESISTESSE 1 Al maestro del coro. Di Davide.

Lo stolto pensa: “Dio non c'è”. Sono corrotti, fanno cose abominevoli: non c'è chi agisca bene.

2 Il Signore dal cielo si china sui figli dell'uomo per vedere se c'è un uomo saggio, uno che cerchi Dio.

3 Sono tutti traviati, tutti corrotti; non c'è chi agisca bene, neppure uno.

4 Non impareranno dunque tutti i malfattori, che divorano il mio popolo come il pane e non invocano il Signore?

5 Ecco, hanno tremato di spavento, perché Dio è con la stirpe del giusto.

6 Voi volete umiliare le speranze del povero, ma il Signore è il suo rifugio.

7 Chi manderà da Sion la salvezza d'Israele? Quando il Signore ristabilirà la sorte del suo popolo, esulterà Giacobbe e gioirà Israele. _________________ Note

14,1 Questa riflessione sul dilagare del male e della corruzione viene riproposta con leggere varianti nel Sal 53. Tutto ha origine dal non considerare la presenza e l’azione di Dio nel mondo: è il significato dell’espressione Dio non c’è (v. 1). Il salmo contiene elementi caratteristici della riflessione sapienziale e profetica.

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Approfondimenti

La stoltezza umana Salmo di requisitoria (+ motivi sapienziali)

Il salmo, che comincia ex abrupto, mette a confronto due tipi di uomini: lo stolto (nābāl) (v. 1) e il saggio (maśkîl) (v. 2). Strutturalmente la composizione nella prima parte si basa sulle espressioni: “c'è/non c'è”. Il salmo in una recensione leggermente diversa si trova nel salterio anche con il numero 53. Il metro nel TM è quello elegiaco della qînâ (3 + 2 accenti). La simbologia è antropomorfica e antropologica.

Divisione:

  • vv. 1-3: lamento sulla corruzione generale;
  • vv. 4-5: oracolo;
  • vv. 7: conclusione, Dio speranza di salvezza.

v. 1. «Lo stolto»: il vocabolo ebraico corrispondente (nābāl) ha numerosi significati: empio, incosciente, folle, stolto, immorale ecc. (cfr. Sal 36,2). Qui si tratta di un incosciente che si professa “ateo”. «Non c'è Dio»: non si tratta di ateismo teoretico, ma pratico. Infatti nel mondo antico orientale l'ateismo teoretico era inconcepibile. Lo stolto pensa che Dio si mostri indifferente, disinteressato davanti alle azioni dell'uomo e agli eventi del mondo (cfr. Sal 9-10,25.32 [TM: Sal 10,4.11]; Ger 5,12).

vv. 2-3. «Il Signore dal cielo si china...»: è un antropomorfismo (cfr. Sal 11,4; 33,13-14) che rafforza l'affermazione del versetto precedente sulla diffusione della corruzione. Dio stesso infatti, con tutta la sua scienza, paradossalmente, non riesce a trovare una persona saggia, e non può che confermare l'assunto (v. 3). La situazione è grave, la corruzione dilaga come prima del diluvio (cfr. Gn 6,5.11-12; 8,21).

vv. 4-6. In questi versetti si ha la reazione di Dio. Egli con un oracolo interviene e dimostra fattivamente di esserci.

v. 4. «Non comprendono nulla....»: è un interrogativo retorico che prepara il verdetto oracolare dei vv. 5-6.

vv. 5-6. «perché Dio è con la stirpe... ma il Signore è il suo rifugio»: in questi due versetti, al contrario del v. 4, Dio parla in terza persona.

v. 7. «Venga da Sion...»: questo versetto è probabilmente un'aggiunta attualizzante del tempo dell'esilio babilonese. Si allude alla restaurazione nazionale d'Israele (cfr. Sal 51,20). Il salmista, in continuità di pensiero con il salmo, afferma che la risposta di Dio allo stolto (= qui: i Babilonesi), che nega la sua presenza salvifica, si concretizza con il ritorno dall'esilio del popolo d'Israele per opera del Signore. «da Sion...»: la salvezza è attesa da Sion, ove il Signore ha il trono nel tempio santo, perché essa è opera del Signore (cfr. Sal 3,9; 9,12). «Giacobbe... Israele»: sono i due nomi del capostipite del popolo d'Israele (cfr. Gn 25,25; 32,28). Si esprime così poeticamente la totalità della nazione ebraica, che non potrà non gioire perché salvata dal Signore.

Nel NT Paolo in Rm 3,10-12 cita i vv. 2-3 di questo Salmo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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IMPLORAZIONE A DIO 1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.

2 Fino a quando, Signore, continuerai a dimenticarmi? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?

3 Fino a quando nell'anima mia addenserò pensieri, tristezza nel mio cuore tutto il giorno? Fino a quando su di me prevarrà il mio nemico?

4 Guarda, rispondimi, Signore, mio Dio, conserva la luce ai miei occhi, perché non mi sorprenda il sonno della morte,

5 perché il mio nemico non dica: “L'ho vinto!” e non esultino i miei avversari se io vacillo.

6 Ma io nella tua fedeltà ho confidato; esulterà il mio cuore nella tua salvezza, canterò al Signore, che mi ha beneficato. _________________ Note

13,1 L’insistente richiesta di aiuto al Signore, formulata mediante il grido caratteristico delle suppliche (Fino a quando, Signore? vv. 2-3; cf Sal 6,4), ha origine dalle angosce e dai pericoli che minacciano il giusto. Anche Dio sembra dimenticarsi del suo fedele, che dal profondo della sofferenza ravviva la sua fiducia, prorompendo in un inno di lode.

13,3 anima e cuore: esprimono qui unitariamente quelle realtà interiori dell’uomo che lo rendono capace di avvertire sensazioni tumultuose e angosciate.

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Approfondimenti

Salmo 13 (12) – Supplica insistente e fiduciosa Supplica individuale

Questo carme si può prendere come modello del genere letterario delle “Suppliche individuali”. Infatti oltre al rapporto triangolare dei soggetti: Dio, l'io ed essi (= i nemici), il salmo abbraccia tutti gli elementi che qualificano tale genere. La composizione poetica è breve, semplice e trasparente nelle sue idee, ma profonda nei sentimenti e sensazioni che riesce a trasmettere. Insieme alla sensazione di impaziente urgenza data dall'espressione «fino a quando?» (‘ad ’ānâ), ripetuta quattro volte nei vv. 2-3, predominano nel carme i campi semantici simbolici del vedere e del sentire-parlare, nonché quello inerente alla morte. Il nome del Signore si incontra all'inizio (v. 2), al centro (v. 4) e alla fine (v. 6).

Divisione:

  • vv. 2-3: lamento;
  • vv. 4-5: supplica e sua motivazione;
  • v. 6: ringraziamento.

vv. 2-3. Questi due versetti sono dominati dall'espressione «fino a quando?» ripetuta quattro volte, che nel simbolismo numerico indica la totalità delle direzioni cardinali spaziali. L'espressione, che introduce una domanda retorica, oltre a vivacizzare il lamento, implica una certa protesta radicale, per risolvere finalmente una situazione fattasi pesante e insostenibile.

v. 2. «continuerai a dimenticarmi..»; il salmista si lamenta della dimenticanza di Dio nei suoi riguardi, dandogli la sensazione di un prolungato disinteresse, cfr. Sal 77,8-9; Lam 5,20.

v. 3. «affanni... tristezza... nemico»: l'orante enumera gli effetti del nascondimento di Dio: le angosce e la tristezza nel suo intimo, e i nemici all'esterno. «il nemico»: l'espressione si trova al singolare qui e nel v. 5a; al plurale («avversari») nel v. 5b. L'oscillazione tra il singolare e il plurale ricorre spesso nei salmi di lamentazione. La figura del nemico è generica, ma aperta a diverse possibilità; può essere un singolo o una collettività, o perfino la malattia e la morte (cfr. 1Cor 15,26).

v. 4. «Guarda..»: l'espressione è caratteristica della preghiera dell'AT. Serve ad attirare l'attenzione sulle necessità dell'orante. Lo sguardo di Dio inoltre indica certezza di esaudimento, cfr. Sal 80,15; 84,10. «Signore mio Dio»: è l'invocazione più intima dell'orante; evidenzia lo stretto rapporto personale con Dio. «luce ai miei occhi... sonno della morte»: le due espressioni sono qui correlative e antitetiche. Il salmista chiede al Signore di conservargli la luce degli occhi, cioè mantenerlo in vita (cfr. 1Sam 14,27.29), e non farlo morire. Per l'immagine della luce come «vita», cfr. Sal 36,10; Gb 33,28.30. Per l'immagine della morte come «sonno», cfr. Ger 51,39; Gb 3,13; e nel NT 1Cor 15,6.18.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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CONTRO LA MENZOGNA E L’ARROGANZA 1 Al maestro del coro. Sull'ottava. Salmo. Di Davide.

2 Salvami, Signore! Non c'è più un uomo giusto; sono scomparsi i fedeli tra i figli dell'uomo.

3 Si dicono menzogne l'uno all'altro, labbra adulatrici parlano con cuore doppio.

4 Recida il Signore le labbra adulatrici, la lingua che vanta imprese grandiose,

5 quanti dicono: “Con la nostra lingua siamo forti, le nostre labbra sono con noi: chi sarà il nostro padrone?“.

6 “Per l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, ecco, mi alzerò – dice il Signore –; metterò in salvo chi è disprezzato”.

7 Le parole del Signore sono parole pure, argento separato dalle scorie nel crogiuolo, raffinato sette volte.

8 Tu, o Signore, le manterrai, ci proteggerai da questa gente, per sempre,

9 anche se attorno si aggirano i malvagi e cresce la corruzione in mezzo agli uomini. _________________ Note

12,1 L’invocazione a Dio nasce nel cuore dell’orante dalla constatazione del prevalere della menzogna e dell’orgoglio. Ma Dio si alza a difesa dei poveri e dei miseri (v. 6). Il salmo può essere collocato tra le lamentazioni individuali (v. 2) e collettive (vv. 8-9).

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Approfondimenti

Salmo 12 (11) – Supplica contro i bugiardi Supplica collettiva contro i peccati di lingua (+ motivi liturgici e sapienziali)

Il campo semantico che domina il salmo è quello della parola doppia e bugiarda dell'uomo, e quella pura e veritiera di Dio. ÈÌ presente il classico schema triangolare dei personaggi “Dio, noi, essi (nemici)”, comune al genere delle “Suppliche”. Il TM presenta qualche difficoltà. Il metro è di 4 + 4 accenti.

Divisione:

  • v. 2-3: appello introduttivo di salvezza;
  • vv. 4-5: appello imprecatorio contro le malelingue;
  • v. 6: oracolo;
  • v. 7: commento sapienziale all'oracolo;
  • vv. 8-9: fiducia nel divino soccorso.

v. 2. «Salvami, Signore»: il pressante appello, significato dallo stato enfatico del verbo, è presente anche altrove nella Bibbia; cfr. Sal 3,8; 20,10; 69,2; 2Re 6,26. «è scomparsa la fedeltà...»: si tratta di un iperbole che amplifica il senso di vuoto e di scoraggiamento dell'orante.

V. 5. «Per la nostra lingua siamo forti... chi sarà nostro padrone?»: il salmista riporta il discorso arrogante dei bugiardi che osano sfidare lo stesso Dio, credendosi potenti con l'uso distorto e doppio della parola. È il peccato di hybris come quello del re di Babilonia di Is 14,13-15

v. 6. Oracolo. E il cuore del salmo. Il Signore risponde prontamente alla pressante invocazione iniziale del v. 2. Egli interverrà a difendere i miseri e i poveri, facili prede di raggiri, d'inganni e di ingiustizie da parte di chi si serve indiscriminatamente e spregiudicatamente della parola. «io sorgerò»: l'alzarsi di Dio è azione tipica per un intervento salvifico (o punitivo) di Dio, come di un giudice o di un generale, cfr. Is 33,10; Sal 76,10; 102,14.

vv. 8-9. Il salmo si chiude con i vv. 8-9 in inclusione con il v. 2, manifestando la fiducia nella giustizia e nel soccorso di Dio, che libererà il suo popolo dalla piaga degli empi e arroganti bugiardi.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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FIDUCIA IN DIO 1 Al maestro del coro. Di Davide.

Nel Signore mi sono rifugiato. Come potete dirmi: “Fuggi come un passero verso il monte”?

2 Ecco, i malvagi tendono l'arco, aggiustano la freccia sulla corda per colpire nell'ombra i retti di cuore.

3 Quando sono scosse le fondamenta, il giusto che cosa può fare?

4 Ma il Signore sta nel suo tempio santo, il Signore ha il trono nei cieli. I suoi occhi osservano attenti, le sue pupille scrutano l'uomo.

5 Il Signore scruta giusti e malvagi, egli odia chi ama la violenza.

6 Brace, fuoco e zolfo farà piovere sui malvagi; vento bruciante toccherà loro in sorte.

7 Giusto è il Signore, ama le cose giuste; gli uomini retti contempleranno il suo volto. _________________ Note

*11,1** Gli amici sembrano consigliare all’orante di fuggire davanti alle macchinazioni dell’empio (v. 1) che appaiono incrinare l’equilibrio del cosmo (v. 3), ma egli ha piena fiducia nel Dio d’Israele, che ha posto la dimora nel suo tempio santo: là trova rifugio e difesa (v. 4).

*11,6** Brace, fuoco e zolfo: probabile riferimento al castigo inflitto da Dio alle città di Sodoma e Gomorra (Gen 19,24). =●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti

Salmo 11 (10) – Il giusto si rifugia in Dio Salmo di fiducia La composizione poetica trasmette pace e serenità. Il nome del «Signore» ricorre cinque volte: nel v. 1 (inizio), nei vv. 4-5 (corpo del salmo) e nel v. 7 (alla fine), Quest'ultimo versetto fa da sunto teologico a tutto il carme. È evidente la posizione antitetica tra le voci “giusto” (ṣaddîq) ed empio (rāsā‘). La simbologia è di carattere venatorio-bellico (v. 2), spaziale, antropomortico. Dio è visto come «scrutatore» (vv. 4-5), «guerriero» (v. 6) e «giudice» (v. 7). Il ritmo nel TM è di 3 + 3 accenti.

Divisione:

  • v. 1b: introduzione;
  • vv. 2-3: il trionfo dell'empio;
  • vv. 4-6: trionfo del giusto;
  • v. 7: dossologia e sunto del salmo.

v. 1b. Il salmo si apre con una professione di fede. Il salmista confessa che ha trovato rifugio nel Signore, cioè nel tempio, e non può seguire il consiglio di scappare sui monti per salvarsi.

v. 1c. «Fuggi come un passero...»: spesso i perseguitati trovano scampo nascondendosi sulle montagne.

v. 3. «Quando sono scosse le fondamenta...»: cfr. Sal 82,5. Le fondamenta sono le colonne che nella cosmologia biblica sostengono la piattaforma della terra (Sal 24,2; 102,26; 104,5.8; Prv 3,19; Gb 38,4-7...). Qui è da intendersi in senso traslato. Si tratta delle fondamenta del vivere civile, di un buon governo. Se vengono meno, regna l'ingiustizia e l'anarchia, e il giusto non ha che da fuggire sui monti, secondo il parere dei consiglieri del mondo, ma non ha che da rifugiarsi nel Signore, secondo il salmista.

v. 4. «il Signore nel tempio santo...»: nel versetto si evidenzia l'onniscienza di Dio. Egli guarda il mondo e i suoi occhi scrutano ogni uomo (cfr. Sal 7,10). Il suo trono celeste è reso visibile nel suo tempio terrestre (Sal 99,5; 1Cr 28,2).

v. 6. «Farà piovere...»: il castigo esemplare di Dio è simile a quello di Sodoma e Gomorra (Gn 19,24). Si ricorre al linguaggio teofanico (cfr. Es 24,17; Sal 18,8-16).

v. 7. Un atto di fede dossologico finale chiude il salmo. Il Signore manifesta la sua giustizia ai giusti (retti di cuore) ammettendoli alla visione del suo volto, cioè a una comunione di vita. Il versetto probabilmente fu aggiunto o dall'autore stesso o da un redattore, come sintesi finale del salmo; vi ricorrono infatti tutti i termini più significativi.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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DIO ABBATTE L’ARROGANZA DELL’EMPIO Lamed 1 (9,22) Perché, Signore, ti tieni lontano, nei momenti di pericolo ti nascondi?

2 (9,23) Con arroganza il malvagio perseguita il povero: cadano nelle insidie che hanno tramato!

3 (9,24) Il malvagio si vanta dei suoi desideri, l'avido benedice se stesso.

4 (9,25) Nel suo orgoglio il malvagio disprezza il Signore: “Dio non ne chiede conto, non esiste!”; questo è tutto il suo pensiero.

5 (9,26) Le sue vie vanno sempre a buon fine, troppo in alto per lui sono i tuoi giudizi: con un soffio spazza via i suoi avversari.

6 (9,27) Egli pensa: “Non sarò mai scosso, vivrò sempre senza sventure”.

Pe 7 (9,28) Di spergiuri, di frodi e d'inganni ha piena la bocca, sulla sua lingua sono cattiveria e prepotenza.

8 (9,29) Sta in agguato dietro le siepi, dai nascondigli uccide l'innocente.

Ain I suoi occhi spiano il misero, 9 (9,30) sta in agguato di nascosto come un leone nel covo. Sta in agguato per ghermire il povero, ghermisce il povero attirandolo nella rete.

10 (9,31) Si piega e si acquatta, cadono i miseri sotto i suoi artigli.

11 (9,32) Egli pensa: “Dio dimentica, nasconde il volto, non vede più nulla”.

Kof 12 (9,33) Sorgi, Signore Dio, alza la tua mano, non dimenticare i poveri.

13 (9,34) Perché il malvagio disprezza Dio e pensa: “Non ne chiederai conto”?

Res 14 (9,35) Eppure tu vedi l'affanno e il dolore, li guardi e li prendi nelle tue mani. A te si abbandona il misero, dell'orfano tu sei l'aiuto.

Sin 15 (9,36) Spezza il braccio del malvagio e dell'empio, cercherai il suo peccato e più non lo troverai.

16 (9,37) Il Signore è re in eterno, per sempre: dalla sua terra sono scomparse le genti.

Tau 17 (9,38) Tu accogli, Signore, il desiderio dei poveri, rafforzi i loro cuori, porgi l'orecchio,

18 (9,39) perché sia fatta giustizia all'orfano e all'oppresso, e non continui più a spargere terrore l'uomo fatto di terra. _________________ Note

10,1 Di fronte all’arroganza del malvagio e al successo di ogni sua opera, il giusto rimane colpito dal silenzio di Dio e ne invoca l’intervento. Dio non rimarrà indifferente. Si tratta della seconda parte del Sal 9, come indicano le lettere dell’alfabeto da Lamed a Tau, poste all’inizio di ogni strofa. Nel testo ebraico della Bibbia inizia qui il Sal 10, mentre nella versione greca dei LXX e nella Vulgata latina continua il Sal 9.

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Approfondimenti

Salmo 10 (9) vv.22-32. Dopo una domanda simile a quella del giusto perseguitato (cfr. Sal 22,2) sull'apparente silenzio ed inoperosità di Dio al momento del bisogno, e la prosperità degli empi, il salmista descrive lungamente la perfidia e le arti messe in campo dal malvagio contro il misero e l'oppresso (vv. 23-31) osando sfidare direttamente anche Dio (v. 32).

v. 25. «Dio non se ne cura: Dio non esiste»: cfr. Sal 14. Si tratta di ateismo pratico. Le parole dell'empio negano l'interessamento e l'intervento di Dio a favore dell'uomo.

v. 27. «Egli pensa...»: nei vv. 27-32 si descrive la mentalità e l'atteggiamento dell'empio, che negando l'interessamento di Dio per l'uomo, disprezza le sue leggi opprimendo con inganni, tranelli, agguati, violenza e soprusi il misero, sicuro di sé (v. 27), e disprezzando Dio, accusato di dimenticare e di voltare la faccia per non vedere (v. 32).

v. 33. «Sorgi»: Dio come un guerriero si alza a combattere (Es 6,6; Dt 4,24), ma anche come giudice per giudicare (Is 9,11; 10,4).

v. 36. «Spezza il braccio...»: è un antropomorfismo. Il braccio è simbolo del potere e dell'azione perfida dell'empio. Dio «con la mano alzata» (v. 33) lo spezza riducendo l'empio all'impotenza di nuocere.

vv. 37-39. In questi versetti di genere innico si esalta il Signore, re eterno, che ascolta i gemiti dei miseri e li salva, facendo giustizia e distruggendo i malvagi, cosicché essi non incutano più paura agli oppressi e agli orfani (v. 39). Il salmo si chiude con una professione di fede nella giustizia di Dio che salva «l'orfano e l'oppresso», ma riduce al nulla l'uomo che, dimentico della sua condizione creaturale, ha osato sfidarlo.

Nel NT Rm 3,14 cita il v. 28a (= Sal 10,7), e At 17,31 riprende il v. 9; 1Pt 5,8 adopera l'immagine del leone del v. 30 (= Sal 10,9), applicandola al diavolo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INNO ALLA GIUSTIZIA DI DIO 1 Al maestro del coro. Su “La morte del figlio”. Salmo. Di Davide.

Alef 2 Renderò grazie al Signore con tutto il cuore, annuncerò tutte le tue meraviglie.

3 Gioirò ed esulterò in te, canterò inni al tuo nome, o Altissimo, Bet 4 mentre i miei nemici tornano indietro, davanti a te inciampano e scompaiono,

5 perché hai sostenuto il mio diritto e la mia causa: ti sei seduto in trono come giudice giusto. Ghimel 6 Hai minacciato le nazioni, hai sterminato il malvagio, il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre.

7 Il nemico è battuto, ridotto a rovine per sempre. È scomparso il ricordo delle città che hai distrutto. He 8 Ma il Signore siede in eterno, stabilisce il suo trono per il giudizio:

9 governerà il mondo con giustizia, giudicherà i popoli con rettitudine. Vau 10 Il Signore sarà un rifugio per l'oppresso, un rifugio nei momenti di angoscia.

11 Confidino in te quanti conoscono il tuo nome, perché tu non abbandoni chi ti cerca, Signore. Zain 12 Cantate inni al Signore, che abita in Sion, narrate le sue imprese tra i popoli,

13 perché egli chiede conto del sangue versato, se ne ricorda, non dimentica il grido dei poveri. Het 14 Abbi pietà di me, Signore, vedi la mia miseria, opera dei miei nemici, tu che mi fai risalire dalle porte della morte,

15 perché io possa annunciare tutte le tue lodi; alle porte della figlia di Sion esulterò per la tua salvezza. Tet 16 Sono sprofondate le genti nella fossa che hanno scavato, nella rete che hanno nascosto si è impigliato il loro piede.

17 Il Signore si è fatto conoscere, ha reso giustizia; il malvagio è caduto nella rete, opera delle sue mani. Iod 18 Tornino i malvagi negli inferi, tutte le genti che dimenticano Dio. Caf 19 Perché il misero non sarà mai dimenticato, la speranza dei poveri non sarà mai delusa.

20 Sorgi, Signore, non prevalga l'uomo: davanti a te siano giudicate le genti.

21 Riempile di spavento, Signore, riconoscano le genti di essere mortali. _________________ Note

9,1 È la prima delle composizioni “alfabetiche” del salterio (le altre sono Sal 25; 34; 37; 111; 112; 119; 145;): le lettere dell’alfabeto ebraico, Alef, Bet, Ghimel…, disposte nel loro ordine (e segnalate in margine), costituiscono la prima lettera dei versetti o delle strofe corrispondenti. Il salmo contiene il ringraziamento e la lode che il povero innalza a Dio per la salvezza ricevuta.

9,1 La morte del figlio: nome del canto che probabilmente offriva la melodia per questo salmo.

9,6 Cancellare il nome e far scomparire il ricordo sono espressioni simboliche per indicare annientamento e sterminio.

9,13 Dio viene spesso presentato come vendicatore del sangue versato ingiustamente, cioè della soppressione della vita (vedi Gen 4,10-11; 9,5-6 Gb 16,18; Ez 33,6).

9,14-15 Le porte della morte sono immagine di pericolo e di morte; le porte della figlia di Sion, cioè di Gerusalemme, designano invece la vita, la protezione, la salvezza. =●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti

Salmo 9 – Salmo di ringraziamento (+ motivi innici, di lamentazione e sapienziali)

Il salmo si presenta unitario nei LXX, ma sdoppiato nel TM, così da formare il Sal 9 e il Sal 10 diversificando così la stessa numerazione consecutiva nei LXX (un'unità in meno) e nel TM (un'unità in più). Non si conoscono i motivi dello sdoppiamento, tuttavia vi sono indizi validi che rafforzano l'unità dei due tronconi, come il carattere acrostico del Sal 9-10 ™, l'assenza del titolo al Sal 10 che si trova in una catena di salmi tutti titolati, e le ragioni letterarie (stile, lessico, immagini, paradigmi). Il salmo risale probabilmente al tardo postesilio. Il pensiero si sviluppa a ondate rivelando una vasta gamma di sentimenti (ringraziamento, lode, angoscia, sofferenza, fiducia, supplica...) dando origine a diversi generi letterari. La simbologia è bellica, regale, giudiziale, fiduciale, spaziale, temporale, teriomorfa e antropomorfica.

Questo salmo è stato definito “il manifesto degli ‘anāwîm”, è una preghiera dei poveri. Il significato originale della parola ebraica ‘anāwîm sembra richiamare il gesto del curvarsi, simbolo di una situazione di povertà. Il successivo uso biblico e quindi religioso fa però riferimento a persone discrete, umili, sottomesse, miti, che esprimono un atteggiamento di sottomissione fiduciosa verso Dio. Anche nelle altre parole ebraiche sinonime di ‘anāwîm, risultano presenti entrambi gli aspetti, quello sociale e quello teologico, molto usati anche dai profeti: i poveri socialmente e gli umili.

Qui i protagonisti del salmo sono: il povero, Dio che è re e giudice, le nazioni. Il tema è quello affrontato anche da altri salmi: come può Dio tollerare il male e permettere la sofferenza del povero e dell’innocente? Al centro dell’attenzione viene posto il povero, verso cui convergono sia l’interesse maligno dell’empio sia quello benefico di Dio.

L’esposizione dei contenuti è un po’ faticosa, ma l’atteggiamento che attraversa il salmo è quello del lamento, che però nella Bibbia non è mai totalmente pessimista e contiene anche la speranza e il ringraziamento. È importante nel salmo 9-10 anche il riferimento alla regalità di JHWH. Dio, giudice giusto, è “rifugio” del povero.

Divisione:

  • vv. 2-3: introduzione;
  • vv. 4-13: ringraziamento al Signore giudice;
  • vv. 14-21; appello al Signore giudice;

____SALMO 10 ™____

  • vv. 22-32: lamento-riflessione sull'arroganza del l'empio;
  • vv. 33-36: appello per la punizione dell'empio e per la giustizia dei poveri;
  • vv. 37-39: inno finale.

v. 2. «con tutto il cuore»: espressione tipica del Deuteronomio e di Geremia, cfr. Dt 4,29; 6,5; 10,12; Ger 3,10; 24,7; 29,13; 32,41. «le tue meraviglie»: le meraviglie (niplᵉ’ôt) sono i prodigi dell'esodo, della creazione e i gesti di salvezza di Dio per il salmista fedele.

v. 11. «quanti conoscono il tuo nome»: sono quelli che riconoscono la divinità e la regalità del Signore o hanno una particolare relazione con lui.

v. 12. «che abita in Sion»: nel tempio di Gerusalemme il Signore aveva la sua dimora terrestre, il trono dell'arca ove sedeva re e giudice.

v. 13. «Vindice del sangue»: è una definizione solenne di Dio come vendicatore del sangue sparso ingiustamente (cfr. Gn 4,10-11; 9,5-6; Ez 33,6; Gb 16,18).

v. 16. «Sprofondano...»: Dio attua così il principio della “nemesi immanente” anche a livello di popoli come per il singolo (cfr. Sai 7,14-17): si cade vittima dello stesso male che si voleva fare agli altri. «fossa.... rete...»: sono immagini della caccia. Il cacciatore cade nella trappola da lui stesso preparata!

v. 18. «negli inferi»: è lo šᵉ’ôl il destino degli empi, dove l'uomo ridotto a una esistenza evanescente e larvale (Sal 6,6) non può lodare Dio. È la legge del contrappasso. Chi non ha voluto e ricordato Dio nella vita terrena non lo può neanche nell'oltretomba.

v. 21. «sappiano... che sono mortali»: il salmista supplica il Signore affinché i superbi che hanno osato sfidare Dio, spaventati attraverso la sua potenza terribile, possano riconoscere la loro nullità davanti a lui.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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LA GLORIA DI DIO E LA DIGNITÀ DELL’UOMO 1 Al maestro del coro. Su “I torchi”. Salmo. Di Davide.

2 O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra! Voglio innalzare sopra i cieli la tua magnificenza,

3 con la bocca di bambini e di lattanti: hai posto una difesa contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli.

4 Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato,

5 che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell'uomo, perché te ne curi?

6 Davvero l'hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato.

7 Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi:

8 tutte le greggi e gli armenti e anche le bestie della campagna,

9 gli uccelli del cielo e i pesci del mare, ogni essere che percorre le vie dei mari.

10 O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra! _________________ Note

8,1 Allo stupore che suscita il creato, si unisce un senso di ammirazione per la bontà paterna di Dio, sottolineata dalle espressioni opera delle tue dita... opere delle tue mani (vv. 4.7). In questo inno, che la lettura cristiana applica a Cristo (1Cor 15,27; Ef 1,22; Eb 2,6-8), l’uomo, pur nella sua fragilità e debolezza (v. 5), appare con tutta la dignità di immagine e somiglianza di Dio, re e signore del creato (vv. 6-9; vedi Gen 1,26-28).

8,1 I torchi: forse allusione a un canto di vendemmia, che offriva la melodia al salmo.

8,2 Il nome, nella Bibbia, equivale spesso alla persona. Qui designa Dio stesso.

8,6 di un dio: LXX, Vg e NVg traducono “degli angeli”, interpretando l’ebraico “elohim” come corte celeste, sminuendo però il paragone fondato sull’idea dell’uomo immagine di Dio.

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Approfondimenti

**Salmo 8 – ** Inno I principali indizi di struttura sono: l'inclusione del ritornello del v. 2 e del v. 10, la triplice ricorrenza del pronome interrogativo mah (= che cosa, quanto) nei vv. 2.5.10, e le ripetizioni di «cielo» nei vv. 2,4,9, di «tutto» nei vv. 2.7,8.10, e di «opere» nei vv. 4.7. Il salmo si può perciò così suddividere:

  • v. 2a: esaltazione della grandezza del nome divino (inclusione-ritornello);
  • vv. 2b-5: la maestà di Dio nei cieli e domanda sull'uomo;
  • vv. 6-9: il potere dell'uomo e Dio;
  • v. 10: esaltazione della grandezza del nome divino (inclusione-ritornello).

Tra i personaggi ricorrenti, è Dio il vero protagonista. Egli per lo più è il soggetto della maggioranza dei verbi e a lui si riferiscono quasi tutti gli aggettivi possessivi. L'uomo è la controparte. Lo spazio è configurato diviso in tre sezioni secondo le voci ricorrenti di cielo, terra, e mare, e le preposizioni spaziali “sopra” (v. 2) e “sotto” (v. 7). Del linguaggio corporeo, di Dio si menzionano le dita (v. 4) e le mani (v. 7); dell'uomo, la bocca (v. 3) e i piedi (v. 7).

v. 2a. «O Signore, nostro Dio... su tutta la terra»; il Signore è chiamato «nostro Dio» (’adōnênû = nostro sovrano), in senso ristretto, in quanto re d'Israele, suo popolo eletto, ma la sua fama e dominio si estendono su tutta la terra. Negli aggettivi “nostro” e “tutto” si ha il passaggio dal particolare all'universale. «il tuo nome»: indica Dio stesso. Il nome, come anche la categoria della sapienza, della parola, dello spirito, è considerato ipostasi di Dio nella mentalità ebraica.

v. 2b. «Sopra i cieli»: l'espressione può riferirsi tanto alla maestà di Dio che domina sui cieli, quanto alla volontà del salmista che vuole, nella lode a Dio, unirsi alla liturgia celeste, quella che si celebra al di sopra dei cieli. Il Sal 150,1 invita a lodare Dio «nel firmamento della sua fortezza».

v. 3. «Con la bocca dei bimbi e dei lattanti»: i lattanti erano tenuti al seno della mamma almeno fino ai due anni. Il salmista vuole lodare il Signore con la gioia e lo stupore dei piccoli, e non con la malizia e la prolissità di discorso dei grandi. «contro i tuoi avversari»: gli avversari, specificati in “nemico” e “vendicatore”, sono i nemici mitici, cosmici di Dio, le forze avverse del caos primordiale, credenza comune nella letteratura del Vicino Oriente. Essi volevano ostacolare la creazione del kosmos (cfr. Sal 74,14; 89,11; Gb 40-41). Si pensa anche ai giganti di Gn 6,4. Ma a livello storico gli avversari di Dio sono quegli uomini che non l'accettano o rifiutano di sottomettersi a lui.

v. 4. «opera delle tue dita»: l'espressione suggerisce l'immagine dell'artigiano, che lavora meticolosamente e delicatamente alla sua opera modellandola con le dita. Vi è più direttamente coinvolto. Così Dio. «la luna e le stelle»: non si menziona il sole. E probabile che il poeta sia rimasto in contemplazione del cielo in una notte stellata e con la luna.

v. 5. «che cosa è l'uomo...»: a differenza dello stesso pronome interrogativo dei vv. 2 e 10, qui il mah (= che cosa?) esprime la meraviglia della contemplazione che sfocia in un interrogativo. «l'uomo»: la voce ebraica qui usata (’enôš), indica l'uomo in quanto debole, caduco (cfr. Sal 103,14; Is 51,12); «il figlio dell'uomo»: sta per «uomo». Non si riferisce all'umanità in genere, ma all'uomo singolo, a ciascun uomo, «te ne ricordi...te ne curi»: il poeta descrive così la relazione personale di Dio con l'uomo.

vv. 6-7. «l'hai fatto poco meno... lo hai coronato... gli hai dato potere... tutto hai posto»: con questi quattro verbi si esprime l'attività premurosa di Dio nel riguardi dell'uomo, sottolineando anche che questi ha ricevuto la sua dignità e il suo dominio sul creato direttamente da lui. «poco meno degli angeli»: alla lett, «di un dio». La traduzione greca dei LXX e la Vulgata traducono mē’elōhīm del v. 6 con «degli angeli». Eb 2,7 riprende la versione dei LXX. La traduzione letterale rende di più il pensiero del salmista che vuole esaltare la somma grandezza dell'uomo sul creato, da raggiungere quasi la soglia di Dio stesso. «di gloria e di onore»: la gloria (kābôd) e l'onore (hādār) sono prerogative di Dio nell'AT. Egli le concede all'uomo rendendolo partecipe della sua dignità regale. «tutto hai posto sotto i suoi piedi»: la metafora indica il dominio. I piedi poggiano su «tutto» come su uno sgabello, su cui venivano, nell'antichità, raffigurati i nemici vinti, in segno di soggezione (cfr. Sal 47,4; 110,1; Gs 10,24; 1Re 5,17; Lam 3,34).

vv. 8-9. Questi versetti specificano la totalità espressa nel v. 7. «tutti i greggi... tutte le bestie...»: passano, in un'ideale sfilata, davanti alla mente dell'uomo tutti gli animali terrestri, dell'aria e acquatici. La ripetizione per tre volte di «tutto» (kōl) nei vv. 7-8 ne è segno. Si enumerano tre dei quattro elementi ritenuti fin dall'antichità primordiali: terra, aria, acqua; manca il fuoco. «che percorrono le vie del mare»: per gli altri animali non ci sono specificazioni, eccetto che per i pesci. Il salmista è estasiato dalla vastità del mare e dalla misteriosità dei suoi abissi, in cui i pesci prendono nei loro spostamenti ogni direzione che non lascia traccia, e, chiudendo il salmo, coinvolge anche l'orante nella contemplazione del mare le cui acque brulicano di vita.

v. 10. «O Signore, nostro Dio...»: quest'inclusione-ritornello non è una semplice ripetizione della stessa espressione del v. 2a. A chiusura del salmo, dopo la contemplazione della maestà di Dio e della dignità dell'uomo, è senz'altro più convinta e più intensa di emozioni.

Nel NT il Sal 8 è citato principalmente in Mt 21,16, in 1Cor 15,26 é in Eb 2,5-8.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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PREGHIERA DEL GIUSTO PERSEGUITATO 1 Lamento che Davide cantò al Signore a causa delle parole di Cus, il Beniaminita.

2 Signore, mio Dio, in te ho trovato rifugio: salvami da chi mi perseguita e liberami,

3 perché non mi sbrani come un leone, dilaniandomi senza che alcuno mi liberi.

4 Signore, mio Dio, se così ho agito, se c'è ingiustizia nelle mie mani,

5 se ho ripagato il mio amico con il male, se ho spogliato i miei avversari senza motivo,

6 il nemico mi insegua e mi raggiunga, calpesti a terra la mia vita e getti nella polvere il mio onore.

7 Sorgi, Signore, nella tua ira, àlzati contro la furia dei miei avversari, svégliati, mio Dio, emetti un giudizio!

8 L'assemblea dei popoli ti circonda: ritorna dall'alto a dominarla!

9 Il Signore giudica i popoli. Giudicami, Signore, secondo la mia giustizia, secondo l'innocenza che è in me.

10 Cessi la cattiveria dei malvagi. Rendi saldo il giusto, tu che scruti mente e cuore, o Dio giusto.

11 Il mio scudo è in Dio: egli salva i retti di cuore.

12 Dio è giudice giusto, Dio si sdegna ogni giorno.

13 Non torna forse ad affilare la spada, a tendere, a puntare il suo arco?

14 Si prepara strumenti di morte, arroventa le sue frecce.

15 Ecco, il malvagio concepisce ingiustizia, è gravido di cattiveria, partorisce menzogna.

16 Egli scava un pozzo profondo e cade nella fossa che ha fatto;

17 la sua cattiveria ricade sul suo capo, la sua violenza gli piomba sulla testa.

18 Renderò grazie al Signore per la sua giustizia e canterò il nome di Dio, l'Altissimo. _________________ Note

7,1 Certo della sua innocenza, l’orante implora l’intervento di Dio contro quanti lo accusano e lo perseguitano. Dio è descritto, da una parte, come giudice giusto, che si erge a proclamare l’innocenza del suo fedele; dall’altra, come il guerriero valoroso che sconfigge i nemici.

7,1 Cus, il Beniaminita: è personaggio sconosciuto. Alcuni lo identificano con un nemico di Davide o con l’Etiope che gli annunziò la morte di Assalonne (2Sam 18,21-32); Cus, in ebraico, è infatti il nome dell’Etiopia.

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Approfondimenti

Salmo 7 – L'innocente perseguitato chiede giustizia Supplica individuale (+ riflessione sapienziale)

C'è lo schema triangolare usuale nelle “Suppliche”: Dio-io (= l'orante) – essi (= i nemici). Il carme è ambientato in un contesto giuridico-giudiziale (molti vocaboli sono del lessico forense). C'è inoltre un simbolismo di tipo militare, materno, teriomorfo e venatorio. Due particolarità distinguono questo salmo dagli altri: la possibilità concessa al colpevole di convertirsi prima dell'esecuzione della sentenza (v. 13) e l'immagine del parto con cui viene descritto l'operato dell'empio (v. 15). Nel suo stato attuale il salmo risale al postesilio, data la presenza di alcuni aramaismi e per l'influsso di Geremia e dei Sapienziali. Strutturalmente il carme inizia con «Signore, mio Dio» (JHWH ‘elōhay) e finisce con «Dio, l'Altissimo» (JHWH ‘elyôn), ma gli appellativi divini abbondano nell'intera composizione.

Divisione: * vv. 2-3: appello introduttivo; * vv. 4-6: giuramento d'innocenza; * vv. 7-14: invocazione del giudizio di Dio con riflessioni sapienziali; * vv. 15-17: riflessione sapienziale sull'empio; * v. 18: conclusione-ringraziamento finale.

vv. 1-3. «come un leone»: il nemico persecutore è paragonato a un leone nella furia bestiale dello sbranare e lacerare la sua preda. L'immagine è plastica. Tra il “perseguitare” (rdp) (v. 2) e lo “sbranare” (trp) (v. 3) c'è in ebraico allitterazione. Per immagini teriomorfe simili cfr. Sal 22,13.14.17.22.

vv. 4-6. Giuramento d'innocenza. Vi si ricorreva quando, esperiti tutti i mezzi normali, non si era raggiunta la verità. Si faceva regolarmente nel tempio alla presenza di un sacerdote (cfr. Dt 17,8-10; 1Re 8,31). L'accusato invocava sul suo capo la vendetta di Dio in caso di colpevolezza (cfr: Gb 31,5-40). La sentenza emessa nel santuario era perciò inappellabile e doveva essere eseguita dalle autorità locali (Dt 19,16-19). Il giuramento d'innocenza si compone di due parti: “la confessione negativa” (vv. 4-5) (protasi) e “l'automaledizione” (v. 6) (apodosi) che si esprimeva con imprecazioni molto vivaci, tipicamente orientali.

v. 4. «se così ho agito»: alla lett. «se ho fatto questo». «Questo» si deve qui intendere come sinonimo di “male, colpa” (con cui sta spesso in parallelismo: Sal 44,18; Sof 2,10), e suppone un'accusa reale fatta al salmista in precedenza. «sulle mie mani»: è una metafora per indicare le opere, le prove della sua colpevolezza, cfr. 1Sam 24,12; 26,18; 1Cr 12,18; Gb 16,17.

v. 5. Riguarda la violazione del diritto nei riguardi del prossimo. Si tratta dell'applicazione della giustizia vendicativa secondo la legge del taglione (Es 21,24-25). «il mio amico»: alla lett. šôlᵉmî è una contrazione di ’îš šᵉlômî (= uomo della mia pace) cioè «alleato» (cfr. Sal 41, 10).

v. 7. «Sorgi»: è l'antico grido di guerra (cfr. Sal 3,8) d'Israele nel deserto. Qui è trasferito dal salmista nel campo forense. «levati... alzati»: con un forte antropomorfismo, in riferimento all'immagine militare di Dio. il salmista si propone di svegliarlo dal sonno dell'indifferenza per giudicare subito gli empi, i nemici arroganti.

v. 9. «Il Signore decide... giudicami...»: dopo la professione di fede sulla prerogativa di Dio in quanto giudice supremo e universale dei popoli (vv. 8-9a) (cfr. Gn 18,25; Sap 12,13), l'orante chiede di essere giudicato da lui «secondo la mia giustizia e secondo la mia innocenza»: queste erano state affermate con il suo giuramento d'innocenza (vv. 4-6), cfr. Sal 26,1-3; 35, 24.

v. 10. «Poni fine al male.. rafforza..»: si sintetizzano le due richieste dei vv. 7-9: la fine degli empi e la stabilità dell'uomo retto (alla lett.: «giusto»); e si riflette poi sull'imparzialità di Dio, in quanto profondo conoscitore dell'uomo, di cui gli sono noti «cuore» e «reni», cioè la sua coscienza (= cuore) e la sua sfera volitiva e affettiva (= reni). Per l'appellativo di Dio in quanto «scrutatore di cuore e di reni» cfr. Sal 11,4-5; 17,3; 26,2; 139,23. L'appellativo è frequente in Geremia (11,20; 12,3; 17,10; 20,12).

v. 11. «La mia difesa...»: in questo versetto, con un altra riflessione sapienziale e di fede, il salmista afferma che come lui così tutti i «retti di cuore» ricevono ugualmente salvezza da Dio. Egli non fa eccezione di persone: il caso personale corrisponde al principio generale. I vv. 11-14 hanno un forte simbolismo bellico.

vv. 15-17. Con il simbolismo del parto (v. 15) e della fossa (trappola), della caccia (v. 16) e della pietra (o rete) lanciata (v. 17), si accenna alla pena del contrappasso dell'empio (cfr. Gb 15,35; Is 33,11). Il male che ha tramato e compiuto si riversa sulla sua testa. Infatti «chi scava una fossa vi cadrà dentro e chi rotola una pietra gli cadrà addosso» (Prv 26,27). Si precisa il pensiero espresso sopra: non è Dio che punisce e annienta il peccatore, è il suo stesso peccato che lo manda in rovina!

v. 18. Il salmista ringrazia, celebrando il Signore per «la sua giustizia», tema centrale di tutto il salmo, invocandolo per due volte: «Signore... Signore altissimo» ™ facendo inclusione con «Signore, mio Dio» dell'apertura del salmo stesso (v. 2). In tutto il salmo così il nome di Dio «Signore» si è sentito per otto volte.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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