📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

1di ripetere quanto hai udito e di rivelare parole segrete. Allora saprai veramente che cos'è la vergogna e incontrerai favore presso ogni uomo.

Azioni di cui ci si può vantare Delle cose seguenti non ti vergognare e non peccare per rispetto umano: 2della legge dell'Altissimo e dell'alleanza, della sentenza che giustifica l'empio, 3dei conti con il socio e con i compagni di viaggio, di dare agli altri l'eredità che spetta loro, 4dell'esattezza della bilancia e dei pesi, di fare acquisti, grandi o piccoli che siano, 5della contrattazione sul prezzo dei commercianti, della frequente correzione dei figli e di far sanguinare i fianchi di uno schiavo pigro. 6Con una moglie malvagia è opportuno il sigillo, dove ci sono troppe mani usa la chiave. 7Qualunque cosa depositi, contala e pesala, il dare e l'avere sia tutto per iscritto. 8Non vergognarti di correggere l'insensato e lo stolto e il vecchio molto avanti negli anni accusato di fornicazione; così sarai veramente assennato e approvato da ogni vivente.

Precauzioni per le figlie 9Per il padre una figlia è un'inquietudine segreta, il pensiero di lei allontana il sonno: nella sua giovinezza, perché non sfiorisca, una volta accasata, perché non sia ripudiata, 10finché è vergine, perché non sia sedotta e resti incinta nella casa paterna, quando è maritata, perché non cada in colpa, quando è accasata, perché non sia sterile. 11Su una figlia ribelle rafforza la vigilanza, perché non ti renda scherno dei nemici, motivo di chiacchiere in città e di rimprovero fra la gente, così da farti vergognare davanti a tutti. 12Non considerare nessuno solo per la sua bellezza e non sederti insieme con le donne, 13perché dagli abiti esce fuori la tignola e dalla donna malizia di donna. 14Meglio la cattiveria di un uomo che la compiacenza di una donna, una donna impudente è un obbrobrio.

LA SAPIENZA DI DIO NELLA CREAZIONE (42,15-43,33)

Le opere del creatore 15Ricorderò ora le opere del Signore e descriverò quello che ho visto. Per le parole del Signore sussistono le sue opere, e il suo giudizio si compie secondo il suo volere. 16Il sole che risplende vede tutto, della gloria del Signore sono piene le sue opere. 17Neppure ai santi del Signore è dato di narrare tutte le sue meraviglie, che il Signore, l'Onnipotente, ha stabilito perché l'universo stesse saldo nella sua gloria. 18Egli scruta l'abisso e il cuore, e penetra tutti i loro segreti. L'Altissimo conosce tutta la scienza e osserva i segni dei tempi, 19annunciando le cose passate e future e svelando le tracce di quelle nascoste. 20Nessun pensiero gli sfugge, neppure una parola gli è nascosta. 21Ha disposto con ordine le meraviglie della sua sapienza, egli solo è da sempre e per sempre: nulla gli è aggiunto e nulla gli è tolto, non ha bisogno di alcun consigliere. 22Quanto sono amabili tutte le sue opere! E appena una scintilla se ne può osservare. 23Tutte queste cose hanno vita e resteranno per sempre per tutte le necessità, e tutte gli obbediscono. 24Tutte le cose sono a due a due, una di fronte all'altra, egli non ha fatto nulla d'incompleto. 25L'una conferma i pregi dell'altra: chi si sazierà di contemplare la sua gloria?

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Approfondimenti

vv. 9-14. Ben Sira torna sull'argomento (cfr. 7,24-25; 22,3-5). Come un tesoro che non fa dormire, una figlia porta sempre con sé problemi (vv. 9-10): da ragazza perché può rimanere senza marito o essere sedotta (cfr. Dt 22,20-22); da sposata, perché può essere ripudiata (cfr. Dt 24,1) o sbagliare (cfr. Lv 18,20; Gv 8,4-5) o risultare sterile (cfr. Gn 16,4s; 30,23, Lc 1,25). Nel caso di una figlia «indocile» (stessa espressione in 26,10), il padre deve rafforzare la custodia, se non vuole finire sulla bocca di tutti, davanti «alle porte» della città per il giudizio dell'assemblea (v. 11). La vigilanza – seguendo il testo ebraico – consiste nel celare la bellezza e impedire gli incontri pettegoli e maliziosi con altre donne (vv. 12-13). Sentenza finale: meglio un uomo cattivo di una donna buona (v. 14). Nei vv. 12-14 la traduzione greca modifica: è meglio non fissare la bellezza e difendersi dalle donne, da cui può venire un male maggiore che dall'uomo cattivo. Il brano è comunque duro con la donna: va oltre i Proverbi e anticipa il rabbinismo. Il senso delle affermazioni, tuttavia, va attenuato, perché relativo ai pericoli più gravi che una ragazza non sposata corre nel contatto con donne sposate.

vv. 15-25. L'intera pericope (42,15-43,33) costituisce una lode alla gloria di Dio nella natura; nei successivi capitoli (44-50) Ben Sira loderà l'agire di Dio nella storia di Israele. Il primo brano (42,15-25) sembra un grande portale d'ingresso, che offre una visione d'insieme dei motivi di lode, provenienti sia dalla natura, che dalla storia. Dopo aver esposto i limiti della lode umana (vv. 15-17), Ben Sira esalta l'onnipotenza e l'onniscienza di Dio (vv. 18-21), per approdare all'amabile complementarietà di tutte le opere create (22-25). Da notare la comparsa del tema della parola creatrice (v. 15c; cfr. 43,5b.26), in sintonia con Gn 1 (cfr. Sal 33,6). Il termine ’mr (parlare) ha la stessa radice del sostantivo aramaico memra (parola), usato nella sinagoga per sostituire il nome ineffabile di Dio. Affiora la tendenza che sfocerà nella personificazione della parola (Gv 1) e supererà il legame tradizionale tra creazione e sapienza (cfr. Pr 8,22). Altro tema è costituito dai «santi» (v. 17a), cioè gli angeli che Dio abilita a stare alla sua presenza (cfr. Gb 5,1; Dn 4,10s.): sono modello di silenzio ammirato ed orante, che contempla la grandezza dell'opera del “Signore pantocratore” (v. 17c). Posto di fronte a Dio e agli angeli, l'uomo si sente ancora meno capace di pensare e di parlare. L'onniscienza divina abbraccia la profondità dell'abisso (cfr. Sal 33,7; Gb 9,13), del cuore umano (Gdt 8,14; Pr 15,11) e del tempo. Gli astri (v. 18d; cfr. 43,6) sono sue creature: non realtà divine, ma servi per segnare il tempo e rivelare la sua volontà circa il futuro (cfr. Ger 10,2; Mt 24,29-31).

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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La morte 1O morte, com'è amaro il tuo ricordo per l'uomo che vive sereno nella sua agiatezza, per l'uomo senza assilli e fortunato in tutto e ancora in forze per provare il piacere. 2O morte, è gradita la tua sentenza all'uomo indigente e privo di forze, al vecchio decrepito e preoccupato di tutto, a colui che è indocile e ha perduto ogni speranza. 3Non temere la sentenza della morte, ricòrdati di chi ti ha preceduto e di chi ti seguirà. 4Questo è il decreto del Signore per ogni uomo; perché ribellarsi al volere dell'Altissimo? Siano dieci, cento, mille anni: negli inferi non ci sono recriminazioni sulla vita.

5Figli d'infamia sono i figli dei peccatori, frequentano le case degli empi. 6L'eredità dei figli dei peccatori andrà in rovina, con la loro discendenza continuerà il disonore. 7Contro un padre empio imprecano i figli, perché a causa sua sono disonorati. 8Guai a voi, uomini empi, che avete abbandonato la legge dell'Altissimo! 9⌈Se vi moltiplicate, è per la rovina,⌉ se nascete, nascete per la maledizione, e se morite, la maledizione sarà la vostra sorte. 10Quanto è dalla terra alla terra ritornerà, così gli empi passano dalla maledizione alla rovina.

11Il lutto degli uomini riguarda i loro corpi, la cattiva fama dei peccatori sarà cancellata. 12Abbi cura del tuo nome, perché esso sopravviverà a te più di mille grandi tesori d'oro. 13I giorni di una vita felice sono contati, ma il buon nome dura per sempre.

Azioni di cui bisogna vergognarsi 14Figli, custodite l'istruzione in pace; ma sapienza nascosta e tesoro invisibile, a che cosa servono entrambi? 15Meglio l'uomo che nasconde la sua stoltezza di quello che nasconde la sua sapienza.

16Perciò provate vergogna per le cose che qui di seguito vi indico: non è bene infatti vergognarsi di qualsiasi cosa, come non si può approvare sempre tutto. 17Vergognatevi della prostituzione davanti al padre e alla madre, della menzogna davanti al capo e al potente, 18del delitto davanti al giudice e al magistrato, dell'empietà davanti all'assemblea e al popolo, dell'ingiustizia davanti al compagno e all'amico, 19del furto davanti all'ambiente dove abiti, di Dio, che è veritiero, e dell'alleanza, di piegare i gomiti sopra i pani, a tavola, di essere scortese quando ricevi e quando dai, 20di non rispondere a quanti salutano, dello sguardo su una donna scostumata, 21del rifiuto fatto a un parente, dell'appropriazione di eredità o donazione, del desiderio per una donna sposata, 22della relazione con la sua schiava – non accostarti al suo letto –, di dire parole ingiuriose davanti agli amici e, dopo aver donato, di rinfacciare un regalo,

_________________ Note

41,8-9 Si allude probabilmente all’apostasia di quegli Ebrei che, sotto l’influsso dell’ellenismo, hanno abbandonato la fede dei padri.

41,14-22 Vengono elencate diciannove azioni di cui vergognarsi, dalle quali cioè l’uomo deve guardarsi (v. 16).

41,19b Il testo ebraico reca invece: “di infrangere giuramento e alleanza”.

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Approfondimenti

vv. 1-4. Sulla morte Ben Sira riporta tre osservazioni: è amara per chi è felice (v. 1; cfr. 1Re 15,32), è benvenuta per chi non ha più forze (v. 2), è inevitabile per tutti, per cui non vale la pena ribellarsi (vv. 3-4). È un “decreto” che riguarda tutti (cfr. 14,12). Il numero degli anni è di per sé irrilevante, se si vede la vita dal punto di vista dello ṣᵉ’ôl, dove non è possibile avanzare recriminazioni di nessun tipo (v. 4cd). Il tono è realistico, più che pessimistico.

vv. 5-13. Il brano parte con la condanna severa dei malvagi e dei loro discendenti, destinati a scomparire (vv. 5-10), e approda all'invito ad aver cura del proprio buon nome, che invece è destinato a rimanere (vv. 11-13). Ben Sira ha un bersaglio abbastanza trasparente: gli Ebrei ellenizzati. Assumendo abitudini pagane, essi attentano o addirittura apostatano dalla loro fede, abbandonando la legge dell'Altissimo (v. 8b). Anche se aumentano di numero e di potere, vanno comunque verso la rovina (v. 9). II GrII (codice 248) trasmette il primo stico di un testo ebraico più lungo, che scoraggia tali empi dall'avere figli e ne anticipa comunque la maledizione finale. Forse Ben Sira allude anche ai re biblici infedeli (49,4-5), ai figli depravati di Eli (1Sam 2,12s.); ma quasi sicuramente condanna i sommi sacerdoti filoellenici, così diversi dal grande Simone (cfr. 50,1-21). La cura del buon nome (vv. 11-13) giunge al culmine di queste riflessioni, come una risposta sapienziale-religiosa di Ben Sira al tema della morte e dell'apostasia.

vv. 41,14-42,8. L'istruzione sulla vergogna – è questo il titolo nel testo ebraico – fornisce un duplice elenco: diciannove casi in cui è opportuno e doveroso vergognarsi (41,16-42,1d) e quindici casi in cui la vergogna non ha motivo né diritto di esserci (42,1e-8). L'avverbio «veramente» (alēthinos) chiude entrambi gli elenchi, quasi a marcare l'obiettivo di autenticità tanto nell'arrossire giustamente del male (42,1c), quanto nel crescere in sapienza (42,8c). Dopo l'introduzione (41,14-15), Ben Sira enumera le situazioni di vergogna, tutte collegate con la vita familiare e sociale, politica e religiosa: condanna immoralità (cfr. anche 9,6) e falsa testimonianza, slealtà e furto, rinnegamento di compatrioti (41,21a; cfr. 41,5-10) e abuso di potere, la maleducazione e il tradimento dei segreti. Segue l'altro elenco (42,1e-8), in cui Ben Sira invita a non arrossire nel rispetto della legge dell'Altissimo e della giustizia in tribunale, nel perseguire onesti guadagni, nel correggere figli e insipienti, nel prevenire atteggiamenti sleali o immorali, nell'evitare rischi di frodi. Su tutta la tematica non manca un influsso stoico; ma Ben Sira collega l'istruzione sulla vergogna a ciò che è utile al buon cittadino ebreo per pervenire “all'approvazione di tutti” (42,8cd) senza compiacere alcuno al punto da peccare contro la legge dell'Altissimo (42,1ef-2a).

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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La misera condizione dell’uomo 1Grandi pene sono destinate a ogni uomo e un giogo pesante sta sui figli di Adamo, dal giorno della loro uscita dal grembo materno fino al giorno del ritorno alla madre di tutti. 2Il pensiero dell'attesa e il giorno della fine provocano le loro riflessioni e il timore del cuore. 3Da chi siede su un trono glorioso fino a chi è umiliato su terra e su cenere, 4da chi indossa porpora e corona fino a chi è ricoperto di panno grossolano, 5non c'è che sdegno, invidia, spavento, agitazione, paura della morte, contese e liti. Anche durante il riposo nel letto il sogno notturno turba i suoi pensieri: 6per un poco, come niente, sta nel riposo e subito nel sonno si affatica come di giorno, è sconvolto dalla visione del suo cuore, come chi è scampato da una battaglia. 7Al momento di mettersi in salvo si sveglia, meravigliandosi dell'irreale timore. 8Così è per ogni essere vivente, dall'uomo alla bestia, ma per i peccatori sette volte tanto: 9morte, sangue, contese, spada, disgrazie, fame, calamità, flagelli. 10Questi mali sono stati creati per gli empi, per loro causa venne anche il diluvio. 11Tutto quello che proviene dalla terra alla terra ritorna, quanto viene dalle acque rifluisce nel mare.

12Ogni corruzione e ogni ingiustizia sparirà, ma la fedeltà resterà per sempre. 13Le ricchezze degli ingiusti si prosciugheranno come un torrente, si disperderanno come tuono che echeggia durante l'uragano. 14Se gli ingiusti dovranno alzare le mani, ci si rallegrerà, così i trasgressori cadranno in rovina. 15La stirpe degli empi non moltiplica i suoi rami, le radici impure sono sopra una pietra dura. 16Il giunco su ogni corso d'acqua o sugli argini di un fiume viene tagliato prima di ogni altra erba. 17Un atto di bontà è come un giardino di benedizioni, l'elemosina dura per sempre.

Che cosa vale di più 18La vita di chi basta a se stesso e del lavoratore è dolce, ma più ancora lo è per chi trova un tesoro. 19I figli e la fondazione di una città consolidano un nome, ma più ancora è apprezzata una donna irreprensibile. 20Vino e musica rallegrano il cuore, ma più ancora l'amore della sapienza. 21Il flauto e l'arpa rendono piacevole il canto, ma più ancora una voce soave. 22L'occhio desidera grazia e bellezza, ma più ancora il verde dei campi. 23Il compagno e l'amico s'incontrano a tempo opportuno, ma più ancora moglie e marito. 24Fratelli e soccorritori aiutano nella tribolazione, ma più ancora l'elemosina. 25Oro e argento rendono sicuro il piede, ma più ancora è stimato un consiglio. 26Ricchezze e potenza sollevano il cuore, ma più ancora il timore del Signore. Con il timore del Signore non manca nulla, con esso non c'è bisogno di cercare un altro aiuto. 27Il timore del Signore è come un giardino di benedizioni e protegge più di qualsiasi gloria.

Non fare il mendicante 28Figlio, non vivere una vita da mendicante: è meglio morire piuttosto che mendicare. 29Un uomo che guarda alla tavola altrui ha una vita che non si può chiamare tale; si contaminerà con cibi estranei, l'uomo sapiente ed educato se ne guarderà. 30Il mendicare è dolce nella bocca dello sfrontato, ma dentro di lui c'è un fuoco che brucia.

_________________ Note

40,11b Il testo ebraico reca: “e ciò che viene dall’alto torna in alto”.

40,20b Il testo ebraico reca: “ma vale di più l’amore delle persone care”.

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Approfondimenti

vv. 1-17. Il tono è pessimistico, in apparente dissonanza col capitolo precedente. La condizione umana comporta un grande affanno. Il termine ascholia – unica ricorrenza in tutto l'AT (eccetto 39,1b, dove il verbo indica lo scriba “occupato” nello studio delle profezie) – contiene l'idea della privazione di tempo libero. La vita non ha tregua né da preoccupazioni interiori, che nascono dalla relazione con gli altri, dal timore della morte (cfr. v. 5ab) e dagli incubi notturni (vv. 5cd-7); né da timori esteriori, frutto di violenza e di calamità (v. 9). Tale retaggio è comune ad ogni vivente, bestie comprese (v. 8a). Riguarda chi sta in alto nella scala sociale (v. 3a) o religiosa (v. 4a), e chi sta all'ultimo posto (vv. 3b.4b). Per i peccatori, però, la misura è «sette volte tanto» (v. 8) e contiene una condanna sicura: come l'acqua torna al mare (v. 11b), così essi periranno (cfr. Sal 49,6-21). Nei vv. 12-17 Ben Sira dà alcuni esempi di caducità della ricchezza iniqua: tutto sparisce, si secca, va in rovina, viene tagliato. Rimangono solo la lealtà (pistis: v. 12b), la bontà (charis) e la misericordia (eleēmosynē: v. 17).

vv. 18-30. Il brano è incorniciato dal riferimento a dolcezze insufficienti o apparenti della vita (vv. 18a.30a). Il verbo (glykainō, addolcire) è piuttosto frequente e indica le dolcezze inaffidabili di falsi amici e ipocriti (12,16; 27,23) e quelle stabili della storia religiosa di Israele, legate a Mosè (38,5) e Davide (47,9), Giosia (49,1) e il sommo sacerdote Simone (50,18). La prima parte del brano (vv. 18-27) ha un altro filo letterario vistoso: dieci volte si usa l'espressione «più di entrambi (più ancora)» per evidenziare la maggiore efficacia e convenienza che il contenuto del secondo stico ha rispetto a quello del primo. Si tratta di proverbi “più”, costruiti su un comparativo (cfr. 10,27; 20,31). Nel v. 28 il paragone è reso con la forma «è meglio questo piuttosto che quello». La saggezza popolare ricorre di frequente a formulazioni simili, facili da memorizzare e comode per esprimere una gerarchia di interessi e di valori. La graduatoria di Ben Sira riserva attenzione al tesoro materiale (v. 18) e al verde dei campi (v. 22), alla lingua soave (v. 21) e al buon consiglio (v. 25), all'amore della sapienza (v. 20) e all'elemosina (v. 24). Un gradino più su si trova la buona moglie, cui sono dedicate due sentenze (vv. 19.23); in cima Ben Sira colloca il timore del Signore, citato tre volte, più importante di qualsiasi altra ricchezza, aiuto o gloria (vv. 26-27). Nei versetti finali si esclude che un mendicante possa essere saggio e virtuoso: è meglio morire, piuttosto che peccare sedendo alla mensa degli stranieri (v. 29). Solo l'impudente si adatta ad una dolcezza che si ferma alle labbra, mentre dentro bruciano umiliazione e invidia (v. 30).

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Elogio di chi si applica allo studio della legge del Signore 1Egli ricerca la sapienza di tutti gli antichi e si dedica allo studio delle profezie. 2Conserva i detti degli uomini famosi e penetra le sottigliezze delle parabole, 3ricerca il senso recondito dei proverbi e si occupa degli enigmi delle parabole. 4Svolge il suo compito fra i grandi, lo si vede tra i capi, viaggia in terre di popoli stranieri, sperimentando il bene e il male in mezzo agli uomini. 5Gli sta a cuore alzarsi di buon mattino per il Signore, che lo ha creato; davanti all'Altissimo fa la sua supplica, apre la sua bocca alla preghiera e implora per i suoi peccati. 6Se il Signore, che è grande, vorrà, egli sarà ricolmato di spirito d'intelligenza: come pioggia effonderà le parole della sua sapienza e nella preghiera renderà lode al Signore. 7Saprà orientare il suo consiglio e la sua scienza e riflettere sui segreti di Dio. 8Manifesterà la dottrina del suo insegnamento, si vanterà della legge dell'alleanza del Signore. 9Molti loderanno la sua intelligenza, egli non sarà mai dimenticato; non scomparirà il suo ricordo, il suo nome vivrà di generazione in generazione. 10I popoli parleranno della sua sapienza, l'assemblea proclamerà la sua lode. 11Se vivrà a lungo, lascerà un nome più famoso di mille altri e quando morrà, avrà già fatto abbastanza per sé.

Inno a Dio creatore 12Dopo aver riflettuto, parlerò ancora, sono pieno come la luna nel plenilunio. 13Ascoltatemi, figli santi, e crescete come una rosa che germoglia presso un torrente. 14Come incenso spargete buon profumo, fate sbocciare fiori come il giglio, alzate la voce e cantate insieme, benedite il Signore per tutte le sue opere. 15Magnificate il suo nome e proclamate la sua lode, con i canti delle labbra e con le cetre, e nella vostra acclamazione dite così:

16Quanto sono belle tutte le opere del Signore! Ogni suo ordine si compirà a suo tempo! 17Non bisogna dire: “Che cos'è questo? Perché quello?”. Tutto infatti sarà esaminato a suo tempo. Alla sua parola l'acqua si arresta come una massa, a un detto della sua bocca si aprono i serbatoi delle acque. 18A un suo comando si realizza quanto egli vuole, e nessuno potrà sminuire la sua opera di salvezza. 19Le opere di ogni uomo sono davanti a lui, non è possibile nascondersi ai suoi occhi; 20egli guarda da un'eternità all'altra, nulla è straordinario davanti a lui. 21Non bisogna dire: “Che cos'è questo? Perché quello?”. Tutto infatti è stato creato con uno scopo preciso.

22La sua benedizione si diffonde come un fiume e come un diluvio inebria la terra. 23Così i popoli erediteranno la sua ira, come trasformò le acque in deserto salato. 24Le sue vie sono diritte per i santi, ma per gli empi sono piene d'inciampi. 25Per i buoni i beni furono creati sin da principio, allo stesso modo i mali per i peccatori. 26Le cose di prima necessità per la vita dell'uomo sono: acqua, fuoco, ferro, sale, farina di frumento, latte, miele, succo di uva, olio e vestito. 27Tutte queste cose sono un bene per i buoni, allo stesso modo si volgono in male per i peccatori.

28Ci sono venti creati per castigare e nella loro furia rafforzano i loro flagelli; quando verrà la fine, scateneranno violenza e placheranno lo sdegno del loro creatore. 29Fuoco, grandine, fame e morte sono tutte cose create per il castigo. 30Denti delle fiere, scorpioni, vipere e spade vendicatrici sono per la rovina degli empi. 31Si rallegrano quando lui li comanda, stanno pronti sulla terra secondo il bisogno e al momento opportuno non trasgrediscono la sua parola.

32Di questo ero convinto fin dal principio, vi ho riflettuto e l'ho messo per iscritto: 33“Le opere del Signore sono tutte buone; egli provvederà a ogni necessità a suo tempo”. 34Non bisogna dire: “Questo è peggiore di quello”. Tutto infatti al tempo giusto sarà riconosciuto buono. 35E ora cantate inni con tutto il cuore e con la bocca, e benedite il nome del Signore.

_________________ Note

39,1-11 Lo scriba, la cui funzione era di spiegare al popolo quanto egli andava apprendendo dallo studio e dalla meditazione della legge del Signore, è presentato come il modello dell’uomo saggio. Alcuni vedono in questo ritratto la figura di Esdra, altri vi colgono un tratto autobiografico dell’autore stesso del libro (vedi anche il Prologo).

39,12-35 Stupendo inno a Dio creatore, nel quale si proclama la bontà delle opere di Dio e si esprime gratitudine per la sua provvidenza.

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Approfondimenti

**vv. 38,34c-39,11. Ben Sira ha un'altra idea dello scriba, presumibilmente influenzata dal ritratto di Esdra, lo scriba ideale (Esd 7,6-10). È del tutto diverso da chi fa lavori manuali: quanto questi è limitato, tanto egli è aperto; l'uno è socialmente irrilevante, l'altro è cercato ed atteso; l'uno non si intende che di cose pratiche, l'altro è maestro di legge e diritto (v. 8). Dal brano emergono gli elementi-chiave del profilo dello scriba ideale:

  • a) tempo disponibile, grazie alla riduzione delle attività (38,24);
  • b) prioritario studio-meditazione della legge dell'Altissimo, della sapienza degli antichi e delle profezie (38,34cd-39,1). La parola di Dio è presentata secondo la tripartizione dell'Antico Testamento: Legge, Sapienziali e Profeti. Rispetto al Prologo del nipote (1.18.24), i libri dei sapienti sono al secondo posto, come nei LXX e nelle Bibbie latine; nel Prologo sono al terzo. Così sarà nei manoscritti del Testo masoretico;
  • c) apertura alle culture dei popoli vicini e ai detti degli uomini che hanno un nome (vv. 2-3; cfr. Pr 1,2.6);
  • d) lavoro tra i «grandi» come consigliere e viaggi con incarichi speciali (v. 4; cfr. 34,9-13; 51,13; Dn 1,3-4.17-21);
  • e) preghiera quotidiana, con invocazione del perdono e dello spirito di intelligenza (vv. 5-6ab);
  • f) servizio alla comunità: la sapienza, che viene da Dio (cfr. 1,1s.; 33,17; 1Re 3,9), gli permette di offrire abbondanti parole di saggezza e preghiere (6cd), di approfondire i misteri di Dio (v. 7b) e di rendere visibile la paideia del suo insegnamento nella legge dell'alleanza (v. 8);
  • g) la reazione della gente: lode e ricordo sempre vivo in chi l'ha conosciuto, fama ed elogi presso i popoli futuri (vv. 9-10; cfr. 41,11-13; 44,15). La morte non cancella il ricordo del suo nome, che emerge “fra mille”; anche se muore presto, lo scriba ha prodotto, comunque, ricchi frutti.

vv. 12-35. La lunga lode di Dio creatore rientra tra i tentativi di risposta al problema della teodicea (cfr. 33,7-19 e poi 42,24-25): come possono essere dette buone tutte le opere di Dio, se esiste il male? Nell'introduzione l'autore si propone di esporre le sue riflessioni in merito (v. 12) ed invita a lodare il Signore con il vocabolario della creazione e della liturgia (vv. 13-15). Segue il contenuto della lode (vv. 16-31), volto a confutare l'obiezione (vv. 17a.21a.34a). La risposta guarda al presente avvolto nel mistero (vv. 16-21), ma da accettare con fede in Dio non con il pessimismo di Qoelet; guarda poi al passato (vv. 22-27), per coglierne la lezione apologetica; guarda infine al futuro, assicurando l'avverarsi del giudizio di Dio (vv. 28-31). Più in dettaglio Ben Sira afferma che, a suo tempo, si comprenderà (vv. 17b.34b) come la parola creatrice di Dio vada sicuramente al suo fine (v. 21b); Dio vede tutte le azioni dell'uomo e può tutto, potendo abbracciare tutto il tempo (vv. 19-20). Dalla storia Ben Sira enuclea il criterio del “duplice aspetto” (vv. 22-27) delle opere create. La eudokia di Dio, ciò che a lui piace, non trova ostacoli: persegue un fine di salvezza (v. 18; cfr. Is 40,12-31), servendosi della benedizione (vv. 22-23) e delle cose create – che di per sé sono buone – per compiti buoni o cattivi, a seconda della doppia categoria degli uomini, buoni o cattivi, cui sono indirizzate (vv. 24-27). Il v. 26 contiene un elenco di cose di prima necessità per la vita palestinese antica (cfr. 29,21; Gn 49,11; Os 2,10): il ferro e il sale sono una significativa, rara, spia del tipo di vita quotidiana. La risposta di lode approda, infine, nell'assicurazione circa il futuro (vv. 28-31): nove tipi diversi di creature entreranno in azione con funzione punitiva per gli empi. In questo modo Ben Sira espone l'equilibrio teologico-morale tipico della retribuzione classica. Il brano si conclude con il richiamo alla validità dell'intento iniziale e la ripetizione del tema e dell'invito alla lode (v. 32-35). Evidente l'inclusione in «Magnificate il suo nome» (v. 15) e «benedite il nome del Signore» (v. 35b).

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Il medico e la medicina 1Onora il medico per le sue prestazioni, perché il Signore ha creato anche lui. 2Dall'Altissimo infatti viene la guarigione, e anche dal re egli riceve doni. 3La scienza del medico lo fa procedere a testa alta, egli è ammirato anche tra i grandi. 4Il Signore ha creato medicamenti dalla terra, l'uomo assennato non li disprezza. 5L'acqua non fu resa dolce per mezzo di un legno, per far conoscere la potenza di lui? 6Ed egli ha dato agli uomini la scienza perché fosse glorificato nelle sue meraviglie. 7Con esse il medico cura e toglie il dolore, 8con queste il farmacista prepara le misture. Certo non verranno meno le opere del Signore; da lui proviene il benessere sulla terra.

9Figlio, non trascurarti nella malattia, ma prega il Signore ed egli ti guarirà. 10Allontana l'errore, regola le tue mani, purifica il cuore da ogni peccato. 11Offri l'incenso e un memoriale di fior di farina e sacrifici pingui secondo le tue possibilità. 12Poi ricorri pure al medico, perché il Signore ha creato anche lui: non stia lontano da te, poiché c'è bisogno di lui. 13Ci sono casi in cui il successo è nelle loro mani; 14anch'essi infatti pregano il Signore perché conceda loro di dare sollievo e guarigione per salvare la vita. 15Chi pecca contro il proprio creatore cada nelle mani del medico.

Il lutto 16Figlio, versa lacrime sul morto, e come uno che soffre profondamente inizia il lamento; poi seppelliscine il corpo secondo le sue volontà e non trascurare la sua tomba. 17Piangi amaramente e alza il tuo caldo lamento, il lutto sia proporzionato alla sua dignità, un giorno o due per evitare maldicenze, poi consólati del tuo dolore. 18Infatti dal dolore esce la morte, il dolore del cuore logora la forza. 19Nella disgrazia resta il dolore, una vita da povero è maledizione del cuore. 20Non abbandonare il tuo cuore al dolore, scaccialo ricordando la tua fine. 21Non dimenticare che non c'è ritorno; a lui non gioverai e farai del male a te stesso. 22Ricòrdati della mia sorte, che sarà anche la tua: ieri a me e oggi a te. 23Nel riposo del morto lascia riposare anche il suo ricordo; consólati di lui, ora che il suo spirito è partito.

I mestieri manuali 24La sapienza dello scriba sta nel piacere del tempo libero, chi si dedica poco all'attività pratica diventerà saggio. 25Come potrà divenire saggio chi maneggia l'aratro e si vanta di brandire un pungolo, spinge innanzi i buoi e si occupa del loro lavoro e parla solo di vitelli? 26Dedica il suo cuore a tracciare solchi e non dorme per dare il foraggio alle giovenche. 27Così ogni artigiano e costruttore che passa la notte come il giorno: quelli che incidono immagini per sigilli e con pazienza cercano di variare le figure, dedicano il cuore a riprodurre bene il disegno e stanno svegli per terminare il lavoro. 28Così il fabbro che siede vicino all'incudine ed è intento al lavoro del ferro: la vampa del fuoco gli strugge le carni, e col calore della fornace deve lottare; il rumore del martello gli assorda gli orecchi, i suoi occhi sono fissi sul modello di un oggetto, dedica il suo cuore a finire il lavoro e sta sveglio per rifinirlo alla perfezione. 29Così il vasaio che è seduto al suo lavoro e con i suoi piedi gira la ruota, è sempre in ansia per il suo lavoro, si affatica a produrre in gran quantità. 30Con il braccio imprime una forma all'argilla, mentre con i piedi ne piega la resistenza; dedica il suo cuore a una verniciatura perfetta e sta sveglio per pulire la fornace.

31Tutti costoro confidano nelle proprie mani, e ognuno è abile nel proprio mestiere. 32Senza di loro non si costruisce una città, nessuno potrebbe soggiornarvi o circolarvi. Ma essi non sono ricercati per il consiglio del popolo, 33nell'assemblea non hanno un posto speciale, non siedono sul seggio del giudice e non conoscono le disposizioni della legge. Non fanno brillare né l'istruzione né il diritto, non compaiono tra gli autori di proverbi, 34ma essi consolidano la costruzione del mondo, e il mestiere che fanno è la loro preghiera.

Differente è il caso di chi si applica a meditare la legge dell'Altissimo.

_________________ Note

38,1-15 Sorprendente è l’apertura del Siracide nei confronti della medicina, vista come dono di Dio e manifestazione della sua provvidenza. La mentalità corrente, che attribuiva allora la malattia al peccato, sollecitava più il ricorso alla preghiera che alla medicina. Il testo ebraico reca: “Fatti amico il medico per le sue prestazioni”.

38,5 L’acqua… fu resa dolce: allusione all’episodio narrato in Es 15,23-25, dove Mosè gettò nell’acqua un legno per rendere potabili le sorgenti di Mara (“l’amara”), località nel deserto di Sur.

38,16-23 Anche per il lutto e le sue manifestazioni vengono raccomandate moderazione e discrezione (il periodo usuale del lutto era di sette giorni, qui se ne consigliano uno o due, v.17).

38,22b Il testo ebraico reca: “ieri a lui, oggi a te”.

38,24-34 La descrizione dei mestieri, viva e concreta, sembra ispirarsi a un antico testo sapienziale egiziano, intitolato La satira dei mestieri, risalente al secondo millennio.

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Approfondimenti

vv. 1-23. Il brano si divide in tre parti: l'importanza del medico (vv. 1-8), i consigli al malato (vv. 9-15) ed il comportamento in caso di lutto (vv. 16-23). L'onore dovuto al medico viene motivato religiosamente. Sono creature di Dio tanto lui (vv. 1b.12), quanto le piante medicinali (v. 4); la potenza di Dio ha creato il legno speciale che rese dolci le acque di Mara (v. 5; cfr. Es 15,23-25); da Dio provengono i doni (v. 2), la scienza (v. 6) e la guarigione (v. 2). Medici e farmacisti prolungano l'opera di Dio: Ben Sira li incoraggia nella ricerca di piante ed erbe medicinali, per curare le malattie (vv. 6-8). La loro stimata attività (vv. 3.6) merita di essere debitamente ricompensata. Forse nei confronti dei medici l'autore invita a superare pregiudizi antichi, risalenti probabilmente all'esempio negativo lasciato dall'empio Asa, re di Giuda: neanche nella malattia egli si rivolse a Dio, ma fece ricorso solo ai medici (cfr. 2Cr 16,12). Ben Sira è maestro di equilibrio: è giusto rivolgersi ai medici; ma, poiché il primo guaritore è Dio (cfr. Es 15,26), il fedele, prima di andare dal medico (vv. 12-14), deve pregare (v. 9), purificarsi (v. 10) e offrire sacrifici (v. 11). Infatti la malattia rimane pur sempre una sorta di punizione per il peccato, secondo la teoria deuteronomica della retribuzione (vv. 10-11; cfr. Dt 28,21-29). Chi pecca contro il creatore, fa il forte coi medici (v. 15b: così l'ebraico), ma cade nelle loro mani (ivi: così il greco). L'ultimo brano (vv. 16-23) riguarda le norme per regolare le cerimonie funebri (cfr. Ger 9,16-19; Ez 24,15-24; Mt 9,23; Mc 5,38). Ben Sira invita a proporzionare tempi e forme alla dignità del morto: bastano uno o due giorni di lamento per non incorrere nelle critiche (v. 17c); poi è già tempo di consolare lo spirito (vv. 17d.23b). L'atteggiamento di Davide dopo la morte del figlio di Betsabea è certamente presente (cfr. 2Sam 12,19-24). Il dolore non è utile al morto e fa male a chi lo prova (v. 21b), che è generalmente già esposto alle miserie dolorose dell'esistenza (vv. 18-19). Il pensiero dell'avvenire, che il greco esplicita in rapporto alla morte, deve spingere al superamento del lutto (v. 20b; cfr. 14,12.17).

vv. 24-34b. Il componimento, di 22 distici (cfr. 1,11-30; 51,13-30), è dedicato ai lavori manuali. Ben Sira ne riconosce la dignità socio-religiosa, ma ne dichiara apertamente i limiti rispetto all'attività dello scriba. L'accenno a quest'ultimo incornicia il brano (vv. 24.34cd). Il corpo del testo comprende quattro bozzetti: il lavoro dell'aratore(v. 25-26), del costruttore e incisore (v. 27), del fabbro (v. 28) e del ceramista (vv. 29-30). Ben Sira, dopo aver chiuso ogni quadro col riferimento alla fatica delle veglie notturne (agrypnia: vv. 26b.27f.28h.30d), tira le somme: tutti costoro hanno acquisito un'esperienza comunque utile, una sorta di saggezza elementare (v. 31b), che è tecnicamente necessaria per costruire la città (vv. 31-32; cfr. Es 31,1-6; Ez 27,8), ma nessuno può spingersi in campi di rilevanza sociale e giuridica, religiosa e culturale (vv. 33-34). Anche la loro preghiera ha il respiro corto del loro orizzonte (v. 34b). L'immagine complessiva non è negativa. Anzi conferma un atteggiamento già noto (10,27; 11,20; 40,18): attraverso il tardo-giudaismo, la stima per il lavoro manuale giungerà fino al Nuovo Testamento e sarà presente nella vita di Paolo (cfr. At 18,3; 1Cor 9,4-7; Fil 4,15-18). Il giudizio negativo – l'abbiamo visto – Ben Sira lo formula sulle attività commerciali: tra le pieghe del comperare e del vendere facilmente si incunea la colpa (26,29; 27,2). Il brano sui lavori manuali viene solitamente accostato alla satira egiziana dei mestieri – le cosiddette Istruzioni di Duauf – risalente alla XII dinastia (ca. 1991-1786 a.C.). Salvo qualche contatto lessicale, bisogna però escludere analogie di genere e, in certo senso, anche di temi. Ben Sira non ridicolizza i mestieri, peraltro limitati a quelli della Palestina. Diversamente si comporta il protagonista dei testi egiziani, a lungo copiati e molto diffusi fino al XIII sec. a.C. Nell'intento di incoraggiare il figlio a diventare scriba, per assicurargli un mestiere sicuro e distinto nella società e a corte, egli ricorre ad una satira di maniera, con cui mette alla berlina contadini e fabbri, carpentieri e barbieri, mercanti e carrettieri, cacciatori e pescatori. Sono sporchi, oscuri e comunque servi di qualcuno; solo lo scriba è padrone di se stesso e conduce una vita cui non mancano cibo, salute e prestigio.

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Gli amici e i consiglieri 1Ogni amico dice: “Anch'io sono amico”, ma c'è chi è amico solo di nome. 2Non è forse un dolore mortale un compagno e amico che diventa nemico? 3O inclinazione al male, come ti sei insinuata per ricoprire la terra di inganni? 4C'è chi si rallegra con l'amico quando tutto va bene, ma al momento della tribolazione gli è ostile. 5C'è chi si affligge con l'amico per amore del proprio ventre, ma di fronte alla battaglia prende lo scudo. 6Non dimenticarti dell'amico nell'animo tuo, non scordarti di lui nella tua prosperità.⊥ 7Ogni consigliere esalta il consiglio che dà, ma c'è chi consiglia a proprio vantaggio. 8Guàrdati da chi vuole darti consiglio e prima infórmati quali siano le sue necessità: egli infatti darà consigli a suo vantaggio; perché non abbia a gettare un laccio su di te 9e ti dica: “La tua via è buona”, ma poi si tenga in disparte per vedere quel che ti succede. 10Non consigliarti con chi ti guarda di sbieco e nascondi le tue intenzioni a quanti ti invidiano. 11Non consigliarti con una donna sulla sua rivale e con un pauroso sulla guerra, con un mercante sul commercio e con un compratore sulla vendita, con un invidioso sulla riconoscenza e con uno spietato sulla bontà di cuore⊥, con un pigro su una iniziativa qualsiasi e con un salariato sul raccolto, con uno schiavo pigro su un lavoro importante. Non dipendere da costoro per nessun consiglio. 12Frequenta invece un uomo giusto, di cui sai che osserva i comandamenti e ha un animo simile al tuo, perché se tu cadi, egli saprà compatirti. 13Attieniti al consiglio del tuo cuore, perché nessuno ti è più fedele. 14Infatti la coscienza di un uomo talvolta suole avvertire meglio di sette sentinelle collocate in alto per spiare. 15Per tutte queste cose invoca l'Altissimo, perché guidi la tua via secondo verità.

Vera e falsa saggezza 16Principio di ogni opera è la parola, prima di ogni azione c'è la riflessione. 17Radice di ogni mutamento è il cuore, 18da cui derivano quattro scelte: bene e male, vita e morte, ma su tutto domina sempre la lingua.

19C'è l'esperto che insegna a molti, ma è inutile a se stesso. 20C'è chi posa a saggio nei discorsi ed è odioso, e finisce col mancare di ogni cibo; 21il Signore non gli ha concesso alcun favore, perché è privo di ogni sapienza. 22C'è chi è saggio solo per se stesso e i frutti della sua intelligenza si notano sul suo corpo. 23Un uomo saggio istruisce il suo popolo, i frutti della sua intelligenza sono degni di fede.

24Un uomo saggio è colmato di benedizioni, tutti quelli che lo vedono lo proclamano beato. 25La vita dell'uomo ha i giorni contati, ma i giorni d'Israele sono senza numero. 26Il saggio ottiene fiducia tra il suo popolo, e il suo nome vivrà per sempre.

Esortazione alla temperanza 27Figlio, per tutta la tua vita esamina te stesso, vedi quello che ti nuoce e non concedertelo. 28Difatti non tutto conviene a tutti e non tutti approvano ogni cosa. 29Non essere ingordo per qualsiasi ghiottoneria e non ti gettare sulle vivande, 30perché l'abuso dei cibi causa malattie e l'ingordigia provoca le coliche. 31Molti sono morti per ingordigia, chi invece si controlla vivrà a lungo.

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Approfondimenti

vv. 1-15. Due campi in cui si rivela l'importanza della scelta: l'amicizia (vv. 1-6) ed i consiglieri (7-15). Il primo brano è una dolorosa messa in guardia contro coloro che sono amici di nome e poi si trasformano in nemici (cfr. 6,5-17; 22,19-26). L'esortazione finale incoraggia a essere fedele all'amico (cfr. 27,17). L'inclinazione malvagia (v. 3; cfr. 27,6; 15,14), cui si imputano le gravi offese fatte contro l'amicizia, diventerà un tema importante nell'antropologia rabbinica a commento di Gn 6,5. Il secondo brano invita a distinguere i consiglieri: da un lato quelli mossi da interessi personali (vv. 7-11) e dall'altro l'uomo pio, la coscienza e la preghiera (vv. 12-15). In 32,18 Ben Sira aveva detto che un uomo assennato non trascura l'avvertimento: qui presenta una lista di persone inaffidabili (vv. 10-11). Tra gli altri, una donna che consiglia in merito alla sua “rivale”: altra spia del regime di bigamia (cfr. 26,6; 1Sam 1,2-7). Conviene fidarsi, invece, dell'uomo pio, che osserva i comandamenti e sa porsi in sintonia spirituale (v. 12); del proprio cuore, fedele come nessuno (v. 13), e della propria coscienza, più perspicace di sette astrologi (v. 14). Evidente la polemica contro gli Ebrei che li consultavano al tempo di Ben Sira. Soprattutto il buon consiglio viene dalla preghiera (v. 15; cfr. 38,9; Is 38,2-3).

vv. 16-31. La pericope, essenzialmente pratica, è introdotta da uno schizzo teorico riguardante i rapporti della parola e della riflessione con l'azione, del cuore col cambiamento in bene o in male (vv. 16-18b). Si conclude col ruolo determinante della lingua (v. 18c). Seguono due parti: una sui vari tipi di saggi (vv. 19-26) ed una sulla moderazione, specie nel mangiare (vv. 27-31). Per orientarsi nel cercare uomini saggi utili al popolo (v. 23), Ben Sira indica il criterio del saper essere utili anche a se stessi (v. 19.22) e del non fermarsi alle parole (v. 20-21). Offre in anticipo un abbozzo (vv. 24.26) del saggio di 39,1-11. Per i «giorni senza numero di Israele» (v. 25), cfr. 44,13-14. Poi Ben Sira esorta il “figlio” a mettersi alla prova e a non concedersi ciò che nuoce (v. 27). Ribadito il principio generale, secondo cui non tutto giova a tutti (v. 28; 1Cor 6,12), Ben Sira descrive l'ingordo che finisce per ammalarsi (vv. 29-30), se non per morire (v. 31). Viene così introdotta la pericope successiva su malattia e morte.

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Preghiera per la salvezza d'Israele 1Abbi pietà di noi, Signore, Dio dell'universo, e guarda,⊥ 2infondi il tuo timore su tutte le nazioni⊥. 3Alza la tua mano sulle nazioni straniere, perché vedano la tua potenza. 4Come davanti a loro ti sei mostrato santo in mezzo a noi, così davanti a noi móstrati grande fra di loro. 5Ti riconoscano, come anche noi abbiamo riconosciuto che non c'è Dio al di fuori di te, o Signore. 6Rinnova i segni e ripeti i prodigi, 7glorifica la tua mano e il tuo braccio destro. 8Risveglia il tuo sdegno e riversa la tua ira, 9distruggi l'avversario e abbatti il nemico. 10Affretta il tempo e ricòrdati del giuramento, e si narrino le tue meraviglie. 11Sia consumato dall'ira del fuoco chi è sopravvissuto e cadano in rovina quelli che maltrattano il tuo popolo. 12Schiaccia le teste dei capi nemici che dicono: “Non c'è nessuno al di fuori di noi”. 13Raduna tutte le tribù di Giacobbe, rendi loro l'eredità come era al principio. 14Abbi pietà, Signore, del popolo chiamato con il tuo nome, d'Israele che hai reso simile a un primogenito. 15Abbi pietà della tua città santa, di Gerusalemme, luogo del tuo riposo. 16Riempi Sion della celebrazione delle tue imprese e il tuo popolo della tua gloria. 17Rendi testimonianza alle creature che sono tue fin dal principio, risveglia le profezie fatte nel tuo nome. 18Ricompensa coloro che perseverano in te, i tuoi profeti siano trovati degni di fede. Ascolta, Signore, la preghiera dei tuoi servi, 19⌈secondo la benedizione di Aronne sul tuo popolo,⌉ e riconoscano tutti quelli che abitano sulla terra che tu sei il Signore, il Dio dei secoli.

Saper scegliere bene, soprattutto la propria sposa 20Il ventre consuma ogni cibo, eppure un cibo è preferibile a un altro. 21Il palato distingue al gusto la selvaggina, così un cuore intelligente i discorsi bugiardi. 22Un cuore perverso è causa di dolore, un uomo dalla molta esperienza lo ripaga. 23Una donna accetta qualsiasi marito, ma vi è una giovane che è migliore di un'altra. 24La bellezza di una donna allieta il volto e sorpassa ogni desiderio dell'uomo. 25Se sulla sua lingua vi è bontà e dolcezza, suo marito non è un comune mortale. 26Chi si procura una sposa, possiede il primo dei beni, un aiuto adatto a lui e una colonna d'appoggio. 27Dove non esiste siepe, la proprietà viene saccheggiata, dove non c'è donna, l'uomo geme randagio. 28Chi si fida di un agile ladro che corre di città in città? Così è per l'uomo che non ha un nido e che si corica là dove lo coglie la notte.

_________________ Note

36,1-19 Appassionata preghiera, che rispecchia lo stile dei Salmi. Essa interrompe la serie di massime e si eleva come supplica di tutta la nazione a Dio, di cui si esaltano la misericordia, il potere e la presenza, in favore della liberazione d'Israele, che sta sotto dominatori pagani ( vv. 6-12).

36,16b Il testo ebraico reca: “e il tuo tempio della tua gloria”.

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Approfondimenti

**vv. 1-19. La preghiera rivela la fede di Ben Sira nel Dio di Israele e nella sua fedeltà al “giuramento” (v. 10), confermato dai profeti, di liberare il popolo. Il brano si può articolare così:

  • a) la misericordia per Israele e il riscatto dagli oppressori che non riconoscono l'unico Dio (v. 1-5);
  • b) il rinnovo delle opere grandi del passato per affrettare il tempo della liberazione e punire l'arroganza di chi fa il male ad Israele (vv. 6-9);
  • c) il raduno in Gerusalemme di tutto Israele, come fine dell'esilio e inizio della liturgia gloriosa nel tempio (vv. 10-17);
  • d) la richiesta di dare consistenza a parole e visioni dei profeti, così che tutti gli abitanti del mondo conoscano l'unico Dio dei secoli (vv. 18-19).

Lo sfondo storico allude ad avversari e nemici: è il tempo dello scontro tra i Lagidi d'Egitto guidati da Scopas ed i Seleucidi di Siria, guidati da Antioco III il Grande (223-187). Questi, uscito vincitore a Panion (199 a.C.), starebbe dietro l'arrogante affermazione che «Non c'è nessuno fuori di noi» (v. 12). La preghiera, invece, proclama che solo il Dio di tutto e dei secoli è padrone e signore. La storia di Israele, più volte schiavo, testimonia che la misericordia divina non tarda: frantuma lo scettro degli ingiusti (cfr. 35,22-23), schiaccia la hybris (lett. «le teste») dei capi nemici (36,12) ed esaudisce la preghiera dei suoi servi (v. 18b), dando la ricompensa a quanti lo attendono (v. 18a). Dio, che ha manifestato la sua santa avversione al male punendo Israele infedele e lasciandolo deportare, non tarderà a dimostrare la sua gloria punendo i popoli stranieri per i loro misfatti contro Israele (v. 4; cfr. Dt 28,36-37; Ez 20,41). Il tono della lamentazione, insolito per Ben Sira, non sembra tuttavia incongruo con i suoi contenuti. Siamo di fronte ad un testo che echeggia la storia biblica e l'attualizza di fronte alle nuove schiavitù economico-politiche e religioso-culturali veicolate dall'ellenismo. Emergono temi come l'unicità del Signore, il ritorno vittorioso di Israele a Gerusalemme e al culto, il compimento delle profezie, la convinzione che Israele è un «primogenito» tra i popoli (v. 14), anzi una delle «creature iniziali (BC: creature che sono tue fin dal principio)» (allusione alle creature anteriori al mondo, tra cui i rabbini inserivano Israele?), la promessa-giuramento, la santità e la testimonianza del Signore.

vv. 20-28. Dopo il parallelo tra il palato che distingue la selvaggina e la mente che discerne i discorsi bugiardi, Ben Sira fa alcune considerazioni sui criteri seguiti nella scelta delle mogli. Sullo sfondo si intravedono due personaggi biblici: Giacobbe attratto dalla bellezza di Rachele (cfr. Gn 29, 17) e Caino che vaga senza dimora, prototipo dell'uomo senza “nido” perché senza donna (cfr. Gn 4,12.14). L'elogio della donna – bella, buona e dolce (vv. 27-28) – è sincero: essa è il primo bene, l'inizio ed il più alto, per un uomo, a cui dà l'aiuto corrispondente e fa da colonna. Tuttavia un velo sembra offuscare il quadro: non è tra i mortali un uomo così felice da trovare una tale donna.

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Che cosa è gradito a Dio 1Chi osserva la legge vale quanto molte offerte; 2chi adempie i comandamenti offre un sacrificio che salva. 3Chi ricambia un favore offre fior di farina, 4chi pratica l'elemosina fa sacrifici di lode. 5Cosa gradita al Signore è tenersi lontano dalla malvagità, sacrificio di espiazione è tenersi lontano dall'ingiustizia. 6Non presentarti a mani vuote davanti al Signore, 7perché tutto questo è comandato. 8L'offerta del giusto arricchisce l'altare, il suo profumo sale davanti all'Altissimo. 9Il sacrificio dell'uomo giusto è gradito, il suo ricordo non sarà dimenticato. 10Glorifica il Signore con occhio contento, non essere avaro nelle primizie delle tue mani. 11In ogni offerta mostra lieto il tuo volto, con gioia consacra la tua decima. 12Da' all'Altissimo secondo il dono da lui ricevuto, e con occhio contento, secondo la tua possibilità, 13perché il Signore è uno che ripaga e ti restituirà sette volte tanto.

La preghiera dell’orfano, della vedova e del povero 14Non corromperlo con doni, perché non li accetterà, 15e non confidare in un sacrificio ingiusto, perché il Signore è giudice e per lui non c'è preferenza di persone. 16Non è parziale a danno del povero e ascolta la preghiera dell'oppresso. 17Non trascura la supplica dell'orfano, né la vedova, quando si sfoga nel lamento. 18Le lacrime della vedova non scendono forse sulle sue guance 19e il suo grido non si alza contro chi gliele fa versare?⊥ 20Chi la soccorre è accolto con benevolenza, la sua preghiera arriva fino alle nubi. 21La preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l'Altissimo non sia intervenuto 22e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l'equità. Il Signore certo non tarderà né si mostrerà paziente verso di loro, finché non abbia spezzato le reni agli spietati 23e si sia vendicato delle nazioni, finché non abbia estirpato la moltitudine dei violenti e frantumato lo scettro degli ingiusti, 24finché non abbia reso a ciascuno secondo il suo modo di agire e giudicato le opere degli uomini secondo le loro intenzioni, 25finché non abbia fatto giustizia al suo popolo e lo abbia allietato con la sua misericordia. 26Splendida è la misericordia nel momento della tribolazione, come le nubi apportatrici di pioggia nel tempo della siccità.

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Approfondimenti

vv. 14-26. Tutto il brano sottolinea l'opera di Dio come giudice (vv. 15.22.25):

  • a) è imparziale e i ricchi non lo corrompono coi loro doni (v. 15);
  • b) è Altissimo ma si fa raggiungere dai poveri che lo supplicano (oppressi, orfani, vedove e fedeli: vv. 16-20);
  • c) è tempestivo ed efficace nel fare giustizia, sia a singoli che a tutto Israele (vv. 22-25).

Quest'ultimo aspetto prepara la preghiera nazionale del capitolo successivo (36,1-22). Il quadro teologico, apparentemente freddo e giuridico, è in realtà attraversato da grande umanità: al tema del Dio molto generoso («contraccambia sette volte»: v. 13), fanno seguito i temi dell'intimità soccorritrice («Le lacrime della vedova sulle sue guance»: v. 18) e della misericordia che dà gioia e ristoro (vv. 25-26).

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Cautela verso i sogni 1Speranze vane e fallaci sono quelle dello stolto, e i sogni danno le ali a chi è privo di senno. 2Come uno che afferra le ombre e insegue il vento, così è per chi si appoggia sui sogni. 3Una cosa di fronte all'altra: tale è la visione dei sogni, di fronte a un volto l'immagine di un volto. 4Dall'impuro che cosa potrà uscire di puro? E dal falso che cosa potrà uscire di vero? 5Oracoli, presagi e sogni sono cose fatue, come vaneggia la mente di una donna che ha le doglie. 6Se non sono una visione inviata dall'Altissimo, non permettere che se ne occupi la tua mente. 7I sogni hanno indotto molti in errore, e andarono in rovina quelli che vi avevano sperato. 8La legge deve compiersi senza inganno, e la sapienza è perfetta sulla bocca di chi è fedele.

Utilità dei viaggi 9Chi ha viaggiato conosce molte cose, chi ha molta esperienza parla con intelligenza. 10Chi non ha avuto prove, poco conosce; 11chi ha viaggiato ha una grande accortezza. 12Ho visto molte cose nei miei viaggi, il mio sapere è più che le mie parole. 13Spesso ho corso pericoli mortali, ma mi sono salvato grazie alla mia esperienza. 14Lo spirito di quelli che temono il Signore vivrà⊥, 15perché la loro speranza è posta in colui che li salva⊥. 16Chi teme il Signore non ha paura di nulla e non si spaventa perché è lui la sua speranza. 17Beato colui che teme il Signore. 18A chi si appoggia? Chi è il suo sostegno? 19Gli occhi del Signore sono su quelli che lo amano; egli è protezione potente e sostegno vigoroso, riparo dal vento infuocato e dal sole meridiano, difesa contro gli ostacoli, soccorso nella caduta. 20Il Signore solleva l'anima e illumina gli occhi, concede guarigione, vita e benedizione.⊥

Il culto che Dio gradisce 21Sacrificare il frutto dell'ingiustizia è un'offerta da scherno 22e i doni dei malvagi non sono graditi. 23L'Altissimo non gradisce le offerte degli empi né perdona i peccati secondo il numero delle vittime. 24Sacrifica un figlio davanti al proprio padre chi offre un sacrificio con i beni dei poveri. 25Il pane dei bisognosi è la vita dei poveri, colui che glielo toglie è un sanguinario. 26Uccide il prossimo chi gli toglie il nutrimento, 27versa sangue chi rifiuta il salario all'operaio. 28Uno edifica e l'altro abbatte: che vantaggio ne ricavano, oltre la fatica? 29Uno prega e l'altro maledice: quale delle due voci ascolterà il Signore? 30Chi si purifica per un morto e lo tocca di nuovo, quale vantaggio ha nella sua abluzione? 31Così l'uomo che digiuna per i suoi peccati e poi va e li commette di nuovo: chi ascolterà la sua supplica? Quale vantaggio ha nell'essersi umiliato?

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Approfondimenti

vv. 1-20. La prima parte del brano condanna il ricorso ai sogni, considerati «ombre e vento» (vv. 1-8): Ben Sira appare più avanti rispetto alle idee correnti in materia. Per il sogno-incubo, cfr. 40,5. La seconda parte del brano esalta le conquiste dell'uomo che fa esperienze arricchenti viaggiando, ma mantenendosi nel timore di Dio (vv. 9-20). Il timbro è marcatamente autobiografico: presenta prima un profilo del saggio che «ha viaggiato» (per alcuni mss.: «è stato istruito») e si è arricchito con le cose viste (vv. 10-11) ed i pericoli scampati grazie al timore di Dio (vv. 12-13); segue, poi, la beatitudine di chi teme Dio (v. 14-20). È un macarismo nell'ottica della retribuzione terrena: Dio difende da rischi naturali noti all'uomo mediterraneo (vento e sole infuocati) e concede sanità, vita e benedizione (vv. 19-20). È il Dio “scudo” di Abramo (Gn 15,1) e del giusto perseguitato (Sal 22,20; Pr 2,7), di Israele (Dt 33,29) e di tutto il monte Sion (Is 4,6).

**vv. 34,21-35,13. I legami tra culto e morale, personale e sociale, fanno da filo conduttore del brano. Ben Sira cerca di unire osservanza fedele sia dei riti che della giustizia richiesta dalla legge: perciò condanna l'offerta di sacrifici che sono frutto di ingiustizia (vv. 21-27), e l'ipocrisia di abluzioni e digiuni che non segnano la conversione dal peccato (vv. 28-31). Insegna che l'osservanza della legge è la forma migliore di sacrificio e di adorazione (35, 1-5). Fornisce, quindi, indicazioni sul modo più pertinente di offrire sacrifici all'Altissimo (vv. 6-13), che non fa preferenze di persone e presta l'orecchio ai poveri (vv. 14-26). Il bersaglio critico di tutto il brano compare all'inizio: sono i «senza legge» (34,22: anomoi) e i «senza religiosità» (34,23: asebeis). Essi si comportano da assassini (cfr. Lv 19,13; Dt 24,14-15), quando offrono ciò che è stato sottratto o negato al povero (vv. 24-27; cfr. 2Re 25,6-7; Sal 5,7; Gc 5,4); da stolti, quando pensano che nei conflitti Dio possa schierarsi con altri se non col povero (vv. 28-29; cfr. 4,4.5.6); da ipocriti, quando fanno riti di purificazione (v. 30) e digiuni (v. 31) senza allontanarsi dal peccato(cfr. Nm 19,11; Is 58,3-7; 2Pt 2,20-22). Passando al positivo, Ben Sira indica le offerte gradite a Dio: l'osservanza della legge (35,1-2), la gratitudine e l'elemosina come espressione di carità (vv. 3-4) e il tenersi lontano dall'ingiustizia (v. 5: due volte apostēnai apo; Gb 28,28). Nel brano seguente (vv. 6-13) Ben Sira traccia un profilo completo di pio Ebreo, capace di integrare gli atti del culto nella vita morale e sociale: non si presenta “vuoto” davanti al Signore (v. 6), ma con offerte da giusto che arricchiscono l'altare (vv. 8-9), con occhio buono, generoso (vv. 10.12; cfr. 14,10a) e volto ilare (v. 11; cfr. 2Cor 9,7). La misura del suo donare è stabilita da quello che ha ricevuto dal Signore, il quale ripaga sette volte tanto (vv. 12-13). In questo modo Ben Sira richiama la lezione profetica sul legame culto-morale e prepara la novità di Gesù, per il quale non è più solo problema di coerenza morale. È problema teologico: lui, re e pastore universale, posto sul trono del Signore-Giudice, si rivela sorprendentemente unito ai piccoli e poveri della storia. Soccorrere loro è soccorrere-glorificare lui: «...l'avete fatto a me» (cfr. Mt 25,40s.).

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Il saggio e lo stolto 1Chi teme il Signore non incorre in alcun male, ma nella prova sarà ancora liberato. 2Un uomo saggio non detesta la legge, ma chi finge con essa è come nave in tempesta. 3L'uomo assennato ha fiducia nella legge, per lui è degna di fede come un oracolo. 4Prepara il tuo discorso e così sarai ascoltato, raccogli il tuo insegnamento e poi rispondi. 5Ruota di carro è il sentimento dello stolto, il suo ragionamento è come l'asse che gira. 6Un amico beffardo è come uno stallone, nitrisce sotto chiunque lo cavalca.

Dio dispone ogni cosa con sapienza 7Perché un giorno è più importante d'un altro, se tutta la luce dell'anno viene dal sole? 8È perché sono stati distinti nel pensiero del Signore, che ha diversificato le stagioni e le feste. 9Ha esaltato e santificato alcuni, altri li ha lasciati nel numero dei giorni ordinari. 10Anche gli uomini provengono tutti dalla polvere e dalla terra fu creato Adamo. 11Ma il Signore li ha distinti nella sua grande sapienza, ha diversificato le loro vie. 12Ha benedetto ed esaltato alcuni, altri ha santificato e avvicinato a sé; altri ha maledetto e umiliato e ha rovesciato dalle loro posizioni. 13Come argilla nelle mani del vasaio che la modella a suo piacimento, così gli uomini nelle mani di colui che li ha creati e li ricompensa secondo il suo giudizio. 14Di fronte al male c'è il bene, di fronte alla morte c'è la vita; così di fronte all'uomo pio c'è il peccatore. 15Considera perciò tutte le opere dell'Altissimo: a due a due, una di fronte all'altra.

16Anch'io, venuto per ultimo, mi sono tenuto desto, come uno che racimola dietro i vendemmiatori: 17con la benedizione del Signore sono giunto per primo, come un vendemmiatore ho riempito il tino. 18Badate che non ho faticato solo per me, ma per tutti quelli che ricercano l'istruzione. 19Ascoltatemi, o grandi del popolo, e voi che dirigete le assemblee, fate attenzione.

Come amministrare i propri beni 20Al figlio e alla moglie, al fratello e all'amico non dare un potere su di te finché sei in vita. Non dare ad altri le tue ricchezze, perché poi non ti penta e debba richiederle. 21Finché vivi e in te c'è respiro, non abbandonarti al potere di nessuno. 22È meglio che i figli chiedano a te, piuttosto che tu debba volgere lo sguardo alle loro mani. 23In tutte le tue opere mantieni la tua autorità e non macchiare la tua dignità. 24Quando finiranno i giorni della tua vita, al momento della morte, assegna la tua eredità.

Disposizioni per gli schiavi 25Foraggio, bastone e pesi per l'asino; pane, disciplina e lavoro per lo schiavo. 26Fa' lavorare il tuo servo e starai in pace, lasciagli libere le mani e cercherà la libertà. 27Giogo e redini piegano il collo⊥, per lo schiavo malvagio torture e castighi. 28Mettilo a lavorare perché non stia in ozio, 29perché l'ozio insegna molte cose cattive. 30Mettilo all'opera come gli conviene, e se non obbedisce, stringigli i ceppi. Ma non esagerare con nessuno e non fare nulla contro la giustizia. 31Se hai uno schiavo, sia come te stesso, perché l'hai acquistato a prezzo di sangue. Se hai uno schiavo, trattalo come un fratello, perché ne avrai bisogno come di te stesso. 32Se tu lo maltratti ed egli fuggirà, 33in quale strada andrai a ricercarlo?

_________________ Note

33,25-33 Queste rigide norme per gli schiavi, comprensibili in una società che legittimava socialmente e religiosamente la schiavitù, sembrano mitigate dalle raccomandazioni finali (vv. 30-33).

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Approfondimenti

vv. 7-18. All'insegnamento sulla teodicea (vv. 7-15), fa seguito una breve nota autobiografica (vv. 16-18). Dopo avere caratterizzato – da 32,14 in avanti – il pio e il saggio in contrasto con il cattivo e lo stolto, Ben Sira invita a considerare come Dio abbia fatto tutte le sue opere in coppia (v. 15). C'è polarità tra bene e male, morte e vita, pio e peccatore (v. 14). Nell'ebraico e nel siriaco figura anche il contrasto tra luce e tenebre, ben noto anche a Qumran e negli apocrifi. Ben Sira fa risalire a Dio non solo la comune provenienza degli uomini («tutti dalla polve-re»: v. 10), ma anche la diversità di elezione e missione tra loro («alcuni li ha benedetti ed esaltati, altri li ha maledetti ed umiliati... scacciati», v. 12). Allusione agli Ebrei da un lato, a Greci e Cananei dall'altro. È Dio che ha agito sovranamente, come il vasaio con la creta (v. 13; cfr. Is 45,9; 64,7; Ger 18,1-6; 19,1-13; Sap 12,12). In questo Ben Sira vede l'armonia del creato e la propone in un contesto pluralistico, con intenti apologetici: difendere l'elezione divina di Israele contro gli Ebrei ellenizzati che la mettevano in discussione. Per far questo parte da un argomento dell'esperienza quotidiana: l'uguaglianza ed insieme la diversità dei giorni nel calendario religioso (vv. 7-9). Nella nota autobiografica (vv. 16-18; cfr. 39,12-13; 51,13-28 ed anche il Prologo) si fondono umiltà e fierezza: partito come colui che raccoglie i racemi dopo la vendemmia (cfr. Dt 24,21), Ben Sira è riuscito ugualmente a riempire il tino come un vero vendemmiatore (v. 17). Ne è fiero: la sua fatica sarà utile per quanti cercano la disciplina (v. 18; cfr. 24,34). Un monito polemico contro chi si è allontanato dal giudaismo.

vv. 19-24. Il brano difende il ruolo dell'adulto maschio in famiglia. Sembra escludere la pratica del testamento (v. 24). Dopo un invito all'ascolto, rivolto ai capi del popolo e delle sinagoghe, ed articolato con un andamento chiastico (v. 19), Ben Sira dà consigli su come comportarsi in casa con la moglie ed il figlio, con il fratello e l'amico. Non deve cedere il potere personale, sociale ed economico prima del giorno della morte (vv. 21.24). Sono escluse concessioni di ogni tipo, per non doversi pentire dopo e per rimanere superiore a tutto e non offuscare la propria fama (v. 23b).

vv. 25-33. Attento alle istituzioni socialmente rilevanti, Ben Sira si occupa anche di schiavi, con l'ottica propria del suo tempo. Lo schiavo, paragonato a un asino da soma (v. 25), ha bisogno di lavoro e di punizioni (cfr. Pr 26,3; 29,19), perfino di ceppi (v. 30b). Bisogna combattere l'ozio (vv. 28-29), causa di molti mali. Uno schiavo pigro non avrà mai un buon consiglio da dare su un gran lavoro (37,11i). Tuttavia non bisogna esagerare e non far nulla ingiustamente (v. 30cd; cfr. Es 21,1-11; Lv 25,44-45; Dt 15,12-18). Gli ultimi tre versetti presentano consigli per chi ha un solo schiavo: sarà suo interesse trattarlo bene, come se stesso, perché è stato pagato con il proprio sangue (cfr. 7,20-21) e non si può correre il rischio che scappi via (v. 33; cfr. Dt 23,16-17).

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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