📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

INNO ALLA GRANDEZZA E ALLA GLORIA DI DIO

1 Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore, uomini di tutta la terra.

2 Cantate al Signore, benedite il suo nome, annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.

3 In mezzo alle genti narrate la sua gloria, a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

4 Grande è il Signore e degno di ogni lode, terribile sopra tutti gli dèi.

5 Tutti gli dèi dei popoli sono un nulla, il Signore invece ha fatto i cieli.

6 Maestà e onore sono davanti a lui, forza e splendore nel suo santuario.

7 Date al Signore, o famiglie dei popoli, date al Signore gloria e potenza,

8 date al Signore la gloria del suo nome. Portate offerte ed entrate nei suoi atri,

9 prostratevi al Signore nel suo atrio santo. Tremi davanti a lui tutta la terra.

10 Dite tra le genti: “Il Signore regna!”. È stabile il mondo, non potrà vacillare! Egli giudica i popoli con rettitudine.

11 Gioiscano i cieli, esulti la terra, risuoni il mare e quanto racchiude;

12 sia in festa la campagna e quanto contiene, acclamino tutti gli alberi della foresta

13 davanti al Signore che viene: sì, egli viene a giudicare la terra; giudicherà il mondo con giustizia e nella sua fedeltà i popoli.

_________________ Note

96,1 I popoli della terra sono chiamati a cantare la grandezza del Dio d’Israele, che si innalza, nella sua gloria di unico vero Dio, sugli dèi inerti e inconsistenti. All'orizzonte si profila il raduno finale di tutta l'umanità; nell'abbraccio della regalità e della paternità di Dio. Questo inno si trova anche in 1Cr 16,23-33, con alcune varianti.

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Approfondimenti

Un canto nuovo a Dio re Inno alla regalità del Signore (JHWH)

È una composizione abbastanza unitaria, sebbene antologica, del postesilio (IV sec. a. C.?), che rivela l'ingegno e la maestria dell'autore. Ci sono riferimenti, ma demitizzati, all'antico Sal 29 e al Deuteroisaia (cfr. polemica antidolatrica) e allusioni ad altri passi biblici. Il salmo si trova con alcune varianti nella raccolta antologica di 1Cr 16,8-36 tra il Sal 105,1-15 e il 106,1.47-48, presentata dal Cronista come ringraziamento dopo il trasferimento dell'arca santa in Gerusalemme. Ritmicamente, si presenta come una poesia libera da vincoli: si trovano infatti distici e tristici e varia il numero di accenti per stico. Si nota tuttavia una certa preferenza per lo schema poetico cananaeo abc/abd/abe (cfr. vv. 1-2). Le numerose inclusioni (cfr. le espressioni: «tutta la terra», «Signore», «nome», «gloria», «popoli») rendono i vv. 1-9 una composizione unitaria e così anche (cfr. il verbo «giudicare») i vv. 10-13. La seconda unità forma anche un crescendo. Il campo semantico simbolico, cosmico-spazio-temporale unifica il salmo; non manca tuttavia la motivazione politica legata alla figura di Dio re.

Divisione:

  • vv. 1-9 (I parte): il cantico nuovo;
  • vv. 10-13 (II parte): la regalità del Signore.

v. 1. «Cantate al Signore...»: l'invito ripetuto 3 volte nei vv. 1-2 indica particolare insistenza (figura dell'«anafora»). «canto nuovo»: cfr. Sal 33,3; 40,4; 98,1; 144,9; 149,1. L'espressione è particolarmente usata dal Deuteroisaia (42,10) e si riferisce alla celebrazione della salvezza messianico-escatologica portata dal Servo del Signore (JHWH) (Is 42, 1ss.).

vv. 2-3. «il suo nome»: è la sua persona (Sal 8,2). «annunziate... narrate... dite»: la lode secondo la fede storica d'Israele consiste nel raccontare gli interventi salvifici di Dio. Probabilmente i vv. 2b-3 («salvezza... prodigi») in senso più specifico possono riferirsi al ritorno dall'esilio, nuovo esodo (cfr. Is 40-55; Sal 126), dato l'impiego anche del verbo «annunziare» (bśr) caro al Deuteroisaia (40,9; 41,27; 52,7), verbo che i LXX traducono con euaggelizesthai (= portare il lieto annunzio). «in mezzo ai popoli... a tutte le nazioni»: i prodigi di Dio non possono essere racchiusi nell'ambito di un popolo ristretto; tutti devono conoscerli per beneficiarne, cfr. Is 66,18-19.

v. 5. «sono un nulla»: (’elîlîm), cfr. Sal 97,7; Is 2,8. 18.20. Nel primo emistichio il termine, che richiama per assonanza la voce «Dio» (’elōhîm), descrive sarcasticamente gli «dei» come «gli inutili, i nulla» (’ēlîlîm) (cfr. Gb 13,4); nel secondo emistichio, ricorre il nome di JHWH in contrapposizione «agli dei» (= nullità) del primo emistichio, e si esalta la potenza di Dio che «ha fatto i cieli».

vv. 7-9. Quest'invitatorio ha carattere duplice di inclusione e di apertura al cantico seguente, apice del salmo. Si ripetono grosso modo i temi dei vv. 1-3. Il modello seguito è quello di Sal 29, con la preoccupazione di demitizzarlo. Qui si sostituisce l'espressione «figli di Dio» di Sal 29,1 con «famiglie di popoli». Non sono più le divinità del pantheon cananeo a formare la corte celeste, ma i diversi popoli della terra. Essi sono invitati a salire al tempio di Gerusalemme per compiere il culto al Signore (cfr. Is 18,7).

v. 8. «offerte»: ebr. minḥâ. È il termine liturgico tecnico delle offerte sacrificali vegetali (cfr. Lv 2,1-16). Perciò qui, più che omaggi di popoli vassalli, si tratta di esplicito atto di culto al Signore, dato anche il contesto ambientale del tempio («gli atri»). Ma ciò è ben specificato dal v. 9 con l'imperativo «prostratevi».

v. 9. «in sacri ornamenti»: cfr. Sal 29,2. L'espressione incerta può tradursi, stando al significato della voce hdrh nei testi di Ugarit, anche «alla sua santa apparizione». Si tratta qui di una teofania cultuale, il cui effetto teofanico susseguente del «tremore» causato dal timore è indicato nel v. 9b. Si adopera qui la figura della metonimia (effetto per la causa).

v. 10. Dopo l'invito all'annuncio della regalità, si esalta l'azione provvidente di Dio che «sorregge il mondo...» e la sua azione giudiziaria. Con l'azione provvidente si sottolinea il governo dell'universo creato, avendo sconfitto per sempre il caos iniziale (cfr. Sal 104,5-9); con l'azione giudiziaria, si accentua il governo e la sua influenza sulla storia che il Signore dirige con «rettitudine», cfr. Sal 66,5. Per il concetto di regalità del Signore cfr. Sal 93,1.

vv- 11-12. Alla regalità cosmica del v. 10 segue una lode universale, che parte da un coro solenne formato da tutta la natura inanimata. Sono coinvolti: cielo, terra e mare (tre elementi essenziali secondo la concezione ebraica), la campagna coltivata e le foreste (ambiente familiare all'uomo e agli animali). Il campo semantico della «gioia» qui è molto vario. La gioia del creato è una costante degli annunci di salvezza del Deuteroisaia, cfr. Is 44,23; 49,13; 55,12.

v. 13. Si esplicita il destinatario della lode cosmica dei vv. 11-12 e la motivazione. La lode va diretta al Signore «che viene». Si ha qui uno sfondo escatologico-universale. «con giustizia e con verità»: il giudizio sarà secondo le due grandi virtù che caratterizzano l'alleanza, «la terra... il mondo... tutte le genti»: le tre espressioni esprimono e ribadiscono l'universalità del giudizio. Si tratta perciò di un giudizio (azione) salvifico-escatologico a carattere universale, cfr. Is 40,10; 59,19-20; 60,1; 62,11. Il salmo supera cosi ogni nazionalismo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INVITO ALL’ADORAZIONE

1 Venite, cantiamo al Signore, acclamiamo la roccia della nostra salvezza.

2 Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia.

3 Perché grande Dio è il Signore, grande re sopra tutti gli dèi.

4 Nella sua mano sono gli abissi della terra, sono sue le vette dei monti.

5 Suo è il mare, è lui che l'ha fatto; le sue mani hanno plasmato la terra.

6 Entrate: prostràti, adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.

7 È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce! 8 “Non indurite il cuore come a Merìba, come nel giorno di Massa nel deserto,

9 dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere.

10 Per quarant'anni mi disgustò quella generazione e dissi: “Sono un popolo dal cuore traviato, non conoscono le mie vie”.

11 Perciò ho giurato nella mia ira: “Non entreranno nel luogo del mio riposo”.

_________________ Note

95,1 Tutta la comunità d'Israele è chiamata a stringersi attorno al suo Dio, nelle cui mani è posto il destino dell’uomo e dell’intera creazione. L’oracolo dei vv. 8-11 presenta Dio stesso che invita il popolo a questa profonda adesione a lui, esortandolo a evitare l'atteggiamento di ingratitudine e di sufficienza tipico dei suoi antenati, all’epoca del deserto.

95,8 Vengono evocati gli episodi narrati in Es 17,1-7 e Nm 20,1-13.

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Approfondimenti

Invito al pellegrinaggio al tempio Salmo di pellegrinaggio

Il carme è vivace e affine al Sal 81. È in distici, e il metro nel TM è di 3 + 3 accenti. Lo sfondo liturgico induce a collegarlo con l'ingresso processionale nel tempio. Risale molto probabilmente al postesilio. La simbologia è spazio-temporale, antropologica, liturgica, profetica e antropomorfica.

Divisione:

  • v. 1-7: invito alla solenne celebrazione;
  • vv. 8-11: ammonizione oracolare.

vv. 1-7. A livello di struttura si noti che all'invito del v. 1 e a quello del v. 6 seguono le motivazioni introdotte da (= perché) nel TM, da titoli cosmici (vv. 4-5) e dal titolo di elezione (v. 7).

vv. 1-2. «Venite..»: è un invito insistente a presentarsi davanti al Signore nel tempio per ringraziarlo solennemente, cfr. Sal 47,2; 100,2.

v. 3. «Poiché grande Dio..»: è la prima motivazione: la grandezza di Dio e la sua superiorità su ogni altra divinità dei popoli pagani, cfr. 96,4-5; 97,7; 98,2.

vv. 4-5. «Nella sua mano»: è un chiaro riferimento alla creazione (cfr. Gn 1; 2; Sal 8; 19; 29; 104). Tutto dipende ed è concentrato nelle mani di Dio («sue mani»), a differenza delle divinità pagane, di cui ognuna aveva un settore particolare da governare.

v. 6. «Venite...»: è il secondo invitatorio che prepara la motivazione: quella dell'elezione e dell'alleanza del v. 7. Comporta in più, rispetto al primo (v. 1), il gesto di profonda adorazione.

v. 7. «Egli è il nostro Dio... popolo del suo pascolo...»: è la formula dell'alleanza che richiama la seconda motivazione del ringraziamento (Es 19,5-6). L'immagine del gregge (cfr. Sal 23,1-2) arricchisce la formula dell'alleanza e richiama l'esodo, cfr. Sal 74,1; 79,13; 100,3.

vv. 8-11. Il salmista, dopo il lungo e solenne invitatorio, con un oracolo, induce Dio stesso a parlare e a ricordare le disposizioni per una vera adorazione e un giusto rendi mento di grazie. A differenza dell'ammonizione simile del Sal 81,9-17, qui non si accenna alle promesse divine, ma solo alla minaccia del castigo.

v. 8. «Ascoltate»: alla lett. «Oh, se ascoltaste...». È un invito in forma deprecativa. «Non indurite il cuore...»: la durezza del cuore o della cervice, segno di caparbietà e ostinazione nel male, è spesso contestata al popolo nel deserto, cfr. Es 32,9; Dt 9,6.13. «Meriba... Massa»: per gli episodi di Massa (= tentazione) e Meriba (= contestazione), cfr. Es 17,1-7; Nm 20,2-13. Essi diventano simbolo di incredulità, cfr. Dt 6,16; 8,2; 9,22; 33,8; Sal 78,18; 81,8; 106,32.

v. 11. «perciò ho giurato...»: cfr. Nm 14,22-35; Dt 1,34; 2,15. E un giuramento di esplicita condanna. Dio rigetta il popolo rompendo l'alleanza, rifiutandogli il possesso della terra, una clausola del patto. «luogo del mio riposo»: è la terra di Canaan, terra promessa da Dio al suo popolo al termine delle lunghe e difficili peripezie nel deserto, cfr. Es 33,14-15; Dt 12,9.

Nel NT la lettera agli Ebrei cita l'oracolo del Sal 95 secondo i LXX e lo commenta (Eb 3,1-4,11).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INNO A DIO, GIUSTO GIUDICE 1 Dio vendicatore, Signore, Dio vendicatore, risplendi!

2 Àlzati, giudice della terra, rendi ai superbi quello che si meritano!

3 Fino a quando i malvagi, Signore, fino a quando i malvagi trionferanno?

4 Sparleranno, diranno insolenze, si vanteranno tutti i malfattori?

5 Calpestano il tuo popolo, Signore, opprimono la tua eredità.

6 Uccidono la vedova e il forestiero, massacrano gli orfani.

7 E dicono: “Il Signore non vede, il Dio di Giacobbe non intende”.

8 Intendete, ignoranti del popolo: stolti, quando diventerete saggi?

9 Chi ha formato l'orecchio, forse non sente? Chi ha plasmato l'occhio, forse non vede?

10 Colui che castiga le genti, forse non punisce, lui che insegna all'uomo il sapere?

11 Il Signore conosce i pensieri dell'uomo: non sono che un soffio.

12 Beato l'uomo che tu castighi, Signore, e a cui insegni la tua legge,

13 per dargli riposo nei giorni di sventura, finché al malvagio sia scavata la fossa;

14 poiché il Signore non respinge il suo popolo e non abbandona la sua eredità,

15 il giudizio ritornerà a essere giusto e lo seguiranno tutti i retti di cuore.

16 Chi sorgerà per me contro i malvagi? Chi si alzerà con me contro i malfattori?

17 Se il Signore non fosse stato il mio aiuto, in breve avrei abitato nel regno del silenzio.

18 Quando dicevo: “Il mio piede vacilla”, la tua fedeltà, Signore, mi ha sostenuto.

19 Nel mio intimo, fra molte preoccupazioni, il tuo conforto mi ha allietato.

20 Può essere tuo alleato un tribunale iniquo, che in nome della legge provoca oppressioni?

21 Si avventano contro la vita del giusto e condannano il sangue innocente.

22 Ma il Signore è il mio baluardo, roccia del mio rifugio è il mio Dio.

23 Su di loro farà ricadere la loro malizia, li annienterà per la loro perfidia, li annienterà il Signore, nostro Dio.

_________________ Note

94,1 Formulando questa preghiera, l’orante invoca l’intervento di Dio contro ogni ingiustizia e prevaricazione. La vendetta non è sollecitata come cieca reazione contro i malvagi, ma quale manifestazione di un Dio che ha come prerogativa fondamentale il ristabilimento della giustizia.

94,17 regno del silenzio: è il regno della morte e dell’oltretomba.

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Approfondimenti

Inno e supplica a Dio re e giudice giusto Inno della regalità di JHWH (+ motivi di lamentazione, ringraziamento, giudiziali e sapienziali)

Il salmo è un appello a «Dio che fa giustizia» (alla lett. «Dio delle vendette»), a intervenire contro l'ingiustizia degli empi; questi lo sfidano apertamente, approfittando del suo apparente silenzio, per commettere soprusi e angherie, in particolare attraverso il legalismo ingiusto degli stessi tribunali. Il salmista è certo che Dio interverrà a difesa del debole con mano forte. Perciò è un salmo di speranza e di fiducia nella giustizia di Dio. Sebbene non si accenni direttamente al regno di Dio, l'appartenenza del Sal 94 al genere degli “Inni della regalità” divina è giustificata. Infatti il riferimento al giudizio di Dio, che è chiamato «giudice della terra» (v. 2), richiama quello della regalità come nei Sal 96-99. Inoltre, il riferimento al «tribunale iniquo» (alla lett. «trono iniquo») (v. 20) dei giudici terreni corrotti, fa da contrapposizione al «trono saldo» (Sal 93,2) segno della regalità divina e del perfetto giudizio divino degli stessi Sal 96-99. Il salmo, ruotante nell'area implicita della regalità di Dio, si mostra come una composizione mista con motivi appartenenti ad altri specifici generi letterari: ci sono elementi della “lamentazione comunitaria”, del genere “sapienziale”, e di “ringraziamento”; sono presenti inoltre la “diatriba giudiziaria” ed elementi vari di altri generi. L'epoca di composizione è quella del postprofetismo, ma prima dell'epoca greca o maccabaica, data la sua fattura classica. È sviluppato il simbolismo giudiziario, spaziale e antropomorfico. Il verso nel TM è distico con 3 + 3 accenti.

La struttura è concentrica secondo il seguente schema:

  • vv. 1-2: appello iniziale a Dio, giusto giudice;
  • vv. 3-7: I lamentazione: l'arrogante trionfo degli empi;
  • vv. 8-11: I lezione sapienziale: diatriba con gli empi;
  • vv. 12-15: Il lezione sapienziale: beatitudine dell'uomo istruito da Dio;
  • vv. 16-21: II lamentazione: soccorso divino nell'oppressione;
  • vv. 22-23: appello finale a Dio, difesa, rifugio e giusto giudice.

v. 1. «Dio che fai giustizia»: alla lett. «Dio delle vendette». L'appellativo è ripetuto due volte. In questo caso la voce «vendetta» ha un significato positivo, cioè di difesa di chi ha subito ingiustizia da parte di giudici iniqui. Dio è il vendicatore del sangue innocente (Gn 9,6; Lv 17,11; Nm 35,19; Dt 12,23) e il tutore (gō’ēl) del suo popolo. Per il significato della vendetta del Signore cfr. anche Is 61,1-2.

v. 2. «giudice della terra»: è il secondo appellativo di Dio. Qui si evidenzia più l'aspetto negativo punitivo anziché quello positivo di salvezza legato al titolo. «superbi»: questi superbi (ge’îm) si mostrano anche arroganti osando sfidare Dio stesso. Sono gli stessi del Sal 9-10.

v. 4. «diranno insolenze»: considerato il contesto giuridico l'espressione si riferisce alla cattiva amministrazione della giustizia e alle ingiuste sentenze giudiziarie, contro cui si scagliano anche i profeti, cfr. Is 1,23; Ger 5,28.

v. 6. «Uccidono la vedova... il forestiero... gli orfani»: ma Dio è il difensore dei deboli. Egli è «padre degli orfani e difensore delle vedove» (Sal 68,6) e cura i loro diritti (cfr. Dt 10,18; Sal 9-10,39). L'AT è molto sensibile alla causa dei deboli, cfr. Is 1,17; Ml 3,5; Sal 72,4.

v. 7. «Dicono: Il Signore non vede... non se ne cura»: cfr. Sal 73,11. È una sfida ingiuriosa nei riguardi di Dio, è l'ateismo sfacciato, condannato dal Sal 14 e in Sal 9-10,25.32-34. Il momentaneo silenzio di Dio è visto come assenza e disinteresse. «il Dio di Giacobbe»: cfr. Es 3,6. L'espressione ricorda l'alleanza stretta con i patriarchi e in questo contesto aggrava l'accusa di noncuranza di Dio da parte degli empi.

vv. 8-11. Si riporta la forte reazione del salmista alle accuse degli empi del v. 7, nello stile della diatriba sapienziale, tendente a dimostrare l'assurdità della loro posizione. Nel v. 8 c'è un appello, quasi un'intimazione, agli «insensati» a diventare «saggi»; nei vv. 9-10 con una serie di domande retoriche e un ragionamento a maiori ad minus, che si basa su un forte antropomorfismo somatico, si vuole dimostrare che Dio, poiché ha creato l'uomo con gli organi dei sensi e gli ha dato l'intelligenza, conosce i suoi pensieri, perciò non può essere sordo, cieco e insensibile alle angherie subite dagli oppressi.

v. 9. «Chi ha formato l'orecchio»: alla lett. «Colui che ha piantato l'orecchio». C'è l'immagine plastica di un albero che affonda le sue radici nella terra. Per la creazione degli organi dell'udito e della vista cfr. anche Sal 40,7; Prv 20,12.

v. 10. «Chi regge i popoli...»: Dio ammonisce i popoli, è il loro giudice (cfr. Sal 7,8-9; 96,10) e lo è tanto più del suo popolo! «lui che insegna... il sapere»: Dio è il maestro dell'uomo, avendogli dato le norme sociali di convivenza, cfr. Sal 25,4.9.

vv. 12-15. Secondo il genere sapienziale, sotto forma di beatitudine (macarismo), il salmista esalta in positivo, al contrario dei vv. 8-11, la felicità del fedele, del saggio (in opposizione agli «insensati» e «stolti» del v. 8), che riconoscendo Dio e la sua giustizia, si lascia ammonire da lui. Si segue la teoria della retribuzione terrena.

v. 14. «Perché il Signore non respinge il suo popolo...»: l'espressione recupera in positivo quanto nel v. 5 veniva lamentato per l'arroganza degli empi.

v. 15. «ma il giudizio si volgerà a giustizia...»: alla lett. «perché a giustizia ritornerà il giudizio». Si manifesta la certezza fiduciosa del salmista nel ristabilimento della giustizia e perciò del giusto ed equo giudizio per opera di Dio, cui non temeranno più di esservi sottoposti i «retti di cuore» (Sal 7,11; 11,2; 32,11; 36,11 есс.).

vv. 16-21. Ancora per contrastare e contestare l'assurdità delle tesi degli empi sul silenzio di Dio, il salmista ora adduce la sua esperienza personale: il sostegno della grazia di Dio e del suo conforto nei momenti della prova. È un lamento, ma incalzato dalla speranza. Il v. 16 è una domanda retorica che si richiama all'appello del v. 2 (cfr. Sal 7,7; 108,11; 121,1-2). I vv. 17-21 raccolgono l'esperienza liberatoria del salmista da parte del Signore.

v. 17. «regno del silenzio»: è lo šᵉ’ôl chiamato qui dûmâ dalla radice dmm (= tacere) per indicare 1l luogo del silenzio definitivo (Sal 31,18; 115,17). Se lo si assimila alla voce dmt (= torre, fortezza) presente nell'ugaritico e nell'accadico, dûmâ rispecchia l'immagine dello šᵉ’ôl come prigione (cfr. Sal 88,5-9; 142,8).

vv. 22-23. Dopo i dubbi sul silenzio di Dio davanti alle ingiustizie sollevati nei versetti 3-7 e la lezione sapienziale della dimostrazione del contrario, il salmo termina con la professione di fede nella certezza dell'intervento di Dio giusto e fedele, chiamato «difesa» e «rocca di rifugio». Egli ritorcerà sugli empi stessi la loro malizia, facendoli perire. Dal salmo traspare una profonda ansia di giustizia.

Nel NT Paolo in Rm 11,1-2 cita il v. 14. In 1Cor 3,19-20 cita con libertà il v. 11, e in 1Ts 4,6 chiama il Signore «vindice», alludendo al v. 2.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INNO A DIO, RE

1 Il Signore regna, si riveste di maestà: si riveste il Signore, si cinge di forza. È stabile il mondo, non potrà vacillare.

2 Stabile è il tuo trono da sempre, dall'eternità tu sei.

3 Alzarono i fiumi, Signore, alzarono i fiumi la loro voce, alzarono i fiumi il loro fragore.

4 Più del fragore di acque impetuose, più potente dei flutti del mare, potente nell'alto è il Signore.

5 Davvero degni di fede i tuoi insegnamenti! La santità si addice alla tua casa per la durata dei giorni, Signore.

_________________ Note

93,1 Questo inno trionfale appartiene ai “salmi della regalità del Signore” (vedi Sal 47; 96-99). La regalità del Dio d'Israele appare nello splendore del tempio, simbolo di stabilità e nel suo dominio su tutte le forze disgregatrici.

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Approfondimenti

Dio è re stabile nel mondo e nella sia legge Inno della regalità del Signore (JHWH)

Il salmo celebra in modo entusiastico la regalità del Signore, che si riflette nella stabilità del mondo e del suo trono, e in quella dei suoi insegnamenti. La tematica annunciata nei primi due versetti è il cardine e la tesi che si sviluppa nel carme. Come tutti gli “Inni della regalità di JHWH” il salmo 93 è soggetto a vari tipi di interpretazione che vanno da quella mitologica a quella storico-escatologica. Vi sono vari punti di contatto con il Sal 29. La composizione può risalire all'inizio della monarchia, e perciò si è in presenza di una testimonianza, sebbene succinta, della poesia e teologia dell'antico Israele. L'atmosfera è quella di una marcia festosa e i pensieri e le immagini si svolgono in un crescendo che raggiunge l'apice nel v. 4c. Per lo stile notiamo che si passa dal pronome personale di terza persona (vv. 1.3.4) a quello di seconda (vv. 2.5), Predomina, inoltre, il campo semantico riferentesi alla monarchia; ma è presente anche quello relativo alla battaglia cosmica e alla stabilità. A livello contenutistico il salmo si può dividere in: v. 1ab (introduzione): acclamazione e presentazione del Signore-re; vv. 1c-4 (corpo): la stabilità del suo trono; v. 5 (epilogo): la legge come esercizio della regalità divina su Israele . Ma tenendo conto degli indizi letterari di struttura (inclusioni) è meglio dividere il salmo come segue:

  • vv. 1-2: solenne acclamazione e presentazione di JHWH-re;
  • vv. 3-4: esaltazione-sfida delle acque primordiali e vittoria di Dio;
  • v. 5: Dio legislatore nel suo tempio santo.

Nei vv. 1-2 il metro nel TM è di 2 + 2 accenti a differenza del resto del carme (3 + 3) che dà più cadenza al ritmo. Il v. 2, in seconda persona, si rivolge direttamente al Signore esaltando la stabilità del suo trono e la sua eternità.

v. 1. «Il Signore regna»: ebr. JHWH mālāk. Tale acclamazione, che corrisponde a «Viva il re» (cfr. 2Re 11,12), si trova anche in Sal 96,10; 97,1 e 99,1. Essa ha valore atemporale e si riferisce alla qualità stabile e profonda della regalità di Dio. A differenza della formula analoga mālāk JHWH (Sal 47,9; Is 52,7) in cui l'accento è posto sul verbo mlk (regnare), accentuando così il valore dinamico-ingressivo del significato, l'espressione pone l'accento sulla persona stessa del Signore (JHWH) e sulla sua regalità, qualità stabile ed esclusiva. «si ammanta... si cinge...»: si descrive il Signore-re-guerriero, rivestito delle sue insegne e armi. Il mantello (cfr. Sal 104,2) è ricordato due volte in forma chiastica: «di splendore si ammanta-si ammanta il Signore (JHWH)» (gē’ût labēš-labeš JHWH). Lo splendore del mantello è simbolo di trascendenza. «si cinge di forza»: cfr. Gb 38,3; 40,7. Si presenta Dio come eroe supremo, suggerendo la sua onnipotenza, cfr. Sap 5,17-20. «rende saldo il mondo»: la regalità del Signore si manifesta nella stabilità del mondo, a lui dovuta, e che nessun cataclisma né maremoto (cfr. vv. 3-4) può sconvolgere, cfr. Sal 24,1-2; Prv 8,27-29.

v. 2. «Saldo è il tuo trono»: ci si può riferire alla saldezza del trono nei cieli e a quello a esso strettamente collegato sulla terra: il tempio di Gerusalemme e l'arca dell'alleanza in esso conservata (cfr. Sal 29; Is 66,1; Ger 17,12).

v. 3. «Alzano i fiumi...»: cfr. Sal 29. Si sente l'eco della sfida cosmica a Dio degli elementi primordiali. Il verso è ben costruito secondo lo schema stilistico cananeo: abc/abd/abe. «Alzano i fiumi» si ripete per tre volte in modo assordante, progressivo e incalzante, come tre assalti al trono di Dio. I «fiumi» per sineddoche rappresentano le acque dell'oceano primordiale (cfr. Sal 24,2; 46,5; 89,26; Is 44,27; Gio 2,4).

v. 4. La potenza di Dio esce vincitrice contro l'assalto arrogante delle acque primordiali, cfr. Prv 8,29; Gb 38,8-11. La vittoria di Dio simboleggia anche la vittoria contro i nemici del suo popolo, cfr. Ab 3,8.13. «potente nell'alto è il Signore»: l'aggettivo «potente» (’addîr) è adoperato nell'originale una volta al plurale e una al singolare nello stesso verso. L'uso del plurale riferito a Dio (’elōhîm) è da considerarsi come plurale di maestà. L'espressione, suggestiva nella sua semplicità e pregnanza, è il climax del salmo e la risposta e contrapposizione a questo ripetuto alzarsi e sollevarsi delle acque dei fiumi del v. 3. Si esprime così sinteticamente l'onnipotenza assoluta del Signore.

  1. All'esercizio della regalità divina vittoriosa nel cosmo si associa nella mente del salmista quella esercitata, nella storia, sul suo popolo con l'alleanza. La prescrizione delle leggi, come presso gli antichi monarchi orientali, è segno di regalità e di dominio. «Degni di fede...»: l'espressione ne’emnû può tradursi «stabili, infallibili...». Anche nel dare le sue leggi Dio mostra la sua regalità eterna e la stabilità del suo trono (cfr. v. 2). Del v. 5 nel suo testo consonantico, diversamente dal testo vocalizzato dai masoreti, è passibile anche un'interpretazione più “arcaicizante” in conformità alla mitologia soggiacente a tutto il salmo. Così si può tradurre: «Il tuo trono è stato fermamente stabilito / nel tuo tempio i santi ti glorificano/ o JHWH, per la lunghezza dei giorni». Il versetto è così più in linea con il pensiero del salmo e ribadisce in chiusura, con un'inclusione, la sua affermazione principale: la vittoria di Dio sulle forze primordiali e la stabilità del suo trono.

Nel NT si cita il v. 4 in Ap 19,6.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INNO DI LODE DEL GIUSTO 1 Salmo. Canto. Per il giorno del sabato.

2 È bello rendere grazie al Signore e cantare al tuo nome, o Altissimo,

3 annunciare al mattino il tuo amore, la tua fedeltà lungo la notte,

4 sulle dieci corde e sull'arpa, con arie sulla cetra.

5 Perché mi dai gioia, Signore, con le tue meraviglie, esulto per l'opera delle tue mani.

6 Come sono grandi le tue opere, Signore, quanto profondi i tuoi pensieri!

7 L'uomo insensato non li conosce e lo stolto non li capisce:

8 se i malvagi spuntano come l'erba e fioriscono tutti i malfattori, è solo per la loro eterna rovina,

9 ma tu, o Signore, sei l'eccelso per sempre.

10 Ecco, i tuoi nemici, o Signore, i tuoi nemici, ecco, periranno, saranno dispersi tutti i malfattori.

11 Tu mi doni la forza di un bufalo, mi hai cosparso di olio splendente.

12 I miei occhi disprezzeranno i miei nemici e, contro quelli che mi assalgono, i miei orecchi udranno sventure.

13 Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano;

14 piantati nella casa del Signore, fioriranno negli atri del nostro Dio.

15 Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno verdi e rigogliosi,

16 per annunciare quanto è retto il Signore, mia roccia: in lui non c'è malvagità.

_________________ Note

92,1 Con il suo tono gioioso e musicale, questo salmo è considerato il canto della festa, il canto del sabato (secondo l’indicazione posteriore del titolo, v. 1). Motivo di tanta gioia è l’agire di Dio in favore del suo fedele, reso forte davanti alle minacce dei nemici e saldo davanti all’avanzare della vecchiaia.

92,13 palma e cedro: evocano bellezza e longevità. Il Libano era famoso per i suoi cedri.

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Approfondimenti

L'amore e la fedeltà di Dio Salmo di ringraziamento (+ motivi innici e sapienziali)

Secondo il titolo e la Mishnah (Tamid) è il canto del sabato. Ancor oggi è cantato all'ingresso del sabato, al tramonto del venerdì. È una lirica gioiosa, musicale (vv. 2-5), piena di ottimismo che annuncia l'amore e la fedeltà di Dio. Il nome del Signore (JHWH) ricorre sette volte. C'è un'inclusione tra i vv. 2-4 e 13-16 soprattutto con il verbo «proclamare» (lᵉhaggîd). Il corpo del salmo (vv. 5-12) è a struttura chiastica concentrica con al centro l'espressione «l'eccelso per sempre, o Signore» del v. 9. È l'unico salmo che inizia con l'aggettivo ṭôb (= buono), tradotto da BC con «bello». È presente la simbologia della polarità (empio-giusto), del mondo vegetale, musicale, del tempo e dello spazio.

Divisione:

  • vv. 2-4: appello introduttivo;
  • vv. 5-12: corpo dell'inno;
  • vv. 13-16: la prosperità del giusto.

vv. 2-4. L'introduzione ampia e solenne, come negli inni, ha elementi dei salmi di ringraziamento (cfr. 9,2-3; 34,3-4), tra cui «dar lode», verbo caratteristico del ringraziamento (tôdâ). Il salmista vuole «dar lode» (= ringraziare) il Signore, «cantare» con un canto liturgico accompagnato da strumenti musicali.

v. 2. «È bello.»: alla lett. «È bene» (ṭôb). «o Altissimo»: (cfr. Gn 14,18-20) è il titolo antico di Dio usato spesso nei salmi per indicare la sua trascendenza.

v. 3. «annunziare»: il modo più alto di lodare il Signore è raccontarne le meraviglie, scaturite dal suo «amore» e dalla sua «fedeltà». «al mattino... lungo la notte»: cioè ininterrottamente.

v. 5. «meraviglie... opere delle tue mani»: sono gli atti di Dio della creazione e della storia salvifica, cfr. Sal 36,7; 40,6; 104,24; 139,14; Rm 11,33.

v. 6. «Come sono grandi...»: «Come» indica meraviglia. Il poeta è estasiato nella contemplazione della grandezza di Dio, cfr. Sal 8,2.10.

vv. 7-8. Alle meraviglie di Dio e all'insondabilità dei suoi pensieri, il salmista collega la stoltezza dell'uomo, che non riconosce Dio (cfr. Sap 17), e perciò agisce contro la sua legge.

v. 8. «germogliano come l'erba...»: sul successo passeggero dei peccatori, cfr. Sal 36,2; 73,17-20; Is 40,6-7.

v. 9. «ma tu sei l'eccelso per sempre...»: in contrasto con la fugacità dell'empio e la sua eterna rovina, l'orante ci fa contemplare Dio nella sua immutabilità eterna e trascendenza, cfr. Sal 9,8.37; 11,4; 14,2. Siamo al vertice dell'inno.

v. 11. «forza»: alla lett. «corno». È segno di potenza (Sal 75,5-6; 89,18; 132,17; 148,14; Lc 1,69). «cospargi di olio splendente»: l'olio evoca l'ospitalità (Sal 23,5); la gioia (Sal 45,8) e la sacralità (Sal 133,2).

v. 12. «I miei occhi disprezzeranno i miei nemici, e contro gli iniqui...»: il salmista si sente fortificato e irrobustito dal Signore, e come un generale vittorioso compiaciuto già guarda dall'alto con disprezzo i nemici e gli empi in rotta, di cui sembra ascoltare notizie infauste di grida, di sangue e di morte.

vv. 13-16. Per contrasto con la misera fine degli empi e dei malfattori, nemici di Dio (v. 8.10.12), l'orante con immagini del mondo vegetale descrive la floridezza del giusto, già preannunciata nel v. 11.

v. 13. «cedro del Libano»: i cedri del Libano sono famosi per la loro robustezza e longevità.

v. 14. «piantati nella casa del Signore»: il giusto è rappresentato in modo simile nel Sal 1, ma «piantato lunghi corsi d'acqua». Qui si accenna all'area del tempio del Signore, come segno di ancora maggiore fertilità per la prosperità degli alberi.

v. 16. «per annunziare..»: in inclusione con il v. 3, così fortificato e protetto dal Signore il salmista, giusto, è pronto a proclamare la rettitudine del Signore, la sua giustizia e stabilità eterna come roccia di difesa, cfr. Dt 32,4; Sap 12,12-13. Il motivo finale del salmo è riportato anche dai Sal 18,50; 21,14; 30,13.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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LA PROTEZIONE DIVINA

1Chi abita al riparo dell'Altissimo passerà la notte all'ombra dell'Onnipotente.

2 Io dico al Signore: “Mio rifugio e mia fortezza, mio Dio in cui confido”.

3 Egli ti libererà dal laccio del cacciatore, dalla peste che distrugge.

4 Ti coprirà con le sue penne, sotto le sue ali troverai rifugio; la sua fedeltà ti sarà scudo e corazza.

5 Non temerai il terrore della notte né la freccia che vola di giorno,

6 la peste che vaga nelle tenebre, lo sterminio che devasta a mezzogiorno.

7 Mille cadranno al tuo fianco e diecimila alla tua destra, ma nulla ti potrà colpire.

8 Basterà che tu apra gli occhi e vedrai la ricompensa dei malvagi!

9 “Sì, mio rifugio sei tu, o Signore!”. Tu hai fatto dell'Altissimo la tua dimora:

10 non ti potrà colpire la sventura, nessun colpo cadrà sulla tua tenda.

11 Egli per te darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutte le tue vie.

12 Sulle mani essi ti porteranno, perché il tuo piede non inciampi nella pietra.

13 Calpesterai leoni e vipere, schiaccerai leoncelli e draghi.

14 “Lo libererò, perché a me si è legato, lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome.

15 Mi invocherà e io gli darò risposta; nell'angoscia io sarò con lui, lo libererò e lo renderò glorioso.

16 Lo sazierò di lunghi giorni e gli farò vedere la mia salvezza”.

_________________ Note

91,1 L’orante che pronuncia questa preghiera sta per affrontare la notte nel tempio (“abitare al riparo dell'Altissimo”, v. 1), in attesa di ricevere, all’alba, l'oracolo di salvezza che il sacerdote gli rivolgerà nel nome del Signore (vv. 14-16). La notte si presenta con il suo carico di timori e di incubi, di pericoli e di paure, ma non incute paura a chi si affida totalmente a Dio e cerca rifugio sotto la sua protezione.

91,3-4 Il laccio indica pericolo, insidia; penne e ali che offrono rifugio e proteggono, sono immagini della sollecitudine di Dio per l’uomo.

91,11-12 Questi versetti sono citati nell’episodio delle tentazioni di Gesù (Mt 4,6; Lc 4,10-11).

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Approfondimenti

Al riparo dell'Altissimo Salmo sapienziale (+ motivi liturgici, di fiducia e oracolo finale)

Per alcuni paralleli letterari e ideologici a volte si pone questo salmo nel genere dei “salmi regali”, scorgendovi nel personaggio interpellato (v. 1) la figura del re, tuttavia sembra che qui prevalga il genere sapienziale. Il metro nel TM è di 3 + 3 accenti. Mentre nel testo ebraico manca il titolo, nei LXX si attribuisce il salmo a Davide. Il campo semantico e simbolico è dato dallo spazio e dal tempo, dalle immagini venatorie, belliche, somatiche e teriomorfe.

Divisione:

  • vv. 1-2: esortazione alla fiducia;
  • vv. 3-13: efficacia della divina protezione;
  • vv. 14-16: oracolo di conferma.

vv. 1-2. Il salmista, sotto le vesti di un sapiente, di un sacerdote e di un profeta, esorta il fedele che si è messo sotto la protezione del Signore, a professare la sua fede e fiducia in lui. Il Signore, che già lo ha fatto per il passato, libererà anche in seguito il suo fedele da ogni pericolo.

v. 1. «Iu che abiti al riparo..»: nel TM questo primo versetto ha problemi sintattici di connessione tra il primo e il secondo emistichio. L'espressione indica la certezza della protezione del Signore, determinata dai verbi che indicano stabilità: «abiti... dimori...». «Altissimo... Onnipontente»: sono due titoli antichi di Dio (‘elyôn... šadday) derivati dal mondo cananaico.

vv. 3-4. «laccio... penne... ali»: sono immagini venatorie (cfr. Sal 38,13). Si esprime la sicurezza della protezione divina; le ali possono alludere a quelle dei cherubini sormontanti l'arca dell'alleanza situata nel tempio, trono della presenza di Dio (Sal 17,8; 36,8). «la peste»: qui e nel v. 6 è personificata.

vv. 5-8. «scudo... corazza... frecce»: sono immagini belliche con le quali si sottolinea di nuovo la liberazione di Dio, dovuta alla «fedeltà» verso il suo protetto. Questi sarà salvato e gli empi suoi nemici con tutti gli assalitori scompariranno (vv. 7 8).

v. 5. «freccia...»: la metafora indica una malattia che colpisce all'improvviso, cfr. Sal 38,3; Gb 6,4; Lam 3,13; Ez 5,16.

v. 6. «lo sterminio che devasta a mezzogiorno»: in forza del parallelismo con il primo emistichio, lo «sterminio» (tradotto anche «morbo, epidemia, contagio...») indica qui una malattia generica contagiosa, anche personificata, come la peste. La Vulgata sulla scia dei LXX (che traducono «demonio») ha tradotto qui, erroneamente, «demonio meridiano». C'è stato uno scambio tra la voce verbale yāšûd (=devasterà) e wᵉšēd (=e demonio).

vv. 14-16. Per bocca di un sacerdote o di un profeta cultuale il Signore, a chiusura del salmo, prende direttamente la parola per confermare quanto assicurato dal salmista, sulla sua divina protezione. La formula di questo oracolo nel TM è molto elaborata: c'è un chiasmo perfetto nel v. 14, un altro nel v. 16 e una rima molto insistente in ...ehû.

v. 14. «a me si è affidato»: alla lett. «ha aderito a me...». E usato qui nel TM il verbo ḥšq (= aderire a..., legarsi a...) che esprime il rapporto stabile di amore tra un uomo e una donna che egli intende sposare (cfr. Gn 34,8; Dt 21,11); nei riguardi dei rapporti di Dio con Israele il verbo è usato in Dt 7,7 e 10,15. «ha conosciuto»: il valore biblico del «conoscere» (yd‘) è vasto e profondo. Abbraccia l'intera persona, anima e corpo. Qui perciò si sottolinea la vera religiosità del fedele, che aderisce totalmente a Dio, e non il vuoto formalismo, cfr. Ger 31,34. «nome»: equivale al Signore stesso. Il fedele è «colui che conosce il nome del Signore», cfr. Sal 9,11; 20,2-4; 1Re 8,43.

v. 16. «Lo sazierò di lunghi giorni»: cfr. Gb 5,26. Si allude alla benedizione di Dio riguardante la lunghezza della vita come quella dei patriarchi, cfr. Gn 25,8; Gn 35, 28-29.

Nel NT i vv. 11-12 sono citati dal diavolo nei testi della tentazione di Gesù (Mt 4,5-6; Lc 4,9-11). Il riferimento ai «leoni» di v. 13 si trova in 1Pt 5,8-10, ove si identifica il «leone» con satana e si preannunzia anche il soccorso efficace di Dio come nell'intero salmo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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SALMI – LIBRO QUARTO (90-106)

ETERNITÀ DI DIO E BREVITÀ DELLA VITA DELL’UOMO 1 Preghiera. Di Mosè, uomo di Dio.

Signore, tu sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.

2 Prima che nascessero i monti e la terra e il mondo fossero generati, da sempre e per sempre tu sei, o Dio.

3 Tu fai ritornare l'uomo in polvere, quando dici: “Ritornate, figli dell'uomo”.

4 Mille anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte.

5 Tu li sommergi: sono come un sogno al mattino, come l'erba che germoglia;

6 al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e secca.

7 Sì, siamo distrutti dalla tua ira, atterriti dal tuo furore!

8 Davanti a te poni le nostre colpe, i nostri segreti alla luce del tuo volto.

9 Tutti i nostri giorni svaniscono per la tua collera, consumiamo i nostri anni come un soffio.

10 Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, e il loro agitarsi è fatica e delusione; passano presto e noi voliamo via.

11 Chi conosce l'impeto della tua ira e, nel timore di te, la tua collera?

12 Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio.

13 Ritorna, Signore: fino a quando? Abbi pietà dei tuoi servi!

14 Saziaci al mattino con il tuo amore: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.

15 Rendici la gioia per i giorni in cui ci hai afflitti, per gli anni in cui abbiamo visto il male.

16 Si manifesti ai tuoi servi la tua opera e il tuo splendore ai loro figli.

17 Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: rendi salda per noi l'opera delle nostre mani, l'opera delle nostre mani rendi salda.

_________________ Note

90,1 Domina in questa preghiera, che nel titolo del salmo viene attribuita a Mosè (v. 1), il simbolismo del tempo e dello spazio. Da una parte vi è il riconoscimento della stabilità di Dio; dall’altra la constatazione dell'inconsistenza e fragilità; dell'uomo (polvere, turno di veglia nella notte, erba del campo, soffio).

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Approfondimenti

Signore, muoviti a pietà dei tuoi servi Supplica collettiva (+ motivi innici e sapienziali)

Il salmo è attribuito, unica volta nel Salterio, a Mosè, ma è molto probabilmente del postesilio. Strutturalmente è tenuto unito da un'inclusione generale tra i vv. 1-2 e 17. Inoltre Dio è invocato come Signore (’adōnāy) in apertura e in chiusura (vv. 1.17). La simbologia del tempo è dominante, ma ricorrono anche quella spaziale, psicologica e antropomorfica. Questo salmo, che fa da apertura al quarto libro del Salterio, per i problemi affrontati è simile al Sal 39.

Divisione:

  • 1b-2: solenne introduzione;
  • vv. 3-12: professione di fede nell'eternità, potenza e onniscienza di Dio;
  • vv. 13-17: supplica di liberazione dal male presente e sostegno per il futuro.

vv. 1b-2. Si proclama una duplice professione di fede: Dio come luogo sicuro di «rifugio» (v. 2) (cfr. Sal 71,3; 91,9), e Dio nella sua eterna stabilità (v. 3). Queste due premesse fondano le richieste finali del salmo.

v. 2. «nascessero i monti... fossero generati»: non si nega la verità della creazione (Gn 1), ma si adoperano immagini cosmogoniche proprie del genere innico (cfr. Gb 38,8).

vv. 3-12. L'orante medita sulla caducità umana segnata dal peccato, in raffronto con l'eternità di Dio. I vv. 3-6 riguardano l'uomo in genere, mentre i vv. 7-12, in particolar modo, il popolo di Dio che ha ricevuto la rivelazione. La sezione si chiude con l'invocazione del v. 12 a Dio per «giungere alla sapienza del cuore». Nel v. 3 si ricorda la realtà della morte richiamando Gn 3,19; nel v. 4 si accenna all'incommensurabilità del tempo divino in raffronto con il tempo dell'uomo (mille anni = un giorno); nei vv. 5-6 la caducità della vita umana è paragonata all'erba dei campi, che al mattino fiorisce e a sera dissecca, cfr. Sal 102,12; 103,15-16; Is 40,6-7; Gb 14,2; Sir 14,18. Nei vv. 7-12 i verbi nel TM sono al passato, il che fa pensare che il salmista e la comunità pur tenendo presente la condizione umana in genere, riflettono sulla situazione di disagio presente in cui versa il popolo, riconosciuta come effetto dell'ira divina a causa del peccato (vv. 7-8).

v. 8. «Davanti a te poni le nostre colpe, i nostri peccati occulti...»: in un parallelismo sinonimico in forma chiastica il salmista professa che niente si può nascondere a Dio; Dio conosce anche i nostri peccati più segreti (cfr. Sal 51).

vv. 9-10. «Tutti i nostri giorni svaniscono..»: si sottolinea la fugacità del tempo della vita dell'uomo che comporta anche fatica e dolore (cfr. Gb 9,25-28a).

v. 11. Il senso del versetto è incerto.

v. 12. «Insegnaci a contare i nostri giorni...»: è la supplica che chiude la meditazione dei vv. 3-12. Il salmista, dopo le considerazioni precedenti, chiede al Signore di saper valutare bene la vita umana, specialmente nei lati negativi, per trarne una lezione. Il cuore, cioè la mente dell'uomo, può acquistare la saggezza che lo aiuta a vivere (cfr. Sap 4,8-9; Qo 11,9-12,8).

vv. 13-17. L'attenzione del salmista si fa più attenta alla situazione presente di disagio del popolo e supplica il Signore affinché rotti gli indugi («fino a quando?»), abbia pietà.

v. 14. «Saziaci al mattino con la tua grazia»: il verbo «saziare» (śb‘) è un verbo simbolico e poetico usato spesso nel Salterio, cfr. Sal 17,15; 22,27; 37,19; 63,6...

Nel NT il v. 4 del salmo è ripreso da 2Pt 3,8-9.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INNO DI LODE A DIO, FEDELE ALLE SUE PROMESSE 1 Maskil. Di Etan, l'Ezraita.

2 Canterò in eterno l'amore del Signore, di generazione in generazione farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,

3 perché ho detto: “È un amore edificato per sempre; nel cielo rendi stabile la tua fedeltà”.

4 “Ho stretto un'alleanza con il mio eletto, ho giurato a Davide, mio servo.

5 Stabilirò per sempre la tua discendenza, di generazione in generazione edificherò il tuo trono”.

6 I cieli cantano le tue meraviglie, Signore, la tua fedeltà nell'assemblea dei santi.

7 Chi sulle nubi è uguale al Signore, chi è simile al Signore tra i figli degli dèi?

8 Dio è tremendo nel consiglio dei santi, grande e terribile tra quanti lo circondano.

9 Chi è come te, Signore, Dio degli eserciti? Potente Signore, la tua fedeltà ti circonda.

10 Tu domini l'orgoglio del mare, tu plachi le sue onde tempestose.

11 Tu hai ferito e calpestato Raab, con braccio potente hai disperso i tuoi nemici.

12 Tuoi sono i cieli, tua è la terra, tu hai fondato il mondo e quanto contiene;

13 il settentrione e il mezzogiorno tu li hai creati, il Tabor e l'Ermon cantano il tuo nome.

14 Tu hai un braccio potente, forte è la tua mano, alta la tua destra.

15 Giustizia e diritto sono la base del tuo trono, amore e fedeltà precedono il tuo volto.

16 Beato il popolo che ti sa acclamare: camminerà, Signore, alla luce del tuo volto;

17 esulta tutto il giorno nel tuo nome, si esalta nella tua giustizia.

18 Perché tu sei lo splendore della sua forza e con il tuo favore innalzi la nostra fronte.

19 Perché del Signore è il nostro scudo, il nostro re, del Santo d'Israele.

20 Un tempo parlasti in visione ai tuoi fedeli, dicendo: “Ho portato aiuto a un prode, ho esaltato un eletto tra il mio popolo.

21 Ho trovato Davide, mio servo, con il mio santo olio l'ho consacrato;

22 la mia mano è il suo sostegno, il mio braccio è la sua forza.

23 Su di lui non trionferà il nemico né l'opprimerà l'uomo perverso.

24 Annienterò davanti a lui i suoi nemici e colpirò quelli che lo odiano.

25 La mia fedeltà e il mio amore saranno con lui e nel mio nome s'innalzerà la sua fronte.

26 Farò estendere sul mare la sua mano e sui fiumi la sua destra.

27 Egli mi invocherà: “Tu sei mio padre, mio Dio e roccia della mia salvezza”.

28 Io farò di lui il mio primogenito, il più alto fra i re della terra.

29 Gli conserverò sempre il mio amore, la mia alleanza gli sarà fedele.

30 Stabilirò per sempre la sua discendenza, il suo trono come i giorni del cielo.

31 Se i suoi figli abbandoneranno la mia legge e non seguiranno i miei decreti,

32 se violeranno i miei statuti e non osserveranno i miei comandi,

33 punirò con la verga la loro ribellione e con flagelli la loro colpa.

34 Ma non annullerò il mio amore e alla mia fedeltà non verrò mai meno.

35 Non profanerò la mia alleanza, non muterò la mia promessa.

36 Sulla mia santità ho giurato una volta per sempre: certo non mentirò a Davide.

37 In eterno durerà la sua discendenza, il suo trono davanti a me quanto il sole,

38 sempre saldo come la luna, testimone fedele nel cielo”.

39 Ma tu lo hai respinto e disonorato, ti sei adirato contro il tuo consacrato;

40 hai infranto l'alleanza con il tuo servo, hai profanato nel fango la sua corona.

41 Hai aperto brecce in tutte le sue mura e ridotto in rovine le sue fortezze;

42 tutti i passanti lo hanno depredato, è divenuto lo scherno dei suoi vicini.

43 Hai esaltato la destra dei suoi rivali, hai fatto esultare tutti i suoi nemici.

44 Hai smussato il filo della sua spada e non l'hai sostenuto nella battaglia.

45 Hai posto fine al suo splendore, hai rovesciato a terra il suo trono.

46 Hai abbreviato i giorni della sua giovinezza e lo hai coperto di vergogna.

47 Fino a quando, Signore, ti terrai nascosto: per sempre? Arderà come fuoco la tua collera?

48 Ricorda quanto è breve la mia vita: invano forse hai creato ogni uomo?

49 Chi è l'uomo che vive e non vede la morte? Chi potrà sfuggire alla mano degli inferi?

50 Dov'è, Signore, il tuo amore di un tempo, che per la tua fedeltà hai giurato a Davide?

51 Ricorda, Signore, l'oltraggio fatto ai tuoi servi: porto nel cuore le ingiurie di molti popoli,

52 con le quali, Signore, i tuoi nemici insultano, insultano i passi del tuo consacrato.

53 Benedetto il Signore in eterno. Amen, amen.

_________________ Note

89,1 Dentro al tema dominante regale-messianico si inserisce un antico inno alla potenza meravigliosa di Dio creatore; si passa poi al lamento per la situazione attuale di abbandono e di sconfitta e alla richiesta dell’intervento di Dio. Centrale è la figura di Davide, scelto e consacrato re da Dio, il quale è fedele alle sue promesse (oracolo di Natan: 2Sam 7,8-16). Esse si realizzano nella stabilità del trono e nella continuità della discendenza. Il v. 53 conclude il terzo libro dei salmi, secondo la suddivisione ebraica del Salterio.

89,1 Etan: appare in 1Re 5,11 come uomo sapiente; in 1Cr 6,27.29; 15,17.19 si parla di un Etan addetto al servizio del tempio come cantore. Riguardo a Ezraita, vedi la nota a Sal 88,1.

89,6-8 L’assemblea dei santi, i figli degli dèi e il consiglio dei santi indicano gli esseri celesti (o gli angeli), che compongono la corte di Dio (vedi anche Gb 1,6).

89,11 Raab: simbolo delle forze del caos primitivo.

89,13 Il monte Tabor domina la pianura della Galilea, mentre l’Ermon è l’alto massiccio che si innalza sul versante settentrionale della terra di Canaan.

89,26 mare: il Mediterraneo; fiumi: il Nilo (a occidente) e l’Eufrate (a oriente).

89,39-46 Si allude a qualche evento negativo, che ha minacciato la sopravvivenza d’Israele.

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Approfondimenti

Supplica al Dio fedele _ Salmo regale (+ motivi innici, di lamentazione e liturgici)_

Il salmista (o il re stesso) in un momento di crisi della monarchia invoca il soccorso divino, ricordando a Dio la sua fedeltà nella conservazione della creazione (vv. 6-19), nell'elezione di Davide e della sua dinastia (vv. 20-38). Non è un salmo meramente antologico, anche se oscilla tra l'inno (vv. 6-19), l'oracolo (3-5; 20-38) e il lamento (vv. 39-52). Allo stato attuale rivela invece una sostanziale unità, frutto di una struttura di fondo ben congegnata e solida, anche se l'inserzione dell'inno cosmico originario dei vv. 6-19 sia evidente, considerato anche il suo carattere arcaico. L'unità è data da inclusioni e da richiami vari nel TM. La parola «grazia» (ḥesed) percorre tutto il salmo (vv. 2.3.15.20.25.29.34.50), così «fedeltà» (’emûnâ) e la sua radice verbale (’mn) (vv. 2.3.6.9.15.25.29.34.38.30). II verbo «fondare, rendere stabile» (kwn), riferito alla stabilità dinastica ricorre nei vv. 3.5.22.38; e l'avverbio «sempre» (‘ôlām) nei vv. 2.3.5.29.37.38. Lo stile è solenne all'inizio (parte innica), malinconico nella parte finale e accorato nella parte della lamentazione. Nel TM gli accenti sono 4 + 4 all'inizio e alla fine, e 3 + 3 nel corpo. La simbologia è temporale-spaziale, bellica e regale. Il Sal 89 termina il terzo libro dei Salmi, così come il Sal 72, di carattere messianico-regale, chiude il secondo; ma nel Sal 89 prevale la componente messianica su quella regale.

Divisione:

  • vv. 2-5: solenne introduzione;
  • vv. 6-19: inno cosmico;
  • vv. 20-38: oracolo divino;
  • vv. 39-52: lamentazione;
  • v. 53: dossologia (fine del terzo libro dei Salmi).

v. 2. «le grazie del Signore»: la voce «grazie» (ḥasdê JHWH) è posta in stato enfatico nel TM. «voglio cantare..»: è l'autoinvito del poeta a lodare Dio per la sua bontà e fedeltà narrando i suoi gesti di benevolenza.

vv. 3-5. «perché hai detto»: è la motivazione classica della struttura dell'inno. In questi tre versetti si riporta un breve oracolo («hai detto») che insiste sulla coppia «grazia-fedeltà» (ḥesed-’emûnâ), e che è anticipazione tematica del contenuto del salmo stesso.

v. 3. «grazia e fedeltà»: sono le due virtù divine dell'alleanza che non possono venir meno.

v. 4. «Ho stretto un'alleanza»: alla lett. «ho tagliato un'alleanza». È un'espressione classica. La voce «alleanza» (bᵉrît) non si trova in 2Sam 7 cui si richiama questo versetto, il seguente e i vv. 29-38 (cfr. tuttavia Sir 47,11), ma qui ha lo stesso significato dell'alleanza contratta con Abramo (Gn 15,18).

vv. 6-19. A conferma dell'espressione di v. 3 «la tua fedeltà è fondata nei cieli» il redattore inserisce qui un inno cosmico di elevata fattura, probabilmente preesistente al salmo stesso e composto forse nel regno del Nord verso il 750 a.C., di tonalità messianico-regale. Ricalca il modello del Sal 19,2-7. La fedeltà-alleanza cosmica di Dio serve all'autore a dimostrare la fedeltà-alleanza storica con Davide e la sua discendenza.

v. 6. «I cieli cantano...»: i cieli sono personificati (cfr. Gb 38,7; Sal 19,2-5) e fanno coro alternandosi con «l'assemblea dei santi» (qᵉhal qᵉdošîm) che è chiamata nel v. 8 «assemblea (consiglio) dei santi» (sôd-qᵉdošîm). L'espressione accenna agli esseri celesti componenti la corte di Dio. Si rispecchia la concezione politeista, ma demitizzata, comune alle religioni della Mezzaluna Fertile. Sono detti anche «figli di Dio» (bᵉnê ’ēlîm) nel v. 7 (cfr. Sal 29,1; 82,1.6; Gb 1,6; 2,1; 5,1; 15,15; 38,7; Gn 6,2-4...). Nello sviluppo teologico giudaico più recente (particolarmente nell'apocalittica) dell'AT sono assimilati agli angeli (cfr. Zc 14,5; Dn 8,13 come è tradotto dalla BC).

vv. 10-15. Attraverso immagini mitiche di antiche cosmogonie semitiche (Ugarit e Mesopotamia) si celebra Dio come Signore delle acque. Il mare è rappresentato come un principe ribelle, il cui orgoglio è dominato da Dio, cfr. Gn 1,9-10; Gb 38,8-11. Si noti l'insistenza del «tu» rivolto a Dio. Ricorre 5 volte in questi versetti, ed è in posizione enfatica all'inizio dei vv. 10 e 11. L'Io divino regola e dirige i meccanismi dell'universo (cfr. Gb 38,9-11).

v. 11. «Tu hai calpestato Raab»: si descrive plasticamente, con grande efficacia simbolica, la scena del trionfo cosmico di Dio. Il poeta qui rielabora i dati mitici. Raab (= l'arrogante, il tempestoso, cfr. Sal 87,4; Gb 9,13; Is 51,9) è il mostro marino mitico primordiale che con il Leviatan (Sal 74,14; 104,26; Gb 40,25-41,26), con il dragone-Tannin (Sal 91,13; 148,7) e Behemot (= ippopotamo?) (Gb 40,15-24) insidia la creazione. Anche il dio babilonese Marduk calpesta il cadavere di Tiamat vinta (cfr. Enūma eliš IV).

v. 12. «cieli... terra»: espressione “polare” per indicare tutto l'universo.

v. 13. «il settentrione e il mezzogiorno»: è un'altra espressione “polare” per significare la totalità della terra. «il Tabor»: è la montagna che domina la pianura di Izreel in Galilea. È alto m 582. «l'Ermon»: è il massiccio meridionale dell'Antilibano (m 2750) che domina tutto il versante nord della Palestina. Spesso è menzionato nella Bibbia (Dt 3,8; 4,48; Gs 11,3.17; 12,1.5; 13,11; Sal 68,15-16; 133,3).

v. 14. «È potente il tuo braccio... la tua mano... la tua destra»: questo simbolismo somatico è caratteristico della teologia dell'esodo.

v. 15. «Giustizia e diritto... grazia e fedeltà»: sono attributi divini personificati, cfr. Sal 85,11-14. Si può immaginare un corteo processionale: la giustizia e il diritto, reggenti il trono di Dio, fondano la stabilità del suo e di qualsiasi altro regno; la grazia e la fedeltà sono le virtù dell'alleanza che predominano in questo salmo (cfr. Sal 36,6-8; 71,18-19; 85,11-12); esse fanno da battistrada.

v. 16. «Beato il popolo...»: è chiamato beato il popolo che cammina nella luce del Signore, è sempre nella gioia («esulta tutto il giorno») e si compiace della sua giustizia salvifica. «che ti sa acclamare»: alla lett. «che conosce l'acclamazione (tᵉrûâ)».

v. 19. «il nostro re, del Santo d'Israele»: il versetto si può tradurre in due modi: a) «Perché del Signore è il nostro scudo// e del Santo d'Israele il nostro re»; b) «Sì, proprio il Signore è il nostro scudo//, il Santo d'Israele il nostro re». Nel primo caso si ha un aggancio con l'oracolo successivo dei versetti seguenti. Si accenna al re con la metafora dello «scudo» di difesa che appartiene al Signore (Sal 47,10; 84,10). Egli è totalmente consacrato al Signore, sua proprietà, e sotto la sua protezione, essendone il luogotenente. Nel secondo caso, Dio stesso è proclamato «scudo» di difesa e «re» d'Israele. La traduzione BC ha optato per la prima soluzione. Ma nell'uno e nell'altro caso si esalta il primato del Signore e la dinastia davidica nella storia d'Israele.

vv. 20-38. Questo oracolo sviluppa la fedeltà-alleanza, anticipata tematicamente nel v. 4. Ciò nella struttura del salmo fa da premessa alla lamentazione finale (vv. 39-52). L'oracolo storico riprende 2Sam 7 in una forma più ampliata, arricchitasi dall'esperienza storica della dinastia davidica. Sono presenti i temi dell'elezione, della protezione, della fedeltà di Dio a Davide (vv. 20-29) e quello della discendenza davidica (vv. 30-38).

v. 20. «Un tempo...»: l'espressione introduce l'oracolo, che si richiama a un tempo storico, quello di 2Sam 7. Contrapposto al «ma tu» del v. 39, l'espressione suggerisce gioia e ottimismo nostalgico, contrapposti alla situazione pessimistica e buia del presente per la dinastia davidica. «ai tuoi santi»: alla lett. «ai tuoi fedeli». In qualche manoscritto e a Qumran l'espressione è riportata al singolare, riferita direttamente a Davide. Ma la forma plurale, mantenuta nei LXX e nella Vulgata, si spiega pensando alla ripetizione liturgica dell'oracolo ai nuovi discendenti davidici, probabilmente all'atto della loro intronizzazione. «Ho portato aiuto a un prode...»: cfr., per es., il duello tra Davide e Golia (1Sam 17).

v. 21. «Ho trovato Davide, mio servo..»: si ricorda la consacrazione regale di Davide per mano di Samuele (cfr. 1Sam 16.1.13). Così Davide diventa il «consacrato», il «Messia» (cfr. v. 52; 2Sam 19,22).

v. 22. «la mia mano è il suo sostegno...»: cfr. v. 25. Il salmista indica la protezione divina, che è uno degli elementi dell'alleanza. Dio sta accanto al suo consacrato.

v. 26. «Stenderò sul mare la sua mano..»: ci si riferisce all'estensione dei domini del re. Il dominio cosmico di Dio dei vv. 10-11, viene qui attribuito per partecipazione al re Davide. Il «mare» è il Mediterraneo, i «fiumi» sono forse il Nilo a sud-ovest e l'Eufrate a nord-est; tuttavia l'espressione riporta a quanto detto del re ideale (il Messia) nel Sal 72,8.

vv. 27-28. «Egli mi invocherà: Tu sei mio padre...»: è la formula di adozione ufficiale di un bambino (cfr. Sal 2,7; 110,3), che costituiva anche un elemento fondamentale nei cosiddetti “protocolli reali” orientali. Questi, nella qualità di atti ufficiali, rendevano legittima la successione di un sovrano nel giorno della sua incoronazione. Per il re ebraico si tratta di una filiazione adottiva, come quella fatta per tutto il popolo d'Israele (cfr. Es 4,22). In 2Sam 7,14 la formula viene riferita al discendente di Davide, mentre qui si riferisce a Davide stesso. «roccia della mia salvezza»: la stessa invocazione attribuita a Davide è anche in Sal 18,3 e in 2Sam 22,2.

v. 28. «primogenito»: il primogenito godeva di un diritto particolare sull'eredità paterna. Di per sé il titolo di primogenito si riferisce a tutto il popolo d'Israele (cfr. Es 4,22; Dt 32,5-6). Qui è attribuito a Davide per esprimere la sua superiorità su tutti i re della terra (cfr. 2Sam 7,9c).

v.29. «Gli conserverò sempre la mia grazia»: si sottolinea la perennità del favore divino su Davide e sui suoi discendenti; cfr. il v. 5 e le varie ricorrenze dell'avverbio «sempre», segno di insistenza, in 2Sam 7,12-16.

v. 30. «Stabilirò per sempre la sua discendenza...»: si riprende il v. 5, confermando la promessa di Dio a Davide, valida anche per la sua dinastia (cfr. 2Sam 7,12.15). «come i giorni del cielo»: la durata del cielo è una metafora per indicare la perennità dell'alleanza (cfr. Dt 11,21; Sal 72,5.17; Bar 1,11; Sir 45,15) con la dinastia davidica.

vv. 31-33. Si ipotizzano casi di infedeltà nei discendenti regali di Davide e nonostante i castighi si riafferma la fedeltà di Dio. Alcune infedeltà anche da parte dei re davidici nella storia biblica sicuramente si sono verificate, cfr., per es., quelle di Salomone causate dalle sue mogli (1Re 11,1-8), l'idolatria tollerata da Roboamo (1Re 14,22-24) e successori; l'incredulità di Acaz (2Re 16; Is 7) e l'empietà di Manasse (2Re 21).

**v. 31. «abbandoneranno la mia legge»: si tratta della scelta radicale contraria a Dio: l'abbandono della torah! È il peccato di apostasia. Nel Sal 132,12 il caso è formulato in positivo.

v. 33. «punirò con la verga il loro peccato»: scatta la punizione divina secondo la giustizia retributiva (Gdc 2,11-15). In 2Sam 7,14b la lettura è leggermente differente. La punizione del sovrano rispetto agli altri ha valore di esempio, cfr. la minaccia di punizione dell'empio Ioiakim, figlio di Giosia (Ger 22,19).

v. 34. «Ma non gli toglierò...»: nonostante tutto il Signore è determinato a non ritirare il suo favore dalla dinastia davidica. L'amore divino ha la meglio sulla sua giustizia!

v. 36. «Sulla mia santità ho giurato..»: cioè «su me stesso ho giurato» (cfr. v. 4; Sal 132,11). La santità indica la trascendenza di Dio e si identifica in pratica con la sua stessa persona.

vv. 37-38. «In eterno durerà la sua discendenza..»: si ripete solennemente la promessa davidica, cfr. vv. 5.30; 2Sam 7,12; «quanto il sole... saldo come la luna»: il paragone è sviluppato anche in Sal 72,5.17.

vv. 39-52. La lamentazione è l'attualizzazione e la conseguenza dell'inno cosmico (fedeltà di Dio fondata nei cieli) e dell'oracolo davidico (fedeltà storica di Dio). Nei vv. 39-46 si contrappone, sotto forma di lamentazione, tale fedeltà incondizionata di Dio dei versetti precedenti, alla situazione presente, che sembra smentirla, in cui il discendente davidico è sconfitto e il suo trono è rovesciato (probabile riferimento alla fine della monarchia al tempo della caduta di Gerusalemme del 587 a.C.?). Nei vv. 39-46 si richiama la situazione attuale (I strofa); nei vv. 47-52 (II strofa) si riporta la supplica del salmista o di un personaggio rappresentativo (o dello stesso re, o del suo successore) in prima persona, che ricorda al Signore la fedeltà giurata a Davide (v. 50), supplicandolo perciò di mantenere le promesse verso di lui e la dinastia regale.

v. 39. «Ma tu....»: è un'avversativa molto forte in stato enfatico. Il salmista si oppone con tono accusatorio a Dio tacciandolo di infedeltà, contrariamente al «tu» con cui si esaltava la sua grandezza e fedeltà nell'inno cosmico dei vv. 6-19. Dio sembra contraddirsi. Ma il salmista, o chi per lui, non ha capito il disegno imperscrutabile di Dio; tuttavia rivolgendosi a lui, per ricordargli le promesse passate, dimostra che la sua fede e fiducia sono ancora abbastanza forti.

v. 47. «Fino a quando?...»: con quest'espressione inizia la seconda parte della lamentazione, cioè quella della supplica, dopo aver presentato la situazione attuale (vv. 39-46). C'è il passaggio dalla terza alla prima persona. E la supplica di un membro autorevole della comunità d'Israele (forse il re stesso) che cerca di impietosire Dio smuovendolo dal suo silenzio, incalzandolo con argomenti cogenti. Il ragionamento, ingenuo e appassionato, fondato sull'amore di Dio per la vita e sulla sua fedeltà, spostato dal singolo uomo alla stessa dinastia, evidenzia che Dio non può entrare in contraddizione con se stesso e le sue promesse. Deve intervenire a favore della dinastia per non lasciarle cadere nel nulla.

v. 50. «Dove sono... le tue grazie...»: il salmista richiama il v. 2, con un'inclusione, riferendosi alle grazie del Signore e alla sua fedeltà.

vv. 51-52. Questi versetti, che si aprono con l'imperativo «Ricorda» rivolto al Signore, fanno leva sulla categoria biblica del “memoriale”. Esso è un «ricordo» attivo ed efficace.

v. 51. «Ricorda, Signore, l'oltraggio dei tuoi servi...»: il testo del versetto in ebraico è un po' oscuro. Anche questo versetto, come il v. 47, è la supplica del salmista o di un membro autorevole della comunità d'Israele (o del re stesso) che cerca di impietosire Dio. Dalla possibile traduzione dell'espressione «dei tuoi servi» con «del tuo servo» (secondo 24 manoscritti e Syr) alcuni esegeti pensano che si tratti del re stesso, che manifesta la sua ansia con Dio. «porto nel cuore le ingiurie di molti popoli»: è una traduzione congetturale. Alla lett. «porto nel mio seno la totalità di molti popoli». Il soggetto o è il salmista o il re stesso, che nella propria coscienza soffre per gli oltraggi arrecati alla nazione dai popoli nemici.

v. 52. «insultano i passi del tuo consacrato»: agli oltraggi alla nazione (v. 51) si aggiungono anche quelli diretti contro il suo re-Messia. Qui, come nel v. 51, è il salmista o è il re-Messia stesso che confessa le sue intime sofferenze per le offese ricevute.

v. 53. «Benedetto il Signore in eterno»: è la dossologia che segna la fine del terzo libro dei Salmi. «Amen, Amen»: è la risposta del popolo. È sintomatico che il secondo e il terzo libro dei Salmi terminino con un salmo messianico (Sal 72; 89).

Il v. 21a è citato da Paolo nel suo discorso ai Giudei di Antiochia di Pisidia (At 13,22). La figliolanza divina del v. 27 si attribuisce a Gesù Cristo nel senso stretto in Mc 1,1.11; 12,35-37; Mt 11,27; 16,16-17; Gv 3,35; 10,15; Eb 1,5; il titolo di «primogenito» di v. 28 è attribuito a Gesù Cristo in Col 1,15.18; Ap 1,5.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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PREGHIERA A DIO DAL PROFONDO DELL’ANGOSCIA 1 Canto. Salmo. Dei figli di Core. Al maestro del coro. Sull'aria di “Macalàt leannòt”. Maskil. Di Eman, l'Ezraita.

2 Signore, Dio della mia salvezza, davanti a te grido giorno e notte.

3 Giunga fino a te la mia preghiera, tendi l'orecchio alla mia supplica.

4 Io sono sazio di sventure, la mia vita è sull'orlo degli inferi.

5 Sono annoverato fra quelli che scendono nella fossa, sono come un uomo ormai senza forze.

6 Sono libero, ma tra i morti, come gli uccisi stesi nel sepolcro, dei quali non conservi più il ricordo, recisi dalla tua mano.

7 Mi hai gettato nella fossa più profonda, negli abissi tenebrosi.

8 Pesa su di me il tuo furore e mi opprimi con tutti i tuoi flutti.

9 Hai allontanato da me i miei compagni, mi hai reso per loro un orrore. Sono prigioniero senza scampo,

10 si consumano i miei occhi nel patire. Tutto il giorno ti chiamo, Signore, verso di te protendo le mie mani.

11 Compi forse prodigi per i morti? O si alzano le ombre a darti lode?

12 Si narra forse la tua bontà nel sepolcro, la tua fedeltà nel regno della morte?

13 Si conoscono forse nelle tenebre i tuoi prodigi, la tua giustizia nella terra dell'oblio?

14 Ma io, Signore, a te grido aiuto e al mattino viene incontro a te la mia preghiera.

15 Perché, Signore, mi respingi? Perché mi nascondi il tuo volto?

16 Sin dall'infanzia sono povero e vicino alla morte, sfinito sotto il peso dei tuoi terrori.

17 Sopra di me è passata la tua collera, i tuoi spaventi mi hanno annientato,

18 mi circondano come acqua tutto il giorno, tutti insieme mi avvolgono.

19 Hai allontanato da me amici e conoscenti, mi fanno compagnia soltanto le tenebre.

_________________ Note

88,1 Il salmista eleva questa accorata supplica a Dio, che egli sente lontano e come inerte, davanti al proprio amaro destino di morte e alla discesa nel regno delle ombre dove, secondo la concezione comune dell’AT, Dio non opera la salvezza, né i morti possono rendergli culto.

88,1 Eman: è ricordato tra i cantori del tempio in 1Cr 15,17.19; 16,41; in 1Re 5,11 si cita anche un sapiente dell’epoca di Salomone, che porta questo nome. Il termine Ezraita potrebbe designare un’antica popolazione cananea.

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Approfondimenti

Supplica angosciosa di un malato Supplica individuale [di un malato di lebbra?]

Il salmo è la supplica straziante e appassionata di un malato arrivato al limite della sopportazione del suo male, e può essere accostato al lamento-protesta di Giobbe (cfr. cc. 3-27.29-31). Si è visto anche rispecchiata in questo canto la situazione del re Ozia colpito dalla lebbra e vissuto segregato fino alla morte (2Re 15,5) o quella del re Ezechia colpito da una malattia mortale (cfr. 2Re 20,1-11; Is 38), il cui lamento (Is 38,10-20) è simile a questo salmo (cfr. anche Sal 116). La tradizione cristiana l'ha riferito a Cristo «uomo dei dolori che ben conosce il patire» (Is 53,3). Dal punto di vista letterario il salmo ha delle particolarità rispetto al genere letterario della supplica individuale. Infatti vi mancano alcuni elementi caratteristici, come la preghiera di intercessione o l'imprecazione, e non sia ha traccia di ammissione di colpevolezza o di protesta d'innocenza dell'orante. La struttura perciò non è facilmente individuabile. Il salmo termina senza una vera e propria conclusione. Il simbolismo è soprattutto spaziale con riferimento al mondo dello šᵉ’ôl. Non è assente quello dell'ostilità. Il ritmo nel TM è di 3 + 3 accenti. Il titolo è uno dei più lunghi e complicati del Salterio. Porta informazioni contraddittorie. È probabile che si tratti di una duplice attribuzione del salmo.

Divisione: * vv. 2-3: appelli introduttivi; * vv. 4-19: corpo.

v. 2. «Signore, Dio della mia salvezza»: l'appellativo denota la fiducia in Dio salvatore, nonostante la drammaticità della situazione esposta nei versetti successivi.

vv. 4-6. In questi versetti introdotti nel testo originale dal (= poiché) si espone la motivazione della supplica. Con un linguaggio iperbolico si descrive lo stato dell'ammalato, che ha raggiunto ormai la fine. Con un impressionante crescendo il salmista afferma di essere sull'orlo della fossa, si sente già come un morto «privo di forza» (v. 5), anzi ha già il suo giaciglio tra i morti, come le persone uccise (v. 6).

v. 6a. «sono come gli uccisi stesi nel sepolcro»: si ha l'immagine raccapricciante di cadaveri, ammassati, dopo una sconfitta militare, dentro una fossa comune, luogo di putrefazione e d'impurità.

v. 6b. «dei quali tu non conservi il ricordo...»: si rispecchia la concezione primitiva del regno dello šᵉ’ôl, che essendo il regno della non-vita, luogo di putrefazione, non può entrare in contatto con Dio, autore della vita (cfr. Sal 6,6). Il Signore benché conosca le ombre dei morti che vi sono (cfr. Ger 23,23-24; Prv 15,11; Gb 26,6), tuttavia li esclude dal suo intervento salvifico (cfr. v. 11; Sal 31,23).

vv. 7-10a. In questi versetti il salmista continua la descrizione del suo stato drammatico con un'interpellanza più diretta a Dio. Gli rivolge il “tu” , e gli attribuisce, secondo il principio della “onnicausalità divina” dell AT, la responsabilità del suo stato e della sua solitudine (v. 9) (cfr. 1Sam 2,6)

v. 7. «fossa... tenebre... ombra di morte»: con queste immagini tetre e sinonime si insiste sulla descrizione dello šᵉ’ôl.

v. 8. «Pesa su di me il tuo sdegno...»: il Signore è immaginato come un oppressore adirato, cfr. Sal 32,4; 38,3-4; 39,11.14. «con tutti i tuoi flutti...»: il salmista già si sente travolto dalla tempesta divina cosmica. Lo šᵉ’ôl infatti è immaginato stare nell'abisso primordiale (tehôm), ove sono in continuo agitarsi le acque sotterranee che cercano di corrodere la terra (cfr. Gb 38,8-11; Sal 42,8; 69,3).

v. 9. «Hai allontanato da me i miei compagni...»: la solitudine forzata del salmista, intesa come effetto dell'azione di Dio, è probabilmente una misura preventiva dovuta alla lebbra (cfr. Gb 19,13-14; Lv 13,46), ma qui vista come effetto di punizione. «sono prigioniero...»: la prigionia o è un'immagine (cfr. Lam 3,7; Sal 142,8) o è da prendersi in senso realistico come nel caso del re Ozia che fu lebbroso (2Re 15,5). Qui, come la solitudine, è considerata come effetto dello sdegno divino.

v. 10a. «si consumano i miei occhi»: un altro effetto della punizione divina, cfr. Sal 6,8; 31,10.

vv. 10b-13. Con domande retoriche rivolte a Dio ritorna il tema dello šᵉ’ôl. Qui da una parte c'è il silenzio di Dio, che non vi opera salvezza (cfr. v. 6b), e dall'altra c'è il silenzio degli uomini che essendo diventati «ombre» (rᵉpā’îm) non possono più lodarlo, né esaltare la sua bontà e fedeltà, i prodigi e la giustizia. Le domande retoriche avendo per risposta “no!”, hanno lo scopo, con qualche vena di ricatto, di persuadere il Signore a intervenire in soccorso dell'orante, guarendolo, perché questi, solo da vivo, può cantare le lodi a lui.

v. 12. «negli inferi»: bā’abaddôn (= nella perdizione). La voce ’abaddôn (= perdizione) è un termine della letteratura sapienziale, che spesso è correlato a šᵉ’ôl (cfr. Prv 15,11; Gb 26,6).

v. 14. «al mattino»: il mattino è il tempo più propizio della preghiera. Infatti come si attende il sorgere del sole, così si attende la benevolenza di Dio, che esaudisce l'orante che l'ha pregato per tutta la notte.

v. 16. «infelice e morente dall'infanzia»: è un'iperbole per significare la fragilità e caducità dell'uomo.

v. 19. «mi sono compagne solo le tenebre»: il salmo si chiude malinconicamente finendo con la parola «tenebra» (ḥōšēk). L'orante si sente abbandonato da Dio e dagli uomini, solo, nella sua mortale malattia (cfr. Sal 38,12; Gb 17,13-14). Tuttavia c'è un filo di speranza e di attesa, perché egli nell'estremo dolore si è rivolto al Signore invocandolo come «Dio della mia salvezza» (v. 2).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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SION, MADRE DI TUTTI I POPOLI 1 Dei figli di Core. Salmo. Canto.

Sui monti santi egli l'ha fondata; 2 il Signore ama le porte di Sion più di tutte le dimore di Giacobbe.

3 Di te si dicono cose gloriose, città di Dio!

4 Iscriverò Raab e Babilonia fra quelli che mi riconoscono; ecco Filistea, Tiro ed Etiopia: là costui è nato.

5 Si dirà di Sion: “L'uno e l'altro in essa sono nati e lui, l'Altissimo, la mantiene salda”.

6 Il Signore registrerà nel libro dei popoli: “Là costui è nato”.

7 E danzando canteranno: “Sono in te tutte le mie sorgenti”.

_________________ Note

87,1 In questo “canto di Sion” (vedi nota a Sal 46) da una parte emerge la geografia materiale della città di Gerusalemme, caratterizzata dalla sua centralità nei confronti dei popoli che la circondano: Raab (cioè l’Egitto), Babilonia, Filistea, Tiro, Etiopia (v. 4); dall’altra parte affiora una geografia spirituale, che idealmente fa convergere a Sion ogni lingua, popolo e nazione, quasi anticipo dell’universalismo messianico.

87,4 Raab: è il nome di un mostro mitologico e qui simbolo dell’Egitto.

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Approfondimenti

Gerusalemme, madre di tutti i popoli Cantico di Sion

Il salmista loda la città di Sion, amata da Dio, come centro di un nuovo ordine di rapporti tra gli uomini, che affratellati, formano con il popolo d'Israele una sola famiglia in una visione messianico-escatologica esplicita. Il salmo rispetto ad altri cantici di Sion è oggetto di numerose interpretazioni a causa delle difficoltà testuali, del probabile disordine nella posizione dei versetti e dell'ermeticità di alcune espressioni, che hanno l'immediatezza dell'arte impressionistica. Il Sal 87 abbraccia sinteticamente lo stesso simbolismo dei Sal 46 e 48: quello spaziale-urbano e quello materno (Gerusalemme è come un grembo fecondo che si apre alla nascita di nuovi figli, cfr. vv. 4-6). E presente inoltre il tema del ricordo e del libro (vv. 4.6).

La divisione del salmo, che si basa sul termine pausale selâ, è data da due strofe e un'acclamazione finale:

  • vv. 1b-3 (I strofa): Gerusalemme, città di Dio;
  • vv. 4-6 (II strofa) Gerusalemme, madre di tutti i popoli;
  • v. 7: acclamazione finale.

v. 1b. «Le sue fondamenta...»: questo primo versetto è corrotto ed è perciò soggetto a varie ricostruzioni: manca probabilmente del primo emistichio. «sui monti santi»: si tratta di un plurale intensivo, usato per lo più per i luoghi santi, come atri, tende, dimore (Sal 84,2-3) o si accenna alle varie colline su cui giace la città (Sal 48,3). C'è un probabile riferimento anche al santuario celeste (cfr. Sal 29,2; 36,7; 78,69). Nel versetto si allude all'opera di Dio costruttore di Gerusalemme e alla sua stabilità.

v. 2. «le porte di Sion»: con la figura della sineddoche (la parte per il tutto) si indica tutta la città. «le dimore di Giacobbe»: il riferimento è a tutte le altre città d'Israele e a tutti i santuari dell'era patriarcale (cfr. Sal 78,59-69; Ger 7,12).

v. 3. «Di te si dicono..»: l'agente implicito dell'espressione impersonale è Dio stesso. Il discorso indiretto (vv. 1b-2) diventa qui diretto. Dio stesso canta il saluto alla «sua» città chiamata «città di Dio» (cfr. Sal 48,2-3.9).

v. 4. «Ricorderò...»: lett. «farò ricordare». Il versetto è un oracolo divino. Dio è visto nell'atto di iscrizione anagrafica dell'umanità (cfr. v. 6). L'atto del ricordare (zkr) è indicato dal v. 6 e dall'analogia con l'ufficio del segretario di corte (mazkîr) che aveva il compito di far ricordare al re i compiti che l'attendevano (cfr. 2Sam 8,16; 1Re 4,3). Qui il Signore scriverà in un'epoca prossima, nel libro dei popoli, fra i suoi «conoscenti», cioè tra i suoi «fedeli», anche le nazioni una volta nemiche del suo popolo o semplicemente straniere. La loro nascita impura sarà risanata e diventeranno familiari, «conoscenti» di Dio ed eredi della salvezza. «Raab e Babilonia»: Raab (cfr. Sal 89,11; Gb 9,13; Is 30,7; 51,9) è insieme mostro del caos primordiale e simbolo della potenza nemica egiziana; Babilonia è la superpotenza orientale, anch'essa nemica del popolo eletto. Le due nazioni rappresentano i popoli orientali: Raab (Egitto) i popoli del sud-est, Babilonia quelli del nord-est. «Palestina, Tiro ed Etiopia»: si indica con la Palestina e Tiro i popoli del litorale mediterraneo. Menzionando inoltre l'Etiopia, il paese di Cush (Is 18,1-7; Sal 68,32), ci si riferisce ai popoli del sud, dato che tale regione simbolizzava gli estremi confini della terra. «tutti là sono nati»: l'espressione zeh yullad-šām (là costui è nato), che si ripete identica nel v. 6 e in modo simile nel v. 5, insiste nel contemplare la città di Sion sotto l'immagine del grembo materno, da cui in un certo modo sono originati tutti i popoli della terra. Così i popoli stranieri, che una volta sono stati ostili a Israele, ricevono una filiazione spirituale dalla città di Gerusalemme e da Dio stesso che li adotta come figli. Si accenna qui a un certo ecumenismo e soprattutto si adombra la verità dell'unicità della salvezza universale per tutti (cfr. Is 49,12.22; 54,1-3; 66,7-11; Ger 3,17).

v. 5. «Si dirà di Sion...»: il versetto fa da risonanza corale al v. 4 da parte delle nazioni. Si ribadisce quanto detto là e si aggiunge la nota della stabilità della città garantita da Dio stesso. Egli, «l'Altissimo», la tiene compatta, perché l'ha fondata (Sal 48,7) e rifondata (Is 62,7).

v. 6. «libro dei popoli»: è il libro della vita, che Dio custodisce e di cui è unico arbitro. In questo libro sono scritti i giusti della comunità d'Israele. L'immagine simbolica è molto usata nella letteratura apocalittica, e trae origine probabilmente dai censimenti compiuti nel deserto (cfr. Nm 1,1-3,51; 26,1-65) e nell'epoca della restaurazione postesilica (Esd 2,1-70).

v. 7. «Sono in te tutte le mie sorgenti»: il motivo specifico, a parte il contenuto universalistico del salmo sopra espresso, è l'abbondanza d'acqua, fonte di vita, che richiama quella del paradiso già ricordata nel Sal 46,5; cfr. Ez 47,1-12; Zc 13,1; 14,8).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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