📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

Prudenza nel parlare e nell’agire 1Meglio un tozzo di pane secco con tranquillità che una casa piena di banchetti con discordia. 2Lo schiavo intelligente prevarrà su un figlio disonorato e avrà parte con i fratelli all'eredità. 3Il crogiuolo è per l'argento e il forno per l'oro, ma chi prova i cuori è il Signore. 4Il malfattore presta attenzione a un labbro maldicente, il bugiardo ascolta una lingua nociva. 5Chi deride il povero offende il suo creatore, chi gioisce per colui che va in rovina non resterà impunito. 6Corona dei vecchi sono i figli dei figli, onore dei figli i loro padri. 7Non s'addice all'insensato un linguaggio elevato, ancor meno al principe un linguaggio falso. 8Il regalo di corruzione è come un talismano per chi lo possiede: dovunque egli si volga ottiene successo. 9Chi copre la colpa cerca l'amicizia, ma chi la divulga divide gli amici. 10Fa più effetto un rimprovero all'assennato che cento percosse allo stolto. 11Il malvagio non cerca altro che la ribellione, ma gli sarà mandato contro un messaggero senza pietà. 12Meglio incontrare un'orsa privata dei figli che uno stolto in preda alla follia. 13A chi rende male per bene non si allontanerà la sventura dalla sua casa. 14Iniziare un litigio è come aprire una diga; prima che la lite si esasperi, troncala. 15Assolvere il reo e condannare il giusto: ecco due cose che il Signore ha in orrore. 16A che serve il denaro in mano allo stolto? Per comprare la sapienza, se non ha senno? 17Un amico vuol bene sempre, è nato per essere un fratello nella sventura. 18È privo di senno l'uomo che dà la sua mano e si fa garante per il suo prossimo. 19Chi ama la rissa ama il delitto, chi ingrandisce la sua porta cerca la rovina. 20Chi ha un cuore perverso non troverà mai felicità e chi ha la lingua tortuosa cadrà in rovina. 21Chi genera uno stolto ne avrà afflizione; non gioirà il padre di uno sciocco. 22Un cuore lieto fa bene al corpo, uno spirito depresso inaridisce le ossa. 23L'iniquo accetta regali sotto banco per deviare il corso della giustizia. 24L'uomo prudente ha la sapienza davanti a sé, ma gli occhi dello stolto vagano in capo al mondo. 25Un figlio stolto è un tormento per il padre e un'amarezza per colei che lo ha partorito. 26Certo non è bene punire chi ha ragione, colpire gente perbene è contro la giustizia. 27Chi è parco di parole possiede la scienza e chi è di spirito calmo è un uomo prudente. 28Anche lo stolto, se tace, passa per saggio, e per intelligente se tiene chiuse le labbra.

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Approfondimenti

vv. 2.6.21.25. In questi versetti l'attenzione si sofferma sulla relazione genitori-figli, sottolineando la benedizione insita nella prole numerosa che rappresenta il distintivo di una vecchiaia dignitosa (v. 6, cfr. Sal 128), ma soprattutto insistendo sul fatto che solo una prole ben istruita e formata nella sapienza è effettiva gratificazione dei genitori. Troviamo forse qui una velata esortazione ai genitori a porre al centro della loro preoccupazione la formazione dei figli: il compito dei genitori non si esaurisce nel mettere al mondo la prole, ma si esprime anche nel trasmettere loro quei principi che li abilitano ad affrontare con consapevolezza e assennatezza il cammino dell'esistenza.

v. 5. In Pr 14,31 l'offesa a Dio avveniva attraverso l'oppressione del povero; questo proverbio approfondisce il tema: il povero oppresso diventa ora oggetto di dileggio da parte di chi ha approfittato di lui. Anche in questo caso Dio sta dalla parte del povero e si identifica con lui: la persona umana è sempre immagine di Dio, qualunque sia la sua posizione sociale.

vv. 8.23. La “bustarella” è come una “pietra magica”, cioè un amuleto “per chi la dà”. Tale è probabilmente il senso del versetto, nonostante vi sia chi ritiene che si debba interpretare nel senso che essa è un «talismano per chi la riceve». Mentre il v. 8 non affronta il problema etico della corruzione, il v. 23 (cfr. anche Es 23,8; Dt 10,17; 16,19) mostra come la bustarella rappresenti un pericoloso attentato all'esercizio effettivo della giustizia. Il v. 8 mostra che vi può essere anche un uso sapiente di tale mezzo, che non contrasta con la giustizia; però se è talmente potente da deviare il corso della giustizia, si deve certamente ricorrere a esso con notevole prudenza.

vv. 9.13-14. Le relazioni sociali, anche quelle tra amici, non sono scevre da incomprensioni ed errori. Ma una società non può reggersi soltanto sulla legge del taglione: il perdono è in molti casi la vera risposta che riequilibra i rapporti tra le persone (v. 9). Il male, di qualsiasi genere, introduce una sequenza incontenibile: il saggio sa che lo deve evitare, o al limite contenere (vv. 13-14).

v. 11. L'ambito di riferimento è quello politico: chi non si sottomette alle leggi di una società distrugge l'ordine e favorisce la disgregazione sociale, perciò subirà un castigo inflessibile, che il proverbio vede eseguito da un messaggero, probabilmente un soldato o una guardia.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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È il Signore che guida la vita dell’uomo 1All'uomo appartengono i progetti del cuore, ma dal Signore viene la risposta della lingua. 2Agli occhi dell'uomo tutte le sue opere sembrano pure, ma chi scruta gli spiriti è il Signore. 3Affida al Signore le tue opere e i tuoi progetti avranno efficacia. 4Il Signore ha fatto ogni cosa per il suo fine e anche il malvagio per il giorno della sventura. 5Il Signore ha in orrore ogni cuore superbo, certamente non resterà impunito. 6Con la bontà e la fedeltà si espia la colpa, ma con il timore del Signore si evita il male. 7Se il Signore si compiace della condotta di un uomo, lo riconcilia anche con i suoi nemici. 8È meglio avere poco con onestà che molte rendite senza giustizia. 9Il cuore dell'uomo elabora progetti, ma è il Signore che rende saldi i suoi passi.

Massime riguardanti il re 10L'oracolo è sulle labbra del re, in giudizio la sua bocca non sbaglia. 11La stadera e le bilance giuste appartengono al Signore, sono opera sua tutti i pesi del sacchetto. 12È un orrore per i re commettere un'azione iniqua, poiché il trono sta saldo con la giustizia. 13Il re si compiace di chi dice la verità, egli ama chi parla con rettitudine. 14L'ira del re è messaggera di morte, ma il saggio la placherà. 15Se il volto del re è luminoso, c'è la vita: il suo favore è come pioggia di primavera.

Sapienza e rettitudine nella vita quotidiana 16Possedere la sapienza è molto meglio dell'oro, acquisire l'intelligenza è preferibile all'argento. 17La strada degli uomini retti è evitare il male; conserva la vita chi controlla la sua condotta. 18Prima della rovina viene l'orgoglio e prima della caduta c'è l'arroganza. 19È meglio essere umili con i poveri che spartire la preda con i superbi. 20Chi è prudente nel parlare troverà il bene, ma chi confida nel Signore è beato. 21Chi è saggio di cuore è ritenuto intelligente; il linguaggio dolce aumenta la dottrina. 22Fonte di vita è il senno per chi lo possiede, ma castigo degli stolti è la stoltezza. 23Il cuore del saggio rende assennata la sua bocca e sulle sue labbra fa crescere la dottrina. 24Favo di miele sono le parole gentili, dolce per il palato e medicina per le ossa. 25C'è una via che sembra diritta per l'uomo, ma alla fine conduce su sentieri di morte. 26La brama fa lavorare chi lavora, è la sua bocca che lo sprona. 27L'uomo iniquo ordisce la sciagura, sulle sue labbra c'è come un fuoco ardente. 28L'uomo perverso provoca litigi, chi calunnia divide gli amici. 29L'uomo violento inganna il prossimo e lo spinge per una via non buona. 30Chi socchiude gli occhi medita inganni, chi stringe le labbra ha già commesso il male. 31Diadema splendido è la canizie, ed essa si trova sulla via della giustizia. 32È meglio la pazienza che la forza di un eroe, chi domina se stesso vale più di chi conquista una città. 33Nel cavo della veste si getta la sorte, ma la decisione dipende tutta dal Signore.

_________________ Note

16,11 Il sacchetto, di cui erano dotati i mercanti, conteneva le piccole pietre che servivano da pesi per la bilancia.

16,16-33 Le massime contenute in questa sezione (fino al c. 22) sono formulate attraverso il parallelismo sinonimico.

16,33 Gli antichi ricorrevano con frequenza alle sorti per decidere una questione (in Israele c’era il ricorso agli urìm e tummìm, strumenti che si usavano per consultare l’oracolo di Dio). Nel cavo della veste, o del mantello, si collocavano i dadi per tirare la sorte.

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Approfondimenti

Pr 16,1-3.9. Questi versetti hanno in comune il riferimento al controllo sulla realtà: l'interiorità della persona è l'ambito in cui essa può disporsi ad affrontare anche un duro contraddittorio, tuttavia, nonostante un'attenta preparazione, solo l'assistenza divina consente una risposta appropriata (v. 1; cfr. 15,23.28); solo Dio conosce davvero le intenzioni dei cuori, perciò soltanto lui sa giudicare ro le intenzioni dei cuori, perciò soltanto lui sa giudicare se l'orientamento che uno dà alla sua vita è conforme a giustizia: nessuno quindi è buon giudice di se stesso (v. 2); fare progetti per il futuro è una caratteristica di ogni essere umano, ma solo Dio lo sa guidare alla realizzazione della propria esistenza (vv. 3.9).

vv. 4-7. Troviamo anzitutto una riflessione sulla sorte del malvagio/superbo (vv. 4-5), cui segue la sottolineatura dei frutti apportati dalla retta condotta di fronte a Dio (vv. 6-7). L'antitesi è perciò tra il fallimento di un'esistenza, che culmina nel castigo divino, e un'esistenza che realizza l'armonia che il Signore ha impresso nel creato, attraverso una relazione positiva con gli altri esseri («bontà e fedeltà») e con il creatore («rispetto», v. 6).

vv. 10-15. Le sentenze relative al re sono raggruppate nel libro in piccole unità (cfr. 20,26-28 e 21,1; 25,2-7; 31,1-9). Una regalità priva di giustizia rappresenta una deviazione dall'ordine impresso da Dio alla sua creazione. Il re umano non è soltanto un autorità politica nel pensiero antico, ma un mediatore, un garante attraverso il quale l'ordinamento impresso da Dio al creato si riflette nella vita di una società. Da qui l'alta considerazione di cui gode il suo giudizio (egli è il giudice supremo), ma anche (e questo soprattutto è rilevante in tutta la tradizione dell'AT) l'esigenza suprema di giustizia insita nella sua carica, che per il pensiero israelitico si manifesta nella sottomissione a Dio. Ciò potrebbe spiegare l'inserzione del v. 11 tra questi versetti: la giustizia è un valore determinato da Dio; al compete invece di assicurare che tale giustizia sia presente e cresca nel suo popolo.

vv. 27-29. Tre categorie di uomini da cui il saggio mette in guardia il discepolo: il depravato, l'imbroglione, il violento. Non si tratta di una descrizione neutra: il discepolo deve comprendere che se la sua scelta cade su tali persone, anche lui sarà una presenza negativa nella società e distruggerà la sua stessa esistenza.

v. 33. Il riferimento è alla prassi di gettare la sorte sia nei giudizi (cfr. Gs 7; 1Sam 14) sia nelle decisioni fondamentali (cfr. Lv 16,8): anche se gli strumenti per gettare la sorte sono appannaggio del sacerdote (cfr. Es 28,30; 1Sam 2,28), la sentenza o il verdetto non dipendono affatto da lui, ma dal Signore.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Ciò che il Signore gradisce e ciò che detesta 1Una risposta gentile calma la collera, una parola pungente eccita l'ira. 2Le parole dei saggi fanno gustare la scienza, mentre la bocca degli stolti esprime sciocchezze. 3Gli occhi del Signore arrivano dappertutto, scrutano i malvagi e i buoni. 4Una parola buona è un albero di vita, quella malevola è una ferita al cuore. 5Lo stolto disprezza la correzione di suo padre, chi tiene conto del rimprovero diventa prudente. 6Nella casa del giusto c'è abbondanza di beni, sul guadagno dell'empio incombe il dissesto. 7Le labbra dei saggi diffondono la scienza, non così il cuore degli stolti. 8Il sacrificio dei malvagi è un orrore per il Signore, la preghiera dei buoni gli è gradita. 9Il Signore ha in orrore la condotta dei perversi, egli ama chi pratica la giustizia. 10Correzione severa per chi abbandona il retto sentiero; chi rifiuta i rimproveri morirà! 11Abisso e regno dei morti sono palesi davanti al Signore, quanto più i cuori degli uomini! 12Lo spavaldo non vuole essere corretto, egli non va in compagnia dei saggi. 13Un cuore lieto dà serenità al volto, ma quando il cuore è triste, lo spirito è depresso. 14Un cuore intelligente desidera imparare, la bocca dello stolto si pasce della sua ignoranza. 15Tutti i giorni sono brutti per il povero, per un cuore felice è sempre festa. 16È meglio aver poco con il timore di Dio che un grande tesoro con l'inquietudine. 17È meglio un piatto di verdura con l'amore che un bue grasso con l'odio. 18Chi è collerico suscita contese, chi è paziente calma le liti. 19La strada del pigro è come una siepe di spine, il sentiero dei retti è scorrevole. 20Il figlio saggio allieta il padre, il figlio stolto disprezza sua madre. 21La stoltezza è una gioia per chi è privo di senno; chi è prudente cammina diritto. 22Falliscono le decisioni prese senza consultazione, riescono quelle suggerite da molti consiglieri. 23È una gioia saper dare una risposta; una parola detta al momento giusto è gradita! 24Per l'uomo assennato la strada della vita è verso l'alto, per salvarlo dal regno dei morti che è in basso. 25Il Signore abbatte la casa dei superbi, ma consolida il confine della vedova. 26Il Signore aborrisce i pensieri malvagi, ma le parole benevole gli sono gradite. 27Sconvolge la sua casa chi è avido di guadagni disonesti, ma chi detesta i regali vivrà. 28La mente del giusto riflette prima di rispondere, ma la bocca dei malvagi esprime cattiveria. 29Il Signore è lontano dai malvagi, ma ascolta la preghiera dei giusti. 30Uno sguardo luminoso dà gioia al cuore, una notizia lieta rinvigorisce le ossa. 31Chi ascolta un rimprovero salutare potrà stare in mezzo ai saggi. 32Chi rifiuta la correzione disprezza se stesso, ma chi ascolta il rimprovero acquista senno. 33Il timore di Dio è scuola di sapienza, prima della gloria c'è l'umiltà.

_________________ Note

15,4 albero di vita: richiama Gen 2,9; 3,22.24 ed è immagine di vita piena e felice (vedi anche 13,12).

15,25 Il Signore… consolida il confine della vedova: la legge proibiva lo spostamento dei confini, ritenuti un segno sacro (Dt 19,14; 27,17; Os 5,10). La vedova non aveva mezzi di difesa e per questo Dio stesso interviene in suo favore.

15,27 i regali: fonte di corruzione (vedi anche 17,8.23).

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Approfondimenti

Pr 15,1-2.4. Ritorna il tema dell'uso della lingua, che determina la qualità delle relazioni umane (v. 1), può edificare o meno il prossimo (v. 2), può addirittura ridare nuovo slancio («albero di vita») a chi è affranto o all'opposto colpire nel vivo una persona (v. 4).

vv. 3.8-9.11.25-27.29.33. La vita dell'uomo e le sue azioni sono sempre sotto il controllo divino e da lui dipende la retribuzione, che il saggio non considera un fatto automatico o deterministico, ma come la risposta che avalla l'agire umano (se positivo) o lo condanna (se negativo). Il Dio dei saggi non è però solo un principio ordinatore che dall'esterno garantisce il buon funzionamento della macchina dell'universo, sia a livello cosmico che a livello antropolo-gico: è il Dio che il fedele prega e al quale sacrifica, è colui che conosce l'intimo dell'uomo e che provvede alle necessità anche dei più umili (v. 25), che aborrisce malvagità e ingiustizia, ma esalta giustizia e pietà.

vv. 15-17. Secondo un modulo ricorrente nei testi sapienziali, troviamo il detto comparativo, dove il saggio illustra il suo punto di vista attraverso un contrasto in cui fa risaltare ciò che è meglio per la persona. Tre aspetti positivi sono così messi in risalto: il cuore contento, il rispetto di Dio, la concordia con il prossimo. La persona ben integrata con se stessa, con Dio e con il suo prossimo è, per così dire, il meglio che il saggio possa suggerire.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Il comportamento del saggio e il comportamento dello stolto 1La donna saggia costruisce la sua casa, quella stolta la demolisce con le proprie mani. 2Cammina nella propria giustizia chi teme il Signore, ma chi è traviato nelle proprie vie lo disprezza. 3Nella bocca dello stolto c'è il germoglio della superbia, ma le labbra dei saggi sono la loro salvaguardia. 4Se non ci sono buoi la greppia è vuota, l'abbondanza del raccolto sta nel vigore del toro. 5Il testimone sincero non mentisce, chi proferisce menzogne è testimone falso. 6Lo spavaldo ricerca la sapienza ma invano, la scienza è cosa facile per l'intelligente. 7Stai lontano dall'uomo stolto: in lui non troverai labbra sapienti. 8Il sapiente avveduto conosce la sua strada, ma la stoltezza degli sciocchi è inganno. 9Tra gli stolti risiede la colpa, tra i giusti dimora la benevolenza. 10Il cuore conosce la propria amarezza e alla sua gioia non partecipa l'estraneo. 11La casa degli empi sarà abbattuta, ma la tenda dei giusti prospererà. 12C'è una via che sembra diritta per l'uomo, ma alla fine conduce su sentieri di morte. 13Anche nel riso il cuore prova dolore e la gioia può finire in pena. 14Il perverso si sazia della sua condotta, l'uomo buono delle sue opere. 15L'ingenuo crede a ogni parola, ma chi è avveduto controlla i propri passi. 16Il saggio teme e sta lontano dal male, lo stolto invece è impulsivo e si sente sicuro. 17Chi è pronto all'ira commette sciocchezze, il malintenzionato si rende odioso. 18Gli inesperti ereditano la stoltezza, gli accorti si coronano di scienza. 19I cattivi si inchinano davanti ai buoni, i malvagi davanti alle porte del giusto. 20Il povero è odioso anche a chi gli è pari, ma numerosi sono gli amici del ricco. 21Chi disprezza il prossimo pecca, beato chi ha pietà degli umili. 22Non errano forse quelli che compiono il male? Amore e fedeltà per quanti compiono il bene. 23In ogni fatica c'è un vantaggio, ma le chiacchiere portano solo miseria. 24Corona dei saggi è la loro ricchezza, la follia degli stolti produce solo follia. 25È salvezza per molti il testimone veritiero, ma chi proferisce menzogne è un impostore. 26Nel timore del Signore sta la fiducia del forte; anche per i suoi figli egli sarà un rifugio. 27Il timore del Signore è fonte di vita per sfuggire ai lacci della morte. 28Un popolo numeroso è la gloria del re, ma la scarsità di gente è la rovina del principe. 29Chi è paziente ha grande prudenza, chi è iracondo mostra stoltezza. 30Un cuore tranquillo è la vita del corpo, l'invidia è la carie delle ossa. 31Chi opprime il povero offende il suo creatore, chi ha pietà del misero lo onora. 32Dalla propria cattiveria è travolto il malvagio, anche nella morte il giusto trova rifugio. 33In un cuore intelligente risiede la sapienza, ma in mezzo agli stolti verrà riconosciuta? 34La giustizia esalta una nazione, ma il peccato è la vergogna dei popoli. 35Il favore del re è per il ministro intelligente, la sua ira è per l'indegno.

_________________ Note

14,1-35 I trentacinque distici di questo capitolo, seguendo la teoria della retribuzione (cioè del premio o del castigo riservato all’agire dell’uomo), presentano il diverso esito cui conduce il comportamento dell’uomo saggio e quello dell’uomo stolto.

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Approfondimenti

vv. 1-3.11-12. Il legame con la sapienza istituisce una modalità di realizzazione dell'esistenza caratterizzata da successo e prosperità (vv. 1.11) e da un'autentica relazione con Dio (v. 2). Coloro che rifiutano l'insegnamento sapienziale non realizzano alcunché nella loro vita (v. 1.11) e si allontanano da Dio (v. 2). Il disprezzo di Dio, che si manifesta nell'atteggiamento dello stolto, si riflette anche nel suo comportamento sociale: egli si sente al di sopra degli altri (e in un certo senso sganciato dai vincoli sociali), ma l'esito di ciò è letale: il tema della morte (v. 12) entra a questo livello non come esito scontato della vita, ma come fallimento nella costruzione della propria vita, qui presentata con le immagini della casa e della strada (cfr. vv. 1-2.11-12 nella stessa successione).

vv 5.25. La testimonianza vera non è soltanto un suggello della credibilità della persona (v. 5), ma anche una dimensione fondamentale delle relazioni umane (v. 25): testimoniare è un affare serio e chi se ne assume la responsabilità sa che non può farlo a cuor leggero, soprattutto quando è in gioco la vita di un innocente.

vv. 8.15.18.24. L'opposizione è tra chi sa affrontare con avvedutezza (‘ārûm) l'esistenza e chi invece vive ingenuamente. Chi è avveduto è in grado di discernere la via giusta (v. 8), ma soprattutto di vagliare consigli e insegnamenti (v. 15), al fine di acquisire un bagaglio di conoscenze (v. 18) che lo porteranno a un benessere di cui potrà menare vanto, a differenza dell'ingenuo il cui esito dimostrerà tutta la sua stupidità.

vv. 10.13. L'intimo dell'uomo rimane un recesso solitario: i sentimenti più profondi, anche se condivisi, rimangono sovente inesprimibili e perciò sostanzialmente occultati. Nel v. 13 si ha l'impressione di una visione pessimistica dell'esistenza, ma si tratta forse di un tentativo di formulare con toni marcati la sostanziale insoddisfazione umana: la persona è consapevole che nessuna gioia sulla terra è per sempre, per questo l'esultanza non è mai completa.

vv. 20-21.31. I vv. 20-21 sono collegati dal riferimento all'amico/prossimo (ebr. rēa‘) e i vv. 21.31 dal riferimento ai poveri. Mentre il v. 20 rappresenta una constatazione di quanto solitamente avviene, negli altri due versetti si sottolinea la valenza etica del rapporto con il povero/umile: da un lato il disprezzo del povero è giudicato sotto la prospettiva della riuscita nella vita, dato che il contrasto è tra beatitudine (che significa benessere, stabilità, riuscita) e fallimento (così è opportuno rendere il part. ḥôṭē’ invece che con «ресcа»); dall'altro lo si giudica alla luce della relazione con Dio «il creatore»: non siamo lontani da quei passi del NT dove Gesù si identifica con gli umili (cfr. Mt 25,40).

vv. 26-27. Ritorna il tema del «rispetto di JHWH» già incontrato in Pr 1,7; 9,10: si tratta dell'atteggiamento religioso fondamentale indicato dai saggi come condizione previa per ogni riuscita nella vita e come obiettivo centrale di ogni sforzo per acquisire la sapienza (cfr. inoltre 10,27; 15,33; 16,6; 19,23).

vv. 28.34-35. L'obiettivo è centrato sulla dimensione politica, vista sotto tre aspetti tra loro correlati ed espressi in forma constatativa. L'importanza di un re deriva dalla prosperità e dalla grandezza del suo popolo (v. 28), quindi non si fonda soltanto sulle sue ricchezze o sul suo prestigio: popolo e re sono strettamente correlati. Nello stesso tempo, il re saggio è colui che sceglie oculatamente i suoi consiglieri (v. 35; cfr. 16,13). Si tratta forse di un'indiretta ammonizione ai giovani studenti che si apprestano a inserirsi nella carriera burocratica: solo chi è abile ottiene il favore del re, non chi conta su appoggi o raccomandazioni. Al vertice di tutto sta però l'esigenza di giustizia (v. 34): la crescita e la prosperità di una nazione non sono garantite soltanto dall'abilità o dagli stratagemmi dei suoi politicanti, ma soprattutto da un'amministrazione e da una condotta fondate sulla giustizia (cfr. 16,12).

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Ricchezza e povertà 1Il figlio saggio ama la correzione del padre, lo spavaldo non ascolta il rimprovero. 2Con il frutto della bocca ci si nutre di beni, ma l'appetito dei perfidi si ciba di violenza. 3Chi sorveglia la bocca preserva la sua vita, chi spalanca le sue labbra va incontro alla rovina. 4Il pigro brama, ma non c'è nulla per il suo appetito, mentre l'appetito dei laboriosi sarà soddisfatto. 5Il giusto odia la parola falsa, l'empio disonora e diffama. 6La giustizia custodisce chi ha una condotta integra, la malvagità manda in rovina il peccatore. 7C'è chi fa il ricco e non ha nulla, c'è chi fa il povero e possiede molti beni. 8Riscatto della vita d'un uomo è la sua ricchezza, ma il povero non avverte la minaccia. 9La luce dei giusti porta gioia, la lampada dei malvagi si spegne. 10L'insolenza provoca litigi, ma la sapienza sta con chi accetta consigli. 11La ricchezza venuta dal nulla diminuisce, chi la accumula a poco a poco, la fa aumentare. 12Un'attesa troppo prolungata fa male al cuore, un desiderio soddisfatto è albero di vita. 13Chi disprezza la parola si rende debitore, chi rispetta un ordine viene ricompensato. 14L'insegnamento del saggio è fonte di vita per sfuggire ai lacci della morte. 15Il senno procura favore, ma il contegno dei perfidi porta alla rovina. 16La persona avveduta prima di agire riflette, lo stolto mette in mostra la sua stupidità. 17Un cattivo messaggero causa sciagure, un inviato fedele porta salute. 18Povertà e ignominia a chi rifiuta la correzione, chi tiene conto del rimprovero sarà onorato. 19Desiderio appagato è dolcezza per l'anima; fa orrore agli stolti evitare il male. 20Va' con i saggi e saggio diventerai, chi pratica gli stolti ne subirà danno. 21La sventura insegue i peccatori, il bene è la ricompensa dei giusti. 22L'uomo buono lascia eredi i figli dei figli, è riservata al giusto la ricchezza del peccatore. 23Vi è cibo in abbondanza nei campi dei poveri, ma può essere sottratto per mancanza di giustizia. 24Chi risparmia il bastone odia suo figlio, chi lo ama è pronto a correggerlo. 25Il giusto mangia fino a saziarsi, ma il ventre dei malvagi resta vuoto.

_________________ Note

13,8 il povero non avverte la minaccia: il povero è più tranquillo del ricco, perché non deve privarsi della ricchezza (che non ha) per riscattare se stesso dalle estorsioni.

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Approfondimenti

vv. 2-4. Il collegamento è dato dalla ripresa del sostantivo nepeš (appetito, vita, anima): si passa dall'uso della parola (v. 2a.3) all'agire umano (v. 4) e dall'appetito dei perfidi (v. 2) a quello dei diligenti (v. 4). I due livelli non si coprono, ma sono interrelati: sia perché l'appetito riguarda per gran parte quella parte del corpo da cui fuoriesce la parola (da notare inoltre che nepeš significa in molti casi «gola»), sia perché, se l'appetito in ogni sua manifestazione è incontrollato, anche il linguaggio della persona ne sarà determinato (e allora non sarà soltanto un parlare imprudente, v. 3, ma pure un parlare che ingenera violenza, v. 2).

v. 8. Il significato dell'antitesi è un po' oscuro, anche perché le tre ultime parole del versetto nel TM corrispondono alla finale del v. 1. Mantenendo il TM (con BC) è preferibile dare un senso attivo al verbo del secondo stico («non bada» o «non da peso», invece di «non si accorge»): in tal modo il proverbio ricorda che il povero, a differenza del ricco, non è passibile di estorsioni. In un mondo violento, il povero, che vive già nella precarietà, ha molto meno da temere dalla minaccia a confronto del ricco.

v. 11. «in fretta»: secondo LXX e Vg, forse rappresenta un'armonizzazione con 20,21. Il TM ha mēhebel: «dall'inconsistenza» (secondo il significato di hbl «soffio, vacuità»).

vv. 12.19. Possiamo notare nei due versetti il passaggio dall'osservazione degli stati d'animo al giudizio morale sul comportamento (v. 19b). Il collegamento è dato dall'esaudimento dell'attesa, che nel v. 12 è espresso in una progressione climatica: l'ansia e l'incertezza che caratterizzano il tempo dell'attesa (v. 12a) sono colmate dall'abbondanza (l'albero di vita) che contrassegna l'esaudimento (v. 12b); nel v. 19 ricorre invece una tipica antitesi, centrata sulla metafora del gusto: se il desiderio soddisfatto è «dolce al gusto» (BC traduce con «cuore» il vocabolo ebraico nepeš, che signitica «gola, anima, vita» e che in questo caso va inteso nel suo significato primario di gola, perciò di sede del gusto), all'opposto troviamo lo stolto che prova «disgusto» al solo pensiero di allontanarsi dal male. Distaccarsi dal male dovrebbe essere una cosa dolce, piacevole a compiersi, ma per lo stolto sembra una cosa ardua: non sa comprendere la “dolcezza” di una buona condotta.

v. 15. Una traduzione preferibile è: «Il buon senso rende accetta la persona, ma la condotta dei perfidi è la loro rovina».

vv. 20-22. La compagnia dei saggi non procura soltanto saggezza, ma anche benessere ed eredità sicura, mentre chi frequenta gli ignoranti rovina se stesso (cfr. Sal 49, 11).

vv. 23.25. Si riprende qui il tema della ricchezza che ha caratterizzato il corso del capitolo, collegata con desiderio, acquisizione, apparenza, eredità (cfr. vv. 4.7-8.11-12.18-19.22-23.25).

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Avvedutezza e laboriosità, verità e inganno 1Chi ama la correzione ama la scienza, chi odia il rimprovero è uno stupido. 2Chi è buono ottiene il favore del Signore, il quale condanna il malintenzionato. 3Non si consolida l'uomo con la malvagità, ma la radice dei giusti non sarà smossa. 4Una donna forte è la corona del marito, ma quella svergognata è come carie nelle sue ossa. 5I pensieri dei giusti sono equità, i propositi degli empi sono frode. 6Le parole degli empi sono insidie mortali, ma la bocca degli uomini retti li salverà. 7Gli empi, una volta abbattuti, più non sono, ma la casa dei giusti resta salda. 8Un uomo è lodato in proporzione alla sua intelligenza, ma chi ha il cuore perverso è disprezzato. 9Un uomo di poco conto che ha un servitore vale più di uno che si vanta, a cui manca il pane. 10Il giusto si prende cura del suo bestiame, ma i sentimenti degli empi sono spietati. 11Chi coltiva la sua terra si sazia di pane, chi insegue chimere è proprio uno stolto. 12Le brame dell'empio sono una rete di mali, la radice dei giusti dà molto frutto. 13Nel peccato delle sue labbra si impiglia il malvagio, ma il giusto sfugge a tale angoscia. 14Con il frutto della bocca ci si sazia di beni; ciascuno sarà ripagato secondo le sue opere. 15La via del malvagio è retta ai propri occhi, il saggio, invece, ascolta il consiglio. 16Lo stolto manifesta subito la sua collera, ma chi è avveduto dissimula l'offesa. 17Chi dice la verità proclama la giustizia, chi testimonia il falso favorisce l'inganno. 18C'è chi chiacchierando è come una spada tagliente, ma la lingua dei saggi risana. 19Il labbro veritiero resta saldo per sempre, quello bugiardo per un istante solo. 20L'inganno è nel cuore di chi trama il male, la gioia invece è di chi promuove la pace. 21Al giusto non può accadere alcun male, i malvagi invece sono pieni di guai. 22Le labbra bugiarde sono un obbrobrio per il Signore: egli si compiace di chiunque fa la verità. 23Chi è avveduto nasconde quello che sa, il cuore degli stolti proclama stoltezze. 24La mano operosa ottiene il comando, quella pigra invece è destinata a servire. 25L'afflizione deprime il cuore dell'uomo, una parola buona lo allieta. 26Il giusto è guida sicura per il suo prossimo, ma la via dei malvagi li porta fuori strada. 27Il pigro non troverà selvaggina, ma la persona industriosa possiede una fortuna. 28Sui sentieri della giustizia si trova la vita, la sua strada non va mai alla morte.

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Approfondimenti

vv 1-3. Colui che si lascia educare è «buono» e «giusto» e ottiene scienza, favore divino e stabilità. L'indisciplinato invece è come un animale, che è stolto e brutale (questo significa il sostantivo bā‘ar nel v. 1), è condannato da Dio e vive nella precarietà.

vv. 5-7. Ritorna la contrapposizione giusti/malvagi: non solo i progetti dei malvagi sono ingannevoli, ma addirittura le loro parole rappresentano un'insidia mortale per coloro che vi aderiscono; non così per i giusti: le loro intenzioni sono conformi alla giustizia e attraverso le loro parole salvano coloro che potrebbero rimanere vittime delle macchinazioni dei malvagi (il v. 6b può aver significato riflessivo, ma anche attivo «li sottrarrà» in riferimento a chi è allettato dalle parole dei malvagi, e non solo i giusti).

v. 9. La traduzione potrebbe essere espressa meglio così: «meglio un uomo da poco che possiede uno schiavo di chi si atteggia a ricco, ma non ha cibo» (cfr. Pr 13,7). La formula «meglio... di..», è classica. Il versetto va accostato per il significato al v. 11: una prosperità non appariscente ma sicura, vale assai più della vanagloria o dell'inseguire vani progetti.

vv. 13-23. Questo gruppo di proverbi è caratterizzato soprattutto dal riferimento al «parlare» (cfr. labbra, bocca, verità, menzogna). Il saggio è colui che sa fare buon uso della parola, sia usandola al momento opportuno (vv. 16.18.23), sia esponendo la verità (vv. 17.19): ciò otterrà a lui la riuscita nella vita (vv. 13.14.21) e il favore divino (v. 22). Al contrario l'empio parla da sprovveduto (vv. 16.18) e attesta il falso (vv. 17.19): la sua vita è destinata al fallimento (vv. 13.14.21) e alla rottura della relazione con Dio (v. 22).

vv. 26.28. Ritorna l'immagine della strada quale simbolo della condotta umana: l'insistenza è sull'esito opposto, vita/morte.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Giustizia e malvagità 1Il Signore aborrisce la bilancia falsa, ma del peso esatto egli si compiace. 2Dove c'è insolenza c'è anche disonore, ma la sapienza sta con gli umili. 3L'integrità guida gli uomini retti, la malvagità è la rovina dei perfidi. 4Non giova la ricchezza nel giorno della collera, ma la giustizia libera dalla morte. 5La giustizia dell'uomo onesto gli spiana la via, per la sua cattiveria cade il cattivo. 6La giustizia salva gli onesti, nella cupidigia restano presi i perfidi. 7Con la morte del malvagio svanisce ogni sua speranza, l'attesa dei ricchi scompare. 8Il giusto è liberato dall'angoscia, al suo posto subentra il malvagio. 9Con la sua bocca il bugiardo rovina l'amico, i giusti con la loro scienza si salvano. 10Della prosperità dei giusti la città si rallegra, per la rovina dei malvagi si fa festa. 11La benedizione degli uomini retti fa prosperare una città, le parole dei malvagi la distruggono. 12Disprezza il suo prossimo chi è privo di senno, ma l'uomo prudente tace. 13Chi va in giro sparlando svela il segreto, ma l'uomo fidato tiene nascosto ciò che sa. 14Dove manca una guida il popolo va in rovina; la salvezza dipende dal numero dei consiglieri. 15Chi garantisce per un estraneo si troverà male, chi rifiuta garanzie vive tranquillo. 16La donna avvenente ottiene onore, gli uomini laboriosi ottengono ricchezze. 17Benefica se stesso chi è buono, il crudele invece tormenta la sua carne. 18L'empio realizza opere fallaci, per chi semina giustizia il salario è assicurato. 19Chi pratica la giustizia si procura la vita, chi persegue il male va verso la morte. 20Un cuore perverso il Signore lo detesta: egli si compiace di chi ha una condotta integra. 21Certamente non resterà impunito il malvagio, ma la discendenza dei giusti sarà salva. 22Un anello d'oro al naso di un maiale, tale è la donna bella ma senza cervello. 23La brama dei giusti è solo il bene, la speranza degli empi è la collera. 24C'è chi largheggia e la sua ricchezza aumenta, c'è chi risparmia oltre misura e finisce nella miseria. 25La persona benefica prospererà e chi disseta sarà dissetato. 26Chi accaparra il grano è maledetto dal popolo, la benedizione sta sul capo di chi lo vende. 27Chi è sollecito del bene incontra favore e chi cerca il male, male gli accadrà. 28Chi confida nella propria ricchezza cadrà, i giusti invece rinverdiranno come foglie. 29Chi crea disordine in casa erediterà vento e lo stolto sarà schiavo dell'uomo di senno. 30Il frutto del giusto è un albero di vita, il saggio conquista i cuori. 31Ecco, il giusto è ripagato sulla terra: tanto più l'empio e il peccatore.

_________________ Note

11,22 Il maiale era ritenuto animale impuro; allevarlo e mangiarne la carne era proibito.

11,26 Chi accaparra il grano: il contrasto è tra la speculazione economica e la giusta distribuzione dei beni.

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Approfondimenti

v. 1. L'ambito di riferimento è quello commerciale, selle cui transazioni vi è sempre il pericolo della falsificazione dei pesi e conseguentemente di commettere ingiustizie. L'importanza del tema nella società antica è sottolineata dalla sua ricorrenza nel libro (cfr. 16,11; 20,10.23), ma anche dal suo riapparire nelle parti legislative e profetiche dell'AT (cfr. Lv 19,35-36; Dt 25,13-16; Ez 45,10-12; Am 8,5; Mic 6,10-11).

vv. 3-11. Integrità e rettitudine sono il tema di questi versetti, dove continua il contrasto tra retto e malvagio. Per la forma si può notare la ricorrenza della preposizione «con» (ebr. b) all'inizio dei vv. 7.9.11 e l'insistenza sulla radice ṣdq («giustizia/giusto») all'inizio dei vv. 5-6.8. Il v. 7 è criticamente incerto. Omettendo l'aggettivo «empio», il proverbio riguarda ogni uomo e si collega con altri testi dello stesso tenore, cfr. Sal 49,17-18; Gb 14,19. Tutta la speranza dell'uomo cessa con la sua morte, neppure la ricchezza preserva da tale sorte che accomuna tutti, senza distinzione.

v. 14. Il vocabolo taḥbulôt (guida) è collegato all'arte del timoniere e in ambito politico, come qui, definisce la competenza politica, che il parallelismo in atto vede concretizzata nel fatto che accanto a colui che regge le sorti del popolo vi sia un adeguato numero di consiglieri.

v. 15. Cfr. il commento a 6,1-5.

vv. 16a.22. La bellezza di una donna è vanto del marito, da ciò il suo onore, ma la bellezza da sola non basta e dev'essere accompagnata da rettitudine e buon senso (cfr. Prv 31,30). Ciò che è spregevole (il porco) non acquista valore per un prezioso ornamento.

vv. 24-26. Il contrasto è tra generosità e taccagneria. L'accumulo di beni non crea alcuna ricchezza, anzi risulta un'attività sterile e distanzia la persona dai suoi simili, sia in vista di un suo futuro bisogno (v. 25), sia in riferimento al gradimento sociale (v. 26).

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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PROVERBI DI SALOMONE (10,1-22,16)

1Proverbi di Salomone. Il figlio saggio allieta il padre, il figlio stolto contrista sua madre.

Il saggio e lo stolto, l’empio e il giusto 2I tesori male acquistati non giovano, ma la giustizia libera dalla morte. 3Il Signore non lascia che il giusto soffra la fame, ma respinge la cupidigia dei perfidi. 4La mano pigra rende poveri, la mano operosa arricchisce. 5Chi raccoglie d'estate è previdente e chi dorme al tempo della mietitura è uno svergognato. 6Le benedizioni del Signore sul capo del giusto, la bocca degli empi nasconde violenza. 7La memoria del giusto è in benedizione, il nome degli empi marcisce. 8Chi è saggio di cuore accetta i precetti, chi è stolto di labbra va in rovina. 9Chi cammina nell'integrità va sicuro, chi tiene vie tortuose sarà smascherato. 10Chi chiude un occhio causa dolore, chi riprende a viso aperto procura pace. 11Fonte di vita è la bocca del giusto, la bocca degli empi nasconde violenza. 12L'odio suscita litigi, l'amore ricopre ogni colpa. 13Sulle labbra dell'intelligente si trova la sapienza, ma il bastone è per la schiena dello stolto. 14I saggi fanno tesoro della scienza, ma la bocca dello stolto è una rovina imminente. 15I beni del ricco sono la sua roccaforte, la rovina dei poveri è la loro miseria. 16Il salario del giusto serve per la vita, il guadagno dell'empio è per i vizi. 17Cammina verso la vita chi accetta la correzione, chi trascura il rimprovero si smarrisce. 18Dissimulano l'odio le labbra bugiarde, chi diffonde calunnie è uno stolto. 19Nel molto parlare non manca la colpa, chi frena le labbra è saggio. 20Argento pregiato è la lingua del giusto, il cuore degli empi vale ben poco. 21Le labbra del giusto nutrono molti, gli stolti invece muoiono per la loro stoltezza. 22La benedizione del Signore arricchisce, non vi aggiunge nulla la fatica. 23Per lo stolto compiere il male è un divertimento, così coltivare la sapienza per l'uomo prudente. 24Al malvagio sopraggiunge il male che teme, il desiderio dei giusti invece è soddisfatto. 25Passa la bufera e l'empio non c'è più, il giusto invece resta saldo per sempre. 26Come l'aceto ai denti e il fumo agli occhi, così è il pigro per chi gli affida una missione. 27Il timore del Signore prolunga i giorni, ma gli anni dei malvagi sono accorciati. 28L'attesa dei giusti è gioia, ma la speranza degli empi svanirà. 29La via del Signore è una fortezza per l'uomo integro, ma è una rovina per i malfattori. 30Il giusto non vacillerà mai, ma gli empi non dureranno sulla terra. 31La bocca del giusto espande sapienza, la lingua perversa sarà tagliata. 32Le labbra del giusto conoscono benevolenza, la bocca degli empi cose perverse.

_________________ Note

10,1-22,16 Questa seconda raccolta di proverbi è da considerare molto antica. Viene fatta risalire a Salomone (10,1), modello dell’uomo saggio. Si compone di massime di vario genere, indipendenti l’una dall’altra. Ogni massima o proverbio si presenta nella forma letteraria del distico, che nei cc. 10-15 è caratterizzato dal parallelismo antitetico (procede cioè contrapponendo i personaggi che descrive) e nei cc. 16-22 dal parallelismo sinonimico (cioè con comparazioni omogenee).

10,12 La seconda parte del versetto è riportata in 1Pt 4,8 (vedi anche 1Cor 13,7; Gc 5,20).

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Approfondimenti

Pr 10,1-22,16. Non è facile ravvisare in questa seconda collezione una strutturazione coerente del contenuto: l'impressione è di trovarsi di fronte a sentenze giustapposte, senza alcun principio ordinatore, anche se non sono assenti in alcuni casi ripetizioni verbali o connessioni tematiche, le quali possono spiegare l'accostamento di certi detti.

vv. 10,1-3. Per l'attribuzione a Salomone, cfr. Pr 1,1. I v. sono apparentati dal contrasto saggio/stolto che introduce la tipologia caratteristica della letteratura proverbiale, approfondendola però anche sotto il profilo etico (rettitudine/disonestà, v. 2) e religioso (giusto/malvagio, v. 3).

vv.4-5. Ritorna il tema della pigrizia e dell'operosità, già incontrato in Pr 6,6-11.

vv. 6-7. L'opposizione giusto/malvagio si esprime qui nel contrasto tra la benedizione (il vocabolo che fa da aggancio tra i due versetti) e l'oblio. Il v. 6b è identico a 11b (contro BC). Si noti l'insistenza nel capitolo sul tema della “lingua” (vv. 6.8.11-14.18-21.31-32), un aspetto importante nella formazione del giovane, soprattutto di colui che aspira a posti di responsabilità sociale e di governo: l'uomo saggio se ne starà in silenzio finché non toccherà a lui parlare (v. 19), quando sarà sicuro che il suo parlare sarà efficace e che le sue parole saranno attentamente valutate. 24-25. Due antitesi in parallelo, esprimono la diversa sorte del giusto e del malvagio: le aspirazioni del giusto lo mettono al sicuro, non così quelle del malvagio che, proprio perché inique, lo espongono al rischio della pena per il proprio comportamento; l'esistenza del malvagio è sempre minacciata, mentre quella del giusto non teme l'imprevisto (cfr. v. 30 e Mt 7,25.27). Velatamente si può vedere, nella forma impersonale del v. 24 («è soddisfatto») e nell'accenno alla «bufera» del v. 25 (cfr. Is 21,1; 29,6; Sal 83,16), un'allusione all'intervento divino: da lui dipende la riuscita del giusto, a lui la vita del malvagio è in abominio.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Il contrasto tra sapienza e stoltezza 1La sapienza si è costruita la sua casa, ha intagliato le sue sette colonne. 2Ha ucciso il suo bestiame, ha preparato il suo vino e ha imbandito la sua tavola. 3Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città: 4“Chi è inesperto venga qui!”. A chi è privo di senno ella dice: 5“Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. 6Abbandonate l'inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell'intelligenza”.

7Chi corregge lo spavaldo ne riceve disprezzo e chi riprende il malvagio ne riceve oltraggio. 8Non rimproverare lo spavaldo per non farti odiare; rimprovera il saggio ed egli ti sarà grato. 9Da' consigli al saggio e diventerà ancora più saggio; istruisci il giusto ed egli aumenterà il sapere. 10Principio della sapienza è il timore del Signore, e conoscere il Santo è intelligenza. 11Per mezzo mio si moltiplicheranno i tuoi giorni, ti saranno aumentati gli anni di vita. 12Se sei sapiente, lo sei a tuo vantaggio, se sei spavaldo, tu solo ne porterai la pena.

13Donna follia è irrequieta, sciocca e ignorante. 14Sta seduta alla porta di casa, su un trono, in un luogo alto della città, 15per invitare i passanti che vanno diritti per la loro strada: 16“Chi è inesperto venga qui!”. E a chi è privo di senno ella dice: 17“Le acque furtive sono dolci, il pane preso di nascosto è gustoso”. 18Egli non si accorge che là ci sono le ombre e i suoi invitati scendono nel profondo del regno dei morti.

_________________ Note

9,10 il Santo: il Signore.

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Approfondimenti

Pr 9,1-18. Tre sezioni di sei versetti ciascuna costituiscono l'intero capitolo. Notevole la corrispondenza antitetica tra la prima (vv. 1-6) e la terza (vv. 13-18): due personaggi femminili presentati in parallelo, a conclusione di questa prima parte del libro che ha costantemente insistito sulla scelta tra la sapienza, datrice di vita, e la «straniera», insidia mortale al giovane discepolo. La seconda sezione (vv. 7-12) si concentra invece sui destinatari dell'istruzione sapienziale, contrapponendo il beffardo/insolente (vv. 7-8a) al saggio (vv. 7b-9). Incontriamo inoltre al v. 10 la ripresa del detto programmatico di Pr 1,7.

vv.1-6. Per la relazione casa-sapienza, cfr. 14,1; 24,3. La descrizione della casa può indicare sia un'abitazione concreta, probabilmente una casa padronale sorretta da sette pilastri (cifra perfetta), e in questo caso la sapienza è una ricca signora (o regina, cfr. Ester) che apre ai suoi ospiti il suo palazzo, con tutte le delizie che ella sa predisporre; si potrebbe però vedervi un simbolismo in atto, anche se gli interpreti non concordano sul referente: si tratterebbe del tempio costruito dalla sapienza, sul modello dei miti antichi (in particolare quelli di Ugarit), o della scuola della sapienza, oppure (con migliore probabilità) delle sette collezioni di proverbi contenute in 10,1-31,9. Fondamentale è tuttavia sottolineare la dimensione conviviale e festosa che qui assume il rapporto con la sapienza: l'adesione a lei si realizza come risposta a un invito, non a un comando o a una minaccia; è una proposta che interpella la persona e che richiede la sua libera adesione. La sapienza invia delle ancelle: forse i saggi, che si fanno banditori del suo invito e a cui il giovane deve prestare attenzione. Il cibo della sapienza assume un valore simbolico: si tratta dell'insegnamento sapienziale che va assimilato pienamente (cfr. Ez 3; Sir 24,18-20) e che prefigura il cibo definitivo che Dio donerà all'umanità (cfr. Gv 6).

vv. 13-18. L'immagine di «donna follia» è antitetica a quella della sapienza nei vv. 1-6 é completa la descrizione del pendant della sapienza che ha accompagnato tutto l'arco di Pr 1-9. Anche questa donna possiede una casa, ma essa non se ne cura, perché passa il suo tempo all'esterno, “sviare” i passanti dal loro cammino: l'immagine della seduzione si accompagna qui con la descrizione di un apparato attraente e riprendendo il motivo della strada. Con le stesse parole usate dalla sapienza (cfr. v. 16 con v. 4), anche «donna follia» formula un invito e presenta il suo cibo: non si tratta però di un convito festivo, ma di un'esperienza appartata ed estraniante, benché momentaneamente appagante (v. 17). All'immagine seducente dell'apparato esteriore corrisponde però (cfr. 7, 21-23) un esito esattamente opposto a quello di chi accoglie l'invito della sapienza: non più la vita (v. 6), ma il regno dei morti (v. 18). La raccolta non poteva concludersi in modo più efficace: due proposte di senso (due donne), due strade, due esiti. Se il discepolo (l'«inesperto») ha finalmente compreso, è pronto ad ascoltare e assimilare gli insegnamenti dei saggi, come proposta di senso, come strada da percorrere, come mezzo per riuscire nella vita.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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La sapienza esorta gli uomini e i governanti ad ascoltarla 1La sapienza forse non chiama e l'intelligenza non fa udire la sua voce? 2In cima alle alture, lungo la via, nei crocicchi delle strade si apposta, 3presso le porte, all'ingresso della città, sulle soglie degli usci essa grida: 4“A voi, uomini, io mi rivolgo, ai figli dell'uomo è diretta la mia voce. 5Imparate, inesperti, la prudenza e voi, stolti, fatevi assennati. 6Ascoltate, perché dirò cose rilevanti, dalle mie labbra usciranno sentenze giuste, 7perché la mia bocca proclama la verità e l'empietà è orrore per le mie labbra. 8Tutte le parole della mia bocca sono giuste, niente in esse è tortuoso o perverso; 9sono tutte chiare per chi le comprende e rette per chi possiede la scienza. 10Accettate la mia istruzione e non l'argento, la scienza anziché l'oro fino, 11perché la sapienza vale più delle perle e quanto si può desiderare non l'eguaglia. 12Io, la sapienza, abito con la prudenza e possiedo scienza e riflessione. 13Temere il Signore è odiare il male: io detesto la superbia e l'arroganza, la cattiva condotta e la bocca perversa. 14A me appartengono consiglio e successo, mia è l'intelligenza, mia è la potenza. 15Per mezzo mio regnano i re e i prìncipi promulgano giusti decreti; 16per mezzo mio i capi comandano e i grandi governano con giustizia. 17Io amo coloro che mi amano, e quelli che mi cercano mi trovano. 18Ricchezza e onore sono con me, sicuro benessere e giustizia. 19Il mio frutto è migliore dell'oro più fino, il mio prodotto è migliore dell'argento pregiato. 20Sulla via della giustizia io cammino e per i sentieri dell'equità, 21per dotare di beni quanti mi amano e riempire i loro tesori.

La sapienza ha origine in Dio e opera nel creato 22Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all'origine. 23Dall'eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. 24Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua; 25prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata, 26quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo. 27Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull'abisso, 28quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell'abisso, 29quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, 30io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, 31giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo.

Beato chi ascolta la sapienza 32Ora, figli, ascoltatemi: beati quelli che seguono le mie vie! 33Ascoltate l'esortazione e siate saggi, non trascuratela! 34Beato l'uomo che mi ascolta, vegliando ogni giorno alle mie porte, per custodire gli stipiti della mia soglia. 35Infatti, chi trova me trova la vita e ottiene il favore del Signore; 36ma chi pecca contro di me fa male a se stesso; quanti mi odiano amano la morte”.

_________________ Note

8,22-31 La sapienza viene personificata e presentata come prima creatura di Dio. Attraverso di lei il disegno di Dio creatore ha trovato piena realizzazione e gli uomini, nel seguirla, trovano la pienezza della vita. Questa riflessione è presente anche in altri testi biblici (Sap 7,22-8,1; Sir 24; Bar 3,9-4,4) e culmina nella persona di Gesù, Sapienza e Verbo di Dio (Gv 1,1-5; 1Cor 1,18-31; Col 1,15-17).

8,30 artefice: traduce l’ebraico amon, che può significare anche “giovane” o “bambino”; con questo significato sembra esprimere la gioia della sapienza personificata che, come un giovane o un fanciullo, si muove nel creato danzando (come lasciano intendere i vv. 30-31).

8,36 chi pecca contro di me: “peccare” va inteso qui nel senso di “fallire”, “non raggiungere una meta”; chi non raggiunge la sapienza è un fallito che danneggia se stesso.

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Approfondimenti

Pr 8,1-36. Il capitolo forma nel suo insieme una composizione unitaria e ben strutturata e presenta un lungo discorso della sapienza. A un'introduzione narrativa (vv. 1-3; cfr. 1,20-21), segue il discorso che si divide in quattro parti, chiaramente delimitate già nei loro incipit: vv. 4-11 «A voi, uomini»; vv. 12-21 «Io, Sapienza»; vv. 22-31 «JHWH»; vv. 32-36 «E ora».

vv. 1-3. Anche qui, come in Pr 1,20-33, la sapienza parla in pubblico, a un uditorio non selezionato.

vv. 4-11. Risalta la relazione “io-voi”. La sapienza si rivolge a tutti, ma non esalta le loro qualità, anzi li definisce inesperti e sciocchi. Non presenta le sue credenziali, ma la qualità del suo dire: cose importanti e rette (v. 6). Si tratta di fedeltà, verità e giustizia che essa contrappone alla iniquità e alla falsità. Per questo invita ad ascoltare.

vv. 12-21. Ora la sapienza descrive se stessa, mostrando il frutto e lo scopo della sua opera: emerge in particolare che essa è una consigliera giudiziosa e moralmente integra (specialmente di coloro che rivestono cariche pubbliche). Si noti nei vv. 12.14 l'accumulo di vocaboli sapienziali (per questa serie cfr. Is 11,2, applicata al «figlio di Iesse», e Gb 12,13-16, applicata a Dio). I vv. 17-21 sono quasi una «benedizione della sapienza»: chi ama la sapienza potrà condividere le sue ricchezze, e ciò non vale solo per i potenti (vv. 15-16), ma certamente anche per i piccoli e i poveri, dato che il suo agire è conforme al diritto e alla giustizia (vv. 20-21).

vv. 22-31. Questa parte si stacca da quanto precede, non a livello tematico, bensì a livello di “motivazione” Nel c. 8 infatti la sapienza manifesta ed espone le qualità e gli attributi che giustificano la sequela di lei e l'adesione al suo insegnamento da parte degli uomini e i vv. 22-31 si inseriscono in questa composizione come una ancor più decisiva motivazione: con un linguaggio affine a quello dei miti delle origini, con immagini e motivi presi dalle cosmogonie, il brano intende anzitutto manifestare la priorità della sapienza rispetto al creato (vv. 22-26); illustra inoltre la posizione della sapienza accanto a JHWH durante l'organizzazione del cosmo (vv. 27-30a), e conclude alludendo al legame tra essa e gli uomini/mondo, quindi al suo posto nel creato, manifestando la stessa attitudine positiva di Gn 1 nei confronti dell'operare divino (vv. 30b-31). La presentazione della sapienza qui contenuta apparenta questo testo ad altri analoghi ricorrenti nei testi sapienziali (cfr. Gb 28; Bar 3,9-4,4; Sir 1,1-9; 24; Sap 6-9), benché ciascuno abbia una sua specificità: in Prv 8 (e in genere in tutta la raccolta dei cc. 1-9) la sapienza assume chiaramente i tratti di una persona, le cui caratteristiche si delineano successivamente.

vv. 22-26. La sapienza è possesso di Dio (v. 22) che precede ogni opera creata: si noti l'insistenza sul «prima» (vv. 22b.25) e sul «non ancora» (v. 24.26). Essa è «l'inizio dell'attività» di Dio (v. 22), cioè la primizia, la prima opera realizzata da Dio e quindi occupa nel nostro testo il posto che Gn 1,3 assegna alla luce: dopo il suo nascere comincia il “fare” di Dio. Il posto qui occupato dalla sapienza sarà attribuito a Cristo nel NT, quale «primogenito di ogni creatura» (Col 1,15) e «principio della creazione di Dio» (Ap 3,14). I vocaboli applicati alla genesi della sapienza nel TM orientano verso un'immagine della sapienza intesa come “persona”: acquisita/posseduta (v. 22; cfr. Gn 4,1; Sal 139,13), formata (v. 23; cfr. Sal 139,13), generata (vv. 24-25).

vv. 27-31. Dall'insistenza sulla precedenza (vv. 22-26) si passa alla contemporaneità: ora JHWH è all'opera e accanto a lui (vv. 27.30a) sta la sapienza. Chi sia la sapienza e quale ruolo essa svolga nella creazione è oggetto di controversia, soprattutto in relazione al v. 30a, dove BC traduce il vocabolo ebraico ’mwn con «artefice» e ciò implica l'attribuzione di un ruolo attivo alla sapienza nel processo creativo. Due fattori, oltre a quello lessicografico, sono determinanti per una corretta discussione sul vocabolo: la definizione del contesto in cui è inserito e la storia dell'interpretazione di ’mwn. Quanto al contesto, è indispensabile tener presente che fino a questo punto nel discorso non è stato attribuito alcun ruolo attivo alla sapienza all'interno del processo creativo. Il ruolo che le è attribuito è invece determinato dalla descrizione che segue nei vv. 30b-31, in cui essa per la prima volta è soggetto di un verbo di azione. L'azione descritta in questi vv. è espressa dal verbo śḥq e ha lo scopo di divertire, allietare, cioè un esibirsi per il gioioso intrattenimento di qualcuno (cfr. Gdc 16,25; 2Sam 2,14; 6,5.22; 1Cr 13,9; 15,29). L'immagine veicolata potrebbe perciò essere quella di una danza sul cosmo per la gioia del creatore (ben espressa con l'immagine della fanciulla «prediletta», indicata dalla versione di Aquila), testimoniando perciò che a fondamento del creato non sta un grande affanno o una cieca casualità, ma un'armonia cosmica garantita dalla danza della sapienza su di esso, che ne determina la bellezza/bontà già riconosciuta in Gn 1. Ciò si integra con una possibile interpretazione del vocabolo ’mwn come «saggio consigliere di corte», alla luce della parentela con l'accadico ummânu (un titolo attribuito inizialmente ai sette saggi antidiluviani, ma nei testi più recenti applicato agli ufficiali di corte): questa proposta di traduzione corrisponde senza difficoltà all'interpretazione dei verbi che descrivono l'origine della sapienza come quella di un essere personale, e inoltre l'immagine della sapienza «confidente, consigliera» del creatore ben si attaglia alla funzione dei vv. 22-31 indicata all'inizio, evitando altresì di intendere la sapienza come una sorta di «demiurgo» (come potrebbe invece prospettare la traduzione con «artigiano») che non trova appoggio nel testo. Il mondo in cui l'uomo vive è lo spazio in cui la sapienza si diletta, l'umanità i suoi compagni di gioco. Tra il creatore e la sua creatura sta la sapienza: la sua vicinanza con Dio ha orientato JHWH a realizzare quest'opera deliziosa e ora la stessa sapienza è colei che guida l'uomo a inserirsi armoniosamente nel creato.

vv. 32-36. La conclusione del discorso rappresenta un ritorno all'esortazione, già incontrata nei vv. 4-11 (relazione “io-voi”). Martellante l'insistenza sull'ascolto (vv. 32.33.34), che inserisce l'uomo nella benedizione della sapienza, da cui deriva la vita, cioè la riuscita nella vita (non la vita eterna, non contemplata nel libro), un dono parallelo al «favore di JHWH» (v. 35): non solo una riuscita dal punto di vista umano, ma anche un incontro più profondo con Dio. Di nuovo la sapienza collega l'uomo a Dio.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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