📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

CANTO DI VITTORIA 1 Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Salmo. Di Asaf. Canto.

2 Dio si è fatto conoscere in Giuda, in Israele è grande il suo nome.

3 È in Salem la sua tenda, in Sion la sua dimora.

4 Là spezzò le saette dell'arco, lo scudo, la spada, la guerra.

5 Splendido tu sei, magnifico su montagne di preda.

6 Furono spogliati i valorosi, furono colti dal sonno, nessun prode ritrovava la sua mano.

7 Dio di Giacobbe, alla tua minaccia si paralizzano carri e cavalli.

8 Tu sei davvero terribile; chi ti resiste quando si scatena la tua ira?

9 Dal cielo hai fatto udire la sentenza: sbigottita tace la terra,

10 quando Dio si alza per giudicare, per salvare tutti i poveri della terra.

11 Persino la collera dell'uomo ti dà gloria; gli scampati dalla collera ti fanno festa.

12 Fate voti al Signore, vostro Dio, e adempiteli, quanti lo circondano portino doni al Terribile,

13 a lui che toglie il respiro ai potenti, che è terribile per i re della terra.

_________________ Note

76,1 È questo il terzo dei “canti di Sion” (vedi nota a Sal 46). Dio è visto ergersi a difesa della città, sua dimora, e intento a sbaragliare i nemici che la minacciano (l’appellativo terribile al v. 8 intende designare questa sua opera di difensore della città). Il salmo probabilmente allude alla vittoria riportata sull’esercito del re assiro Sennàcherib che, nel 701, aveva assediato Gerusalemme (2Re 19,35).

76,3 Salem: l’antico nome di Gerusalemme (vedi Gen 14,18).

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Approfondimenti

Inno a Dio splendido e terribile in Sion Cantico di Sion

Sulla scia dei Sal 46 (di cui è chiamato “salmo fratello”) e 48, il Sal 76 celebra Dio grande e terribile abitante in Sion, che mostra la sua potenza invincibile, sconfiggendo i suoi nemici e salvando gli «umili» della terra. Come per i Sal 46 e 48 i sostenitori dell'interpretazione storica adducono prevalentemente la circostanza della disfatta di Sennacherib alle porte di Gerusalemme (701 a.C.) sotto il re Ezechia (2Re 18,13-19,37). La traduzione greca dei LXX sembra accreditare tale tesi aggiungendo dopo il titolo (v. 1) l'espressione odē pros ton Assyrion (canto sull'Assiro). Tuttavia, come per i precedenti salmi, l'interpretazione storico-escatologica, che va al di là del fatto storico particolare, è più convincente. La simbologia spaziale è evidente: Sion e Dio dimorante in essa sono al centro della scena. È presente inoltre la simbologia militare (vv. 2-7) e quella giudiziaria (vv. 8-13). La lingua è arcaizzante e il salmo è ben ordinato e equilibrato nel suo impianto strutturale. Gerusalemme è chiamata con il nome antico di Šālēm (Gn 14,18; Eb 7,1-2). Non manca una certa solennità. Il ritmo nel TM è dato prevalentemente da 3 + 3 accenti. La divisione è in quattro strofe, di cui le prime due hanno carattere specificatamente bellico, e le altre giudiziario. Le prime due iniziano con un participio passivo (nifal) in posizione enfatica: «conosciuto» (nôda‘), «splendido» (na’ôr).

Divisione: vv. 2-4 (I strofa): scena bellica in Gerusalemme; vv. 5-7 (II strofa): scena bellica sui monti; vv. 8-10: (III strofa): scena giudiziaria in cielo; vv. 11-13 (IV strofa): scena giudiziaria sulla terra.

v. 2. «Dio è conosciuto». Il participio «conosciuto» (nôda‘) è in posizione enfatica. Indica una conoscenza vera, profonda secondo il significato biblico del verbo «conoscere». «in Giuda e in Israele»: a ragione del parallelismo sinonimico dei due emistichi, il binomio Giuda-Israele ha forza di coppia di termini-polari, indicanti la totalità del popolo eletto e soprattutto l'unità religiosa nella professione di fede in Dio (cfr. Sal 114,2). «è grande il suo nome»: la grandezza di Dio (nome = Dio stesso) è contemplata dal punto di vista della sua permanenza in Gerusalemme (v. 3) e della sua azione liberatrice in favore de suo popolo (v. 4).

v. 3. «Gerusalemme»: in ebr. Šālēm. E una designazione poetica e arcaizzante di Gerusalemme. In Gn 14,18 si parla di Melchisedek come «re di Salem». Chiamando Sion con tale nome la si vuole collegare ad Abramo (Gn 14) e a Davide (Sal 110,4) e farvi risalire l'origine del culto. Nel Sal 46,5, si accenna al Dio «altissimo» (‘elyôn) di cui Melchisedek era sacerdote (Gn 14,18-19).

v. 4. «Qui spezzò...»: si indica il trionfo del Signore con simboli militari. «saette, scudo, spada, guerra»: cfr. Sal 46,10. Con la figura retorica della sineddoche è significata la totalità delle armi belliche, e la completa vittoria di Dio (Is 3,25; 21,15; 22,2; 30,32; Os 1,7; 2,20).

v. 6. «furono spogliati i valorosi...»: tutte le immagini di questo versetto denotano lo smarrimento dei nemici colti di sorpresa nel sonno, atterriti e confusi dall'azione militare sorprendente del Signore. Vengono alla mente le imprese rapide e fulminee descritte in particolar modo nel libro dei Giudici, cfr. Gdc 7,16-22.

v. 7. «Dio di Giacobbe»: cfr. Sal 20,2; 24,6; 46,8.12; 84,9. «carri e cavalli»: c'è il richiamo all'esodo (Es 15,1).

vv. 8-10. La scena si trasforma in giudiziario-escatologica. Dopo il Dio «conosciuto» e «splendido» che inizia le strofe precedenti, ora si incontra il Dio «terribile» (nôra’) in atto di giudicare dal cielo, sua abitazione eterna per eccellenza.

v. 8. «chi ti resiste...»: l'irresistibilità all'ira divina, è caratteristica del genere profetico-apocalittico, cfr. Gl 2,11; Ml 3,2.

v. 10. «per giudicare»: il verbo «giudicare» è di carattere militare-giuridico e di grande importanza nella teologia dei salmi (Sal 9-10,20; 35,23; 44,23.26; 74,22). «per salvare tutti gli umili della terra»: si sottolinea l'aspetto positivo del giudizio di Dio.

vv. 11-13. La scena giudiziaria si sposta sulla terra. Si accenna agli effetti della sentenza di Dio (v. 11) e si invita a essere fedeli al Signore «adempiendo i voti fatti», e a prestargli il culto dovuto portandogli «doni», in segno anche di sottomissione, se si vuole tener lontana la sua ira. Egli infatti è «terribile», soprattutto verso chi si vuole confrontare con lui: i potenti e i re della terra. Essi, colpiti dalla sua ira, rischiano anche di morire (Sal 2,12).

v. 11. «L'uomo colpito dal tuo furore...»: secondo Ger 13,11 e Sal 109,19, anche chi è stato colpito dalla potenza e giustizia di Dio, riconoscendolo, gli rende lode. Ma il v. 11 è soggetto anche ad altre interpretazioni a causa della corruzione del testo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INNO DI LODE A DIO, GIUSTO GIUDICE 1 Al maestro del coro. Su “Non distruggere”. Salmo. Di Asaf. Canto.

2 Noi ti rendiamo grazie, o Dio, ti rendiamo grazie: invocando il tuo nome, raccontiamo le tue meraviglie.

3 Sì, nel tempo da me stabilito io giudicherò con rettitudine.

4 Tremi pure la terra con i suoi abitanti: io tengo salde le sue colonne.

5 Dico a chi si vanta: “Non vantatevi!”, e ai malvagi: “Non alzate la fronte!”.

6 Non alzate la fronte contro il cielo, non parlate con aria insolente.

7 Né dall'oriente né dall'occidente né dal deserto viene l'esaltazione,

8 perché Dio è giudice: è lui che abbatte l'uno ed esalta l'altro.

9 Il Signore infatti tiene in mano una coppa, colma di vino drogato. Egli ne versa: fino alla feccia lo dovranno sorbire, ne berranno tutti i malvagi della terra.

10 Ma io ne parlerò per sempre, canterò inni al Dio di Giacobbe.

11 Piegherò la fronte dei malvagi, s'innalzerà la fronte dei giusti.

_________________ Note

75,1 La regalità di Dio, che si farà visibile nel giudizio che egli pronunzierà sui malvagi e nella salvezza che offrirà ai giusti, è il motivo della lode di questo inno.

75,9 coppa, colma di vino drogato: rappresenta la punizione di Dio. È un’immagine che ricorre con una certa frequenza nei testi biblici (ad es. Is 51,17; Ger 49,12 51,7; Ez 23,31; Ab 2,16).

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Approfondimenti

La comunità ringrazia Dio per il suo giudizio Salmo di ringraziamento collettivo (+ oracolo e ammonizione profetica)

La comunità dei fedeli ringrazia solennemente il Signore per le sue meraviglie. Il salmo è abbastanza vivace e variegato nei suoi generi. Vi sono dei contatti letterari con il cantico di Anna (1Sam 2,1-10). Per la tematica si inserisce bene dopo il Sal 74, come sua continuazione. La lingua è un po' arcaizzante. La simbologia è spaziale (cosmica), temporale (storica). Per le immagini prevalenti si evidenziano quelle del giudizio di Dio e del «corno» (qeren), reso in italiano con «testa» nei vv. 5-6.

Divisione:

  • v. 2: ringraziamento (tôdâ) della comunità;
  • vv. 3-6: oracolo divino;
  • vv. 7-9: ammonizione (commento all'oracolo);
  • v. 10: ringraziamento;
  • v. 11: nuovo oracolo divino.

v. 2. «Noi ti rendiamo grazie...»: cfr. Sal 106,1; 118,1. L'espressione è ripetuta due volte e in posizione chiastica nel primo emistichio. La comunità ringrazia ripetutamente il Signore per le sue gesta meravigliose che intende diffondere. «le tue meraviglie»: ci si riferisce alle gesta di salvezza (= niplᵉ’ôt), soprattutto dell'esodo, ma i versetti seguenti concentrano il ringraziamento in particolar modo sul «giudizio» di Dio.

v. 3. «Nel tempo che avrò stabilito...»: il tempo del giudizio è fissato da Dio, secondo un suo calendario. Dio fa giustizia certamente (cfr. Gn 18,25; Sap 12,15-16). Non ha bisogno di essere sollecitato dagli empi e increduli, cfr. Is 5,19; Ez 12,21-28; Ab 1,2. «giudicherò con rettitudine»: il giudizio è retto, ristabilisce la giustizia, cfr. Sal 9,8-9. Esso si realizza nella storia, nel tempo, contro oppressori e empi (Sal 17,2; 58,2; 96,10; 98,9), e ha risonanza anche cosmica (cfr. Sal 11,3; 82,5; 96,10). Qui, in assenza di accenno ai nemici, il giudizio è soprattutto morale-escatologico.

v. 4. «Si scuota la terra...»: il dilagare dell'ingiustizia, del sopruso, dell'oppressione ecc. è paragonato qui a un terremoto nel campo della legge di Dio. Come quando si scuote la terra per il terremoto, Dio la tiene ferma sulle sue colonne e non la fa affondare nell'oceano primordiale, così egli, quando l'uomo ingiusto e empio scuote il suo ordine morale, intervenendo con il suo giudizio, ristabilisce l'ordine della giustizia. Dio è Dio della creazione e della liberazione!

vv. 5-6. «Non alzate la testa..»: lett. «non alzate il corno». La voce «corno» (qeren), tradotta qui con «testa» è presente due volte in questi versetti. Il «corno» è una metafora molto forte che indica potenza. In tal caso si tratta di sfida blasfema verso Dio. «contro il cielo»: lett. «contro l'alto» lammārôm), ossia contro Dio, l'eccelso (mārôm), cfr. Sal 64,9; 97,7; 140,9-10; 147,6. «Dio»: lett. «roccia». Dio è chiamato nel secondo emistichio «roccia» (sûr), un titolo divino comune nell'AT (cfr. Sal 18,3).

v. 7. «Non dall'oriente.»: si citano i quattro punti cardinali. Il deserto è quello del Negheb (sud) e le «montagne» sono quelle del Libano a nord.

v. 8. «abbatte l'uno e innalza l'altro»: cfr. 1Sam 2,1-10; Sir 10,14-17.

v. 9. «Poiché nella mano del Signore...»: cfr. Sal 11,6; 60,5. Con un'immagine apocalittica simbolica del «calice» e del «vino» si descrive plasticamente il giudizio universale finale («tutti gli empi della terra»), cfr. Gl 4,9-17. L'immagine ricorre spesso nell'AT, specialmente nei profeti.

v. 10. «Io invece esulterò...»: prende la parola il presidente litugico, o un rappresentante dell'assemblea, come spesso avviene nei salmi, per ringraziare il Signore, per il suo sicuro e equo intervento giudiziale.

v. 11. Con un nuovo oracolo divino, in una forma più decisiva, si ribadisce in sintesi quello precedente (vv. 3-6). Dio annuncia l'esecuzione della sentenza giudiziale: renderà ragione ai giusti innalzandoli, e agli empi malvagi annientandoli.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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SUPPLICA PER IL TEMPIO DISTRUTTO 1 Maskil. Di Asaf.

O Dio, perché ci respingi per sempre, fumante di collera contro il gregge del tuo pascolo?

2 Ricòrdati della comunità che ti sei acquistata nei tempi antichi.

Hai riscattato la tribù che è tua proprietà, il monte Sion, dove hai preso dimora.

3 Volgi i tuoi passi a queste rovine eterne: il nemico ha devastato tutto nel santuario.

4 Ruggirono i tuoi avversari nella tua assemblea, issarono le loro bandiere come insegna.

5 Come gente che s'apre un varco verso l'alto con la scure nel folto della selva,

6 con l'ascia e con le mazze frantumavano le sue porte.

7 Hanno dato alle fiamme il tuo santuario, hanno profanato e demolito la dimora del tuo nome;

8 pensavano: “Distruggiamoli tutti”. Hanno incendiato nel paese tutte le dimore di Dio.

9 Non vediamo più le nostre bandiere, non ci sono più profeti e tra noi nessuno sa fino a quando.

10 Fino a quando, o Dio, insulterà l'avversario? Il nemico disprezzerà per sempre il tuo nome?

11 Perché ritiri la tua mano e trattieni in seno la tua destra?

12 Eppure Dio è nostro re dai tempi antichi, ha operato la salvezza nella nostra terra.

13 Tu con potenza hai diviso il mare, hai spezzato la testa dei draghi sulle acque.

14 Tu hai frantumato le teste di Leviatàn, lo hai dato in pasto a un branco di belve.

15 Tu hai fatto scaturire fonti e torrenti, tu hai inaridito fiumi perenni.

16 Tuo è il giorno e tua è la notte, tu hai fissato la luna e il sole;

17 tu hai stabilito i confini della terra, l'estate e l'inverno tu li hai plasmati.

18 Ricòrdati di questo: il nemico ha insultato il Signore, un popolo stolto ha disprezzato il tuo nome.

19 Non abbandonare ai rapaci la vita della tua tortora, non dimenticare per sempre la vita dei tuoi poveri.

20 Volgi lo sguardo alla tua alleanza; gli angoli della terra sono covi di violenza.

21 L'oppresso non ritorni confuso, il povero e il misero lodino il tuo nome.

22 Àlzati, o Dio, difendi la mia causa, ricorda che lo stolto ti insulta tutto il giorno.

23 Non dimenticare il clamore dei tuoi nemici; il tumulto dei tuoi avversari cresce senza fine.

_________________ Note

74,1 Lo sfondo di questa lamentazione collettiva è la distruzione del tempio di Gerusalemme (avvenuta nel 587 a.C.) e la tragedia dell’esilio. Privata di ciò che più le stava a cuore (il tempio, il sacerdozio, le feste, la città santa), umiliata dall’arroganza dei nemici e, soprattutto, colpita dal silenzio del suo Dio, la comunità eleva un’intensa preghiera perché siano rinnovati i prodigi dell’esodo (vv. 12-17) e la sua sorte venga trasformata.

74,1 gregge del tuo pascolo: appellativo che designa il popolo d’Israele.

74,7 nome: indica Dio stesso.

74,13-14 Allusioni alla mitologia del Vicino Oriente antico, che vedeva in questi mostri (draghi e Leviatàn) delle forze ostili all’uomo e alla divinità.

74,19 tortora: simbolo del popolo d’Israele.

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Approfondimenti

Appello a Dio nel ricordo della distruzione del tempio Supplica collettiva

Il salmista, interpretando i sentimenti della comunità e rievocando con forti e plastiche immagini, quasi di un testimone, la distruzione del tempio e la sua profanazione, supplica il Signore perché si scuota dal torpore in cui sembra essere caduto. Il momento storico più probabile cui il salmo forse allude è quello della distruzione del tempio per opera dei Babilonesi (587 a.C.). Il salmo è il primo delle lamentazioni pubbliche di Asaf (Sal 74; 77; 79; 80), tutte affini letterariamente e tematicamente. Il testo, maestoso nel suo svolgersi, ma nello stesso tempo avvolto in un silenzio di morte, quello terribile di Dio, presenta delle difficoltà, alcuni hapax e qualche lacuna. Il ritmo nel TM è di 4 + 4 accenti. I verbi «ricordare» (zkr) e «dimenticare» (škḥ) fanno da leitmotiv (vv. 2.18.19.22.23). Incerta l'epoca di composizione. Il simbolismo riguarda lo spazio, il tempo e l'ostilità umana e divina.

Divisione:

  • v. 1: appello introduttivo;
  • vv. 2-9: I appello a Dio rievocando la distruzione del tempio;
  • vv. 10-17: II appello a Dio rievocando la liberazione esodale e la creazione;
  • vv. 18-23: III appello e supplica finale al Dio dell'alleanza.

v. 1. «O Dio, perché....»: nella forma di una doppia interrogazione retorica (cfr. Sal 9-10,22; 22,2; 44,25; 79,5) il salmista a nome della comunità, interroga angosciato Dio, pastore d'Israele, sulla situazione di abbandono presente del suo gregge, effetto del ripudio e della sua collera.

vv. 2-9. Il salmista, ricordando a Dio il diritto di proprietà sul suo popolo acquistato al tempo dell'esodo e condotto attraverso il deserto fino alla terra promessa (Es 15,13) (v. 2), richiama la sua attenzione sulla situazione attuale seguita alla distruzione del tempio, rievocata con intensa partecipazione e forte realismo (vv. 3-9).

v. 8. «tutti i santuari di Dio nel paese»: si tratta dei santuari locali, ove si custodivano le memorie dei patriarchi, lasciati esistere anche dopo la stessa riforma di Giosia (622 a. C.), che aveva centralizzato il culto nel tempio di Gerusalemme.

vv. 10-17. Con altre due domande retoriche inizia il secondo appello. Si adducono le ragioni (teologiche) per spingere Dio a intervenire. Sono di carattere storico e cosmologico. Scopo dell'orante è quello di ricordare a Dio che gli avversari del suo popolo sono anche i suoi avversari. Questi disprezzano lui («il suo nome»), e quindi egli, che è «re» d'Israele fin dai tempi antichi e che ha operato prodigi di salvezza, specialmente nell'esodo e prima ancora nella creazione, non può stare inerte a guardare. Dal v. 13 al v. 17 il ricordo delle azioni mirabili di Dio è scandito dal pronome personale «tu» (’attâ) che si ripete sette volte quasi sempre in posizione enfatica.

v. 11. «trattieni in seno la destra»: è un antropomorfismo per indicare inerzia e immobilismo.

v. 14. «Leviatan»: come mostro marino è presente in altri passi biblici, cfr. Sal 104,26; Gb 3,8; 40,25-41,26.

vv. 18-23. Questo appello finale si apre come il primo (v. 2) con l'imperativo «Ricorda» (zᵉkoōr). Si tratta di una perorazione finale che riassume i motivi addotti negli appelli precedenti, tendenti a scuotere e a far intervenire Dio. Incerta l'interpretazione dei vv. 19-20 dal momento che il testo è in disordine.

v. 22. «Sorgi, Dio..»: cfr. Sal 7,7. «difendi la tua causa»: Dio stesso è spronato a difendersi, perché nessuno più di lui e meglio di lui può farlo.

Nel NT la distruzione del tempio dei vv. 3-9 ha un'eco in Mt 24,2.15. Cristo stesso è il nuovo tempio (Gv 2,19-21) e i cristiani a loro volta sono chiamati tempio di Dio (1Cor 3,9.16).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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SALMI – LIBRO TERZO (73-89)

LA FEDE DEL GIUSTO MESSA ALLA PROVA 1 Salmo. Di Asaf.

Quanto è buono Dio con gli uomini retti, Dio con i puri di cuore!

2 Ma io per poco non inciampavo, quasi vacillavano i miei passi,

3 perché ho invidiato i prepotenti, vedendo il successo dei malvagi.

4 Fino alla morte infatti non hanno sofferenze e ben pasciuto è il loro ventre.

5 Non si trovano mai nell'affanno dei mortali e non sono colpiti come gli altri uomini.

6 Dell'orgoglio si fanno una collana e indossano come abito la violenza.

7 I loro occhi sporgono dal grasso, dal loro cuore escono follie.

8 Scherniscono e parlano con malizia, parlano dall'alto con prepotenza.

9 Aprono la loro bocca fino al cielo e la loro lingua percorre la terra.

10 Perciò il loro popolo li segue e beve la loro acqua in abbondanza.

11 E dicono: “Dio, come può saperlo? L'Altissimo, come può conoscerlo?“.

12 Ecco, così sono i malvagi: sempre al sicuro, ammassano ricchezze.

13 Invano dunque ho conservato puro il mio cuore, e ho lavato nell'innocenza le mie mani!

14 Perché sono colpito tutto il giorno e fin dal mattino sono castigato?

15 Se avessi detto: “Parlerò come loro”, avrei tradito la generazione dei tuoi figli.

16 Riflettevo per comprendere questo ma fu una fatica ai miei occhi,

17 finché non entrai nel santuario di Dio e compresi quale sarà la loro fine.

18 Ecco, li poni in luoghi scivolosi, li fai cadere in rovina.

19 Sono distrutti in un istante! Sono finiti, consumati dai terrori!

20 Come un sogno al risveglio, Signore, così, quando sorgi, fai svanire la loro immagine.

21 Quando era amareggiato il mio cuore e i miei reni trafitti dal dolore,

22 io ero insensato e non capivo, stavo davanti a te come una bestia.

23 Ma io sono sempre con te: tu mi hai preso per la mano destra.

24 Mi guiderai secondo i tuoi disegni e poi mi accoglierai nella gloria.

25 Chi avrò per me nel cielo? Con te non desidero nulla sulla terra.

26 Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma Dio è roccia del mio cuore, mia parte per sempre.

27 Ecco, si perderà chi da te si allontana; tu distruggi chiunque ti è infedele.

28 Per me, il mio bene è stare vicino a Dio; nel Signore Dio ho posto il mio rifugio, per narrare tutte le tue opere.

_________________ Note

73,1 Solo comprendendo il disegno di Dio è possibile dare senso alle contrastanti situazioni in cui si svolge la vita dell’uomo. Il salmo, che appartiene al genere delle lamentazioni, esplicita la dottrina della retribuzione (Dio premia il giusto e punisce il malvagio) e guida al superamento della tentazione e della prova.

73,7 Il grasso è simbolo di benessere, ma anche di insensibilità religiosa.

73,21 Allusione al dolore e alla indignazione provocati dai confronti con il malvagio.

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Approfondimenti

Il cuore puro e la giustizia di Dio Salmo sapienziale (+ motivi di lamentazione, di fiducia e di ringraziamento)

Questo salmo è stato chiamato con una felice espressione “canto del cuore” per le numerose ricorrenze della voce «cuore» (lēbāb) (vv. 1.7.13.21.26b). Rispecchia la tematica dei Sal 37 e 39 e quella sviluppata nel libro di Giobbe. Dal punto di vista letterario si è in presenza di un vero capolavoro di poesia e di lirismo. Da una grande tensione psicologica, a volte anche drammatica, si arriva nel finale a una quiete profonda dei sentimenti ispirata dalla fiducia piena in Dio. Brevemente il salmo presenta il dramma della tentazione del giusto di imitare l'agire dell'empio, il suo travaglio interiore e il superamento espresso dalla confessione solida nella fiducia in Dio. Il ritmo nel TM è di 3 + 3 accenti. È molto usato il parallelismo. Il campo semantico e simbolico è dato dallo spazio, dal tempo, dai riferimenti al corpo (cuore, piedi, corpo, grasso, bocca, lingua, mani, occhi, carne), e dalla psicologia.

Divisione:

  • v. 1: introduzione tematica;
  • vv. 2-16: la vita dell'empio e del giusto (dittico);
  • vv. 17-27: la sorte dell'empio e del giusto (dittico);
  • v. 28: conclusione.

v. 1. «Quanto è buono Dio con i giusti, con gli uomini...»: è un'esclamazione e una professione di fede sulla bontà di Dio verso i giusti suoi fedeli. È il punto di sbocco della tentazione del salmista, il cui travaglio è descritto nel corpo del salmo (vv. 2-27). Esso è all'inizio, in pendant con il v. 28.

vv. 2-16. Il salmista descrive il proprio travaglio interiore e la tentazione di invidia verso i prepotenti malvagi (vv. 2-3. 13-16) che prosperano (vv. 4-5), si inorgogliscono, sono violenti, covano malizia (vv. 6-8) e, oltre a opprimere gli uomini, osano sfidare anche Dio, mettendo in dubbio la sua onniscienza (vv. 9-11).

v. 3. «perché ho invidiato...»: nei libri sapienziali si mette in guardia contro siffatta invidia, cfr. Prv 3,31; Sal 37 1.7. «la prosperità dei malvagi...»: cfr. Gb 21,7.9.

v. 7. «Esce l'iniquità dal loro grasso»: l'immagine è molto plastica. Per l'obesità come segno di benessere, cfr. Dt 32,15; Gdc 3,17-22; Ger 46,21; Gb 15,27.

v. 9. «cielo... terra»: espressione polare per indicare l'intero universo.

v. 11. «Come può saperlo Dio»: si tratta dell'ateismo pratico, altre volte espresso dagli empi, cfr. Sal 9-10, 32; 94,7.

v. 13. «ho lavato nell'innocenza le mie mani». Il salmista esprime così la propria rettitudine morale, cfr. Sal 26,6; Dt 21,6-7.

vv. 17-27. L'orante riferisce sul superamento della tentazione, dopo la contemplazione e la preghiera compiuta nel tempio (v. 17) e la certezza che ne ha ricevuto sulla fine tragica degli empi (vv. 18-20).

v. 22. «davanti a te stavo come una bestia»: ritornando con il pensiero al tempo della tentazione cui quasi cedeva, l'orante nel dialogo intenso con il Signore si autodefinisce con il titolo dispregiativo di «bestia», cioè privo di intelligenza, cfr. Gb 18,3; Prv 30,2.

v. 25. «Chi altri avrò per me in cielo...»: espressione di grande fede e fiducia in Dio solo, cfr. Sal 16,2-3.

v. 26. «è Dio la mia sorte per sempre»: cfr. Sal 16,5; Nm 18,20; Dt 10,9.

v. 28. «Il mio bene...»: il salmista riconosce che il suo vero bene è la vicinanza di Dio, la sua familiarità. Di questo e delle meraviglie di Dio si farà, riconoscente, paladino e missionario.

Nel NT il v. 7 in riferimento al «grasso» dei ricchi è ripreso sarcasticamente da Gc 5,5; cfr. Fil 3,19.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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LA GLORIA DEL REGNO MESSIANICO 1 Di Salomone.

O Dio, affida al re il tuo diritto, al figlio di re la tua giustizia;

2 egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia e i tuoi poveri secondo il diritto.

3 Le montagne portino pace al popolo e le colline giustizia.

4 Ai poveri del popolo renda giustizia, salvi i figli del misero e abbatta l'oppressore.

5 Ti faccia durare quanto il sole, come la luna, di generazione in generazione.

6 Scenda come pioggia sull'erba, come acqua che irrora la terra.

7 Nei suoi giorni fiorisca il giusto e abbondi la pace, finché non si spenga la luna.

8 E dòmini da mare a mare, dal fiume sino ai confini della terra.

9 A lui si pieghino le tribù del deserto, mordano la polvere i suoi nemici.

10 I re di Tarsis e delle isole portino tributi, i re di Saba e di Seba offrano doni.

11 Tutti i re si prostrino a lui, lo servano tutte le genti.

12 Perché egli libererà il misero che invoca e il povero che non trova aiuto.

13 Abbia pietà del debole e del misero e salvi la vita dei miseri.

14 Li riscatti dalla violenza e dal sopruso, sia prezioso ai suoi occhi il loro sangue.

15 Viva e gli sia dato oro di Arabia, si preghi sempre per lui, sia benedetto ogni giorno.

16 Abbondi il frumento nel paese, ondeggi sulle cime dei monti; il suo frutto fiorisca come il Libano, la sua messe come l'erba dei campi.

17 Il suo nome duri in eterno, davanti al sole germogli il suo nome. In lui siano benedette tutte le stirpi della terra e tutte le genti lo dicano beato.

18 Benedetto il Signore, Dio d'Israele: egli solo compie meraviglie.

19 E benedetto il suo nome glorioso per sempre: della sua gloria sia piena tutta la terra. Amen, amen.

20 Qui finiscono le preghiere di Davide, figlio di Iesse. _________________ Note

72,1 Composto probabilmente in occasione della festa dell’intronizzazione di un re, questo salmo, in continuità con il Sal 2, ne delinea la figura ideale. I tratti salienti della regalità si manifestano nel praticare la giustizia e nel ricercare la pace. Il Signore, che Israele considera il suo vero re, non esita a porsi accanto all’uomo da lui stesso scelto e consacrato, per arricchirlo dei doni della prosperità, della vittoria e della stabilità. I vv. 5.11.17 costituiscono acclamazioni augurali che il popolo innalza al re, ma si aprono anche al più ampio orizzonte messianico. I vv. 18-20 concludono il secondo libro dei cinque in cui la tradizione ebraica suddivide il Salterio.

72,8 Si delineano i confini ideali del regno davidico. I due mari sono forse il Mediterraneo e il Mar Rosso. Il fiume è l’Eufrate.

72,10 Vengono elencati alcuni popoli lontani che, in segno di sottomissione, recano i loro tributi. I nomi delle loro terre (Tarsis, isole, Saba e Seba) vogliono sottolineare la loro provenienza remota.

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Approfondimenti

Programma del re ideale (Messia) Salmo regale

Si delinea la figura del re ideale che incarna quella del re divino. Il carme è preesilico, ma non si ha traccia degli aspetti più militareschi caratteristici dell'antica regalità (cfr. Sal 2). Vi si rispecchiano temi isaiani (cfr. Is 9,1-6; 11,1-9) si insiste più sugli aspetti sociali della pace e della giustizia. Certi voti augurali sono comprensibili alla presenza di un regnante contemporaneo. Perciò la composizione si può far risalire all'epoca isaiana o a quella del VII secolo (epoca di Giosia?). Come ambiente vitale (Sitz im Leben) si può pensare a una festa di incoronazione o di intronizzazione di qualche re. L'interpretazione messianica è data esplicitamente dal Targum che traduce così in aramaico il v. 1: «O Dio, da' al re-Messia le sentenze dei tuoi giudizi...». La tradizione cristiana ha assunto questa linea sulla base di Is 7-12 e Zc 9,9-10. La simbologia maggiormente sviluppata riguarda il sociale (correlato alla figura stessa del re), l'ambito bellico e quello cosmico-spaziale-temporale. Si sviluppano tre temi principali: la giustizia del re in favore dei poveri e oppressi (vv. 1-4.12-15), la prosperità della nazione in tempo di pace (vv. 5-7.16), il rispetto e l'ossequio dato al re da parte di sudditi e vassalli (vv. 8-11.17). Gli accenti nel TM sono 3 + 3. Il testo presenta qualche problema di trasmissione, specialmente nel v. 16, la cui traduzione è solo congetturale. La struttura è abbastanza unitaria, a parte la dossologia solenne finale (vv. 18-19) che chiude il secondo libro del Salmi. Si divide in:

  • vv. 1-2: preghiera introduttiva;
  • vv. 3-11 (I parte): voti augurali;
  • vv. 12-17 (II parte): promesse profetiche;
  • vv. 18-19: dossologia aggiuntiva.

v. 1. «al re... al figlio del re»: l'espressione «figlio del re», per parallelismo si riferisce allo stesso re e sottolinea la sua legittimità, essendo egli tale per successione dinastica legittima. «giudizio... giustizia»: queste virtù unite alla pace (v. 3) sono qualità che rafforzano e rendono valida la consacrazione regale (cfr. Is 32,16-18). Il «giudizio» (lett. «giudizi») indica le sentenze e le norme, che concretizzano l'esercizio della giustizia.

vv. 3-11. Il carattere augurale di questi versetti è dato dal modo dei verbi. Essi nel TM sono (eccetto che nel v. 10) fino al v. 11 al modo iussivo (il soggetto è posto dopo il verbo). Si descrivono gli effetti dell'esercizio della giustizia della regalità ideale, quella chiesta a Dio: pace, benessere, sicurezza, prosperità.

v. 3. «Le montagne...»: la giustizia esercitata dal re coinvolge anche la natura che si anima. I monti e le colline stessi personificati porteranno pace e giustizia, cfr. per la stessa immagine Is 52,7; Ez 36,8.

v. 4. «Ai miseri...»: si nominano i diretti interessati alla pace e alla giustizia di v. 3: «i miseri...i figli dei poveri». Il re li farà oggetto delle sue premure, abbattendo l'oppressore, cfr. Is 11,4; Ger 23,5-6.

v. 5. «Il suo regno durerà...»: il testo è incerto. Il TM ha yirā’ûkā (= ti temano), che i LXX e molti esegeti correggono in ya’arîk (= prolunghi). La lunghezza del regno è uno dei voti frequenti anche nella letteratura orientale. In Re 3,14 la lunghezza del regno di Salomone è condizionata alla sua fedeltà. Per Davide cfr. 2Sam 7,16; Sal 89,37-38.

v. 6. «come pioggia...»: la pioggia e l'acqua sono una benedizione per la terra arida di Palestina. Nell'AT esprimono anche le realtà sublimi della fede e della morale.

v. 7. «finché non si spenga la luna»: nella Bibbia si ricorre alla metafora della durata degli astri, che è relativa, ma rispetto alla vita dell'uomo sembra infinita, per paragonarvi la perennità delle istituzione divine (cfr. Gb 14,12; Lc 16,17).

v. 8. «E dominerà...»: cfr. Zc 9,10; Mic 7,12; Sal 89,26; Si delineano le frontiere del regno. «da mare a mare...dal fiume...»: si accenna all' estensione del dominio regale: «da mare a mare» cioè dal Mar Rosso (sud) al Mar Mediterraneo (nord), «dal fiume» (= Eufrate) (est), «fino ai confini della terra» (= ovest). Sono gli orizzonti ideali del regno di Davide e di Salomone (Sal 80,12; 1Re 5 1.4-5; 2Cr 9,26), ed è la promessa fatta a Abramo che si avvererà per il sovrano (Gn 15,18). L'orizzonte infinito di questo regno, che abbraccia tutti e quattro i punti cardinali, favorirà l'interpretazione messianica del salmo (cfr. Sir 44,21-23).

v. 9. «si piegheranno... lambiranno la polvere..»: si tratta di popoli nemici, aggressori o ribelli. L'immagine è resa anche plasticamente nell'arte figurativa orientale. Vedi ad es. l'“obelisco nero” su cui è raffigurato Ieu, re di Samaria in tale atteggiamento davanti a Salmanassar III, re assiro. Lambire la polvere è un gesto di sottomissione molto umiliante, cfr. Is 49,23; Mic 7 17.

v. 10. «I re di Tarsis... porteranno offerte»: cfr. Is 60,5-6. Si tratta dei lontani popoli vassalli sottomessi che recano i loro tributi. «Tarsis»: simbolicamente indica l'estremo confine occidentale e del mare aperto, oltre le famose “colonne d'Ercole” (Sal 48,8; Is 23,1). La localizzazione è incerta: Gibilterra, la Sardegna. In 1Re 10,22 e 2Cr 9,21 si nomina un'altra Tarsis localizzata nel golfo Arabico. «isole»: è una sineddoche (parte per il tutto) per indicare le isole e i paesi costieri del Mediterraneo e simbolizzare in genere le località marittime lontane. «i re degli Arabi»: lett. «i re di Šᵉbā». La località è identificata con l'Arabia Meridionale, chiamata anche «Arabia Felix» (cfr. Is 60,6; Ger 6,20; Ez 27,22; 38,13). «Saba»: lett. «Seba»»: la località è rapportata con la precedente Šᵉbā. In Gn 10, 7 è nominata come persona detta «figlio di Cush». Si identifica perciò con la Nubia e l'Etiopia.

v. 11. «A lui tutti i re si prostreranno...»: sotto forma di acclamazione si riassume quanto detto nei vv. 9-10, sottolineando l'universalità del dominio del re ideale. Si completa a livello spaziale quanto detto nell'acclamazione del v. 5 a livello temporale di durata del regno.

v. 14. «sarà prezioso ai suoi occhi il loro sangue»: con questa tipica espressione si sottolinea il rispetto per la vita umana, cfr. Gn 9,4-6; 1Sam 26,21; 2Re 1,13; Sal 116, 15.

v. 15. «Vivrà»: è meglio tradotto «Viva!» (verbo allo iussivo). Corrisponde all'acclamazione «Viva il re» (cfr. 1Sam 10,24; 1Re 1,25). «si pregherà»: meglio «si preghi» (verbo allo iussivo). La preghiera per il sovrano è frequente specialmente in tempo di guerra (cfr. Sal 20,2-3.10). Qui il salmista si augura che essa sia continua, perenne.

v. 16. «Abbonderà il frumento..»: è meglio tradurre «Ci sia abbondanza...» (verbo allo iussivo). La categoria dell'abbondanza è espressa con immagini vegetali. La benedizione usa lo schema tradizionale della prosperità dei frutti della terra.

v. 17. «Il suo nome duri...»: il verso conclude l'intero carme, richiamandosi ai vv. 5 e 11. Si ribadisce il concetto di universalità quanto al tempo (v. 17a) e quanto allo spazio (v. 17bc). La solenne benedizione riprende quella abramitica (Gn 12,3; 22,18; 26,4; Sal 21,7; Zc 8,13), cfr. Gn 15,18; 17,6.8.

vv. 18-19. Dossologia aggiuntiva. La finale «Amen, Amen» è la risposta ferma e fiduciosa dell'assemblea orante (cfr. Sal 106,48; Ap 22,20) che sigilla tutto il salmo e il secondo libro del Salterio.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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FIDUCIA IN DIO IN OGNI SITUAZIONE DELLA VITA 1 In te, Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso.

2 Per la tua giustizia, liberami e difendimi, tendi a me il tuo orecchio e salvami.

3 Sii tu la mia roccia, una dimora sempre accessibile; hai deciso di darmi salvezza: davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!

4 Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio, dal pugno dell'uomo violento e perverso.

5 Sei tu, mio Signore, la mia speranza, la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.

6 Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno, dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno: a te la mia lode senza fine.

7 Per molti ero un prodigio, ma eri tu il mio rifugio sicuro.

8 Della tua lode è piena la mia bocca: tutto il giorno canto il tuo splendore.

9 Non gettarmi via nel tempo della vecchiaia, non abbandonarmi quando declinano le mie forze.

10 Contro di me parlano i miei nemici, coloro che mi spiano congiurano insieme

11 e dicono: “Dio lo ha abbandonato, inseguitelo, prendetelo: nessuno lo libera!“.

12 O Dio, da me non stare lontano: Dio mio, vieni presto in mio aiuto.

13 Siano svergognati e annientati quanti mi accusano, siano coperti di insulti e d'infamia quanti cercano la mia rovina.

14 Io, invece, continuo a sperare; moltiplicherò le tue lodi.

15 La mia bocca racconterà la tua giustizia, ogni giorno la tua salvezza, che io non so misurare.

16 Verrò a cantare le imprese del Signore Dio: farò memoria della tua giustizia, di te solo.

17 Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito e oggi ancora proclamo le tue meraviglie.

18 Venuta la vecchiaia e i capelli bianchi, o Dio, non abbandonarmi, fino a che io annunci la tua potenza, a tutte le generazioni le tue imprese.

19 La tua giustizia, Dio, è alta come il cielo. Tu hai fatto cose grandi: chi è come te, o Dio?

20 Molte angosce e sventure mi hai fatto vedere: tu mi darai ancora vita, mi farai risalire dagli abissi della terra,

21 accrescerai il mio onore e tornerai a consolarmi.

22 Allora io ti renderò grazie al suono dell'arpa, per la tua fedeltà, o mio Dio, a te canterò sulla cetra, o Santo d'Israele.

23 Cantando le tue lodi esulteranno le mie labbra e la mia vita, che tu hai riscattato.

24 Allora la mia lingua tutto il giorno mediterà la tua giustizia. Sì, saranno svergognati e confusi quelli che cercano la mia rovina.

_________________ Note

71,1 Confluiscono in questa lamentazione alcuni motivi già apparsi in diverse altre composizioni (i vv. 1-3 corrispondono a Sal 31,2-4a e forse riproducono un formulario che veniva usato per la richiesta del diritto di asilo, nel tempio). L’orante ha ormai varcato la soglia della vecchiaia e la sua preghiera rivela una profonda esperienza umana e spirituale. Su tutto prevale un sentimento di fiducia e gratitudine, che apre il cuore del fedele a un dialogo sereno con Dio, nelle cui mani sono posti il destino e le stagioni dell’esistenza.

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Approfondimenti

Supplica fiduciosa dell'anziano Supplica individuale [di un anziano] (+ motivi di fiducia, di lode e ringraziamento)

Il salmista, una persona anziana, amante della musica (vv. 22-24) supplica il Signore di salvarlo dalle mani dei nemici, empi, iniqui e oppressori (v. 4), che vedono nella sua vecchiaia un segno dell'abbandono di Dio. I versetti iniziali (1-3) di questo salmo corrispondono al Sal 31,2-4a. Per la figura dell'orante anziano il salmo 71 si avvicina al 92. Lo sviluppo tematico è a spirale con ritorno a motivi precedenti. È quasi antologico per le citazioni e reminiscenze di altri salmi (cfr. in particolare i Sal 22; 31; 35; 36; 40). Ciò tuttavia non fa difficoltà, data la psicologia della vecchiaia che ricorda volentieri il passato e fa uso di preghiere già conosciute, ricorrendo anche a ripetizioni e forzature. I personaggi sono quelli del triangolo delle suppliche: Dio, – io (con il suo passato e presente) – essi (i nemici). La simbologia è temporale, spaziale e teologica. La struttura si poggia su alcuni indizi formali: l'inclusione tra i vv. 1-3 e 22-24 (per le voci «giustizia» e «confondere»). Inoltre il v. 24b riprende i vv. 1 e 13 per il tema della «confusione». La tematica della «giustizia» di Dio occupa il primo posto nel salmo, ricorrendo 5 volte (vv. 2.15.16.19.24).

Divisione:

  • vv. 1-8: I parte;
  • vv. 9-11: II parte;
  • vv. 12-17: III parte;
  • vv. 18-24: IV parte.

I vv. 1-3, che riproducono il Sal 31,2-4a, unitamente a espressioni di fiducia, contengono appelli generici a Dio, perché ascolti e liberi l'orante. È la parte più stereotipa del salmo, e rispecchia un formulario adoperato anche per il diritto di asilo nel tempio (Sal 11,1; 16,1; 18,3.31; 25,20).

v. 4. Inizia la fisionomia propria del salmo. Esso contiene la richiesta specifica: la liberazione dalle mani dell'empio (rāšā), dell'iniquo (mᵉ‘awwēl) e dell'oppressore (ḥômēṣ). Le voci mᵉ‘awwēl e ḥômēṣ sono hapax! Questi nemici sono richiamati con altre specificazioni nei vv. 10-11. 13.24.

v. 5. «fin dalla mia giovinezza»: la giovinezza denota l'età dell'uomo in cui già si esercita la responsabilità, si incominciano a prendere delle decisioni e si fa la scelta dello stato di vita. L'espressione indica perciò che l'orante ha fatto una scelta per il Signore, coltivandone anche una speciale relazione amicale.

v. 6. «il mio sostegno»: la voce gôzî è enigmatica. Per espressioni simili, cfr. Sal 22,4.10-11.

v. 7. «un prodigio»: il termine ebraico corrispondente môpēt è ambivalente per indicare qualcosa che è oggetto, segno o simbolo di meraviglia sia in senso negativo (ludibrio, terrore: cfr. Dt 28,46; Gl 3,3; Sal 31,12) che positivo. Qui prevale quello positivo perché tutto il contesto dei vv. 5-8 è in chiave positiva. Il salmista dichiara che è diventato un segno, un simbolo, un esempio vivente per gli altri, di attaccamento e fiducia in Dio.

v. 13. «Siano confusi e annientati..»: è una reazione alquanto violenta dell'anziano salmista contro i suoi nemici (cfr. Ger 17,5-18). La breve imprecazione riproduce lo schema comune delle “Suppliche”. Il tema della confusione (verbo bwš) riguarda nel v. 1 lo stesso salmista e nei vv. 13 e 24 i nemici.

v. 15. «che non so misurare»: il salmista collega l'intervento salvifico di Dio nei suoi confronti, a tutti gli innumerevoli suoi atti salvifici nella storia a favore del suo popolo, cfr. Sal 139,17-18; Sir 43,28-30.

v. 17. «Tu mi hai istruito...»: l'orante anziano ricorda che da giovane, «fin dalla sua giovinezza», ha avuto come maestro di saggezza il Signore attraverso l'insegnamento concreto dei suoi «prodigi», i grandi fatti salvifici dell'alleanza (Sal 75,2; 96,3; 105,2.5; 145,5); da allora egli non ha smesso, anche nella vecchiaia e nella persecuzione dei nemici, di proclamare le meraviglie di Dio. La richiesta di essere istruiti da Dio è frequente nei salmi (cfr. 25,4.9; 143,10; 119).

v. 18. «a tutte le generazioni...»: è caratteristico degli atti di culto, sia a livello comunitario-nazionale (cfr. Sal 78,4) che personale (Sal 22,31-32), trasmettere a tutte le generazioni le meraviglie di Dio.

vv. 19-20. In questi versetti in forte contrasto vengono opposti la giustizia di Dio e l'altezza dei cieli (v. 19) alle angosce, sventure e abissi della terra (tᵉhōmôt hā’āreṣ) (v. 20). L'espressione così come giace è hapax. Designa qui il regno della morte descritto come il regno delle acque sotterranee primordiali.

vv. 22-24. Come spesso nelle suppliche individuali (cfr. Sal 22) alla fine del salmo c'è il ringraziamento. Qui si descrive il solenne ringraziamento liturgico (tôdâ), accompagnato dagli strumenti musicali classici come l'arpa e la cetra.

v. 22. «o mio Dio... o santo d'Israele»: il primo appellativo denota una certa familiarità e intimità dell'orante con Dio. Il secondo «santo d'Israele» denota la trascendenza di Dio, ma anche la vicinanza al suo popolo (Is 5,16.19; 6,3; 10,20; 12,6; 30,11).

v. 24. «quando saranno confusi...»: la seconda parte del v. 24 inizia nell'originale con la congiunzione «perché» (kî). Il poeta ricapitolando e in inclusione tematica con il v. 4, motiva ulteriormente la sua lode con la disfatta dei nemici, opera della giustizia di Dio.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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IMPLORAZIONE NELL’ANGUSTIA 1 Al maestro del coro. Di Davide. Per fare memoria.

2 O Dio, vieni a salvarmi, Signore, vieni presto in mio aiuto.

3 Siano svergognati e confusi quanti attentano alla mia vita. Retrocedano, coperti d'infamia, quanti godono della mia rovina.

4 Se ne tornino indietro pieni di vergogna quelli che mi dicono: “Ti sta bene!”.

5 Esultino e gioiscano in te quelli che ti cercano; dicano sempre: “Dio è grande!” quelli che amano la tua salvezza.

6 Ma io sono povero e bisognoso: Dio, affréttati verso di me. Tu sei mio aiuto e mio liberatore: Signore, non tardare.

_________________ Note

70,1 Già presente integralmente in Sal 40,14-18, questa composizione appartiene al genere delle lamentazioni individuali.

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Approfondimenti

Vieni presto, mio Dio Supplica individuale

Questo salmo appartenente al salterio “elohista” è riprodotto in un modo più completo nella forma “jahvistica” nel Sal 40, 14-18, di cui con poche varianti costituisce la strofa finale. Il salmo è unitario e ha un proprio titolo. Un'inclusione data dall'imperativo «vieni presto» (ḥûšāh) (vv. 2.6) ne racchiude la struttura. L'espressione «in memoria» (lᵉhazkîr) contenuta nel titolo fa pensare all'uso liturgico del salmo nel sacrificio dell'azkārâ (cfr. Lv 2,2-16; 5,11-12; 6,8). Il salmo è diventato famoso per il versetto iniziale (v. 2) usato come invitatorio in molte celebrazioni liturgiche. La struttura è la seguente:

  • v. 2: invitatorio;
  • vv. 3-5: corpo del salmo;
  • v. 6: conclusione (appello all'intervento sollecito di Dio).

v. 3. «quanti attentano alla mia vita»: il Sal 40,15 attenua l'espressione dicendo: «quanti cercano di togliermi la vita».

v. 4. «quelli che mi deridono»: lett. «quelli che dicono: ah, ah!». Pare di sentire risate sguaiate e di scherno!

v. 5. Si capovolge qui la triplice azione malvagia dei nemici dei vv. 3-4. Dio causa nell'orante e in quelli che gli sono fedeli gioia e allegrezza. Infatti mentre i nemici cercano il fedele per rovinarlo, Dio colma di gioia e allegrezza coloro che lo cercano (v. 5a); inoltre, alle derisioni dei nemici, i fedeli oppongono la loro professione di fede nella potenza di Dio; e infine, all'odio dei nemici e al loro cinico piacere di far del male, contraccambiano l'opera salvifica di Dio con l'amore.

**v. 6. «Ma io sono povero e infelice»: il salmista si definisce «povero» (‘onî) e «infelice» (’ebyôn), due termini basilari nella teologia dei salmi (cfr. Sal 9-10). «mio aiuto e mio salvatore»: lett. «mio aiuto e mia liberazione». Al binomio indicante la povertà e la miseria del salmista, si contrappone un altro riferito a Dio come «difensore e protettore» di tutti gli oppressi. «Signore, non tardare»: il salmo si chiude con l'accorato appello di carattere escatologico. La salvezza senz'altro arriverà!

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INVOCAZIONE DI AIUTO 1 Al maestro del coro. Su “I gigli”. Di Davide.

2 Salvami, o Dio: l'acqua mi giunge alla gola.

3 Affondo in un abisso di fango, non ho nessun sostegno; sono caduto in acque profonde e la corrente mi travolge.

4 Sono sfinito dal gridare, la mia gola è riarsa; i miei occhi si consumano nell'attesa del mio Dio.

5 Sono più numerosi dei capelli del mio capo quelli che mi odiano senza ragione. Sono potenti quelli che mi vogliono distruggere, i miei nemici bugiardi: quanto non ho rubato, dovrei forse restituirlo?

6 Dio, tu conosci la mia stoltezza e i miei errori non ti sono nascosti.

7 Chi spera in te, per colpa mia non sia confuso, Signore, Dio degli eserciti; per causa mia non si vergogni chi ti cerca, Dio d'Israele.

8 Per te io sopporto l'insulto e la vergogna mi copre la faccia;

9 sono diventato un estraneo ai miei fratelli, uno straniero per i figli di mia madre.

10 Perché mi divora lo zelo per la tua casa, gli insulti di chi ti insulta ricadono su di me.

11 Piangevo su di me nel digiuno, ma sono stato insultato.

12 Ho indossato come vestito un sacco e sono diventato per loro oggetto di scherno.

13 Sparlavano di me quanti sedevano alla porta, gli ubriachi mi deridevano.

14 Ma io rivolgo a te la mia preghiera, Signore, nel tempo della benevolenza. O Dio, nella tua grande bontà, rispondimi, nella fedeltà della tua salvezza.

15 Liberami dal fango, perché io non affondi, che io sia liberato dai miei nemici e dalle acque profonde.

16 Non mi travolga la corrente, l'abisso non mi sommerga, la fossa non chiuda su di me la sua bocca.

17 Rispondimi, Signore, perché buono è il tuo amore; volgiti a me nella tua grande tenerezza.

18 Non nascondere il volto al tuo servo; sono nell'angoscia: presto, rispondimi!

19 Avvicìnati a me, riscattami, liberami a causa dei miei nemici.

20 Tu sai quanto sono stato insultato: quanto disonore, quanta vergogna! Sono tutti davanti a te i miei avversari.

21 L'insulto ha spezzato il mio cuore e mi sento venir meno. Mi aspettavo compassione, ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati.

22 Mi hanno messo veleno nel cibo e quando avevo sete mi hanno dato aceto.

23 La loro tavola sia per loro una trappola, un'insidia i loro banchetti.

24 Si offuschino i loro occhi e più non vedano: sfibra i loro fianchi per sempre.

25 Riversa su di loro il tuo sdegno, li raggiunga la tua ira ardente.

26 Il loro accampamento sia desolato, senza abitanti la loro tenda;

27 perché inseguono colui che hai percosso, aggiungono dolore a chi tu hai ferito.

28 Aggiungi per loro colpa su colpa e non possano appellarsi alla tua giustizia.

29 Dal libro dei viventi siano cancellati e non siano iscritti tra i giusti.

30 Io sono povero e sofferente: la tua salvezza, Dio, mi ponga al sicuro.

31 Loderò il nome di Dio con un canto, lo magnificherò con un ringraziamento,

32 che per il Signore è meglio di un toro, di un torello con corna e zoccoli.

33 Vedano i poveri e si rallegrino; voi che cercate Dio, fatevi coraggio,

34 perché il Signore ascolta i miseri e non disprezza i suoi che sono prigionieri.

35 A lui cantino lode i cieli e la terra, i mari e quanto brulica in essi.

36 Perché Dio salverà Sion, ricostruirà le città di Giuda: vi abiteranno e ne riavranno il possesso.

37 La stirpe dei suoi servi ne sarà erede e chi ama il suo nome vi porrà dimora.

_________________ Note

69,1 Una grande sofferenza interiore e l’ingiusta persecuzione da parte dei nemici costituiscono lo sfondo di questa lamentazione. Insieme con il Sal 22, questa composizione è interpretata, nella lettura cristiana, alla luce della passione di Cristo e di alcune vicende della sua vita terrena (Mt 27,34.48; Lc 23,36; Gv 2,17; 19,28-29; vedi anche At 1,20, dove si cita il v. 26).

69,13 quanti sedevano alla porta: presso le porte della città si svolgeva la vita pubblica degli antichi.

69,23-29 Per queste imprecazioni vedi nota a Sal 109.

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Approfondimenti

La mento per l'odio e la calunnia subiti Supplica individuale

Il salmo è un lungo e straziante lamento, con tensioni ed emozioni, di un individuo sofferente spiritualmente a causa dell'odio e della cattiveria degli uomini, che lo calunniano infangando il suo onore. Racchiude in sé i sentimenti più contrastanti dell'animo umano: odio e amore, amarezza e speranza. Per alcuni esegeti è il risultato della fusione di due suppliche individuali, frutto di un collage di diversi pezzi, poiché non si riesce a individuare facilmente una struttura unitaria. Il salmo tuttavia è racchiuso da un'inclusione data dal verbo «salvare» (vv. 2.36). I vv. 36-37 possono essere un'aggiunta postesilica (cfr. Sal 14,7; 51,20-21). Il ritmo cambia continuamente, ma nonostante ciò è possibile trovarvi una certa coerenza. In alcuni tratti sembra rispecchiare la storia della persecuzione del profeta Geremia (cfr. Ger 38,6) o di un esiliato a Babilonia. Insieme al Sal 22 questo carme è stato interpretato nel NT in senso messianico con riferimento alla passione di Cristo. Il simbolismo è di carattere spaziale (cosmico-infernale), somatico, psicologico. Si può dividere così:

  • vv. 2-5: grido accorato per la salvezza;
  • vv. 6-19: lamento sul male interiore;
  • vv. 20-30: lamento sul male esteriore;
  • vv. 31-37: promessa di ringraziamento (tôdâ).

v. 3. «Affondo nel fango»: per l'immagine vedi Sal 40,3; 88,7; Lam 3,53. Per il riferimento a Geremia cfr. Ger 38,6.

v. 5. «mi odiano senza ragione...»: è la professione d'innocenza e il lamento di sofferenza ingiusta del poeta. Cfr. Ger 15,20; Sal 35,7.

v. 6. «Dio, tu conosci la mia stoltezza...»: il salmista sa di essere peccatore davanti a Dio e lo confessa, ma si sente innocente delle colpe di cui viene accusato dai suoi nemici.

v. 7. «Chi spera in te, a causa mia non sia confuso...»: l'orante si sente responsabile della comunità dei fedeli. Non vuole che il non intervento salvifico di Dio nella sua situazione crei disillusione e scandalo. Ma è sicuro e fiducioso che questo non accadrà. Dio manifesterà la sua giustizia!

v. 8. «Per te io sopporto l'insulto...»: l'orante «porta» (cfr. il verbo nś’) su di sé gli insulti rivolti contro Dio, come espiazione vicaria; cfr. Sal 44,23; Is 53,4-5.12; Ger 15,15b. La voce «insulto» (ḥerpâ) con il verbo «insultare» (ḥrp) ricorre 4 volte nei vv. 8-11.

v. 9. «sono un estraneo»: la solitudine e la fredda indifferenza perfino da parte dei familiari sono effetti sociali e conseguenze delle false accuse. Cfr. v. 21; Sal 31,12; 38,12; Ger 12,6; Gb 19,13-15.

v. 10. «lo zelo per la tua casa»: lo zelo (qin’â), cioè l'impegno entusiastico per la causa di Dio e del suo tempio. paragonato a una fiamma che «divora», porta a reazioni violente da parte degli uomini, nemici di Dio, presi da invidia e sospetti, che si riversano sull'orante (vv. 11-13). Per gli effetti dello zelo vedi: Nm 25,11.13; 2Re 10,16; Ger 7; Gv 2, 17. I vv. 11-13 sviluppano il v. 10, esemplificando gli effetti e le reazioni allo zelo dell'orante.

v. 14. Questo versetto ha la funzione di transizione: al lamento dei versetti precedenti segue la supplica. Infatti inizia con l'enfatico «Ma io» (che spesso nei salmi dà l'avvio a una nuova sezione) e anticipa sinteticamente le petizioni dei versetti seguenti.

vv. 15-16. «Salvami dal fango...»: si richiamano in inclusione i vv. 2-5. Si riprende l'immagine delle acque tumultuose.

vv. 20-30. Questa parte è parallela alla prima (vv. 6-19). All'espressione «Tu conosci», come nel v. 6, segue l'elenco dei mali, che qui hanno più un carattere esteriore, anche se con ripercussioni psicologiche e morali (vv. 20-22). All'elenco dei mali subiti seguono alcune imprecazioni (vv. 23-29) con le quali il salmista, maledicendo i suoi nemici, esprime un desiderio forte di giustizia vendicativa secondo la legge del taglione (Es 21,12-23.25; Lv 24,17-21), cfr. Dt 19,18-19; Dn 13,61.

v. 23. «La loro tavola sia per essi un laccio...»: si ricorre qui al simbolismo venatorio. La tavola consiste in una pelle bovina stesa per terra, come nell'antico uso orientale. Secondo l'imprecazione del salmista, essa con i suoi cibi collocati sopra (banchetti) in occasione di cerimonie ufficiali, invece di apportare felicità e gioia, deve produrre amarezza e orrore. «banchetti»: il testo originale (wᵉlišlômîm) è enigmatico. Leggiamo wᵉšalmêhem «i loro banchetti». Alla maledizione che colpisce la bocca (v. 23) mentre mastica cibo avvelenato, segue nel versetto seguente la maledizione che infiacchisce tutto il corpo: gli occhi con la cecità, i fianchi con la paralisi (v. 24) (cfr. Gn 19,11; Es 10,21-29; Sap 19,17).

v. 26. «La loro casa sia desolata...»: dal corpo fisico (vv. 23-25) si passa al corpo sociale (v. 26). La maledizione colpisce i nemici del salmista anche nei loro beni, nella loro discendenza, nelle loro famiglie, così da essere cancellati dal «libro dei viventi» con un giudizio inappellabile di Dio (vv. 28-29), cosicché non possano più nuocere (cfr. Ger 18,21-22).

v. 29. «libro dei viventi»: l'espressione sefer ḥayyîm è hapax nell'AT, ma cfr. Es 32,32-33; Is 4,3; Ger 22,30; Ez 13,9; Dn 12,1.

v. 34. «prigionieri»: accanto al significato più generico e simbolico di «prigioniero» riferentesi al giusto «perseguitato e angustiato» (cfr. Sal 22,25), si può intravvedere un riferimento storico alla prigionia di Geremia e dei suoi fedeli seguaci (Ger 37-38), ai deportati in Assiria (2Re 17) o a Babilonia (2Re 25,8-21).

vv. 36-37. Sebbene questi versetti siano chiaramente un'aggiunta liturgica di carattere nazionalistico riguardante la restaurazione del popolo eletto, a cominciare dal monte Sion (tempio) come nei Sal 14,7; 51,20-21; 53,7; 102,17ss.; 147,2, tuttavia per il verbo «salvare» del v. 36, che fa da inclusione con il v. 2, possono essere integrati nel tema della lode finale del salmo.

Nel NT si cita il Sal 69. Il v. 5 nell'espressione «mi odiano senza ragione» è citato in Gv 15,25; il v. 10a nell'espressione «mi divora lo zelo per la tua casa» è presente in Gv 2,17. Il v. 10b nell'espressione «ricadono su di me gli oltraggi di chi ti insulta» è citato in Rm 15,3.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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CANTO DI TRIONFO E DI GLORIA 1 Al maestro del coro. Di Davide. Salmo. Canto.

2 Sorga Dio e siano dispersi i suoi nemici e fuggano davanti a lui quelli che lo odiano.

3 Come si dissolve il fumo, tu li dissolvi; come si scioglie la cera di fronte al fuoco, periscono i malvagi davanti a Dio.

4 I giusti invece si rallegrano, esultano davanti a Dio e cantano di gioia.

5 Cantate a Dio, inneggiate al suo nome, appianate la strada a colui che cavalca le nubi: Signore è il suo nome, esultate davanti a lui.

6 Padre degli orfani e difensore delle vedove è Dio nella sua santa dimora.

7 A chi è solo, Dio fa abitare una casa, fa uscire con gioia i prigionieri. Solo i ribelli dimorano in arida terra.

8 O Dio, quando uscivi davanti al tuo popolo, quando camminavi per il deserto,

9 tremò la terra, i cieli stillarono davanti a Dio, quello del Sinai, davanti a Dio, il Dio d'Israele.

10 Pioggia abbondante hai riversato, o Dio, la tua esausta eredità tu hai consolidato

11 e in essa ha abitato il tuo popolo, in quella che, nella tua bontà, hai reso sicura per il povero, o Dio.

12 Il Signore annuncia una notizia, grande schiera sono le messaggere di vittoria:

13 “Fuggono, fuggono i re degli eserciti! Nel campo, presso la casa, ci si divide la preda.

14 Non restate a dormire nei recinti! Splendono d'argento le ali della colomba, di riflessi d'oro le sue piume”.

15 Quando l'Onnipotente là disperdeva i re, allora nevicava sul Salmon.

16 Montagna eccelsa è il monte di Basan, montagna dalle alte cime è il monte di Basan.

17 Perché invidiate, montagne dalle alte cime, la montagna che Dio ha desiderato per sua dimora? Il Signore l'abiterà per sempre.

18 I carri di Dio sono miriadi, migliaia gli arcieri: il Signore è tra loro, sul Sinai, in santità.

19 Sei salito in alto e hai fatto prigionieri - dagli uomini hai ricevuto tributi e anche dai ribelli –, perché là tu dimori, Signore Dio!

20 Di giorno in giorno benedetto il Signore: a noi Dio porta la salvezza.

21 Il nostro Dio è un Dio che salva; al Signore Dio appartengono le porte della morte.

22 Sì, Dio schiaccerà il capo dei suoi nemici, la testa dai lunghi capelli di chi percorre la via del delitto.

23 Ha detto il Signore: “Da Basan li farò tornare, li farò tornare dagli abissi del mare,

24 perché il tuo piede si bagni nel sangue e la lingua dei tuoi cani riceva la sua parte tra i nemici”.

25 Appare il tuo corteo, Dio, il corteo del mio Dio, del mio re, nel santuario.

26 Precedono i cantori, seguono i suonatori di cetra, insieme a fanciulle che suonano tamburelli.

27 “Benedite Dio nelle vostre assemblee, benedite il Signore, voi della comunità d'Israele”.

28 Ecco Beniamino, un piccolo che guida i capi di Giuda, la loro schiera, i capi di Zàbulon, i capi di Nèftali.

29 Mostra, o Dio, la tua forza, conferma, o Dio, quanto hai fatto per noi!

30 Per il tuo tempio, in Gerusalemme, i re ti porteranno doni.

31 Minaccia la bestia del canneto, quel branco di bufali, quell'esercito di tori, che si prostrano a idoli d'argento; disperdi i popoli che amano la guerra!

32 Verranno i grandi dall'Egitto, l'Etiopia tenderà le mani a Dio.

33 Regni della terra, cantate a Dio, cantate inni al Signore,

34 a colui che cavalca nei cieli, nei cieli eterni. Ecco, fa sentire la sua voce, una voce potente!

35 Riconoscete a Dio la sua potenza, la sua maestà sopra Israele, la sua potenza sopra le nubi.

36 Terribile tu sei, o Dio, nel tuo santuario. È lui, il Dio d'Israele, che dà forza e vigore al suo popolo. Sia benedetto Dio!

_________________ Note

68,1 Questa composizione (riconducibile all’epoca della monarchia davidica e a tratti affine ai testi di Es 15; Gdc 5 e Ab 3) è la rievocazione dei grandi interventi di Dio nella storia d’Israele. Dio avanza come un prode guerriero che sbaraglia gli eserciti nemici e manifesta il suo dominio sulle forze ostili. Assiso sul suo trono di gloria, Dio accoglie il corteo dei vinti e delle tribù d’Israele, che riconoscono la sua grandezza.

68,12-16 Il Signore annuncia: allusione all’intervento di Dio e alla protezione da lui offerta a Israele all’epoca della conquista della terra di Canaan (vedi anche Gdc 4,14-15.23; 5,8.13.20). Il Salmon (in ebraico “ombroso”: v. 15) è qui probabilmente un monte della regione di Basan (v. 16), a oriente del lago di Gennèsaret.

68,19 Sei salito in alto: in Ef 4,7-10 questo testo è applicato a Cristo, che ascende al cielo.

68,28 Vengono elencate quattro delle dodici tribù d’Israele: due stanziate al sud (Beniamino e Giuda) e due al nord (Zàbulon e Nèftali).

68,31 a bestia del canneto: probabilmente il coccodrillo; designa simbolicamente l’Egitto. I bufali e i tori sembrano indicare altri popoli nemici d’Israele.

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Approfondimenti

Ringraziamento per le vittorie strabilianti di Dio Salmo di ringraziamento collettivo (+ motivi innici, liturgici, profetici, teofanici)

Il salmo sostanzialmente è una professione di fede in Dio per i suoi interventi salvifici nell'esodo e nella conquista di Canaan (cfr. Dt 26,5-9; Gs 24,1-13; Sal 136). Molto probabilmente è stato composto in un contesto liturgico, difficile da precisarsi. È unanimemente ritenuto uno dei salmi più ostici del salterio sia per il testo che per l'esegesi. È certo che all'epoca asmonea (sec. I a.C.) si salmodiava alla festa di Pentecoste. Secondo la Vita Antonii probabilmente scritta da Atanasio, il salmo veniva recitato dall'eremita del deserto nel momento delle tentazioni. I crociati lo avevano particolarmente caro. Nel salmo si riscontrano contatti con la tradizione letterario-religiosa cananaica. Nel suo nucleo originale risale probabilmente al tempo dei giudici (cfr. Gdc 5), ma mostra di essere stato continuamente riattualizzato specialmente nell'epoca monarchica e postesilica. Ha punti di contatto con Gdc 5, con cui ha anche alcuni versi in comune, con Es 15 e con Ab 3. Dio è nominato nei suoi diversi appellativi (’elōhîm, ’ēl, ’adōnāy, JHWH, Jāh, šadday) molto frequentemente. È lui il Signore della storia e dell'intero cosmo! Lo stile è parzialmente allusivo ed enumerativo. Il vocabolario ricco è curato. La simbologia è spazio-temporale (cielo-terra), liturgica, bellica e antropomorfica.

Divisione:

  • vv. 2-4 (prologo): invitatorio liturgico;
  • vv. 5-34: corpo del salmo;
  • vv. 35-36 (epilogo): invito liturgico alla benedizione.

vv. 2-4. Il salmo inizia con il canto ufficiale di marcia dell'arca nel deserto (cfr. Nm 10,35), prima delle battaglie, che però non vengono menzionate. È un appello teofanico. Si invoca Dio nell'azione cultuale di ringraziamento perché si mostri nella sua potenza, condannando gli empi (v. 3) e salvando i giusti, che perciò sono invitati a esultare e ringraziare (v. 4).

v. 2. «Sorga Dio..: cfr. Nm 10,35. L'alzarsi di Dio può essere di carattere giudiziale, bellico o generico, cfr. Is 14,22; 28,21; Ger 2,27; Am 7,9; Sal 3,8; 7,7; 9,33; 74,22; 82,8; 102,14; 132,8.

v. 3. «Come... fumo... come... cera»: sono immagini che indicano la rapidità dell'azione di Dio e la perfetta sconfitta dei suoi nemici. Per il fumo, cfr. Sal 37,20; 102,4; Is 29,5; 41,2; 51,6; Os 13,3. Per la cera, cfr. Mic 1,4; Sal 97, 5.

v. 5. «Cantate a Dio...»: questa pericope inizia con l'invito a cantare, gioire, ringraziare il Signore, il cui nome è «Signore» (Jāh). Nei vv. 2-5 l'espressione pānîm (= volto) tradotto «davanti...» è ripetuta cinque volte. «chi cavalca le nubi»: di influsso cananaico, riferito a Baal, questo titolo ricorre più volte nell'AT, riferito a Dio, cfr. Dt 33,26; Is 19,1; Sal 18,11; 104,3. Egli è immaginato come un forte cavaliere. Il versetto fa inclusione con i vv. 33-34.

v. 6. «Padre degli orfani...»: per questo titolo divino cfr. Dt 10,18; Sal 9,35-39; 72,4; 76,10; 146,9; Is 1,17.23; Ger 7,6; Gb 29,12-13. «nella sua santa dimora»: è quella dei cieli, cfr. vv. 34-36; Dt 26,15; Ger 25,30; 2Cr 30,27; Zc 2,17.

v. 9. «Dio del Sinai...»: cfr. Gdc 5,5. È specialmente al Sinai che Dio rivela la sua trascendenza e la sua presenza salvifica in mezzo a Israele.

v. 10. «Pioggia abbondante... rinvigorivi...»: si evidenzia l'aspetto paterno e provvidente di Dio. Si tratta della pioggia torrenziale, ma benefica, in mezzo al deserto, cfr. Sal 72,6; 2Sam 23,4; Gb 29,23; Is 45,8; Gl 2,23; Prv 16,15.

vv. 12-19. In questa sezione, il cui senso resta oscuro a causa della corruzione del testo e di incerte allusioni, si può intravvedere l'epoca della conquista descritta dal libro di Giosuè e dei Giudici. L'analogia letteraria con il cantico di Debora di Gdc 4-5 e la citazione delle tribù di Zabulon e Neftali (v. 28) fanno pensare che qui si alluda proprio a quella campagna contro Sisara (Gdc 4,12-22; 5,8.13.20).

v. 12. «annunzia una notizia»: si riferisce all'oracolo di Debora (Gdc 4,6-7.14)?

v. 13. «Fuggono i re...»: cfr. Gdc 4,15-16; 5,19.22; il riferimento può essere anche alla battaglia di Aialon (Gs 10,7-14). «anche le donne si dividono il bottino»: riferimento a Gdc 5,30?

v. 14. «le ali della colomba»: è un testo oscuro e abbastanza discusso. Si tratta probabilmente degli stendardi militari, d'oro e d'argento, caduti nelle mani dell'esercito del Signore. E se portavano raffigurate le immagini degli dei degli eserciti nemici, si configura una beffa maggiore e una vittoria più strabiliante di Dio e del suo popolo.

v. 15. «Quando disperdeva i re l'Onnipotente»: l'Onnipotente (šadday) è un titolo arcaico di Dio (cfr. Gn 28,3; 35,11). «nevicava»: più che di un'annotazione meteorologica, si tratta qui di una nevicata di carattere teofanico, così come la grandine in Gs 10,11 e la pioggia contro Sisara (cfr. Gdc 5,20). Quando combatte Dio tutta la natura interviene. «Zalmon»: per etimologia «(monte) Nero». Il monte si identifica probabilmente con il Gebel Hauran (Montagna di basalto) circa 100 chilometri a est del lago di Tiberiade. Nota il contrasto tra la neve e il monte «Nero»!

v. 16. «Monte di Dio, il monte di Basan...»: «Monte di Dio» significa «monte altissimo» (cfr. Sal 36,7; 80,11); Basan è la regione settentrionale della Transgiordania. Se è da prendere alla lettera, si tratterebbe del massiccio dell'Ermon, la cui cima più alta raggiunge 2759 metri ed è per lo più sempre innevato.

v. 17. «Perché invidiate, o monti..»: il salmista, in un dialogo fittizio con i monti nominati nei v. 15-16, li invita a non invidiare l'attuale monte Sion sede del santuario di Dio, sebbene più basso di loro. Nello stadio originario il «monte di Dio» doveva riferirsi al monte Tabor, alto 582 metri, come sede del santuario predavidico; fondamentale nella battaglia di Sisara e Debora (Gdc 4, 6.12.14).

vv. 18-19. «I carri di Dio... sei salito...»: si descrive l'ultima tappa del viaggio: l'ingresso vittorioso e trionfale di Dio nel santuario sul monte, con migliaia di carri da guerra, numerosi prigionieri, ingente bottino e ribelli domati (cfr. Gdc 5,12).

vv. 20-22. Si spezza il racconto del salmo per intonare un inno liturgico di ringraziamento al Signore (cfr. Sal 41,14; 89,53; Gdc 5,2.9; 1Re 5,21). Si dà così rilievo alle gesta dei versetti precedenti e si prepara lo sviluppo della strofa seguente.

vv. 23-34. Riprendendo i vv. 18-19 l'orante descrive il solenne ingresso processionale del Signore nel tempio.

v. 23. «Ha detto il Signore...»: riagganciandosi con il v. 22, si ha qui un oracolo generico. Dio sottolinea la sua divina potenza, che trascende ogni spazio e tempo, per sconfiggere definitivamente i nemici. «il tuo piede si bagni nel sangue..»: immagine icastica per significare l'abbondante carneficina dei nemici sconfitti, cfr. Sal 58,11. «la lingua dei tuoi cani riceva la sua parte...»: si descrive così una fine orrenda e ignominiosa; c'è la doppia figura della sineddoche e della metonimia. I cadaveri saranno leccati dai cani; per qualcosa di simile cfr. 2Re 9,36 (fine della regina Gezabele).

v. 27. «Benedite Dio...»: è l'inizio dell'inno di ringraziamento cantato dalla schola cantorum del v. 26 e accompagnato da strumenti musicali.

v. 28. «Ecco, Beniamino..»: delle dodici tribù sono menzionate solo quattro: due del regno del Sud (Beniamino e Giuda) e due del regno del Nord (Zabulon e Neftali). Ma solo queste ultime due furono protagoniste attive nella battaglia di Debora (Gdc 4,6; 5,18). «il più giovane, guida..»: Beniamino è chiamato «il più giovane», sia per motivi di nascita (Gn 35,16-20), sia per motivi di estensione geografica (1Sam 9,21). Egli «guida» le altre tre tribù. Probabilmente il riferimento è al primo re Saul appartenente alla sua tribù. Anche nel cantico di Debora non si menzionano tutte le tribù. Qui il numero quattro può indicare simbolicamente l'intera Palestina nei suoi quattro punti cardinali.

v. 31. «la belva dei canneti»: probabile riferimento all'Egitto, cfr. v. 32 ed Ez 29,3.

v. 36. «Terribile... dal tuo santuario..»: si tratta del santuario celeste di Dio (cfr. v. 35).

Nel NT il v. 19 è attribuito a Cristo che ascende al cielo, e citato in Ef 4,7-12.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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LODE A DIO PER LA SUA PROVVIDENZA 1 Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Salmo. Canto.

2 Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto;

3 perché si conosca sulla terra la tua via, la tua salvezza fra tutte le genti.

4 Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.

5 Gioiscano le nazioni e si rallegrino, perché tu giudichi i popoli con rettitudine, governi le nazioni sulla terra.

6 Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.

7 La terra ha dato il suo frutto. Ci benedica Dio, il nostro Dio,

8 ci benedica Dio e lo temano tutti i confini della terra. _________________ Note

67,1 La provvidenza di Dio si rende visibile nella benedizione, cioè nell’abbondanza e ricchezza dei doni che la comunità d’Israele sperimenta, soprattutto nella fecondità della terra promessa, generosa di frutti. Anche gli altri popoli sono chiamati a partecipare a questa benedizione e ad associarsi a Israele nella lode che, da tutta la terra, sale a Dio. L’inizio del salmo riecheggia la benedizione liturgica di Nm 6,24-26.

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Approfondimenti

Ringraziamento d'Israele ed esultanza delle genti Salmo di ringraziamento collettivo (+ motivi innici)

È uno dei pochi salmi del secondo libro a essere “anonimo” (= senza la paternità letteraria). Il salmo è una lirica lineare, semplice, entusiastica, sebbene modesta, data la non originalità delle sue immagini e formulazioni. Per l'apertura universalistica e missionaria è da collocarsi nel tempo del post-esilio. I ritornelli dei v. 4.6 dividono il salmo in tre strofe; c'è il ritmo di 3 + 3 accenti nel TM. Si sospetta la presenza in origine di un terzo ritornello dopo la terza strofa, non pervenutoci allo stato attuale del testo. La voce «Dio» (’elōhîm) e il verbo «benedire» (brk) fanno da inclusione nei vv. 2 e 7b-8a. In questi versetti, inoltre, si usa la terza persona, mentre negli altri la seconda nei riguardi di Dio, che non viene mai chiamato JHWH nel salmo. La simbologia è liturgica, teologica, spaziale, antropologica, agricola e universalistica. Questo salmo può chiamarsi il canto dell'umanità che attende la salvezza (Mt 9,37; Gv 4,35) e dell'ebraismo aperto di mentalità profetica.

Divisione:

  • vv. 2-3 (prologo): pietà, benedizione, salvezza universale;
  • v. 4 (antifona): il ringraziamento (tôdâ) universale;
  • v. 5 (I motivazione): il giudizio di Dio sulla terra;
  • v. 6 (antifona): il ringraziamento (tôdâ) universale;
  • v. 7a (II motivazione): i frutti della terra;
  • vv. 7b-8: (epilogo): benedizione e timore universale.

vv. 2-3. Richiamando la benedizione sacerdotale di Nm 6,24-26, il salmista e la comunità si appellano alla misericordia del Signore per avere la sua benedizione, affinché i popoli della terra, conoscendo il suo modo benevolo di agire (= la tua via) e la sua salvezza, possano lodarlo (= motivo apologetico).

v. 2. «ci benedica»: cfr. v. 8a. La benedizione riguarda la vita, la fecondità (cfr. Gn 1,28), la fertilità del suolo (cfr. Gn 8,21-22; 27,27-28), un abbondante raccolto, una famiglia numerosa (cfr. Sal 128,3-4) ecc. «faccia splendere il suo volto»: è un antropomorfismo per significare la benevolenza di Dio e l'elargizione dei suoi benefici, cfr. Sal 4,7; 27,8; 31,17; 44,4; 80,4.8.20; Prv 16,15; Dn 9,17.

v. 3. «perché si conosca»: la conoscenza di Dio è una esperienza profonda, complessa e unitaria, che abbraccia tutte le facoltà dell'uomo. Qui ha come oggetto la «via» (derek) di Dio e la sua «salvezza», cioè i suoi piani, la sua stessa vita, il suo amoroso e benefico comportamento (cfr. Sal 77,14; 98,2; 138,5).

v. 4. «Ti lodino i popoli... tutti»: l'intera umanità è invitata ad associarsi all'invocazione e alla sua lode-ringraziamento per i benefici ricevuti da Israele (cfr. Sal 33,6.9-11; 47,8-10; Zc 8,21-22). Il salmista suppone che tutti i popoli rispondano assieme e prendano parte all'azione liturgica (cfr. Sal 33,2-3; 100,4; 105,1; 106,1; 107,1; 118,1; 136,1). Si affaccia qui un universalismo mediato tramite la benedizione di Abramo.

v. 5. «perché giudichi i popoli... governi...»: la prima motivazione della lode è il governo giusto di Dio sulla terra, che richiama l'epoca messianica (cfr. Is 9,2; 11,3-4; Am 5,14-24; Sir 35,12-14). Si noti il cambio di persona. Ora il salmista e la comunità si rivolgono a Dio con il “tu”

v. 7a. Dopo la ripetizione del ritornello, la motivazione della lode-ringraziamento diventa più visibile. La benedizione di Dio si è manifestata con l'abbondanza della pioggia, che ha fecondato la terra facendole produrre copiosi frutti (cfr. Lv 26,3-4; Sal 29,10-11; 65,11; Ag 2,19; Ez 34,26-30).

v. 8. «lo temano tutti i confini della terra»: la benedizione a Israele, rivelatasi con l'abbondanza dei suoi raccolti e frutti, auspica il salmista, possa generare il timore di Dio, sentimento di meraviglia e di rispetto, che, come primo passo verso la salvezza, apra i popoli alla conoscenza e adesione a lui (cfr. v. 3).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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