📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

LE SOFFERENZE E LA GLORIA DEL GIUSTO 1 Al maestro del coro. Su “Cerva dell'aurora”. Salmo. Di Davide.

2 Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Lontane dalla mia salvezza le parole del mio grido!

3 Mio Dio, grido di giorno e non rispondi; di notte, e non c'è tregua per me.

4 Eppure tu sei il Santo, tu siedi in trono fra le lodi d'Israele.

5 In te confidarono i nostri padri, confidarono e tu li liberasti;

6 a te gridarono e furono salvati, in te confidarono e non rimasero delusi.

7 Ma io sono un verme e non un uomo, rifiuto degli uomini, disprezzato dalla gente.

8 Si fanno beffe di me quelli che mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo:

9 “Si rivolga al Signore; lui lo liberi, lo porti in salvo, se davvero lo ama!“.

10 Sei proprio tu che mi hai tratto dal grembo, mi hai affidato al seno di mia madre.

11 Al mio nascere, a te fui consegnato; dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio.

12 Non stare lontano da me, perché l'angoscia è vicina e non c'è chi mi aiuti.

13 Mi circondano tori numerosi, mi accerchiano grossi tori di Basan.

14 Spalancano contro di me le loro fauci: un leone che sbrana e ruggisce.

15 Io sono come acqua versata, sono slogate tutte le mie ossa. Il mio cuore è come cera, si scioglie in mezzo alle mie viscere.

16 Arido come un coccio è il mio vigore, la mia lingua si è incollata al palato, mi deponi su polvere di morte.

17 Un branco di cani mi circonda, mi accerchia una banda di malfattori; hanno scavato le mie mani e i miei piedi.

18 Posso contare tutte le mie ossa. Essi stanno a guardare e mi osservano:

19 si dividono le mie vesti, sulla mia tunica gettano la sorte.

20 Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, vieni presto in mio aiuto.

21 Libera dalla spada la mia vita, dalle zampe del cane l'unico mio bene.

22 Salvami dalle fauci del leone e dalle corna dei bufali.

Tu mi hai risposto! 23 Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all'assemblea.

24 Lodate il Signore, voi suoi fedeli, gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe, lo tema tutta la discendenza d'Israele;

25 perché egli non ha disprezzato né disdegnato l'afflizione del povero, il proprio volto non gli ha nascosto ma ha ascoltato il suo grido di aiuto.

26 Da te la mia lode nella grande assemblea; scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.

27 I poveri mangeranno e saranno saziati, loderanno il Signore quanti lo cercano; il vostro cuore viva per sempre!

28 Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra; davanti a te si prostreranno tutte le famiglie dei popoli.

29 Perché del Signore è il regno: è lui che domina sui popoli!

30 A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra, davanti a lui si curveranno quanti discendono nella polvere;

ma io vivrò per lui, 31 lo servirà la mia discendenza. Si parlerà del Signore alla generazione che viene;

32 annunceranno la sua giustizia; al popolo che nascerà diranno: “Ecco l'opera del Signore!”. _________________ Note

22,1 In questo salmo, considerato una delle preghiere più intense di tutto il Salterio, profonda fiducia in Dio e totale abbandono a lui si alternano con l’angoscia e la sofferenza dell’orante. L’intervento liberante di Dio apre all’inno di lode, che nel finale (forse un’aggiunta successiva) coinvolge tutte le nazioni. Il salmo è stato usato, fin dalle origini della Chiesa, per commentare la passione di Gesù e la sua glorificazione. Gli evangelisti Marco e Matteo ricordano che l’ultima invocazione del Signore al Padre venne espressa con le parole iniziali di questo salmo (Mc 15,34 e Mt 27,46). La spartizione delle vesti è commentata da Giovanni con la citazione del vv. 19 (Gv 19,23-24) e gli insulti a Gesù registrati nel Vangelo di Matteo (Mt 27,43) conservano un’eco delle ingiurie dei vv. 8-10.

22,8 Questi gesti sono segni di disapprovazione e di disprezzo.

22,13 Basan: regione a nord-est della terra di Canaan, famosa per i pascoli e per il numeroso bestiame.

22,17 hanno scavato: probabilmente allude a catene o funi, con cui era stato legato, mani e piedi. Vg e NVg interpretano il verbo come “trafiggere”, con evidente riferimento alla passione di Gesù.

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Approfondimenti

Grido angosciato e speranza del soccorso divino Supplica individuale [di un malato] (+ motivi innici e di ringraziamento)

Nello stato attuale il carme presenta un ampliamento di carattere escatologico-universale nei vv. 28-32 segnato anche dal cambiamento del ritmo. Intatti mentre nel salmo ™ vige il ritmo classico di 3 + 3 accenti, nei vv. 28-29 si hanno 3 + 2 accenti (metro della qînâ), e nei vv. 30-32, 4 + 4. Qualcuno vi vede un ampliamento liturgico anche nei vv. 23-27. Il salmo è solcato da un intenso pathos. È presente il triplice rapporto triangolare, comune nelle suppliche, “Dio-io-essi (i nemici)”. C'è il campo semantico spaziale, in cui riveste particolare importanza il binomio polare: “lontano-vicino” (rāḥôq-qārôb: v. 12) attorno al quale ruotano diversi concetti e immagini. Anche l'asse “liquidità-aridità” (v. 15-16) riveste una certa importanza. È presente inoltre il simbolismo somatico, zoomorfo, e non manca quello giuridico. Il carme si divide in due grandi parti: vv. 2-22 e vv. 23-32. La seconda parte è delimitata dall'inclusione, data dal verbo “annunziare” (spr) (vv. 23.32). La prima parte invece è segnata e delimitata dalla voce “lontano” (rāḥôq) (v. 2) e dal verbo “stare lontano” (rḥq) (vv. 12.20). Le due parti sono richiamate dalla voce “lode” tᵉhillâ (vv. 4.26) e dal verbo “lodare” (hll) (vv. 23.24.27).

Divisione: * vv. 2-22: lamento; * vv. 23-32: ringraziamento.

vv. 2-22. Questa prima parte del salmo è data dall'introduzione-lamento sul perché della lontananza di Dio (vv. 2-3), dalle motivazioni e considerazioni sulla lontananza-vicinanza del Signore (vv. 4-11), con la richiesta di aiuto (v. 12), e dalla ripresa dell'esposizione della situazione del salmista sugli effetti della lontananza del Signore (vv. 13-19) con la richiesta più accorata di aiuto e di difesa dalla morte e dai nemici (vv. 20-22).

v. 2. «Dio mio, Dio mio»: ciò che appare come un inizio drammatico è tuttavia un'invocazione di tipo più personale e familiare. La ripetizione indica, nell'uso biblico, maggiore ansia, urgenza e preoccupazione (cfr. 1Sam 3,10; Lc 22,31; At 9,4); «perché mi hai abbandonato»: non è una protesta, ma una richiesta fiduciosa di chiarimento di un fatto incomprensibile all'orante. La richiesta è dettata dall'apparente inerzia di Dio davanti alle sofferenze atroci (fisiche e morali) del salmista. Nei salmi si esprime la convinzione che Dio non abbandona (Sal 9,11; 16,10; 27,10; 37,28; 94,14). «del mio lamento»: alla lett. «del mio ruggito». Il ruggito del leone (cfr. v. 14), comune nella Bibbia, è segno di aggressività (Is 5,29; Ez 19,7) e di gravità (Gb 3,24; Sal 32,3).

v. 3. «di giorno... di notte»: è un'espressione polare per indicare continuità di tempo. Si tratta di un'invocazione ininterrotta.

vv. 4-11. Il salmista motiva il suo grido dei vv. 2-3 con l'esposizione della sua tragica situazione. L'intento retorico è quello di persuadere i Signore a intervenire di nuovo. Questa parte si può dividere in tre strofe: vv. 4-6; vv. 7-9; vv. 10-11. Il lamento vero e proprio dei vv. 7-9 è preceduto e seguito da momenti di fiducia (v. 4-6. 10-11).

v. 4. «Eppure tu...»: l'espressione fa contrasto con il «Ma io» del v. 7, che inizia la seconda strofa in cui l'orante parla di sé. «lode d'Israele»: è un appellativo divino, cfr. Dt 10,21. Come «Santo d'Israele» il Signore è chiamato in 2Re 19,22; Is 1,4.

v. 5. «In te hanno sperato...»: meglio tradurre «In te hanno confidato». In questo, e nel versetto seguente, ricorre tre volte il verbo «confidare» (bṭḥ), «non rimasero delusi»: alla lettera «non furono svergognati». L'uso del verbo hwš (= arrossire; essere deluso) è frequente nei salmi, cfr. Sal 25,3.20; 31,2.18; 37,19; 69,7; 119,6.46.

v. 7. «sono verme»: la metafora indica l'abiezione più umiliante, dato che il verme è considerato come animale fragile, facilmente calpestabile perché sta nella polvere ed è considerato anche animale impuro (cfr. Lv 11,41; Gb 15,6). «non uomo»: l'espressione fa da contrasto a quella precedente e ne rafforza il significato. Il salmista richiama alla mente il “Servo di JHWH” (cfr. 52,14; Is 53,3) e il profeta Geremia (cfr. Ger 15,15; 18,20; 20,8; 49,15).

v. 9. «Si è affidato al Signore»: si riportano le parole di scherno dei nemici e che suonano come bestemmia, perché contengono una sfida a Dio, che è chiamato a dimostrare la sua amicizia con l'orante, liberandolo dalla sofferenza e infamia in cui è caduto; cfr. Sap 2,18.20.

v. 10. «mi hai tratto dal grembo...»: è un'audace antropomorfismo. Dio estrae (cfr. Gb 38,8) il salmista dal grembo materno quasi come una levatrice e lo protegge teneramente come una madre.

v. 11. «dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio»: cfr. Ger 1,5; Sal 71,6. La frase è, in ebraico, fortemente allitterata, energica e categorica. Il salmista, che si sente abbandonato da Dio, gli confessa esplicitamente che egli “fin dalla nascita” gli appartiene e perciò non può lasciarlo cosi.

v. 12. Questo versetto, che presenta un cambiamento di ritmo in 2 + 2 + 2 accenti invece dei 3 + 3 dei versetti precedenti, segna la conclusione intermedia di questa prima parte del lamento. Il salmista chiede a Dio di stargli vicino e aiutarlo perché si sente solo. «non stare lontano... l'angoscia è vicina»: si noti il contrasto tra la lontananza di Dio (cfr. v. 2), che si vuole scompaia, e la vicinanza dell'angoscia a causa del pericolo imminente, tanto più perché l'orante è solo.

v. 13. «tori di Basan»: i nemici del salmista assumono qui e nei vv. 14.17.21 aspetti bestiali, di tori, di leone e di cani. «Basan»: è una regione della Transgiordania settentrionale (presso il Golan), famosa per i pascoli ubertosi e i numerosi greggi, cfr. Dt 32,14; Am 4,1; Mic 7,14.

v. 15. «Come acqua sono versato...il mio cuore è come cera»: l'acqua e la cera sciolta evocano la dissoluzione del corpo, delle ossa e dei suoi legamenti, e quindi la morte, cfr. 2Sam 14,14.

v. 16. «È arido come un coccio...»: cfr. Sal 69,4; Lam 4,4. Anche l'immagine del disseccamento della linfa vitale corporea e la conseguente polverizzazione mortale evocano la fine. «polvere di morte»: l'espressione è hapax nella Bibbia. Si ispira a Gn 2,7; 3,19. La polvere indica spesso la morte (Gb 7,21).

v. 17c. «hanno forato le mie mani e i miei piedi»: la traduzione è incerta a causa della incomprensibilità del vocabolo kā’arî, soggetto a molte traduzioni congetturali. I LXX leggono kā’arû (= scavarono) e Girolamo vi si attiene nel Salterio Gallicano traducendo foderunt, ma nel Salterio Iuxta Hebraeos traduce vinxerunt (= legarono). La Vulgata traduce foderunt (= hanno trafitto). L'incertezza di questo passo ha fatto sì che nel NT non sia citato dagli evangelisti per la crocifissione di Gesù. Le varie interpretazioni comunque ruotano intorno a due immagini: a quella del “legare” e a quella del “ferire o fratturare”. Nel primo caso si evoca l'immagine della caccia che è presente nel v. 17. Il salmista dice perciò di essere stato come una preda legata, caduta nelle mani dei suoi nemici cacciatori, che come cani gli hanno dato la caccia. Nel secondo caso (LXX, Vulgata, BC) si evocano le ferite e le fratture alla mani e ai piedi come nella crocifissione tradizionale romana.

v. 18. «posso contare tutte le mie ossa»: cfr. Gb 19,20; Sal 69,27. L'immagine è surreale e un po' ironica. Indica la situazione di sfacelo del corpo coperto di numerose ferite, mentre sadicamente i nemici contemplano quelle ferite come se fosse uno spettacolo divertente (cfr. Gb 33,21; Sal 102,6; 109,24).

v. 19. «si dividono le mie vesti»: la tragedia raggiunge il culmine allorché i nemici, considerando il salmista già morto, procedono alla spartizione dei suoi pochi beni, i vestiti, tirando a sorte. La prassi era riservata ai condannati a morte ed entrò anche nella legislazione romana con Adriano e Ulpiano (Digestum VI, 48.20).

vv. 20-22. In questi versetti conclusivi dell'intero lamento dei vv. 2-19 si ribadisce, in inclusione con il v. 2 iniziale e con il v. 12 centrale, la supplica a Dio a non stare lontano e a liberare il salmista dai suoi nemici. Accanto alle immagini teriomorfe per indicarli (unghie del cane, bocca del leone, corna dei bufali) si aggiunge l'immagine bellica della «spada».

vv. 23-32. Con questi versetti inizia la seconda parte del salmo introdotta dal v. 23. Si snoda il grande ringraziamento (tôdâ) che è eccezionalmente molto ampio. La lode di Dio si espande con un'energia esplosiva, come ondate successive, fino a diventare da personale a universale, cosmica. Letterariamente questa seconda parte abbonda di ripetizioni, che si richiamano vicendevolmente, tanto da formare un testo unitario; non c'è più il linguaggio fortemente immaginativo della prima parte, e presenta un movimento centrifugo, al contrario della prima parte ove l'orante si sentiva assediato, circondato dai suoi nemici (movimento centripeto). E presente una triplice motivazione introdotta da «perché» (kî) come nel genere letterario innico (vv. 25.29.32).

v. 23. «Annunzierò il tuo nome...»: il versetto apre la grande tôdâ dei versetti seguenti. Il verbo “annunziare, raccontare” (spr) che ricorre una trentina di volte nei salmi, solo qui e nel Sal 102,22 ha come oggetto il “nome” (šēm) di Dio (che equivale alla sua stessa persona, alla sua fama, alla sua gloria...). «ti loderò»: per la prima volta appare nel salterio il verbo “lodare” (hll) da cui deriva la voce tᵉhillîm (= lodi) che ha dato il titolo al salterio. «in mezzo all'assemblea»: il ringraziamento è pubblico. L'assemblea (qahal) è quella liturgica (v. 26).

v. 24. «stirpe di Giacobbe... stirpe di Israele»: cfr. Is 45,19.25. Si tratta dei veri Israeliti, quelli che temono il Signore e gli danno gloria.

v. 25. «perché egli non ha disprezzato...»: a differenza dei nemici che lo hanno disprezzato e schernito (vv. 7-9, 17-19). Dio, come è venuto in soccorso dei padri (v. 6), così ha fatto con l'orante.

v. 26. «i miei voti»: il ringraziamento al Signore comporta anche lo scioglimento dei voti (ctr. Sal 50,14; 61,9; 66,13; 116,14.18) fatti dall'orante, che consistono in offerte cultuali e probabilmente nel sacrificio di comunione, cui è chiamata a partecipare la povera gente. Essendo un atto pubblico, tale scioglimento diventava testimonianza e catechesi insieme, nonché incoraggiamento per tutti coloro che come l'orante si trovavano nelle stesse difficoltà!

v. 27. «Viva il loro cuore per sempre»: BC segue i LXX e la Vulgata. Alla lett. il TM ha «Viva il vostro cuore per sempre». È l'augurio che viene rivolto dal salmista ai poveri e a tutti coloro che cercano il Signore. Egli augura, a essi, se restano fedeli a Dio, di essere felici, nonostante le difficoltà e sofferenze della vita, perché il Signore interverrà come ha fatto con l'orante.

vv. 28-32. Sebbene questi versetti siano considerati da quasi tutti gli studiosi come un'aggiunta posteriore post-esilica, e come dilatazione del ringraziamento dei versetti precedenti (cfr. anche le variazioni di ritmo), tematicamente e strutturalmente fanno unità con il tutto. Qui i verbi stanno per lo più al futuro ed è chiara la prospettiva universale escatologica.

v. 28. «Ricorderanno... torneranno... si prostreranno»: è un tema isaiano, cfr. Is 2,2-4; 60,30. «A lui si prostreranno quanti dormono..»: qui (unica volta nella Bibbia) si proclama che il dominio di Dio si estende anche sul regno dei morti (šᵉ’ôl), e inoltre si ammette l'adorazione perenne del Signore anche da parte dei morti. E una concezione inusuale e straordinaria nella teologia dell'AT. «quanti dormono nella polvere»: alla lett. «tutti quelli che discendono nella polvere». L'espressione designa i morti. «E io vivrò per lui»: il testo è corrotto ed è soggetto a diverse interpretazioni. La traduzione è congetturale.

v. 32. «Ecco l'opera del Signore»: alla lett. «Perché fece». La laconicità e l'intensità dell'espressione finale annulla ogni espressione del silenzio e dell'inattività di Dio della prima parte del salmo. L'agire di Dio chiude la bocca a ogni denigratore.

Nel NT il Sal 22 è stato molto utilizzato nei racconti della passione di Gesù per il suo valore tipico e teologico. Tipico, in quanto Cristo come “antitipo” personifica e incarna il sofferente innocente perseguitato del salmo; teologico, in quanto il salmo interpreta le sofferenze e il soccorso del Signore alla luce della fede in Dio; ciò aiuta ad approfondire il significato della sofferenza di Cristo nel piano di Dio. Il testo greco del salmo evidenzia di più le coincidenze e le discrepanze con le citazioni del NT. Il v. 2 («Dio mio, Dio mio...») è citato (in ebraico-aramaico) dạ Mt 27,46; Mc 15,34; per il v. 7 («infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo»), cfr. Mt 27,44; Mc 15,32; per il v. 8 («Mi scherniscono...»), cfr. Mt 27,39.41; Mc 15,29; Lc 23,35; per il v. 9 («Si è affidato al Signore...»), cfr. Mt 27,43; per il v. 16 («È arido come un coccio..), cfr. Mt 27,48; Mc 15,36; Lc 23,36; Gv 19,28; per il v. 17 («hanno forato le mie mani...»), cfr. Mt 27,35; Mc 15,24; Lc 23,34; Gv 19, 8.37; per il v. 19 («si dividono le mie vesti...»), cfr. Mt 27,35; Mc 15,24; Lc 23,34; Gv 19,23-24; per il v. 25 («al suo grido d'aiuto...»), cfr. Mt 27,50; Mc 15,37; Lc 23,46.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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RINGRAZIAMENTO PER LA PREGHIERA ESAUDITA 1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.

2 Signore, il re gioisce della tua potenza! Quanto esulta per la tua vittoria!

3 Hai esaudito il desiderio del suo cuore, non hai respinto la richiesta delle sue labbra.

4 Gli vieni incontro con larghe benedizioni, gli poni sul capo una corona di oro puro.

5 Vita ti ha chiesto, a lui l'hai concessa, lunghi giorni in eterno, per sempre.

6 Grande è la sua gloria per la tua vittoria, lo ricopri di maestà e di onore,

7 poiché gli accordi benedizioni per sempre, lo inondi di gioia dinanzi al tuo volto.

8 Perché il re confida nel Signore: per la fedeltà dell'Altissimo non sarà mai scosso.

9 La tua mano raggiungerà tutti i nemici, la tua destra raggiungerà quelli che ti odiano.

10 Gettali in una fornace ardente nel giorno in cui ti mostrerai; nella sua ira li inghiottirà il Signore, li divorerà il fuoco.

11 Eliminerai dalla terra il loro frutto, la loro stirpe di mezzo agli uomini.

12 Perché hanno riversato su di te il male, hanno tramato insidie; ma non avranno successo.

13 Hai fatto loro voltare la schiena, quando contro di loro puntavi il tuo arco.

14 Àlzati, Signore, in tutta la tua forza: canteremo e inneggeremo alla tua potenza.

_________________ Note

21,1 In continuità con il Sal 20 (19), all’origine di questa preghiera è ancora la persona del re, ma in Israele è Dio il vero re e il sovrano ne rappresenta la regalità-paternità; perciò si invoca la benedizione su di lui.

21,10 il fuoco: simbolo di purificazione, ma anche di distruzione e di morte.

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Approfondimenti

Ringraziamento e voti per il re Salmo regale

La struttura è a dittico. Intorno al v. 8 centrale si contano due serie di cinque benedizioni e di cinque maledizioni, che poggiano su due paradigmi verbali opposti: quello della gioia e quello della maledizione. Le voci «Signore» (JHWH) e «potenza» (‘oz) fanno da inclusione nel v. 2 e 14. Il simbolismo è quello antropomorfico dell'incoronazione e quello militare (cfr. v. 13). Il salmo risale agli ultimi anni della monarchia in Giuda, come il Sal 20, con cui è strettamente legato per il lessico e la tematica regale. Date le numerose possibilità d'interpretazione (liturgia d'incoronazione, liturgia per la partenza per la guerra, ringraziamento per la vittoria implorata nel Sal 20, preghiera generica per il re) per l'indeterminatezza del testo, il salmo si è prestato quasi subito all'interpretazione messianico-escatologica. Già il Talmud lo interpreta così, unitamente alla tradizione della Chiesa (cfr. Agostino). Il salmo mostra un'atmosfera liturgica, è centrato sull'ideologia monarchica ebraica, e suscita ottimismo. La corona regale è segno principale del potere che il re ha ricevuto da Dio, e segno di felicità e di glorificazione da parte di Dio e dell'assemblea.

Divisione: * v. 2: acclamazione popolare d'inizio; * vv. 3-7 (I parte): preghiera a Dio per il re (del solista); * v. 8: acclamazione popolare centrale; * vv. 9-13 (II parte): oracolo diretto al re (in seconda persona); * v. 14; acclamazione popolare finale.

v. 2. Si suppone che lo canti l'assemblea, Dà il tono e il tema al salmo: la gioia del re (e della comunità) per la potenza e salvezza (qui = vittoria militare) provenienti dal Signore!

v. 3. «il desiderio del suo cuore...»: cfr. Sal 20,5. «voto..: (in ebr.: ’arešet). È un hapax nell'AT.

v. 4. «una corona di oro fino»: si richiama il rito d'incoronazione; ciò è il segno del mantenimento della promessa di Dio a Davide, di porre sul trono i suoi discendenti secondo 2Sam 7; Sal 132,11-12.

v. 5. «Vita ti ha chiesto...»: la benedizione biblica abbraccia come prima cosa una lunga vita, cfr. Gn 25,8; 35,29; 50,23; Sal 23,6; 45,3.7; 61,7; 72,17; 91,16; 110,4; 119,17; 143,11.

v. 7. «lo fai oggetto di benedizione per sempre»: riprendendo il v. 4 si specifica un'altra qualità della benedizione: essa è eterna secondo la promessa fatta a Davide, di cui egli ringrazia il Signore (2Sam 7,29); «lo inondi di gioia»: la gioia è conseguenza della benedizione. Essa scaturisce dopo il superamento della prova, quando ritorna a risplendere metaforicamente la luce del volto del Signore (cfr. Sal 16,2.7.11; 23,6; 25,13; 34,13; 65,5; 84,12; 85,13; 103,5; 104,28).

v. 8. È un verso introdotto da «perché» (kî), che ha qui valore asseverativo di «Sì, certamente!». Come il v. 2 è un'acclamazione scandita dall'assemblea popolare. È il cuore stesso del salmo che spiega e sintetizza. Si esprimono i due atteggiamenti risultanti dalla stipulazione dell'alleanza: il re confida nel Signore, e il Signore, fedele al patto, non lo farà decadere dal suo trono. Ci sono anche gli appellativi divini tipici dell'alleanza: «Signore» (JHWH) e «Altissimo» (‘elyôn).

v. 9. Riprende la parola il solista dei vv. 2-7, rivolgendosi al re. «La tua mano raggiungerà ogni tuo nemico..»: si assicura al re il trionfo sui nemici, che è anche il trionfo di Dio stesso per i rapporti stretti tra Dio e Davide, e con il suo successore.

v. 10. «Ne farai una fornace ardente...»: con il simbolo del fuoco e l'immagine di una fornace ardente, si sottolinea il potere di purificazione dei nemici di Dio, che associa a sé in questo anche il re. Il fuoco è segno della trascendenza e immanenza di Dio (cfr. Gn 15,17; Is 31,9; Ml 3,19), segno teofanico dell'alleanza sinaitica (cfr. Dt 4,12; 5,5.22-25; Sal 18,14-15), segno della gelosia divina che non tollera le infedeltà (Es 20,5), ed è segno escatologico per distruggere ogni ingiustizia (Am 1,4-14; 2,2-5; Ml 3,2; 3,19).

v. 11. «Sterminerai dalla terra...»: l'espressione suggerisce la vittoria completa di Dio e del re. Lo sradicamento della discendenza, cioè l'eliminazione totale dei nemici, è il massimo della maledizione (cfr. Sal 137,9; Lam 2,20; Os 9,16; Am 2,9).

v. 13. Si inverte l'ordine logico delle azioni (hysteron proteron): di per sé la fuga segue alla minaccia delle frecce e non viceversa. Per l'immagine di Dio come “arciere” cfr. Sal 38,3.

v. 14. Acclamazione rivolta dall'assemblea popolare al Signore, esaltato per la sua potenza, lui che è il vero protagonista delle vittorie del re. Il versetto fa inclusione con il v. 2.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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IN PREGHIERA PER IL RE, IL CONSACRATO DEL SIGNORE 1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.

2 Ti risponda il Signore nel giorno dell'angoscia, ti protegga il nome del Dio di Giacobbe.

3 Ti mandi l'aiuto dal suo santuario e dall'alto di Sion ti sostenga.

4 Si ricordi di tutte le tue offerte e gradisca i tuoi olocausti.

5 Ti conceda ciò che il tuo cuore desidera, adempia ogni tuo progetto.

6 Esulteremo per la tua vittoria, nel nome del nostro Dio alzeremo i nostri vessilli: adempia il Signore tutte le tue richieste.

7 Ora so che il Signore dà vittoria al suo consacrato; gli risponde dal suo cielo santo con la forza vittoriosa della sua destra.

8 Chi fa affidamento sui carri, chi sui cavalli: noi invochiamo il nome del Signore, nostro Dio.

9 Quelli si piegano e cadono, ma noi restiamo in piedi e siamo saldi.

10 Da' al re la vittoria, Signore; rispondici, quando t'invochiamo.

_________________ Note

20,1 Tutta l’assemblea d’Israele è radunata per l’offerta di un sacrificio al Signore ed esprime il suo augurio e la sua vicinanza al sovrano, attraverso la voce di solisti e di cori che si alternano nella preghiera e nelle acclamazioni.

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Approfondimenti

Proteggi e salva il re, o Signore _Salmo regale _

Il salmo è una preghiera rivolta al Signore alla vigilia di una spedizione militare, perché conceda la vittoria al re. Il contesto del salmo è bellico. Risale all'epoca monarchica, ma dimostra di aver subito diverse attualizzazioni. Allo stato attuale si presenta come una liturgia sacrificale (v. 4) per il tempo di guerra o per i momenti più difficili della nazione eletta. Mentre Dio (protagonista indiscusso) e il re restano nello sfondo, sulla scena c'è l'assemblea orante d'Israele da cui si distaccano a volte coro (popolo o esercito) e solisti. Sono presenti vari generi letterari: la supplica, l'augurio, l'oracolo. Il salmo è molto legato per temi e lessico al Sal 18. Nel TM accanto al metro di 3 + 3 accenti, c'è quello di 4 + 4 nei vv. 2 e 8. La simbologia è liturgica (vv. 3.7), antropomorfica e della guerra santa. Dio è nominato sempre in terza persona, ma è presente quasi in tutti i versetti, direttamente o indirettamente. Il verbo “rispondere” (‘nh) si trova nel TM nei vv. 2.7.10. Il salmo si divide nettamente in due parti con una cesura al v. 6c. La prima parte presenta otto richieste in quattro parallelismi sinonimi (vv. 1-5), mentre nel v. 6ab con un altro parallelismo si pregusta la gioia della vittoria, conseguenza dell'esaudimento del Signore. Alle richieste della prima parte corrisponde la certezza della seconda, a eccezione del v. 10 che ritorna alle petizioni.

Divisione:

*I parte (vv. 2-6b): preghiera d'intercessione; * v. 6c: acclamazione dell'assemblea; * II parte (vv. 7-10): * v. 7: oracolo d'esaudimento; * vv. 8-9: commento all'oracolo; * v. 10: acclamazione e petizioni finali dell'assemblea.

v. 2. «il nome del Dio di Giacobbe»: il «nome» corrisponde alla stessa persona del Signore. È ricordato anche nei vv. 6.8.

v. 3. «santuario e dall'alto di Sion»: l'aiuto di Dio ha come centro d'irradiazione il suo santuario terrestre in Gerusalemme, strettamente unito a quello celeste (v. 7).

v. 4. «i tuoi sacrifici... i tuoi olocausti»: le due specie di sacrifici indicano la totalità dei sacrifici (figura della sineddoche). Si nomina prima il sacrificio vegetale (minḥâ), la cui parte bruciata detta “memoriale” (’azkārâ) ricordava il fedele a Dio impegnandolo a ricordarsi di lui (Lv 2); si accenna poi al sacrificio dell'olocausto (‘ôlâ) che comportava la totale combustione della vittima (Lv 1; 22,17-25). «gradisca»: è un termine liturgico. Il verbo dšn al qal significa “ingrassare” e al piel, come qui “dichiarare grasso, gradevole”. È un verbo con valenza antropomorfica per significare l'accettazione.

v. 6. «adempia il Signore..»: è la risposta acclamante dell'assemblea che prega per il suo re.

v. 7. La seconda parte del salmo si apre con la risposta di Dio tramite il sacerdote (o profeta cultuale) che pronuncia un oracolo. «Ora so che...»: è una professione di fede esprimente certezza assoluta nella salvezza di Dio, come dimostra il verbo successivo “salvare”. Si tratta qui della salvezza intesa come vittoria militare. «consacrato»: lett.: “unto” (Messia), cfr. Sal 2,2; 18,51. «con la forza vittoriosa della sua destra»: cfr. Sal 89,22; Gb 40,14. È un antropomorfismo. «La forza vittoriosa» (alla lett. «cose potenti» = gᵉburôt) ricorda sia l'onnipotenza di Dio (Is 63,13), sia le sue azioni salvifiche nella storia (Dt 3,24; Sal 71,16; 106,2; 145,4.12; 150,2). «dal suo cielo santo»: è la sede del santuario celeste di Dio, collegata al santuario terrestre in Sion, cfr. Sal 29.

vv. 8-9. Con una riflessione a carattere sapienziale, rispecchiando il modello della “guerra santa”, ben noto ai profeti (cfr. Is 31,1; Mic 5,9; Zc 10,5), si ribadisce che la vittoria non proviene da un forte esercito, ma dall'intervento di Dio che soccorre chi confida in lui. Anche Davide così vinse Golia (1Sam 17,45-47).

v. 10. «Salva il re...»: l'acclamazione sintetizza il contenuto del salmo; è un'invocazione liturgica a favore del re. Corrisponde a «Viva il re» citato in 1Re 1,34.39; 2Cr 23,11, acclamazione adoperata specialmente per il rito d'incoronazione. Dato il contesto bellico l'espressione ha valore di «dai la vittoria al re!».

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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LA LEGGE DEL SIGNORE, LUCE E GIOIA PER L’UOMO 1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.

2 I cieli narrano la gloria di Dio, l'opera delle sue mani annuncia il firmamento.

3 Il giorno al giorno ne affida il racconto e la notte alla notte ne trasmette notizia.

4 Senza linguaggio, senza parole, senza che si oda la loro voce,

5 per tutta la terra si diffonde il loro annuncio e ai confini del mondo il loro messaggio.

Là pose una tenda per il sole 6 che esce come sposo dalla stanza nuziale: esulta come un prode che percorre la via.

7 Sorge da un estremo del cielo e la sua orbita raggiunge l'altro estremo: nulla si sottrae al suo calore.

8 La legge del Signore è perfetta, rinfranca l'anima; la testimonianza del Signore è stabile, rende saggio il semplice.

9 I precetti del Signore sono retti, fanno gioire il cuore; il comando del Signore è limpido, illumina gli occhi.

10 Il timore del Signore è puro, rimane per sempre; i giudizi del Signore sono fedeli, sono tutti giusti,

11 più preziosi dell'oro, di molto oro fino, più dolci del miele e di un favo stillante.

12 Anche il tuo servo ne è illuminato, per chi li osserva è grande il profitto.

13 Le inavvertenze, chi le discerne? Assolvimi dai peccati nascosti.

14 Anche dall'orgoglio salva il tuo servo perché su di me non abbia potere; allora sarò irreprensibile, sarò puro da grave peccato.

15 Ti siano gradite le parole della mia bocca; davanti a te i pensieri del mio cuore, Signore, mia roccia e mio redentore. _________________ Note

19,1 Contemplazione e stupore per le meraviglie della creazione (vv. 2-7) e lode a Dio per il dono della legge (vv. 8-15) costituiscono le due parti di questo inno. Il filo che le unisce è la gratitudine davanti a Dio, creatore e legislatore.

19,8 rinfranca l’anima: la legge del Signore ridona vitalità e forza (la stessa espressione ebraica, ricorre, con il medesimo significato, in Rt 4,15 e Lam 1,11).

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Approfondimenti

Inno a Dio creatore e legislatore Inno

In questo salmo si celebra Dio che si rivela nell'ordine del creato e nel dono della legge (torah). Sebbene si sia tentato di smembrare il salmo in due parti, vv. 2-7 e 8-15, tuttavia può essere letto unitariamente alla luce di alcuni elementi strutturanti, quali le ripetizioni verbali e tematiche (cfr. vv. 7 e 13; 6 e 9; 3 e 8). La lettura unitaria manifesta organizzazione e coerenza e dà più forza alla sua stessa argomentazione. Infatti, come il cielo loda il Signore e il sole gli ubbidisce, così deve fare l'uomo con la legge, donatagli da Dio. Il salmo si divide in quattro sezioni e una conclusione:

  • vv. 2-5: introduzione dei personaggi;
  • 6-7: il sole;
  • 8-11: la legge;
  • 12-15a: il servo della legge;
  • v. 15b: conclusione.

v. 2. «I cieli... il firmamento»: i due vocaboli stanno in posizione chiastica: abbracciano così tutto lo spazio superiore. «i cieli»: secondo la concezione semitica antica il cielo era formato da diversi livelli o piani. Nella letteratura giudaica si parla di tre, cinque, sette, dieci piani (cfr. 2Cor 12,2); «il firmamento»: nella concezione cosmogonica biblica è il piano, la calotta che divide le acque superiori da quelle inferiori (cfr. Gn 1,6-9), il mondo celeste da quello terrestre.

v. 3. «Il giorno al giorno... la notte alla notte»: come delle sentinelle che si danno il cambio, senza lasciare mai la postazione sguarnita, il giorno e la notte, personificati, trasmettono ininterrottamente nell'universo la lode di Dio creatore, come l'acqua di una sorgente che gorgoglia, fuoriesce e si espande all'esterno (cfr. valenza del verbo nb‘ = effondere).

vv. 4-5. «Non è linguaggio e non sono parole»: si precisano i versetti precedenti. Non si tratta infatti di un linguaggio comune con parole e frasi, né di una lingua straniera, ma di un linguaggio diverso, di una lingua universalmente intelligibile, quella anteriore alla confusione delle lingue di Babele (cfr. Gn 11,1-9).

vv. 6-7. Questa seconda sezione, forse il nucleo più arcaico del salmo, presenta il sole che percorre lo spazio celeste, scandendo il ritmo del giorno e della notte. «Là»: alla lett. «in essi», nei cieli. «una tenda»: non si tratta di un'abitazione regale o divina, ma di una tenda (’ōhel) di nomadi, perché il sole, a differenza di altre civiltà (cfr. egiziana), non è un dio, ma solo una creatura. La tenda nel linguaggio poetico è in questo caso il buio della notte, ove il sole riposa. «che esce come sposo... come un prode..»: il sole, che generalmente in ebraico è di genere femminile, simbolo della maternità feconda, è contemplato poeticamente come uno sposo e come un guerriero. Egli domina incontrastato lo spazio diurno del cielo, come le stelle e la luna dominano quello notturno nel Sal 8. «nulla si sottrae al suo calore»: del sole si evidenzia il calore anziché la luce!

vv. 8-11. Senza una pur breve introduzione, inizia l'inno alla legge (torah), non senza tuttavia spezzare i legami con il precedente. Ricorrono sei frasi regolari, con il ritmo della qînâ (3 + 2 accenti), con rime e allitterazioni varie. La legge è da intendersi nel senso largo di «istruzione» come nei Sal 1 e 119.

v. 8. «la testimonianza del Signore»: la legge testimonia la realtà dell'alleanza di Dio con Israele, espressa soprattutto nel decalogo; «il semplice»: è colui che si abbandona totalmente a Dio (cfr. Sal 9-10).

v. 9. «luce agli occhi»: gli ordini del Signore infatti sono sorgente di luce (cfr. Sal 119,105.130). Essi donano gioia interiore.

v. 10. «I timore del Signore»: è un altro aspetto della legge. Essa esige sempre il rispetto e la genuina venerazione dell'uomo di fronte a Dio. Si ha qui la figura della metonimia (effetto per la causa).

vv. 12-15a. In questa quarta sezione, il salmista ha una reazione davanti alla perfezione della legge, così bene e suasivamente esposta nei vv. 8-11. Egli si scopre inadempiente nei suoi confronti e chiede al Signore il perdono, ma soprattutto la liberazione dall'orgoglio che spinge al peccato deliberatamente.

v. 13. «Le inavvertenze..: anche il peccato che si commette non deliberatamente, quasi automaticamente, sebbene non pienamente imputabile, è rilevante per la concezione dell'AT (cfr. Lv 4,2.13-14; Nm 15,22-31). «colpe che non vedo»: sono i peccati nascosti, probabilmente le trasgressioni dovute all'ignoranza nell'applicazione della legge.

v. 14. «orgoglio»: è l'arroganza, il peccato commesso con piena avvertenza e deliberazione. L'orgoglio è la radice del peccato deliberatamente commesso e ribellione aperta a Dio (cfr. Gn 3; Nm 15,30); «grande peccato»: è probabilmente l'idolatria che spezza il rapporto tra Dio e l'uomo (cfr. Gn 20,9; Es 32,21.30.31; 2Re 17,21).

v. 15a. «Ti siano gradite...»: l'orante, dopo l'assoluzione richiesta e probabilmente ricevuta, si sente libero e puro. È integro e in grado di pregare, di meditare (= pensieri del cuore) facendo suo l'inno della creazione e rispondendo fattivamente all'invito della legge.

v. 15c. «Signore..»: è la settima volta che si è nominato il Signore nei vv. 8-15. «mia rupe»: è un titolo classico di Dio (cfr. Dt 32,4). La metafora, attinta dalla natura, richiama la prima parte del salmo; «mio redentore»: (gō’alî). Il gō’ēl (= difensore, riscattatore) è secondo il diritto israelitico, colui che vendica il sangue di un congiunto, e che, dati i suoi vincoli di parentela, doveva riscattare i beni o la persona stessa di un suo parente, diventato povero o caduto nella schiavitù. Il Signore è invocato con questo titolo, come colui che protegge, riscatta e libera (cfr. Is 41,14). Questi due appellativi: rupe (natura) e redentore (legge), che si trovano uniti nel versetto finale del salmo, fondono le sue due parti: la lode del creato e della legge.

Nel NT il salmo è citato soprattutto da Paolo in Rm 10,18. Egli applica il v. 5 alla predicazione del vangelo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INNO DI LODE E DI RINGRAZIAMENTO A DIO 1 Al maestro del coro. Di Davide, servo del Signore, che rivolse al Signore le parole di questo canto quando il Signore lo liberò dal potere di tutti i suoi nemici e dalla mano di Saul. 2 Disse dunque:

Ti amo, Signore, mia forza,

3 Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore, mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio; mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo.

4 Invoco il Signore, degno di lode, e sarò salvato dai miei nemici.

5 Mi circondavano flutti di morte, mi travolgevano torrenti infernali;

6 già mi avvolgevano i lacci degli inferi, già mi stringevano agguati mortali.

7 Nell'angoscia invocai il Signore, nell'angoscia gridai al mio Dio: dal suo tempio ascoltò la mia voce, a lui, ai suoi orecchi, giunse il mio grido.

8 La terra tremò e si scosse; vacillarono le fondamenta dei monti, si scossero perché egli era adirato.

9 Dalle sue narici saliva fumo, dalla sua bocca un fuoco divorante; da lui sprizzavano carboni ardenti.

10 Abbassò i cieli e discese, una nube oscura sotto i suoi piedi.

11 Cavalcava un cherubino e volava, si librava sulle ali del vento.

12 Si avvolgeva di tenebre come di un velo, di acque oscure e di nubi come di una tenda.

13 Davanti al suo fulgore passarono le nubi, con grandine e carboni ardenti.

14 Il Signore tuonò dal cielo, l'Altissimo fece udire la sua voce: grandine e carboni ardenti.

15 Scagliò saette e li disperse, fulminò con folgori e li sconfisse.

16 Allora apparve il fondo del mare, si scoprirono le fondamenta del mondo, per la tua minaccia, Signore, per lo spirare del tuo furore.

17 Stese la mano dall'alto e mi prese, mi sollevò dalle grandi acque,

18 mi liberò da nemici potenti, da coloro che mi odiavano ed erano più forti di me.

19 Mi assalirono nel giorno della mia sventura, ma il Signore fu il mio sostegno;

20 mi portò al largo, mi liberò perché mi vuol bene.

21 Il Signore mi tratta secondo la mia giustizia, mi ripaga secondo l'innocenza delle mie mani,

22 perché ho custodito le vie del Signore, non ho abbandonato come un empio il mio Dio.

23 I suoi giudizi mi stanno tutti davanti, non ho respinto da me la sua legge;

24 ma integro sono stato con lui e mi sono guardato dalla colpa.

25 Il Signore mi ha ripagato secondo la mia giustizia, secondo l'innocenza delle mie mani davanti ai suoi occhi.

26 Con l'uomo buono tu sei buono, con l'uomo integro tu sei integro,

27 con l'uomo puro tu sei puro e dal perverso non ti fai ingannare.

28 Perché tu salvi il popolo dei poveri, ma abbassi gli occhi dei superbi.

29 Signore, tu dai luce alla mia lampada; il mio Dio rischiara le mie tenebre.

30 Con te mi getterò nella mischia, con il mio Dio scavalcherò le mura.

31 La via di Dio è perfetta, la parola del Signore è purificata nel fuoco; egli è scudo per chi in lui si rifugia.

32 Infatti, chi è Dio, se non il Signore? O chi è roccia, se non il nostro Dio?

33 Il Dio che mi ha cinto di vigore e ha reso integro il mio cammino,

34 mi ha dato agilità come di cerve e sulle alture mi ha fatto stare saldo,

35 ha addestrato le mie mani alla battaglia, le mie braccia a tendere l'arco di bronzo.

36 Tu mi hai dato il tuo scudo di salvezza, la tua destra mi ha sostenuto, mi hai esaudito e mi hai fatto crescere.

37 Hai spianato la via ai miei passi, i miei piedi non hanno vacillato.

38 Ho inseguito i miei nemici e li ho raggiunti, non sono tornato senza averli annientati.

39 Li ho colpiti e non si sono rialzati, sono caduti sotto i miei piedi.

40 Tu mi hai cinto di forza per la guerra, hai piegato sotto di me gli avversari.

41 Dei nemici mi hai mostrato le spalle: quelli che mi odiavano, li ho distrutti.

42 Hanno gridato e nessuno li ha salvati, hanno gridato al Signore, ma non ha risposto.

43 Come polvere al vento li ho dispersi, calpestati come fango delle strade.

44 Mi hai scampato dal popolo in rivolta, mi hai posto a capo di nazioni. Un popolo che non conoscevo mi ha servito;

45 all'udirmi, subito mi obbedivano, stranieri cercavano il mio favore,

46 impallidivano uomini stranieri e uscivano tremanti dai loro nascondigli.

47 Viva il Signore e benedetta la mia roccia, sia esaltato il Dio della mia salvezza.

48 Dio, tu mi accordi la rivincita e sottometti i popoli al mio giogo,

49 mi salvi dai nemici furenti, dei miei avversari mi fai trionfare e mi liberi dall'uomo violento.

50 Per questo, Signore, ti loderò tra le genti e canterò inni al tuo nome.

51 Egli concede al suo re grandi vittorie, si mostra fedele al suo consacrato, a Davide e alla sua discendenza per sempre.

_________________ Note

18,1 Il testo di questo ampio e maestoso inno di ringraziamento si ritrova, con poche varianti, anche in 2Sam 22, dove è introdotto con le stesse parole del v. 1. Il re Davide, presentato come modello dell’orante, vede in Dio l’artefice dei successi e delle vittorie, il liberatore dai nemici e dai molti pericoli che ostacolavano l’ascesa al trono.

18,11 Il cherubino raffigurava un animale alato, che gli Assiri collocavano davanti ai templi e ai palazzi dei re (vedi anche 1Sam 4,4 ; 2Re 19,15).

18,17 grandi acque: immagine di estremo pericolo, di distruzione e di morte (vedi Sal 32,6; 144,7).

18,29 La lampada simboleggia la vita, ma anche la dinastia davidica, alimentata dalla protezione divina (2Sam 21,17; 1Re 11,36; 15,4; 2Re 8,19; Sal 132,17).

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Approfondimenti

Canto di vittoria del re Salmo regale

Il titolo, uno tra i più lunghi del salterio, pone il salmo nel contesto di liberazione di Davide dalle mani di Saul. È certamente arcaico. Si rispecchia in 2Sam 22 (testo più arcaico), che può essere considerato la recensione più lunga, e in Sal 144,1-11, che può essere una recensione più concentrata. Contiene molti antropomorfismi e diversi generi letterari. Innestati sulla trama dell'inno di ringraziamento per le liberazioni e le vittorie conseguite sui nemici si enumerano: l'inno (vv. 2-4); la lamentazione (v. 5-7), la teofania (vv. 8-16), la confessione negativa d'innocenza (v. 21-28), il racconto delle gesta divine di salvezza (vv. 29-46), e la dossologia (vv. 47-51). È un salmo molto vivace, solenne, di grande vigore plastico e potenza creativa. Il simbolismo è ricchissimo: c'è quello della stabilità, quello spaziale, militare, teologico (cosmologico, antropomorfico). Si alternano la seconda e la terza persona.

Per quanto riguarda la struttura, in una cornice innica data dai vv. 2-4 iniziali e dai vv. 47-50 finali, si evidenzia il corpo del carme con due quadri, uniti da una pausa di meditazione teologica sulla motivazione dell'aiuto di Dio prestato al salmista (re). Il primo quadro (vv. 5-20) narra gli interventi prodigiosi di liberazione del Signore; il secondo (vv. 29-46) racconta gli interventi vittoriosi passati, fonte di fiducia per quelli futuri, che saranno altrettanto vittoriosi come i primi. Il tutto forma nel TM una serie di 14 ottonari di versi distici con 3 + 3 accenti nel TM a eccezione del v. 51 (tristico).

Il salmo si divide:

  • vv. 2-4: apertura litanica;
  • vv. 5-20: I quadro: interventi prodigiosi di liberazione del Signore nel passato;
  • vv. 21-25: pausa di riflessione teologica;
  • vv. 26-28: la confessione d'innocenza;
  • vv. 29-46: II quadro: il grande ringraziamento;
  • vv. 47-50: conclusione dossologica;
  • v. 51: aggiunta ermeneutica posteriore.

v. 2. «Ti amo»: si usa il verbo rḥm che suppone un amore “viscerale” materno. È l'unico caso in cui questo verbo ha Dio come oggetto e non come soggetto. Anche il salmista perciò dice di amare Dio con un amore “viscerale”, premuroso, materno!

v. 3. «mia roccia»: l'espressione (sal‘î) ricorre solo nel Salterio (Sal 31,4; 42,10; 71,3). Richiama la cima solitaria, spoglia e inaccessibile di un monte. «mia fortezza»: l'espressione, in quanto appellativo del Signore, ricorre solo nel Salterio (Sal 31,4; 71,3; 91,2; 144,2). Richiama un rifugio sicuro, protetto, imprendibile. «mio liberatore»: cfr. Sal 40,18; 70,6; 144,2. Il titolo divino e tutto il primo emistichio del v. 3 sono illustrati nei vv. 5-20. «mio scudo»: Dio si presenta come scudo (māgēn) di Abramo in Gn 15,1 (cfr. Dt 33,29; Prv 2,7; 30,5). L'appellativo, che si trova anche nel v. 31, ricorre frequente nei salmi (3,4; 28,7; 33,20; 59,12 84,10.12; 115,9; 119,114; 144,2). Lo scudo, strumento di guerra, indica difesa e protezione. «mia potente salvezza»: alla lett.: «corno della mia salvezza» (cfr. 1Sam 2,10; Sal 132,17). La metafora del corno è adoperata nella Bibbia per indicare la potenza (cfr. Sal 22,22; 44,6; 69,32; 75,5.6.11; Dt 33,17; 1Re 22,11; Mic 4,13; Dn 7,7). L'immagine è comune alle culture del tempo. L'espressione «mia potente salvezza», con i titoli del secondo e terzo emistichio di v. 3, è sviluppata in particolare nei vv. 32-46. Questi titoli richiamano un contesto bellico che rispecchia i racconti su Davide perseguitato da Saul e ramingo sulle montagne.

v. 4. «degno di ogni lode»: l'espressione mᵉhullāl viene sviluppata nei vv. 47-50 finali (conclusione dossologica).

v. 5. «flutti di morte... torrenti impetuosi»: cfr. Gn 2,6.10-14. L'immagine evoca le forze distruttrici del caos primordiale riportate dai miti orientali della creazione. «torrenti impetuosi»: alla lett. «torrenti di Belial». Belial (alla lett.: senza utilità) indica distruzione e rovina per antonomasia (cfr. Dt 13,14; Gdc 19,22; 20,13; 1Sam 1,16; 2,12; 10,27; 25,25; 30,22; 2Sam 16,7; 20,1; 23,6; Na 2,1; Gb 34,18). Il termine è stato personificato nel giudaismo, nella letteratura apocrifa e nei Padri della Chiesa, e identificato con Satana, diavolo (cfr. 2Cor 6,15). I torrenti di Belial sono quelli di nessun profitto: quando si cerca l'acqua sono asciutti, quando invece portano acqua dopo un temporale causano distruzione. Si pensi al classico torrente (wadi) della terra d'Israele.

v. 6. «i lacci degli inferi»: alla lett. «i lacci dello šᵉ’ôl». L'immagine venatoria è frequente nei salmi di lamentazione (cfr. 7,16; 9,16). Sono le insidie tese dai nemici che portano alla morte, significata qui, per metonimia, con šᵉ’ôl (= dimora, regno dei morti nella concezione semita).

v. 7. «dal suo tempio»: si tratta della dimora terrestre (tempio di Gerusalemme) strettamente congiunta a quella celeste (tempio celeste), cfr. Sal 29.

vv. 8-16. In questi versetti, con il ricorso alla teofania, che richiama la lotta cosmica di Dio contro le forze nemiche del caos originario, si dice come Dio è intervenuto a salvare il salmista. Alla teofania viene dato molto spazio per mostrare la superiorità della potenza divina. Cfr. Es 19,16-18; Gdc 5,4-6; Am 5,18; Ab 3,4-6; Zc 9,14-15a; Sal 68,8-9.

v. 9. «Dalle sue narici saliva fumo...»: è un forte antropomorfismo. Gli elementi ignei come il fumo, il fuoco, i carboni ardenti ecc. sono spesso, nel genere teofanico, segni della trascendenza di Dio. Essi si combinano a volta anche, come nei versetti seguenti, con gli elementi atmosferici.

v. 11. «Cavalcava un cherubino e volava»: Dio è visto con l'immagine del cavaliere volante. Il kᵉrûb è il toro androcefalo collocato nella civiltà assira davanti all'ingresso dei templi e dei palazzi reali in segno di protezione. Nella Bibbia è spesso menzionato, cfr. Gn 3,24; Sal 80,2; Ez 28,14.16. Dio stesso ha come titolo «colui che siede sui cherubini» (1Sam 4,4; 2Re 19,15).

v. 14. «Il Signore tuonò dal cielo..»: per il tuono, voce del Signore, cfr. Sal 29.

v. 16. «Allora apparve il fondo del mare, si scoprirono le fondamenta..»: alla minaccia di Dio si scoprono i fondali marini, le colonne che nella cosmogonia orientale sorreggono la terra (cfr. Sal 24,2; 75,4; Gb 38,4-5; Prv 8,29). L'immagine è plastica. L'oceano primordiale, sconfitto, resta nudo e fugge terrorizzato. E segno di onnipotenza divina, cfr. Sal 104,5-8.

vv. 26-28. «Con l'uomo buono... con l'uomo puro...»: si sottolinea l'atteggiamento di benevolenza da parte di Dio verso il suo fedele. Egli è fedele (ḥāsîd) con il fedele e integro, puro (tāmîm) con il puro.

v. 28. «Perché tu salvi il popolo degli umili, ma abbassi...»: questo versetto riassume l'intero atteggiamento di Dio descritto in precedenza. Egli salva gli umili, i poveri, ma resiste e umilia i superbi.

v. 29. «luce alla mia lampada»; Dio è presentato con un'audace metafora come luce, cfr. Gb 29,3. Nel Sal 119,105 la parola di Dio è «lampada per i passi» e «luce sul cammino». Dio «luce» è segno di sicurezza e di giusta direzione della vita dell'uomo (cfr. Mic 7,8; Is 60,1ss.).

v. 30. «Con te mi lancerò contro le schiere..»: «schiere» traduce qui la voce gādûd che è diversamente interpretata da altri.

v. 33. «ha reso integro il mio cammino»: «integro» (tāmîm) nel senso di «appianato», cioè libero da ogni ostacolo o insidia. Nel senso morale può riferirsi all'integrità di vita del salmista, cfr. v. 31.

v. 34. «agilità come di cerve»: cfr. Ab 3,19. Per il paragone cfr. Gb 39,1; Ct 2,7; 3,5.

v. 35. «ha addestrato le mie mani alla battaglia... a tendere l'arco»: Dio è visto come istruttore militare a maneggiare le armi, e specificamente come istruttore per scagliare le frecce con l'arco di bronzo, cfr. Sal 144,1.

v. 44. «popolo in rivolta»: l'espressione si riferisce alle lotte intestine, e se il salmo è riferito al re Davide, si possono intravvedere non solo le opposizioni da parte di Saul (1Sam 24 e 26), ma quelle sfociate in aperte rivolte in seno alla sua stessa famiglia, cfr. la rivolta di Assalonne (2Sam 15). «mi ha posto a capo delle nazioni»: la vittoria, a livello teologico storico, assume risonanza mondiale, perché in fondo è la vittoria di Dio. In riferimento alle vicende di Davide, si può pensare alle varie sottomissioni dei popoli circonvicini in un'alleanza diplomatica, cfr. Sal 2.

v. 46. «impallidivano uomini stranieri..»: il versetto è forse una glossa. Il testo è oscuro.

v. 47. «Viva il Signore e benedetta...»: l'espressione «viva il Signore» è la formula caratteristica nell'AT che apre spesso un giuramento (cfr. Gdc 8,19, Rt 3,13). Qui ha valore di acclamazione regale (1Re 1,31; 2Re 9,13), professione di fede e giuramento solenne insieme. Si richiamano, in inclusione con la dossologia dei v. 47-50, i titoli iniziali innici del v. 3. Il Signore è vivo e lo dimostra agendo nella storia come «rupe» di difesa (v. 3.32), e «salvezza» del popolo d'Israele. Perciò è benedetto ed esaltato.

v. 50. «Per questo, Signore, ti loderò..»: è il versetto conclusivo originario del salmo che chiude la dossologia e il salmo stesso. Il salmista mostra la sua riconoscenza al Signore lodandolo e esaltandolo al di là dei confini nazionali, cioè tra le genti (baggôyim), dato che, oltre i confini nazionali, il Signore gli ha fatto estendere la sua vittoria e il suo dominio (vv. 44-46.48). Nella lettura post-esilica del salmo in questo versetto si sostituisce l'io regale con l'io della comunità dispersa, che testimonia la salvezza di Dio in mezzo ai popoli.

v. 51. «Egli concede al suo re...»: il versetto è un'aggiunta ermeneutica e attualizzante post-esilica. Serve a indicare il protagonista, il re, che nel poema lo si è avvertito parlare in prima persona. Qui si parla di lui in terza persona. Alla luce dell'oracolo di Natan (2Sam 7), letto in chiave messianica, si esalta la fedeltà di Dio non solo a Davide, ma alla sua dinastia per sempre. Scompare, come in una dissolvenza cinematografica, la figura di Davide all'orizzonte, e si avvicina con sempre maggior nitidezza la figura del Messia, re ideale e perfetto, nuovo Davide, con cui Dio porta la salvezza alle genti.

Nel NT il salmo è utilizzato per la sua valenza messianica che ha acquistato man mano. Alla «potente salvezza» (alla lett. «corno della mia salvezza») (v. 3) si riferisce Lc 1,69. Lc 1,51-52 si richiama al v. 28. In Rm 15,9 si cita il v. 50; in Lc 1,55 è citato in parte il v. 51.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INVOCAZIONE A DIO NELLA PERSECUZIONE 1 Preghiera. Di Davide.

Ascolta, Signore, la mia giusta causa, sii attento al mio grido. Porgi l'orecchio alla mia preghiera: sulle mie labbra non c'è inganno.

2 Dal tuo volto venga per me il giudizio, i tuoi occhi vedano la giustizia.

3 Saggia il mio cuore, scrutalo nella notte, provami al fuoco: non troverai malizia.

La mia bocca non si è resa colpevole, 4 secondo l'agire degli uomini; seguendo la parola delle tue labbra, ho evitato i sentieri del violento.

5 Tieni saldi i miei passi sulle tue vie e i miei piedi non vacilleranno.

6 Io t'invoco poiché tu mi rispondi, o Dio; tendi a me l'orecchio, ascolta le mie parole,

7 mostrami i prodigi della tua misericordia, tu che salvi dai nemici chi si affida alla tua destra.

8 Custodiscimi come pupilla degli occhi, all'ombra delle tue ali nascondimi,

9 di fronte ai malvagi che mi opprimono, ai nemici mortali che mi accerchiano.

10 Il loro animo è insensibile, le loro bocche parlano con arroganza.

11 Eccoli: avanzano, mi circondano, puntano gli occhi per gettarmi a terra,

12 simili a un leone che brama la preda, a un leoncello che si apposta in agguato.

13 Àlzati, Signore, affrontalo, abbattilo; con la tua spada liberami dal malvagio,

14 con la tua mano, Signore, dai mortali, dai mortali del mondo, la cui sorte è in questa vita. Sazia pure dei tuoi beni il loro ventre, se ne sazino anche i figli e ne avanzi per i loro bambini.

15 Ma io nella giustizia contemplerò il tuo volto, al risveglio mi sazierò della tua immagine. _________________ Note

17,1 La preghiera del giusto che, accusato falsamente, si rivolge con fiducia a Dio, nella certezza di essere esaudito.

17,7 La destra indica la potenza di Dio.

17,8 Le ali richiamano i cherubini alati che, nel tempio, custodivano l’arca dell’alleanza, segno della presenza di Dio (vedi Sal 36,8; 57,2; 61,5; 63,8).

17,14 Sazia pure dei tuoi beni: testo dal significato incerto. Può intendersi in senso negativo: punisci anche i loro figli, distruggendone totalmente l'esistenza. Oppure: abbiano tutti i beni che desiderano, il mio bene invece è stare con Dio.

17,15 volto e immagine: designano l’aspetto visibile di Dio, che l’uomo percepisce nella fede (vedi Es 33,11; Nm 12,8).

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Approfondimenti

Supplica del giusto falsamente accusato Supplica individuale

Il salmo, che nel “titolo” è chiamato espressamente “preghiera”, è una supplica di un giusto falsamente accusato. La preghiera-supplica racchiude molteplici stati d’animo: paura, fiducia, protesta contro l’ingiustizia, passione. C’è lo schema triangolare delle “Suppliche”: Dio – io (l'orante) – essi (i nemici). Il simbolismo è giuridico-giudiziale, somatico-fisiologico, teriomorfo-venatorio, spaziale e bellico. Il salmo mostra di avere affinità con il Sal 16 che lo precede, soprattutto per la fondamentale fiducia in Dio e per alcune corrispondenze letterarie. Forse è attribuibile allo stesso autore. Il testo del salmo si presenta oscuro in alcuni punti come nei vv. 3-4.14. La parola “giustizia” (ṣedeq) nel testo originale fa da inclusione nei vv. 1a e 15.

Divisione:

  • v. 1: appello introduttivo;
  • vv. 2-5: giuramento d'innocenza;
  • vv. 6-15: supplica in tre strofe.

v. 1. «Accogli, Signore, la causa del giusto»: alla lett. «Ascolta Signore giustizia (JHWH ṣedeq)». È un titolo di Dio! I LXX traducono «della mia giustizia». La traduzione di BC si ispira alla Siriaca e a Girolamo.

vv. 2-5. Questa protesta d'innocenza si apre con una sfida a Dio a esaminare l'orante, a scrutarlo di notte con il fuoco, e a emettere la sentenza d'innocenza perché non si sente colpevole. Egli ha ascoltato la parola di Dio, si è mantenuto fedele, ed è sicuro che protetto da lui non farà passi falsi. La sicurezza del salmista si oppone in parte alla convinzione della radicale peccaminosità dell'uomo espressa dal Sal 130,3.

vv. 6-15. Al giuramento d'innocenza segue una supplica così divisa:

  • v. 6: introduzione alla supplica;
  • vv. 7-9: (I strofa) supplica riguardante l'io (= l'orante);
  • vv. 10-12: (II strofa) descrizione dell'operato dei nemici (“essi”);
  • vv. 13-15 (III strofa): supplica conclusiva riguardante Dio, i nemici e l'orante.

v. 6. «Io t'invoco»: il pronome “io” (’anî) sta in posizione enfatica. Il salmista consapevole della sua innocenza si sente forte e sicuro nella richiesta.

v. 7. «alla tua destra»: la destra è la mano armata di Dio, paragonato a un guerriero, simbolo della sua potenza, cfr. Es 15,6; Sal 16,11; 18,36.

v. 8. «come pupilla degli occhi»: l'espressione richiama il periodo del deserto, cfr. Dt 32,10; «all'ombra delle tue ali»: l'immagine si trova spesso nel salterio, e ricorda le ali dei cherubini che sovrastavano l'arca dell'alleanza nel santuario, cfr. Sal 36,8; 57,2; 61,5; 63,8.

v. 15. «per la giustizia»: è la giustizia che l'orante ritiene di avere, secondo la visione del salmo, in inclusione con i vv. 1-2. «contemplerò il tuo volto»: il salmista è sicuro e fiducioso di essere ammesso alla presenza di Dio nel tempio, privilegio di Mosè (Es 33,9.11; Nm 12,8) e dei “pii” (Sal 11,7; 16,5.11). «al risveglio»: l'espressione è variamente interpretata: può indicare il risveglio del mattino dopo il sonno della notte (Sal 5,4), il risveglio dopo l'incubazione rituale nel tempio in attesa dell'oracolo divino emesso da un sacerdote (Sal 3,6), o il risveglio della morte per godere della visione riservata ai giusti. Questa terza interpretazione si basa sulla finale del Sal 16, parallelo al nostro, e su Dn 12,2 e Is 26,19, ove il verbo hāqîs e adoperato per indicare la risurrezione. «mi sazierò della tua presenza»: alla lett.: «...della tua immagine». In contrasto con il saziarsi materiale e mortale degli empi del v. 14, l'orante desidera, e ne è certo, di essere completamente appagato guardando l'immagine (tᵉmûnâ) di Dio, come Mosè (Nm 12,8). «La tua immagine» (tᵉmûnātekā) del secondo emistichio sta in parallelo con «il tuo volto» (pānêkā) del primo. Essa indica l'aspetto visibile con cui Dio si fa vedere all'uomo nelle teofanie, come appunto a Mosè nella sua esperienza mistica (Nm 12,8).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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IL SIGNORE È L’UNICO VERO BENE 1 Miktam. Di Davide.

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.

2 Ho detto al Signore: “Il mio Signore sei tu, solo in te è il mio bene”.

3 Agli idoli del paese, agli dèi potenti andava tutto il mio favore.

4 Moltiplicano le loro pene quelli che corrono dietro a un dio straniero. Io non spanderò le loro libagioni di sangue, né pronuncerò con le mie labbra i loro nomi.

5 Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita.

6 Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi: la mia eredità è stupenda.

7 Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio animo mi istruisce.

8 Io pongo sempre davanti a me il Signore, sta alla mia destra, non potrò vacillare.

9 Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro,

10 perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.

11 Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra. _________________ Note

16,1 Il salmo esprime l’intensa fiducia dell’orante nel suo Signore e il rifiuto di ogni cedimento all’idolatria. Il credente nutre la certezza di venire liberato anche dalla morte (descritta con le immagini degli inferi e della fossa, v. 10) e di godere senza fine alla presenza di Dio. A questa composizione si ispirerà il NT nel presentare la risurrezione di Gesù (At 2,25-31; 13,35-36).

16,1 Il significato del termine “miktam” (che ricorre anche nei Sal 56-60) è sconosciuto. Alcuni lo traducono “inno”, altri “poema” o “preghiera scritta”.

16,4 Le libagioni di sangue alludono ai sacrifici umani offerti alle divinità pagane (vedi Sal 106,36-38).

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Approfondimenti

Fiducia in Dio unico bene Salmo di fiducia (+ motivi innici e sapienziali)

La simbologia è spaziale, temporale e somatica. Il testo originale è in cattivo stato nei vv. 1-4.

Divisione:

  • v. 1: invocazione introduttiva;
  • vv. 2-6: professione di fede in Dio;
  • vv. 7-11: benefici della fede in Dio.

v. 1. Il salmista (un sacerdote o un levita) chiede protezione al Signore presso cui si è rifugiato, cfr. Sal 11,1.

v. 2. «Sei tu il mio Signore, senza di te...»: con questa affermazione si sottolinea la scelta esclusiva di Dio, che è fondamentale per il salmista (cfr. Gs 24,15).

v. 3. «Per i santi... uomini nobili, è tutto il mio amore»: la dedizione a Dio si estende anche a quelli che partecipano della sua santità, come possono essere sia le persone dedicate al servizio divino (cfr. Sal 106,16), sia i fedeli e pii Israeliti (cfr. Sal 34,10).

v. 4. «Si affrettino altri...»: per contrasto alle affermazioni dei vv. 2-3, il salmista nega la sua fede e il suo servizio agli idoli. «libazioni di sangue»: si accenna ai sacrifici umani fatti alle divinità pagane, denunziati spesso dai profeti (cfr. Is 57,5-6; 65,11; Ez 22,4).

v. 5. «Il Signore è mia parte di eredità»: ritorna la professione positiva di fede e di fiducia nel Signore. Egli “nelle cui mani è affidata la vita del salmista” è tutto per lui, un'eredità magnifica. Si ricalca nella formulazione quanto è stato detto alla tribù di Levi, cui nella spartizione della terra non è stato dato nessun territorio (cfr. Dt 10,9; Gs 13,14), perché solo il Signore, con il suo tempio e i proventi che ne derivavano, doveva essere suo “peculiare possesso”, cfr. Nm 18,20; Sal 73,26. «mio calice»: è simbolo di salvezza (Sal 116,13) e di abbondanza (cfr. Sal 23,5).

v. 6. «su luoghi deliziosi»: al posto della terra divisa tra le tribù, il salmista e i Leviti hanno avuto in sorte un altro terreno, ma più importante e fecondo: quello del tempio del Signore, luogo davvero delizioso. L'espressione specifica “l'eredità” del v. 5.

v. 7. «Benedico il Signore»: l'orante benedice (= loda) il Signore che lo ha ammesso nella sua familiarità, diventando suo consigliere personale, facendolo oggetto dei suoi progetti, e delle sue comunicazioni salvifiche, servendosi anche della sua coscienza (= cuore) (cfr. Sal 73,21-24).

v. 8. «lo pongo sempre...»: il salmista conduce una vita intima con il Signore e percepisce la sua presenza protettrice, che non lo fa barcollare.

vv. 9-11. «Di questo gioisce il mio cuore...»: il poeta, forte della presenza del Signore, gioisce anche nella malattia “corporale”, perché sa che il suo Signore non lo farà morire (v. 10), ma lo guarirà facendogli riacquistare la vita, la gioia e la dolcezza immensa di continuare a stare nel suo tempio, al lato destro dell'altare (= alla tua destra) per vivere alla sua presenza (v. 11).

Nel NT i v. 8-11 sono citati negli Atti (2,24-32; 13,34-36) come profezia della risurrezione di Cristo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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IL GIUSTO VIVE ALLA PRESENZA DEL SIGNORE 1 Salmo. Di Davide.

Signore, chi abiterà nella tua tenda? Chi dimorerà sulla tua santa montagna?

2 Colui che cammina senza colpa, pratica la giustizia e dice la verità che ha nel cuore,

3 non sparge calunnie con la sua lingua, non fa danno al suo prossimo e non lancia insulti al suo vicino.

4 Ai suoi occhi è spregevole il malvagio, ma onora chi teme il Signore. Anche se ha giurato a proprio danno, mantiene la parola;

5 non presta il suo denaro a usura e non accetta doni contro l'innocente. Colui che agisce in questo modo resterà saldo per sempre. _________________ Note

15,1 Ispirandosi a un rituale liturgico particolare, che elencava le condizioni per essere ammessi nel tempio, alla presenza del Signore, questo salmo propone al fedele un cammino interiore che coinvolge la condotta quotidiana. Nel salmo risuona la predicazione dei profeti e il loro richiamo a una religiosità del cuore (vedi, ad es., Is 33,14-16; Mi 6,6-8).

15,1 La santa montagna è il monte Sion, su cui era costruito il tempio.

15,5 doni: offerti per corrompere.

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Approfondimenti

Requisiti per abitare con Dio Salmo d'ingresso (+ motivi sapienziali)

Il salmo è simile per contenuto ai Sal 24; 26; 50; 95, ma in particolare si richiama più direttamente a Mic 6,6-8 e Is 33,14-16. Strutturalmente è lineare, ben equilibrato, e rivela una certa preoccupazione didattica. Il ritmo nel TM è di 3 + 3 accenti. Il campo semantico è quello dello spazio sacro, del tempo e della parola.

Divisione:

  • v. 1b: domanda d'ingresso;
  • vv. 2-5b: risposta sacerdotale;
  • v. 5cd: conclusione riassuntiva del tema iniziale.

v. 1b. «Signore, chi abiterà..»: la domanda è rivolta in seconda persona direttamente al Signore. Da chi? Se a pronunciarla è un sacerdote, è da prendersi in senso reale, dato che gli addetti al tempio (sacerdoti, leviti...) abitavano con una certa stabilità nel recinto del tempio in cui avevano proprie celle (cfr. Ger 35,2-4; 36,10-21, Ez 42). Se a pronunciarla è un semplice fedele è da prendersi simbolicamente, come espressione metaforica di unione con Dio. «nella tua tenda»: la «tenda» indica il tempio, chiamato così a ricordo della «tenda del convegno» del periodo del deserto (Es 28,43; 33,7). Dio a sua volta fu ospitato nella tenda di Abramo (Gn 18) e di Giacobbe (Gn 29,4).

vv. 2-5b. Risposta sacerdotale che contiene undici enunciati: positivi (vv. 2.4a.b) e negativi (vv. 3.4c.5ab) mescolati insieme, e a mo' di esemplificazione, cfr. Es 20; Dt 5; Prv 27-31; Sir 7,1-8,7. Il contenuto riguarda prettamente l'etica sociale.

v. 2. «Colui che cammina senza colpa..: il triplice enunciato di questo versetto è di carattere generale, quasi come un primo comandamento da cui scaturiscono gli altri, cfr. Sal 84,12; Prv 28,18. Giobbe aveva qualità tali da essere esempio di uomo perfetto, cfr. Gb 1,5; «cammina..»: la metafora della “via”, è comune nella Bibbia per indicare la condotta integra di vita, secondo i comandamenti (Sal 1,1).

v. 4. «anche se giura a suo danno...»: si tratta del giuramento fatto con leggerezza che poi si rivela a svantaggio della stessa persona che lo ha fatto, cfr. Lv 5,4. Poiché il giuramento è sacro, esso va rispettato, così come non si può ritirare, sostituendolo con un altro, un animale sacro offerto al Signore (cfr. Lv 27,10.33). Il giuramento infatti è anche una professione di fede perché si coinvolge anche Dio. Giurare però di fare il male non è vincolante.

vv. 5ab. «fare usura»: nella Bibbia vuol dire prestare denaro con interessi. Ciò è proibito con un proprio connazionale (Es 22,24; Lv 25,36-37) ma è permesso con gli stranieri (Dt 23,20-21). Il peccato di “usura” era anche combattuto dai profeti (cfr. Am 8,6), ma si consiglia anche di prestare con generosità (Dt 15; Sal 37,21.25-26; Sir 29,1-13). «non accetta doni contro l'innocente»: è il peccato della corruzione della magistratura, denunciato spesso dalla Legge (Es 23,8; Dt 10,17; 16,19; 27,25), dai Profeti (Is 1,23; 5,23; 33,15; Ez 22,12) e dai libri Sapienziali (Sal 26,10; Prv 17,23).

vv. 5cd. «Colui che agisce in questo modo»: l'espressione riassume tutti gli enunciati precedenti. «resterà stabile per sempre»: facendo eco al v. 1b il salmista conclude il salmo assicurando l'eterna stabilità dell'uomo giusto in mezzo alle tempeste della vita, com'è stabile il monte del tempio, ove risiede il Signore «roccia e baluardo di salvezza» (Sal 31,4; 42,10; 61,3; 91).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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LO STOLTO VIVE COME SE DIO NON ESISTESSE 1 Al maestro del coro. Di Davide.

Lo stolto pensa: “Dio non c'è”. Sono corrotti, fanno cose abominevoli: non c'è chi agisca bene.

2 Il Signore dal cielo si china sui figli dell'uomo per vedere se c'è un uomo saggio, uno che cerchi Dio.

3 Sono tutti traviati, tutti corrotti; non c'è chi agisca bene, neppure uno.

4 Non impareranno dunque tutti i malfattori, che divorano il mio popolo come il pane e non invocano il Signore?

5 Ecco, hanno tremato di spavento, perché Dio è con la stirpe del giusto.

6 Voi volete umiliare le speranze del povero, ma il Signore è il suo rifugio.

7 Chi manderà da Sion la salvezza d'Israele? Quando il Signore ristabilirà la sorte del suo popolo, esulterà Giacobbe e gioirà Israele. _________________ Note

14,1 Questa riflessione sul dilagare del male e della corruzione viene riproposta con leggere varianti nel Sal 53. Tutto ha origine dal non considerare la presenza e l’azione di Dio nel mondo: è il significato dell’espressione Dio non c’è (v. 1). Il salmo contiene elementi caratteristici della riflessione sapienziale e profetica.

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Approfondimenti

La stoltezza umana Salmo di requisitoria (+ motivi sapienziali)

Il salmo, che comincia ex abrupto, mette a confronto due tipi di uomini: lo stolto (nābāl) (v. 1) e il saggio (maśkîl) (v. 2). Strutturalmente la composizione nella prima parte si basa sulle espressioni: “c'è/non c'è”. Il salmo in una recensione leggermente diversa si trova nel salterio anche con il numero 53. Il metro nel TM è quello elegiaco della qînâ (3 + 2 accenti). La simbologia è antropomorfica e antropologica.

Divisione:

  • vv. 1-3: lamento sulla corruzione generale;
  • vv. 4-5: oracolo;
  • vv. 7: conclusione, Dio speranza di salvezza.

v. 1. «Lo stolto»: il vocabolo ebraico corrispondente (nābāl) ha numerosi significati: empio, incosciente, folle, stolto, immorale ecc. (cfr. Sal 36,2). Qui si tratta di un incosciente che si professa “ateo”. «Non c'è Dio»: non si tratta di ateismo teoretico, ma pratico. Infatti nel mondo antico orientale l'ateismo teoretico era inconcepibile. Lo stolto pensa che Dio si mostri indifferente, disinteressato davanti alle azioni dell'uomo e agli eventi del mondo (cfr. Sal 9-10,25.32 [TM: Sal 10,4.11]; Ger 5,12).

vv. 2-3. «Il Signore dal cielo si china...»: è un antropomorfismo (cfr. Sal 11,4; 33,13-14) che rafforza l'affermazione del versetto precedente sulla diffusione della corruzione. Dio stesso infatti, con tutta la sua scienza, paradossalmente, non riesce a trovare una persona saggia, e non può che confermare l'assunto (v. 3). La situazione è grave, la corruzione dilaga come prima del diluvio (cfr. Gn 6,5.11-12; 8,21).

vv. 4-6. In questi versetti si ha la reazione di Dio. Egli con un oracolo interviene e dimostra fattivamente di esserci.

v. 4. «Non comprendono nulla....»: è un interrogativo retorico che prepara il verdetto oracolare dei vv. 5-6.

vv. 5-6. «perché Dio è con la stirpe... ma il Signore è il suo rifugio»: in questi due versetti, al contrario del v. 4, Dio parla in terza persona.

v. 7. «Venga da Sion...»: questo versetto è probabilmente un'aggiunta attualizzante del tempo dell'esilio babilonese. Si allude alla restaurazione nazionale d'Israele (cfr. Sal 51,20). Il salmista, in continuità di pensiero con il salmo, afferma che la risposta di Dio allo stolto (= qui: i Babilonesi), che nega la sua presenza salvifica, si concretizza con il ritorno dall'esilio del popolo d'Israele per opera del Signore. «da Sion...»: la salvezza è attesa da Sion, ove il Signore ha il trono nel tempio santo, perché essa è opera del Signore (cfr. Sal 3,9; 9,12). «Giacobbe... Israele»: sono i due nomi del capostipite del popolo d'Israele (cfr. Gn 25,25; 32,28). Si esprime così poeticamente la totalità della nazione ebraica, che non potrà non gioire perché salvata dal Signore.

Nel NT Paolo in Rm 3,10-12 cita i vv. 2-3 di questo Salmo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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IMPLORAZIONE A DIO 1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.

2 Fino a quando, Signore, continuerai a dimenticarmi? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?

3 Fino a quando nell'anima mia addenserò pensieri, tristezza nel mio cuore tutto il giorno? Fino a quando su di me prevarrà il mio nemico?

4 Guarda, rispondimi, Signore, mio Dio, conserva la luce ai miei occhi, perché non mi sorprenda il sonno della morte,

5 perché il mio nemico non dica: “L'ho vinto!” e non esultino i miei avversari se io vacillo.

6 Ma io nella tua fedeltà ho confidato; esulterà il mio cuore nella tua salvezza, canterò al Signore, che mi ha beneficato. _________________ Note

13,1 L’insistente richiesta di aiuto al Signore, formulata mediante il grido caratteristico delle suppliche (Fino a quando, Signore? vv. 2-3; cf Sal 6,4), ha origine dalle angosce e dai pericoli che minacciano il giusto. Anche Dio sembra dimenticarsi del suo fedele, che dal profondo della sofferenza ravviva la sua fiducia, prorompendo in un inno di lode.

13,3 anima e cuore: esprimono qui unitariamente quelle realtà interiori dell’uomo che lo rendono capace di avvertire sensazioni tumultuose e angosciate.

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Approfondimenti

Salmo 13 (12) – Supplica insistente e fiduciosa Supplica individuale

Questo carme si può prendere come modello del genere letterario delle “Suppliche individuali”. Infatti oltre al rapporto triangolare dei soggetti: Dio, l'io ed essi (= i nemici), il salmo abbraccia tutti gli elementi che qualificano tale genere. La composizione poetica è breve, semplice e trasparente nelle sue idee, ma profonda nei sentimenti e sensazioni che riesce a trasmettere. Insieme alla sensazione di impaziente urgenza data dall'espressione «fino a quando?» (‘ad ’ānâ), ripetuta quattro volte nei vv. 2-3, predominano nel carme i campi semantici simbolici del vedere e del sentire-parlare, nonché quello inerente alla morte. Il nome del Signore si incontra all'inizio (v. 2), al centro (v. 4) e alla fine (v. 6).

Divisione:

  • vv. 2-3: lamento;
  • vv. 4-5: supplica e sua motivazione;
  • v. 6: ringraziamento.

vv. 2-3. Questi due versetti sono dominati dall'espressione «fino a quando?» ripetuta quattro volte, che nel simbolismo numerico indica la totalità delle direzioni cardinali spaziali. L'espressione, che introduce una domanda retorica, oltre a vivacizzare il lamento, implica una certa protesta radicale, per risolvere finalmente una situazione fattasi pesante e insostenibile.

v. 2. «continuerai a dimenticarmi..»; il salmista si lamenta della dimenticanza di Dio nei suoi riguardi, dandogli la sensazione di un prolungato disinteresse, cfr. Sal 77,8-9; Lam 5,20.

v. 3. «affanni... tristezza... nemico»: l'orante enumera gli effetti del nascondimento di Dio: le angosce e la tristezza nel suo intimo, e i nemici all'esterno. «il nemico»: l'espressione si trova al singolare qui e nel v. 5a; al plurale («avversari») nel v. 5b. L'oscillazione tra il singolare e il plurale ricorre spesso nei salmi di lamentazione. La figura del nemico è generica, ma aperta a diverse possibilità; può essere un singolo o una collettività, o perfino la malattia e la morte (cfr. 1Cor 15,26).

v. 4. «Guarda..»: l'espressione è caratteristica della preghiera dell'AT. Serve ad attirare l'attenzione sulle necessità dell'orante. Lo sguardo di Dio inoltre indica certezza di esaudimento, cfr. Sal 80,15; 84,10. «Signore mio Dio»: è l'invocazione più intima dell'orante; evidenzia lo stretto rapporto personale con Dio. «luce ai miei occhi... sonno della morte»: le due espressioni sono qui correlative e antitetiche. Il salmista chiede al Signore di conservargli la luce degli occhi, cioè mantenerlo in vita (cfr. 1Sam 14,27.29), e non farlo morire. Per l'immagine della luce come «vita», cfr. Sal 36,10; Gb 33,28.30. Per l'immagine della morte come «sonno», cfr. Ger 51,39; Gb 3,13; e nel NT 1Cor 15,6.18.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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