📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

IL CANTO DELL'ESULE

1 Lungo i fiumi di Babilonia, là sedevamo e piangevamo ricordandoci di Sion.

2 Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre,

3 perché là ci chiedevano parole di canto coloro che ci avevano deportato, allegre canzoni, i nostri oppressori: “Cantateci canti di Sion!”.

4 Come cantare i canti del Signore in terra straniera?

5 Se mi dimentico di te, Gerusalemme, si dimentichi di me la mia destra;

6 mi si attacchi la lingua al palato se lascio cadere il tuo ricordo, se non innalzo Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia.

7 Ricòrdati, Signore, dei figli di Edom, che, nel giorno di Gerusalemme, dicevano: “Spogliatela, spogliatela fino alle sue fondamenta!“.

8 Figlia di Babilonia devastatrice, beato chi ti renderà quanto ci hai fatto.

9 Beato chi afferrerà i tuoi piccoli e li sfracellerà contro la pietra.

_________________ Note

137,1 L'antitesi Sion/Gerusalemme e Babilonia/Edom e la contrapposizione tra il verbo ricordare e il verbo dimenticare, costituiscono il filo conduttore di questo inno, che alcuni classificano tra i “canti di Sion” (vedi nota a Sal 46), mentre altri collocano tra le lamentazioni collettive. Il salmista, da una parte, ha vivo il ricordo dell’esilio in Babilonia, dall’altra avverte il profondo legame che lo unisce a Gerusalemme/Sion, cuore della sua fede.

137,1 i fiumi di Babilonia: il Tigri e l’Eufrate con i loro canali.

137,7 Gli Edomiti si unirono ai Babilonesi nel distruggere e saccheggiare Gerusalemme (vedi Lam 4,21-22; Abd 9-16).

137,8-9 Figlia di Babilonia: un appellativo per indicare il popolo babilonese, personificato. La maledizione qui racchiusa si rifà alla legge del taglione (Es 21,23-24). Sfracellare i bambini contro la pietra era un modo barbaro e crudele di vendicarsi sui vinti (2Re 8,12; Is 14,22; Os 14,1; Na 3,10). Vedi anche nota a Sal 109.

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Approfondimenti

Nostalgia e amore per Sion Supplica collettiva

Per alcuni il carme è classificato anche tra i “Canti di Sion”. La data di composizione è molto probabilmente quella dell'immediato post-esilio, quando ancora vivi erano i ricordi e le ferite dell'esilio nell'animo e nel corpo dei rimpatriati. La struttura del salmo è concentrica, convergendo sulla voce «Gerusalemme» e sul verbo «ricordare» (vv. 5-6). Il metro nel TM è quello elegiaco o della lamentazione: la qînâ (3 + 2 accenti). Vi si trovano allitterazioni (cfr. v. 3) e giochi di parole (cfr. v. 5). C'è una grande antitesi: Sion-Gerusalemme da una parte (vv. 13.5.6.7) e Babilonia-Edom dall'altra (vv. 1.7.8). La poesia raggiunge vette molto elevate, essendo in grado di trasmettere nel lettore forti sentimenti ed emozioni, uniti a nostalgia della patria lontana, all'amore intenso per Gerusalemme, la città santa distrutta e, nello stesso tempo, sdegno veemente contro Edom e Babilonia, che ne hanno goduto e causato la rovina. Il salmo ha diversi punti di contatto con il Sal 126. Il simbolismo è spaziale, temporale, somatico e psicologico.

Divisione:

  • vv. 1-4: rievocazione dell'esilio;
  • vv. 5-6: ricordo di Sion;
  • vv. 7-9: doppia imprecazione finale.

v. 1. «Sui fiumi di Babilonia...»: sono il Tigri, l'Eufrate e i numerosi corsi d'acqua minori (canali). «là sedevamo»: il sedersi a terra è segno di prostrazione fisica e morale, cfr. Lam 2,10-11. In Ez 3,15 si dice che i deportati abitano presso il canale Chebar.

v. 2. «Ai salici»: lett. «Ai pioppi». «appendemmo le nostre cetre»: la cetra fa parte degli strumenti musicali della liturgia del tempio. La loro sospensione ai salici esprime l'interruzione dei suoni e dei canti e quindi della gioia, come avveniva nei momenti più drammatici e luttuosi della nazione (cfr. Lam 1,4).

v. 3. «i canti di Sion»: sono i canti sacri liturgici, com'è specificato polemicamente dagli esiliati nel v. 4 «canti del Signore» (šîr JHWH), i canti che celebrano il Signore (ad es. Sal 46; 48; 76; 87).

v. 4. «Come cantare... in terra straniera?»: gli esiliati comprendono bene l'ironia e il sarcasmo dei loro padroni. La richiesta di intonare questi canti è sprezzante.

v. 7. «i figli di Edom...»: gli Edomiti, consanguinei di Israele in quanto discendenti di Esaù (cfr. Sal 83,7) e vassalli di Israele, gli sono stati sempre ostili. Lo attestano i profeti.

v. 8. «Figlia di Babilonia...»: per Babilonia sono riservate due imprecazioni sotto forma di tragico “macarismo” Queste espressioni crude e violente interpretate realisticamente non hanno nessuna legittimazione di carattere etico. Probabilmente è un linguaggio convenzionale del salmista per esprimere fortemente e più incisivamente il suo attaccamento a Gerusalemme. Simili imprecazioni si hanno anche in altri testi come 2Re 8,12; Is 13,16; Os 14,1; Na 3,10. Tali atrocità purtroppo erano e sono presenti nella storia antica e recente.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INNO ALL’AMORE E ALLA BONTÀ DI DIO

1 Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre.

2 Rendete grazie al Dio degli dèi, perché il suo amore è per sempre.

3 Rendete grazie al Signore dei signori, perché il suo amore è per sempre.

4 Lui solo ha compiuto grandi meraviglie, perché il suo amore è per sempre.

5 Ha creato i cieli con sapienza, perché il suo amore è per sempre.

6 Ha disteso la terra sulle acque, perché il suo amore è per sempre.

7 Ha fatto le grandi luci, perché il suo amore è per sempre.

8 Il sole, per governare il giorno, perché il suo amore è per sempre.

9 La luna e le stelle, per governare la notte, perché il suo amore è per sempre.

10 Colpì l'Egitto nei suoi primogeniti, perché il suo amore è per sempre.

11 Da quella terra fece uscire Israele, perché il suo amore è per sempre.

12 Con mano potente e braccio teso, perché il suo amore è per sempre.

13 Divise il Mar Rosso in due parti, perché il suo amore è per sempre.

14 In mezzo fece passare Israele, perché il suo amore è per sempre.

15 Vi travolse il faraone e il suo esercito, perché il suo amore è per sempre.

16 Guidò il suo popolo nel deserto, perché il suo amore è per sempre.

17 Colpì grandi sovrani, perché il suo amore è per sempre.

18 Uccise sovrani potenti, perché il suo amore è per sempre.

19 Sicon, re degli Amorrei, perché il suo amore è per sempre.

20 Og, re di Basan, perché il suo amore è per sempre.

21 Diede in eredità la loro terra, perché il suo amore è per sempre.

22 In eredità a Israele suo servo, perché il suo amore è per sempre.

23 Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi, perché il suo amore è per sempre.

24 Ci ha liberati dai nostri avversari, perché il suo amore è per sempre.

25 Egli dà il cibo a ogni vivente, perché il suo amore è per sempre.

26 Rendete grazie al Dio del cielo, perché il suo amore è per sempre.

_________________ Note

136,1 Questo salmo è conosciuto come il “grande” Hallel, cioè “l’inno di lode” per eccellenza. Composto in forma di litania, è entrato nella liturgia ebraica delle tre maggiori feste: Pasqua, Pentecoste e Capanne. La comunità d’Israele, raccolta in preghiera, con il ritornello di lode, all’amore di Dio che è per sempre, risponde al canto del solista che scandisce le tappe della storia della salvezza. Nell’insieme della Bibbia, questo inno è come la trasposizione poetica e celebrativa delle grandi professioni di fede che hanno contraddistinto i momenti più significativi della storia d’Israele (vedi Dt 26,1-19; Gs 24,1-28).

136,7 le grandi luci: gli astri.

136,23 Nella nostra umiliazione: allusione all’esilio babilonese (che si protrasse dal 587 al 538).

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Approfondimenti

L'amore eterno di Dio Inno

L'orante loda e ringrazia solennemente il Signore per la sua bontà e il suo eterno amore. Questo salmo è stato chiamato per antonomasia il Grande Hallel. È un inno a carattere litanico, il cui ritornello, che strutturalmente fa anche da principio unificatore del tutto, si ripete ben 26 volte. Una simile composizione litanica si ha in Dn 3,52-56.57-88. Tutto il v. 1 comprendente il ritornello si trova identico anche nei Sal 106,1; 107,1; 118,1.29. È un salmo usato in contesto liturgico (cfr. 2Cr 5,13; 7,3.6; Esd 3,11), anche se la sua originaria collocazione non si conosce. La liturgia giudaica tardiva lo adopera per le feste di Pasqua, delle Capanne e del Capodanno. Il Sal 136 riprende per lo più il Sal 135 (cfr. spec. i vv. 10.17.22) e ha per canovaccio il credo storico di Dt 26,5-9; Gs 24,2-13, specialmente per quanto riguarda i tre articoli di fede: la creazione (vv. 4-9), la liberazione (vv. 10-20), il dono della terra (vv. 21-22). Il ritmo nel TM è quello della qînâ (3 + 2 accenti). Come elementi di struttura evidenziamo (a parte il ritornello) l'inclusione data dall'imperativo «lodate» dei versetti 1-3 ove ricorre tre volte in funzione anaforica, e quello del v. 26. Dal v. 4 al 25 si hanno 22 distici, quante sono le lettere dell'alfabeto ebraico.

Divisione:

  • vv. 1-3: invitatorio;
  • v. 4: motivazione;
  • vv. 5-25: corpo (sviluppo del v. 4): a) vv. 5-9: la creazione; b) vv. 10-20: l'esodo; c) vv. 21-25: la terra;
  • v. 26: conclusione: invitatorio.

v. 4. Questo versetto funge da “tesi” da dimostrare, ed esplicita la motivazione generale della lode dei vv. 1-3. La bontà e l'amore di Dio si esternano nei «prodigi» (niplᵉ’ôt) compiuti da Dio, che vengono specificati sommariamente nei versetti seguenti del corpo del salmo.

v. 12. «con mano potente e braccio teso»: per l'espressione cfr. Dt 4,34; 5,15; 7,19; 26,8. Con questa formula caratteristica della liberazione esodale si esprime la signoria di Dio e la sua potenza salvatrice.

v. 21. «Diede in eredità il loro paese»: il dono della terra è espresso con il verbo «dare» (ntn) (v. 21) che fa da inclusione alla strofa (vv. 21- 25). La terra è data in «eredità» (vv. 21-22), e perciò è un possesso durevole, un vero e proprio diritto di proprietà. La parola «eredità» (naḥalāh) è caratteristica del vocabolario dell'alleanza e della conquista della terra.

vv. 23-25. «Nella nostra umiliazione...»: questi versetti sono di carattere più generico e attuale; vi si parla di «umiliazione» e di «liberazione» di Dio (cfr. le tante umiliazioni subite da Israele nella sua lunga storia e di altrettante liberazioni di Dio) e della sua provvidenza. Egli nella sua liberalità nutre, non solo Israele, ma tutti i viventi (cfr. Sal 104,27-28; 145,15; 147,9).

v. 25. «ogni vivente»: lett. «ogni carne». Indica la fragilità e la fugacità delle creature.

v. 26. «Dio del cielo»: è un titolo di Dio entrato tardi nella teologia dell'AT e nel Salterio; è caratteristico dell'epoca persiana, cfr. Gio 1,9; Esd 1,2; 5,11-12; Ne 1,4-5; 2,4; 2Cr 36,23; Dn 2,19.28.37; 4,34; 5,23. Indica la trascendenza di Dio per antonomasia.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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POTENZA DEL VERO DIO E INCONSISTENZA DEGLI IDOLI

1 Alleluia.

Lodate il nome del Signore, lodatelo, servi del Signore,

2 voi che state nella casa del Signore, negli atri della casa del nostro Dio.

3 Lodate il Signore, perché il Signore è buono; cantate inni al suo nome, perché è amabile.

4 Il Signore si è scelto Giacobbe, Israele come sua proprietà.

5 Sì, riconosco che il Signore è grande, il Signore nostro più di tutti gli dèi.

6 Tutto ciò che vuole il Signore lo compie in cielo e sulla terra, nei mari e in tutti gli abissi.

7 Fa salire le nubi dall'estremità della terra, produce le folgori per la pioggia, dalle sue riserve libera il vento.

8 Egli colpì i primogeniti d'Egitto, dagli uomini fino al bestiame.

9 Mandò segni e prodigi in mezzo a te, Egitto, contro il faraone e tutti i suoi ministri.

10 Colpì numerose nazioni e uccise sovrani potenti:

11 Sicon, re degli Amorrei, Og, re di Basan, e tutti i regni di Canaan.

12 Diede in eredità la loro terra, in eredità a Israele suo popolo.

13 Signore, il tuo nome è per sempre; Signore, il tuo ricordo di generazione in generazione.

14 Sì, il Signore fa giustizia al suo popolo e dei suoi servi ha compassione.

15 Gli idoli delle nazioni sono argento e oro, opera delle mani dell'uomo.

16 Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono,

17 hanno orecchi e non odono; no, non c'è respiro nella loro bocca.

18 Diventi come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida.

19 Benedici il Signore, casa d'Israele; benedici il Signore, casa di Aronne;

20 benedici il Signore, casa di Levi; voi che temete il Signore, benedite il Signore.

21 Da Sion, benedetto il Signore, che abita in Gerusalemme!

Alleluia.

_________________ Note

135,1 Introdotto dall’invito a lodare il Signore (Alleluia), questo inno rievoca le grandi opere di Dio, motivo costante delle preghiere e dei canti che sgorgano dalle labbra d’Israele. Alla potenza che il Dio di Abramo dispiega lungo tutta la storia della salvezza viene contrapposta l’inconsistenza degli idoli, privi di vita: la loro stessa triste sorte viene invocata per chi li scolpisce e per chiunque in essi confida (v. 18).

135,11 I tre popoli qui nominati designano simbolicamente tutti i nemici d’Israele, che si opponevano al suo ingresso nella terra promessa. Di Sicon e di Og si parla in Nm 21,21-35 (vedi anche Sal 136,19-20).

135,19-20 Vengono elencate diverse categorie: i fedeli (la casa d’Israele), i sacerdoti (la casa di Aronne) e i leviti (la casa di Levi).

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Approfondimenti

Il Signore creatore e salvatore Inno

È un salmo alleluiatico con forte impronta liturgica (cfr. vv 1-2 e 19-21) adoperato probabilmente per la liturgia pasquale (cfr. vv. 8-12). Si tratta di composizione a carattere antologico, ricorrendovi molte citazioni di altri libri biblici, specialmente di Esodo e Deuteronomio. Sebbene prevalga la compilazione, non mancano alcuni spunti di originalità; tra l'altro si accenna nel v. 20 alla «casa di Levi» e nel v. 21 si riporta un attributo originale di Dio, chiamato «abitante di Gerusalemme». Per i suoi aramaismi e l'artificio della compilazione viene ritenuto postesilico (sec. IV). Gli accenti nel TM sono 3 + 3 a eccezione dei vv. 19-20 ove sono 4 + 4. La polemica antidolatrica dei vv. 15-18 riprende con qualche leggera differenza il Sal 115,4-8, e riflette il pensiero di Ger 10,1-16.

Si può suddividere così:

  • vv. 1-4: introduzione: invito solenne alla lode con motivazioni;
  • vv. 5-18: corpo: a) vv. 5-7 (I strofa): il creatore; b) vv. 8-14 (II strofa): il redentore; c) vv. 15-18 (III strofa): il vivente;
  • vv. 19-21: conclusione: invitatorio solenne e benedizione.

v. 2. «voi che state»: lett. «voi che state in piedi». L'espressione si riferisce principalmente ai sacerdoti e leviti (vv. 19-20), cfr. Sal 134,1.

v. 4. «si è scelto Giacobbe... come suo possesso»: è la seconda motivazione dell'invito a lodare il Signore: l'elezione del popolo d'Israele tra tutti gli altri popoli (Dt 7,6) come sua esclusiva proprietà (sᵉgullâ) (Es 19,5; cfr. Dt 14,2; 26,17-18).

v. 5. «Io so che grande è»: si riporta la terza motivazione dell'invito a lodare sotto la veste di una professione di fede pronunciata da un singolo (io corporativo) in rappresentanza della comunità.

v. 6. «Tutto ciò che vuole il Signore lo compie»: l'espressione indica la completa libertà di Dio e l'efficacia delle sue parole.

v. 7. «Fa salire le nubi...»: di questa completa libertà e potenza di Dio creatore si cita solo il fenomeno della tempesta, ricordando le nubi, le folgori, la pioggia e i venti, fenomeno che per un semita abitante in una terra assetata di acqua, ha una rilevanza particolare (cfr. Ger 10,13; 51,16-17). Dio così dimostra anche la sua provvidenza.

v. 8. «Egli percosse i primogeniti d'Egitto..»: cfr. Es 11,5; 12,29. Il salmista sceglie a esempio solo l'ultima piaga, quella più grave, per indicare i molteplici interventi prodigiosi di Dio (cfr. Sal 78,43.51; 105,23-44; 136,10).

vv. 10-11. «Colpì numerose nazioni..... Seon, re degli Amorrei..»: si accenna simbolicamente a tre popoli per indicare tutti i nemici che Israele dovette vincere prima dell'ingresso nella terra promessa. Per Seon (in ebr. Sibon) cfr. Nm 21,21-32; per Og cfr. Nm 21,33-35; Dt 1,4; 3,1-13.

v. 18. «Sia come loro chi li fabbrica»: si conclude la terza strofa, che esalta meglio Dio come il «vivente» dal contrasto della descrizione degli idoli che sono statici e senza vita, con una specie di imprecazione-maledizione contro chi li scolpisce e chi in essi si rifugia e confida. Solo nel Signore bisogna confidare: cfr. Sal 115,9-11.

v. 21. «che abita in Gerusalemme»: come in Dt 33,16 ove il Signore è designato come «colui che abitava nel roveto», così qui è chiamato «abitante di Gerusalemme» per indicare la scelta di Dio di essere più concretamente in mezzo agli uomini (cfr. Sir 24,10-12).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INVITO ALLA LODE 1 Canto delle salite.

Ecco, benedite il Signore, voi tutti, servi del Signore; voi che state nella casa del Signore durante la notte.

2 Alzate le mani verso il santuario e benedite il Signore.

3 Il Signore ti benedica da Sion: egli ha fatto cielo e terra.

_________________ Note

134,1 L’ultimo “canto delle salite” è una suggestiva preghiera della sera che abbraccia i pellegrini, invitati a lasciare il tempio, e i sacerdoti, chiamati a custodire nella notte il luogo della presenza del Signore.

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Approfondimenti

Ringraziamento e benedizione Salmo di ringraziamento collettivo

Il carme, ultimo “Cantico delle ascensioni”, è il più breve dei “Salmi graduali” e dopo il Sal 117, il più breve dell'intero Salterio. Lo schema strutturale è dialogico e nella sua brevità, si compone di un solo appello (vv. 1-2) e di una sola risposta (v. 3). Il verbo «benedire» (brk) ricorre tre volte e con due diversi significati: nei vv. 1-2 significa «ringraziare» (benedizione dichiarativa), movimento ascensionale, e nel v. 3 «operare efficacemente, creare, salvare» (benedizione costitutiva), movimento discensionale. La simbologia è spaziale-sacrale (tempio), temporale e liturgica.

Divisione:

  • vv. 1-2: invito corale del popolo alla preghiera notturna;
  • v. 3: risposta corale dei sacerdoti con la benedizione.

v. 1. «Ecco, benedite il Signore»: il popolo che sta per lasciare di sera il tempio esorta i sacerdoti e gli addetti al tempio a continuare di notte la lode, in una perenne adorazione al Signore. «servi del Signore»: sono i sacerdoti e leviti in particolare, essi che erano votati al culto divino. «state nella casa del Signore»: lett. «rimanete in piedi». È un gesto di adesione pronta al Signore. La prassi è attestata anche nell'antico Oriente. I sacerdoti e leviti vegliavano anche di notte nel tempio, sicché la lode divina non si interrompeva mai (cfr. Sal 135,2; 1Cr 9,33).

v. 2. «Alzate le mani...»; è il gesto tipico di preghiera che indica l'atto di supplicare.

v. 3. Alla benedizione «verso» Dio i sacerdoti congedano la folla con la benedizione del Signore che abita nel tempio («Sion»). La benedizione di Dio è efficace, creativa e salvatrice. Essa viene dall'Onnipotente che ha creato l'universo e perciò è realizzatrice di bene.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INNO ALL'AMORE E ALLA CONCORDIA 1 Canto delle salite. Di Davide.

Ecco, com'è bello e com'è dolce che i fratelli vivano insieme!

2 È come olio prezioso versato sul capo, che scende sulla barba, la barba di Aronne, che scende sull'orlo della sua veste.

3 È come la rugiada dell'Ermon, che scende sui monti di Sion. Perché là il Signore manda la benedizione, la vita per sempre.

_________________ Note

133,1 L'olio profumato che tutto permea della sua fragranza e la rugiada che tutto avvolge nel suo manto di freschezza, diventano simboli della felicità che scaturisce dall’amore e dalla concordia nella comunità d’Israele e di tutti gli uomini.

133,2 Aronne: il sommo sacerdote, che veniva consacrato mediante l’unzione sul capo. La sua barba fluente non veniva mai rasata.

133,3 Ermon: alta montagna del Libano, sulle pendici meridionali della catena dell’Antilibano, al confine settentrionale della terra di Canaan.

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Approfondimenti

Amore fraterno, pace e prosperità Salmo sapienziale (+ motivi liturgici)

Il poeta per descrivere il vero amore fraterno usa le immagini suggestive dell'unguento prezioso, dell'olio e della rugiada sullo sfondo di un panorama palestinese brullo e assolato. Il salmo, di buona fattura, è del postesilio. Come tutti i canti delle ascensioni usa la tecnica della ripetizione graduale (vv. 2-3). Il metro nel TM è quello della qînâ (3 + 2 accenti). Il campo semantico e simbolico è spaziale, vegetale e liturgico.

Divisione: * v. 1: introduzione tematica; * vv. 2-3a: illustrazione del tema; * v. 3b: conclusione: benedizione e vita.

v. 1. «i fratelli»: questi sono sia fratelli di sangue, sia i fratelli della comunità israelitica.

v. 2. «È come olio profumato...» l'olio è indicato non per la sua funzione nutritiva, ma per quella cosmetica. Il riferimento è probabilmente all'olio dell'unzione del sommo sacerdote, che veniva arricchito da numerose essenze profumate (Es 30,22-33; 37,29). «barba di Aronne»: l'espressione si ripete due volte. Ciò oltre a essere un espediente dei “Salmi graduali”, dà plasticamente l'immagine dello scorrere abbondante e lento dell'olio della consacrazione sulla barba lunga e folta, perché mai tagliata (Lv 21,5), del sommo sacerdote Aronne.

v. 3a. «come rugiada dell'Ermon»: la rugiada suggerisce freschezza e vitalità, specialmente in una terra brulla come quella di Israele. La sua caduta è una benedizione (2Sam 1,21). «sui monti di Sion»: l'accenno a Sion è una sottolineatura teologica, espressa chiaramente nel v. 3b, per indicare che anche la rugiada proviene da Dio che siede nel tempio in Sion, fonte di benedizione e di vita.

v. 3b. «Là il Signore dona..»: lett. «Perché là...». È la motivazione del salmo e una professione di fede nel Signore. L'avverbio «là» si riferisce in inclusione anche al primo versetto, ove si esalta la fraternità. Perciò, intende il salmista, da Sion e dalla fraternità vera deriva la benedizione di Dio, fonte di vita.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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LA FEDELTÀ DI DIO ALLE PROMESSE FATTE A DAVIDE 1 Canto delle salite.

Ricòrdati, Signore, di Davide, di tutte le sue fatiche,

2 quando giurò al Signore, al Potente di Giacobbe fece voto:

3 “Non entrerò nella tenda in cui abito, non mi stenderò sul letto del mio riposo,

4 non concederò sonno ai miei occhi né riposo alle mie palpebre,

5 finché non avrò trovato un luogo per il Signore, una dimora per il Potente di Giacobbe”.

6 Ecco, abbiamo saputo che era in Èfrata, l'abbiamo trovata nei campi di Iaar.

7 Entriamo nella sua dimora, prostriamoci allo sgabello dei suoi piedi.

8 Sorgi, Signore, verso il luogo del tuo riposo, tu e l'arca della tua potenza.

9 I tuoi sacerdoti si rivestano di giustizia ed esultino i tuoi fedeli.

10 Per amore di Davide, tuo servo, non respingere il volto del tuo consacrato.

11 Il Signore ha giurato a Davide, promessa da cui non torna indietro: “Il frutto delle tue viscere io metterò sul tuo trono!

12 Se i tuoi figli osserveranno la mia alleanza e i precetti che insegnerò loro, anche i loro figli per sempre siederanno sul tuo trono”.

13 Sì, il Signore ha scelto Sion, l'ha voluta per sua residenza:

14 “Questo sarà il luogo del mio riposo per sempre: qui risiederò, perché l'ho voluto.

15 Benedirò tutti i suoi raccolti, sazierò di pane i suoi poveri.

16 Rivestirò di salvezza i suoi sacerdoti, i suoi fedeli esulteranno di gioia.

17 Là farò germogliare una potenza per Davide, preparerò una lampada per il mio consacrato.

18 Rivestirò di vergogna i suoi nemici, mentre su di lui fiorirà la sua corona”.

_________________ Note

132,1 Due motivi fanno da cornice al tredicesimo “canto delle salite”. Da una parte la scelta di Sion come sede della dimora di Dio (vv. 2-10); dall’altra la scelta di Davide e della sua discendenza come guida del popolo d’Israele (vv. 11-18). Vengono rievocate le vicende del trasferimento dell’arca dell’alleanza nel tempio di Gerusalemme (2Sam 6; 1Cr 13; 15) e le promesse fatte dal Signore a Davide tramite il profeta Natan (2Sam 7 e Sal 89).

132,2 Potente di Giacobbe: uno degli antichi titoli con cui viene chiamato Dio.

132,6 Èfrata: designa la zona di Betlemme, città natale di Davide; Iaar: nome poetico della località di Kiriat-Iearìm (“città delle foreste”), poco distante da Gerusalemme (vedi 1Cr 13,5-6).

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Approfondimenti

La fedeltà di Dio alla dinastia davidica Salmo regale (+ motivi di supplica e oracoli)

Il salmo rievoca due grandi motivi: quello della scelta di Sion (tempio) come sede della presenza di Dio con l'arca (frutto del giuramento fatto da Davide a Dio) (vv. 2-10), e quello della scelta di Davide e della sua dinastia (frutto del giuramento fatto da Dio a Davide) (vv. 11-18). Il carme si ispira a 2Sam 7 e all'ideologia soggiacente. È arcaico, preesilico (epoca della monarchia). Rispetto al Sal 89 (in cui si riporta il giuramento-impegno di Dio per Davide) e a 2Sam 7, il Sal 132 si rivela più originale. Esso sviluppa infatti, nei due oracoli riportati, ambedue gli elementi significati dalla voce ebraica bayit: «casa» come tempio, e «casa» come dinastia. Perciò il salmo si presenta con due facce: come Cantico di Sion e come salmo regale in una cornice di lamentazione. Evoca inoltre anche la liturgia del trasporto dell'arca santa (2Sam 6,13-19). L'identificazione della festività per l'utilizzo del salmo resta incerta. Il simbolismo di fondo è di carattere spazio-temporale; è presente inoltre anche quello psicosomatico applicato a Dio. Il salmo è ben curato, unitario e strutturato a dittici, i cui elementi abbastanza omogenei e paralleli sono rinsaldati da alcune inclusioni date dalla voce Davide (vv. 1.10-11.17), dall'appellativo divino «Potente di Giacobbe» (vv. 2.5), «trono» (vv. 11-12), dal verbo «giurare» (vv. 2.11), dalla voce «riposo» (vv. 8.14), dalle voci «sacerdoti... fedeli» (vv. 9.16) e da «consacrato» (= Messia) (vv. 10.17). Nel TM il ritmo è dato da 3 + 3 accenti. L'esegesi rabbinica e la tradizione cristiana considerano il salmo come messianico.

Divisione: * vv. 1-10 (I parte): in un contesto di supplica: giuramento di Davide per l'arca; * vv. 11-18 (II parte): oracolo di risposta: giuramento di Dio per Davide.

v. 1. «Ricordati...»: l'imperativo «ricordati» (zᵉkôr) introduce nella Bibbia a volte una supplica (cfr. Is 38,2-3; Lam 5,1). In un altro salmo regale (Sal 89,48-51) è come qui in rapporto alle promesse davidiche. Il salmista affida alla «memoria» viva e gratificante del Signore le difficoltà interiori e esteriori di Davide («tutte le sue prove»), nonché il suo zelo, per dare una degna dimora all'arca dell'alleanza.

v. 2. «quando giurò...»: non si ha traccia di questo giuramento di Davide, né di un suo voto nell'AT. In 2Sam 7 il proposito di Davide di costruire una «casa» (tempio) al Signore non è rafforzato da giuramento. Probabilmente si tratta di una finzione letteraria del poeta per fare da pendant con il giuramento di Dio nei confronti di Davide della seconda parte del salmo (v. 11).

v. 6. «Efrata»: (= la fruttifera) è di solito identificata con la zona di Betlemme, città natale di Davide (Rt 4,11; Mic 5,1; 1Cr 2,50-51; 4,4). «campi di Iaar»: lett. «campi boscosi», ma l'espressione richiama Kiriat-Iearim, località a 15 km a ovest di Gerusalemme, ove l'arca fu condotta dopo il pellegrinare presso i Filistei (1Sam 7,1-2), prima di essere trasportata da Davide a Gerusalemme (2Sam 6,2-12; 1Cr 13,1-6).

v. 7. «sgabello dei suoi piedi»: cfr. Sal 99,5; 1Cr 28,2. Il trono di Dio era collocato invece nei cieli, cfr. 1Sam 4,4; 2Sam 6,2; Lv 16,2.

v. 8. «Alzati, Signore...»: si rivolge al Signore l'invito a mettersi in marcia verso la nuova e definitiva dimora in Sion («luogo del tuo riposo»). Ma il trasferimento dell'arca è anche simbolo della potenza salvifica di Dio, cfr. Nm 10, 35.

v. 9. «I tuoi sacerdoti... i tuoi fedeli...»: si accenna alla processione festosa formata da clero e popolo per il trasporto dell'arca (cfr. 2Sam 6,5). «si vestano di giustizia»: gli stessi indumenti sacri dei sacerdoti devono essere segno di purificazione, santificazione e di «giustizia» (= salvezza-vittoria) che Dio fa conseguire al suo popolo (cfr. 1Cr 15,12-14).

v. 10. «Per amore... non respingere»: il salmista riprende la supplica del v. 1 e, richiamando i meriti di Davide e i suoi stretti rapporti con il Signore, chiede la protezione divina sul re. «tuo consacrato»: lett. «tuo unto» = tuo Messia), cioè il re.

v. 11a. «Il Signore ha giurato... e non ritratterà...»: alla lettera «Ha giurato il Signore a Davide, verità che non tornerà da sé». Si sottolinea l'efficacia del giuramento divino, la sua continuità e irreversibilità.

v. 12. «Se i tuoi figli custodiranno...»: il giuramento divino è condizionato alla fedeltà e all'osservanza delle clausole dell'alleanza. Qui come in 1Cr 28,5-7, ove si riferisce direttamente a Salomone, la condizione viene espressa in positivo, mentre in 2Sam 7,14-15, in negativo, cfr. Sal 89,31-34. Tuttavia le infedeltà non possono annullare completamente la promessa (2Sam 7,15).

v. 13. «Il Signore ha scelto Sion...»: cfr. 2Cr 6,6. È un commento di una voce esterna (coro sacerdotale?) che collega l'oracolo dei vv. 13-18 alla prima parte.

v. 15. «Benedirò...»: la presenza dell'arca in Sion porta ricchezza e benedizione. Questa, a partire da Gerusalemme, si riversa come un fiume su tutta la terra d'Israele fecondandola e producendo pane a sazietà anche per «i suoi poveri».

v. 16. «Rivestirò di salvezza i suoi sacerdoti... i suoi fedeli»: cfr. v. 9. Qui alla «giustizia» (ṣedeq) del v. 9 si è sostituito il sinonimo «salvezza» (yeša‘).

v. 17. «Là farò germogliare...»: il verbo «germogliare» contiene in sé un forte riferimento messianico. In Ger 23,5 si parla di «un germoglio giusto» (ṣemaḥ ṣaddîq) con chiara allusione messianica (cfr. Ger 33,15; Zc 3,8; 6,12), mentre in Is 11,1 si parla di un «virgulto». «la potenza di Davide»: lett. «il corno di Davide», cfr. Sal 18,3. «una lampada al mio consacrato»: la simbologia della lampada richiama la fiamma del focolare per indicare la famiglia. La lampada perciò qui è simbolo della discendenza, cfr. 1Re 11,36.

v. 18. «Coprirò di vergogna...»: lett. «rivestirò di vergogna». Si noti il contrasto con il v. 16. Lì i sacerdoti vengono «rivestiti di salvezza» qui i nemici vengono «rivestiti» di vergogna. «splenderà la corona»: lett. «fiorirà la sua corona». C'è l'immagine vegetale della fioritura. In contrasto con la vergogna (bôšēt) umiliazione dei nemici, splenderà il diadema regale sulla testa del re, cioè torna a «fiorire» sul re «germoglio» (v. 17) che la porta sul capo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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ABBANDONO FIDUCIOSO IN DIO 1 Canto delle salite. Di Davide.

Signore, non si esalta il mio cuore né i miei occhi guardano in alto; non vado cercando cose grandi né meraviglie più alte di me.

2 Io invece resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l'anima mia.

3 Israele attenda il Signore, da ora e per sempre.

_________________ Note

131,1 Intimità e fiducia, consapevolezza della propria dipendenza da Dio e totale affidamento a lui caratterizzano questo breve inno, intriso di profonda spiritualità.

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Approfondimenti

Fiducia e abbandono totale in Dio Salmo di fiducia

Per la scena di dolce intimità questo salmo è stato da varie parti definito come uno tra i più belli del Salterio.

Divisione:

  • v. 1: giuramento d'innocenza;
  • v. 2: professione di fiducia personale;
  • v. 3: esortazione alla fiducia.

v. 1. «Signore»: l'invocazione al Signore, situa la confessione d'innocenza successiva nell'ambito della preghiera.

v. 2. «bimbo svezzato»: non si tratta del bimbo allattato, ma di quello già svezzato (gāmul). C'è perciò un rapporto con la madre non solo dettato dall'istinto naturale, ma già di una certa consapevolezza. Il bimbo svezzato secondo l'antica usanza aveva più di due anni.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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ATTESA DEL PERDONO E DELLA SALVEZZA DEL SIGNORE 1 Canto delle salite

Dal profondo a te grido, o Signore; 2 Signore, ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia supplica.

3 Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi ti può resistere?

4 Ma con te è il perdono: così avremo il tuo timore.

5 Io spero, Signore. Spera l'anima mia, attendo la sua parola.

6 L'anima mia è rivolta al Signore più che le sentinelle all'aurora.

Più che le sentinelle l'aurora, 7 Israele attenda il Signore, perché con il Signore è la misericordia e grande è con lui la redenzione.

8 Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe.

_________________ Note

130,1 L'undicesimo “canto delle salite” è molto caro alla tradizione cristiana, che ama chiamarlo con le parole iniziali della versione latina, “De profundis”, e lo ha inserito nei sette “salmi penitenziali” (vedi Sal 6), usandolo nella liturgia funebre (ma questo non è il significato originario del salmo). Dall’esperienza del peccato e del dolore, l’orante e la sua comunità guardano a Dio come alla fonte del perdono e all’unica speranza di sopravvivenza.

130,8 In Mt 1,21 il nome di Gesù viene spiegato con una frase che si richiama a questo versetto (vedi anche Tt 2,14).

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Approfondimenti

Fiduciosa attesa della redenzione Supplica individuale (+ motivi di fiducia)

È uno dei sette “Salmi penitenziali”. Insieme al Sal 51 è pervaso da una profonda spiritualità, e pur essendo una lamentazione-supplica, non riguarda i nemici esterni o le malattie, ma direttamente il peccato, vero nemico dell'uomo. Nella prima parte (vv. 1-3) c'è l'angoscia per esso, nella seconda parte (vv. 5-8) la certezza del perdono. Tuttavia, mentre il Sal 51 medita sulla realtà dell'uomo peccatore, il Sal 130 attira l'attenzione sulla misericordia divina e l'abbondanza del suo perdono. Il ritmo prevalente nel TM è di 3-2 accenti (qînâ). C'è un'inclusione con la parola «colpe» (‘awônôt) nei vv. 3 e 8. Il verbo «sperare» (qwb) si trova due volte nel v. 5, il verbo «attendere» (yḥl) è presente nei vv. 5.7 ™; l'espressione «più che le sentinelle l'aurora» è ripetuta due volte nel TM. La radice pdh (redimere) ricorre nei vv. 7-8. La simbologia è spazio-temporale e antropomorfica.

Divisione:

  • vv. 1-2: solenne appello introduttivo;
  • vv. 3-6: corpo;
  • vv. 7-8: esortazione finale per Israele.

v. 1. «Dal profondo...»: l'espressione rievoca l'abisso caotico delle acque della creazione (Gn 1,2; 2,3-4) e il regno dei morti (Sal 18,5-7.29) e richiama l'abisso della miseria dell'uomo e la sua coscienza.

v. 3. «Se consideri le colpe...»: l'orante ammette di essere colpevole e perciò di meritare il castigo. «chi potrà sussistere?»: lett. «chi potrà stare in piedi?». Più che continuare a esistere, qui supponendo un processo giudiziale accusatorio di Dio, si afferma che nessun uomo potrebbe presentarsi a testa alta e uscire indenne dal giudizio di Dio. Davanti alla giustizia di Dio nessun uomo e nessuna coscienza umana può reggere (cfr. Sal 76,8; 102,27).

v. 4. «Ma presso di te è il perdono»: alla coscienza del peccato è legata subito la coscienza e la fede nella salvezza e liberazione di Dio, cfr. Es 34,9. «presso di te»: lett. «con, in compagnia di...». Come la giustizia di Dio, così il perdono, personalizzato, è visto come un membro del consiglio di Dio (cfr. Os 13,12). «perdono»: la voce ebraica sᵉlîḥāh significa purificazione, remissione (Ne 9,17; Dn 9,9; Sir 5,5; Sal 86,5). E il perdono supera di gran lunga la giustizia, cfr. Es 20,5-6. «e avremo il tuo timore»: lett. «perché (tu) sia temuto». Questo emistichio è oggetto di diverse interpretazioni fin dall'antichità (cfr. LXX, Vg, Peshitta). L'interpretazione più logica dipende dall'esatto significato del «timore» nell'AT. Esso per metonimia indica non solo la reazione di paura e di terrore davanti alla giustizia e all'ira di Dio (il tremendum), ma anche lo stupore, la venerazione e l'adorazione scaturiti davanti alla sua bellezza, maestà e potenza (il fascinosum). Qui il timore è presentato come il fine del perdono, uno dei suoi frutti. Il perdono di Dio, infatti, deve inculcare un timore reverenziale per lui come quello scaturito di fronte alla sua ira. La bontà di Dio non deve farci dimenticare la realtà del nostro peccato. Però, più che la collera di Dio, il suo amore eterno e misericordioso deve spingere l'uomo a temerlo e amarlo (cfr. Rm 2,4; Lc 5,9).

v. 5. «Io spero nel Signore...»: lett. «(io) spero, Signore, spera l'anima mia, e alla sua parola attendo». Il salmista spera fortemente e attende la parola, la risposta assolutrice che reca il perdono di Dio.

v. 6. «più che le sentinelle l'aurora»: nel TM l'espressione è ripetuta una seconda volta. La ripetizione dà all'immagine, già di per sé suggestiva poeticamente, un ulteriore fascino e acutizza l'attesa e la speranza. Per l'immagine delle sentinelle cfr. Is 21,11-12; Sal 121,3-5.8.

v. 7. La misericordia e la redenzione sono viste come persone che stanno «presso il Signore» (lett. «con, in compagnia del...»). Esse sono gli attributi divini dell'esodo e dell'alleanza (Es 34,6; Sal 36,7; Dt 7,8; 9,26; 15,16; 21,8).

v. 8. «Egli redimerà... da tutte le sue colpe»: cfr. Sal 25,22. Il salmista sottolinea la certezza del perdono divino di ogni genere di peccato per Israele suo popolo. Le colpe che hanno causato l'angoscia profonda nel salmista nel v. 3 ora sono richiamate in inclusione ma per annunciarne il loro completo e totale perdono.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INVOCAZIONE A DIO CONTRO I NEMICI D'ISRAELE 1 Canto delle salite

Quanto mi hanno perseguitato fin dalla giovinezza – lo dica Israele –,

2 quanto mi hanno perseguitato fin dalla giovinezza, ma su di me non hanno prevalso!

3 Sul mio dorso hanno arato gli aratori, hanno scavato lunghi solchi.

4 Il Signore è giusto: ha spezzato le funi dei malvagi.

5 Si vergognino e volgano le spalle tutti quelli che odiano Sion.

6 Siano come l'erba dei tetti: prima che sia strappata, è già secca;

7 non riempie la mano al mietitore né il grembo a chi raccoglie covoni.

8 I passanti non possono dire: “La benedizione del Signore sia su di voi, vi benediciamo nel nome del Signore”.

_________________ Note

129,1 Rievocando le molte situazioni di oppressione che hanno scandito la sua storia (nei vv. 1-2 l'accenno alla giovinezza forse allude alla prima oppressione, quella egiziana), la comunità d’Israele riconferma la propria fiducia nel Dio dei padri, che mai ha esitato nell’offrire salvezza e liberazione.

129,6 l’erba dei tetti: cresciuta sulle terrazze in terra battuta, che facevano da tetto alle case, quindi con scarse radici.

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Approfondimenti

La fiducia in Dio: certezza per Israele Salmo di fiducia

Il ritmo del salmo nel TM è quello dell'elegia (qînâ), di 3 + 2 accenti. Probabilmente è del postesilio. Strutturalmente è a intreccio graduale nei vv. 1-2. I vv. 1-4 riguardano il passato e i vv. 5-6 il futuro. Nella prima parte c'è l'immagine dell'aratura (v. 3) e nella seconda quella della mietitura (v. 7). La simbologia è temporale, spaziale, agricola e liturgica. È simile al Sal 124 e per l'ostilità menzionata riecheggia il Sal 120.

Divisione:

  • vv. 1-4: racconto del passato doloroso;
  • vv. 5-8: supplica per un futuro migliore.

v. 1. «dalla giovinezza»: allusione al periodo dell'esodo (cfr. Os 2,17; Ger 2,2). «ma non hanno prevalso»: il salmista può dirlo con orgoglio, a nome d'Israele, di non essere stato schiacciato e annullato definitivamente dai nemici, per grazia di Dio (v. 3) (cfr. Lam 3,2).

v. 3. «Sul mio dorso hanno arato...»: il simbolo agricolo dell'aratura richiama la flagellazione e la devastazione della guerra (cfr. Mic 3,12; Is 50,6; 53,4-5).

v. 4. «Il Signore è giusto...»: si attribuisce la causa della sopravvivenza a tante angherie e oppressioni al Signore che è «giusto» (= fedele alla sua alleanza).

v. 5 «quanti odiano Sion»: sono quelli che odiano il Signore e il suo popolo (cfr. Is 4,3; 64,10; Mic 3,10.12; Sal 51,20). Sion è luogo della presenza della casa di Davide e del tempio del Signore, ove si raccoglie il popolo a pregare.

v. 7. «non se ne riempie la mano il mietitore...»: dopo l'immagine dell'erba dei tetti (gramigna), che non avendo radici subito dissecca (v. 6), segue l'immagine del grano, che falciato si rivela inservibile, perché poco consistente per non aver maturato il seme nella spiga. Ambedue i paragoni (v. 6-7) servono a descrivere il rapido annientamento dei nemici di Dio e del suo popolo, auspicato dal salmista.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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FELICITÀ DELLA FAMIGLIA BENEDETTA DAL SIGNORE 1 Canto delle salite

Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie.

2 Della fatica delle tue mani ti nutrirai, sarai felice e avrai ogni bene.

3 La tua sposa come vite feconda nell'intimità della tua casa; i tuoi figli come virgulti d'ulivo intorno alla tua mensa.

4 Ecco com'è benedetto l'uomo che teme il Signore.

5 Ti benedica il Signore da Sion. Possa tu vedere il bene di Gerusalemme tutti i giorni della tua vita!

6 Possa tu vedere i figli dei tuoi figli! Pace su Israele! _________________ Note

128,1 Ritmano questa serena e gioiosa composizione le immagini che si riferiscono all'uomo che teme il Signore (vv. 1.4: il verbo temere va inteso qui come sinonimo di amare) e cammina nelle sue vie (il verbo camminare è immagine del comportamento dell'uomo; le vie del Signore indicano la sua legge: v. 1). Unito alla sua donna (paragonata alla vite, simbolo del popolo di Dio, benedetto dal Signore), questo uomo è all'origine della famiglia, voluta dall'amore di entrambi e arricchita dal Signore con il dono dei figli (paragonati ai virgulti d'ulivo, l'albero che nella Bibbia è simbolo di benessere, v. 3).

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Approfondimenti

Dio dà prosperità e pace a chi lo teme Salmo sapienziale (+ motivi liturgici)

Rappresenta la continuazione ideale del Sal 127 che lo precede. Ispira pace, gioia e serenità. È del postesilio. Il campo semantico e simbolico è spaziale, temporale, vegetale, liturgico.

Divisione:

  • v. 1: beatitudine;
  • vv. 2-4: descrizione della beatitudine;
  • vv. 5-6: augurio di benedizione finale.

v. 1. «Beato l'uomo...»: cfr. Sal 1,1; 112,1; 119,1. «che teme il Signore»: il timore del Signore in quanto risposta alla sua alleanza implica l'amore rispettoso e riverente verso di lui, cfr. Dt 10,12-13. «vie»: immagine simbolica per indicare i voleri divini, cfr. Sal 112,1.

v. 3. «come vite feconda... virgulti d'ulivo»: la vite e l'ulivo, piante fruttuose e molto comuni della vita agricola palestinese, indicano la fecondità e l'abbondanza di frutti dell'intimità familiare. Per le immagini, cfr. Sal 104,15; Ez 19,10; Sir 39,26.

v. 5a. «Ti benedica il Signore..»: è la rubrica liturgica che introduce la benedizione, cfr. Nm 6,23.

v. 6. «i figli dei tuoi figli»: la benedizione riguarda la fecondità a livello personale e familiare. È segno di longevità il «vedere» i nipoti, che sono la «corona dei vecchi» (Prv 17,6). «Pace su Israele»: è un'aggiunta liturgica (cfr. Sal 125,5) che allarga ancora di più l'orizzonte della benedizione. Dalla prosperità di Gerusalemme si passa alla pace (= pienezza di beni) dell'intero Israele.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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