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Tutti-i-sentieri-del-bosco Sentieri Erano settimane che stavo cercando questa particolare fotografia e non riuscivo a trovarla. L'ho anche cercata sul mio profilo di facebook perché sapevo di averla postata, anni e anni fa, quando ancora avevo l'applicazione sul cellulare (2,5 cellulari fa, poi l'ho disinstallata e mai più installata in quelli successivi) ma non c'è stato verso. Facebook me l'aveva anche riproposta come ricordo non più tardi di un annetto fa, sicché per esserci c'era. Però sapevo che prima o poi l'avrei ritrovata per caso in una delle tante pennette o in un HD portatile o in uno dei tanti cloud (gratuiti). E così è stato, proprio oggi, cercando una vecchia vignetta umoristica da mandare ad una mia amica che oggi compie 50 anni (bella tappa!). Come fotografia non è assolutamente un gran che, non ho nemmeno bisogno di ammetterlo perché è evidente in sé. Ma per me è indissolubilmente legata ad una mia intima riflessione che feci mentre percorrevo proprio quel sentieri lì e che dette origine ad uno dei pochi aforismi dei quali sono certo ed orgoglioso padre. Magari “dice” soltanto a me, magari “solo a me” ripropone sentieri di pensiero che si perdono e si ricongiungono e deviano ancora e si diramano. Ve la propongo così come mi venne in mente: “Tutti i sentieri del bosco, prima di essere sentieri, erano bosco”

La clip musicale è tratta da “Struggle For Pleasure – Wim Mertens” . Anche questo brano l'ho inseguito per anni. Era inserito in una serie radiofonica che trasmettevano, mi pare il mercoledì, anni ed anni ed anni fa. A quel tempo non c'era Shazam e probabilmente manco internet, sicché era una serie ben ben vecchia. Ascoltavo volentieri la puntata e soprattutto la sigla di chiusura, appunto questa. Qualche anno fa ho trovato il brano su youtube per caso, manco sapevo chi fosse questo Win Mertens. L'ultima mania che m'è presa è di fare clip musicali con un'unica fotografia, poi le salvo su un cloud nella cartella “Foto musicali”

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giusto una prova per vedere se ci viene subito la foto, dopo lo elimino gatto-caff

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Sliding doors Approfittando della giornata con un po' di sole, siamo andati a far due passi in città a vedere la situazione dell'Arno sui lungarni. Pensavo di parcheggiare in via Luigi Bianchi e poi passare per Borgo Largo ma non avevo fatto i conti con la partita rimandata ieri causa maltempo, così sono andato a parcheggiare in via Bonanno accanto a Farmacia. Proseguendo accanto alle mura per sboccare su lungarno Simonelli, siamo passati accanto agli Arsenali Repubblicani dove c'è la Mostra fotografica di Elliott Erwitt che, senza falsa modestia, non sapevo chi fosse. Però sono curioso, una Mostra è una Mostra fosse anche di “taglio e cucito”, c'è sempre qualcosa da vedere che non sapevi sicché siamo andati a visitarla. Magari un pelo caruccio il biglietto d'ingresso, if you ask me. Vi riporto un estratto di quello che dice di lui Wikipedia:

“Elliott Erwitt, (1928 – 2023), è stato un fotografo statunitense specializzato in fotografia pubblicitaria e documentaria, noto per i suoi scatti in bianco e nero che ritraggono situazioni ironiche e assurde di tutti i giorni. Seguì lo stile di Henri Cartier-Bresson, maestro nel cogliere l'attimo decisivo.”

Quelle esposte sono tutte in bianco e nero tranne due, decisamente minori, che lo ritraggono. Dice sono autoscatti. Qualcuna l'avevo già vista senza ovviamente sapere di chi fosse (e ora, per quello che può servire, lo so). Tra queste una che mi era rimasta impressa per un particolare: “Segregated Water Fountains” dice del 1950 in Carolina del Nord. Non per il cartello White su un lavandino e Colored per l'altro. Per il lavandino ben pulito mentre l'altro molto sporco. L'avevo trovata una cattiveria inutile.

La foto che presento l'ho fatta io con il cellulare, non è mi è venuta particolarmente bene però su internet non ne ho trovate altre che evidenziassero altrettanto bene la “disparità di comportamento”.

Il brano musicale è “Omnia sol temperat” dai Carmine Burana di Orff. Mi è sempre piaciuto quando recita Ama me fideliter Fidem meam nota De corde totaliter Et ex mente tota Sum presentialiter Absens in remota Quisquis amat taliter Volvitur in rota Li trovai versi dolcissimi proprio ed anche per il modo nel quale vengono cantati.

https://postimg.cc/vgVnRBVD https://pixelfed.uno/i/web/post/806932659838833054 (con il brano)

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Il Senso Pratico Non È L’elemento Dominante https://i.postimg.cc/MpgTgzZm/muro-a-Lucca.jpg (Un mio post del 31/05/2019 in un vecchio blog; l'ho riletto qualche minuto fa e non mi è spiaciuto. La foto non c'entra nulla, nel vecchio post non c'era nemmeno . È un muro in una via di Lucca, fatta lo scorso 17 febbraio. Mi garbano i muri “vissuti”)

Il Senso Pratico Non È L’elemento Dominante

Stamattina da ZaV mi ero appuntato una frase del libro che sto leggendo sul blocchetto rosso degli appunti; che sia rosso è un caso, non è qualificativo, è semplicemente un blocchetto per gli appunti al volo con la copertina rossa. Il libro è “L’antica arte di trovare la strada” e a pagina 154 mi sono soffermato su: “Sia il calendario ebraico sia quello islamico sono lunari e, come in tutte le materie religiose, il senso pratico non è l’elemento dominante“. È una bella immagine: il senso pratico non è l’elemento dominante. Da qualche parte ho letto che un’ipotesi del formarsi delle religioni è che siano un modo per pensare la stessa cosa tutti assieme, il che aumenta la coesione sociale; un insieme di norme, più o meno espresse e catalogate, che facilitano la definizione del proprio posto in seno alla comunità. Non mi sembra campata in aria come ipotesi. Benché molto ma molto a posteriori si riconosca l’apporto positivo di punti di vista diversi, nell’immediato li percepiamo come fastidiosi intralci allo status quo. Quando gli effetti di una rivoluzione di pensiero decantano e rimpiazzano il ” vecchio” status quo diventando quello nuovo (ma mi sa non percepito sul momento come tale) diventa lo status “naturale” delle cose e quindi non messo in discussione fino al prossimo sobbalzo. La novità che viene dall’esterno e che porta “diversità” mi fa venire in mente l’osservazione sui topi in laboratorio (peraltro rilevabile nella “normale” vita umana ma forse meno facile da descrivere o parlarne). Se in una comunità di topolini si introduce un topolino esterno c’è sempre una topolina che ne è attratta. Questo porta ad un rimescolamento dei geni e di inconsapevole beneficio per la specie, inconsapevole intendo per gli individui; solo che, immedesimandomi nei topolini della comunità, immagino che lì per lì sul subito rompa un po’ i coglioni. Questo un po’ più in grande succede con tutti i flussi migratori sicché è anche di attualità in questo momento. In realtà flussi migratori sono sempre avvenuti in passato senza soluzione di continuità, semplicemente non era percepito a livello globale ma solo locale. Questo accade anche oggi, non è che abbiamo percezione di quello che avviene in un posto sperduto nel mondo se non sale alla ribalta ma siamo comunque consapevoli di quello che ci avviene davanti all’uscio di casa. Interessante è anche il concetto di salad mix, che sostituisce la narrazione di melting pot. Mia personale impressione dettata dalla pancia è che però il salad mix, che senza dubbio crea molte più “possibilità”, sia comunque una anticamera che anticipa una inevitabile omogeneizzazione la quale, vista dall’alto, rende più coesa la situazione ma anche più inevitabilmente statica. Se posso azzardare un esempio che mi viene ora al volo, lo stato finale di un mix di acqua sabbia pietrisco e cemento è un composto statico e immutabile. Uno stato che non è flessibile regge bene i piccoli sommovimenti ma alla fine si sgretola sotto la spinta della loro somma. A grandi linee succede così per esempio nei terremoti e la saggezza popolare ci ricorda che “gutta scavat lapidem” ed anche che “l’acqua cheta frana i ponti”. A mente fredda che spesso si consegue con il senno del poi, sarebbe meglio convogliare i cambiamenti piuttosto che contrastarli.

Non c’entra un cazzo ma è quello che sta succedendo adesso, sono le 11:03: al tavolino di fronte a me a questo bar sull’Aurelia, ci sono dei personaggi parecchio addentro al mondo del calcio, un paio li conosco di persona, che stanno commentando l’attuale situazione delle squadre soprattutto in funzione del prossimo campionato. Uno è un ex giocatore di serie C poi direttore sportivo di una squadra di serie A, uno è un allenatore adesso in serie C, degli altri mi par di capire uno sia un procuratore. Io, che di calcio non intendo orgogliosamente nulla, me ne sto a guardarli di sottecchi ed ascolticchiare come un apprendista sociologo, stupendomi come su una cosa così vuota si sia costruito un consistente castello di infrastrutture. È un mondo autoreferenziale che ha però ricaduta sul mondo reale. È questo un piccolissimo esempio di come si possa dare consistenza al nulla: viviamo un mondo di convenzioni. Un bellissimo ed in parte doloroso esempio, doloroso per un bambino su 10 anni, l’ho imparato a quell’età ai giardinetti del Priamar a Savona. Siamo alla fine degli anni ’60, forse il ’68 o il ’69. I miei interessi vertevano allora sui soldatini, il Corriere dei Piccoli e le biglie di vetro. Quando mia madre mi portava ai giardinetti facevo comunella con gli altri bambini e giocavamo a biglie. Una breve descrizione: Si giocava in gruppi da due a 'n' partecipanti ognuno con la propria biglia di vetro e relativo sacchettino con la scorta ed il bottino. Solo quelle di vetro, quelle di plastica con l’effigie dei corridori servivano solo per le gare su pista sulla sabbia delle spiagge. Si faceva una piccola buca per terra ai piedi magari di un albero e poi ci si disponeva ad una certa distanza; a turno si lanciava la propria biglia cercando di avvicinarsi il più possibile alla buca. Mi sembra di ricordare che poi quello che ci era andato più vicino tirava per primo e dava un cicchetto alla propria biglia con l’obiettivo di infilarla in buca. Il primo che ci riusciva diventava cacciatore e continuava a tirare fino ad errore dando la caccia a tutte le altre biglie che erano solo possibili prede finché non avessero raggiunto anche loro la buca. Il cacciatore prendeva la sua biglia in una mano a pugno mettendola nell’incavo creato dal pollice che si infila nell’indice e che poi scattando l’avrebbe fatta schizzare verso la preda; con l’altra mano creava un semicerchio con il pollice che faceva perno sul punto dove si era fermata alla sua biglia e come raggio la punta del mignolo esteso. La mano che reggeva la biglia si poggiava su questo compasso e la verticale della biglia doveva essere all’interno del semicerchio. Certo, quelli con le mani belle grandi e le dita ben estensibili erano avvantaggiati ma quelle erano le regole; avevamo già imparato che alcuni di noi erano più alti degli altri, alcuni più agili o più forti e alcuni avevano appunto una mano avvantaggiata. Il cacciatore schizzava la sua biglia e tutte le biglie che colpiva diventava suo bottino. Quando sbagliava perdeva il turno e cacciatore diventava il secondo che era arrivato alla buca. Le regole erano chiare, non mi pare di ricordare ci fossero grandi discussioni. Gli ex proprietari delle biglie uscivano momentaneamente dal gioco che terminava quando un cacciatore prendeva l’ultima preda. Cominciava allora un nuovo gioco e chi aveva perso si giocava una delle biglie della propria scorta, chi aveva vinto pescava dal bottino. Io a volte tornavo a casa con più biglie di quando ero partito, a volte con meno ma così è la vita già a quella età ed i pomeriggi passavano. Ricordo che invece quella volta era di mattina molto presto, fai conto intorno alle nove e tanto fa. Essendo di mattina dovevamo essere in estate in vacanza. Ai giardinetti ero da solo, in febbrile attesa che arrivasse qualche concorrente. Ne arrivò uno che avevo imparato a diffidare perché era una mezza teppa. Non aveva biglie quindi era tagliato fuori. Mi propose di giocare così , tanto per divertimento, e allora gliene prestai una delle mie. Dopo un po’, magari qualche gara l’avevo vinta io e qualche altra lui ma la “sua” biglia era sempre comunque di mia proprietà, mi propose, “per rendere la sfida più invitante” mi disse, di giocare sul serio con questa regola: se lui avesse vinto tre gare di fila allora la biglia sarebbe diventava sua a tutti gli effetti. Ovviamente me la vinse sennò non sarei qui a raccontarla. Ma adesso che era legittimo proprietario di una biglia potevamo, disse, continuare con le regole consuete. Accettai e giocammo e me ne vinse una decina. Dopo un po’ mi disse “va be’, adesso devo andare, ciao e grazie”. Lo vidi allontanarsi con le mie biglie mentre ripercorrevo mentalmente tutti i passi logici che erano intercorsi perché diventassero sue. Penso sia stata per me un’ottima lezione, non dico proprio sul momento perché bruciava, intendo in seguito, parecchio in seguito. La morale che ci vedo è che le convenzioni, gli accordi, le regole, non sono intrinseche alla realtà ma ne sono una sovrastruttura più o meno concordata.

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UNA CARRIERA STRONCATA https://i.postimg.cc/J7Tz4V28/l-olandesina.jpg In realtà volevo vedere come si fa ad inserire foto in questo noblogo; Ho preso una vecchia cosa che avevo postato nel 2012 su “neteditor” (che poi chiuse nel 2017). Non ricordavo di averlo salvato anche in un altro vecchio mio blog così ho già il “pezzo” pronto. A qualcuno strapperà una sghignazzatina, qualcun altro penserà “che stronzata”. Tenete però presente che è una cosa giovanile, non avevo nemmeno ancora compiuto 55 anni, oggi la riscriverei uguale uguale… UNA CARRIERA STRONCATA Una volta da giovane feci un provino per un film porno. Mi fecero spogliare, mi esaminarono, mi dissero che potevo andare negli studios tutti i giorni che prima o poi sarebbe capitata l'occasione. Insomma ero un possibile titolare ma all'inizio stavo in panchina. Se mi passate il termine, fu un periodo “duro”, tutti i giorni vedere gli altri fare la loro partita e tu lì in panchina ad aspettare la sostituzione. Ma non mi detti per vinto. Tutti i giorni mi allenavo duramente, a casa, da solo. Ed un giorno spuntò l'occasione. Uno degli attori aveva dato forfait per una banale influenza. Non una gran parte, questo me lo dissero subito, più che altro una comparsa, però pensai “È un inizio”. Era un film ambientato nel mondo dei detersivi, fai conto una corsia di un supermercato dove, di notte, dagli scaffali si animavano i flaconi e i personaggi “icona” si davano alla pazza gioia. Era un film in due tempi. Il primo tempo s'intitolava “Calimero e la bella Olandesina”. Io sarei entrato nel secondo tempo. Mentre stavano preparando la prima parte fremevo in attesa di capire chi mi sarebbe toccata. “Speriamo non sia la vecchina dell'Ace” mi dicevo, anche se, ad essere onesto, un po' m'intrigava. Poi accanto a me si è seduto un energumeno. – A quanto pare reciteremo assieme – mi fa. – E tu chi sei? – gli ho chiesto. – Sono il protagonista del secondo tempo, quello intitolato “A Mastro Lindo piace l'omino bianco - Sono scappato quatto quatto e non so nemmeno se poi Calimero se l'è trombata l'Olandesina.

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11 marzo 2025. Oggi sono 498 mesi che siamo sposati. Li contiamo così, a mesi, dal primo mese. E c'è tutto un rituale da rispettare, mai saltato in tutti questi anni. Lei: Lo sai che giorno è oggi? Io: No, che giorno è? Lei: È l'11! Io: E allora? Lei: Sono xx mesi che siamo sposati! Io: Taaanta roccia! (può variare l'espressione di meraviglia!) Lei: Perché, non sei felice? Io: Io sì! E tu? Lei: Anch'io! Auguri amore! Io: Auguri amore! Dopo di che ci si scambia un bacino (sulle labbra) e si inizia la giornata. Stamattina, come di consueto, ho preparato per la colazione. Oggi uova all'occhio di bue con pane tostato, (le prepara poi lei quando si alza), macedonia di fragole, mirtilli, limone, cannella, strisce di limone (biologico, buccia edibile) e poi due belle tazze di caffè americano alla nocciola. Sulla tavola oggi ho messo, ci va a pippolo, il mazzetto di violette che mi ha regalato ieri mia madre. Me ne fa sempre uno per il mio compleanno che è passato qualche giorno fa. Non eravamo a casa, né lei né noi, sicché me l'ha preparato ieri al nostro rientro. Anche questa è una bella tradizione. Sa che a me le violette piacciono un sacco e lei ne ha un sacco in giardino a stagione. Per il mio compleanno le aspetto!

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A M in risposta al suo pezzo “L’oscenità del potere: Trump, Musk e la propaganda travestita da futuro” * 10 marzo 2025, quasi le 23:00 Buonasera Michi, sono finalmente a casa, alla comoda tastiera del mio computer. In questi giorni in terra sarda avevo buttato giù degli appunti, ho sempre un taccuino per note al volo e dei quaderni «di brutta» dove con calma le sviluppo, correggo e molto spesso cancello. Rileggendole ora, scasso tutto e ricomincio praticamente ex novo. * Io il video di Trump non l'ho visto, solo intravisto. Non avevo nemmeno capito che l'avesse postato lui, pensavo fosse una parodia che lo perculava, mi è sembrata fatta tecnicamente male con colori troppo accesi. Ricordo la statua d'oro e la scena di una spiaggia con uno scorcio di mare azzurro e barche di lusso che mi rimandavano a cose che mi danno fastidio, così dopo pochi fotogrammi ero passato ad altro. Dopo aver letto le tue riflessioni non sono andato certo a ricercarlo per vederlo nella sua interezza. Mi sono state e mi sono sufficienti le emozioni negative che tramite tuo mi sono arrivate. * Un concetto in particolare mi è rimasto impresso e che hai espresso nella frase “riscrittura totale della realtà” e ripetuto poco più avanti “Qui si sta cancellando la realtà”. * “Ecco sì, è questo!” ho pensato quando finalmente ho (ri)trovato, mentre ricercavo tra le tue righe la cosa che mi aveva colpito, come quando percepisci di essere sull'orlo di un'intuizione e cerchi di darle corpo ed eccola lì: “È proprio questo! Riscrittura totale della realtà”. * Da lì sono partiti mille e più ricordi di riflessioni. Il concetto lo conoscevo come “La Storia è scritta dai vincitori” già espresso a suo tempo dai Romani (non mi chiedere chi, non lo ricordo, ho googlato proprio adesso ma non l'ho trovato riferimenti a come la ricordavo quindi capace anche non fossero stati i Romani…) e qualche tempo fa ho trovato lo stesso concetto venduto come proverbio africano: “Until the Lion learns how to write, every story will glorify the hunter”. Se sia vero che sia un proverbio africano non te lo so dire. Verosimile magari sì. La Storia è scritta dai vincitori. L'ho sempre trovata dolorosamente vera in sé stessa. * E succede ogni giorno declinata in modi diversi, dal racconto dell'imprenditore di successo a per esempio lo scudetto di una squadra di calcio. ( ti ricordi, tanto per dire, che l'Argentina di Maradona vinse il mondiale dell'86 anche grazie ad un gol di mano proprio di Maradona, nella gara di quarti di finale vinta con l'Inghilterra? Lo sai o no non fa differenza, magari non eri manco nata [no, non è un tentativo per sapere la tua età! Sono cmq 39 anni fa + qualche anno per capire di cosa si sta parlando, direi quindi necessitino almeno 45 anni] la Storia dice che il Mondiale l'ha vinto l'Argentina) Non so perché ma a questo concetto lego sempre la poesia di Bertold Brecht, “Domande di un lettore operaio”, la trovo significativa. * Oppure il quadro La zattera della Medusa di Théodore Géricault. Ricordo d'aver letto che si salvarono perché avevano pregato Dio. E quelli affogati allora? Non lo avevano pregato o lo avevano fatto malamente? (e qui si potrebbe percorrere un filone dei tempi nostri con i migranti) * Ora però mi fermo qui perché… perché sì. * Non credo Trump sia un vincitore. Per l'amor di Dio, lui senz'altro si vede così e molti, non solo americani, lo vedono così. Ma fortunatamente siamo ancora in tempo. Come fermarlo non lo so. * Volevo risponderti per così dire in privato ma Mastodon non mi consente tutte queste righe e nemmeno Pixelfed. Allora ho scritto sul blog che ho aperto per curiosità così mi fa anche curriculum. Siccome quel blog lì non mette limiti di lunghezza, ne approfitto per chiudere in caciara che mi è cosa consona. Devi sapere che raramente ci sono buchi nella mia ignoranza [cit. film d'animazione “the Beatles: Yellow submarine” del 1968 e no, tu non c'eri, ci scommetto un mese di pensione!] quindi sono dovuto andare a cercare “asperger” “Oh pebacco” (senza la “r”, altra citazione da Diego Abatantuono) ho pensato! (aggiungere stereotipi ad libitum) Mi sono poi rincuorato perché dici di non saper contare gli stuzzicadenti “al volo” e non amare la matematica in genere. Allora mi son detto, le propongo una mia riflessione di anni e anni fa (che ho poi condensato in un aforisma) in un qualche modo correlata: Sono convinto che ognuno di noi, nel suo proprio intimo, pensi con onestà di non essere un genio ma comunque almeno sopra la media. Siamo tutti sopra la media! * Errori ed omissioni fanno parte del pezzo. Ho messo degli asterischi perché mi toglieva le righe vuote a capo. Un saluto.

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Una cazzatella che ho preparato giusto stamattina. A mia moglie fa piacere che la mattina, verso le 10:30, io le prepari una tazzina di caffè se siamo in casa. Per gioco ha cominciato a ricordarmelo facendo la voce stridula mentre magari lei è di là a stirare ed io al computer a cazzeggiare Errata Corrige a fare cose molto importanti. Allora stamattina le ho chiesto di poterla registrare e mi sono preparato una notifica sul cellulare per tutti i giorni alle 10:25 con il suo dolce richiamo… Va be', è un simpatico gioco di coppia. (48 anni assieme. Anni fa magari si facevano altri giochi di coppia ma si sa, mica c'erano internet e le app…) L'app che uso è Caynax Hourly Chime; nella versione gratuita ti consente di impostare delle notifiche nei giorni e ore che vuoi negli intervalli 00,15,30,45. Io lì dalle 7:00 alle 21:30 ci ho messo i rintocchi del big ben (no tutti, 1 rintocco al quarto, due alla mezzora ecc ecc; all'ora in punto suona il noto rintocco completo). Quando suona per esempio 2 rintocchi so che è la mezzora di un certo orario e.. guardo sull'orologio di quale ora è… A Novembre m'è ripresa la fissa di fare un po' di esercizi con i pesi e per ricordarmi di farli ho comprato la versione a pago (mi sembra 3 € all'anno) per poter avere altri intervalli oltre quelli di default. Ho preparato una notifica con un pezzo di “Eye of the tiger” impostandolo ai 20 e 40 di certe ore del giorno. E niente, per un po' è andata molto bene, ne ero orgoglioso. Ora mi sto curando per una fastidiosa tendinite ad entrambe le spalle (Zio prete!) Ah, la foto l'ho trovata in rete e mi è piaciuta perché mi ricordava i primi tempi da sposini. Avevamo proprio il macinino della foto, non ricordo se di mia o sua nonna e ci macinavamo il caffè proprio con quella. Bei ricordi! Ricordo anche che tempo 2 ci siamo fatti il macinino elettrico se no due palle! https://pixelfed.uno/i/web/post/801031811143817553

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L'Appeso. Tatuaggio che mi sono fatto, una decina di anni fa, sull'interno dell'avambraccio sinistro. Non ricordo adesso se fosse il quarto o il quinto dei sette che ho. Mi piacque perché una delle interpretazioni che avevo letto di questo Arcano Maggiore (non conosco assolutamente i Tarocchi) è che rappresenta l'inversione degli schemi. Assolutamente in linea con un precedente tatuaggio che m'ero fatto, un aforisma di Samuel Butler che recita, nella versione che ho conosciuto, “La gallina è solo il modo con il quale un uovo fa un altro uovo”. Lo trovai uno splendido esempio di cambio di paradigma, di prospettiva. Mi sono fermato poi a 7 tatuaggi, già ben prima del Covid sicché qualche anno lo è, però l'ultimo mi è particolarmente caro. È una frase arrangiata tratta dalla canzone di Jarabe de Palo “Depende” nella versione spagnola e che recita: “Aquí estamos de prestado. Uno nace y luego muere y este cuento se ha acabado.” Ah, l'unica motivazione che mi ha spinto a cominciare, tra l'altro a 53 o 54 anni, a farmi dei tatuaggi è stata “Perché sì”, non sono riuscito a trovarne a posteriori altre che mi convincessero di più.

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Stamattina mi sono alzato presto, ho sparecchiato la tavola di ieri sera, avevamo avuto una coppia di amici a cena per festeggiare il compleanno di questa amica, proprio di San Valentino (un giorno come un altro per nascere, no?). Ho caricato la lavastoviglie la cui la sistemazione finale la fa comunque mia moglie, io non so nemmeno dove vanno messe le pastiglie, quale programma impostare (so che è l'eco) e come si fa partire. Ho per consuetudine apparecchiato per la colazione e preparato le medicine del mattino. Poi sono tornato al computer. La routine del risveglio prevede che attorno alle 7:45 ( ma a volte anche alle 8) giungano dalla camera i rumori delle due che si alzano. A volte compare prima la cana, a volte prima mia moglie. Stamattina la cana. Dopo il bacino di “Buon mattino” ed il reciproco bollettino “come hai dormito stanotte?”, mia moglie porta giù in giardino la cana per i bisogni (con me non li fa!). Io intanto preparo la ciotola con i crocchini ed un po' di “umido” ad insaporire (le volte che ho dimenticato l'umido la cana, arrivando alla ciotola, si è voltata a fissarmi con lo sguardo a dire “Eh stamattina 'sta merda cos'è?”. Al loro rientro si può cominciare. Come ultima operazione proprio prima di sedermi accendo l'interruttore alla caffettiera elettrica. Sedendomi stamattina ho trovato accanto al mio piatto le prime violette della stagione, me l'ha raccolte mia moglie. Piacevole sorpresa! (https://pixelfed.uno/i/web/post/796300597102514996)

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