[diario dalla poltrona]
Qualche giorno ero finito in un video recensione di un oggettino grosso come una grossa calcolatrice che si presentava come giocattolo per programmare come negli anni ottanta, aveva una tastiera completa attaccata a un piccolo monitor e si poteva programmare con un basic residente, staccati da tutti e tutto, no internet, no gui con anche la possibilità di fare andare alcune shell unix, un text-editor e un emulatore di non so quale console anni novanta (forse un Nintendo).
Compulsione di acquisto a cento, per fortuna mitigata dalla ragione e da alcuni limiti hardware del tutto. Poi guardo sul sito e c'è anche un modello con una tastiera più importante, un linux con schermo più largo e – nel case del tutto – una stampante termica. Non ricordo quale dei due modelli potevi anche attaccare cose elettriche, tipo led, per lavorare in modalità arduino. Anche qua compulsione di acquisto a mille mitigata dalla ragione e dal fatto che il prodotto era fuori catalogo.
E poi pensavo, ecco, ho computer potentissimi, molto più potenti di quei gadget nerd, ma poi sono sempre connesso in rete a perdere tempo, ecco. Poi un'ora dopo ero davanti a un text editor che programmavo una visual novel in renpy e mi mettevo lì a scrivere codice (semplice eh) per qualche ora per produrre qualcosa e quindi niente, non è lo strumento ma la dieta digitale che in qualche modo devi importi, in qualche modo deriva dalle cose che fai nel mondo reale.
Girare in rete, stare sui social non è male se sai come smettere. La rete non è andata proprio come volevamo. Leggevo stamattina sul nyt di come negli Stati Uniti ci siano zone rurali dove l'informazione locale tradizionale è stata sostituita del tutto (o quasi) da gruppi Facebook o influencer youtuber. L'informazione dal basso realizzata sembra però trascinarsi dietro un sacco di residui: censura, hate speech, polarizzazione e un generale livello di ignoranza.
Di contro i media tradizionali, anche qua in Italia, sono diventati illeggibili. E non solo per colpa loro. Questa possibilità di poter avere accesso a qualunque informazione nel mondo ha alzato l'asticella minima di informazione di cui ho bisogno. Non mi basta il tuo punto di vista, voglio anche sapere le tue fonti. Sapere chi ti paga.
Gli unici soldi che spendo per l'informazione li spendo per il nyt (soldi, non pochissimi, spesi in genere benissimo) e per Il post (soldi spesi meno bene: a volte sembra la versione omeopatica del nyt). La triade dell'informazione tradizionale, La Stampa, Repubblica e il Corriere, almeno quelli online, ha raggiunto dei livelli di asservimento al clickbait e alle informazioni tossiche da social da renderla vera e propria spazzatura di cui si può – appunto – solo fare pulizia. Non me ne voglia chi ci lavora dentro, ma scorrere le home page di quei siti è urticante.
Quello che mi piace del nyt, al di là di un certo conservatorismo culturale con cui bisogna un po' prendere la giusta distanza, è che si vedono gli investimenti in prodotti di informazione digitale pensati per una fruizione che vada oltre il semplice scrolling. I soldi che pago vengono reinvestiti in idee e metodi non convenzionali di narrazione del mondo. Che sia la narrazione di una persona che torna in Italia per assaggiare un gelato dopo un periodo di malattia che aveva leso la sua possibilità di sentire i gusti, le interviste a democratici che alle ultime elezioni hanno votato Trump o gli appuntamenti giornalieri per imparare una poesia attraverso video-letture e gamification, di volta in volta c'è un prodotto pensato e programmato ad hoc e non l'adozione a standard di cose che si ripetono in rete senza molta fantasia (l'ennesima newsletter o l'ennesimo podcast).
C'è troppa informazione, non devo aggiungerne altra, devo rendere la mia una performance unica con il lettore.
Mi faceva sorridere Strindberg che a inizio novecento, tra le cose che rendevano la vita un Inferno frenetico, inseriva il fatto di dover ogni giorno leggere i quotidiani. L'informazione pesa e oggi in cui è tutta lì, dietro allo schermo ad attenderci famelica è ancora più pericolosa.