[diario dalla strada]
In pratica non sto bene, quest'anno lo vivo all'insegna dello non stare bene, l'ultima cosa che mi è venuta è un male alla schiena costante con fitte che vanno e vengono, stiamo indagando, probabilmente, come dice la mia medico “un'ernietta”, fatto sta che sto passando questi giorni di festa nel letto a digrignare i denti, mangiare pastiglie e pensare al futuro.
Comunque, oggi decido che male alla schiena o non male alla schiena devo fare una passeggiata e esco e prima di uscire ho in mente una canzone di Suzanne Vega che non ho in digitale, la faccio breve, mi scarico da Bandcamp un suo live di qualche anno fa che non avevo mai sentito, mi metto le cuffie e esco.
Faccio i primi passi e partono le chitarre di Marlene On The Wall e per un attimo mi sento come Maxine all'inizio di Life Is Strange, quando cammina per i corridoi della scuola e – niente – effetto madelaine mi sento per un attimo catapultato all'indietro di dieci, venti, trenta, quaranta anni.
Ho nella mia memoria alcuni ricordi precisi di io in giro per il mondo che ascolto la musica con le cuffie: io negli anni ottanta con un walkman scabeccio che ascolto, la sera in piazza Manin, Night Vision, io sempre anni ottanta che cammino con il cane a Sant'Olcese la sera e sento un disco dei Pink Floyd dove a un certo punto c'è un campionamento di una macchina che passa e io – solo in mezzo alla strada – faccio un salto a lato, terrorizzato; io che qualche anno dopo aspetto qualcuno alla stazione di La Spezia durante il servizio civile, ascoltando dal lettore cd portatile Buddha Of Suburbia, io che ascolto qualche anno dopo Rave Un2 The Joy Fantastic e mi si rompono le orecchie.
La mia rottura delle orecchie l'ho già raccontata, acufeni e iperacusia che ormai mi accompagnano da un ventennio. Quando non ci sono rumori in casa io ho nelle orecchie un fischio continuo 24/24, ho imparato a non farci caso, se ci faccio caso dopo un po' impazzisco perché è un fruscio sibilante che non si ferma mai e che diventa più intenso quando sono più stanco e più affranto.
Questo non mi ha impedito di ascoltare ancora musica, meno bene di prima, con più difficoltà e soprattutto le cuffie le uso rarissimamente, non solo perché me le fregano sempre i figli, ma perché se ascolto musica con le cuffie per più di una mezzoretta poi i fruscii sono decuplicati e divento ipersensibile a qualsiasi rumore.
Ma ogni tanto, appunto, cedo e accetto il rischio e le conseguenze.
E quindi mi faccio questa passeggiata camminando e ascoltando questo concerto di Suzanne Vega che mi fa sbrodolare, pura nostalgia e riemergere e penso che quello che sto provando non è tanto ascoltare le canzoni di Suzanne Vega, ma un ricollocamento temporale di me nel 2024 rispetto a tutto il tempo che è passato da quando quelle canzoni le ho sentite per la prima volta, la massa di tempo che ho vissuto e mi sono mosso e sono cambiato e che viene relazionata a quel ragazzino nel millenovecentoottantaqualcosa e quest'uomo, con la schiena a pezzi e i giramenti di testa e il piede guasto e le cartillagini dei ginocchio consumate che cammina e ancora ridacchia da solo pensando le cose così.
E tutto questo per nemmeno 15 euro, penso, non male. Penso a Suzanne Vega, a quella volta – irreale – che l'ho vista a Genova suonare al Porto Antico dove d'inverno c'è la pista di pattinaggio, al fatto che ho iniziato ad ascoltarla solo perché piaceva a un mio compagno del D'Oria e poi ho continuato a seguire tutti i suoi dischi per decenni senza sapere bene perché visto che non ho mai tradotto davvero tutte le sue canzoni, e alla fine penso che alla Vega, in quarant'anni le avrò dato in tutto un centinaio di euro, concerto non compreso, e penso che beh, ne è valsa la pena. Tutto questo per avere ancora un ricordo di me che cammino, una sera, e penso alle volte che sono stato nello stesso stato d'animo, così solitario e pieno.
Finisco la mia passeggiata mentre parte l'ultima canzone, sembra fatto apposta e mentre scorrono le ultime note il cellulare vibra e mi dice che sto ascoltando le cuffie da un po' troppo tempo, che sarebbe bene toglierle. Dico al cellulare che ok, aspetto che finisca la canzone e poi spengo e rido da solo, nella via desolata attorno a casa mia e intanto è notte, è dicembre, e tra poco sarò a casa.