Tetti fumosi e tristi rivelano
le sinuose forme di monti opachi,
coperti a tratti da una grigia bruma.
Di tanto in tanto foglie ansimanti
appaiono sparse sui declivi,
mentre un sentiero si inerpica
verso la scontrosa cima
che fugge involontaria
senza attendere vesti strappate
da un vento singhiozzante.
L’inverno è in arrivo
anche per le fragili orchidee,
orme nel deserto dell’anima.
Vibra nell’aria un soffice vento,
che vaga per le valli
e soffia la neve dai tetti.
Un passero infreddolito ed imbiancato
maschera il fragore dell’inverno
cinguettando alle rossastre nubi
che annunciano la sera.
Tra i rami e gli aghi di pino
qualche gocciola si insinua:
piange il silente capriolo,
osservando da lontano un nero fucile,
piange il solitario camoscio,
fuggendo dal sospiro della morte.
All’alba l’aurora si posa
sui pendii macchiati di sangue.
Una musica, una fisarmonica, una balera
immagini di un mondo sepolto dal tempo
che vive nei tuoi occhi, nei tuoi gesti cupi,
abbandonati su una sedia senza meta,
e accompagnati da piccole mani straniere.
Il gaio sorriso dell’amore non abita più in te,
restano solo i suoni di un dolce ricordo
e il capo chino su un corpo etereo.
Soffia il magico vento autunnale,
ma è il tetro inverno luccicante e triste
a parlare sotto la tua canuta pelle.
Una menzogna appena nata,
il ricordo della brezza estiva,
un orologio perpetuo
narrano il crudele tormento,
ma nessuno ascolta.
Un’altra amara illusione
regala fugaci evasioni.
Ormai la stanca speranza vacilla
all’ombra di una fioca luce.
Impetuoso fiume in piena
calpesti dolorose ferite.
Sorpreso dal vento
e dall’impaziente notte,
annunci intriganti storie,
ansie passate e dubbi presenti.
Ti muovi come la luna
che vaga senza una meta,
lasciando tracce di luce
su incantevoli pensieri
e crude passioni.
Il tempo ti ha reso
più attraente e sognante
della profumata aurora
che si posa solinga
sull’aspro sentiero della vita.
Il Sole illumina il tuo stanco profilo,
abbagliato da una collana di perle rosse
e intimorito dal tempo della solitudine.
Sotto i tuoi sguardi premurosi e tristi
volano i segni delle brusche parole
che ti hanno ferito nel tuo peregrinare
in un passato avvolto nel mistero.
Il fruscio dei tuoi pensieri spaventati
si posa sull’aspra dolce terra,
incastonata tra i monti selvaggi
e sospesa nel vortice dei ricordi
di una gioventù in fuga verso la libertà.
Accompagnati dalle tue debolezze
i tuoi passi annunciano un mite sospiro
che precipita nell’incertezza di un vago futuro,
mentre le tue fragili mani si aggrappano alla vita
e la tua anima rapita dal vento
lascia che lievi lacrime
solchino il tuo etereo volto,
testimone della sorda cecità
che ci afferra ogni giorno.
Sognando l’amore perduto tra le macerie,
con le spalle rivolte al silente monte
e lo sguardo perso nei rimpianti,
vaghi in una gelida notte d’inverno
tra i sentieri interrotti dalle lacrime.
Schiene nere sporche di amaro sudore,
battute dalla polvere in terra straniera
e uccise da una crudele frustata,
volgono di tanto in tanto lo sguardo a Dio.
Il vento paziente della povertà
si aggrappa alle canne svolazzanti
per incoraggiarle a crescere forti e vigorose.
Sotto il sole tropicale distese infinite,
ricoprendo l’aspra pianura fino al mare,
sembrano rincorrere l’orizzonte lontano
con la tenacia dello schiavo che fugge.
Dopo lunga e silente attesa,
il fuoco incontra al primo fiore
le piante zuccherine scuotendole
e lasciandole nude ad aspettare
che il tempo della raccolta finisca.
Il dolce succo distillato da mani sapienti
invecchierà in amorevoli botti
fino a diventare un liquore dai colori sfumati
che scivolerà nei bicchieri più raffinati
facendosi cullare dal fumo discreto di un avana,
o andrà per le osterie sul far della sera
ad offrire ospitalità ai viandanti
guidati dal fruscio della Luna piena.
Bicchieri vuoti e libri malati
travolti da un fiume in piena,
si infrangono su logori pavimenti,
mentre una serica chioma,
sorpresa nella notte singhiozzante
da un vento impaziente,
osserva una vacillante clessidra
e racconta con supplice emozione
ansie passate e dubbi presenti.
Come schizzi disordinati e maliziosi,
torbide passioni ricoprono le pareti
in cerca di un abile burattinaio
che ricomponga la Storia.
In lontananza una pieve nascosta
da misteriose spine attorcigliate,
dietro mattoni cadenti e immobili,
intona le note illogiche dell'universo.
Stordite dalla libertà degli eventi,
confuse tracce di una fragile luce
rincorrono il lento e leggero passo,
appoggiato dall'ultimo pellegrino
sul turbamento di avvilite preghiere
che ricordano la fatica dell’essere
e l'eterno sgomento della fine.