Poesie

Tetti fumosi e tristi rivelano le sinuose forme di monti opachi, coperti a tratti da una grigia bruma. Di tanto in tanto foglie ansimanti appaiono sparse sui declivi, mentre un sentiero si inerpica verso la scontrosa cima che fugge involontaria senza attendere vesti strappate da un vento singhiozzante. L’inverno è in arrivo anche per le fragili orchidee, orme nel deserto dell’anima.

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Vibra nell’aria un soffice vento, che vaga per le valli e soffia la neve dai tetti. Un passero infreddolito ed imbiancato maschera il fragore dell’inverno cinguettando alle rossastre nubi che annunciano la sera.

Tra i rami e gli aghi di pino qualche gocciola si insinua: piange il silente capriolo, osservando da lontano un nero fucile, piange il solitario camoscio, fuggendo dal sospiro della morte.

All’alba l’aurora si posa sui pendii macchiati di sangue.

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Una musica, una fisarmonica, una balera immagini di un mondo sepolto dal tempo che vive nei tuoi occhi, nei tuoi gesti cupi, abbandonati su una sedia senza meta, e accompagnati da piccole mani straniere. Il gaio sorriso dell’amore non abita più in te, restano solo i suoni di un dolce ricordo e il capo chino su un corpo etereo. Soffia il magico vento autunnale, ma è il tetro inverno luccicante e triste a parlare sotto la tua canuta pelle.

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Una menzogna appena nata, il ricordo della brezza estiva, un orologio perpetuo narrano il crudele tormento, ma nessuno ascolta. Un’altra amara illusione regala fugaci evasioni. Ormai la stanca speranza vacilla all’ombra di una fioca luce.

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In corridoio una bambina sporca trascina il suo nero abito gocciolante, cercando la luce della grande cucina. Mamma dove sei?

Il destino aggrappato alle sue spalle minute, lascia una scia in una notte senza stelle. Mamma dove sei?

Immobile sotto una fioca luce sa che arriverà ma non la vede, sa che l'ama ma non la sente. Mamma dove sei?

Sei nei sogni dove il pericolo ti afferra, nella vita piegata dalla fatica in balia degli eventi. Mamma dove sei?

Una bambina sospira i tuoi occhi, le sue piccole mani graffiate sussurrano: Mamma dove sei?

Fiorellino sono qui.

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Impetuoso fiume in piena calpesti dolorose ferite. Sorpreso dal vento e dall’impaziente notte, annunci intriganti storie, ansie passate e dubbi presenti. Ti muovi come la luna che vaga senza una meta, lasciando tracce di luce su incantevoli pensieri e crude passioni. Il tempo ti ha reso più attraente e sognante della profumata aurora che si posa solinga sull’aspro sentiero della vita.

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Il Sole illumina il tuo stanco profilo, abbagliato da una collana di perle rosse e intimorito dal tempo della solitudine. Sotto i tuoi sguardi premurosi e tristi volano i segni delle brusche parole che ti hanno ferito nel tuo peregrinare in un passato avvolto nel mistero. Il fruscio dei tuoi pensieri spaventati si posa sull’aspra dolce terra, incastonata tra i monti selvaggi e sospesa nel vortice dei ricordi di una gioventù in fuga verso la libertà.

Accompagnati dalle tue debolezze i tuoi passi annunciano un mite sospiro che precipita nell’incertezza di un vago futuro, mentre le tue fragili mani si aggrappano alla vita e la tua anima rapita dal vento lascia che lievi lacrime solchino il tuo etereo volto, testimone della sorda cecità che ci afferra ogni giorno.

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Sognando l’amore perduto tra le macerie, con le spalle rivolte al silente monte e lo sguardo perso nei rimpianti, vaghi in una gelida notte d’inverno tra i sentieri interrotti dalle lacrime.

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Schiene nere sporche di amaro sudore, battute dalla polvere in terra straniera e uccise da una crudele frustata, volgono di tanto in tanto lo sguardo a Dio. Il vento paziente della povertà si aggrappa alle canne svolazzanti per incoraggiarle a crescere forti e vigorose. Sotto il sole tropicale distese infinite, ricoprendo l’aspra pianura fino al mare, sembrano rincorrere l’orizzonte lontano con la tenacia dello schiavo che fugge. Dopo lunga e silente attesa, il fuoco incontra al primo fiore le piante zuccherine scuotendole e lasciandole nude ad aspettare che il tempo della raccolta finisca.

Il dolce succo distillato da mani sapienti invecchierà in amorevoli botti fino a diventare un liquore dai colori sfumati che scivolerà nei bicchieri più raffinati facendosi cullare dal fumo discreto di un avana, o andrà per le osterie sul far della sera ad offrire ospitalità ai viandanti guidati dal fruscio della Luna piena.

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Bicchieri vuoti e libri malati travolti da un fiume in piena, si infrangono su logori pavimenti, mentre una serica chioma, sorpresa nella notte singhiozzante da un vento impaziente, osserva una vacillante clessidra e racconta con supplice emozione ansie passate e dubbi presenti. Come schizzi disordinati e maliziosi, torbide passioni ricoprono le pareti in cerca di un abile burattinaio che ricomponga la Storia. In lontananza una pieve nascosta da misteriose spine attorcigliate, dietro mattoni cadenti e immobili, intona le note illogiche dell'universo. Stordite dalla libertà degli eventi, confuse tracce di una fragile luce rincorrono il lento e leggero passo, appoggiato dall'ultimo pellegrino sul turbamento di avvilite preghiere che ricordano la fatica dell’essere e l'eterno sgomento della fine.

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