📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA: Regole; a Diogneto ● PROFETI ● Concilio Vaticano II ● NUOVO TESTAMENTO

IL LIBRO DEI DISCORSI

Il digiuno commemorativo 1L’anno quarto del re Dario, il quarto giorno del nono mese, detto Chisleu, la parola del Signore fu rivolta a Zaccaria. 2Betel aveva inviato Sarèser, alto ufficiale del re, con i suoi uomini a supplicare il Signore 3e a domandare ai sacerdoti addetti al tempio del Signore degli eserciti e ai profeti: «Devo io continuare a far lutto e astinenza nel quinto mese, come ho fatto in questi anni passati?».

La lezione degli antichi 4Allora mi fu rivolta questa parola del Signore degli eserciti: 5«Parla a tutto il popolo del paese e a tutti i sacerdoti e di’ loro: Quando avete fatto digiuni e lamenti nel quinto e nel settimo mese per questi settant’anni, lo facevate forse per me? 6Quando avete mangiato e bevuto non lo facevate forse per voi? 7Non è questa forse la parola che vi proclamava il Signore per mezzo dei profeti del passato, quando Gerusalemme era ancora abitata e in pace, ed erano abitate le città vicine e il Negheb e la Sefela?». 8Questa parola del Signore fu rivolta a Zaccaria: 9«Ecco ciò che dice il Signore degli eserciti: Praticate una giustizia vera: abbiate amore e misericordia ciascuno verso il suo prossimo. 10Non frodate la vedova, l’orfano, il forestiero, il misero e nessuno nel cuore trami il male contro il proprio fratello. 11Ma essi hanno rifiutato di ascoltarmi, mi hanno voltato le spalle, hanno indurito gli orecchi per non sentire. 12Indurirono il cuore come un diamante, per non udire la legge e le parole che il Signore degli eserciti rivolgeva loro mediante il suo spirito, per mezzo dei profeti del passato. Così fu grande lo sdegno del Signore degli eserciti. 13Come quando egli chiamava essi non vollero dare ascolto, così quando essi chiameranno io non li ascolterò, dice il Signore degli eserciti. 14Io li ho dispersi fra tutte quelle nazioni che essi non conoscevano e il paese è rimasto deserto dietro di loro, senza che vi sia chi va e chi viene; la terra di delizie è stata ridotta a desolazione».

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Approfondimenti

IL LIBRO DEI DISCORSI La terza parte della profezia, datata dal dicembre 518 a.C., contiene una raccolta di detti diversi tra loro per argomento specifico, ma aventi una certa prospettiva omogenea. Si riscontrano due oracoli sul digiuno (7,1ss.; 4-14; 8,18s.) e una serie di dieci brevi vaticini, introdotti con la formula «dice il Signore», che trattano dell'era messianico-escatologica nei suoi vari aspetti storici e trascendenti (8,1-17.20-23).

Il digiuno commemorativo 7,1-3 Una delegazione di Ebrei proveniente da Babilonia solleva la questione della legittimità del digiuno osservato nel quinto mese a ricordo della distruzione di Gerusalemme e del tempio avvenuta nel 587 a.C. Infatti era già iniziata la ricostruzione del tempio. La risposta verrà data in 8,18s. Il brano che tratta dell'osservanza della legge e dell'esempio dei padri (7,4-14) si ricollega con la prima pericope del libretto (1,1-6).

v. 2. «Betel» è qui un nome proprio, non il nome di un santuario.

v. 3. I «sacerdoti» del tempio e i «profeti» erano l'unica autorità competente a prendere una decisione circa il digiuno, cioè a interpretare la volontà divina.

La lezione degli antichi 7,4-14 Oracolo artificialmente collegato con la pericope precedente, che tratta in generale del digiuno in tre tappe: che cosa significa propriamente il digiuno? (vv. 4-7); contano soprattutto le disposizioni morali (vv. 8ss.); i padri che non hanno osservato queste esigenze sono stati puniti (vv. 11-14).

v. 5. Il digiuno del settimo mese ricordava l'assassinio di Godolia (cfr. 2Re 25,25; Ger 41,1). Il numero settanta, cifra arrotondata, indica un lungo periodo.

v. 7. Il passato d'Israele viene idealizzato descrivendo la capitale tranquilla, situata al centro di una provincia disseminata di prosperi villaggi a ovest e a sud (cfr. Ger 32,44; 33,13).

vv. 9-10. Sintesi della predicazione morale dei profeti esposta in formule ritmate in una specie di schema catechistico: giustizia nei tribunali (cfr. Am 5,14s.; Ger 7,5), lealtà nei rapporti sociali (Mic 6,8; Ger 22,3), protezione dei deboli (Is 1,17; 10,2), benevolenza fraterna (Mic 2,1s.; Sal 140,3).

v. 12. La disobbedienza dei padri è descritta con una serie di termini presi dalla tradizione profetica: disattenzione (1,4) rivolta (cfr. Os 4,16), indurimento del cuore e delle orecchie (Is 6,10; Ez 3,9). La predicazione profetica deriva da Dio e trae la sua efficacia dalla potenza divina, cioè dallo spirito del Signore. Nuova è la formulazione dell'autorità dei profeti (cfr. Is 42,1; 61,1; Gl 3,1).

(cf. STEFANO VIRGULIN, Zaccaria – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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I quattro carri 1Alzai ancora gli occhi per osservare, ed ecco quattro carri uscire in mezzo a due montagne e le montagne erano di bronzo. 2Il primo carro aveva cavalli rossi, il secondo cavalli neri, 3il terzo cavalli bianchi e il quarto cavalli pezzati, screziati. 4Domandai all’angelo che parlava con me: «Che cosa significano quelli, mio signore?». 5E l’angelo: «Sono i quattro venti del cielo che partono dopo essersi presentati al Signore di tutta la terra. 6I cavalli neri vanno verso la terra del settentrione, seguiti da quelli bianchi; i pezzati invece si dirigono verso la terra del mezzogiorno, 7quelli screziati escono e fremono di percorrere la terra». Egli disse loro: «Andate, percorrete la terra». Essi partirono per percorrere la terra. 8Poi mi chiamò e mi disse: «Ecco, quelli che vanno verso la terra del settentrione calmano il mio spirito su quella terra».

La corona per Giosuè 9Mi fu rivolta questa parola del Signore: 10«Prendi fra i deportati, fra quelli di Cheldài, di Tobia e di Iedaià, oro e argento e va’ nel medesimo giorno a casa di Giosia, figlio di Sofonia, che è ritornato da Babilonia. 11Prendi quell’argento e quell’oro e ne farai una corona che porrai sul capo di Giosuè, figlio di Iosadàk, sommo sacerdote. 12Gli riferirai: Dice il Signore degli eserciti: Ecco un uomo che si chiama Germoglio: fiorirà dove si trova e ricostruirà il tempio del Signore. 13Sì, egli ricostruirà il tempio del Signore, egli riceverà la gloria, egli siederà da sovrano sul suo trono. Un sacerdote siederà sul suo trono e fra i due regnerà una pace perfetta. 14La corona resterà come gradito memoriale nel tempio del Signore, in onore di Cheldài, Tobia, Iedaià e in onore del figlio di Sofonia. 15Anche da lontano verranno a riedificare il tempio del Signore. Così riconoscerete che il Signore degli eserciti mi ha inviato a voi. Ciò avverrà, se ascolterete la voce del Signore, vostro Dio».

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Approfondimenti

I quattro carri 6,1-8 L'ottava visione, che collegandosi alla prima forma una significativa inclusione, rinnova il messaggio di fiducia nell'intervento divino. Quattro cavalieri celesti ricevono l'ordine di eseguire una speciale missione. «Quattro carri» tirati da cavalli di diverso colore e rappresentanti i venti, partono per i quattro punti cardinaLi (v. 1-5). Il carro tirato dai cavalli neri si dirige verso il settentrione, cioè verso Babilonia, simbolo del peccato, per sottometterla al giudizio (vv. 6ss.), La visione riguarda gli esuli ebrei rimasti ancora in Mesopotamia. Anche ad essi è inviato lo spirito del Signore, che li invita a ritornare in patria e collaborare alla ricostruzione del tempio.

v. 1. «le montagne di bronzo»: secondo la mitologia babilonese, introducono nella dimora degli dei. In questo versetto esse sono un'immagine indicante che la scena seguente si situa alle porte della dimora celeste di Dio.

v. 8. «il mio spirito» indica la collera divina (cfr. Gdc 8,3; Prv 16,32), che si è calmata dopo l'umiliazione del nemici del popolo di Dio.

La corona per Giosuè 6,9-15 Questa pericope, che segue le visioni, è un epilogo che presenta un'azione simbolica e un oracolo profetico riguardante l'investitura del re messianico. Il testo abbonda di difficoltà testuali e letterarie. Il profeta riceve l'ordine di intrecciare, con l'oro e l'argento offerto dai rimpatriati da Babilonia, delle corone da porre sul capo di Giosuè (vv. 9-11) e poi da deporre nel tempio come memoriale (v. 14). Il contenuto dei vv. 12ss. e il termine «Germoglio» dato al discendente del trono davidico (cfr. 3,8; Ag 2,23), rendono probabile l'ipotesi che il destinatario primitivo della corona fosse Zorobabele. Probabilmente quando questi ritornò in Babilonia, il suo nome fu sostituito con quello di Giosuè. L'azione simbolica significa che la serie dei re davidici riprenderà il ruolo direttivo della nazione nella persona di Zorobabele, dando così inizio all'ora della salvezza.

v. 12. Il termine messianico «Germoglio» è direttamente applicato a Zorobabele, portatore delle promesse messianiche.

v. 13. «la gloria», che di solito significa la maestà divina in quanto si rivela (cfr. Ab 3,3; Sal 8,3; 148,13), indica qui la funzione regale (cfr. Ger 22,8; Dn 11,21; Sal 21,6; 45,4). Il potere messianico civile e il sacerdozio sono considerati come due poteri distinti, ma pienamente accordati (4,14), il che si è raramente verificato durante l'epoca monarchica.

v. 14. La corona da conservarsi nel tempio doveva rammentare il contributo dato dai rimpatriati alla sua confezione e perpetuare il ricordo della cordiale accoglienza che essi avevano ricevuto nella città santa. Inoltre la corona doveva essere una durevole testimonianza della fedeltà di Dio nel realizzare l'era messianica.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Zaccaria – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Il rotolo volante 1Poi alzai gli occhi e vidi un rotolo che volava. 2L’angelo mi domandò: «Che cosa vedi?». E io: «Vedo un rotolo che vola: è lungo venti cubiti e largo dieci». 3Egli soggiunse: «Questa è la maledizione che si diffonde su tutta la terra: ogni ladro sarà scacciato via di qui come quel rotolo; ogni spergiuro sarà scacciato via di qui come quel rotolo. 4Io scatenerò la maledizione, dice il Signore degli eserciti, in modo che essa penetri nella casa del ladro e nella casa di chi giura il falso nel mio nome; rimarrà in quella casa e la consumerà insieme con le sue travi e le sue pietre».

La donna rinchiusa nell'efa 5Poi l’angelo che parlava con me si avvicinò e mi disse: «Alza gli occhi e osserva ciò che appare». 6E io: «Che cos’è quella?». Mi rispose: «È un’efa che avanza». Poi soggiunse: «Non hanno occhi che per essa in tutta la terra». 7Fu quindi alzato un coperchio di piombo; ecco, dentro all’efa vi era una donna. 8Disse: «Questa è l’empietà!». Poi la ricacciò dentro l’efa e ricoprì l’apertura con il coperchio di piombo. 9Alzai di nuovo gli occhi per osservare e vidi venire due donne: il vento agitava le loro ali, poiché avevano ali come quelle delle cicogne, e sollevarono l’efa fra la terra e il cielo. 10Domandai all’angelo che parlava con me: «Dove portano l’efa costoro?». 11Mi rispose: «Vanno nella terra di Sinar, per costruirle una casa. Appena costruita, l’efa sarà posta sopra il suo piedistallo».

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Approfondimenti

Il rotolo volante 5,1-4 La sesta e la settima visione, che sono simmetriche come la seconda e la terza, annunciano la purificazione del paese, quale condizione necessaria per l'avvento dell'era messianica. Un rotolo volante coperto di maledizioni contro i bestemmiatori e gli spergiuri è un'immagine della punizione che colpirà i peccatori del paese di Giuda. In questo modo verrà mondata tutta la nazione (vv. 1-4).

v. 1. Il rotolo scritto di dentro e di fuori (cfr. Ez 2,1-15), che vola davanti al profeta, possiede delle dimensioni eccezionali (nove metri di lunghezza e quattro e mezzo di larghezza). Esso personifica “la maledizione” che si estende a tutto il paese e lo ripulisce dalla presenza di coloro che infrangono il terzo e l'ottavo precetto della legge.

v. 4. La maledizione personificata realizza in modo irresistibile e autonomo ciò che proclama (cfr. Nm 5,11-31; Gdc 17,1ss.; Ger 51,59-64; Sal 109,6-21). Essa scaccia i malvagi dal paese e penetra nelle loro case consumandole (cfr. Es 11,1-10; Sal 69,25s.). La maledizione possiede la stessa efficacia della parola divina (cfr. Dt 11,29; 29,19; Ger 23,10; Is 24,6).

La donna rinchiusa nell'efa 5,5-11 La settima visione, che ha lo stesso significato della visione precedente descrive una donna, simbolo dell'iniquità, rinchiusa in un recipiente che contiene circa quaranta litri di materia non liquida (vv. 5-8). Il suo trasporto in Babilonia da parte di due donne alate indica che la Giudea è stata liberata da ogni malvagità e perciò può diventare la dimora di Dio (vv. 9-11).

v. 6. L'«efa», cioè un moggio, di per sé non può contenere una persona, perciò rappresenta un recipiente simbolico.

v. 11. La «terra di Sennaar» è un nome arcaico che designa Babilonia, nemica di Israele (cfr. Gn 11,2; Is 13; 14,3-21). All'empietà considerata come falsa divinità viene eretto un tempio, lontano dalla Terra santa, che in questo modo è sottratta alla potenza del male e rimane incontaminata.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Zaccaria – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Il candelabro e i due olivi 1L’angelo che mi parlava venne a destarmi, come si desta uno dal sonno, 2e mi disse: «Che cosa vedi?». Risposi: «Vedo un candelabro tutto d’oro; in cima ha una coppa con sette lucerne e sette beccucci per ognuna delle lucerne. 3Due olivi gli stanno vicino, uno a destra della coppa e uno a sinistra». 4Allora domandai all’angelo che mi parlava: «Che cosa significano, mio signore, queste cose?». 5Egli mi rispose: «Non comprendi dunque il loro significato?». E io: «No, mio signore». 6Egli mi rispose: «Questa è la parola del Signore a Zorobabele: “Non con la potenza né con la forza, ma con il mio spirito”, dice il Signore degli eserciti! 7Chi sei tu, o grande monte? Davanti a Zorobabele diventa pianura! Egli estrarrà la pietra di vertice, mentre si acclamerà: “Quanto è bella!”. 8Mi fu rivolta questa parola del Signore: 9Le mani di Zorobabele hanno fondato questa casa: le sue mani la compiranno e voi saprete che il Signore degli eserciti mi ha inviato a voi. 10Chi oserà disprezzare il giorno di così modesti inizi? Si gioirà vedendo il filo a piombo in mano a Zorobabele. Le sette lucerne rappresentano gli occhi del Signore che scrutano tutta la terra». 11Quindi gli domandai: «Che cosa significano quei due olivi a destra e a sinistra del candelabro?». E aggiunsi: 12«Quei due rami d’olivo che sono a fianco dei due canaletti d’oro, che vi stillano oro dentro?». 13Mi rispose: «Non comprendi dunque il significato di queste cose?». E io: «No, mio signore». 14«Questi – soggiunse – sono i due consacrati con olio che assistono il dominatore di tutta la terra».

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Approfondimenti

Il candelabro e i due olivi 4,1-14 Nella quinta visione, dalla struttura composita e sovraccarica dovuta all'intensa attività redazionale praticata sul testo, il profeta vede un candelabro d'oro con sette lampade situato tra due olivi che le alimentano con l'olio. Il candelabro significa la comunità, le lampade sono la luce di Dio e i due olivi rappresentano il potere civile e religioso personificati da Zorobabele, di stirpe davidica, e da Giosuè, sommo sacerdote (vv. 1-5.10b-14). Nella visione furono inserite tre promesse rivolte a Zorobabele circa la completa ricostruzione del tempio (vv. 6-10a). La visione perciò tratta della sinfonia esistente tra i due poteri della nazione, il politico e il religioso.

v. 1. Questo candelabro è diverso da quello a sette braccia, conservato nel secondo tempio, che al tempo del profeta Zaccaria non era ancora ricostruito (cfr. Es 25,31-40; 37,17-24; Lv 24,2ss.).

v. 6. L'opera di salvezza non si realizzerà con mezzi militari (cfr. 2Sam 22,40; Sal 18,33.40) o diplomatici, ma grazie all'intervento diretto di Dio («spirito»), come nella creazione (cfr. Gn 1,2) e nell'esodo dall'Egitto (cfr. Dt 8,17; Gdc 6,14; 1Sam 2,9; Is 63,11; Ne 9,20; Sal 33,16). Solo Dio infatti governa il mondo e dirige la storia.

v. 7. Il «grande monte» può significare il cumulo di macerie dal quale si doveva estrarre la pietra destinata al tempio, ovvero può indicare metaforicamente le varie difficoltà incontrate nella ricostruzione del tempio, come ad es. la mancanza di mezzi, lo scoraggiamento, l'opposizione delle autorità (cfr. Is 41,15; Ger 51,24ss.).

v. 10. «il giorno di così modesti inizi»: è un'espressione popolare, che fa riferimento al difficile momento della rifondazione del tempio (cfr. Ag 1,2ss.).

v. 14. I «due consacrati», lett. «figli dell'olio», sono Giosuè e Zorobabele, designati come capi della futura comunità messianica, che si costruisce sin da ora. In Ger 33,14-18 il tempo dei due unti è annunciato come una straordinaria epoca di salvezza.

I capitoli 3 e 4 sono importanti per il messianismo postesilico. Il loro contenuto è anzitutto in rapporto con la ricostruzione del tempio di Gerusalemme, che ebbe luogo nel 520 a.C. Tuttavia i termini «la pietra» (3,9; 4,7), «il Germoglio» (3,8) e il tempio stesso possiedono un significato più profondo. Benché non sia dichiarato espressamente, il tempio è collegato con i due «figli dell'olio» (4,14), cioè Giosuè, sommo sacerdote, e Zorobabele, principe davidico. I due insieme, sono portatori di una nuova speranza per la comunità. Per mezzo del sacerdote è ottenuto il perdono e reso possibile l'accesso alla speranza di Dio; per mezzo del principe è ricostruito il tempio e il candelabro può diffondere intorno a sé la luce. I due consacrati esplicano due funzioni coordinate; l'una non è separabile dall'altra; ambedue hanno la stessa dignità e importanza. Dopo la morte di Zorobabele il sommo sacerdozio accrescerà il suo potere temporale, mentre i governatori di Gerusalemme vedranno decrescere la loro autorità; però le promesse fatte alla casa di Davide non verranno dimenticate. A Qumran si aspetteranno due messia, uno sacerdotale e l'altro davidico. Cristo unirà in modo inaspettato le due funzioni.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Zaccaria – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Giosuè e il «Germoglio» 1Poi mi fece vedere il sommo sacerdote Giosuè, ritto davanti all’angelo del Signore, e Satana era alla sua destra per accusarlo. 2L’angelo del Signore disse a Satana: «Ti rimprovera il Signore, o Satana! Ti rimprovera il Signore che ha eletto Gerusalemme! Non è forse costui un tizzone sottratto al fuoco?». 3Giosuè infatti era rivestito di vesti sporche e stava in piedi davanti all’angelo, 4il quale prese a dire a coloro che gli stavano intorno: «Toglietegli quelle vesti sporche». Poi disse a Giosuè: «Ecco, io ti tolgo di dosso il peccato; fatti rivestire di abiti preziosi». 5Poi soggiunse: «Mettetegli sul capo un turbante purificato». E gli misero un turbante purificato sul capo, lo rivestirono di vesti alla presenza dell’angelo del Signore. 6Poi l’angelo del Signore dichiarò a Giosuè: 7«Dice il Signore degli eserciti: Se camminerai nelle mie vie e custodirai i miei precetti, tu avrai il governo della mia casa, sarai il custode dei miei atri e ti darò accesso fra questi che stanno qui. 8Ascolta dunque, Giosuè, sommo sacerdote, tu e i tuoi compagni che siedono davanti a te, poiché essi sono un segno: ecco, io manderò il mio servo Germoglio. 9Ecco la pietra che io pongo davanti a Giosuè: sette occhi sono su quest’unica pietra; io stesso inciderò la sua iscrizione – oracolo del Signore degli eserciti – e rimuoverò in un solo giorno l’iniquità da questo paese. 10In quel giorno – oracolo del Signore degli eserciti – ogni uomo inviterà il suo vicino sotto la sua vite e sotto il suo fico».

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Approfondimenti

Giosuè e il «Germoglio» 3,1-10 Questa quarta visione, che presenta una struttura diversa dalle altre e ha anche uno stile proprio, tratta del rinnovamento del sacerdozio levitico. Al tribunale celeste, l'ultimo sommo sacerdote preesilico, Giosuè, vestito di abiti immondi, è accusato da Satana (vv. 1ss.), ma l'angelo del Signore fa rivestire Giosuè di indumenti puri e del turbante (vv. 4-7). Ciò significa che i peccati dei leviti e del popolo sono perdonati e il sacerdozio è restituito alla sua nobile missione. La visione prelude all'affermazione del potere esclusivo sacerdotale nella vita cultuale postesilica, la quale è fatta coincidere con l'inizio dell'era escatologica. Nell'appendice si annuncia l'evento del «Germoglio» messianico, cioè di Zorobabele, discendente davidico, favorito dalla promozione del sacerdozio e inoltre si tratta della ricostruzione del tempio di Gerusalemme (vv. 8ss.).

v. 1. Nella corte celeste di giustizia sono presenti Giosuè come accusato, Satana come accusatore, cioè un angelo avverso agli uomini ma non ancora a Dio (cfr. Gb 1,6), e l'angelo difensore di Giosuè. Più tardi si svilupperà la concezione di Satana nemico di Dio (cfr. 1Re 22,22; 1Cr 21,1; Sap 2,24).

v. 2. Il «tizzone sottratto al fuoco» allude alla sopravvivenza di Giosuè nella catastrofe della distruzione di Gerusalemme e dell'esilio (cfr. Am 4,11; Dt 4,20; Ger 11,4).

v. 4. Le vesti sudice sono simbolo del peccato e dell'ira divina, mentre quelle monde simboleggiano il perdono e la grazia (cfr. Gn 35,2; Ez 24,17; Gn 45,22; Qo 9,6).

v. 7. L'osservanza delle esigenze dell'alleanza nel campo morale e rituale assicura al sacerdozio la piena autorità sul tempio di Gerusalemme, cosa che non avvenne prima dell'esilio, quando il culto era sotto la vigilanza del re (cfr. 1Re 8,62-66; 2Re 16,10-18; 22,3-7). Inoltre a Giosuè viene promesso il diretto rapporto con Dio, che era il privilegio degli esseri celesti. In questo modo il sacerdote diventa il messaggero della volontà divina (cfr. 1Re 22,19).

v. 8. «presagio»: indica il segno di un evento futuro. Giosuè e il corpo sacerdotale sono una garanzia dell'imminenza dell'era messianica (cfr. Is 8,18; 20,3; Ez 12,6.10). «Germoglio» è un titolo messianico derivato da Is 11,1 e già usato da Ger 23,5; 33,15. Esso è riferito alla casa davidica, di cui Zorobabele è discendente. Seguendo i LXX che hanno tradotto il termine con anatolē, la Vg traduce Oriens. Nel Benedictus (Lc 1,78) «oriente» (BC ha «sole che sorge») è un titolo applicato a Cristo.

v. 9. «la pietra» indica probabilmente non il pettorale del sacerdote (cfr. Es 28,9-30), ma il tempio (cfr. Is 28,16), che viene affidato a Giosuè e sul quale Dio stesso scolpisce delle decorazioni (cfr. 1Re 6,29; 2Cr 3,7; Sal 74,6). I «sette occhi» significano la presenza di Dio e la sua universale vigilanza (cfr. 4,10).

v. 10. Lo stare sotto la vite e il fico è una tradizionale immagine di felicità e pace, applicata qui all'era messianica, quasi fosse un ritorno all'epoca paradisiaca (cfr. 1Re 5,5; Mic 4,4; 1Mac 14,12; Prv 27,18).

(cf. STEFANO VIRGULIN, Zaccaria – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Le corna e gli artigiani 1Poi alzai gli occhi, ed ecco, vidi quattro corna. 2Domandai all’angelo che parlava con me: «Che cosa sono queste?». Ed egli: «Sono le corna che hanno disperso Giuda, Israele e Gerusalemme». 3Poi il Signore mi fece vedere quattro fabbri. 4Domandai: «Che cosa vengono a fare costoro?». Mi rispose: «Le corna hanno disperso Giuda a tal segno che nessuno osa più alzare la testa e costoro vengono a demolire e abbattere le corna delle nazioni che cozzano contro il paese di Giuda per disperderlo».

Il misuratore e due oracoli 5Alzai gli occhi, ed ecco un uomo con una fune in mano per misurare. 6Gli domandai: «Dove vai?». Ed egli: «Vado a misurare Gerusalemme per vedere qual è la sua larghezza e qual è la sua lunghezza». 7Allora l’angelo che parlava con me uscì e incontrò un altro angelo, 8che gli disse: «Corri, va’ a parlare a quel giovane e digli: “Gerusalemme sarà priva di mura, per la moltitudine di uomini e di animali che dovrà accogliere. 9Io stesso – oracolo del Signore – le farò da muro di fuoco all’intorno e sarò una gloria in mezzo ad essa”». 10«Su, su, fuggite dal paese del settentrione – oracolo del Signore – voi che ho disperso ai quattro venti del cielo. Oracolo del Signore. 11Mettiti in salvo, o Sion, tu che abiti con la figlia di Babilonia! 12Il Signore degli eserciti, dopo che la sua gloria mi ha inviato, dice alle nazioni che vi hanno spogliato: Chi tocca voi, tocca la pupilla dei miei occhi. 13Ecco, io stendo la mano sopra di esse e diverranno preda dei loro schiavi. E voi saprete che il Signore degli eserciti mi ha inviato. 14Rallégrati, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te. Oracolo del Signore. 15Nazioni numerose aderiranno in quel giorno al Signore e diverranno suo popolo, ed egli dimorerà in mezzo a te e tu saprai che il Signore degli eserciti mi ha inviato a te. 16Il Signore si terrà Giuda come eredità nella terra santa ed eleggerà di nuovo Gerusalemme. 17Taccia ogni mortale davanti al Signore, poiché egli si è destato dalla sua santa dimora».

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Approfondimenti

Le corna e gli artigiani 2,1-4 Nella seconda visione, che comprende due brevi scene (vv. 1-2 e 3-4), vengono descritte le condizioni necessarie alla restaurazione della nazione. Le quattro corna di ferro rappresentano le nazioni pagane dei quattro punti cardinali della terra, che vengono abbattute da quattro fabbri (cfr. Ez 21,31): Mediante questi simboli viene annunciata l'umiliazione degli oppressori d'Israele, come preludio dell'era messianica. v. 1. Le «corna» sono simbolo di potenza e di violenza (cfr. Mic 4,13; Ger 48,25) e il numero quattro indica universalità (cfr. Ger 49,36; Ez 37,9).

v. 3. I «fabbri» simbolagiano le potenze angeliche in quanto eseguono il giudizio divino (cfr. Ez 21,31); alcuni autori li identificano con i Persiani, che permisero il rimpatrio degli esuli da Babilonia.

Il misuratore e due oracoli 2,5-17 La terza visione prevede l'ingrandimento della città di Gerusalemme, nella quale sono invitati a far ritorno gli esuli, poiché il Signore vi stabilisce di nuovo la sua dimora. Entra in scena un giovane che misura la città, la quale avrà come mura difensive il Signore stesso (vv. 5-9). In appendice si legge l'appello lanciato agli esuli (vv. 10-13) e una solenne promessa di salvezza. I pagani si uniscono ai Giudei nel rendere culto al Signore nella città restaurata (vv. 14-17).

v. 5. «L'uomo con una fune in mano»: è probabilmente un essere angelico, che predispone il piano di ricostruzione della città, che possiede una pianta quadrata o rettangolare (cfr. Ez 40,3).

v. 9. Il «muro di fuoco»: è un'immagine che fa riferimento alla colonna di fuoco che proteggeva il popolo fuggito dall'Egitto (cfr. Es 13,21ss.; 14,20; Is 4,5s.). La «Gloria» del Signore è la manifestazione luminosa della sua potenza mediante azioni straordinarie (cfr. Es 40,34; Ag 2,7; Is 60,18; Ez 43,2). La visione lascia trasparire la salvezza escatologica.

v. 10. In questa esortazione il «paese del settentrione» designa Babilonia; dal nord giungevano a Gerusalemme gli eserciti invasori (cfr. Is 14,30; Ger 1,13s.; Gl 2,20).

v. 11. L'invito è appropriato, giacché diversi esuli, bene installatisi in Mesopotamia, si rifiutavano di ritornare in patria.

v. 13. «Stendere la mano» significa punire (cfr. Is 19,16; Ez 39,10). La frase: «saprete che il Signore degli eserciti mi ha inviato» è ripetuta quattro volte nel corso delle visioni (2,13.15; 4,9; 6,15). L'avveramento degli oracoli è un segno che la missione divina del profeta è autentica.

v. 14. Il v. che contiene un pressante invito alla gioia, è di fattura liturgica (cfr. Is 12,6; 54,1; Sof 3,14).

v. 15. La conversione dei pagani, che entrano nel regime dell'alleanza e godono di uguali diritti come gli Ebrei, è un elemento della prospettiva escatologica.

v. 16. La «terra santa» – espressione usata per la prima volta nella Bibbia = è la terra promessa santificata dalla presenza di Dio, che ha fissato la sua dimora nel tempio di Gerusalemme (cfr. v. 14).

v. 17. Il «tacere» e il «destarsi» sono immagini prese dall'ambiente liturgico, che indicano l'imminente intervento salvifico di Dio (cfr. Sof 1,7; Ab 2,20; Ag 1,14).

(cf. STEFANO VIRGULIN, Zaccaria – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Appello alla conversione 1Nell’ottavo mese dell’anno secondo di Dario, fu rivolta questa parola del Signore al profeta Zaccaria, figlio di Berechia, figlio di Iddo: 2«Il Signore si è molto sdegnato contro i vostri padri. 3Tu dunque riferirai loro: Così dice il Signore degli eserciti: Tornate a me – oracolo del Signore degli eserciti – e io tornerò a voi, dice il Signore degli eserciti. 4Non siate come i vostri padri, ai quali i profeti di un tempo andavano gridando: “Dice il Signore degli eserciti: Tornate indietro dal vostro cammino perverso e dalle vostre opere malvagie”. Ma essi non vollero ascoltare e non mi prestarono attenzione, oracolo del Signore. 5Dove sono i vostri padri? I profeti forse vivranno sempre? 6Le parole e le leggi che io avevo comunicato ai miei servi, i profeti, non si sono forse adempiute per i padri vostri? Essi sono tornati e hanno detto: “Quanto il Signore degli eserciti ci aveva minacciato a causa dei nostri traviamenti e delle nostre colpe, l’ha eseguito sopra di noi”».

IL LIBRO DELLE VISIONI

I cavalieri e due oracoli 7Il ventiquattro dell’undicesimo mese, cioè il mese di Sebat, l’anno secondo di Dario, questa parola del Signore fu rivolta al profeta Zaccaria, figlio di Berechia, figlio di Iddo. 8Io ebbi una visione di notte. Un uomo, in groppa a un cavallo rosso, stava fra i mirti in una valle profonda; dietro a lui stavano altri cavalli rossi, sauri e bianchi. 9Io domandai: «Mio signore, che cosa significano queste cose?». L’angelo che parlava con me mi rispose: «Io ti indicherò ciò che esse significano». 10Allora l’uomo che stava fra i mirti prese a dire: «Questi sono coloro che il Signore ha inviato a percorrere la terra». 11Si rivolsero infatti all’angelo del Signore che stava fra i mirti e gli dissero: «Abbiamo percorso la terra: è tutta tranquilla». 12Allora l’angelo del Signore disse: «Signore degli eserciti, fino a quando rifiuterai di avere pietà di Gerusalemme e delle città di Giuda, contro le quali sei sdegnato? Sono ormai settant’anni!». 13E all’angelo che parlava con me il Signore rivolse parole buone, piene di conforto. 14Poi l’angelo che parlava con me mi disse: «Fa’ sapere questo: Così dice il Signore degli eserciti: Io sono molto geloso di Gerusalemme e di Sion, 15ma ardo di sdegno contro le nazioni superbe, poiché, mentre io ero poco sdegnato, esse cooperarono al disastro. 16Perciò dice il Signore: Io di nuovo mi volgo con compassione a Gerusalemme: la mia casa vi sarà riedificata – oracolo del Signore degli eserciti – e la corda del muratore sarà tesa di nuovo sopra Gerusalemme. 17Fa’ sapere anche questo: Così dice il Signore degli eserciti: Le mie città avranno sovrabbondanza di beni, il Signore consolerà ancora Sion ed eleggerà di nuovo Gerusalemme».

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Approfondimenti

Appello alla conversione 1,1-6 Dopo la formula d'introduzione corredata da una nota cronologica (mese di novembre del 520 a.C., cioè due mesi dopo la predicazione del profeta Aggeo, cfr. Ag 1,1), Zaccaria inizia la sua attività esortando in modo pressante il popolo alla conversione, onde ottenere da Dio il perdono e la benedizione (vv. 2s.). Come esempio viene addotta la condotta dei padri, che malgrado il loro indurimento nel male, fecero penitenza (vv. 4ss.). Il brano redatto parte in prosa e parte in poesia, è una sintesi della predicazione morale di Zaccaria e serve di prologo a tutto il libro.

v. 1. «figlio di Barachia»: sembra essere una glossa, passata qui da Is 8,2. Il profeta è figlio del sacerdote Iddo (cfr. Esd 5,1; 6,14; Ne 12,4), per cui è di discendenza levitica.

v. 2. «i vostri padri»: indicano le generazioni passate. La nazione ebraica è considerata come un unico corpo sociale che si perpetua attraverso i secoli grazie alla legge della solidarietà (cfr. 7,12; 8,14).

v. 3. Il tema della conversione a Dio è una costante della predicazione profetica (cfr. Am 4,6; 6,8; Os 2,25; 6,1; 7,10; Is 30,15; Ger 18,11; 25,5; 35,15; Ez 16,4; 18,30; 33,11; Gl 2,12; Ml 3,7; 2Cr 30,6-9). «il Signore degli eserciti» è un titolo divino frequentemente usato da Zaccaria seguendo l'esempio di Isaia, Geremia e Aggeo, per indicare la santità e la trascendenza divina (cfr. 1,12.16s. есс.).

vv. 5-6. Le tre interrogazioni rivolte al popolo hanno lo scopo di far riflettere gli uditori sul castigo che ha colpito le passate generazioni. Gli oracoli dei profeti, essendo divini, si sono realizzati anche dopo la loro morte; essi trascendono le vicissitudini momentanee della storia, perciò hanno un valore permanente. Di grande efficacia è il contrasto tra la fragile vita umana la solida consistenza della parola divina personificata (cfr. Is 40,6ss.; 55,10). Nella pericope 1,1-6 ricorre tre volte il termine šwb, che indica la conversione del popolo a Dio (1,3.4.6). Lo stesso verbo è usato per indicare l'atteggiamento di Dio verso il popolo: «Convertitevi a me – oracolo del Signore degli eserciti – e io mi rivolgerò (= mi convertirò) a voi» (1,3). Zaccaria si colloca sulla scia dei profeti preesilici che esortavano i contemporanei a cambiare i loro costumi e ad osservare la legge del Signore (e nella linea della tradizione deuteronomistica, dove il tema è molto usato). Nel v. 3 il verbo convertirsi è seguito dall'espressione «a me», cioè a Dio. La conversione viene considerata in senso positivo come un ritorno al vero culto del Signore e un profondo attaccamento alla sua persona. Nel v. 4 il verbo e costruito con la preposizione «da»: «convertitevi dal vostro cammino perverso e dalle vostre opere malvagie». Viene messo in rilievo l'aspetto negativo del ritorno a Dio, che comporta la rinuncia alle azioni detestabili contrarie alle regole dell'alleanza. Nel v. 6 il termine šwb, applicato ai padri, è usato in forma assoluta senza preposizioni e in questo caso indica una completa trasformazione dell'esistenza umana dal punto di vista sia morale che religioso nel quadro dell'alleanza. L'aspetto etico della conversione viene approfondito nei testi 7,9s. e 8,16s., dove si parla della pratica della giustizia, della fedeltà e misericordia verso il prossimo. La conversione è un fenomeno religioso e morale che abbraccia tutti gli aspetti della vita umana; è una svolta che comporta un cambiamento radicale della precedente condotta e un'adesione totale a Dio che si esplicita nell'osservanza della sua santa legge. La conversione è la condizione, perché Dio “si converta al popolo”, cioè riallacci con esso i vincoli dell'alleanza interrotti dalla disobbedienza, e lo ricolmi dei favori divini.

IL LIBRO DELLE VISIONI 1,7-6,15 Il corpo della profezia, datata dal febbraio del 519 a.C., comprende la descrizione di otto visioni, redatte in prima persona, che potrebbero essere avvenute durante una sola notte. Tra le visioni che presentano la forma letteraria tripartita, sono inseriti alcuni oracoli. Le otto visioni sono disposte in forma chiastica. La prima e l'ottava si corrispondono, la seconda e la terza come anche la sesta e la settima, sono pareggiate, mentre la quarta e la quinta rappresentano il culmine del messaggio. Le visioni sono da interpretarsi in forma unitaria, poiché ognuna di esse contribuisce a fornire il quadro globale del panorama di Israele nell'era messianica che sta per albeggiare. Infatti il significato delle visioni riguarda il destino del popolo d'Israele nel presente immediato e nel lontano futuro. L'era della salvezza comporta la ricostruzione di Gerusalemme con al centro il tempio del Signore, il rinnovamento del sacerdozio levitico e del potere civile e il ristabilimento della santità del popolo eletto.

I cavalieri e due oracoli 1,7-17 Dopo l'introduzione redazionale (v. 7) appaiono nella prima visione tre cavalieri celesti montati su cavalli di diverso colore, che percorrono l'universo e accertano che la terra si trova in pace (v. 8-11). Questa situazione è inquietante, perché manca ogni riferimento all'avvento della nuova era. L'angelo interprete assicura che il Signore è ancora irritato contro le nazioni e che Gerusalemme sarà consolata (vv. 12-15). Alla visione vengono aggiunti due oracoli promissori (vv. 16s.). La visione annuncia il giudizio di Dio contro i popoli pagani e il prossimo intervento salvifico in favore di Israele. In questo testo vengono usati elementi mitologici in funzione monoteistica e lo stile simbolico preannuncia la letteratura apocalittica (cfr. Ap 5,6; 6,2-7.10).

v. 8. La visione equivale a una rivelazione divina (cfr. Is 6,1; 30,10; Am 9,1; Ger 1, 11). L'«uomo» è una figura angelica da identificarsi probabilmente con l'angelo interprete 1,.13s.) e con l'angelo che si trova tra i mirti (v. 11). La notte è il tempo favorevole per le misteriose comunicazioni divine (cfr. Gn 15,12; 28,10ss.; 1Re 3,5). Il cavallo è usato per fare la guerra o per indicare il prestigio (cfr. 1Re 10,26; Zc 10,3). È sconosciuto il significato dei colori dei tre cavalli. Il mirto, noto in Palestina, significa oscurità e in questo senso è un elemento adatto al contesto delle rivelazioni celesti. Altri autori comprendono il mirto come simbolo di buon augurio (cfr. Is 41,19; 55,13), poiché esso è odorifero e sempreverde. La valle profonda indica il mitico abisso primitivo, che è stato vinto dalla potenza creatrice di Dio (cfr. Gn 1,1; Es 15,15; Gio 2,4; Sal 68,23; 69,3.16).

v. 11. L'angelo del Signore è un essere autonomo che ha il compito di dialogare con Dio e di spiegare i disegni celesti agli uomini. La terra tranquilla allude all'ordine instaurato dal re Dario I dopo le rivolte domate dal suo esercito. Questa relativa calma rende impossibile l'indipendenza del paese e la restaurazione della dinastia davidica (cfr. Ag 2,22).

v. 12. Lo sdegno divino è un antropomorfismo che interpreta come castigo divino i mali che si abbattono sul popolo eletto (cfr. Dt 28,15-68; Sal 6,3; 79,5). «settant'anni»: sono un periodo lungo considerato in modo globale e che perciò dovrebbe prendere fine (cfr. Ger 25,11; 29,10).

v. 13. Le «parole buone» sono le promesse di salvezza, che esprimono il significato profondo di tutta la profezia (cfr. Is 40,1s.).

v. 14. La «gelosia» di Dio è una metafora che esprime il grande amore per il popolo; essa si distingue per il suo carattere esclusivo (cfr. Es 20,5; 34,14; Dt 4,24; 5,9: 6,15).

v. 15 I popoli pagani furono gli esecutori del castigo divino su Israele, ma essi, trasgredendo i limiti posti da Dio alla loro azione, si comportarono come oppressori (cfr. Is 2,10,5s.; 47,6s.; 51,22s.; Ger 50,29-32; 51,24). Perciò la collera divina si scaglia contro di loro. Il segno dell'elezione di Israele è la ricostruzione del tempio.

vv. 16-17. Questi due oracoli complementari annunciano la benedizione di Dio su Israele nel quadro messianico che caratterizza tutto il libro. La misurazione di Gerusalemme simboleggia l'ordinata ricostruzione della città santa (cfr, Ger 31,38s.; Ez 40,3).

(cf. STEFANO VIRGULIN, Zaccaria – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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LA GLORIA DEL NUOVO TEMPIO 1Il ventuno del settimo mese, per mezzo del profeta Aggeo fu rivolta questa parola del Signore: 2«Su, parla a Zorobabele, figlio di Sealtièl, governatore della Giudea, a Giosuè, figlio di Iosadàk, sommo sacerdote, e a tutto il resto del popolo, e chiedi: 3Chi rimane ancora tra voi che abbia visto questa casa nel suo primitivo splendore? Ma ora in quali condizioni voi la vedete? In confronto a quella, non è forse ridotta a un nulla ai vostri occhi? 4Ora, coraggio, Zorobabele – oracolo del Signore –, coraggio, Giosuè, figlio di Iosadàk, sommo sacerdote; coraggio, popolo tutto del paese – oracolo del Signore – e al lavoro, perché io sono con voi – oracolo del Signore degli eserciti –, 5secondo la parola dell’alleanza che ho stipulato con voi quando siete usciti dall’Egitto; il mio spirito sarà con voi, non temete. 6Dice infatti il Signore degli eserciti: Ancora un po’ di tempo e io scuoterò il cielo e la terra, il mare e la terraferma. 7Scuoterò tutte le genti e affluiranno le ricchezze di tutte le genti e io riempirò questa casa della mia gloria, dice il Signore degli eserciti. 8L’argento è mio e mio è l’oro, oracolo del Signore degli eserciti. 9La gloria futura di questa casa sarà più grande di quella di una volta, dice il Signore degli eserciti; in questo luogo porrò la pace». Oracolo del Signore degli eserciti.

PROBLEMI RITUALI

Consultazione dei sacerdoti 10Il ventiquattro del nono mese, nel secondo anno di Dario, questa parola del Signore fu rivolta al profeta Aggeo: 11«Dice il Signore degli eserciti: Domanda ai sacerdoti quello che dice la legge e chiedi loro: 12Se uno in un lembo del suo vestito porta carne consacrata e con il lembo tocca il pane, il companatico, il vino, l’olio o qualunque altro cibo, questo verrà consacrato?». «No», risposero i sacerdoti. 13Aggeo soggiunse: «Se uno che è contaminato per il contatto di un cadavere tocca una di quelle cose, sarà essa impura?». «Sì, è impura», risposero i sacerdoti. 14Riprese Aggeo: «Tale è questo popolo, tale è questa nazione davanti a me – oracolo del Signore – e tale è ogni lavoro delle loro mani; anzi, anche ciò che qui mi offrono è impuro.

Promessa di proprietà 15Ora pensate, da oggi e per l’avvenire: prima che si cominciasse a porre pietra sopra pietra nel tempio del Signore, 16come andavano le vostre cose? Si andava a un mucchio da cui si attendevano venti misure di grano e ce n’erano dieci; si andava ad attingere a un tino da cinquanta misure e ce n’erano venti. 17Vi ho colpiti con la ruggine, il carbonchio e la grandine in tutti i lavori delle vostre mani, ma voi non siete ritornati a me. Oracolo del Signore. 18Considerate bene da oggi in poi, dal ventiquattro del nono mese, cioè dal giorno in cui si posero le fondamenta del tempio del Signore: 19ebbene, manca ancora grano nei granai? La vite, il fico, il melograno, l’olivo non hanno dato i loro frutti? Da oggi in poi vi benedirò!».

ORACOLO MESSIANICO PER ZOROBABELE

20Il ventiquattro del mese questa parola del Signore fu rivolta una seconda volta ad Aggeo: 21«Parla a Zorobabele, governatore della Giudea, e digli: Scuoterò il cielo e la terra, 22abbatterò il trono dei regni e distruggerò la potenza dei regni delle nazioni, rovescerò i carri e i loro cavalieri: cadranno cavalli e cavalieri; ognuno verrà trafitto dalla spada del proprio fratello. 23In quel giorno – oracolo del Signore degli eserciti – io ti prenderò, Zorobabele, figlio di Sealtièl, mio servo – oracolo del Signore – e ti porrò come un sigillo, perché io ti ho eletto». Oracolo del Signore degli eserciti.

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Approfondimenti

LA GLORIA DEL NUOVO TEMPIO 2,1-9 All'indicazione cronologica e alla menzione dei destinatari (vv. 1-2) seguono tre domande, che rimangono senza risposta esplicita, e servono da introduzione a un'esortazione, fondata su una duplice promessa (vv. 3-5). Un secondo discorso contiene un seguito di promesse che rispondono alla questione posta all'inizio del capitolo circa le modeste proporzioni del nuovo edificio sacro. Il brano ricco di domande, ripetuti appelli e promesse a catena, riflette in modo vivace la predicazione di Aggeo.

v. 1. «il settimo mese»: corrisponde a settembre-ottobre del 520 a.C. Il giorno ventuno del mese era l'ultimo della festa delle Capanne, giorno in cui si svolgevano solenni cerimonie nel tempio salomonico (cfr. Lv 23,33-36; Esd 3,12s.; 1Re 8,2.65).

v. 3. Le domande retoriche richiamano il ricordo dell'antico tempio e del suo splendore, e per contrasto, la ristrettezza del nuovo edificio, povero di decorazioni e di suppellettili preziose. Qualche ottantenne poteva fare il confronto tra le due costruzioni (cfr. Esd 3,10-13) e provarne delusione e stanchezza, che si riflettevano anche nei costruttori.

v. 4. Un triplice appello viene lanciato ai capi e al popolo, perché raddoppino l'energia e completino i lavori, fidando nell'aiuto divino. Il termine «coraggio» è usato spesso per incoraggiare la ricostruzione del tempio o il ristabilimento della comunità ebraica (cfr. 1Cr 22,13; 28,20; Esd 10,4).

v. 5. L'allusione al patto e all'uscita dall'Egitto, che rompe in qualche modo il filo del discorso, è considerata da alcuni esegeti come una glossa. Da notare la terna interessante: si parla della persona di Dio (io), della sua parola e del suo spirito, «il mio spirito sarà con voi»: rappresenta una formula originale, simile a quella che caratterizza il regime dell'alleanza. Lo spirito è la forza rigeneratrice che opererà il rinnovamento tipico dell'era messianica (cfr. Is 44,31; Ez 39,29).

v. 6. Sullo sfondo dei torbidi politici del momento viene proferito un oracolo di tenore escatologico riguardante un grandioso avvenire. «Ancora un po' di tempo»; lett. «una volta ancora», cioè l'ultima volta. «Scuoterò»: termine usato dai profeti precedenti per indicare il giudizio e la manifestazione definitiva di Dio (cfr. ancora 2,7.21; cfr. Is 13,13; Ger 8,16; 49,21; Ez 31,16; 38,19; Gl 2,10; 4,16; Sal 60,4).

v. 7. La terminologia è presa dalle descrizioni delle teofanie e le immagini sono quelle del «giorno del Signore». La catastrofe cosmica coincide con l'instaurazione di una nuova epoca di prosperità e di ricchezza. Invece di «ricchezze di tutte le genti» la Vg legge erroneamente: «il desiderato di tutte le genti», conferendo una nota messianica al testo, che accennerebbe alla conversione dei pagani.

vv. 8-9. Il prestigio del nuovo tempio non consiste tanto nell'abbondanza dei tesori portati dai popoli, ma in ciò che questi doni esprimono: il riconoscimento del Signore come creatore e Signore dell'universo. La pace assomma tutti i beni messianici, quali la prosperità, la sicurezza e l'armonia tra Dio e l'uomo e tra l'uomo e la creazione (cfr. Is 11,6-9; Ger 33,6-9; Zc 8,4s.12). La gloria del Signore non consiste tanto nello splendore materiale, quanto nel dono della pace.

PROBLEMI RITUALI 2,10-19 Il tema trattato in questa sezione è nuovo. Il profeta è incaricato di fornire un insegnamento concernente il carattere contagioso dell'impurità cultuale (vv. 10-14), che verrà tolta dalla benedizione divina, concessa in ricompensa della ricostruzione del tempio (vv. 15-19).

Consultazione dei sacerdoti 2,10-14 Il brano presenta la forma di un racconto centrato su un'azione simbolica: l'ordine dato da Dio, viene eseguito mediante una duplice interrogazione, rivolta ai sacerdoti; esso riceve una risposta negativa e positiva (vv. 10-13); segue un oracolo, che applica al popolo la risposta positiva (v. 14).

v. 10. La data corrisponde alla metà di dicembre del 520 a.C.; vi è un intervallo di più di due mesi dopo l'oracolo di 2, 1.

v. 11. I sacerdoti avevano il compito di risolvere i problemi relativi al culto e alla morale, che erano strettamente connessi con la legge rituale (cfr. Zc 7,3; Ml 2,7).

v. 12. Si tratta di una carne offerta in sacrificio, perciò sottratta all'uso profano e portata a casa dai sacerdoti per essere consumata durante un pasto familiare. Secondo Lv 6,27 il mantello che portava la carne diventava santo, cioè intangibile, il che non era il caso per ciò che veniva in contatto con il mantello. Si suppone che il carattere sacro non si trasmetta per contatto. Questa norma non è indicata in nessun testo del codice Sacerdotale.

v. 13. Al contrario, l'impurità rituale era trasmessa per contatto (cfr. Lv 11,28; 22,4-7). L'impurità è considerata più contagiosa della «santità» rituale.

v. 14. Il profeta applica il principio dell'impurità al popolo di Israele. La mancanza di fervore e di generosità riguardo a Dio rende impuro, per cui tutto ciò che il popolo fa, persino le sue offerte, è contaminato. Il tempio in rovina era come un cadavere in mezzo al popolo. L'oracolo rivela la preoccupazione del profeta per una religione più sincera verso Dio. Il culto attuale è impuro non a causa di qualche infrazione rituale, ma per la mancanza di fede.

Promessa di proprietà 2,15-19 L'esortazione messa in bocca al Signore si basa su una distinzione cronologica: prima dell'inizio dei lavori del tempio c'era scarsità dei generi alimentari dovuta alla siccità e ai flagelli (vv. 15-17); dopo di esso è intervenuta la benedizione (vv. 18-19). Il brano non continua il discorso del v. 14 e si situerebbe meglio dopo il v. 1,15a. I vv. 16-17 ripetono in maniera originale i concetti di 1,6.9.

v. 16. Viene richiamato un triste passato, che ormai non esiste più (cfr. 1,5-6.9ss.).

v. 17. Le tre piaghe ricapitolano tutte le disgrazie che hanno colpito il popolo dal primo ritorno in Palestina (538 a.C.) fino al momento presente (520 a.C.). I castighi divini dovuti all'infedeltà verso Dio (cfr. Dt 28,22; Am 4,9) avevano uno scopo pedagogico.

v. 18. Solenne dichiarazione datata come un documento legale. Ma la datazione (messa in parentesi) sembra essere una glossa, perché interrompe il filo del discorso ed è in contraddizione con la data di 1,15, a meno che essa non si riferisca all'inizio, subito abbandonato, dei lavori dopo il ritorno da Babilonia (cfr. Esd 3,11ss.).

v. 19. La ricostruzione del tempio, prova della conversione del popolo, segna il ritorno del benessere materiale e spirituale, rappresentato dalla «benedizione» (cfr. Gn 27,27; Es 23,25; Dt 12,7; 15,14; Gb 1,10; 42,12).

ORACOLO MESSIANICO PER ZOROBABELE 2,20-23 Con il linguaggio escatologico tradizionale viene annunciata una nuova fase della storia. Dopo gli sconvolgimenti cosmici e la sparizione delle nazioni (vv. 20-22), Zorobabele sarà scelto da Dio per una missione speciale (v. 23). È possibile che le rivolte dei primi due anni del regno di Dario (522-520 a.C.), abbiano eccitato nei Giudei più ardenti la speranza nella restaurazione della dinastia davidica.

v. 20. Non è indicato il mese dell'anno; si può trattare del nono mese, come in 2,10 o del settimo come in 2,1.

v. 21. Il sovvertimento cosmico (cfr. 2,6-9), di significato escatologico, accompagna i grandi interventi di Dio nella storia (cfr. Gdc 5,4; Is 13,13; 24,18; Ger 49,21; Ez 31,16; Gl 2,10).

v. 22. Descrizione più violenta che quella di 2,6s. I regni saranno abbattuti come avvenne per Sodoma e Gomorra (cfr. Dt 29,23; Is 13,19; Ger 20,16; Am 4,11). Nel disordine di una lotta disperata i cavalieri trovano la morte uccidendosi a vicenda (cfr. Gac 7,22; Ez 38,21; Zc 14,13).

v. 23. Promessa individuale di tenore messianico, rivolta a Zorobabele e confermata dalla triplice ripetizione del titolo divino: «Signore degli eserciti». «ti prenderò», cioè ti scelgo per una missione speciale (cfr. Nm 3,12; 8,16; Is 66,21; 2Sam 7,8). «mio servo»: è un titolo di dignità riservato ai ministri di Dio per eccellenza, come Abramo (Sal 105,6.42), Giacobbe (Ez 28,25; 37,25), Mosè (Dt 34,5), Davide (Sal 18,1; 36,1), il Servo del Signore (Is 41,8; 42,1; 44,1). Il «sigillo» è l'anello che serviva per autenticare una lettera o un documento; esso era un oggetto strettamente personale che si portava al collo o al braccio (cfr. 1Re 21,8; Ct 8,6). L'elezione è una scelta di valore in vista di un incarico speciale (cfr. Sal 78,68.70; 135,4; 1Cr 28,4). I termini usati per Zorobabele sono caratteristici per indicare il futuro re messia.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Aggeo – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Titolo 1L’anno secondo del re Dario, il primo giorno del sesto mese, questa parola del Signore fu rivolta per mezzo del profeta Aggeo a Zorobabele, figlio di Sealtièl, governatore della Giudea, e a Giosuè, figlio di Iosadàk, sommo sacerdote.

LA RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO

Obiezioni e rimproveri 2«Così parla il Signore degli eserciti: Questo popolo dice: “Non è ancora venuto il tempo di ricostruire la casa del Signore!”». 3Allora fu rivolta per mezzo del profeta Aggeo questa parola del Signore: 4«Vi sembra questo il tempo di abitare tranquilli nelle vostre case ben coperte, mentre questa casa è ancora in rovina? 5Ora, così dice il Signore degli eserciti: Riflettete bene sul vostro comportamento! 6Avete seminato molto, ma avete raccolto poco; avete mangiato, ma non da togliervi la fame; avete bevuto, ma non fino a inebriarvi; vi siete vestiti, ma non vi siete riscaldati; l’operaio ha avuto il salario, ma per metterlo in un sacchetto forato. 7Così dice il Signore degli eserciti: Riflettete bene sul vostro comportamento! 8Salite sul monte, portate legname, ricostruite la mia casa. In essa mi compiacerò e manifesterò la mia gloria – dice il Signore. 9Facevate assegnamento sul molto e venne il poco: ciò che portavate in casa io lo disperdevo. E perché? – oracolo del Signore degli eserciti. Perché la mia casa è in rovina, mentre ognuno di voi si dà premura per la propria casa. 10Perciò su di voi i cieli hanno trattenuto la rugiada e anche la terra ha diminuito il suo prodotto. 11Ho chiamato la siccità sulla terra e sui monti, sul grano e sul vino nuovo, sull’olio e su quanto la terra produce, sugli uomini e sugli animali, su ogni lavoro delle mani».

Ripresa dei lavori 12Zorobabele, figlio di Sealtièl, e Giosuè, figlio di Iosadàk, sommo sacerdote, e tutto il resto del popolo ascoltarono la parola del Signore, loro Dio, e le parole del profeta Aggeo, secondo la volontà del Signore che lo aveva loro inviato, e il popolo ebbe timore del Signore. 13Aggeo, messaggero del Signore, rivolto al popolo, disse per incarico del Signore: «Io sono con voi, oracolo del Signore». 14E il Signore destò lo spirito di Zorobabele, figlio di Sealtièl, governatore della Giudea, e di Giosuè, figlio di Iosadàk, sommo sacerdote, e di tutto il resto del popolo, ed essi si mossero e intrapresero i lavori per la casa del Signore degli eserciti. 15Questo avvenne il ventiquattro del sesto mese dell’anno secondo del re Dario.

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Approfondimenti

Titolo 1,1 La precisa datazione corrisponde probabilmente al 27 agosto 520 a.C.; era il giorno della luna piena, perciò un giorno festivo (cfr. Os 2,11; 11,13s.; 66,23; Sal 81,3). «per mezzo del profeta»: espressione inusitata nei libri profetici (cfr. ancora Ml 1,1) che sottolinea il ruolo intermediario dell'eletto di Dio nel comunicare la parola divina (cfr. 1,13; 2,1). Il nome «Aggeo» significa «festivo, la mia festa, nato in giorno di festa». Zorobabele, modificazione ebraica di un nome babilonese che significa «servo di Babilonia», era nipote del re Ioiachin, e perciò erede della dinastia davidica. Giosuè era discendente di Zadoc. È probabile che i due rappresentanti del potere civile e religioso siano giunti a Gerusalemme con la prima carovana dei rimpatriati. «governatore» è un termine vago che designa un commissario reale con poteri limitati.

LA RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO 1,2-15 Il capitolo comprende due pericopi: la prima (1,2-11) contiene diversi messaggi che riassumono il discorso di Aggeo tenuto al popolo, riunito nel luogo del tempio, e la seconda (1,12-15) riferisce la risposta del popolo all'esortazione del profeta. Il c. termina con una sorprendente notazione cronologica, che si situa a un intervallo di 23 giorni dopo la data citata in 1,1.

Obiezioni e rimproveri 1,2-11 Il testo è composto di una serie di sentenze vagamente connesse e messe insieme a causa delle somiglianze del contenuto e separate dal molte introduzioni. Dopo un lamento del popolo messo in bocca al Signore (v. 2), si legge una sentenza ironica (v. 4), un appello alla riflessione (v. 5-6), un ordine e una promessa (vv. 7-8), inoltre una nuova argomentazione simile a quella dei vv. 4-6. Al centro del brano c'è l'ordine di ricostruire il tempio; esso è preceduto e seguito dalla menzione delle calamità provocate dalla negligenza del popolo e dei capi, che dilazionano l'opera di Dio.

v. 2. Le riflessioni del popolo sono citate dal Signore stesso. «Questo popolo», espressione dalla sfumatura peggiorativa (cfr. Is 6,10; 8,6.10.12; Ger 6,19.21) si riferisce ai rimpatriati e al Giudei rimasti nel paese. Il tempio in Aggeo è sempre indicato con la formula «la casa del Signore» (fanno eccezione i vv. 2,15.18). Il popolo pensa che non è opportuno riprendere i lavori della ricostruzione del tempio a causa della grave situazione economica.

v. 4. L'atteggiamento dilatorio del popolo è smascherato mediante una severa apostrofe lanciata contro i capi del popolo, che hanno già ricostruito le loro case.

v. 5. «Riflettete», lett. «dirigete il vostro cuore», è un'espressione caratteristica di Aggeo (cfr. 2,15.18). Si suppone che la parola di Dio venga assimilata profondamente da parte degli uditori.

vv. 6-7. Vengono menzionate cinque attività destinate a soddisfare i bisogni materiali della vita, ma che non hanno ottenuto il loro effetto. È applicato il classico principio della retribuzione temporale. La prosperità è frutto dell'osservanza della legge del Signore, secondo la teologia deuteronomistica (cfr. Dt 28). Il v. 7 ripete il v. 5.

v. 8. La parte centrale del messaggio è l'ordine di ricostruire il tempio e la promessa della benedizione divina, che equivale alla manifestazione della gloria (cfr. Es 19,17s.). «il monte» rappresenta probabilmente le colline di Gerusalemme, che un tempo erano coperte di boschi, bruciati dai Babilonesi (cfr. Ne 2,8; 8,19).

vv. 9-11. Versetti paralleli a 4-6. È messo in rilievo il contrasto esistente tra l'indifferenza riguardo al Signore e la premura usata nel procacciare i beni materiali. La siccità, la fame e la povertà (v. 10) sono presentate come un castigo divino, dovuto ai peccati del popolo (cfr. Am 4,6-10; Os 4,10; Mic 6,15).

Ripresa dei lavori 1,12-15 Il brano presenta un quadro narrativo dell'effetto positivo ottenuto dal discorso di Aggeo. Al centro del racconto si trova una sentenza di promessa (v. 13).

v. 12. «il resto del popolo» (cfr. 1,14; 2,2; Zc 8,6.11.12): è un termine tipico già usato dal profeta Isaia (cfr. Is 6,11ss.; 7,3; 10,21; 11,11; Ger 23,3; 31,7). Aggeo lo applica al piccolo gruppo di rimpatriati guidati da Zorobabele e Giosuè (secondo alcuni esegeti, anche dei rimasti in Palestina), coloro che credono nelle promesse divine (cfr. Esd 1,4; 9,8.14; Zc 8,6.11). «Ebbe timore del Signore»: è l'atteggiamento di obbedienza al Signore, opposto all'indifferenza e negligenza nel seguire i precetti divini.

v. 13. «messaggero del Signore»: questo titolo è dato ai profeti solamente in 2Cr 36,15s. e Ml 3,1; altrove designa l'angelo (Gn 16,7.9ss.; Es 3,2; ecc.). «Io sono con voi»: la formula, messa spesso in bocca al Signore, promette un aiuto efficace nello svolgimento di un compito che è difficile (cfr. Es 3,12; Ger 1,8).

v. 14. «destò lo spirito»: l'espressione, caratteristica del Cronista (cfr. 1Cr 1,5; 2Cr 21,16; Esd 1,1-5), descrive il successo della parola profetica che suscita l'adesione dell'uomo al disegno divino e spinge all'azione. Spesso la frase indica una particolare iniziativa divina connessa con l'attesa messianica (cfr. Is 41,2.21; 45,13; Ger 50,9; 51,1.11).

v. 15. La data cronologica è solo vagamente connessa con i vv. precedenti. Nel periodo persiano il tempio di Gerusalemme divenne in modo particolare il centro religioso e nazionale della comunità rientrata da Babilonia. Esso costituiva un fattore decisivo per mantenere l'identità del popolo mediante l'attività liturgica e l'attrazione che esercitava sulla diaspora. La sua ricostruzione non rappresentava soltanto una questione puramente materiale ed esteriore alla religione jahvistica, ma era collegata con la stessa realtà del patto dell'alleanza. L'adesione alla volontà divina esigeva che si rinunciasse agli interessi particolari, che ci si imponesse dei sacrifici e ci si mettesse all'opera. Aggeo usa tutta la sua abilità di pastore per indurre ad assumere questo comportamento. Egli dimostra che la precaria situazione economica della comunità afflitta da disgrazie e cattivi raccolti, era la conseguenza dell'indifferenza e neghittosità, che veniva punita da Dio. Perciò il profeta confuta le obiezioni, invita al lavoro e assicura l'assistenza divina.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Aggeo – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Contro i capi della Giudea 1Guai alla città ribelle e impura, alla città che opprime! 2Non ha ascoltato la voce, non ha accettato la correzione. Non ha confidato nel Signore, non si è rivolta al suo Dio. 3I suoi capi in mezzo ad essa sono leoni ruggenti, i suoi giudici sono lupi di sera, che non hanno rosicchiato al mattino. 4I suoi profeti sono boriosi, uomini fraudolenti. I suoi sacerdoti profanano le cose sacre, violano la legge. 5In mezzo ad essa il Signore è giusto, non commette iniquità; ogni mattino dà il suo giudizio, come la luce che non viene mai meno, ma l’iniquo non conosce vergogna.

Varie ammonizioni 6«Ho eliminato le nazioni, le loro torri sono state distrutte; ho reso deserte le loro strade, non c’è neppure un passante, sono state devastate le loro città e nessuno le abita più. 7Io pensavo: “Almeno ora mi temerà, accoglierà la correzione! Così la sua abitazione non sarà colpita da tutte le punizioni che le avevo inflitto”. Ma invece si sono affrettati a pervertire di nuovo ogni loro azione. 8Perciò aspettatemi – oracolo del Signore – quando mi leverò per accusare, perché ho decretato di radunare le nazioni, di convocare i regni, per riversare su di loro la mia collera, tutta la mia ira ardente; poiché dal fuoco della mia gelosia sarà consumata tutta la terra.

PROMESSE DI SALVEZZA

Purificazione futura 9Allora io darò ai popoli un labbro puro, perché invochino tutti il nome del Signore e lo servano tutti sotto lo stesso giogo. 10Da oltre i fiumi di Etiopia coloro che mi pregano, tutti quelli che ho disperso, mi porteranno offerte. 11In quel giorno non avrai vergogna di tutti i misfatti commessi contro di me, perché allora allontanerò da te tutti i superbi gaudenti, e tu cesserai di inorgoglirti sopra il mio santo monte. 12Lascerò in mezzo a te un popolo umile e povero». Confiderà nel nome del Signore 13il resto d’Israele. Non commetteranno più iniquità e non proferiranno menzogna; non si troverà più nella loro bocca una lingua fraudolenta. Potranno pascolare e riposare senza che alcuno li molesti.

Giubilo di Gerusalemme 14Rallégrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! 15Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico. Re d’Israele è il Signore in mezzo a te, tu non temerai più alcuna sventura. 16In quel giorno si dirà a Gerusalemme: «Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! 17Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia».

Ritorno dei dispersi 18«Io raccoglierò gli afflitti, privati delle feste e lontani da te. Sono la vergogna che grava su di te. 19Ecco, in quel tempo io mi occuperò di tutti i tuoi oppressori. Soccorrerò gli zoppicanti, radunerò i dispersi, li farò oggetto di lode e di fama dovunque sulla terra sono stati oggetto di vergogna. 20In quel tempo io vi guiderò, in quel tempo vi radunerò e vi darò fama e lode fra tutti i popoli della terra, quando, davanti ai vostri occhi, ristabilirò le vostre sorti», dice il Signore.

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Approfondimenti

Contro i capi della Giudea 3,1-5 Invettiva contro i dirigenti della nazione giudaica, principi, giudici, profeti e sacerdoti, perché curano solamente i propri interessi e non ammoniscono il popolo (vv. 1-4). Il v. 5 sembra essere un'aggiunta posteriore. II brano si distingue per l'eccezionale potenza descrittiva.

** vv.1-2**. I vv., riassumono l'ingiustizia di Gerusalemme mediante tre aggettivi (v. 1) e quattro verbi negativi (v. 2). Al v. 1 il «guai» non solo annuncia la disgrazia, ma anche l'attira (cfr. 2,5). Gerusalemme, personificata, non è nominata, ma chiaramente indicata. Il v. 2, molto simile a Ger 7,28, offre una descrizione (negativa) della vita di fede riassunta in quattro punti. «ascoltare la voce» significa obbedire al profeti; la «correzione» viene insegnata dai sapienti; «rivolgersi a Dio» comporta il pentimento delle colpe, l'osservanza delle clausole dell'alleanza e l'invocazione dell'aiuto divino.

v. 3. A ciascuna delle quattro classi dirigenti del paese vengono rinfacciate colpe e responsabilità (cfr. Mic 3,9.12; Ger 2,26). I leoni e i lupi simboleggiano l'avidità sfrenata dei capi (cfr. Mic 2,2; Zc 11,4-5).

v. 4. I profeti trattano in modo arbitrario la parola di Dio (cfr. Os 4,5; 9,7ss.; Mic 3,5-8), mentre i sacerdoti vengono meno al loro servizio nel santuario (cfr. Ger 2,8; 5,31).

v. 5. Il versetto contrasta con il contesto e impiega un linguaggio salmico. La legge del Signore è stabile, in contrasto con l'alternarsi delle leggi fisiche (cfr. Sal 19,2-7.8-11).

Varie ammonizioni 3,6-8 Dio allude agli eventi politici e militari del passato, che avrebbero dovuto illuminare gli abitanti di Gerusalemme, ma essi sono stati caparbi e riluttanti (vv. 6-7), perciò ad essi viene comminato il giudizio (v. 8).

v. 6. Il Signore attribuisce alla propria potenza gli eventi della storia, che potrebbero riferirsi all'annessione parecchi regni da parte dell'Assiria e alla distruzione di Tebe.

v. 7. In un monologo Dio sottolinea il carattere didattico dei fatti storici negativi e denuncia l'ostinazione di Gerusalemme (cfr. Ger 7,13.25; 11,7; 24,4; 26,5).

v. 8. Il giudizio assume la forma di un processo, in cui Dio svolge la parte del giudice e dell'accusatore (cfr. Mic 1,2; Ger 29,23; Ml 3,5). Il contesto è universale, perché vengono giudicati tutti i popoli e regni della terra (cfr. Ger 25,31s.; Is 66,16).

PROMESSE DI SALVEZZA 3,9-20 Il messaggio di speranza comprende tre temi: la purificazione dei popoli e di Gerusalemme (vv. 9-13), la gioia escatologica (vv. 14-17) e il raggruppamento dei dispersi (vv. 18-20). La frase «in quel giorno», «in quel tempo» ricorre tre volte (vv. 11a.16a.20a) in mezzo ai brani. Dio parla in prima persona (vv. 9-13.18b-20) o di lui si parla in terza persona (vv. 14-18a).

Purificazione futura 3,9-13 La pericope è composta di due unità: la conversione dei pagani (vv. 9-10), tipico tema dei profeti postesilici (cfr. Ml 1,11; Is 50,6s.; 66,20) e il rinnovamento del resto d'Israele (v. 11-13), costituito da una comunità umile e fedele.

v. 9. Il «labbro puro» è una metafora che designa tutto l'uomo rinnovato da Dio, perché non rende più culto alle divinità straniere (cfr. Sal 51,17). «invocare il nome del Signore» indica emettere un'autentica professione di fede che suppone la conversione del cuore. «Servire Dio» significa rendere a Dio il culto e osservare i suoi precetti (cfr. Mic 4,2; Is 11,9; 19,23ss.). «sotto lo stesso giogo»: lett. «spalla a spalla» equivale a «in uno sforzo comune». L'immagine proviene dagli animali da lavoro, che procedono aggiogati a due a due.

v. 10. Visione universale della massima ampiezza: gli abitanti della lontana Nubia, rappresentanti le nazioni più diverse e distanti da Israele e convertite al vero Dio, avanzano in processione a Sion, per rendergli il culto (cfr. Is 18,1-7). La predizione evoca per contrasto la dispersione dei popoli nel racconto della torre di Babele (cfr. Gn 11,4-9).

v. 11. Dio si rivolge direttamente a Gerusalemme promettendo la sparizione della vergogna, effetto del giudizio divino (cfr. Is 1,29; 19,9; 41,11; Ger 15,9; 20,11). Quale fedele discepolo del profeta Isaia, Sofonia considera l'orgoglio dell'uomo come l'atteggiamento fondamentale negativo nei confronti di Dio (cfr. Is 3,16; 5,15; 9,8; 10,33). La superbia umana descritta nei vv. 3,1-4, sarà eliminata nell'era della salvezza.

vv. 12-13. In modo sia positivo che negativo vengono descritte la qualità del «resto d'Israele», cioè di coloro che sono destinati a sopravvivere al giudizio degli empi (cfr. Is 46,3; Ger 6,9). Il «popolo umile e povero» si riconosce piccolo davanti a Dio, in contrasto con coloro che si gloriano delle proprie forze. Non si tratta di una categoria sociale di uomini, ma di una disposizione religiosa fondata sulla fiducia in Dio, che rifugge da tutto ciò che è opposto alla volontà divina, soprattutto nel campo etico. A questi umili è promessa un'esistenza felice e pacifica. Si trova nei presenti versetti la descrizione più perfetta dello «spirito di povertà» dell'AT. Sofonia ha in mente una comunità, politicamente irrilevante, serena, che si distingue per l'integrità dei costumi e per una grande solidarietà. Rinunciando alla mania di grandezza umana, Giuda potrebbe essere salvato.

Giubilo di Gerusalemme 3,14-17 In due canti celebrativi Sion è invitata alla gioia, perché, vinti i nemici, Dio assicura la sua presenza in mezzo ad essa (vv. 14-15). Il Signore stesso si rallegra, perché viene in soccorso e rinnova il suo amore (vv. 16-18a). Abbondano i sinonimi della gioia e si notano delle affinità con gli oracoli di Isaia (cfr. Is 12,1-6; 52,7-10). Questi canti liturgici, nei quali è sottolineata la regalità di JHWH sono tra i brani più brillanti e fecondi dell'AT.

v. 14. «figlia di Sion,... figlia di Gerusalemme»: sono espressioni poetiche che indicano gli abitanti della capitale, in quanto rappresentano tutto il popolo eletto (cfr. Is 54,1; Zc 9,9). «Israele»: sono i discendenti di Giacobbe-Israele, cioè tutti gli Israeliti.

v. 15. «ha disperso il tuo nemico»: l'immagine è presa dall'assedio di una città che improvvisamente viene liberata. «Re d'Israele»: solenne proclamazione della regalità del Signore, che procura la gioia e la salvezza (cfr. Is 6,3; 41,21; 44,6; 52,7-10; Abd 21; Sal 90,15). La presenza di Dio in mezzo al popolo è simboleggiata dal tempio di Gerusalemme.

v. 17. Il Signore è presentato, come colui che personalmente prende parte al giubilo della capitale salvata. Non manca un'allusione al tempo del deserto («ti rinnoverà con il suo amore»), in cui avvenne il fidanzamento con il popolo liberato dall'Egitto. Questa espressione dell'amore perfetto di Dio viene ora riproposta, come in Os 2.

Ritorno dei dispersi 3,18-20 Testo oscuro, di carattere antologico, che suppone il contesto della dispersione degli Israeliti. Probabilmente è un'aggiunta posteriore. Dio stesso parla della sua opera salvatrice in favore della diaspora.

v. 19. «zoppicanti» e «dispersi»: sono espressioni metaforiche prese dalla vita pastorale, indicanti coloro che furono colpiti dalle sventure (cfr. Mic 4,6s.; Ez 34,16; Zc 11,16).

v. 20. «ristabilirò le vostre sorti»: si può tradurre anche: «farò ritornare i vostri prigionieri» (cfr. Is 35,10; 48,21; 60,6-16).

(cf. STEFANO VIRGULIN, Sofonia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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