📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA: Regole; a Diogneto ● PROFETI ● Concilio Vaticano II ● NUOVO TESTAMENTO

Appello alla conversione 1Radunatevi, raccoglietevi, o gente spudorata, 2prima che esca il decreto, prima che passi il giorno come pula, prima che piombi su di voi l’ira furiosa del Signore, prima che piombi su di voi il giorno dell’ira del Signore. 3Cercate il Signore voi tutti, poveri della terra, che eseguite i suoi ordini, cercate la giustizia, cercate l’umiltà; forse potrete trovarvi al riparo nel giorno dell’ira del Signore.

REQUISITORIA CONTRO LE NAZIONI E GERUSALEMME

Contro i Filistei, Moab e Ammon 4Gaza infatti sarà abbandonata e Àscalon ridotta a un deserto. Asdod in pieno giorno sarà deportata ed Ekron distrutta dalle fondamenta. 5Guai agli abitanti della costa del mare, alla nazione dei Cretei! La parola del Signore è contro di te, Canaan, paese dei Filistei: «Io ti distruggerò privandoti di ogni abitante». 6La costa del mare diventerà pascoli, prati per i pastori, recinti per le greggi. 7La costa del mare apparterrà al resto della casa di Giuda; in quei luoghi pascoleranno e a sera nelle case di Àscalon prenderanno riposo, quando il Signore, loro Dio, li avrà visitati e avrà ristabilito le loro sorti. 8«Ho udito l’insulto di Moab e gli oltraggi degli Ammoniti, con i quali hanno insultato il mio popolo gloriandosi del suo territorio. 9Perciò, com’è vero che io vivo – oracolo del Signore degli eserciti, Dio d’Israele –, Moab diventerà come Sòdoma e gli Ammoniti come Gomorra: un luogo invaso dai cardi, una cava di sale, un deserto per sempre. I rimasti del mio popolo li saccheggeranno e i superstiti della mia gente ne saranno gli eredi». 10Questo accadrà a loro per la loro superbia, perché hanno insultato, hanno disprezzato il popolo del Signore degli eserciti. 11Terribile sarà il Signore con loro, poiché annienterà tutti gli dèi della terra, mentre a lui si prostreranno, ognuna sul proprio suolo, tutte le isole delle nazioni.

Contro l'Etiopia e Assur 12«Anche voi, Etiopi, sarete trafitti dalla mia spada». 13Stenderà la mano anche al settentrione e distruggerà Assur, farà di Ninive una desolazione, arida come il deserto. 14Si accovacceranno in mezzo ad essa, a frotte, tutti gli animali del branco. Anche il gufo, anche la civetta si appollaieranno sui suoi capitelli; ne risuonerà la voce dalle finestre e vi sarà desolazione sulla soglia, perché la casa di cedro è stata spogliata. 15Questa è la città gaudente, che se ne stava sicura e pensava: «Io e nessun altro»! Come mai è diventata un deserto, un rifugio di animali? Chiunque le passa vicino fischia di scherno e agita la mano.

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Approfondimenti

Appello alla conversione 2,1-3 Prima che si compia il giudizio, è possibile la salvezza mediante la conversione. Nello stile profetico classico, Sofonia esorta gli empi (v. 1-2) e gli umili del paese a trovare rifugio nel Signore (v. 3). Questo appello contiene un elevato insegnamento religioso.

v. 1. Le prime due parole del versetto sono irreparabilmente corrotte. «Radunatevi, raccoglietevi»: un'altra traduzione possibile è «rientrate in voi stessi e curvatevi». La «gente spudorata»: sono probabilmente gli empi del paese di Giuda, privi di guida a causa del fallimento dei responsabili della cosa pubblica.

v. 3. La condizione della salvezza è la ricerca di Dio, della giustizia e dell'umiltà. I «poveri della terra», cioè del paese, sono coloro che socialmente privi dei beni materiali (cfr. Am 8,4; Is 11,4; Gb 24,4; Sal 76,10) pongono la loro fiducia in Dio e da lui attendono l'aiuto. Il loro atteggiamento interiore è opposto a quello che caratterizza i dignitari (1,8s.), i ricchi (1,10s.) e coloro che non si preoccupano di Dio, siccome si fidano delle proprie risorse. I valori sono rovesciati; il solo contegno che può mantenere in vita è la sottomissione a Dio. La «giustizia» è la condotta appropriata nei riguardi del prossimo, specialmente la difesa degli sfruttati e degli oppressi. L'«umiltà» è il riconoscimento del giusto rapporto tra l'uomo e Dio (cfr. Prv 15,33; 18,12; 22,4). Sembra che Sofonia sia il primo a usare la parola «umiltà» per designare un atteggiamento spirituale di sottomissione a Dio e di fedeltà avente una valenza escatologica (cfr. 3,11s.; Is 49,13; 57,14-21; 66,2; Sal 22,27; 24,20). Con i due concetti di giustizia e povertà spirituale Sofonia si pone sulla scia del grande Isaia. Gli stessi temi saranno ripresi dagli altri profeti e da Gesù stesso (cfr. Mt 5,3; 11,5; Sal 34,19; 40,18).

REQUISITORIA CONTRO LE NAZIONI E GERUSALEMME 2,4-3,8 Grande unità consacrata agli oracoli contro le nazioni, caratterizzati da varia ampiezza e attribuiti al profeta (vv. 4-5.7 e cc. 10-11) o a Dio stesso (vv. 5c.8-9.13ss.); è seguita da un ultimo oracolo contro Gerusalemme (3, 1-8). Sono menzionati cinque popoli vicini che circondano la Giudea dai quattro punti cardinali; i Filistei a ovest (2, 4-7), Moab e Ammon a est (2,8-11), gli Etiopi a sud (2,12) e Assur a nord (2,13-15). Si trovano negli oracoli diverse glosse e riletture ad es. i vv. 7ac.9c.11.

Contro i Filistei, Moab e Ammon 2,4-11 Il profeta annuncia per ognuna delle quattro città filistee (eccettuata Gad, come in Am 1,6-8; Ger 25,20; Zc 9,5s.) la rovina in un contesto di eventi bellici a noi sconosciuti (v. 1). Dio conferma con la sua autorità e in forma di minaccia la predizione del profeta (vv. 5-6). Viene aggiunta la promessa che il territorio delle città sarà occupato dal Giudei (v. 7). L'accusa contro Moab e Ammon (v. 8) è seguita dalla sentenza di condanna (v. 9). I vv. 10-11 sono un'aggiunta redazionale, che generalizza il tema principale di tutta la sezione: la punizione viene inflitta per la superbia.

v. 4. I nomi delle città filistee fanno assonanza in ebraico con i termini della rovina.

v. 5. La «costa del mare» indica globalmente tutta la Filistea. I «Cretei», originari dell'isola di Creta e imparentati con i Filistei, si erano stabiliti a sud del territorio filisteo (cfr. Am 9,7; Ger 47,4; Dt 7,23). I due gruppi facevano parte dei popoli del mare.

v. 7. Versetto redazionale che promette l'assegnazione della Filistea ai Giudei superstiti della catastrofe dell'esilio babilonese (cfr. Ger 40,15; 42,15-19; 43,5; 44,12-14.18). La visita del Signore inaugura la grande restaurazione di Giuda (cfr. Gn 50,24; Is 23,17; Zc 10,3).

v. 8. I due popoli di Moab e Ammon, antichi rivali di Israele (cfr. Nm 22-25; Gdc 10-11; Am 1,13-2,3; Is 15-16), sono associati nello stesso rimprovero (ctr. Ez 25,6-11). Il castigo si ispira alle tradizioni locali riguardanti le origini di questi popoli (cfr. Gn 13, 19).

v. 9. «com'è vero ch'io vivo»: è una solenne formula di giuramento che sottolinea la certezza del minacciato castigo. «Sodoma» e «Gomorra»: rievocano tradizionalmente l'inesorabile castigo dovuto a gravi colpe (cfr. Gn 19; Is 1,10). «una cava di sale»: è simbolo impressionante di disastro e sterilità (cfr. Dt 29,23; Ger 17,6; Gb 39,6; Sal 107,34).

v. 10. Il versetto ripete in prosa lo stico del v. 8b.

v. 11. Concezione universale della sparizione dell'idolatria e dell'adorazione dell'unico Dio da parte di tutte le nazioni, senza la prospettiva di dover salire a Gerusalemme. La terminologia e i concetti dipendono da Is 11 (Is 41,1.5; 42,4.10.12; 49,1; 51,5).

Contro l'Etiopia e Assur 2,12-15 12. Frammento di oracolo, alquanto oscuro, redatto in forma diretta contro gli Etiopi, che rappresentano l'Egitto. È possibile che si alluda all'occupazione di Tebe da parte degli Assiri, quando in Egitto regnava la XXV dinastia che era di origine nubica (715-663 a.C.).

2,13-15. Con lo stile delle lamentazioni funebri viene ironicamente celebrata la caduta della capitale pagana del regno di Assur, che diventa rifugio di animali selvatici (v. 13-14).

v. 14. Versetto difficile e tormentato. «gli animali della valle» comprendono ogni specie di bestie selvatiche. Il «pellicano» è un animale immondo (cfr. Lv 11,18; Dt 14,17). «capitelli»: si potrebbe tradurre anche con «sculture» e riscontrarvi un'allusione ai bassorilievi dei palazzi assiri. I «gufi» riempiono la notte di grida spaventose; essi si nascondono immobili nei vani delle finestre dei palazzi diroccati.

v. 15. Mediante un artificio stilistico il profeta lascia che gli interpellati esprimano i propri sentimenti in forma di lamentazione, riguardo al contrasto esistente tra la gloria passata di Ninive e la sua ignominia presente. «Io e non altri all'infuori di me» è un titolo proprio di Dio (cfr. Is 47,8.10). Ninive pecca di presunzione e arroganza attribuendosi un potere divino (cfr. Na 2,3-11; 3,1-17; Ab 2,6-20). Il fischio e il gesto della mano, oltre ad essere gesti di disprezzo, potrebbero indicare dei segni magici tesi ad allontanare le sventure.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Sofonia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Titolo 1Parola del Signore che fu rivolta a Sofonia, figlio di Cusì, figlio di Godolia, figlio di Amaria, figlio di Ezechia, al tempo di Giosia, figlio di Amon, re di Giuda.

MINACCE CONTRO IL PROPRIO POPOLO

Il giudizio universale 2«Tutto farò sparire dalla terra. Oracolo del Signore. 3Distruggerò uomini e bestie; distruggerò gli uccelli del cielo e i pesci del mare, farò inciampare i malvagi, eliminerò l’uomo dalla terra. Oracolo del Signore.

Le colpe di Gerusalemme 4Stenderò la mano su Giuda e su tutti gli abitanti di Gerusalemme; eliminerò da questo luogo quello che resta di Baal e il nome degli addetti ai culti insieme ai sacerdoti, 5quelli che sui tetti si prostrano davanti all’esercito celeste e quelli che si prostrano giurando per il Signore, e poi giurano per Milcom, 6quelli che si allontanano dal seguire il Signore, che non lo cercano né lo consultano». 7Silenzio, alla presenza del Signore Dio, perché il giorno del Signore è vicino, perché il Signore ha preparato un sacrificio, ha purificato i suoi invitati. 8«Nel giorno del sacrificio del Signore, io punirò i capi e i figli di re e quanti vestono alla moda straniera; 9punirò in quel giorno chiunque salta la soglia, chi riempie di rapine e di frodi il palazzo del suo padrone. 10In quel giorno – oracolo del Signore – grida d’aiuto verranno dalla porta dei Pesci, ululati dal quartiere nuovo e grande fragore dai colli. 11Urlate, abitanti del Mortaio, poiché tutta la turba dei mercanti è finita, tutti i pesatori dell’argento sono sterminati. 12In quel tempo perlustrerò Gerusalemme con lanterne e farò giustizia di quegli uomini che, riposando come vino sulla feccia, pensano: “Il Signore non fa né bene né male”.

Il giorno del Signore 13I loro beni saranno saccheggiati e le loro case distrutte. Costruiranno case ma non le abiteranno, pianteranno viti, ma non ne berranno il vino». 14È vicino il grande giorno del Signore, è vicino e avanza a grandi passi. Una voce: «Amaro è il giorno del Signore!». Anche un prode lo grida. 15Giorno d’ira quel giorno, giorno di angoscia e di afflizione, giorno di rovina e di sterminio, giorno di tenebra e di oscurità, e giorno di nube e di caligine, 16giorno di suono di corno e di grido di guerra sulle città fortificate e sulle torri elevate. 17Metterò gli uomini in angoscia e cammineranno come ciechi, perché hanno peccato contro il Signore; il loro sangue sarà sparso come polvere e la loro carne come escrementi. 18Neppure il loro argento, neppure il loro oro potranno salvarli. Nel giorno dell’ira del Signore e al fuoco della sua gelosia tutta la terra sarà consumata, poiché farà improvvisa distruzione di tutti gli abitanti della terra.

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Approfondimenti

Titolo 1,1 Un caso unico nei libri profetici è la genealogia del profeta comprendente quattro antenati, tra i quali figura il nome di Ezechia, che probabilmente non è quello del celebre re di Giuda. Sofonia era di origine africana, come attesta l'onomastica straniera del padre (Kusi). Il redattore del libretto vuole affermare mediante la genealogia che il profeta è un autentico Giudeo, vantando egli una ascendenza legale.

MINACCE CONTRO IL PROPRIO POPOLO 1,2-2,3 Al centro di questa ampia unità si trova l'annuncio della vicinanza del «giorno del Signore» (vv. 1, 14-18) inserito nel quadro di una minaccia di giudizio universale (1,2-3) e di una precisa lista di colpe commesse dagli abitanti di Gerusalemme (1,7-13). Alla fine si trova una risposta alla minaccia: l'appello alla conversione (2,1-3).

Il giudizio universale 1,2-3 Introdotto e concluso con la formula «oracolo del Signore», la breve pericope descrive con linguaggio poetico e iperbolico la totale devastazione della terra, compresi gli animali e gli uomini. Il profeta si ispira al racconto della creazione (Gn 1) e a quello del diluvio (Gn 6,7; 7,23). Tutta la creazione partecipa al castigo inflitto al peccato dell'uomo (cfr. Gn 3,17s; Os 4,3; Ger 4,23-28; 9,9; Ag 1,6-11).

Le colpe di Gerusalemme 1,4-13 Blocco di quattro oracoli classici comprendenti l'annuncio del castigo e il motivo del giudizio su Giuda e la capitale. I destinatari degli oracoli sono gli adoratori degli idoli (1,4-7), le classi dirigenti (1,8-9), i commercianti (1,10-11) e i ricchi (1,12-13). Vengono stigmatizzati in modo particolare i costumi stranieri e l'abbandono del Signore.

v. 4. «Stenderò la mano»: l'espressione indica la manifestazione dell'ira divina (cfr. Is 5,25; 9,11.16.20; 10,4). «gli avanzi di Baal» sono i resti del culto idolatrico favorito da Manasse e non soppresso dal re Amon. Il «nome» indica la persona. La minaccia è di rimanere senza discendenza o ufficio. I «falsi sacerdoti»: il termine dispregiativo indica i preti idolatrici.

v. 5. Il culto degli astri si era generalizzato in Giudea sotto il re Manasse (687-642 a.C.) e Amon (642-640 a.C.), dato l'influsso dell'Assiria (cfr. 2Re 21,3ss.; 23,4s.12; Dt 4,19; Ger 8,2; 19,13). Il culto di Milcom, dio ammonita, associato ai sacrifici dei bambini, si era diffuso sotto il re Salomone (cfr. 1 Re 11, 7) e durante il regno di Giosia (cfr. 2 Re 23, 13). «giurare per Milcom» significa riconoscerlo come dio e rendergli l'omaggio dell'adorazione (cfr. Am 8,14; Os 4,15; Ger 12,16). Viene smascherato il sincretismo religioso, che unisce il culto del vero Dio con quello degli idoli.

v. 6. L'apostasia di Dio e l'indifferenza sono gli atteggiamenti negativi radicali degli abitanti di Gerusalemme (cfr. Dt 4,29; Is 59,13; Ger 29,13). «cercare il Signore» significa sforzarsi di conoscere la sua volontà ed entrare in comunione con lui (cfr. Am 5,4ss. 14-15).

v. 7. Il v. che si apre con un'apostrofe liturgica e interrompe il filo logico, sembra fuori posto, collegandosi con i v. 14-18. Il silenzio, segno di adorazione, prepara al raccoglimento prima della teofania cultuale (cfr. Ab 2,20; Zc 2,17). Il «giorno del Signore» è presentato come una festa di sacrificio, in cui l'immolazione della vittima è seguita da un pasto sacro. Le vittime e gli invitati non sono determinati, ma probabilmente sono i Giudei (cfr. 1Re 18,19-40; 2Re 10,18-27). Si tratta naturalmente di un sacrificio simbolico (cfr. Ger 12,3; 46,10). Il «giorno del Signore» è il momento in cui si compie il castigo sul popolo di Giuda.

1,8-9. Questi versetti rappresentano la prima delle tre strofe parallele, ritmicamente perfette, comprendenti due vv. ciascuna (v. 10-11.12-13), in cui vengono descritti tre diversi gruppi di abitanti della capitale di Giuda.

v. 8. «i principi e i figli di re» sono il personale della corte reale. Non si fa menzione del re, forse perché era minorenne e il governo si trovava nelle mani di un reggente. «Vestire alla moda straniera» significava essere asservito a una potenza straniera, imitandone il modo esotico di credere e di praticare il culto (cfr. 2Mac 4,13s.).

v. 9. «saltare la soglia» è un'espressione enigmatica che può riferirsi ai personaggi che si avvicinano al re (la soglia indicando il suppedaneo del trono regale: cfr. 1Re 10,19s.; 2Re 9,13; 20,11), ovvero agli adoratori di un falso Dio, che salgono il podio dove si trova l'altare; la frase potrebbe applicarsi anche ai superstiziosi che evitano di toccare la soglia di casa, perché controllata da divinità nefaste. «il palazzo del padrone» può designare la reggia, che viene arricchita con inganno e violenza, o il tempio che i sacerdoti rendono sfarzoso mediante illeciti sfruttamenti ed estorsioni.

1,10-11. Usando la forma profetica della lamentazione viene minacciato l'annientamento totale ai trafficanti della capitale. Gli abitanti della città bassa sono esortati a fare lutto, per la fine del commercio ingiusto.

v. 10. «la Porta dei pesci» si trovava probabilmente a nord della città (cfr. Ne 3,3; 12,39). Il «quartiere nuovo» si era sviluppato a nord-ovest della città vecchia (cfr. 2Re 22,14; Ne 11,9). I «colli» sono probabilmente un settore della città situato entro le mura. Il versetto descrive la reazione dei vicini di fronte alla punizione dei commercianti fraudolenti.

v. 11. «il Mortaio»: è probabilmente un quartiere di Gerusalemme situato nella valle del Tiropeo. «i pesatori d'argento»: sono i trafficanti che non utilizzavano ancora la moneta (cfr. Gn 23,16; Ger 32,10; Zc 11,12).

1,12-13. Oracolo ironico e incisivo pronunciato direttamente da Dio contro gli increduli, che pongono la fiducia nelle ricchezze (cfr. Ger 5,12; Sal 10,4; 14,1).

v. 12. Le lanterne – singolare immagine applicata a JHWH – servono a illuminare gli angoli delle vie e le case di Gerusalemme, in modo che nessuno possa sfuggire. La riflessione dei ricchi, citata in modo esplicito, equivale alla negazione di Dio e di tutto ciò che egli ha fatto per Israele: la liberazione, l'alleanza, la legge (cfr. Is 5,19; Ger 5,12).

v. 13. Tragica immagine del castigo: distruzione delle case e non poter bere il vino che si produce (cfr. Am 5,11; Mic 6,15; Dt 28,30.39).

Il giorno del Signore 1,14-18 Celebre poema lirico e drammatico redatto secondo lo stile degli inni, che descrive l'imminente intervento di Dio nella storia con immagini prese dalla natura e dagli eventi bellici. Alla descrizione classica messa in bocca al profeta (vv. 14-16) segue la minaccia proferita da Dio stesso (vv. 17-18). Il testo, che si ispira a Am 5,18ss. e Is 2,11-22, crea un'atmosfera di incanto e terrore. Le brevi frasi, le ripetizioni e le allitterazioni esprimono magistralmente la terrificante prossimità del giorno. Il quadro è universale, ma dal contesto si deduce che l'apostrofe è rivolta al popolo i cui errori sono descritti nei vv. 8-13.

v. 14. «il giorno del Signore» è personificato, come se fosse un essere fulmineo che fa irruzione nel mondo e porta la sciagura.

15-16. Questi vv. sono tra i testi poetici più belli dell'AT. Sei volte è ripetuta l'espressione: «giorno». Undici termini evocano le immagini più cupe prendendole dai fenomeni atmosferici, dal fragore della battaglia, dalle tradizioni teofaniche (cfr. Es 19,16.19; 20,21; Dt 4,11; 2,11; Sal 18,10ss.; 97,2-6) e dalla guerra santa (cfr. Es 14,20; 10,22). Si fanno contrasto la desolazione esterna e l'angoscia interiore, ciò che si vede e ciò che si sente, le tenebre cosmiche e lo scalpore bellico. «Giorno d'ira» (v. 15): queste parole hanno ispirato il famoso inno medievale, che porta il titolo Dies irae. «le torri d'angolo» (v. 16), sono quelle delle mura della città.

v. 17. Dio annuncia il giudizio in modo oratorio e iperbolico. L'ultimo stico sottolinea l'ignominia dei massacrati.

v. 18. La catastrofe assume delle proporzioni cosmiche, che la caratterizzano come evento escatologico.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Sofonia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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IL CANTICO

La teofania 1Preghiera del profeta Abacuc, in tono di lamentazione. 2Signore, ho ascoltato il tuo annuncio, Signore, ho avuto timore e rispetto della tua opera. Nel corso degli anni falla rivivere, falla conoscere nel corso degli anni. Nello sdegno ricòrdati di avere clemenza. 3Dio viene da Teman, il Santo dal monte Paran. La sua maestà ricopre i cieli, delle sue lodi è piena la terra. 4Il suo splendore è come la luce, bagliori di folgore escono dalle sue mani: là si cela la sua potenza. 5Davanti a lui avanza la peste, la febbre ardente segue i suoi passi. 6Si arresta e scuote la terra, guarda e fa tremare le nazioni; le montagne eterne vanno in frantumi, e i colli antichi si abbassano, i suoi sentieri nei secoli. 7Ho visto le tende di Cusan in preda a spavento, sono agitati i padiglioni di Madian.

Il combattimento 8Forse contro i fiumi, Signore, contro i fiumi si accende la tua ira o contro il mare è il tuo furore, quando tu monti sopra i tuoi cavalli, sopra i carri della tua vittoria? 9Del tutto snudato è il tuo arco, saette sono le parole dei tuoi giuramenti. Spacchi la terra: ecco torrenti; 10i monti ti vedono e tremano, un uragano di acque si riversa, l’abisso fa sentire la sua voce e in alto alza le sue mani. 11Il sole, la luna rimasta nella sua dimora, al bagliore delle tue frecce fuggono, allo splendore folgorante della tua lancia. 12Sdegnato attraversi la terra, adirato calpesti le nazioni. 13Sei uscito per salvare il tuo popolo, per salvare il tuo consacrato. Hai demolito la cima della casa del malvagio, l’hai scalzata fino alle fondamenta. 14Con le sue stesse frecce hai trafitto il capo dei suoi guerrieri che irrompevano per disperdermi con la gioia di chi divora il povero di nascosto. 15Calpesti il mare con i tuoi cavalli, mentre le grandi acque spumeggiano.

Timore e fede 16Ho udito. Il mio intimo freme, a questa voce trema il mio labbro, la carie entra nelle mie ossa e tremo a ogni passo, perché attendo il giorno d’angoscia che verrà contro il popolo che ci opprime. 17Il fico infatti non germoglierà, nessun prodotto daranno le viti, cesserà il raccolto dell’olivo, i campi non daranno più cibo, le greggi spariranno dagli ovili e le stalle rimarranno senza buoi. 18Ma io gioirò nel Signore, esulterò in Dio, mio salvatore. 19Il Signore Dio è la mia forza, egli rende i miei piedi come quelli delle cerve e sulle mie alture mi fa camminare.

Al maestro del coro. Per strumenti a corda.

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Approfondimenti

IL CANTICO 3,1-19 Questo inno è un capolavoro poetico, per la maestria della forma (vivacità delle immagini, ricchezza di interrogazioni retoriche, alternanza del presente descrittivo e del perfetto profetico), e la grandiosità della concezione teologica. Dopo il titolo e l'introduzione in forma di supplica (vv. 1-2), viene descritta la manifestazione di Dio (vv. 3-7), che sconvolge la natura, distrugge i nemici e salva il popolo (vv. 8-15). Tutto ciò provoca stupore e giubilo nel profeta (vv. 16-19). Probabilmente si tratta di un antico inno riutilizzato dal profeta. Presenta delle affinità con il cantico di Mosè (Es 15) e col salmo alfabetico di Naum 1,2-8. Fanno da sfondo gli eventi dell'esodo e della conquista, modelli degli interventi di Dio nella storia. Certi vv. sono intraducibili e soggetti a congetture.

La teofania 3,1-7 Preceduta da un versetto redazionale e dalla preghiera del profeta (vv. 1-2), la venuta del Signore è accompagnata da fenomeni cosmici, che proclamano la sua potenza (vv. 3-7).

v. 1. L'inno è designato come «preghiera», termine tecnico per indicare le lamentazioni individuali o collettive (cfr. Is 38,5; Gio 2,8; Sal 6,10; 80,5; 84,9). In realtà si tratta di un salmo dalle forme inniche. «In tono di lamentazione»: indicherebbe la modulazione del brano usata nella liturgia. Le notazioni musicali all'inizio (questo v.), alla fine (v. 19) e le tre pause (selah) dei vv. 3.9.13 rivelano l'utilizzazione liturgica del capitolo.

v. 2. Il profeta vede e ascolta una terribile visione, che incute religioso rispetto (cfr. Es 14,30s.), quindi egli supplica che si realizzi.

vv. 3-4. La manifestazione divina è descritta secondo la tipologia dell'esodo, in mezzo alla tempesta, in un bagliore di fulmini e di fuoco (cfr. Dt 33,2.26; Gdc 5,4s.20; Sal 68; 72,19; 77,17-21; 97,2-5). «Teman»: probabilmente designa il territorio di Edom e la regione del Sinai (cfr. Am 1,2; Ger 49,7.20). «Paran» è una montagna associata al Sinai (cfr. Dt 33,2). I fenomeni atmosferici e cosmici sottolineano la trascendenza divina.

v. 5. La «peste» e la «febbre», personificate quali forze distruttrici, formano la corte del Signore, che esce in campo per combattere (cfr. 2Sam 24,15; Sal 91,6; Os 13,14).

v. 6. «le montagne eterne» e «i colli antichi» – rappresentazioni cosmiche della natura – sono i luoghi in cui soggiornano i patriarchi (cfr. Gn 49,26; Dt 33,15) e dove anche il popolo dell'esodo apprese a conoscere il Signore.

v. 7. «Cusan» e «Madian» designano una regione situata a nord-ovest dell'Arabia, a est del golfo di Aqaba e a sud di Moab, abitata da una popolazione nomade (cfr. Es 15,14ss.). Siccome il Signore viene dal sud, le tende dei nomadi fatte con pelli di animali, sono scosse dalla violenza dell'uragano, come se fossero degli esseri animati presi da timore.

Il combattimento 3,8-15 Armato di arco e di frecce, Dio avanza (vv. 8-9), mentre la natura è in preda al terrore (vv. 10-12), i nemici sono sgominati e il popolo eletto salvato (vv. 13-15). Grandiose sono le immagini usate in questo brano, in cui il profeta interpella JHWH in forma diretta.

v. 8. I «cavalli» e i «carri» di vittoria sono le nubi della tempesta (cfr. Dt 33,36s.; Sal 18,8-16; 77,17-20).

vv. 9-10. Impressionanti sono i fenomeni atmosferici che intendono esprimere la travolgente potenza divina: l'acqua torrenziale che dilaga improvvisa (cfr. Es 19,18; Gdc 5,5; Sal 77,17.19), il terremoto che scuote le montagne, l'oceano sottomarino primordiale che rumoreggia furioso (cfr. Sal 46,7; 68,34; 93,3).

v. 11. Lo splendore delle armi divine – le saette di Dio sono le folgori scintillanti – sorpassa quello degli astri più luminosi, che si oscurano per lo spavento.

v. 12. La rabbia di Dio, segno della sua potenza che debella i nemici, è contrassegnata dalla rapidità con la quale le folgori attraversano l'aria e si perdono nel raggiungere la terra (cfr. 2Re 13,7; Is 63,1-6; Sal 60,8).

v. 13. Il versetto è alterato, come i vv. 14s. Dal simbolo si passa alla realtà. Il «consacrato» è il re ideale o tutto il popolo di Dio salvato dalla oppressione babilonica (cfr. Es 19,6). La «casa dell'empio» è la dinastia caldea (cfr. Ab 1,4.13).

v. 14. Il Caldeo è rappresentato come un leone che porta la sua preda in una caverna per divorarla al sicuro. «il povero» rappresenta il popolo della Giudea.

v. 15. Evidente allusione al passaggio del Mare dei Giunchi, che segna la vittoria di Dio sopra il faraone d'Egitto. Questo evento è il modello di ogni intervento salvifico di Dio nella storia (cfr. Es 14s.).

Timore e fede 3,16-19 Come conclusione del cantico vengono descritti gli effetti psicologici prodotti nell'animo del profeta dal combattimento divino: il religioso timore (v. 16) e la gioia per l'intervento divino (vv. 18-19). Il v. 17 sembra fuori posto.

v. 16. L'angoscia suscitata dalla terrificante visione del combattimento divino è espressa con diverse immagini: il palpito del cuore (cfr. Ger 4,19; Lam 1,20; 2,11), la quasi mancanza di parola, il fremito delle ossa (cfr. Os 5,12; Prv 12,4; 14,30; Gb 13,28), il vacillare di un ubriaco (cfr. 2Sam 19,1; Is 32,10). Questi fenomeni sono dovuti al ritardo dell'oracolo che deve interpretare la visione.

v. 17. Il versetto introduce un quadro di miseria agricola, che affligge la Giudea probabilmente a causa delle incursioni dei Caldei.

v. 18. L'espressione di intensa gioia si fonda sulla certezza della salvezza (cfr. Mic 7,7; Is 61,10; Sal 5,12; 32,11; 33,1).

v. 19. Finale salmica in cui si esprime una profonda fiducia in Dio, sia di fronte all'oppressione, che davanti all'orrore della visione (cfr. Dt 32,13; 33,29; Is 58,14; Sal 18,34). Generalmente le note corali che chiudono il cantico si trovano in testa ai salmi (cfr. Sal 4,1; 5,1; 8,1; есс.).

Impressionante è la descrizione di Dio come guerriero contenuta nel c. 3. Dio marcia trionfante contro i suoi nemici per sconfiggerli e ristabilire la giustizia. Le immagini sono derivate da concezioni mitico-poetiche comuni a tutta l'antichità orientale. Dio, il cui nome è 'elôah, termine usato solo in poesia, viene dal sud, cavalcando carri e cavalli (v. 8) e scagliando frecce (v. 9). Nel suo furore percorre la terra e calpesta le genti scagliandosi contro gli oppressori e i ribelli (v. 12). I suoi dardi trafiggono i capi dell'esercito nemico (v. 14) e sconfiggono tutti gli avversari. Mostrando clemenza e misericordia per il suo popolo (v. 2), Dio procura la salvezza (v. 13). Tutta la creazione prende parte a questa drammatica battaglia, che assume delle proporzioni cosmiche; la terra e il cielo, il mare e i fiumi, gli astri del cielo, i monti e le colline tremano, sussultano, vibrano e si scuotono davanti al Dio minaccioso e terribile. Tutto l'universo è ingaggiato nella gigantesca lotta contro l'oppressione e l'ingiustizia. La vittoria finale di Dio, descritta come un fatto già avvenuto sul modello del miracolo dell'esodo (v. 15), stabilisce un ordine nuovo e giusto nel mondo.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Abacuc – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Replica di Dio 1Mi metterò di sentinella, in piedi sulla fortezza, a spiare, per vedere che cosa mi dirà, che cosa risponderà ai miei lamenti. 2Il Signore rispose e mi disse: «Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette, perché la si legga speditamente. 3È una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mentisce; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà. 4Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede».

INVETTIVE

Contro l'ingordigia e l'ingiusto guadagno 5La ricchezza rende perfidi; il superbo non sussisterà, spalanca come gli inferi le sue fauci e, come la morte, non si sazia, attira a sé tutte le nazioni, raduna per sé tutti i popoli. 6Forse che tutti non lo canzoneranno, non faranno motteggi per lui? Diranno: «Guai a chi accumula ciò che non è suo, – e fino a quando? – e si carica di beni avuti in pegno!». 7Forse che non sorgeranno a un tratto i tuoi creditori, non si sveglieranno e ti faranno tremare e tu diverrai loro preda? 8Poiché tu hai saccheggiato molte genti, gli altri popoli saccheggeranno te, perché hai versato sangue umano e hai fatto violenza a regioni, alle città e ai loro abitanti. 9Guai a chi è avido di guadagni illeciti, un male per la sua casa, per mettere il nido in luogo alto e sfuggire alla stretta della sventura. 10Hai decretato il disonore alla tua casa: quando hai soppresso popoli numerosi hai fatto del male contro te stesso. 11La pietra infatti griderà dalla parete e la trave risponderà dal tavolato.

Contro la violenza e la crudeltà 12Guai a chi costruisce una città sul sangue, ne pone le fondamenta sull’iniquità. 13Non è forse volere del Signore degli eserciti che i popoli si affannino per il fuoco e le nazioni si affatichino invano? 14Poiché la terra si riempirà della conoscenza della gloria del Signore, come le acque ricoprono il mare. 15Guai a chi fa bere i suoi vicini mischiando vino forte per ubriacarli e scoprire le loro nudità. 16Ti sei saziato d’ignominia, non di gloria. Bevi anche tu, e denùdati mostrando il prepuzio. Si riverserà su di te il calice della destra del Signore e la vergogna sopra il tuo onore, 17poiché lo scempio fatto al Libano ricadrà su di te e il massacro degli animali ti colmerà di spavento, perché hai versato sangue umano e hai fatto violenza a regioni, alle città e ai loro abitanti.

Contro l'idolatria 18A che giova un idolo scolpito da un artista? O una statua fusa o un oracolo falso? L’artista confida nella propria opera, sebbene scolpisca idoli muti. 19Guai a chi dice al legno: «Svégliati», e alla pietra muta: «Àlzati». Può essa dare un oracolo? Ecco, è ricoperta d’oro e d’argento, ma dentro non c’è soffio vitale. 20Ma il Signore sta nel suo tempio santo. Taccia, davanti a lui, tutta la terra!

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Approfondimenti

Replica di Dio 2,1-4 L'oracolo contiene l'annuncio del profeta (v. 1) e la parola di Dio, che impartisce un ordine (v. 2), ne dà il motivo (v. 3) e formula la sentenza, la quale è la chiave d'interpretazione di tutto il libretto. Viene ribadito il principio della retribuzione temporale.

v. 1. Il versetto descrive la preparazione psicologica del profeta, che attende la rivelazione divina. «stare sulla fortezza» significa ricevere l'oracolo dall'alto dopo una lunga attesa, espressa con l'immagine della sentinella (cfr. Ger 28,11s.; 42,7) e col verbo «spiare» (cfr. Mic 7,7; Sal 5,4; 130,7).

v. 2. L'ordine di scrivere la visione, cioè il responso del v. 4 (cfr. Is 8,1; 30,8; Ger 30,2; Ez 37,16), su tavolette di legno, pietra o bronzo (cfr. Ez 37,16; Gb 19,23s.), ha lo scopo di rendere possibile la moltiplicazione delle copie, perché tutti ne possano essere informati.

  1. La parola di Dio (visione) personificata possiede una intrinseca efficacia, perché compie ciò che significa, per cui vale la pena di attenderne con fiducia la realizzazione.

  2. La sentenza divina redatta in forma lapidaria, antitetica, possiede un dono anonimo e misterioso, di portata generale, che riassume bene la teologia dell'alleanza. «colui che non ha l'animo retto»: è colui che, pur accettando le prescrizioni divine, non le mette in pratica, pecca di orgoglio e perciò è votato all'insuccesso e alla rovina (cfr. Sal 1,4s.; 35,5; Gb 21,18). La fede caratteristica dell'uomo giusto, è la fiducia in Dio e la fedeltà alla sua legge, considerata come causa di ogni successo. Applicata in concreto alla questione posta nel v. 1,13, l'oracolo afferma che l'empio oppressore caldeo e anche gli iniqui Giudei andranno in rovina, mentre i giusti Giudei sopravvivranno alla calamità (cfr. Dt 30,15; Prv 10,27; 11,19; 13,12.14; 14,27; 15,24). Il termine ebraico per fede ('emûnah) deriva da una radice verbale ('mn) che indica fermezza, sicurezza e stabilità. Nella forma bifil il verbo significa: appoggiarsi su JHWH, fidarsi di lui, aver fede in lui. Questo è il significato dei testi che riguardano la fede di Abramo (Gn 15,6), del popolo nel deserto (Es 14,31; 19,9; Nm 14,11; Dt 1,32) e soprattutto del sacro resto al tempo di Isaia (Is 7,9; 30,15; 28,16). Il sostantivo 'emûnah implica la fede e la fedeltà, cioè l'accettazione della parola di Dio (cfr. Ger 7,28), l'osservanza delle prescrizioni morali e la rettitudine della vita religiosa in un contesto di fedeltà e costanza (cfr. Ger 5,1.3). Questo testo di Abacuc è citato letteralmente in Eb 10,36.39 e, in un senso approfondito a partire dalla versione dei LXX, in Rm 1,17 e Gal 3,11. Paolo spiega il testo in senso individuale, mentre nell'originale esso si applica a tutto il popolo in senso comunitario. La vita diventa in Paolo la salvezza escatologica, mentre la fede-fedeltà si identifica con la fede in Gesù Cristo morto e risorto per la redenzione degli uomini.

INVETTIVE 2,5-20 Una serie di cinque imprecazioni denuncia le malefatte dell'oppressore e ne minaccia la punizione. Le invettive presentano tutte la stessa formula; esse iniziano con l'espressione «guai», quindi descrivono metaforicamente la colpa, cui fa seguito, secondo la legge del contrasto, l'annuncio di un castigo. Il contenuto non è originale, essendo una requisitoria contro la politica di rapacità e violenza praticata probabilmente dalla nazione caldea (cfr. Is 5,8-24; Mic 2,1ss.; Ger 22,13-18). Il brano rappresenta un'amplificazione dei propositi espressi nei vv. 1,11; 2,4. Il crudele e superbo Babilonese non sussisterà e pagherà secondo giustizia i suoi eccessi.

Contro l'ingordigia e l'ingiusto guadagno 2,5-11 Dopo un preludio (vv. 5-6a) cui viene esposto il principio secondo il quale l'orgoglio non avvantaggia l'uomo, viene pronunciato il primo «guai» contro coloro che per ammucchiare ricchezze, derubano gli altri (vv. 6b-8). Il secondo «guai» è per coloro che si fanno una posizione onorevole con acquisti illeciti (vv. 9-11). Probabilmente viene denunciata l'incontenibile avidità dei Caldei e la loro sfrenata ambizione, che non rifugge dall'usare mezzi ingiusti per appagarla.

v. 5. L'introduzione ai «guai» sottolinea l'insaziabilità di rapina e di conquiste propria del Caldeo, paragonata a quella degli inferi e della morte. Il luogo sotterraneo, dove sono raccolti i defunti, è talvolta simbolo di voracità e viene presentato in modo antropomorfico come una persona che ha una bocca e una gola insaziabili (cfr. Is 5,14; Prv 27,20; 30,15s.). «La ricchezza»: è la lezione di 1QAh; il TM legge «vino».

v. 6. Le invettive sono considerate come appartenenti al genere sapienziale, perché sono proferite in termini velati, che hanno bisogno di essere interpretati (cfr. Is 14,4; Mic 2,4). Il primo «guai» riguarda l'avidità del Caldeo che impossessandosi dei beni altrui mediante rapine, stragi e violenze, ne diventa debitore, quasi gli fossero stati prestati. A questo titolo egli sarà a suo turno preda dei popoli spogliati, che diventano suoi inesorabili creditori. Viene così applicata la legge del taglione (v. 7).

v. 8. Dalla metafora si passa alla dura realtà. La «regione» e la «città» hanno un significato collettivo e generale (cfr. Ger 46,8).

v. 9. La seconda invettiva è diretta contro gli sfruttatori, che fanno illeciti profitti. Vengono descritti con la metafora satirica dell'uccello, che per mettere al sicuro il nido, lo va a porre molto in alto (cfr. Is 14,13; Ger 22,13-17; 49,16; Nm 24,31). La «casa» è la dinastia caldea e insieme il territorio da essa occupato.

v. 11. Immagine originale: le pietre delle pareti domestiche e le travi del soffitto delle case costruite con beni male acquistati, accusano, quasi fossero delle persone, l'empio usurpatore.

Contro la violenza e la crudeltà 2,12-17 La terza invettiva è diretta contro coloro che praticano una politica violenta (vv. 12-14). I vv. 13s. sembrano essere un'addizione. La quarta minaccia è rivolta contro coloro che ubriacano gli altri per umiliarli; saranno ripagati secondo la legge del taglione (vv. 15-17).

v. 12. Viene usata la metafora di colui che costruisce una casa sopra il «sangue», cioè con il cadavere di un sacrificio umano (cfr. Ger 22,13; Gs 6,26; 1Re 16,34).

v. 13. Dio vuole che le nazioni pagane, giunte al vertice della gloria ricadano nel nulla, perché sopraffatte da altre (cfr. Ger 51,58). I popoli si avvicendano sul quadrante della storia, secondo un precostituito piano divino.

v. 14. Il versetto è una citazione di Is 11,9 (cfr. Nm 14,21; Is 6,3; Sal 72,19). L'umiliazione del conquistatore babilonese farà conoscere la potenza del Signore, trionfatore di tutto e di tutti.

v. 15. Il versetto si ispira al racconto dell'ubriachezza di Noè (cfr. Gn 9,20), che denudatosi divenne oggetto di scherno da parte del figlio Cam. Il cinismo del conquistatore giunge fino al punto di ubriacare i popoli per umiliarli (cfr. Ger 51,7).

v. 16. «il calice della destra del Signore» è simbolo del castigo che colpisce gli empi (cfr. Is 51,17-21; Ger 25,1.15-29; 49,12; Ez 23,32ss.; Sal 60,5; 75,9). Il Caldeo ubriacato a sua volta, è coperto di infamia a causa della nudità, ciò che è motivo di vergogna (cfr. Gn 2,25; Nm 3,5), e a causa della incirconcisione, segno della non appartenenza al popolo dell'alleanza.

v. 17. Si allude alla distruzione della vegetazione, del bestiame e degli abitanti operata dal Caldeo nei paesi occupati (cfr. Is 14,8; 33,4). Il Libano, conquistato più volte a motivo del suoi cedri, può essere immagine del regno di Giuda (cfr. Is 33,9; Ger 21,14; 22,6s.13ss.20-23).

Contro l'idolatria 2,18-20 La quinta imprecazione, che nella forma si distingue dalle precedenti, è una satira antidolatrica, che sottolinea l'irragionevolezza e l'inutilità del culto degli idoli nello stile usato dagli altri profeti (ctr. Os 8,4ss.; Is 40,18ss.; 41,6s.; 44,9-20; 46,5ss.; Dt 4,28; Ger 2,26ss.; 10,2-6; 1Re 18,25-28).

v. 20. La maestà dell'unico Dio si oppone agli idoli senza vita. «il suo santo tempio» può indicare la dimora di Dio in Gerusalemme o forse, meglio, la sede celeste, dalla quale esce il Signore (cfr. Ab 3,2ss.; Dt 26,15; Is 40,22; 1Re 8,20; Sal 11,4ss.). Il riverente silenzio di tutta la terra prepara la successiva teofania.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Abacuc – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Titolo 1Oracolo ricevuto in visione dal profeta Abacuc.

DIALOGO TRA IL PROFETA E DIO

Primo lamento di Abacuc 2Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: «Violenza!» e non salvi? 3Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione? Ho davanti a me rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese. 4Non ha più forza la legge né mai si afferma il diritto. Il malvagio infatti raggira il giusto e il diritto ne esce stravolto.

Risposta divina 5«Guardate fra le nazioni e osservate, resterete stupiti e sbalorditi: c’è chi compirà ai vostri giorni una cosa che a raccontarla non sarebbe creduta. 6Ecco, io faccio sorgere i Caldei, popolo feroce e impetuoso, che percorre ampie regioni per occupare dimore non sue. 7È feroce e terribile, da lui sgorgano il suo diritto e la sua grandezza. 8Più veloci dei leopardi sono i suoi cavalli, più agili dei lupi di sera. Balzano i suoi cavalieri, sono venuti da lontano, volano come aquila che piomba per divorare. 9Tutti, il volto teso in avanti, avanzano per conquistare. E con violenza ammassano i prigionieri come la sabbia. 10Si fa beffe dei re, e dei capi se ne ride; si fa gioco di ogni fortezza: l’assedia e la conquista. 11Poi muta corso come il vento e passa oltre: si fa un dio della propria forza!».

Secondo lamento del profeta 12Non sei tu fin da principio, Signore, il mio Dio, il mio Santo? Noi non moriremo! Signore, tu lo hai scelto per far giustizia, l’hai reso forte, o Roccia, per punire. 13Tu dagli occhi così puri che non puoi vedere il male e non puoi guardare l’oppressione, perché, vedendo i perfidi, taci, mentre il malvagio ingoia chi è più giusto di lui? 14Tu tratti gli uomini come pesci del mare, come animali che strisciano e non hanno padrone. 15Egli li prende tutti all’amo, li pesca a strascico, li raccoglie nella rete, e contento ne gode. 16Perciò offre sacrifici alle sue sciàbiche e brucia incenso alle sue reti, perché, grazie a loro, la sua parte è abbondante e il suo cibo succulento. 17Continuerà dunque a sguainare la spada e a massacrare le nazioni senza pietà?

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Approfondimenti

Titolo 1,1 1, 1. «Oracolo»: lett. «peso», termine usato per indicare sentenze contenenti minacce (cfr. Ger 23,33-40). La «visione» indica una rivelazione divina, prescindendo dal modo in cui essa viene fatta. La combinazione di «oracolo» e «visione» si trova anche in Na 1,1.

DIALOGO TRA IL PROFETA E DIO 1,2-2,4 In un dittico ben costruito in forma di dialogo che ricorda le confessioni di Geremia (cfr. Ger 11,18-12,6), viene esposta la duplice richiesta di spiegazione del problema del male (1,2-4.12-17) e la duplice risposta divina, che suscita nuovi interrogativi (1,5-11; 2,1-4).

Primo lamento di Abacuc 1,2-4 Angosciato davanti al trionfo dell'empietà e dell'ingiustizia il profeta si rivolge a Dio chiamandolo in aiuto, siccome egli sembra indifferente di fronte alla triste situazione, ed espone le miserie di cui soffre. I termini generali potrebbero alludere a delle circostanze internazionali, ma è preferibile applicarli alla situazione interna della Giudea. Il profeta parla a nome del suo popolo (cfr. Ger 10,23s.; 14,2-9.19-22) e dei giusti oppressi, di cui diventa il portavoce (cfr. Is 37,4; Ger 37,3; 1Re 13,6).

v. 2. «Fino a quando»: espressione di supplica o rimprovero dettata dall'impazienza; è frequente nei salmi di lamentazione (cfr. Sal 13,2s.; 62,4; Ger 12,4); viene messo in questione l'atteggiamento di Dio riguardo al male.

v. 3. Viene designata la condotta dell'oppressore, che potrebbe essere il re di Giuda Ioiakim e le classi dirigenti del paese.

v. 4. La legge è ciò che è ordinato da Dio; la giustizia è l'osservanza dei precetti divini (cfr. Am 5,7.10.12; Is 5,7; Mic 3,11).

Risposta divina 1,5-11 Senza entrare in merito alla domanda del profeta Dio annuncia un imminente mutamento politico, cioè la venuta dei Caldei (v. 5), che con una marcia fulminea invaderanno il paese (vv. 6-10). Nel v. 11 si trova una velata minaccia contro lo straniero. Questo fatto inaudito e incredibile pone un nuovo problema, che induce a riflettere.

v. 5. «una cosa»: lett. «un'opera»; viene designato con questo termine un intervento di Dio nella creazione e nella storia (cfr Is 5,12; 45,11; Dt 32,4; Gb 36,24; Sal 44,2; 64,10; 77,13). Si tratta qui dell'invio di un popolo pagano, che sarà lo strumento della giustizia divina (cfr. Am 3,11; Is 10,5-27; Ger 5,14-19; 25,1-13; 27,6-22; 51,20-23).

v. 6. La Caldea era una provincia della Babilonia meridionale. Nel 626 Nabopolassar rese il regno di Babilonia indipendente dall'Assiria. Caduta Ninive nel 612 e battuti gli Assiri aiutati dagli Egiziani a Carchemis nel 605 a.C., i Caldei (Babilonesi) iniziarono l'invasione della Siria-Palestina (cfr. Ger 46,2; 2Re 25,4.10.13).

vv. 7-8. I Babilonesi, non riconoscendo né Dio né altri sovrani, attribuiscono alla propria potenza i successi militari. La rapida ed efficace descrizione delle avanzate e conquiste belliche e le immagini violente usate per rappresentarle, evocano lo spettro della feroce dominazione assira. L'invasione del Caldeo, assimilato al nemico mitico e invincibile che viene dal nord (cfr. Gl 2,20; Ger 1,14; 4,6s.; Ez 38), assume delle proporzioni sovrumane. L'attenzione del profeta è rivolta soprattutto alla cavalleria.

v. 9. Il testo è incerto. Il «vento d'oriente», cioè quello del deserto che dissecca tutto, simboleggia qualche volta l'invasione che viene dall'est (cfr. Os 2,2; 13,15; Ger 18,17; Ez 17,10s.). La sabbia è un'immagine corrente che indica la moltitudine (cfr. Gn 22,17; 1Re 4,20).

v. 10. I re vinti sono quello di Ninive conquistata nel 612 a.C., il figlio suo Assur-Uballit sconfitto nel 609 e il faraone Necao battuto nel 605. Le piazzeforti venivano assalite dai Babilonesi mediante scarpate e terrapieni.

v. 11. Il versetto ammette diverse interpretazioni. La potenza militare è paragonabile al vento che passa e non ritorna più. I Caldei conquistatori dei popoli pongono la loro fiducia nelle proprie forze, quindi peccano di empietà; di conseguenza la loro gloria sparirà.

Secondo lamento del profeta 1,12-17 Poco soddisfatto della prima risposta, il profeta rivolge un nuovo appello a Dio (vv. 12s.) descrivendo i mali di cui soffre il popolo da parte dell'empio (vv. 14-17). Il modo come Dio governa gli uomini è quanto mai oscuro, perché rimangono impuniti i misfatti dell'iniquo.

v. 12. Il versetto è interpretato in modo diverso, dato che si può riferire ai Caldei o agli abitanti di Giuda. Gli epiteti innici dati a Dio mettono in rilievo la distanza che esiste tra la potenza di Dio e l'uomo che si lamenta e fa un'appassionata professione di fede (cfr. Sal 80,2; Is 37,16; Ger 14,8; 32,17-22). «fin da principio»: si riferisce al tempo dell'esodo e della marcia attraverso il deserto. «non moriremo»: versione originale del testo ebraico «tu che non puoi morire», riferito a Dio. Gli scribi ebrei hanno corretto il testo, perché ritenuto offensivo per il Signore. «lo hai scelto... reso forte»: il singolare sembra avere un senso collettivo e riferirsi al Caldeo, inviato in Palestina per un'opera passeggera di punizione.

v. 13. Sembra che Dio lasci indisturbati gli empi; il problema è presentato in termini generali, ma applicabili ai Caldei, che con la loro perfidia oltrepassano i limiti loro assegnati da Dio nell'opprimere il giusto, cioè il popolo eletto. Una vittoria illimitata dell'avversario mette in dubbio gli attributi divini della santità e della giustizia.

v. 14. A Dio, apostrofato direttamente, viene attribuita una severa condotta verso gli uomini (cioè i Giudei), paragonati ai pesci e ai rettili lasciati in balia di chi li vuole pigliare (cfr. Ger 16,16; Ez 12,13; 17,20; 29,4s.; 32,3), cioè conquistare militarmente.

v. 15. L'iniquo comportamento è ora attribuito al conquistatore caldeo, che usa tre strumenti per la pesca (amo, giacchio, rete).

v. 16. I Caldei rendevano un culto alle loro armi vittoriose simboleggiate dalla rete e alla pari di altri popoli veneravano gli stendardi, la spada. Ma il significato profondo del culto è che si inorgoglivano della loro potenza ritenuta divina, invece di considerarsi come strumenti nelle mani di Dio.

v. 17. L'interrogazione, che richiama il v. 2, equivale a una supplica (cfr. il v. 13b). La prepotenza si riferisce ai continui successi militari dei Caldei.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Abacuc – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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I peccati della capitale 1Guai alla città sanguinaria, piena di menzogne, colma di rapine, che non cessa di depredare! 2Sibilo di frusta, fracasso di ruote, scalpitìo di cavalli, cigolìo di carri, 3cavalieri incalzanti, lampeggiare di spade, scintillare di lance, feriti in quantità, cumuli di morti, cadaveri senza fine, s’inciampa nei cadaveri. 4È per le tante seduzioni della prostituta, della bella maliarda, della maestra d’incanti, che faceva mercato dei popoli con le sue tresche e delle nazioni con i suoi incantesimi. 5«Eccomi a te – oracolo del Signore degli eserciti –: alzerò le tue vesti fin sulla faccia e mostrerò alle nazioni la tua nudità, ai regni le tue vergogne. 6Ti getterò addosso immondizie, ti svergognerò, ti esporrò al ludibrio. 7Allora chiunque ti vedrà, fuggirà da te e dirà: “Ninive è distrutta! Chi la compiangerà? Dove cercherò chi la consoli?”.

Fine inevitabile 8Sei forse più forte di Tebe, adagiata sui canali del Nilo, circondata dalle acque? Per baluardo aveva il mare e per bastione le acque. 9L’Etiopia e l’Egitto erano la sua forza che non aveva limiti. Put e i Libi erano i suoi alleati. 10Eppure anch’essa fu deportata, andò schiava in esilio. Anche i suoi bambini furono sfracellati ai crocicchi di tutte le strade. Si spartirono a sorte i suoi nobili e tutti i suoi grandi furono messi in catene. 11Anche tu berrai fino a ubriacarti e ti sentirai venir meno, anche tu cercherai scampo dal nemico. 12Tutte le tue fortezze sono come alberi di fico carichi di frutti primaticci: appena scossi, cadono in bocca a chi li vuole mangiare. 13Ecco il tuo popolo: in te vi sono solo donne; si spalanca la porta della tua terra ai nemici, il fuoco divora le tue sbarre. 14Attingi acqua per l’assedio, rinforza le tue difese, pesta l’argilla, impasta mattoni, prendi gli stampi. 15Eppure il fuoco divorerà te, ti sterminerà la spada, anche se ti moltiplicassi come le cavallette, se diventassi numerosa come le locuste, 16e moltiplicassi i tuoi mercanti più che le stelle del cielo. La cavalletta mette le ali e vola via! 17Quelli che ti controllano sono come le locuste, i tuoi funzionari come sciami di cavallette, che si annidano fra i muretti quando è freddo, ma quando spunta il sole si dileguano e non si sa dove siano andate.

Ironico lamento 18Re di Assur, i tuoi pastori dormono, si riposano i tuoi eroi! Il tuo popolo è disperso per i monti e nessuno lo raduna. 19Non c’è rimedio per la tua ferita, incurabile è la tua piaga. Chiunque sentirà tue notizie batterà le mani. Perché, su chi non si è riversata senza tregua la tua crudeltà?».

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Approfondimenti

I peccati della capitale 3,1-7 Brano di singolare efficacia, drammatico e conciso, in cui si descrive per la seconda volta la caduta di Ninive. Esso comprende una minaccia (v. 1), l'evocazione del castigo (vv. 2-3), un'accusa di colpa (v. 4), la sentenza ed esecuzione del castigo (vv. 5-6) e una lamentazione (v. 7).

v. 1. Minaccia contro la città, che si macchia di stragi, frodi e rapine. La ferocia degli Assiri era proverbiale nel mondo antico.

vv. 2-3. Il profeta ci fa assistere all'ultimo assalto contro Ninive (cfr. 2,2-11). L'azione furibonda degli assalitori è evocata mediante la ripetizione di sostantivi dagli effetti sonori, mediante fugaci visioni, e la presenza ossessiva dei cadaveri.

v. 4. La colpa di Ninive è chiamata «prostituzione». In Osea (1,2; 4,12; 9,1) il termine indica l'infedeltà del popolo d'Israele di fronte a Dio; qui designa l'attrazione nefasta e la seduzione che l'Assiria esercitò sugli altri popoli a causa dei suoi sogni di grandezza e di dominazione.

v. 5. Dio applica all'Assiria il castigo delle donne adultere (cfr. Os 2,5; Ez 16,36-43; 23,25-30). Era motivo di profonda umiliazione l'essere costretto a mostrare in pubblico le parti intime del corpo (cfr. Os 5,12; Ger 13,22.26; Is 47,2s.). La vergogna designa metaforicamente il fallimento dell'imperialismo assiro sulla scena mondiale.

v. 6. Le immondezze, oltre agli escrementi, potrebbero significare anche gli idoli (cfr. Ger 16,18; 1Re 15,12).

v. 7. Dio stesso è incapace di trovare qualcuno che consoli Ninive, cioè faccia lamenti sulla sua sorte e le mostri simpatia. È il sommo della sventura e l'espressione più eloquente della gioia maligna per la distruzione della città.

Fine inevitabile 3,8-17 La rovina di Ninive è annunciata in modo ironico mediante due esempi storici: la caduta di Tebe, capitale dell'Egitto, ritenuta inespugnabile (vv. 8-11), e la demolizione delle fortezze assire ben munite (vv. 12-15). Infine l'immagine delle cavallette è usata per descrivere la distruzione totale della metropoli (vv. 16-17).

vv. 8-9. Ammirata e iperbolica presentazione di Tebe, capitale egiziana del nuovo impero, ben protetta dalle acque, celebre per potenza, ricchezza e munificenza di templi e palazzi. Il «mare» designa il Nilo (cfr. Is 19,5). Ninive, cui è rivolto il discorso secondo un procedimento retorico, è invitata a tirare una conclusione dalla sorte di Tebe, che fu difesa dal faraone Toharka, appartenente alla XXV dinastia, originario dell'Etiopia, cioè della Nubia. Put sembra designare la Somalia (cfr. Ger 46,9; Ez 39,9).

v. 10. Tebe fu saccheggiata dall'Assiria nel 667 a.C. e poi occupata nel 663. Le conseguenze della vittoria del nemico sono l'uccisione dei bambini, barbaro costume semitico tendente alla decimazione della futura popolazione (cfr. 2Re 8,12; Os 10,14; 14,1; Is 13; 16; Sal 137,9), la deportazione degli abitanti e l'incarcerazione dei notabili.

v. 11. Il disastro di Ninive è annunciato con l'immagine dell'ebbrezza che induce uno stato di ebetudine e delirio (cfr. Is 29,9; 51,21; Ger 25,15ss.; Ez 23,33; Lam 4,21).

v. 12. Ninive è matura per cadere, poiché le sue fortezze non hanno resistito davanti agli assalti dell'esercito babilonese. L'immagine dei fichi primaticci che cadono esprime bene l'inconsistenza delle fortificazioni assire. Si allude forse all'occupazione delle piazzeforti di Tarbis e Assur avvenuta nel 614 a.C. da parte dei Babilonesi.

v. 13. Il paragone del popolo con le donne è dispregiativo, secondo le idee del tempo (cfr. Is 19,16; Ger 49,22; 50,37; 51,30) e sottolinea la debolezza della difesa della città. E un paragone topico, perché di fatto i difensori di Ninive sostennero coraggiosamente l'assedio per due anni.

v. 14. Ironico invito rivolto alla capitale, perché si prepari all'assedio. Il problema dell'approvvigionamento d'acqua, molto abbondante a Ninive, rivela un punto di vista palestinese, non conforme alla situazione mesopotamica. I mattoni cotti al sole, principale materiale edilizio in Assiria-Babilonia, erano necessari per riparare le mura rovinate dagli arieti di guerra.

vv. 15b-17. L'immagine delle cavallette (cfr. Gdc 6,5; Ger 46,23), che sciamano numerose nel paese rimanendo aggrappate al muro durante le notti fredde e che volano via appena sopraggiunge il giorno senza lasciare traccia di sé, descrive in modo brillante la totale distruzione della città.

Ironico lamento _3,18-19 Oracolo di scherno in forma di finta lamentazione sulla città, la cui rovina è paragonabile a una piaga inguaribile e a una ferita irrimediabile.

v. 18. Naum vede per anticipazione i capi e i guerrieri di Assur addormentati nel sonno della morte (cfr. Is 14,18; Sal 13,41) e il popolo in fuga (cfr. 1Re 22,17).

v. 19. Parla un rappresentante del popolo ebraico, che applaude lieto alla sconfitta, considerata una liberazione.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Naum – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1Ecco sui monti i passi d’un messaggero che annuncia la pace! Celebra le tue feste, Giuda, sciogli i tuoi voti, poiché il malvagio non passerà più su di te: egli è del tutto annientato.

LA CADUTA DI NINIVE

Assalto alla città 2Contro di te avanza un distruttore. «Monta la guardia alla fortezza, sorveglia le vie, cingi i tuoi fianchi, raccogli tutte le forze». 3Infatti il Signore restaura il vanto di Giacobbe, rinnova il vanto d’Israele, anche se i briganti li hanno depredati e saccheggiano i loro tralci. 4Lo scudo dei suoi prodi rosseggia, i guerrieri sono vestiti di scarlatto, come fuoco scintillano i carri di ferro pronti all’attacco, si brandiscono le lance. 5Per le vie avanzano i carri, scorrazzano per le piazze, il loro aspetto è come di fiamma, guizzano come saette. 6Si fa l’appello dei più coraggiosi, che accorrendo si urtano: essi si slanciano verso le mura, la copertura di scudi è formata. 7Le porte dei fiumi si aprono, la reggia trema tutta. 8La Signora è condotta in esilio, le sue ancelle gemono con voce come di colombe, percuotendosi il petto. 9Ninive è sempre stata come una vasca piena d’acqua, ma ora le acque sfuggono. «Fermatevi! Fermatevi!», ma nessuno si volta. 10«Saccheggiate l’argento, saccheggiate l’oro». Ci sono tesori infiniti, ammassi d’oggetti preziosi! 11Devastazione, spoliazione, desolazione; cuori scoraggiati, ginocchia vacillanti, brividi ai fianchi, su tutti i volti il pallore. 12Dov’è la tana dei leoni, il luogo dove venivano nutriti i leoncelli? Là si rifugiavano il leone, la leonessa e i leoncelli e nessuno li disturbava. 13Il leone sbranava per i suoi piccoli, azzannava per le sue leonesse; riempiva i suoi covi di preda, le sue tane di rapina. 14«Eccomi a te – oracolo del Signore degli eserciti –: manderò in fumo la tua moltitudine e la spada divorerà i tuoi leoncelli. Distruggerò dalla terra le tue prede, non si udrà più la voce dei tuoi messaggeri».

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Approfondimenti

v. 1. Oracolo di consolazione rivolto direttamente a Giuda, invitato a celebrare con gioia la vittoria di Dio (cfr. Is 52,7; Zc 9,10). La «pace» è l'insieme di beni che procurano la sicurezza e la felicità (cfr. Is 32,17ss.; Sal 85,9s.). Le «feste» sono celebrazioni che esaltano la salvezza operata da Dio (cfr. Is 9,2; 24,14; 65,18; Sof 3,14s.). «il malvagio» è il re assiro, Sennacherib, che invase il paese nel 701 a.C., e rappresenta il tipico tiranno universalmente odiato.

LA CADUTA DI NINIVE 2,2-3,19 Con varie forme letterarie viene descritta la rovina della capitale assira. Due quadri, uno descrittivo (2,2-11) e l'altro oracolare di condanna (3,1-7) presentano la presa della città. Due immagini, la caverna dei leoni (2,12-14) e l'invio delle cavallette (3,15b-17) sono usate negli oracoli diretti contro Assur. La distruzione di Ninive si fonda su degli esempi storici: il sacco di Tebe e la caduta delle fortezze assire (3,8-11.12-15). La conclusione contiene una lamentazione ironica (3,18-19). Questa parte del libretto costituisce una delle pagine più belle della lirica ebraica.

Assalto alla città 2,2-14 Viene descritto l'attacco finale contro Ninive (2,3-6), che incapace di contenerlo, apre le porte agli assalitori (v. 7), mentre i cittadini alla rinfusa cercano scampo nella fuga (vv. 8-9) e gli assalitori si impadroniscono delle sue immense ricchezze (vv. 10-11). Segue una satirica lamentazione (vv. 12-13) e un oracolo di giudizio (v. 14). Le scene si succedono in modo rapido e vivace, descritte con tratto impressionistico, con frasi brevi, costruzioni asindetiche ricche di participi e imperativi, assonanze e allitterazioni. Le immagini si succedono con una rapidità allucinante, piene di colori ed emozione. Il poeta parla al presente, ma si tratta probabilmente di una rappresentazione immaginaria, anziché della descrizione di un evento che ha già avuto luogo.

v. 2. Questo versetto sembra fuori posto. Il profeta ironizza chiedendo alla capitale assira di prendere le precauzioni necessarie per far fronte all'imminente assedio; bisogna dar prova di coraggio e intraprendenza.

**v.3 **. La restaurazione di tutto Israele è presentata mediante la classica immagine della vigna (cfr. Is 5,1-7; 27,2; Ger 2,21; 12,10; Ez 17,3-10; Sal 80,9-19). Giacobbe potrebbe indicare il regno di Giuda. Il senso del versetto però rimane ambiguo.

v. 4. L'esercito assalitore è formidabile, esso forma un'immensa macchia di colore in cui domina lo scarlatto; i soldati babilonesi portavano vestiti di colore rosso, nell'intento di propiziarsi la vittoria (cfr. Ez. 23,6; 27,7.24).

v. 5. Splendida descrizione del furore dell'esercito nemico con sfoggio di effetti sonori (cfr. Ger 46,9; 25,16). Le piazze sono quelle che si trovano davanti alle porte all'esterno della città (cfr. Ne 8,1).

v. 6. Probabilmente si tratta di truppe scelte nemiche, che nell'assalto sorprendono la città. «la copertura di scudi» è una specie di scudo collettivo che ai piedi del muro protegge gli assalitori, come si può vedere su un bassorilievo di Ninive, che rappresenta la presa di Lachis da parte di Sennacherib (cfr. 2Re 19,32; Ez 26,8).

v. 7. «Le porte dei fiumi»: Ninive era circondata dal Tigri e dal suo affluente Koser; aperte le chiuse che davano sul fiume, la città viene inondata.

v. 8. Versetto corrotto e difficile; la «regina» è probabilmente la statua di Istar, divinità dell'amore e della guerra, circondata da sacerdotesse piangenti o dalle prostitute sacre. L'idolo è rimosso dal tempio e portato via dal vincitore.

v. 9. Ninive è nominata qui per la prima volta dopo il titolo. Essa è paragonata a una cisterna, che perforata perde le acque (cfr. Ger 2,13; Sal 104,7), cioè i suoi abitanti l'abbandonano in folla. Quasi testimone della disordinata fuga dei difensori e degli abitanti, il poeta con un ordine ripetuto due volte, li scongiura a sospendere la folle corsa.

v. 10. Naum interpella i vincitori, perché si impossessino violentemente delle favolose ricchezze della capitale. Il versetto è ricco di assonanze e allitterazioni.

v. 11. Con i suoni onomatopeici delle parole del primo stico e con immagini classiche viene descritto il panico generale degli abitanti (cfr. Is 8,5-8; 9,17ss.; 13,7; Ez 28,11-19).

vv. 12-13. Lamentazione dal tono satirico, introdotta da una interrogazione retorica, contenente allusioni alla potenza e all'azione devastatrice dell'Assiria. Ninive è paragonata a una tana di leoni, simbolo della forza selvaggia (cfr. Ger 4,7; 49,19; 50,17). Al v. 13 viene descritta la ferocia e voracità dell'impero assiro. Il leone simboleggia il re, i piccoli e le leonesse indicano gli abitanti dell'impero (cfr. Is 5,25-30; 10,27-34; Ger 5,15ss.; 6,1-5; 46,3-10).

v. 14. Oracolo di condanna di fattura classica, in cui l'intervento di Dio espresso in prima persona è seguito dalle inevitabili conseguenze descritte in terza persona. I «messaggeri» sono coloro che erano incaricati di riscuotere i tributi e le tasse dalle nazioni vinte e asservite (cfr. 2Re 18,1-17ss.).

(cf. STEFANO VIRGULIN, Naum – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Titolo 1Oracolo su Ninive. Libro della visione di Naum da Elkos.

INNO A DIO GIUSTO GIUDICE

Alef 2Un Dio geloso e vendicatore è il Signore, vendicatore è il Signore, pieno di collera. Il Signore si vendica degli avversari e serba rancore verso i nemici. 3Il Signore è lento all’ira, ma grande nella potenza e nulla lascia impunito. Bet Nell’uragano e nella tempesta è il suo cammino e le nubi sono la polvere dei suoi passi. Ghimel 4Minaccia il mare e lo rende asciutto, prosciuga tutti i fiumi. Dalet Basan e il Carmelo inaridiscono, anche il fiore del Libano languisce. He 5Davanti a lui tremano i monti, ondeggiano i colli. Vau Si leva la terra davanti a lui, il mondo e tutti i suoi abitanti. Zain 6Davanti al suo sdegno chi può resistere e affrontare il furore della sua ira? Het La sua collera si spande come il fuoco e alla sua presenza le rocce si spezzano. Tet 7Buono è il Signore, un asilo sicuro nel giorno dell’angoscia. Iod Si prende cura di chi si rifugia in lui 8anche quando l’inondazione avanza. Caf Distrugge chi insorge contro di lui, i suoi nemici insegue nelle tenebre.

ROVINA PER COLORO CHE AFFLIGGONO GIUDA

9Che cosa tramate voi contro il Signore? Egli distrugge: non sopravverrà due volte la sciagura, 10poiché, intrecciati come rovi, avvinazzati come ubriachi, saranno consunti come paglia secca. 11Da te è uscito colui che trama il male contro il Signore. 12Così dice il Signore: «Siano pure potenti, siano pure numerosi, saranno falciati e spariranno. Ma se ti ho afflitto, non ti affliggerò più. 13Ora, infrangerò il suo giogo che ti opprime, spezzerò le tue catene». 14Contro di te decreta il Signore: «Nessuna discendenza porterà il tuo nome, dal tempio dei tuoi dèi farò sparire le statue scolpite e quelle fuse, preparerò il tuo sepolcro, poiché non vali nulla».

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Approfondimenti

Titolo 1,1 Il titolo è composto di due elementi. Il libretto viene designato come «Oracolo», lett. «carico, peso», indicante il giudizio contro le nazioni pagane (cfr. Is 13,1; 14,28; 15,1; 17,7) e insieme come «visione», cioè rivelazione divina. Caso unico nella letteratura profetica: la raccolta degli oracoli è detta «libro». Ninive è la capitale del regno di Assiria. Il nome Naum non è frequente nella Bibbia (cfr. Ne 7,7).

INNO A DIO GIUSTO GIUDICE _1,2-8 Composizione acrostica senza introduzione e conclusione, in cui, ogni due righe, inizia una nuova lettera dell'alfabeto ebraico. Però il numero delle lettere non è completo: esso va dalla lettera alef a kaf, eccetto dalet. I limiti del poema sono incerti. L'inno, nel quale si mescolano elementi lirici e retorici, presenta una struttura concentrica. Dio è presentato come vendicatore e misericordioso all'inizio e alla fine (1,2-3a; 7-8), al centro è descritta una solenne teofania (1,3b-6). Il brano, ricco di reminiscenze liturgiche e profetiche si distingue dal resto degli oracoli per lo stile elevato e per l'orizzonte cosmico in cui si situa l'azione divina. È una degna introduzione alle dichiarazioni di giudizio che sono sviluppate nel libro. L'inno è stato probabilmente composto dal profeta, ovvero è stato da lui rielaborato e adattato.

v. 2. Decisa affermazione della «gelosia» e vendetta di Dio, sentimenti antropomorfici, che mettono in rilievo l'intolleranza del male e del peccato da parte di Dio. «Gli avversari» non sono specificati, ma si presume che siano coloro che calpestano i diritti dei servi del Signore (cfr. Dt 32,35s.41).

v. 3. «lento all'ira» significa che Dio rimanda la punizione del male al giorno del giudizio (cfr. Nm 14,18). Immagine originale è quella di Dio che avanzando solleva una nube di polvere (cfr. Dt 28,24; Is 5,24; 29,5).

v. 4. La teofania è descritta mediante riferimenti alla potenza del creatore che organizza il caos originale dominando le acque (Gn 1,9; Is 51,9s.; Sal 74,12-15; 104,7; Gb 26,12) e mediante richiami alla storia d'Israele, in particolare all'esodo dall'Egitto (cfr. Es 14s.). La reazione del cosmo all'apparizione di Dio è indicata con la siccità che colpisce le regioni più fertili della Transgiordania (Basan), della Palestina (Carmelo) e del Libano (cfr. Is 29,17; 33,9; 35,2; 37,24).

v. 5. Le immagini vivide e grandiose degli effetti del terremoto dimostrano l'invincibile potenza di Dio e della sua collera (cfr. Ger 4,24; Sal 46,3s.).

v. 6. Nel versetto si trova un'allusione alle eruzioni vulcaniche (cfr. Is 26,11; Sal 79,5; 83,15; 89,47).

vv. 7-8. Vengono messi in rilievo due aspetti indissociabili dell'atteggiamento divino: la bontà per chi si fida di lui, e la severità, malgrado la sua pazienza, per chi persiste a resistergli (cfr. 1,2.3b). «conosce» significa: si prende cura, protegge (cfr. Am 3,2; Sal 1,6). L'inondazione è un simbolo di estremo pericolo.

ROVINA PER COLORO CHE AFFLIGGONO GIUDA 1,9-2,1 Raccolta eterogenea di sentenze spesso corrotte dal punto di vista testuale, pronunciate in diverse occasioni alternativamente in favore di Giuda (1,9-10.12-13; 2,1-2) e contro Assur e il suo re (1,11.14). Si nota l'uso alternato della seconda e terza persona e il cambiamento continuo dei destinatari e delle immagini. Questi oracoli potrebbero essere raggruppati in due serie parallele, ma nessuna delle due sembra formare un tutto.

vv. 9-10. Versetti oscuri e corrotti testualmente. L'ammonizione sembra diretta contro i Giudei scoraggiati per l'oppressione assira e che dubitano della potenza del Signore. Il profeta annuncia che la sciagura, quella provocata dall'invasione di Sennacherib (701 a.C.) o quella che attende Ninive, non si ripeterà (cfr. 1Sam 26,8; 2Sam 20,10). L'immagine dell'incendio indica probabilmente che l'impero assiro vive i suoi ultimi giorni (cfr. Is 5,24; 10,17; 27,4; 33,11s.; Ger 5,14; 2Sam 23,6).

v. 11. Il v. sembra rivolto contro Ninive (cfr. 2,9; 3,7) che non viene menzionata. Il «consigliere malvagio» è probabilmente Sennacherib, la cui invasione di Giuda ha lasciato un ricordo profondo (cfr. 2Re 18s.).

vv. 12-13. Oracolo di JHWH introdotto, per l'unica volta la salvezza a Giuda in seguito a uno sconvolgimento della politica mondiale. Per il fatto che la fine dell'impero assiro è decisa e annunciata da Dio, essa è considerata come già realizzata. In ebraico i verbi dei versetti sono nella forma del perfetto profetico.

v. 14. Il profeta si rivolge al re di Ninive che rappresenta tutta la nazione e annuncia il castigo deciso da Dio: la sparizione della discendenza dinastica per cui sono soppresse tutte le prospettive d'avvenire, l'abolizione della religione pagana e la profanazione della tomba regale, che era destinata a perpetuare la memoria del defunto sovrano. L'estinzione della dinastia segna il tracollo definitivo di colui che aspirava alla dominazione e alla gloria mondiale.

(cf. STEFANO VIRGULIN, Naum – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Lamento sulla corruzione del popolo 1Ahimè! Sono diventato come uno spigolatore d’estate, come un racimolatore dopo la vendemmia! Non un grappolo da mangiare, non un fico per la mia voglia. 2L’uomo pio è scomparso dalla terra, non c’è più un giusto fra gli uomini: tutti stanno in agguato per spargere sangue; ognuno con la rete dà la caccia al fratello. 3Le loro mani sono pronte per il male: il principe avanza pretese, il giudice si lascia comprare, il grande manifesta la cupidigia, e così distorcono tutto. 4Il migliore di loro è come un rovo, il più retto una siepe di spine. Nel giorno predetto dalle tue sentinelle, il tuo castigo è giunto, adesso è il loro smarrimento. 5Non credete all’amico, non fidatevi del compagno. Custodisci le porte della tua bocca davanti a colei che riposa sul tuo petto. 6Il figlio insulta suo padre, la figlia si rivolta contro la madre, la nuora contro la suocera e i nemici dell’uomo sono quelli di casa sua. 7Ma io volgo lo sguardo al Signore, spero nel Dio della mia salvezza, il mio Dio mi esaudirà.

ORACOLI DI RESTAURAZIONE

Cantico di fiducia 8Non gioire di me, o mia nemica! Se sono caduta, mi rialzerò; se siedo nelle tenebre, il Signore sarà la mia luce. 9Sopporterò lo sdegno del Signore perché ho peccato contro di lui, finché egli tratti la mia causa e ristabilisca il mio diritto, finché mi faccia uscire alla luce e io veda la sua giustizia. 10La mia nemica lo vedrà e sarà coperta di vergogna, lei che mi diceva: «Dov’è il Signore, tuo Dio?». I miei occhi gioiranno nel vederla: sarà calpestata come fango della strada.

Annuncio della restaurazione 11È il giorno in cui le tue mura saranno riedificate; in quel giorno più ampi saranno i tuoi confini. 12In quel giorno si verrà a te dall’Assiria fino alle città dell’Egitto, dall’Egitto fino al Fiume, da mare a mare, da monte a monte. 13La terra diventerà un deserto a causa dei suoi abitanti, per il frutto delle loro azioni.

Preghiera per Gerusalemme 14Pasci il tuo popolo con la tua verga, il gregge della tua eredità, che sta solitario nella foresta tra fertili campagne; pascolino in Basan e in Gàlaad come nei tempi antichi. 15Come quando sei uscito dalla terra d’Egitto, mostraci cose prodigiose. 16Vedranno le genti e resteranno deluse di tutta la loro potenza. Si porranno la mano sulla bocca, i loro orecchi ne resteranno assorditi. 17Leccheranno la polvere come il serpente, come i rettili della terra; usciranno tremanti dai loro nascondigli, trepideranno e di te avranno timore.

Certezza dell'esaudimento 18Quale dio è come te, che toglie l’iniquità e perdona il peccato al resto della sua eredità? Egli non serba per sempre la sua ira, ma si compiace di manifestare il suo amore. 19Egli tornerà ad avere pietà di noi, calpesterà le nostre colpe. Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati. 20Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà, ad Abramo il tuo amore, come hai giurato ai nostri padri fin dai tempi antichi.

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Approfondimenti

Lamento sulla corruzione del popolo 7,1-7 Impressionante descrizione della decadenza pubblica e privata, (vv. 2-3.5-6) introdotta da una lamentazione (v. 1) e conclusa con un'affermazione di fede (v. 7). Il brano ricco di allitterazioni e di temi tradizionali (cfr. Is 57,1-2; 59,4-8; Sal 12.14) presenta un quadro della società più fosco di quello descritto in Mic 2-3.

v. 1. Le immagini alludono alla prescrizione della legge, secondo la quale i mietitori e i vendemmiatori dovevano lasciare qualcosa nei campi per i poveri (cfr. Dt 24,19ss.; Lv 19,10; 23,22; Rt 2,2).

v. 2. I soprusi e le angherie commesse dai potenti contro le classi più deboli e indifese sono così frequenti, che sembrano spariti gli uomini giusti (cfr. Mic 3,2-3; 3,10; Os 4,2; Is 1,15; Ab 3,12; Ez 22,2).

v. 3. Il testo, oscuro, sottolinea le colpe delle classi dirigenti (cfr. Mic 2,1-2; 3,9ss.).

v. 4. La corruzione è descritta con le immagini del «pruno» e delle «spine» adatte solamente ad essere bruciati (cfr. 2Sam 22,6). «le sentinelle» sono i profeti (cfr. Is 21,6; Ab 2,1; Ger 6,17; Ez 3,17).

v. 5. La malafede che regna nella vita privata si estende all'amico, al prossimo e alla sposa. «le porte della bocca» sono le labbra.

v. 6. Lo sconvolgimento dei rapporti familiari, necessari alla sopravvivenza della vita sociale, è descritto in modo dettagliato ed eloquente (cfr. Es 20,12; 21,15; Dt 5,16; 21,18ss.). Secondo Mt 10,35 e Lc 12,53, Gesù citò questo testo in riferimento alla fine del mondo.

v. 7. Profonda reazione del profeta di fronte all'universale corruzione: egli pone la sua salda speranza in Dio e nel suo intervento. I termini del versetto si trovano nei salmi (Sal 5,4; 31,15-16; 38,16; 42,6.12; 71,14ss.; Is 8,17).

ORACOLI DI RESTAURAZIONE 7,8-20 L'ultima parte del libro contiene quattro pericopi distinte per soggetto e contenuto, ma costituenti una specie di liturgia a sfondo promissorio. Gerusalemme esprime la sua fiducia nella restaurazione (vv. 8-10), che viene descritta in senso materiale e spirituale (vv. 11-13):alla supplica del popolo segue l'annuncio delle meraviglie divine (vv.14-17) e un inno di lode alla misericordia di Dio (v. 18-20). I generi letterari usati sono il dialogo, la preghiera e l'inno.

Cantico di fiducia 7,8-10 Con termini presi dai salmi la città santa personificata, parlando ai suoi nemici, esprime la sua fiducia in Dio (v. 8), confessa i propri peccati (v. 9) e celebra il trionfo sugli avversari (v. 10).

v. 8. Gerusalemme, sotto l'immagine di una figura femminile (cfr. Is 14,29; Lam 4,21), si rivolge alla «nemica», nome femminile collettivo in ebraico, che designa i nemici in generale, e specialmente Edom (cfr. Is 34; Abd 10s.; Ez 25,12s.).

v. 9. Si suppone che ogni disgrazia sia l'effetto di una punizione meritata e disposta da Dio per condannare la colpa (cfr. Is 30,30; Sal 6,2s.; 38,2; 88,8; 2Cr 28,9). Inoltre si presume che le nazioni di cui Dio si è servito per punire Israele, abbiano abusato del potere loro conferito esagerando nel rigore del castigo (cfr. Is 10,5-6; Ab 1,11; Zc 1,5). «la sua giustizia» è la vittoria riportata dal Signore sui nemici (cfr. Is 41,2.10; 45,8.13; 46,13; 51,6.8).

v. 10. I motivi di gioia vengono dalla reazione della nemica di Sion di fronte alla salvezza operata da Dio e dalla reazione di Sion davanti alla rovina della nemica. L'ironica interrogazione del nemico è un insulto contro Dio e provoca sofferenza nel popolo, la cui causa è strettamente collegata con quella del suo Dio (cfr. Gl 2,17; 2Re 18,34; Sal 79,10; 115,2).

Annuncio della restaurazione 7,11-13 Il profeta predice il ristabilimento materiale e spirituale della città in modo diretto (vv. 11-12) e in modo indiretto, annunciando il castigo riservato agli altri popoli (v. 13). Questi versetti si inseriscono bene nel contesto storico di Neemia e nella visione escatologica di una nuova epoca del mondo (cfr. Is 61,4-9; 62,10ss.; Sal 72,8-11; 80,10ss.).

v. 11. Le mura di Gerusalemme furono ricostruite da Neemia nel 446 a.C. L'ampliamento del territorio alla fine dei tempi è attestato in Am 9,12s.; Abd 19; Zc 10,10.

v. 12. Il ripopolamento sembra dovuto al ritorno solamente degli Israeliti. Vengono indicati in forma approssimativa i quattro punti cardinali (Assiria, Egitto, Eufrate, mare, monti). I confini abbastanza ampi del territorio sono descritti in forma generica.

v. 13. Il versetto, redatto più in prosa che in poesia e che si presenta come una parentesi intercalata nella visione dell'avvenire, sembra rivolto ai nemici di Israele che abitano fuori della Palestina (terra); si annuncia lo spopolamento delle loro regioni, essendo il deserto simbolo di sterilità e solitudine (cfr. Zc 14,17ss.).

Preghiera per Gerusalemme 7,14-17 Fervida supplica di tenore salmico redatta in gran parte secondo il ritmo dell'elegia funebre, in cui Sion personificata chiede il benefico intervento di Dio: il rinnovamento dei prodigi dell'esodo (vv. 14-15) e l'umiliazione delle nazioni pagane (vv. 16-17).

v. 14. L'isolamento di Israele allude forse alle penose condizioni in cui si trovava il popolo dopo il ritorno dall'esilio di Babilonia, confinato nel limitato distretto di Gerusalemme. «Basan» e «Galaad» sono le fertili regioni della Transgiordania, simbolo di prosperità e abbondanza (cfr. Dt 3,10; Gs 13,9ss.; 20,80; Ger 50,19). È da notare l'insistenza posta sul rapporto particolare esistente tra Dio e Israele, fondato sull'alleanza («tuo» popolo, «tua» verga, «tua» eredità). L'immagine del pastore come guida del suo popolo è spesso usata dai profeti (cfr. Mic 2,12; 4,6; Is 40,11; Ger 23,2s.; Ez 34,11s.).

v. 15. Le meraviglie dell'esodo sono le piaghe dell'Egitto e la miracolosa uscita dal paese sotto la guida diretta del Signore (cfr. Es 13,21; Gdc 5,4; Sal 114,1).

v. 16. I verbi di questo versetto possono essere intesi in forma ottativa con significato di una preghiera o anche nella forma del futuro indicativo, quasi si trattasse di un fatto che avverrà sicuramente. I nemici saranno sconfitti per la loro impotenza davanti all'intervento del Signore in favore di Israele; «portare la mano alla bocca» è un gesto che esprime stupore e sconcerto di fronte a un fatto inspiegabile (cfr. Gdc 18,19; Is 52,15; Prv 30,32; Gb 21,5; 29,9).

v. 17. L'immagine del serpente, usata in Gn 3,14 in un contesto di maledizione, viene applicato ora alle nazioni nel senso di sconfitta assoluta e definitiva, che comporta una profonda umiliazione. I popoli pagani capitolano davanti a Dio e si sottomettono al suo dominio.

Certezza dell'esaudimento 7,18-20 Ardente inno di lode alla misericordia di Dio che perdona, redatto in forma salmica, e pronunciato dal popolo che usa la prima e la seconda persona (vv. 19b.18.20). Il brano rappresenta una elevata meditazione sul mistero di Dio (v. 19a).

v. 18. L'interrogazione retorica mette in rilievo la trascendenza e incomparabilità di Dio (cfr. Es 15,11; Sal 35,10; 77,14; 89,7.9).

v. 19. Il nemico principale di Israele è il peccato, che viene sprofondato nel mare come l'esercito del faraone (Es 15).

v. 20. La salvezza che Dio opera ora per il popolo non è che una conferma e una continuazione della benevolenza manifestata ai padri della nazione (cfr. Es 34,6; Ne 9,17; Sal 86,15; 103,8; 145,8).

(cf. STEFANO VIRGULIN, Michea – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Arringa contro il popolo 1Ascoltate dunque ciò che dice il Signore: «Su, illustra la tua causa ai monti e i colli ascoltino la tua voce!». 2Ascoltate, o monti, il processo del Signore, o perenni fondamenta della terra, perché il Signore è in causa con il suo popolo, accusa Israele. 3«Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In che cosa ti ho stancato? Rispondimi. 4Forse perché ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, ti ho riscattato dalla condizione servile e ho mandato davanti a te Mosè, Aronne e Maria? 5Popolo mio, ricorda le trame di Balak, re di Moab, e quello che gli rispose Balaam, figlio di Beor. Ricòrdati di quello che è avvenuto da Sittìm a Gàlgala, per riconoscere le vittorie del Signore». 6«Con che cosa mi presenterò al Signore, mi prostrerò al Dio altissimo? Mi presenterò a lui con olocausti, con vitelli di un anno? 7Gradirà il Signore migliaia di montoni e torrenti di olio a miriadi? Gli offrirò forse il mio primogenito per la mia colpa, il frutto delle mie viscere per il mio peccato?». 8Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la bontà, camminare umilmente con il tuo Dio.

La disonestà dei capi 9La voce del Signore grida alla città e chi ha senno teme il suo nome: «Ascoltate, tribù e assemblea 10della città. Ci sono ancora nella casa dell’empio i tesori ingiustamente acquistati e una detestabile efa ridotta? 11Potrò io giustificare le bilance truccate e il sacchetto di pesi falsi? 12I ricchi della città sono pieni di violenza e i suoi abitanti proferiscono menzogna; le loro parole sono un inganno! 13Allora anch’io ho cominciato a colpirti, a devastarti per i tuoi peccati. 14Mangerai, ma non ti sazierai, e la tua fame rimarrà in te; metterai da parte, ma nulla salverai; e se qualcosa salverai, io lo consegnerò alla spada. 15Seminerai, ma non mieterai; frangerai le olive, ma non ti ungerai d’olio; produrrai mosto, ma non berrai il vino. 16Tu osservi gli statuti di Omri e tutte le pratiche della casa di Acab, e segui i loro progetti, perciò io farò di te una desolazione, i tuoi abitanti oggetto di scherno e subirai l’obbrobrio del mio popolo».

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Approfondimenti

Arringa contro il popolo 6,1-8 Commovente dialogo giudiziario, in cui, chiamati a raccolta i testimoni (v. 1-2), il Signore ricorda con accorati accenti i benefici concessi al popolo (vv. 3-5), che si interroga circa le esigenze del vero culto da rendere a Dio (vv. 6-7). Il profeta risponde a nome di Dio, esponendo le richieste essenziali dell'alleanza (v. 8).

vv. 1-2. Il poetico processo assume un carattere cosmico, poiché tutto l'universo personificato è invocato come testimone. I monti rappresentano ciò che vi è di più elevato nel mondo (cfr. Gn 20,16; Is 30,8), mentre i «fondamenti della terra» sono ciò che vi è di più basso e solido. I due estremi indicano la totalità.

vv. 3-5. L'accusa diventa un lamento o un'autodifesa espressa in modo paradossale. Invece di incolpare il popolo, Dio propone retoricamente una serie di atti salvifici, quasi l'avessero reso reo di fronte a Israele. I vv. 3-4 sono usati dalla Chiesa romana nella liturgia del Venerdì Santo.

v. 3. Pressante domanda rivolta al popolo prediletto, che vive in una situazione difficile, la cui causa è attribuita a Dio stesso. La fatica è forse la sottomissione al potere nemico permesso da Dio.

vv. 4-5. Vengono menzionati i benefici che costituiscono tutta l'epopea dell'esodo: la liberazione dall'Egitto, la marcia attraverso il deserto sotto la guida di Mosè, Aronne e Maria, la liberazione dalle insidie di Balak e l'entrata miracolosa nella terra promessa (Gdc 3ss.) Questo è l'unico passo nei libri profetici in cui si fa menzione di Aronne e Maria. «Sittim» e «Galgala» sono due località situate di qua e di là del fiume Giordano, considerate come il punto di partenza e di arrivo dell'attraversamento del fiume.

vv. 6-7. Mediante quattro interrogazioni il popolo pentito si chiede come possa riparare il suo peccato. Si pensa al culto, ai sacrifici, alle libazioni, alle offerte di derrate (cfr. Es 27,20; 31,40; 1Re 5,25). Non si escludono i sacrifici umani, proibiti dalla legge e mai spariti in Israele (cfr. 1Re 16,34; Ger 7,31; 19,5; 32,25; Ez 16,20; 20,26).

v. 8. Lapidaria risposta del profeta, che sintetizza ciò che è gradito a Dio seguendo l'insegnamento di Mosè e di tutti i profeti.

La disonestà dei capi 6,9-16 In tono retorico ed appassionato Dio accusa i ricchi truffatori (vv. 9-12) e pronuncia la condanna contro di essi (vv. 13-15). Il v. 16 è un oracolo isolato comprendente rimprovero e minaccia, che sembra riepilogare i vv. precedenti.

v. 9. Sono interpellati i ricchi della capitale Gerusalemme, che si riuniscono per discutere sui comuni interessi.

vv. 10-12. Con due interrogazioni e un'affermazione vengono denunciati gli imbrogli nel commercio, le violenze e le menzogne (cfr. Mic 2,1-2; 3,1-4; Am 8,5; Ger 9,4; 40,16; 43,2). I pesi della bilancia generalmente si solevano custodire in una borsa.

v. 13. Introduzione generale ai castighi riservati ai colpevoli.

vv. 14-15. Si allude alla carestia, così frequente in Palestina (cfr. Gn 12,10-20; 26,1-11), e alle devastazioni della guerra; il nemico si appropria di tutti i raccolti trovati sui campi (cfr. Is 1,7; Am 5,11; Os 8,7). Nei giorni di festa ci si ungeva d'olio per manifestare la gioia o per onorare l'ospite (cfr. Am 6,6; Sal 23,5; 45,8; 2Sam 12,20; 14,2).

v. 16. «gli statuti di Omi» sono probabilmente il culto di Baal o il lusso dei grandi che opprimono i miseri. «la casa di Acab» designa verosimilmente tutta la dinastia, che si spense con il successore di Acab, Acazia (853-852 a.C.) (cfr. 1Re 22,52; 2Re 9,29).

(cf. STEFANO VIRGULIN, Michea – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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