📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA: Regole; a Diogneto ● PROFETI ● Concilio Vaticano II ● NUOVO TESTAMENTO

Minacce su minacce 1Il Signore mi disse così: «Va’ a comprarti una cintura di lino e mettitela ai fianchi senza immergerla nell’acqua». 2Io comprai la cintura, secondo il comando del Signore, e me la misi ai fianchi. 3Poi la parola del Signore mi fu rivolta una seconda volta: 4«Prendi la cintura che hai comprato e che porti ai fianchi e va’ subito all’Eufrate e nascondila nella fessura di una pietra». 5Io andai e la nascosi presso l’Eufrate, come mi aveva comandato il Signore. 6Dopo molto tempo il Signore mi disse: «Àlzati, va’ all’Eufrate e prendi di là la cintura che ti avevo comandato di nascondervi». 7Io andai all’Eufrate, cercai e presi la cintura dal luogo in cui l’avevo nascosta; ed ecco, la cintura era marcita, non era più buona a nulla. 8Allora mi fu rivolta questa parola del Signore: 9«Dice il Signore: In questo modo ridurrò in marciume l’orgoglio di Giuda e il grande orgoglio di Gerusalemme. 10Questo popolo malvagio, che rifiuta di ascoltare le mie parole, che si comporta secondo la caparbietà del suo cuore e segue altri dèi per servirli e per adorarli, diventerà come questa cintura, che non è più buona a nulla. 11Poiché, come questa cintura aderisce ai fianchi di un uomo, così io volli che aderisse a me tutta la casa d’Israele e tutta la casa di Giuda – oracolo del Signore –, perché fossero mio popolo, mia fama, mia lode e mia gloria, ma non mi ascoltarono. 12Dirai a questo popolo: Così dice il Signore, Dio d’Israele: Ogni boccale va riempito di vino. Essi ti diranno: “Non lo sappiamo forse che ogni boccale va riempito di vino?”. 13Tu allora risponderai loro: Così dice il Signore: Ecco, io renderò tutti ubriachi gli abitanti di questo paese, i re che siedono sul trono di Davide, i sacerdoti, i profeti e tutti gli abitanti di Gerusalemme. 14Poi li sfracellerò, gli uni contro gli altri, i padri e i figli insieme. Oracolo del Signore. Non avrò pietà né li risparmierò né per compassione mi tratterrò dal distruggerli». 15Ascoltate e porgete l’orecchio, non montate in superbia, perché parla il Signore. 16Date gloria al Signore, vostro Dio, prima che venga l’oscurità e i vostri piedi inciampino sui monti, al cadere della notte. Voi aspettate la luce, ma egli la ridurrà in tenebre e la muterà in oscurità profonda! 17Se non ascolterete, io piangerò in segreto la vostra superbia; il mio occhio verserà lacrime, perché sarà deportato il gregge del Signore. 18«Dite al re e alla regina madre: “Sedete per terra, poiché è caduta dalla vostra testa la vostra preziosa corona”. 19Le città del Negheb sono assediate, nessuno le libera. Tutto Giuda è stato deportato, con una deportazione totale. 20Alza gli occhi e osserva coloro che vengono dal settentrione; dov’è il gregge che ti è stato consegnato, le tue magnifiche pecore? 21Che cosa dirai quando ti saranno imposti come capi coloro con cui avevi familiarizzato? Non ti lamenterai per il dolore come una partoriente? 22Se ti domandi in cuor tuo: “Perché mi capita tutto questo?”, è per l’enormità delle tue iniquità che sono stati sollevati i lembi della tua veste e il tuo corpo ha subìto violenza. 23Può un Etiope cambiare la pelle o un leopardo le sue macchie? Allo stesso modo: potrete fare il bene voi, abituati a fare il male? 24Perciò vi disperderò come pula, che vola via al vento del deserto. 25Questa è la tua sorte, la parte che ti ho destinato – oracolo del Signore –, perché mi hai dimenticato e hai confidato nella menzogna. 26Solleverò anch’io le tue vesti fino al volto, così si vedrà la tua vergogna, 27i tuoi adultèri e i tuoi ammiccamenti, l’ignominia della tua prostituzione! Sulle colline e nei campi ho visto i tuoi orrori. Guai a te, Gerusalemme, perché non ti purifichi! Per quanto tempo ancora?».

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Approfondimenti

Minacce su minacce 13,1-27 Gruppo di oracoli di sola minaccia, collegati sempre, come sembra, con il periodo di Ioiakim. Il fatto però che tra essi venga inclusa una condanna di Ioiachin (vv. 18-19), che regnò solo tre mesi dopo la morte del padre (598/7) e poi fu condotto in esilio con la corte (cfr. 2Re 24,10-16), fa pensare che risalgano a quell'epoca, poco avanti la prima deportazione, anche gli altri oracoli.

1-11. È la prima delle azioni simboliche menzionate nel libro. Alcuni pensano si sia svolta in visione a motivo del riferimento all'Eufrate (vv. 4-7), che era praticamente irraggiungibile da Geremia. Altri, invece, sensibili al fatto che un'azione simbolica ha valore soprattutto se effettivamente compiuta, spiegano il termine «Eufrate» come gioco di parole tra Fara, un torrente (wadi) nei pressi di Anatot, e Perat, nome ebraico per Eufrate. Geremia sarebbe invitato a nascondere una «cintura» (fascia) di lino nell'acqua del Fara per mostrare come sarà ridotto Giuda, cintura ornamentale del Signore, dal Perat-Eutrate, cioè da Babilonia, dalla cui idolatria è contaminato. L'oracolo e duro, però quanta segreta tenerezza in quell'immagine di Israele fascia di gloria per il Signore (v. 11), aderente ai suoi fianchi (cfr. 2,32)!

12-14. È una specie di parabola in costruzione, una parabola in forma di dialogo tra il profeta e il popolo: come boccali colmi di vino saranno ricolmi dell'ira di Dio che li condanna a fracassarsi tra di loro come vasi di coccio.

18-19. Di quale re si tratti non viene detto, ma poiché si parla di una deportazione (v. 19) in cui si suppone che il re sia rimasto in vita (v. 18) non può che trattarsi di Ioiachin, condotto prigioniero a Babilonia, e della deportazione del 597 ad opera di Nabucodonosor. Questi aveva fatto precedere l'intervento del suo esercito da scorrerie a opera dei popoli vicini (cfr. 2Re 24,2). A queste fa probabilmente riferimento il blocco delle città cui accenna il v. 19. Re e regina madre vengono invitati, un po' ironicamente, a prendere atto con rassegnazione dell'umiliazione da loro subita.

20-27. Altra considerazione sull'impossibilità di cambiamento per Gerusalemme in cui la corruzione è diventata abitudine congenita, come una pelle che rimane sempre la stessa (v. 23). Non resta che il castigo che, nella linea dell'immagine matrimoniale, viene descritto crudamente (v. 22.26) come la gogna umiliante delle adultere (cfr. Ez 16,37 ss.).

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Falsa prosperità e rovina reale 1Tu sei troppo giusto, Signore, perché io possa contendere con te, ma vorrei solo rivolgerti una parola sulla giustizia. Perché la via degli empi prospera? Perché tutti i traditori sono tranquilli? 2Tu li hai piantati ed essi mettono radici, crescono e producono frutto; sei vicino alla loro bocca, ma lontano dal loro intimo. 3Ma tu, Signore, mi conosci e mi vedi, tu provi che il mio cuore è con te. Strappali via come pecore per il macello, riservali per il giorno della strage. 4Fino a quando sarà in lutto la terra e seccherà tutta l’erba dei campi? Le bestie e gli uccelli periscono per la malvagità dei suoi abitanti che dicono: «Dio non vede la nostra fine». 5«Se, correndo con i pedoni, ti stanchi, come potrai gareggiare con i cavalli? Se ti senti al sicuro solo in una regione pacifica, che cosa farai nella boscaglia del Giordano? 6Persino i tuoi fratelli e la casa di tuo padre, persino loro sono sleali con te; anch’essi ti gridano dietro a piena voce; non fidarti di loro quando ti dicono buone parole». 7«Ho abbandonato la mia casa, ho ripudiato la mia eredità, ho consegnato ciò che ho di più caro nelle mani dei suoi nemici. 8La mia eredità è divenuta per me come un leone nella foresta; ha levato la voce contro di me, perciò la detesto. 9La mia eredità è forse per me come un uccello variopinto, assalito da ogni parte da uccelli rapaci? Venite, radunatevi, voi tutte bestie selvatiche, venite a divorare. 10Molti pastori hanno devastato la mia vigna, hanno calpestato il mio campo. Hanno fatto del mio campo prediletto un deserto desolato, 11lo hanno ridotto a una landa deserta, in uno stato deplorevole; sta desolato dinanzi a me. È devastata tutta la terra e nessuno se ne dà pensiero». 12Su tutte le alture del deserto giungono devastatori, perché il Signore ha una spada che divora da un estremo all’altro della terra; non c’è scampo per nessuno. 13Hanno seminato grano e mietuto spine, si sono affaticati senza alcun profitto; restano confusi per il loro raccolto a causa dell’ira ardente del Signore. 14Così dice il Signore: «Ecco, io sradico dalla loro terra tutti i miei vicini malvagi, che hanno messo le mani sull’eredità che ho dato al mio popolo Israele; e così sradicherò anche la casa di Giuda di mezzo a loro. 15E, dopo averli sradicati, riprenderò ad avere compassione di loro e farò tornare ognuno al proprio possesso e alla propria terra. 16Se impareranno con cura le usanze del mio popolo, fino a giurare nel mio nome dicendo: “Per la vita del Signore!”, come hanno insegnato al mio popolo a giurare per Baal, allora potranno stabilirsi in mezzo al mio popolo. 17Se invece non ascoltano, estirperò definitivamente quella nazione e la annienterò». Oracolo del Signore.

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Approfondimenti

Falsa prosperità e rovina reale 12,1-17 Comprende almeno tre brani di genere diverso: sulla retribuzione dei malvagi, sull'eredità di Dio rovinata, sulla salvezza dei popoli vicini. Qualcuno vede nei vv. 2-4 una “confessione” a se stante (la seconda) o li congiunge con 11,23 come conclusione della prima. Nel contesto attuale formano lo sviluppo della riflessione sul benessere dei cattivi.

1-6. Il richiamo all'ostilità del casato contro Geremia (v. 6) apparenta questo passo al precedente e suggerisce di assegnarlo allo stesso periodo di tempo, fors'anche alle stesse circostanze concrete. Si potrebbe infatti spiegare la riflessione sulla prosperità dei malvagi proprio a partire dall'osservazione che l'impegno del profeta ad attuare il volere di Dio ha invece conseguenze così amare. Qui affiora per la prima volta il problema del rapporto fra condotta perversa e benessere materiale (cfr. Sal 73 e Giobbe). Geremia lo pone con viva partecipazione e, nonostante l'introduzione piena di modestia (v. 1), chiede subito una soluzione radicale (v. 3) che liberi la «terra» dai malanni che attira su di essa il comportamento degli «empi» che negano il governo di Dio. Ma si scontra con il mistero dell'agire di Dio che sconcerta le vedute umane. E proprio Geremia nella sua vita ne sarà testimone perché andrà incontro a difficoltà ancora più gravi, come chi passi da una zona pianeggiante alla «boscaglia del Giordano». Il profeta, inoltre, come i giusti di cui si parla in altri testi biblici (cfr. Mic 7,5-6; Sal 5,10; 28,3; 52,1-7; 55,12-15.20-21; 62,4), sperimenterà anche il rifiuto e l'opposizione da parte dei componenti della sua famiglia.

7-13. Il Dio di Geremia è un Dio mirabilmente vicino e partecipe della sorte dell'uomo: anche se è costretto a punire per correggere, ne soffre come di un lutto familiare. In questo passo, che si riferisce probabilmente ai disastri causati da eventi bellici (cfr. vv. 9.12), Dio per bocca del profeta espone una riflessione appassionata sulla condizione miserevole della sua «eredità». Non per questo il Signore frena la sua «ira ardente» (v. 13) e ritira la sua «spada che divora» (v. 12) finché il popolo non la smette di rivolgersi contro Dio «come un leone nella foresta» (v. 8). Tutto il brano è un intreccio di sentimenti di commiserazione per Israele (v. 9) ridotto al rango di zimbello («uccello screziato»), richiamo di uccelli predatori; di «odio» (v. 8) per la sua arroganza e di risolutezza nel punirlo (v. 9b). Attraverso la vibratile e variegata sensibilità del profeta, si fa luce l'amore dolce e forte di Dio che porta avanti con l'uomo, ma secondo il suo progetto, la storia della salvezza.

14-17. All'«eredità» divina vengono accostati i «vicini malvagi», anch'essi destinati a una salvezza futura (v. 15) attraverso la punizione (v. 14) che deve condurli al ravvedimento (v. 16), cioè all'accettazione del piano di Dio che fa perno su Israele, popolo della speranza. Il linguaggio usato in questo oracolo fa pensare a un rimaneggiamento posteriore al tempo di Geremia.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Aria di congiura 1Questa parola fu rivolta dal Signore a Geremia: 2«Riferisci agli uomini di Giuda e agli abitanti di Gerusalemme: Ascoltate le parole di questa alleanza! 3Dirai loro: Dice il Signore, Dio d’Israele: Maledetto l’uomo che non ascolta le parole di questa alleanza, 4che io imposi ai vostri padri quando li feci uscire dalla terra d’Egitto, dal crogiolo di ferro, dicendo: “Ascoltate la mia voce ed eseguite quanto vi comando; allora voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio, 5e potrò mantenere il giuramento fatto ai vostri padri di dare loro una terra dove scorrono latte e miele, come oggi possedete”». Io risposi: «Così sia, Signore!». 6E il Signore mi disse: «Proclama tutte queste parole nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme, dicendo: Ascoltate le parole di questa alleanza e mettetele in pratica! 7Poiché io più volte ho scongiurato i vostri padri quando li feci uscire dalla terra d’Egitto e fino ad oggi, ammonendoli premurosamente ogni giorno: “Ascoltate la mia voce!”. 8Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio; ognuno seguì la caparbietà del suo cuore malvagio. Perciò ho fatto ricadere su di loro tutte le parole di questa alleanza, che avevo ordinato loro di osservare e non osservarono». 9Il Signore mi disse: «Si è formata una congiura fra gli uomini di Giuda e gli abitanti di Gerusalemme; 10sono ritornati alle iniquità dei loro primi padri, che avevano rifiutato di ascoltare le mie parole, e anch’essi hanno seguito altri dèi per servirli. La casa d’Israele e la casa di Giuda hanno infranto l’alleanza che io avevo concluso con i loro padri. 11Perciò dice il Signore: Ecco, faccio venire su di loro una sventura alla quale non potranno sfuggire. Allora grideranno verso di me, ma io non li ascolterò; 12allora le città di Giuda e gli abitanti di Gerusalemme alzeranno grida agli dèi ai quali offrono incenso, ma quelli non li salveranno affatto nel tempo della loro sciagura. 13Poiché numerosi come le tue città sono i tuoi dèi, o Giuda; numerosi come le strade di Gerusalemme gli altari che avete eretto alla vergogna, altari per bruciare incenso a Baal. 14Tu, poi, non pregare per questo popolo, non innalzare per esso suppliche e preghiere, perché non ascolterò quando mi invocheranno nella loro sventura. 15Che fa il mio diletto nella mia casa? Tu hai commesso azioni malvagie. Voti e carne di sacrifici allontanano forse da te la sventura, per poter ancora schiamazzare di gioia?». 16Ulivo verde, maestoso, era il nome che il Signore ti aveva imposto. Con grande strepito sono date al fuoco le sue foglie, e i suoi rami sono bruciati. 17Il Signore degli eserciti che ti ha piantato annuncia la sventura contro di te, per la malvagità che hanno commesso a proprio danno Israele e Giuda, irritandomi con il bruciare incenso a Baal. 18Il Signore me lo ha manifestato e io l’ho saputo; mi ha fatto vedere i loro intrighi. 19E io, come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che tramavano contro di me, e dicevano: «Abbattiamo l’albero nel suo pieno vigore, strappiamolo dalla terra dei viventi; nessuno ricordi più il suo nome». 20Signore degli eserciti, giusto giudice, che provi il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di loro, poiché a te ho affidato la mia causa. 21Riguardo agli uomini di Anatòt che vogliono la mia vita e mi dicono: «Non profetare nel nome del Signore, se no morirai per mano nostra», 22così dice il Signore degli eserciti: «Ecco, li punirò. I loro giovani moriranno di spada, i loro figli e le loro figlie moriranno di fame. 23Non rimarrà di loro alcun superstite, perché manderò la sventura contro gli uomini di Anatòt nell’anno del loro castigo».

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Approfondimenti

Aria di congiura 11,1-23 Il tema che lega i vari brani è quello della «congiura» che ricorre, nel primo (11,1-14, cfr. v. 9), in relazione all'alleanza tra Dio e il popolo, mentre nel terzo (11,18-23) connota l'ostilità violenta dei concittadini di Geremia contro il profeta.

11,1-14. La congiura contro il patto. Al centro del passo sta l'idea di un'alleanza che il popolo ha stipulato e che esige un'osservanza che non viene prestata, meritando così le sanzioni ad essa collegate. Si potrebbe pensare genericamente all'alleanza dell'esodo (cfr. vv. 4-5), ma il modo di parlarne («questa alleanza»: vv. 2.3.6) e le reazioni che si suppongono (vv. 18ss.) fanno piuttosto pensare che si tratti di quel rinnovamento dell'alleanza che va sotto il nome di riforma di Giosia, del 622 a.C. In tal caso, bisogna dedurne che Geremia, almeno per un certo tempo, le sia stato favorevole. Il testo in esame conserverebbe tracce della predicazione geremiana con ampliamenti e rimaneggiamenti (cfr. la presenza di riprese narrative: vv. 1.6.9). Hanno buona probabilità di essere autentici i vv. 6.8 (ultima parte) e 9-12 che risalirebbero allora al primo periodo della predicazione del profeta. Il testo attuale, che invita a collocare il passo tra i brani di stile deuteronomistico, si articola in due momenti, anche se non così nettamente distinti.

1-8. È un invito pressante ad essere fedeli all'alleanza che fa di Israele il popolo eletto («voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio»: v. 4, è formula di elezione e di alleanza) con diritto, per giuramento divino (v. 5), alla terra di Palestina.

9-14. Ma il popolo ha fatto come una contro-alleanza, una congiura (v. 9), per cui scattano le clausole di punizione inesorabilmente; ancora una volta al profeta è proibito di intercedere per il popolo (v. 14; cfr. 7,16).

15-17. Per la tematica il brano si riallaccia al c. 7: un culto formalistico non potrà stornare la punizione divina. È probabile che anche cronologicamente sia da collegare con il discorso del tempio (c. 7).

-<>—<>—<>—<>—<>—<>—<>—<>—<>—<>—<*>- LE “CONFESSIONI” DI GEREMIA Con 11,18 inizia una serie di lamentazioni personali del profeta indirizzate a JHWH. Tradizionalmente questi brani sono denominati “confessioni”, benché il titolo non sia totalmente appropriato (il contenuto sarebbe forse meglio espresso dalla denominazione “lamentazioni”). Alcune di queste confessioni ricevono risposta da Dio, altre invece no. La serie si chiude con 20,18. Non vi è unanimità nella definizione dei brani appartenenti a questa serie; in genere sono ritenuti tali: 11,18-12,6; 15,10-12; 15,15-21; 17,8-10.14-18; 18,18-23; 20,7-12.14-18. Geremia è l'unico libro profetico in cui sono conservate preghiere di questo tenore che ci permettono di cogliere l'interiorità del profeta. Il valore storico di questi passi è ancora oggetto di disputa, ma è indubitabile che nessun altro profeta ci offre simile materiale. Anche il genere letterario di questi passi è stato variamente inteso: sono stati accostati alla biografia, alle lamentazioni individuali (presenti soprattutto nel libro dei Salmi, ma anche in Giobbe). Qualunque sia il legame effettivo con la vicenda storica del profeta, resta indubbiamente vero che Geremia fu il rappresentante di un popolo che stava per affrontare una sciagura immane, così che la sua vita divenne per il popolo il simbolo dell'agire di Dio nei suo confronti In tal senso le confessioni rappresentano una specie di azione simbolica, anche se in questo caso tale azione non è un gesto capace di stupire, ma la continua e protratta sofferenza del profeta. -<>—<>—<>—<>—<>—<>—<>—<>—<>—<>—<*>-

18-23. La riforma di Giosia, toccando da vicino interessi anche economici (rendite legate al culto dei santuari locali soppressi) e ferendo sentimenti devozionali e campanilistici, deve aver suscitato malumori e ostilità che possono aver preso la forma di opposizione decisa. Non ribellione aperta, ma tentativi di soppressione violenta degli elementi più esposti e vulnerabili. Come appunto Geremia. E ciò ad opera dei compaesani che, vedendosi traditi, meditano di toglierlo di mezzo ancora giovane. Solo per puro caso, che il profeta considera rivelazione divina, viene a conoscenza della macchinazione e può così evitarla. Ma ne è sconvolto, non solo per il pericolo corso, ma per la fiducia tradita in quanto ingenuamente («come agnello mansueto») si è fidato di chi tramava per ucciderlo. I vv. 21-23 sembrano riferirsi a una situazione diversa da quella precedente, in quanto la minaccia di morte non viene conosciuta per rivelazione divina, ma apertamente formulata dai nemici (v. 21) e la motivazione di essa non è più l'appoggio dato alla riforma, ma più genericamente l'attività profetica, anche se le due cose sono molto affini. Da qui probabilmente il congiungimento dei due passi.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1Ascoltate la parola che il Signore vi rivolge, casa di Israele. 2Così dice il Signore: «Non imparate la condotta delle nazioni e non abbiate paura dei segni del cielo, poiché di essi hanno paura le nazioni. 3Perché ciò che provoca la paura dei popoli è un nulla, non è che un legno tagliato nel bosco, opera delle mani di un intagliatore. 4Li abbelliscono di argento e di oro, li fissano con chiodi e con martelli, perché non traballino. 5Gli idoli sono come uno spauracchio in un campo di cetrioli: non sanno parlare; bisogna portarli, perché non possono camminare. Non temeteli: non fanno alcun male, come non possono neppure fare del bene». 6Nessuno è come te, Signore; tu sei grande e grande è la potenza del tuo nome. 7Chi non temerà te, o re delle nazioni? A te solo questo è dovuto: fra tutti i sapienti delle nazioni e in tutti i loro regni nessuno è simile a te. 8Tutti sono stolti e sciocchi, vana la loro dottrina, come un pezzo di legno. 9Sono fatti d’argento battuto e laminato, portato da Tarsis, e oro di Ufaz, opera di artisti e di orafi; sono rivestiti di porpora e di scarlatto, lavoro di sapienti artigiani. 10Il Signore, invece, è veramente Dio, egli è Dio vivente e re eterno; al suo sdegno trema la terra, le nazioni non resistono al suo furore. 11Direte loro: «Quegli dèi che non hanno fatto il cielo e la terra spariranno dalla faccia della terra e da sotto il cielo». 12Il Signore ha formato la terra con la sua potenza, ha fissato il mondo con la sua sapienza, con la sua intelligenza ha dispiegato i cieli. 13Al rombo della sua voce rumoreggiano le acque nel cielo. Fa salire le nubi dall’estremità della terra, produce le folgori per la pioggia, dalle sue riserve libera il vento. 14Resta inebetito ogni uomo, senza comprendere; resta confuso ogni orafo per i suoi idoli, poiché è menzogna ciò che ha fuso e non ha soffio vitale. 15Sono oggetti inutili, opere ridicole; al tempo del loro castigo periranno. 16Non è così l’eredità di Giacobbe, perché egli ha formato ogni cosa. Israele è la tribù della sua eredità, Signore degli eserciti è il suo nome. 17Raccogli da terra il tuo fardello, tu che sei cinta d’assedio, 18poiché dice il Signore: «Ecco, questa volta caccerò fuori gli abitanti del paese; li ridurrò alle strette, perché non mi sfuggano». 19Guai a me per la mia ferita; la mia piaga è incurabile. Eppure avevo pensato: «È un dolore sopportabile». 20La mia tenda è sfasciata tutte le corde sono rotte. I miei figli si sono allontanati da me e più non sono. Nessuno pianta i paletti della mia tenda e stende i teli. 21I pastori sono divenuti insensati, non hanno più ricercato il Signore; per questo non hanno avuto successo, anzi è disperso tutto il loro gregge. 22Si ode un rumore che avanza e un grande frastuono dal settentrione, per ridurre le città di Giuda a un deserto, a un rifugio di sciacalli. 23«Lo so, Signore: l’uomo non è padrone della sua via, chi cammina non è in grado di dirigere i suoi passi. 24Correggimi, Signore, ma con giusta misura, non secondo la tua ira, per non farmi venir meno». 25Riversa il tuo sdegno sulle genti che non ti riconoscono e sulle stirpi che non invocano il tuo nome, perché hanno divorato Giacobbe, l’hanno divorato e consumato, e hanno devastato la sua dimora.

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Approfondimenti

10,1-16. Inanità degli idoli di fronte all'onnipotenza del vero Dio. Il brano è composito, oltre che non autentico, in quanto i vv. 6-8, assenti nei LXX, sono un'aggiunta; il v. 11 è una glossa aramaica e i vv. 12-16 sembrano provenire da altre raccolte (cfr. 51,15-19). In ogni caso, l'insieme attuale si presenta come articolato in due momenti (vv. 1-10 e 12-16, con il v. 11 come cerniera) che presentano la nullità degli idoli, fatti dagli uomini (cfr. v. 3), e l'onnipotenza di Dio che ha fatto tutto l'universo.

17-25. Sfacelo completo. Ritorna il tema della distruzione ad opera del nemico del nord (v. 22). I vv. 23-24 sono una riflessione sapienziale. Per il v. 25 cfr. Sal 79,6-7.

A questo punto, dal c. 11 che sembra segnare un nuovo inizio e quindi indicare una nuova sezione, fino al c. 20 incluso, è arduo e forse vano tentare di distinguere articolazioni minori chiaramente delineate. Si può dire che esistono singole pericopi giustapposte, talvolta legate con quelle vicine da una tematica più o meno affine. Per cui basta la divisione introdotta dai capitoli, per quanto inadeguata e talvolta arbitraria.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1Chi mi darà nel deserto un rifugio per viandanti? Lascerei il mio popolo e mi allontanerei, perché sono tutti adùlteri, una massa di traditori. 2«Tendono la loro lingua come il loro arco; non la verità ma la menzogna domina nella terra. Passano da un delitto all’altro e non conoscono me. Oracolo del Signore. 3Ognuno si guardi dal suo prossimo, non fidatevi neppure del fratello, poiché ogni fratello inganna come Giacobbe e ogni amico va spargendo calunnie. 4Ognuno si beffa del suo prossimo, nessuno dice la verità. Hanno addestrato la lingua a dire menzogne, operano l’iniquità, incapaci di convertirsi. 5Angheria su angheria, inganno su inganno; rifiutano di conoscermi». Oracolo del Signore. 6Perciò dice il Signore degli eserciti: «Ecco, li raffinerò al crogiolo e li saggerò; come dovrei comportarmi con la figlia del mio popolo? 7Saetta micidiale è la loro lingua, inganno le parole della loro bocca. Ognuno parla di pace con il prossimo, ma nell’intimo gli ordisce un tranello. 8Non dovrei forse punirli? Oracolo del Signore. Di una nazione come questa non dovrei vendicarmi?». 9Sui monti alzerò gemiti e lamenti, un canto di lutto sui pascoli della steppa, perché sono desolati, nessuno più vi passa, né più si ode il grido del bestiame. Gli uccelli dell’aria e le bestie del cielo sono tutti fuggiti, scomparsi. 10«Ridurrò Gerusalemme a un cumulo di rovine, a un rifugio di sciacalli; ridurrò alla desolazione le città di Giuda, senza più abitanti». 11Chi è così saggio da capirlo? A chi ha parlato la bocca del Signore, perché lo annunci? Perché la terra è devastata, desolata come un deserto senza passanti? 12Ha detto il Signore: «È perché hanno abbandonato la legge che avevo loro posto innanzi e non hanno ascoltato la mia voce e non l’hanno seguita, 13ma hanno seguito la caparbietà del loro cuore e i Baal che i loro padri avevano fatto loro conoscere». 14Pertanto così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: «Ecco, farò loro ingoiare assenzio e bere acque avvelenate; 15li disperderò in mezzo a nazioni che né loro né i loro padri hanno conosciuto e manderò dietro a loro la spada finché non li abbia sterminati». 16Così dice il Signore degli eserciti: «Attenti, chiamate le lamentatrici, che vengano! Fate venire le più brave!». 17Facciano presto, per intonare su di noi un lamento. Sgorghino lacrime dai nostri occhi, le nostre palpebre stillino acqua, 18perché una voce di lamento si ode da Sion: «Quanto siamo rovinati! Che vergogna abbandonare il paese, e vedere abbattute le nostre abitazioni!». 19Udite, dunque, o donne, la parola del Signore, i vostri orecchi accolgano la parola della sua bocca. Insegnate alle vostre figlie il lamento, l’una all’altra un canto di lutto. 20Poiché la morte è entrata dalle nostre finestre, si è introdotta nei nostri palazzi, ha abbattuto i fanciulli nella via e i giovani nelle piazze. 21Parla! Oracolo del Signore: «I cadaveri degli uomini giacciono come letame nel campo, come covoni dietro il mietitore, e nessuno li raccoglie». 22Così dice il Signore: «Non si vanti il sapiente della sua sapienza, non si vanti il forte della sua forza, non si vanti il ricco della sua ricchezza. 23Ma chi vuol vantarsi, si vanti di avere senno e di conoscere me, perché io sono il Signore che pratico la bontà, il diritto e la giustizia sulla terra, e di queste cose mi compiaccio. Oracolo del Signore. 24Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali punirò tutti i circoncisi che rimangono non circoncisi: 25l’Egitto, Giuda, Edom, gli Ammoniti e i Moabiti e tutti coloro che si radono le tempie, i quali abitano nel deserto, perché tutte queste nazioni e tutta la casa d’Israele sono incirconcisi nel cuore».

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Approfondimenti

9,1-8. Malvagità e doppiezza. Rifiutare Dio (v. 2) porta allo sfruttamento del fratello.

9-21. Pianto inconsolabile. Una riflessione in prosa (vv. 12-15) di stile oratorio, sul castigo divino per l'ostinazione di Israele nel male, divide in due parti (vv. 9-11 e 16-21) il lamento del profeta per la rovina della città e della campagna. Il compito di piangere i morti era proprio delle donne, quelle del parentado e del vicinato in prima linea, ma anche quelle che per mestiere («lamentatrici»: v. 16) si prestavano a far cordoglio.

22-23. Saggezza autentica. Con stile sentenzioso il profeta esorta a riporre la propria fiducia in Dio, riconosciuto («conoscere me») e posto come effettivo punto di riferimento esistenziale.

24-25. Inutile la circoncisione materiale. Con un'espressione tipica dei rimandi a momenti decisivi dell'agire di Dio («Ecco, giorni verranno...»), viene introdotto un oracolo che denuncia la circoncisione come insufficiente davanti a Dio senza il corrispondente atteggiamento interiore (circoncisione del cuore: cfr. 4, 4). L'oracolo è notevole perché allinea sotto il segno della circoncisione Ebrei e non. In effetti, era praticata anche da molti altri popoli del Vicino Oriente, ma per Israele in seguito diverrà il segno distintivo dell'appartenenza al popolo eletto (cfr. Gn 17,10s.). Per Geremia è un semplice segno che può restare vuoto, mentre la circoncisione del cuore può portare tutti a salvezza.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Introduzione 1«In quel tempo – oracolo del Signore – si estrarranno dai loro sepolcri le ossa dei re di Giuda, quelle dei suoi capi, dei sacerdoti, dei profeti e degli abitanti di Gerusalemme. 2Esse saranno sparse in onore del sole, della luna e di tutto l’esercito del cielo che essi amarono, servirono, seguirono, consultarono e adorarono. Non saranno più raccolte né sepolte, ma diverranno come letame sul suolo. 3Allora la morte sarà preferibile alla vita, per quanti di questa razza malvagia riusciranno a sopravvivere nei luoghi dove li avrò dispersi. Oracolo del Signore degli eserciti.

Infedeltà all'alleanza e lamentazioni 4Tu dirai loro: Così dice il Signore: Forse chi cade non si rialza e chi sbaglia strada non torna indietro? 5Perché allora questo popolo continua a ribellarsi, persiste nella malafede, e rifiuta di convertirsi? 6Ho ascoltato attentamente: non parlano come dovrebbero. Nessuno si pente della sua malizia, e si domanda: “Che cosa ho fatto?”. Ognuno prosegue la sua corsa senza voltarsi, come un cavallo lanciato nella battaglia. 7La cicogna nel cielo conosce il tempo per migrare, la tortora, la rondinella e la gru osservano il tempo del ritorno; il mio popolo, invece, non conosce l’ordine stabilito dal Signore. 8Come potete dire: “Noi siamo saggi, perché abbiamo la legge del Signore”? A menzogna l’ha ridotta lo stilo menzognero degli scribi! 9I saggi restano confusi, sconcertati e presi come in un laccio. Ecco, hanno rigettato la parola del Signore: quale sapienza possono avere? 10Per questo darò le loro donne a stranieri, i loro campi ai conquistatori, perché dal piccolo al grande tutti commettono frode; dal profeta al sacerdote tutti praticano la menzogna. 11Curano alla leggera la ferita della figlia del mio popolo, dicendo: “Pace, pace!”, ma pace non c’è. 12Dovrebbero vergognarsi dei loro atti abominevoli, ma non si vergognano affatto, non sanno neppure arrossire. Per questo cadranno vittime come gli altri; nell’ora in cui li visiterò, crolleranno, dice il Signore. 13Li mieto e li anniento – oracolo del Signore –; non c’è più uva sulla vite né fichi sul fico, anche le foglie sono avvizzite. Ho procurato per loro degli invasori. 14“Perché ce ne stiamo seduti? Radunatevi ed entriamo nelle città fortificate e moriamo in esse, poiché il Signore, nostro Dio, ci fa perire. Egli ci fa bere acque avvelenate, perché abbiamo peccato contro il Signore. 15Aspettavamo la pace, ma non c’è alcun bene, il tempo della guarigione, ed ecco il terrore!”. 16Da Dan si sente lo sbuffare dei suoi cavalli; al rumore dei nitriti dei suoi destrieri trema tutta la terra. Vengono e divorano la terra e quanto in essa si trova, la città e i suoi abitanti. 17Ecco, sto per mandarvi serpenti velenosi contro i quali non esiste incantesimo, e vi morderanno». Oracolo del Signore. 18Senza rimedio cresce il mio dolore, e il mio cuore viene meno. 19Ecco, odo le grida della figlia del mio popolo da una terra sconfinata: «Non c’è il Signore in Sion, il suo re non vi abita più?». «Perché mi hanno provocato all’ira con i loro idoli e con nullità straniere?». 20«È passata la stagione della messe, è finita l’estate e noi non siamo stati salvati». 21Per la ferita della figlia del mio popolo sono affranto, sono costernato, l’orrore mi ha preso. 22Non v’è più balsamo in Gàlaad? Non c’è più nessun medico? Perché non si cicatrizza la ferita della figlia del mio popolo? 23Chi farà del mio capo una fonte di acqua, dei miei occhi una sorgente di lacrime, per piangere giorno e notte gli uccisi della figlia del mio popolo?

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Approfondimenti

Infedeltà all'alleanza e lamentazioni 8,4-10,25 In questa sezione abbiamo una raccolta di oracoli di varia provenienza e contenuto, anche se in genere appartenenti al tempo di Ioiakim. Vi predomina la denuncia per le infedeltà del popolo all'alleanza, ma troviamo anche lamentazioni (8,18-23; 9,10-21) e brani sapienziali (8,8-9; 9,22-23) con una digressione sulla inanità degli idoli (10,12-16) che sviluppa una tematica cara al Deuteroisaia (cfr. Is 40,18-31; 44,9-20) ed e per questo da non pochi studiosi considerata non geremiana. E sufficiente annotare il tema e qualche espressione caratteristica dei singoli brani.

8,4-7. Un poema che tratta del traviamento del popolo, introdotto da una nota editoriale (v. 4a). Si può notare nel testo l'insistenza sulla radice šwb («ritornare, convertirsi») in particolare nei vv. 4-5: «chi perde la strada (yā-šûb)... torna indietro (yāšûb)... questo popolo si ribella (šôbab)... ribellione (m'šubâ)... rifiutano di convertirsi (lā-šûb)». Questo gioco di parole permette di illustrare il contrasto tra il normale comportamento umano e la condizione del popolo. Il suo sviamento e il suo rifiuto di ritornare sono innaturali (cfr. anche 5,3). L'assurdità di tale comportamento del popolo è ulteriormente stigmatizzata con il confronto istituito nel v. 7 con gli uccelli migratori i quali conoscono quando andarsene e quando tornare. Diversamente da questi, il popolo di Dio non conosce il comando (mišpāt, «ordine, legge»; cfr. 5,4-5) di JHWH.

8-9. Scribi prevaricatori. Il popolo si sente saggio perché in possesso della legge, che è appannaggio di un gruppo particolare («scribi») accusato da Geremia di falsificarla. Non sono chiari i contorni del conflitto che oppone Geremia agli scribi, anche se il confronto è chiaramente tra una legge scritta da un lato e la parola di Dio predicata dall'altro.

10-12. Guide menzognere. Il brano è una ripetizione letterale di 6,12-15. Manca nei LXX.

13-17. Scoraggiamento mortale. Di fronte alla rovina senza scampo, vien voglia di lasciarsi andare: Dio ormai non ascolta più a motivo dei peccati! Non è però pentimento confidente ma solo sfiduciata constatazione.

18-23. Dolore senza rimedio. Il profeta esprime la sua sofferenza per una grave sventura del popolo. Il v. 20 allude forse a un raccolto andato a male, dunque a una carestia, ma tutto l'accento è sulla viva partecipazione (cfr. v. 23) del profeta al dolore della sua gente, presentata come una giovane dalla piaga inguaribile su cui non c'è che da piangere (cfr. v. 23). Galaad, al di là del Giordano, era considerato paese di aromi e di essenze medicamentose (cfr. Gn 37,25).

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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ORACOLI DEL TEMPO DI IOIAKIM

Discorso sul tempio 1Questa parola fu rivolta dal Signore a Geremia: 2«Férmati alla porta del tempio del Signore e là pronuncia questo discorso: Ascoltate la parola del Signore, voi tutti di Giuda che varcate queste porte per prostrarvi al Signore. 3Così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Rendete buone la vostra condotta e le vostre azioni, e io vi farò abitare in questo luogo. 4Non confidate in parole menzognere ripetendo: “Questo è il tempio del Signore, il tempio del Signore, il tempio del Signore!”. 5Se davvero renderete buone la vostra condotta e le vostre azioni, se praticherete la giustizia gli uni verso gli altri, 6se non opprimerete lo straniero, l’orfano e la vedova, se non spargerete sangue innocente in questo luogo e se non seguirete per vostra disgrazia dèi stranieri, 7io vi farò abitare in questo luogo, nella terra che diedi ai vostri padri da sempre e per sempre. 8Ma voi confidate in parole false, che non giovano: 9rubare, uccidere, commettere adulterio, giurare il falso, bruciare incenso a Baal, seguire altri dèi che non conoscevate. 10Poi venite e vi presentate davanti a me in questo tempio, sul quale è invocato il mio nome, e dite: “Siamo salvi!”, e poi continuate a compiere tutti questi abomini. 11Forse per voi è un covo di ladri questo tempio sul quale è invocato il mio nome? Anch’io però vedo tutto questo! Oracolo del Signore. 12Andate, dunque, nella mia dimora di Silo, dove avevo da principio posto il mio nome; considerate che cosa io ne ho fatto a causa della malvagità d’Israele, mio popolo. 13Ora, poiché avete compiuto tutte queste azioni – oracolo del Signore – e, quando vi ho parlato con premura e insistenza, non mi avete ascoltato e quando vi ho chiamato non mi avete risposto, 14io tratterò questo tempio sul quale è invocato il mio nome e in cui confidate, e questo luogo che ho concesso a voi e ai vostri padri, come ho trattato Silo. 15Vi scaccerò dalla mia presenza, come ho scacciato tutti i vostri fratelli, tutta la discendenza di Èfraim.

Falso culto e sincretismo 16Tu poi, non pregare per questo popolo, non innalzare per esso suppliche e preghiere né insistere presso di me, perché non ti ascolterò. 17Non vedi che cosa fanno nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme? 18I figli raccolgono la legna, i padri accendono il fuoco e le donne impastano la farina per preparare focacce alla regina del cielo; poi si compiono libagioni ad altri dèi per offendermi. 19Ma è proprio me che offendono – oracolo del Signore – o non piuttosto se stessi, a loro stessa vergogna? 20Pertanto, dice il Signore Dio: Ecco, il mio furore, la mia ira si riversa su questo luogo, sugli uomini e sul bestiame, sugli alberi dei campi e sui frutti della terra, e brucerà senza estinguersi. 21Dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Aggiungete pure i vostri olocausti ai vostri sacrifici e mangiatene la carne! 22Io però non parlai né diedi ordini sull’olocausto e sul sacrificio ai vostri padri, quando li feci uscire dalla terra d’Egitto, 23ma ordinai loro: “Ascoltate la mia voce, e io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici”. 24Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio alla mia parola; anzi, procedettero ostinatamente secondo il loro cuore malvagio e, invece di rivolgersi verso di me, mi hanno voltato le spalle. 25Da quando i vostri padri sono usciti dall’Egitto fino ad oggi, io vi ho inviato con assidua premura tutti i miei servi, i profeti; 26ma non mi hanno ascoltato né prestato orecchio, anzi hanno reso dura la loro cervìce, divenendo peggiori dei loro padri. 27Dirai loro tutte queste cose, ma non ti ascolteranno; li chiamerai, ma non ti risponderanno. 28Allora dirai loro: Questa è la nazione che non ascolta la voce del Signore, suo Dio, né accetta la correzione. La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca. 29Taglia la tua chioma e gettala via, e intona sulle alture un lamento, perché il Signore ha rigettato e abbandonato questa generazione che ha meritato la sua ira. 30Perché i figli di Giuda hanno commesso ciò che è male ai miei occhi, oracolo del Signore. Hanno collocato i loro idoli abominevoli nel tempio, sul quale è invocato il mio nome, per contaminarlo. 31Hanno costruito le alture di Tofet nella valle di Ben-Innòm, per bruciare nel fuoco i loro figli e le loro figlie, cosa che io non avevo mai comandato e che non avevo mai pensato. 32Perciò, ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali non si chiamerà più Tofet né valle di Ben-Innòm, ma valle della Strage. Allora si seppellirà in Tofet, perché non ci sarà altro luogo. 33I cadaveri di questo popolo saranno pasto agli uccelli dell’aria e alle bestie della terra e nessuno li scaccerà. 34Farò cessare nelle città di Giuda e nelle vie di Gerusalemme i canti di gioia e d’allegria, i canti dello sposo e della sposa, perché la terra diverrà un deserto».

[8,1«In quel tempo – oracolo del Signore – si estrarranno dai loro sepolcri le ossa dei re di Giuda, quelle dei suoi capi, dei sacerdoti, dei profeti e degli abitanti di Gerusalemme. 2Esse saranno sparse in onore del sole, della luna e di tutto l’esercito del cielo che essi amarono, servirono, seguirono, consultarono e adorarono. Non saranno più raccolte né sepolte, ma diverranno come letame sul suolo. 3Allora la morte sarà preferibile alla vita, per quanti di questa razza malvagia riusciranno a sopravvivere nei luoghi dove li avrò dispersi. Oracolo del Signore degli eserciti.] =●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti

ORACOLI DEL TEMPO DI IOIAKIM 7,1-20,18 I capitoli 7-20 contengono in massima parte composizioni del secondo periodo di Geremia, quello di Ioiakim (608-597). In questa sezione vengono introdotte per la prima volta nel libro le azioni simboliche (cfr. 13,1-11; 16,1-13; 19,1-15); vi compaiono la liturgia penitenziale (14,1ss.), la sentenza sapienziale (17,5ss.); in particolare, le lamentazioni individuali (“confessioni”) così caratteristiche della produzione profetica di Geremia. Inoltre, abbiamo qui alcuni di quei discorsi in prosa la cui genesi e autenticità geremiane ancora sono dibattute presso i critici. Nell'ampio agglomerato dei capitoli 7-20 si possono individuare blocchi minori, talvolta indicati da una introduzione (ad es. 11,5), più spesso contrassegnati dal contenuto.

7,1-8,3. I brani sono legati dal tema del culto, o meglio, della condanna, da parte del profeta, del culto allora praticato in Israele, perché formalistico (7,1-15), sincretistico (7,16-20), superficiale (7,21-28), idolatrico (7,19-8,3). La denuncia è decisa e sferzante; neppure il linguaggio tipico dei discorsi in prosa, a cui il blocco 7,1-8,3 appartiene, riesce a smorzarne del tutto il vigore.

Discorso sul tempio 7,1-15 Il tempio può andare distrutto. Questo discorso va collegato con 26,1-24 ove Baruc dà alcune indicazioni più dettagliate. Riguardo al tempo, annota che si era all'inizio del regno di Ioiakim, dunque verso il 609/8; quanto al luogo, è precisato che si trattava della «porta» (26,2; 7,2) del tempio, vale a dire, a quanto sembra, del cortile inferiore del tempio di Salomone. Il v. 1 funge da introduzione a un messaggio divino rivolto a Geremia, ma il v. 2 chiarisce che il messaggio non ha come destinatario il profeta: egli è soltanto portavoce per «tutto Giuda». Il discorso divino vero e proprio, rivolto al popolo di Giuda, inizia al v. 3 e termina al v. 15 (al v. 16 è evidente il mutamento di destinatario e di messaggio).

Possiamo distinguere nel discorso divino una segmentazione, sulla base dell'analisi sintattica e semantica.

3-4. Annuncio del tema. Troviamo qui i vocaboli che poi ricorreranno in tutto il discorso: «abitare» (škn, vv. 3.7.12), «confidare» (bth, vv. 4.8.14), «parola» (dābār, vv. 4.8.13), «luogo» (māqôm, vv. 3.6.7.12.14). Le forme verbali sono all'imperativo o allo iussivo.

5-7. Una promessa condizionata; la forma è quella del periodo ipotetico.

8-11. La situazione presente: inizia con hinnēh, «ecco che», un'esclamazione con valore avversativo rispetto a quanto precedentemente affermato. Si riprende il verbo «confidare» (bth).

12. L'esempio di Silo. Si noti la ripresa del verbo «abitare» (škn) e di «luogo» (māqôm); inoltre il legame con i vv. 8-11 per il tema del nome divino.

*13-15. La sanzione, divisa in motivazione (v. 13) e annuncio del castigo (vv. 14-15).

La struttura così evidenziata ci permette di chiarire il movimento interno al discorso. Sulla base dei vocaboli ricorrenti possiamo affermare che il profeta si oppone a una fiducia invalsa nel popolo a partire da una parola (che sembra contrapporsi a quella divina, cfr. v. 13, e perciò a quella del profeta) relativa al luogo di culto, il quale sarebbe ritenuto garanzia di stabilità da parte del popolo.

La convinzione che il tempio sia garanzia di stabilità per il popolo non ricorre sovente nel testo biblico; perciò è necessario chiarire quale teologia contesti il profeta in questo testo. Il tempio è descritto come la sede della presenza divina in diversi passi (cfr. 1Re 8,10ss.; Sal 27,4; 42,5; 76,3; 84; 122,1-4; 132,13-14), ma soprattutto nella teologia deuteronomistica è prevalsa la convinzione che il tempio di Gerusalemme rappresentasse il segno dell'elezione divina, come mostra la formula, che ricorre ben venti volte nel libro del Deuteronomio, «il luogo scelto da Dio per collocare e farvi abitare il suo nome». Secondo alcuni interpreti, l'idea dell'elezione si sarebbe imposta definitivamente a seguito di un evento storico, cioè la salvezza di Gerusalemme in occasione dell'assedio del re assiro Sennacherib (701 a.C.), sotto il re Ezechia (ctr. 2Re 19,34 = Is 37,35).

Il tempio salvato nel 701 era il segno visibile dell'elezione divina, e il ricordo della miracolosa liberazione infondeva la fiducia che il tempio sarebbe stato sempre un'inviolabile protezione (v. 4). Questa tesi è verosimile, ma non va esagerata e ad essa può essere accostata anche la promessa divina fatta a Davide in 2Sam 7.

In Ger 7 tuttavia, l'accusa verte, più che sulla fiducia riposta nel tempio, sulla fiducia accordata dal popolo a parole menzognere (v. 8), un tema ricorrente in questa sezione del libro (cfr. i cc. 4-6.8-9). Tali parole menzognere sono quelle pronunciate dai falsi profeti, le quali conducono a rifiutare la parola minacciosa del vero profeta, ritenendo che Dio non si comporti affatto nel modo che egli descrive (cfr. in particolare 5,12, in cui il senso di sicurezza del popolo è inteso da Geremia come disprezzo di JHwH). Tali parole menzognere si rivelano dannose per il popolo, perché, stravolgendo la reale situazione, impediscono agli ascoltatori di Geremia, l'unica azione che potrebbe arrestare il giudizio imminente, cioè il pentimento (cfr. vv. 3ss.).

I vv. 5-7, per la loro formulazione condizionale, sono stati interpretati come una rilettura deuteronomistica dell'oracolo di Geremia, ma è difficile ricondurre tali espressioni a un unico ambiente vitale. Esigenze di questo tenore sono espresse in Es, Dt, Is, Am, Os, Mic: in un certo senso sono convenzionali. La situazione vitale da cui dipendono tali formulazioni è il contesto dell'alleanza tra Dio e il popolo: con esse si mostra che le promesse divine non dipendono soltanto dalla fedeltà di Dio; infatti, esponendo in tal modo le esigenze contenute nel patto, esse illustrano anche gli impegni pubblicamente assunti dal partner umano. Tale rimando, nel discorso, perciò non ha valore promissorio, ma contribuisce a definire il fondamento del accusa che segue: il profeta non legge la vicenda del popolo a partire da un suo personale punto di vista, ma alla luce del patto con Dio. Appunto perché le esigenze del patto sono state trasgredite (v. 9), non è più possibile una relazione autentica con Dio.

La vicenda di Silo rimane emblematica: il culto prestato a Dio, anche se rispettato nei suoi rituali, non fornisce alcuna garanzia. Solo la fedeltà alle esigenze del patto rende il luogo di culto sede dell'incontro autentico tra JHWH e i suoi fedeli.

Falso culto e sincretismo 7,16-8,3 7,16-20. La possibilità che Dio in altri momenti ha concesso, cioè quella di un mediatore che intercedesse presso Dio per il popolo peccatore, è ora negata al profeta. Possiamo ricordare l'intercessione di Mosè (Es 32), accolta da Dio. Stavolta Geremia non potrà esercitare una simile funzione, perché Dio non è più disposto a frenare la sua collera. Questa impossibilità di intercedere è uno dei tratti che contribuiscono a delineare le figura di Geremia come un antitipo di Mosè (si veda anche 11,14; 14,11). Preghiera, lamento, supplica e intercessione non hanno più alcun valore, perché JHWH non è più disposto ad ascoltare. Il motivo di questo ripudio divino è illustrato con il riferimento ai culti idolatri praticati in Gerusalemme e in tutta la Giudea. Questi culti sono qui presentati come culti familiari: i ragazzi raccolgono la legna, i padri accendono il fuoco, le donne impastano la farina per le offerte da presentare alla «Regina del cielo». L'identità precisa di questa divinità è ancora oggetto di dispute (sono state proposte varie identificazioni: Ishtar, Astarte, Iside, Anat), anche se la migliore candidata sembra la dea semitica occidentale Astarte. Questi culti idolatri provocano l'ira di JHWH, ma soprattutto svergognano il popolo (v. 19). In questo senso il culto prestato ai falsi dei umilia gli adoratori stessi, perché il popolo diventa come coloro che adora (cfr. Sal 115,8; 135,18).

21-28. Non culto, ma vita. Il rifiuto del culto inautentico è introdotto con l'ironico invito a moltiplicare i sacrifici. La successiva antitesi («non parlai... ma ordinai loro»: vv. 22-23) è un modo vivace di esprimere la priorità di un aspetto della vita religiosa sull'altro: non è rifiutato il culto esterno, ma è ribadita la posizione profetica che la vera religione è la vita moralmente corretta (cfr. Is 1,11-17; Ger 6,19s.; Os 6,6; Am 5,21, ecc.), secondo il progetto di Dio espresso dalla sua legge. Questa, a sua volta, secondo una tradizione antichissima, viene collegata con l'esperienza sinaitica, compendiata nella caratteristica formula dell'alleanza «io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo» (v. 23) e della sua osservanza vengono incaricati i profeti (v. 25), come si compiace di mettere in risalto la scuola deuteronomistica, del cui linguaggio il brano è intriso.

7,29-8,3. Guai all'abominio del Tofet. In risalto in questo brano è il culto praticato nel Tofet (cfr. commento a 2,20-29). È possibile che per ignoranza il popolo pensasse con tali riti di onorare JHWH, cui il nome Moloch/ Molek (melek in ebr. è il re, titolo frequentemente applicato a JHWH) sembrava rimandare. Se si pensasse addirittura di attuare così un comando di Dio è difficile dire. Lo sdegnato rifiuto di simile enormità (v. 31) esprime comunque il netto punto di vista profetico in proposito. La punizione per tali degenerazioni (7,31-8,3) risente della legge del contrappasso: lo scempio dei cadaveri dei bimbi comporterà lo scempio dei cadaveri degli Israeliti, profanati nel modo più umiliante; il culto degli astri farà si che agli astri vengano esposte le ossa dei morti.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1Mettetevi in salvo, figli di Beniamino, fuori di Gerusalemme. A Tekòa suonate il corno, innalzate segnali su Bet-Cherem, perché dal settentrione si affaccia una sventura e una grande rovina. 2La bella e incantevole figlia di Sion io riduco al silenzio. 3Verso di essa muovono i pastori con le greggi; fissano le tende tutt’intorno, ognuno pascola la sua parte. 4«Proclamate contro di essa la guerra santa; su, assaliamola in pieno giorno! Sventurati noi! Già il giorno declina, già si allungano le ombre della sera. 5Su, allora, assaliamola di notte, distruggiamo i suoi palazzi!». 6Perché così dice il Signore degli eserciti: «Tagliate i suoi alberi, costruite un terrapieno davanti a Gerusalemme: è una città sotto giudizio, in essa tutto è oppressione. 7Come fluisce l’acqua da una sorgente, così da essa scorre l’iniquità. Violenza e oppressione vi risuonano, dinanzi a me stanno sempre dolori e piaghe. 8Lasciati correggere, o Gerusalemme, perché io non mi allontani da te e non ti riduca a un deserto, a una terra disabitata». 9Così dice il Signore degli eserciti: «Racimolate, racimolate come una vigna il resto d’Israele; stendi ancora la mano verso i tralci come un vendemmiatore». 10A chi parlerò, chi scongiurerò perché mi ascolti? Il loro orecchio non è circonciso, non sono capaci di prestare attenzione. La parola del Signore è per loro oggetto di scherno, non ne vogliono sapere. 11Perciò sono pieno dell’ira del Signore, non posso più contenerla. «Riversala sui bambini nella strada e anche sul gruppo dei giovani, perché saranno presi insieme uomini e donne, l’anziano e il decrepito. 12Le loro case passeranno a stranieri, insieme con i loro campi e le loro donne, perché io stenderò la mano sugli abitanti della terra». Oracolo del Signore. 13Perché dal piccolo al grande tutti commettono frode; dal profeta al sacerdote tutti praticano la menzogna. 14Curano alla leggera la ferita del mio popolo, dicendo: «Pace, pace!», ma pace non c’è. 15Dovrebbero vergognarsi dei loro atti abominevoli, ma non si vergognano affatto, non sanno neppure arrossire. «Per questo cadranno vittime come gli altri, nell’ora in cui li visiterò crolleranno», dice il Signore. 16Così dice il Signore: «Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi dei sentieri del passato, dove sta la strada buona percorretela, così troverete pace per la vostra vita». Ma essi hanno risposto: «Non la prenderemo!». 17Ho posto sentinelle per vegliare su di voi: «Fate attenzione al suono del corno». Hanno risposto: «Non ci baderemo!». 18Per questo ascoltate, o genti, e sappi, o assemblea, ciò che avverrà di loro; 19ascolta, o terra: «Ecco, io faccio venire contro questo popolo la sventura, frutto dei loro pensieri, perché non hanno prestato attenzione alle mie parole e hanno rigettato la mia legge. 20Perché mi offrite incenso di Saba e la preziosa cannella che viene da lontano? I vostri olocausti non mi sono graditi, non mi piacciono i vostri sacrifici». 21Perciò così dice il Signore: «Ecco, metterò pietre d’inciampo per questo popolo e inciamperanno insieme padri e figli; vicini e amici periranno». 22Così dice il Signore: «Ecco, un popolo viene dalla terra del settentrione, una grande nazione si muove dall’estremità della terra. 23Impugnano archi e lance, sono crudeli, senza pietà. Il loro clamore è quello di un mare agitato e montano cavalli, pronti come un sol uomo alla battaglia contro di te, figlia di Sion». 24«Appena ne abbiamo udito la fama ci sono cadute le braccia; si è impadronita di noi l’angoscia, come gli spasimi di partoriente». 25Non uscite nei campi e non camminate per le strade, perché la spada nemica è terrore all’intorno. 26Figlia del mio popolo, vèstiti di sacco e ròtolati nella cenere. Fa’ lutto come per un figlio unico, laméntati amaramente, perché improvviso piomberà su di noi il distruttore! 27Io ti ho posto come colui che saggia il mio popolo, perché tu conoscessi e saggiassi la loro condotta. 28Sono tutti ribelli, spargono calunnie, duri come bronzo e ferro: corrompono tutto. 29Il mantice soffia con forza, ma il piombo resta intatto nel fuoco; invano si vuole raffinarlo a ogni costo, le scorie non si separano. 30Argento rifiutato li chiamano, perché il Signore li ha rifiutati.

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Approfondimenti

6,1-30. Rovina totale. Colpa e punizione sono ancora intrecciate in questa composizione sul nemico dal nord, che non viene direttamente menzionato ma è chiaramente sottinteso e a cui si allude con una girandola di immagini: è come un gregge che bruca l'erba del paese (vv. 2-3); sono racimolatori che spogliano a fondo una vigna (v. 9); sono «pietre d'inciampo» (v. 21). In risalto, la caparbietà del popolo di Gerusalemme, «città della menzogna» (v. 6), che, ostinata nel male, rifiuta ogni richiamo (vv. 16-17) e dà ascolto solo ai falsi profeti e ai sacerdoti (v. 14) che promettono fallacemente la pace, cioè la benedizione di Dio quasi che si cammini nelle sue vie. È un popolo «dall'orecchio non circonciso» (v. 10). Di fronte a questa situazione aberrante, il profeta predice la punizione e sembra inebriarsi nel descriverla (vv. 4.9.11): rovesciando il convincimento comune che sante sono le guerre di Israele perché Dio combatte alla testa del suo popolo, egli presenta (v. 4) come «santa» la guerra di distruzione del paese. Il profeta però è presto ripreso dalla commiserazione e dallo sconforto. Nei versetti conclusivi (vv. 27-30), il profeta è definito «saggiatore» (bāhôn, v. 27) e paragonato all'orafo che deve raffinare (v. 29) il metallo, così da estrarne argento puro. I verbi bhn e srp sono spesso usati come metafora in ambito giuridico per indicare l'attività inquisitoria del giudice, il quale deve discernere e separare chi è innocente da chi è colpevole. Ora questo compito è affidato al profeta, perché attraverso la sua parola è lo stesso giudizio di Dio che opera nella storia umana. Tuttavia la sua attività si scontra con il fatto che «tutti» (v. 28) sono ribelli, tutti sono «duri come bronzo e ferro». L'attività profetica di purificazione si è rivelata inutile (v. 29). Ciò significa che il profeta incontra una realtà umana che resiste completamente alla sua opera, e che è stata rifiutata da Dio (v. 30). Ci troviamo di fronte a un'ammissione di fallimento: l'agire del profeta non vince la resistenza dell'uomo; l'elezione divina diventa ora ripudio. Da qui lo sconforto, che tuttavia non è ancora il destino finale: il Dio che ha rifiutato ricomincerà da capo, creando la novità nel popolo e un vincolo eterno su lui (cc. 30-33).

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Introduzione 1Percorrete le vie di Gerusalemme, osservate bene e informatevi, cercate nelle sue piazze se c’è un uomo che pratichi il diritto, e cerchi la fedeltà, e io la perdonerò. 2Invece giurano certamente il falso anche quando dicono: «Per la vita del Signore!». 3I tuoi occhi, Signore, non cercano forse la fedeltà? Tu li hai percossi, ma non mostrano dolore; li hai fiaccati, ma rifiutano di comprendere la correzione. Hanno indurito la faccia più di una rupe, rifiutano di convertirsi. 4Io pensavo: «Sono certamente gente di bassa condizione, quelli che agiscono da stolti, non conoscono la via del Signore, la legge del loro Dio. 5Mi rivolgerò e parlerò ai grandi, che certo conoscono la via del Signore, e il diritto del loro Dio». Purtroppo anche questi hanno rotto il giogo, hanno spezzato i legami! 6Per questo li azzanna il leone della foresta, il lupo delle steppe ne fa scempio, il leopardo sta in agguato vicino alle loro città: quanti escono saranno sbranati, perché si sono moltiplicati i loro peccati, sono aumentate le loro ribellioni. 7«Perché ti dovrei perdonare? I tuoi figli mi hanno abbandonato, hanno giurato per coloro che non sono dèi. Io li ho saziati, ed essi hanno commesso adulterio, si affollano nelle case di prostituzione. 8Sono come stalloni ben pasciuti e focosi; ciascuno nitrisce dietro la moglie del suo prossimo. 9Non dovrei forse punirli? Oracolo del Signore. Di una nazione come questa non dovrei vendicarmi? 10Salite sulle sue terrazze e distruggetele, senza compiere uno sterminio; strappate i tralci, perché non sono del Signore. 11Poiché si sono ribellate contro di me la casa d’Israele e la casa di Giuda». Oracolo del Signore. 12Hanno rinnegato il Signore, hanno proclamato: «Non esiste! Non verrà sopra di noi la sventura, non vedremo né spada né fame. 13I profeti sono diventati vento, la sua parola non è in loro». 14Perciò dice il Signore, Dio degli eserciti: «Poiché avete fatto questo discorso, farò delle mie parole come un fuoco sulla tua bocca e questo popolo sarà la legna che esso divorerà. 15Ecco, manderò da lontano una nazione contro di te, casa d’Israele. Oracolo del Signore. È una nazione valorosa, è una nazione antica! Una nazione di cui non conosci la lingua e non comprendi che cosa dice. 16La sua faretra è come un sepolcro aperto. Sono tutti prodi. 17Divorerà le tue messi e il tuo pane, divorerà i tuoi figli e le tue figlie, divorerà le greggi e gli armenti, divorerà le tue vigne e i tuoi fichi, distruggerà le città fortificate, nelle quali riponevi la tua fiducia. 18Ma anche in quei giorni – oracolo del Signore – non farò di voi uno sterminio». 19Allora, se diranno: «Perché il Signore Dio ci fa tutto questo?», tu risponderai loro: «Come avete abbandonato il Signore per servire nella vostra terra divinità straniere, così sarete servi degli stranieri in una terra non vostra». 20Annunciatelo nella casa di Giacobbe, fatelo udire in Giuda e dite: 21«Ascolta, popolo stolto e privo di senno, che ha occhi ma non vede, ha orecchi ma non ode. 22Non mi temerete? Oracolo del Signore. Non tremerete dinanzi a me, che ho posto la sabbia per confine al mare, limite perenne che non varcherà? Le sue onde si agitano ma non prevalgono, rumoreggiano ma non l’oltrepassano». 23Questo popolo ha un cuore indocile e ribelle; si voltano indietro e se ne vanno, 24e non dicono in cuor loro: «Temiamo il Signore, nostro Dio, che dona la pioggia autunnale e quella primaverile a suo tempo, che custodisce per noi le settimane fissate per la messe». 25Le vostre iniquità hanno sconvolto quest’ordine e i vostri peccati tengono lontano da voi il benessere; 26poiché tra il mio popolo si trovano malvagi, che spiano come cacciatori in agguato, pongono trappole per prendere uomini. 27Come una gabbia piena di uccelli, così le loro case sono piene di inganni; perciò diventano grandi e ricchi. 28Sono grassi e pingui, oltrepassano i limiti del male; non difendono la causa, non si curano della causa dell’orfano, non difendono i diritti dei poveri. 29Non dovrei forse punirli? Oracolo del Signore. Di una nazione come questa non dovrei vendicarmi? 30Cose spaventose e orribili avvengono nella terra: 31i profeti profetizzano menzogna e i sacerdoti governano al loro cenno, e il mio popolo ne è contento. Che cosa farete quando verrà la fine?

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Approfondimenti

5,1-31. In questo ampio affresco che descrive il castigo divino su Israele è inserito un poemetto (vv. 20-25) di carattere piuttosto sapienziale che insiste sulla stoltezza di chi non si sottomette al volere di Dio, padrone e governatore dell'universo. Così collocato, il brano diventa un po' il perno e la giustificazione della condanna di Israele descritta nel capitolo. Oggetto della requisitoria sono «la casa di Israele e la casa di Giuda» (v. 11), ma probabilmente l'accusa è rivolta soprattutto al regno meridionale (cfr. vv. 1-10). Di tale entità, l'espressione più autentica, in negativo, è Gerusalemme: la città in tutte le sue componenti evidenzia al massimo la colpa del paese. In essa Dio ordina un'inchiesta, ma che, ironicamente, non è volta a svelare il colpevole del misfatti commessi, ma a individuare «l'innocente». Come nel dialogo tra Dio e Abramo sulla sorte di Sodoma (Gn 18,16-33), anche in questo caso l'accenno alla universale diffusione del male e all'assenza del giusto serve a illustrare che l'agire punitore di Dio non è arbitrario o crudele, ma espressione di autentica giustizia. La punizione e la giusta risposta divina al male commesso. Le mancanze che il profeta rimprovera sono religiose ed etiche. Nei confronti di Dio rileva falsità (v. 2), sincretismo (v. 7) e rifiuto pratico di lui (v. 12): non ateismo ma negazione dell'intervento di Dio nella storia, abbandonata nelle mani dei più furbi. L'accenno ai «profeti» (v. 13) si può intendere o che sono rifiutati da parte di Giuda perché legati alla causa di Dio (si tratterebbe allora di veri profeti) o che sono condannati da parte di Dio perché assecondano l'irreligiosità del popolo (sarebbero allora falsi profeti). Nei confronti del prossimo, Geremia sottolinea la libidine sfrenata (vv. 7-8), l'indifferenza per la causa dei più deboli (vv. 21-28), la frode e l'ingiustizia. Un quadro desolante. La punizione e inevitabile e radicale: il popolo-vigna (cfr. 2,21) è abbandonato al saccheggio (vv. 10.14).

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1«Se vuoi davvero ritornare, Israele, a me dovrai ritornare. Se vuoi rigettare i tuoi abomini, non dovrai più vagare lontano da me. 2Se giurerai per la vita del Signore, con verità, rettitudine e giustizia, allora le nazioni si diranno benedette in te e in te si glorieranno. 3Infatti così dice il Signore agli uomini di Giuda e a Gerusalemme: Dissodatevi un terreno e non seminate fra le spine. 4Circoncidetevi per il Signore, circoncidete il vostro cuore, uomini di Giuda e abitanti di Gerusalemme, perché la mia ira non divampi come fuoco e non bruci senza che alcuno la possa spegnere, a causa delle vostre azioni perverse.

Invasione imminente 5Annunciatelo in Giuda, fatelo udire in Gerusalemme; suonate il corno nel paese, gridate a piena voce e dite: “Radunatevi ed entriamo nelle città fortificate”. 6Alzate un segnale verso Sion; cercate rifugio, non indugiate, perché io faccio venire dal settentrione una sventura e una grande rovina. 7Il leone è balzato dalla sua boscaglia, il distruttore di nazioni si è messo in marcia, è uscito dalla sua dimora, per ridurre la tua terra a una desolazione: le tue città saranno distrutte, non vi rimarranno abitanti. 8Per questo vestitevi di sacco, lamentatevi e alzate grida, perché non si è allontanata da noi l’ira ardente del Signore. 9E in quel giorno – oracolo del Signore – verrà meno il coraggio del re e il coraggio dei capi; i sacerdoti saranno costernati e i profeti saranno sbigottiti». 10Allora io dissi: «Ah, Signore Dio, hai dunque del tutto ingannato questo popolo e Gerusalemme, quando dicevi: “Voi avrete pace”, mentre una spada giunge fino alla gola». 11In quel tempo si dirà a questo popolo e a Gerusalemme: «Il vento ardente delle dune soffia dal deserto verso la figlia del mio popolo, ma non per vagliare, né per mondare il grano. 12Un vento minaccioso si alza per mio ordine. Ora, anch’io voglio pronunciare contro di loro la condanna». 13Ecco, egli sale come nubi e come un turbine sono i suoi carri, i suoi cavalli sono più veloci delle aquile. Guai a noi! Siamo perduti! 14Purifica il tuo cuore dalla malvagità, Gerusalemme, perché possa uscirne salva. Fino a quando abiteranno in te i tuoi pensieri d’iniquità? 15Ecco, una voce reca la notizia da Dan, annuncia la sventura dalle montagne di Èfraim. 16Annunciatelo alle nazioni, fatelo sapere a Gerusalemme: «I nemici vengono da una terra lontana, mandano urla contro le città di Giuda. 17Come guardiani di un campo l’hanno circondata, perché si è ribellata contro di me». Oracolo del Signore. 18La tua condotta e le tue azioni ti hanno causato tutto ciò. Com’è amara la tua malvagità! Ora ti penetra fino al cuore. 19Le mie viscere, le mie viscere! Sono straziato. Mi scoppia il cuore in petto, mi batte forte; non riesco più a tacere, perché ho udito il suono del corno, il grido di guerra. 20Si annuncia un disastro dopo l’altro: tutta la terra è devastata. A un tratto sono distrutte le mie tende, in un attimo i miei padiglioni. 21Fino a quando dovrò vedere segnali e udire il suono del corno? 22«Stolto è il mio popolo: non mi conosce, sono figli insipienti, senza intelligenza; sono esperti nel fare il male, ma non sanno compiere il bene». 23Guardai la terra, ed ecco vuoto e deserto, i cieli, e non v’era luce. 24Guardai i monti, ed ecco tremavano e tutti i colli ondeggiavano. 25Guardai, ed ecco non c’era nessuno e tutti gli uccelli dell’aria erano volati via. 26Guardai, ed ecco il giardino era un deserto e tutte le sue città erano state distrutte dal Signore e dalla sua ira ardente. 27Poiché così dice il Signore: «Tutta la terra sarà devastata, ma non la distruggerò completamente. 28Pertanto la terra sarà in lutto e il cielo si oscurerà: l’ho detto e non mi pento, l’ho pensato e non ritratterò». 29Per lo strepito di cavalieri e di arcieri tutti gli abitanti del paese sono in fuga, entrano nelle grotte, si nascondono nella folta boscaglia e salgono sulle rupi. Ogni città è abbandonata, nessuno più vi abita. 30E tu, devastata, che cosa farai? Anche se ti vestissi di scarlatto, ti adornassi di fregi d’oro e ti facessi gli occhi grandi con il bistro, invano ti faresti bella. I tuoi amanti ti disprezzano; essi vogliono la tua vita. 31Sento un grido come di donna nei dolori, un urlo come di donna al primo parto; è il grido della figlia di Sion, che spasima e tende le mani: «Guai a me! La mia vita soccombe di fronte agli assassini».

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Approfondimenti

Invasione imminente 4,5-6,30 Il tema dell'invasione di un nemico dal nord accomuna in questi capitoli degli oracoli che sembrano appartenere al secondo periodo dell'attività profetica di Geremia. Difficile discernere, in tale matassa, una successione ordinata di temi. Possiamo comunque distinguere a grandi blocchi questi momenti:

  • dal nord irrompe il nemico e devasta (4,5-31);
  • è il castigo divino per le aberrazioni etico-religiose di Giuda (5,1-31);
  • la rovina è totale perché il popolo è ostinato nel suo deviare dalla giustizia (6,1-30).

Entro questo schema di base, le tematiche s'intrecciano, s'alternano, riaffiorano con rapida successione. Il tutto, in un'esposizione singolarmente colorita, ricca di immagini e di intensa partecipazione personale (cfr. 5,19).

4,5-31. Il nemico dal nord. Si inizia con un vero e proprio grido di allarme (4,5) che il profeta lancia per un nemico che sta per irrompere «da settentrione» e man mano avanzerà. Da «Dan», all'estremo nord del paese, attraverso «le montagne di Efraim», al centro, fino «a Gerusalemme» (v. 16). Evidentemente il profeta pensa a un'invasione, ma a quale propriamente è difficile dire. Forse il ricordo di una calata di Sciti nel 625 a.C. gli è servita come modello per descrivere l'affacciarsi dell'esercito babilonese nel 605. Le ripercussioni del disastro su persone e cose sono rilevate con immediatezza. Che il profeta, nel v. 19, si identifichi con il suo popolo e ne esprima l'angoscia, oppure che dia sfogo al suo strazio personale, il grido è di eccezionale intensità. Cielo e terra sono deserti, abbandonati, e nel gran vuoto risuona solo «l'urlo» della «figlia di Sion come di donna al primo parto» (v. 31).

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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