📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA: Regole; a Diogneto ● PROFETI ● Concilio Vaticano II ● NUOVO TESTAMENTO

Contro le guide spirituali d'Israele 1«Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo. Oracolo del Signore. 2Perciò dice il Signore, Dio d’Israele, contro i pastori che devono pascere il mio popolo: Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati; ecco io vi punirò per la malvagità delle vostre opere. Oracolo del Signore. 3Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho scacciate e le farò tornare ai loro pascoli; saranno feconde e si moltiplicheranno. 4Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; non ne mancherà neppure una. Oracolo del Signore. 5Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra. 6Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele vivrà tranquillo, e lo chiameranno con questo nome: Signore-nostra-giustizia. 7Pertanto, ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali non si dirà più: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dalla terra d’Egitto!”, 8ma piuttosto: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire e ha ricondotto la discendenza della casa d’Israele dalla terra del settentrione e da tutte le regioni dove li aveva dispersi!”; costoro dimoreranno nella propria terra». 9Contro i profeti. Mi si spezza il cuore nel petto, tremano tutte le mie ossa, sono come un ubriaco e come uno inebetito dal vino, a causa del Signore e delle sue sante parole. 10La terra è piena di adùlteri; per la maledizione tutta la terra è in lutto, sono inariditi i pascoli della steppa. La loro corsa è diretta al male e la loro forza è l’ingiustizia. 11«Persino il profeta, persino il sacerdote sono empi, persino nella mia casa ho trovato la loro malvagità. Oracolo del Signore. 12Perciò la loro strada sarà per loro come sentiero sdrucciolevole, saranno sospinti nelle tenebre e cadranno in esse, poiché io manderò su di loro la sventura, nell’anno del loro castigo. Oracolo del Signore. 13Tra i profeti di Samaria ho visto cose stolte: profetavano in nome di Baal e traviavano il mio popolo Israele. 14Ma tra i profeti di Gerusalemme ho visto cose nefande: commettono adultèri e praticano la menzogna, danno aiuto ai malfattori, e nessuno si converte dalla sua malvagità; per me sono tutti come Sòdoma e i suoi abitanti come Gomorra». 15Pertanto così dice il Signore degli eserciti contro i profeti: «Ecco, farò loro ingoiare assenzio e bere acque avvelenate, perché dai profeti di Gerusalemme l’empietà si è sparsa su tutta la terra». 16Così dice il Signore degli eserciti: «Non ascoltate le parole dei profeti che profetizzano per voi; essi vi fanno vaneggiare, vi annunciano fantasie del loro cuore, non quanto viene dalla bocca del Signore. 17A coloro che disprezzano la parola del Signore, dicono: “Avrete la pace!”, e a quanti, ostinati, seguono il loro cuore: “Non vi coglierà la sventura!”. 18Ma chi ha assistito al consiglio del Signore, chi l’ha visto e ha udito la sua parola? Chi vi ha fatto attenzione e ha obbedito? 19Ecco la tempesta del Signore, il suo furore si scatena; una tempesta travolgente turbina sul capo dei malvagi. 20Non cesserà l’ira del Signore, finché non abbia compiuto e attuato i progetti del suo cuore. Alla fine dei giorni lo comprenderete pienamente! 21Io non ho inviato questi profeti ed essi corrono; non ho parlato a loro ed essi profetizzano. 22Se hanno assistito al mio consiglio, facciano udire le mie parole al mio popolo e li distolgano dalla loro condotta perversa e dalla malvagità delle loro azioni. 23Sono forse Dio solo da vicino? Oracolo del Signore. Non sono Dio anche da lontano? 24Può nascondersi un uomo nel nascondiglio senza che io lo veda? Oracolo del Signore. Non riempio io il cielo e la terra? Oracolo del Signore. 25Ho sentito quanto affermano i profeti che profetizzano falsamente nel mio nome: “Ho avuto un sogno, ho avuto un sogno!”. 26Fino a quando ci saranno nel mio popolo profeti che predicono cose false e profetizzano le fantasie del loro cuore? 27Essi credono di far dimenticare il mio nome al mio popolo con i loro sogni, che si raccontano l’un l’altro, come i loro padri dimenticarono il mio nome per Baal! 28Il profeta che ha avuto un sogno racconti il suo sogno; chi ha udito la mia parola annunci fedelmente la mia parola. Che cosa ha in comune la paglia con il grano? Oracolo del Signore. 29La mia parola non è forse come il fuoco – oracolo del Signore – e come un martello che spacca la roccia? 30Perciò, eccomi contro i profeti – oracolo del Signore – i quali si rubano gli uni gli altri le mie parole. 31Eccomi contro i profeti – oracolo del Signore – che muovono la lingua per dare oracoli. 32Eccomi contro i profeti di sogni menzogneri – oracolo del Signore – che li raccontano e traviano il mio popolo con menzogne e millanterie. Io non li ho inviati né ho dato loro alcun ordine; essi non gioveranno affatto a questo popolo. Oracolo del Signore. 33Quando dunque questo popolo o un profeta o un sacerdote ti domanderà: “Qual è il peso del messaggio del Signore?”, tu riferirai loro: “Voi siete il peso del Signore; io vi rigetterò”. Oracolo del Signore. 34E il profeta o il sacerdote o il popolo che dica: “Peso del Signore!”, io lo punirò nella persona e nella famiglia. 35Direte l’uno all’altro: “Che cosa ha risposto il Signore?”, e: “Che cosa ha detto il Signore?”. 36Non farete più menzione del peso del Signore, altrimenti per chiunque la sua stessa parola sarà considerata un peso, per avere travisato le parole del Dio vivente, del Signore degli eserciti, nostro Dio. 37Così dirai al profeta: “Che cosa ti ha risposto il Signore?”, e: “Che cosa ha detto il Signore?”. 38Ma se direte: “Peso del Signore”, allora così parla il Signore: Poiché ripetete: “Peso del Signore”, mentre vi avevo ordinato di non dire più: “Peso del Signore”, 39ecco, proprio per questo, io mi caricherò di voi come di un peso e getterò lontano dal mio volto voi e la città che ho dato a voi e ai vostri padri. 40Vi coprirò di obbrobrio perenne e di confusione perenne, che non sarà mai dimenticata».

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Approfondimenti

Contro le guide spirituali d'Israele 23,1-40 Contro le guide spirituali di Israele, responsabili delle sue deviazioni. Il tema non è nuovo (cfr. Os 4,4-10; 5,1-7; Ger 2,8; 10,21, ecc.) e troverà la sua formulazione più sviluppata in Ez 34. In Geremia si inizia con il rimprovero alle guide in genere (vv. 1-8) e si passa poi, molto più diffusamente, a contestare i falsi profeti (23,9-40), con una serie di oracoli probabilmente riuniti antecedentemente in una raccolta a se stante.

23,1-8. Questa prima sezione consta di tre brani alternativamente in prosa e in poesia:

  • minaccia ai pastori indegni (vv. 1-4) con promessa di nuove guide;
  • preannuncio di un futuro pastore perfetto (vv. 5s.);
  • garanzia di ritorno dall'esilio (vv. 7s.) già presentata in 16,14-15.

Il brano, in poesia (vv. 5-6), con l'implicito riferimento a Sedecia, sembra da assegnare al periodo di tale re; il primo sembra posteriore, vista l'allusione all'esilio (v. 3), e il terzo può riferirsi ai primordi dell'attività di Geremia.

1-4. Il brano, ricco di giochi di parole (i pascolatori pascolanti [v. 2] che non hanno visitato il gregge, saranno visitati da Dio che radunerà le pecore da dove le aveva fatte disperdere, perché essi le avevano disperse [vv. 2.3]), è soprattutto un oracolo di benessere: l'accento è sul dono prospettato di nuovi capi per una nuova condizione di vita. La tonalità è messianica.

5-8. Ancora più accentuatamente messianico è l'oracolo successivo (cfr. Zc 3,8; 6,12) introdotto dall'espressione che troviamo spesso nelle promesse di un futuro di benedizione, talvolta escatologico: «ecco, verranno giorni». Si colloca nella linea del messianismo regale, che collega la salvezza divina con il casato di Davide (cfr. Is 7,14ss.; 9,1-6; 11,1-5; Mic 5,1-4; Ger 33,15; Zc 3,8), ma insieme lo trascende per un intervento speciale di Dio. Qui si dice che il «germoglio» del ceppo davidico (cfr. Is 9,1; 4,1) realizzerà in maniera perfetta l'azione divina di «diritto e giustizia» sui due tronconi del popolo di Israele (v. 5) finalmente riunito (v. 6), sì da diventarne come l'incarnazione visibile. Il soprannome che lo designa («Signore nostra giustizia») non solo lo contrappone al re del momento (Sedecia = «Signore mia giustizia»), ma preannuncia in lui una presenza singolare del Dio giusto e salvatore.

23,9-40. Nella sezione si distinguono brani cronologicamente e anche tematicamente non sempre coerenti, appartenenti a diversi periodi dell'attività di Geremia: dal tempo di Giosia a quello dell'esilio. L'affinità di argomento (l'accusa contro i falsi profeti) ha favorito la raccolta di questi oracoli, di particolare interesse storico-psicologico, oltre che teologico.

9-15. Anche così delimitato, il brano non è contenutisticamente unitario. Inizia con un cenno autobiografico di grande drammaticità (v. 9), che richiama 15,17 e 20,9 e descrive le ripercussioni sulla personalità del profeta della rivelazione divina: ne è sconvolto a livello somatico, oltre che psichico e affettivo. Segue (vv. 10-12) una generica denuncia dell'empietà che contamina anche coloro che sono chiamati ad essere di esempio. Si conclude (vv. 13-15) con l'amara constatazione che i profeti del regno meridionale sono peggiori di quelli del regno settentrionale (cfr. Ez 16,44-52). In realtà, al tempo di Geremia non esisteva più il regno settentrionale di cui Samaria fu capitale (cfr. 2Re 17). Si fa perciò riferimento al tempo in cui esisteva il regno settentrionale, considerato sempre parte di Israele, anche dopo il 722 (cfr. Ez 23). Nel contesto attuale l'argomento dei falsi profeti entra nel tema più vasto riguardante la corruzione del popolo eletto. I profeti di Gerusalemme sono ritenuti ancora più spregevoli di quelli di Samaria, anche se accusa rivolta ad entrambi è la stessa: hanno incoraggiato la comunità a commettere il male. Mentre tuttavia dei profeti del Nord si dice solo che «profetavano in nome di Baal» (v. 13), dei profeti del Sud invece si condanna anche il comportamento perverso (v. 14), descritto nei dettagli. L'asprezza dell'accusa rivolta ai profeti di Gerusalemme manifesta l'astio del profeta nel loro confronti: la loro condotta è talmente perversa che si possono identificare con Sodoma e Gomorra, le città distrutte da JHWH per la loro corruzione (Gn 19; per il paragone con le due città, cfr. anche Is 1,10; Ez 16,46.48). Se i profeti di Samaria hanno fatto traviare il popolo, quelli di Gerusalemme hanno reso se stessi Sodoma e Gomorra, cioè sono diventati i veri nemici di Dio.

16-18. Non più la condotta bensì l'esercizio del compito profetico viene ora stigmatizzato: i profeti affermano falsamente di aver ricevuto una comunicazione divina e insistono nel presentare come parola di Dio, a coloro che di Dio non si curano, l'affermazione che tutto andrà per il meglio («avrete la pace»: v. 17). Il v. 18, forse una glossa, per respingere tale pretesa si richiama alla concezione del profeta come partecipe privilegiato del consiglio del Signore (cfr. 1Re 22,19-23).

19-24. Questa idea è ripresa e sviluppata nel brano successivo. Geremia, per la propria sofferta esperienza della parola di Dio, non può non sdegnarsi e preannunciare «tempesta» a chi se ne fa carico con tanta leggerezza e disinvoltura. Divenuto portavoce di un Dio che ha presente tutta la condotta dell'uomo («anche Dio da lontano»: v. 23), il profeta non può che esortare alla conversione.

25-32. La valutazione dei sogni da parte della Bibbia non è univoca: condanna o approvazione dipendono dalle circostanze storiche in cui il fenomeno è vissuto. Dalla presentazione favorevole di Genesi (cfr. 15,12-21; 20,3-6; 28,11-22, есс.) o addirittura ufficiale di 2Sam 7,4ss., si va alla condanna di Dt 13,2-6. A partire da un certo momento i sogni sono stati considerati con diffidenza, probabilmente per reazione alla pratica delle religioni ambientali. Geremia si mostra in questo passo non del tutto sfavorevole: un sogno può essere considerato tramite di comunicazione divina se le circostanze lo avallano. L'importante è discernere il vero dal falso messaggio di Dio (v. 28b), il «grano» dalla «paglia», contro la quale la parola di Dio è fuoco divoratore.

33-40. Il profeta gioca in questo passo sul duplice senso del termine ebraico maśśā' che significa sia «peso» sia «oracolo» (cfr. Is 13,1; 14,28; 19,1; Zc 9,1, ecc.) di minaccia, gravoso. Si suppone che tra il popolo si vada ripetendo con tono di lamento (o magari di ironia?) che gli oracoli sono un peso e ci si domanda quando il prossimo «peso» si farà sentire. Il profeta a nome di Dio invita a smetterla di parlare in questo modo perché è il popolo, semmai, un peso per il Signore; se continueranno cosi, proprio come peso fastidioso Dio li scaricherà lontano da sé e la parola stessa diverrà un peso schiacciante per chi l'ha pronunciata.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1Così dice il Signore: «Scendi nella casa del re di Giuda e là proclama questo messaggio. 2Tu dirai: Ascolta la parola del Signore, o re di Giuda che siedi sul trono di Davide, tu, i tuoi ministri e il tuo popolo, che entrano per queste porte. 3Dice il Signore: Praticate il diritto e la giustizia, liberate il derubato dalle mani dell’oppressore, non frodate e non opprimete il forestiero, l’orfano e la vedova, e non spargete sangue innocente in questo luogo. 4Se osserverete lealmente quest’ordine, entreranno ancora per le porte di questa casa i re che siedono sul trono di Davide, montati su carri e cavalli, insieme ai loro ministri e al loro popolo. 5Ma se non ascolterete queste parole, io lo giuro per me stesso – oracolo del Signore –, questa casa diventerà una rovina. 6Poiché così dice il Signore riguardo alla casa del re di Giuda: Tu sei per me come Gàlaad, come una vetta del Libano, ma ti ridurrò simile a un deserto, a città disabitate. 7Sto preparando i tuoi distruttori, ognuno con le armi. Abbatteranno i tuoi cedri migliori, li getteranno nel fuoco. 8Molte genti passeranno vicino a questa città e si chiederanno: “Perché il Signore ha trattato in questo modo una città così grande?”. 9E risponderanno: “Perché hanno abbandonato l’alleanza del Signore, loro Dio, hanno adorato e servito altri dèi”». 10Non piangete sul morto e non fate lamenti per lui, ma piangete amaramente su chi parte, perché non tornerà più, non rivedrà la terra natale. 11Poiché dice il Signore riguardo a Sallum, figlio di Giosia, re di Giuda, che regna al posto di Giosia, suo padre: «Chi esce da questo luogo non vi farà più ritorno, 12ma morirà nel luogo dove lo condurranno prigioniero e non rivedrà più questa terra». 13Guai a chi costruisce la sua casa senza giustizia e i suoi piani superiori senza equità, fa lavorare il prossimo per niente, senza dargli il salario, 14e dice: «Mi costruirò una casa grande con vasti saloni ai piani superiori», e vi apre finestre e la riveste di tavolati di cedro e la dipinge di rosso. 15Pensi di essere un re, perché ostenti passione per il cedro? Forse tuo padre non mangiava e beveva? Ma egli praticava il diritto e la giustizia e tutto andava bene, 16tutelava la causa del povero e del misero e tutto andava bene; non è questo che significa conoscermi? Oracolo del Signore. 17Invece i tuoi occhi e il tuo cuore non badano che al tuo interesse, a spargere sangue innocente, a commettere violenze e angherie. 18Per questo così dice il Signore su Ioiakìm, figlio di Giosia, re di Giuda: «Non faranno per lui il lamento: “Ahi, fratello mio! Ahi, sorella!”. Non faranno per lui il lamento: “Ahi, signore! Ahi, maestà!”. 19Sarà sepolto come si seppellisce un asino, lo trascineranno e lo getteranno al di là delle porte di Gerusalemme». 20Sali sul Libano e grida e in Basan alza la voce; grida dai monti Abarìm, perché tutti i tuoi amanti sono abbattuti. 21Ti parlai al tempo della tua prosperità, ma tu dicesti: «Non voglio ascoltare». Questa è stata la tua condotta fin dalla giovinezza: non hai ascoltato la mia voce. 22Tutti i tuoi pastori saranno pascolo del vento e i tuoi amanti andranno schiavi. Allora ti vergognerai e sarai confusa, per tutta la tua malvagità. 23Tu che dimori sul Libano, che ti sei fatta il nido tra i cedri, come gemerai quando ti coglieranno i dolori, come le doglie di una partoriente! 24«Per la mia vita – oracolo del Signore –, anche se Conìa, figlio di Ioiakìm, re di Giuda, fosse un anello da sigillo nella mia destra, io me lo strapperei. 25Ti metterò nelle mani di chi vuole la tua vita, nelle mani di quanti tu temi, nelle mani di Nabucodònosor, re di Babilonia, e nelle mani dei Caldei. 26Scaccerò te e tua madre che ti ha generato in un paese dove non siete nati e là morirete. 27Ma nella terra in cui brameranno tornare, non torneranno». 28Questo Conìa è forse un vaso spregevole, rotto, un oggetto che non piace più a nessuno? Perché dunque lui e la sua discendenza sono scacciati e gettati in una terra che non conoscono? 29Terra, terra, terra! Ascolta la parola del Signore! 30Dice il Signore: «Registrate quest’uomo come uno senza figli, un uomo che non ha successo nella vita, perché nessuno della sua stirpe avrà la fortuna di sedere sul trono di Davide e di regnare ancora su Giuda».

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Approfondimenti

22,1-30. Questa raccolta di oracoli contro la casa di Davide è stata redatta evidentemente con un criterio tematico, non cronologico. Oltre infatti al primo brano (vv. 1-9), riferito probabilmente a Sedecia, troviamo oracoli contro Ioacaz, Ioiakim e Ioiachin, cioè praticamente contro tutti i re che si succedettero, seppur per brevissimo tempo, sul trono di Giuda dopo la morte di Giosia.

1-5. Il luogo cui si fa riferimento sembra essere la reggia collocata più in basso rispetto al tempio. E vero che si parla di «queste porte» per cui entra il «popolo» (v. 2), di «questo luogo» (v. 3), di «questa casa» (v. 4), tutte espressioni che nel libro di Geremia comunemente si riferiscono al tempio. Ma è ovvio pensare che la «casa» sia quella abitata dal re e dai dignitari, a cui anche il popolo poteva in qualche caso accedere per questioni giudiziarie. Il fatto poi che il profeta sia invitato nella reggia (v. 1) per parlare al re e alla sua corte, fa supporre un tempo diverso da quello di Ioiakim (salvo a pensare ai primissimi tempi del regno), perché allora il profeta difficilmente avrebbe potuto eseguire il comando (cfr. cc. 26. 36). Probabilmente si tratta del tempo di Sedecia, e l'invito è a praticare la giustizia soprattutto nei confronti dei più deboli (cfr. Es 22,21; Dt 24,17ss.).

6-9. Dalla casa del re il discorso spontaneamente (cfr. 21,11-14) si allarga, almeno nel contesto attuale (sembra che il brano in prosa sia un'aggiunta: i vv 6s. riguardano la sola reggia), alla città di Gerusalemme (cfr. vv. 6-8) a cui si predice la distruzione mediante il «fuoco» che coinvolgerà anche la reggia (v. 7: «i migliori dei tuoi cedri» potrebbe essere allusione alla sala chiamata «foresta del Libano»: 1Re 7,2). Nel v. 7 «sto preparando» può anche essere tradotto: «io santificherò» (cfr. 6,4) e si può vedere qui un'allusione alla guerra santa, anche se in questo caso il movimento è inverso rispetto a quello presentato nelle tradizioni sacre d'Israele contenute nei libri di Giosuè e dei Giudici. In questo caso, il nemico contro il quale JHWH muove guerra non sono più le nazioni straniere, ma Giuda e in particolare la città di Gerusalemme.

10-12. Breve lamento in poesia (che invita a non fare cordoglio per chi è morto perché ben più degno di compassione è chi è condotto in esilio), seguito da un breve commento che l'applica a Sallum/Ioacaz (il morto in questo caso è Giosia, ucciso in battaglia a Meghiddo nel 609) che fu deposto da Necao vincitore, e deportato in Egitto dove effettivamente morì.

13-19. A Ioiakim viene rimproverato uno sfarzo eccessivo, in contrasto con la condotta più morigerata e sobria di suo padre Giosia, che pur viveva da re («Forse tuo padre non mangiava e beveva?»: v. 15), e urtante perché congiunto con l'ingiustizia (v. 13), la misconoscenza di Dio (v. 16) e lo sfruttamento (v. 17). La punizione sarà una sepoltura illacrimata e sconveniente (vv. 18s.).

20-30. La prima parte del brano (vv. 20-23) è un'arringa contro Gerusalemme, presentata come una donna di facili costumi, umiliata e colpita nelle sue cose più care («amanti» sembra qui designare i capi, ma ci si può chiedere se primitivamente non indicasse gli alleati: cfr. 4, 30). Ora non può far altro che gridare di dolore sulle montagne che circondano il suo territorio («Libano, Basan e Abarim» a est del Giordano) e gemere come una partoriente (v. 23). La seconda parte (vv. 24-30) si rivolge a Ioiachin, chiamato Conia, per comunicargli l'esilio a Babilonia e la cessazione di un discendente di Davide sul trono (v. 30). A lui infatti, deportato nel 589, succedette lo zio Mattania/Sedecia, dopo di che la stirpe davidica non cinse più il diadema regale.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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ORACOLI DEL TEMPO DI SEDECIA

Contro la casa regnante 1Questa parola fu rivolta a Geremia dal Signore quando il re Sedecìa gli mandò Pascur, figlio di Malchia, e il sacerdote Sofonia, figlio di Maasia, per dirgli: 2«Consulta per noi il Signore perché Nabucodònosor, re di Babilonia, ci fa guerra; forse il Signore compirà per noi qualcuno dei suoi tanti prodigi, in modo da farlo allontanare». 3Geremia rispose loro: «Direte a Sedecìa: 4Così dice il Signore, Dio d’Israele: Ecco, io farò rientrare le armi da guerra di cui disponete e con le quali combattete il re di Babilonia e i Caldei che vi assediano fuori delle mura, e le radunerò in mezzo a questa città. 5Io stesso combatterò contro di voi con mano tesa e con braccio potente, con ira, furore e grande sdegno. 6Percuoterò gli abitanti di questa città, uomini e bestie; essi moriranno di una grave peste. 7Poi – oracolo del Signore – io consegnerò Sedecìa, re di Giuda, i suoi ministri e la gente che sarà scampata in questa città alla peste, alla spada e alla fame, in potere di Nabucodònosor, re di Babilonia, in mano ai loro nemici e a quanti vogliono la loro vita. Egli li passerà a fil di spada; non ne avrà pietà, non perdonerà e non risparmierà nessuno. 8Dirai a questo popolo: Dice il Signore: Ecco, metto davanti a voi la via della vita e la via della morte. 9Chi rimane in questa città morirà di spada, di fame e di peste; chi uscirà e si consegnerà ai Caldei che vi cingono d’assedio, vivrà e gli sarà lasciata la vita come bottino, 10perché io ho volto la faccia contro questa città, per il suo danno e non per il suo bene. Oracolo del Signore. Essa sarà data in mano al re di Babilonia, che la darà alle fiamme. 11Alla casa del re di Giuda dirai: Ascoltate la parola del Signore! 12Casa di Davide, così dice il Signore: Amministrate la giustizia ogni mattina e liberate il derubato dalla mano dell’oppressore, se no la mia ira divamperà come fuoco, si accenderà senza che nessuno la possa spegnere, a causa della malvagità delle vostre azioni. 13Eccomi a te, o abitatrice della valle, roccia nella pianura – oracolo del Signore –, voi che dite: “Chi scenderà contro di noi? Chi entrerà nelle nostre dimore?”. 14Io vi punirò secondo il frutto delle vostre opere – oracolo del Signore – e darò alle fiamme il suo bosco, esse divoreranno tutti i suoi dintorni».

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Approfondimenti

ORACOLI DEL TEMPO DI SEDECIA Nei cc. 21-24 è riunito materiale risalente in massima parte al tempo di Sedecia, dopo Ioiakim, ma prima della caduta di Gerusalemme (587-586 a.C.). Si tratta, come nella sezione precedente, di racconti, oracoli in poesia, azioni simboliche. Non c'è propriamente un filo conduttore; però s'incontra l'indizio (vedi l'introduzione: «Alla casa del re di Giuda»: v. 11) di una raccolta antecedente di profezie contro la casa regnante (21,11-22,30) cui sono stati aggiunti oracoli contro le guide spirituali di Israele, pastori e profeti (23,1-40), e contro i rimasti in patria dopo la deportazione. Il c. 25 può essere considerato un'appendice che chiude la prima sezione del libro (cc. 1-24) e ne preannuncia l'ultima (cc. 46-51).

Contro la casa regnante 21,1-14 21,1-14. Il capitolo contiene un racconto (21,1-10) e un oracolo in poesia, contro la casa regnante (21, 11-14). Il racconto è chiaramente rapportato al periodo precedente la caduta di Gerusalemme (587), quando ormai la sorte della città sembrava inevitabile (cfr. v. 2). Più precisamente, siamo ad assedio già iniziato (cfr. v. 4), vale a dire intorno al 589-588, e la liberazione appare ormai come un miracolo che solo Dio può compiere. Il nome di Pascur (v. 1), uno dei messi del re Sedecia a Geremia, ha probabilmente determinato la collocazione del racconto in questa sede. Alla richiesta del re di pregare per ottenere la liberazione della città dall'assedio, Geremia risponde duramente che il destino è irrevocabile; unica possibilità di salvarsi per gli abitanti è di consegnarsi nelle mani dei Babilonesi (v. 9). E stato questo uno dei punti più insistentemente ribaditi nella predicazione geremiana in quel periodo e uno dei motivi di contrasto con la classe dirigente (cfr. cc. 28 e 38).

L'oracolo di 21,11-14 è indirizzato al casato di Davide, ma in quanto responsabile dell'amministrazione della «giustizia», affidata in effetti, al re che nell'ideologia regale del Vicino Oriente Antico era chiamato a incarnare il governo di Dio a tutela soprattutto dei deboli. Per questo la dura minaccia (v. 12c), se il re è infedele al mandato. Una minaccia che coinvolge Gerusalemme, considerata in tal caso, almeno nel contesto attuale, come la sede dell'azione giudiziaria del re e corresponsabile con lui. La città è vista come una fortezza («roccia», con riferimento probabilmente a Sion su cui dominavano il tempio e la reggia), che si erge al di sopra delle valli che la delimitano a est (Cedron) e a ovest (Tiropeon).

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1Pascur, figlio di Immer, sacerdote e sovrintendente-capo del tempio del Signore, udì Geremia profetizzare queste cose. 2Pascur ordinò di fustigare il profeta Geremia e quindi lo fece mettere ai ceppi nella prigione che si trovava presso la porta superiore di Beniamino, nel tempio del Signore. 3Il giorno dopo, quando Pascur lo fece liberare dai ceppi, Geremia gli disse: «Il Signore non ti chiama più Pascur, ma Terrore all’intorno. 4Perché così dice il Signore: Ecco, io darò in preda al terrore te e tutti i tuoi cari; essi cadranno per la spada dei loro nemici davanti ai tuoi occhi. Consegnerò tutti gli abitanti di Giuda in mano al re di Babilonia, il quale li deporterà e li ucciderà di spada. 5Consegnerò tutte le ricchezze di questa città e i suoi prodotti, tutti gli oggetti preziosi e i tesori dei re di Giuda in mano ai loro nemici, i quali li saccheggeranno e li prenderanno e li porteranno a Babilonia. 6Tu, Pascur, e tutti quelli della tua casa andrete in schiavitù; andrai a Babilonia, là morirai e là sarai sepolto, tu e tutti i tuoi cari, ai quali hai profetizzato tante menzogne».

Ultima “confessione” 7Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto violenza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno; ognuno si beffa di me. 8Quando parlo, devo gridare, devo urlare: «Violenza! Oppressione!». Così la parola del Signore è diventata per me causa di vergogna e di scherno tutto il giorno. 9Mi dicevo: «Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!». Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo. 10Sentivo la calunnia di molti: «Terrore all’intorno! Denunciatelo! Sì, lo denunceremo». Tutti i miei amici aspettavano la mia caduta: «Forse si lascerà trarre in inganno, così noi prevarremo su di lui, ci prenderemo la nostra vendetta». 11Ma il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, per questo i miei persecutori vacilleranno e non potranno prevalere; arrossiranno perché non avranno successo, sarà una vergogna eterna e incancellabile. 12Signore degli eserciti, che provi il giusto, che vedi il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di loro, poiché a te ho affidato la mia causa! 13Cantate inni al Signore, lodate il Signore, perché ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori. 14Maledetto il giorno in cui nacqui; il giorno in cui mia madre mi diede alla luce non sia mai benedetto. 15Maledetto l’uomo che portò a mio padre il lieto annuncio: «Ti è nato un figlio maschio», e lo colmò di gioia. 16Quell’uomo sia come le città che il Signore ha distrutto senza compassione. Ascolti grida al mattino e urla a mezzogiorno, 17perché non mi fece morire nel grembo; mia madre sarebbe stata la mia tomba e il suo grembo gravido per sempre. 18Perché sono uscito dal seno materno per vedere tormento e dolore e per finire i miei giorni nella vergogna?

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Approfondimenti

20,1-6. L'intervento di Pascur, «sovrintendente capo», cioè probabilmente responsabile dell'ordine nel tempio (cfr. 29,26), è da collegarsi piuttosto con l'azione simbolica alla Porta dei cocci che con il discorso nel Tofet, nonostante 19,14a. La minaccia contro la città, allorché viene ripetuta nell'ambito del tempio, mette in moto il servizio di vigilanza che usa la mano pesante (per la fustigazione, cfr. Dt 25,2s.; per i ceppi, cfr. 2Cr 16,10). Il provvedimento, oltre che essere doloroso, era estremamente umiliante, soprattutto per un profeta.

20,7-18. L'ultima e più drammatica “confessione” nel contesto attuale è collegata con la notte di carcere nel tempio. Letterariamente però ha avuto un'origine probabilmente diversa. Consta di tre momenti non perfettamente coerenti: una recriminazione a Dio per quanto il profeta è in certo modo da lui costretto a compiere controvoglia (v. 7-10); una confessione di fiducia in Dio salvatore che non abbandona (vv. 11-13); un grido di maledizione contro se stesso per la condizione dolorosa in cui si trova (vv. 14-18). Quest'ultimo brano va letto alla luce del genere letterario dell'imprecazione che esprimeva con toni forti e talvolta violenti la reazione per una situazione di sofferenza (cfr. Giobbe). La recriminazione del profeta (vv. 7-10) lascia intravedere qualcosa della misteriosa azione divina che lo ha spinto interiormente a porsi come portavoce di Dio. All'inizio l'agire divino è presentato quasi come una seduzione oppressiva («mi hai sedotto» è verbo usato a indicare le arti messe in atto per indurre una ragazza a cedere: cfr. Es 22,15), una lotta e un assoggettamento («mi hai fatto forza»); poi viene descritto come un travaglio interiore (v. 9b), assimilato al «fuoco» che brucia nelle «ossa»: un qualcosa di estraneo eppure così interiore da sembrare scaturito dal centro del proprio essere e al quale in definitiva il profeta si arrende. Non è lui che vuole, ma la decisione non è senza di lui. Così, nonostante l'amarezza del momento, causata dalla solitudine e dall'ostilità, ritrova la confidenza in Dio. La maledizione che segue sta qui ad esprimere la mescolanza così umana dei sentimenti geremiani: amarezza e conforto, speranza e disperazione hanno per lungo tempo contrassegnato il suo vivere. E anche se lo scoraggiamento non lo ha indotto ad abbandonare il suo compito, tuttavia la fiducia in Dio non ha potuto alleviare la profonda ferita dell'anima.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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La brocca spezzata e l'imprigionamento di Geremia 1Così disse il Signore a Geremia: «Va’ a comprarti una brocca di terracotta; prendi con te alcuni anziani del popolo e alcuni sacerdoti, 2ed esci nella valle di Ben-Innòm, che è all’ingresso della porta dei Cocci. Là proclamerai le parole che io ti dirò. 3Riferirai: Ascoltate la parola del Signore, o re di Giuda e abitanti di Gerusalemme. Così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Ecco, io manderò su questo luogo una sventura tale che risuonerà negli orecchi di chiunque l’udrà, 4poiché hanno abbandonato me e hanno reso straniero questo luogo per sacrificarvi ad altri dèi, che né essi né i loro padri né i re di Giuda conoscevano. Essi hanno riempito questo luogo di sangue innocente; 5hanno costruito le alture di Baal per bruciare nel fuoco i loro figli come olocausti a Baal, cosa che io non avevo comandato, di cui non avevo mai parlato, che non avevo mai pensato. 6Perciò, ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali questo luogo non si chiamerà più Tofet e valle di Ben-Innòm, ma valle della Strage. 7In questo luogo farò fallire i piani di Giuda e di Gerusalemme. Li farò cadere di spada davanti ai loro nemici e nelle mani di coloro che vogliono la loro vita, e darò i loro cadaveri in pasto agli uccelli del cielo e alle bestie della terra. 8Ridurrò questa città a una desolazione e a oggetto di scherno; quanti le passeranno vicino resteranno sbigottiti e fischieranno di scherno davanti a tutte le sue ferite. 9Farò loro mangiare la carne dei propri figli e la carne delle proprie figlie; si divoreranno tra loro per l’assedio e per l’angoscia che incuteranno loro i nemici e quanti vogliono la loro vita. 10Tu, poi, spezzerai la brocca sotto gli occhi degli uomini che saranno venuti con te 11e riferirai loro: Così dice il Signore degli eserciti: Spezzerò questo popolo e questa città, così come si spezza un vaso di terracotta, che non si può più aggiustare. Allora si seppellirà persino in Tofet, perché non ci sarà più spazio per seppellire. 12Così farò – oracolo del Signore – riguardo a questo luogo e ai suoi abitanti, rendendo questa città come Tofet. 13Le case di Gerusalemme e le case dei re di Giuda saranno impure come il luogo del Tofet: tutte le case, sulle cui terrazze essi bruciavano incenso a tutto l’esercito del cielo e facevano libagioni ad altri dèi». 14Quando Geremia tornò dal Tofet dove il Signore lo aveva mandato a profetizzare, si fermò nell’atrio del tempio del Signore e disse a tutto il popolo: 15«Dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Ecco, io manderò su questa città e su tutte le sue borgate tutto il male che le ho preannunciato, perché essi si sono intestarditi, rifiutandosi di ascoltare le mie parole».

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Approfondimenti

La brocca spezzata e l'imprigionamento di Geremia 19,1-20,6 I capitoli 19 e 20 sono narrativamente uniti in modo abbastanza stretto in quanto gli inizi del c. 20 (vv. 1-6) sembrano costituire una conseguenza di ciò che è narrato nel capitolo precedente (punizione di Geremia provocata da un suo discorso di minaccia), e 20,7-18 (ultima “confessione” e sfogo doloroso) è in qualche modo congiunto con tale punizione. Vanno quindi considerati come un insieme costituito dal racconto di un'azione simbolica di Geremia con discorso connesso (19,1-20,6) e un componimento poetico ugualmente formato di brani di diverso genere letterario e probabilmente diversa datazione e origine.

19,1-20,6. Il succedersi dei momenti nel racconto attuale lascia intravedere, nella sua incongruenza narrativa, una redazione un po' goffa, che ha fuso insieme due vicende originariamente distinte: un'azione simbolica, consistente nello spezzare una brocca di terracotta presso una delle porte della città, alla presenza dei notabili; un discorso di minaccia nella valle Ben-Innom (Geenna), dove era situato il Tofet. Al primo brano apparterrebbeго 19,1-2.10-11a.14-15; 20,1-6; al secondo, 19,3-9.11b-13. Anche il tempo, almeno primitivo, delle due vicende sembra da distinguersi: la prima (azione simbolica) si adatta bene al periodo di Ioiakim, verso il 605, anno di ascesa al trono di Nabucodonosor; la seconda (discorso), sembra di stesura posteriore, anche se sfrutta temi della prima predicazione di Geremia. È possibile che la somiglianza degli argomenti, così come una probabile vicinanza topografica tra i luoghi delle due azioni (Porta dei cocci e Tofet) abbia favorito la loro fusione, mentre il tema della «brocca di terracotta» può aver determinato la sua collocazione dopo l'episodio del vasaio. Geremia è dunque inviato alla Porta dei cocci, che sembra si trovasse nella parte meridionale della città, a frantumare, gettandola per terra, una «brocca» davanti ai maggiorenti per significare la rovina di Giuda e di Gerusalemme, irreparabile come un vaso ridotto in cocci. Quanto al discorso nel Tofet, che riecheggia da vicino quello del c. 7, Geremia sembra preannunciare, a scadenza ravvicinata (cfr. l'espressione «ecco, verranno giorni»: v. 6) per la città, una terribile punizione che pare riferirsi all'assedio. L'espressione (cfr. v. 9) «mangiare la carne dei figli e... delle figlie» va probabilmente intesa in senso figurato, per indicare l'estrema penuria e lo stato di disperazione (cfr. tuttavia 2Re 6,26-29). Tutto questo avverrà per le degenerazioni cultuali (i figli bruciati nel fuoco) in atto nella città. Il rifiuto deciso di esse (cfr. v. 5) fa supporre che qualcuno invece cercasse in qualche modo di collegarle con il culto jahvistico.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Il vasaio, castighi e lamentazione

1Questa parola fu rivolta dal Signore a Geremia: 2«Àlzati e scendi nella bottega del vasaio; là ti farò udire la mia parola». 3Scesi nella bottega del vasaio, ed ecco, egli stava lavorando al tornio. 4Ora, se si guastava il vaso che stava modellando, come capita con la creta in mano al vasaio, egli riprovava di nuovo e ne faceva un altro, come ai suoi occhi pareva giusto. 5Allora mi fu rivolta la parola del Signore in questi termini: 6«Forse non potrei agire con voi, casa d’Israele, come questo vasaio? Oracolo del Signore. Ecco, come l’argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa d’Israele. 7A volte nei riguardi di una nazione o di un regno io decido di sradicare, di demolire e di distruggere; 8ma se questa nazione, contro la quale avevo parlato, si converte dalla sua malvagità, io mi pento del male che avevo pensato di farle. 9Altre volte nei riguardi di una nazione o di un regno io decido di edificare e di piantare; 10ma se essa compie ciò che è male ai miei occhi non ascoltando la mia voce, io mi pento del bene che avevo promesso di farle. 11Ora annuncia, dunque, agli uomini di Giuda e agli abitanti di Gerusalemme: Dice il Signore: Ecco, sto preparando contro di voi una calamità, sto pensando un progetto contro di voi. Su, abbandonate la vostra condotta perversa, migliorate le vostre abitudini e le vostre azioni. 12Ma essi diranno: “È inutile, noi vogliamo seguire i nostri progetti, ognuno di noi caparbiamente secondo il suo cuore malvagio”».

13Perciò così dice il Signore: «Informatevi tra le nazioni: chi ha mai udito cose simili? Enormi, orribili cose ha commesso la vergine d’Israele. 14Scompare forse la neve dalle alte rocce del Libano? Si inaridiscono le acque gelide che scorrono sulle montagne? 15Eppure il mio popolo mi ha dimenticato, offre incenso a un idolo vano. Ha inciampato nelle sue strade, nei sentieri di una volta, e cammina su viottoli, per una via non appianata, 16per rendere la sua terra una desolazione, un oggetto di scherno perenne. Chiunque vi passa ne rimarrà sbigottito e scuoterà il capo. 17Come fa il vento d’oriente, io li disperderò davanti al nemico. Volterò loro le spalle e non li guarderò nel giorno della loro rovina».

18Dissero: «Venite e tramiamo insidie contro Geremia, perché la legge non verrà meno ai sacerdoti né il consiglio ai saggi né la parola ai profeti. Venite, ostacoliamolo quando parla, non badiamo a tutte le sue parole». 19Prestami ascolto, Signore, e odi la voce di chi è in lite con me. 20Si rende forse male per bene? Hanno scavato per me una fossa. Ricòrdati quando mi presentavo a te, per parlare in loro favore, per stornare da loro la tua ira. 21Consegna perciò i loro figli alla fame, gettali in potere della spada; le loro donne restino senza figli e vedove, i loro uomini muoiano assassinati e i loro giovani uccisi dalla spada in battaglia. 22Si odano grida dalle loro case, quando improvvisamente farai piombare su di loro una torma di briganti, poiché hanno scavato una fossa per catturarmi e hanno teso lacci ai miei piedi. 23Tu conosci, Signore, ogni loro progetto di morte contro di me; non lasciare impunita la loro iniquità e non cancellare il loro peccato dalla tua vista. Inciampino alla tua presenza; al momento del tuo sdegno agisci contro di loro!

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Approfondimenti

Il vasaio, castighi e lamentazione 18,1-33 Contiene un'azione simbolica (18,1-12) non compiuta né vissuta, ma “veduta” da Geremia (cfr. 1,11s.); un oracolo (18,13-17) sull'idolatria di Israele e la punizione che ne segue; la quarta (quinta) “confessione” (18,18-23) in cui il profeta maledice coloro che attentano alla sua vita.

1-12. La teologia di questa parabola in azione è duplice, o, meglio, ha due aspetti collegati tra loro: la libertà di Dio, che non è legato a una scelta fatta, nel caso concreto, a Israele popolo eletto, ma la può modificare a seconda della risposta dell'uomo, interlocutore divino; la responsabilità dell'uomo che può determinare la condotta divina. In questo senso, viene anticipato un tema ampiamente dibattuto in Ez 14,12-23. La durezza di alcune espressioni (cfr. v. 6b), che sembrano annullare l'iniziativa e la libertà dell'uomo, oltre che risentire del genere letterario, vanno stemperate nel contesto, dove in realtà il valore dell'agire umano viene sottolineato. Al centro della scena, il cui significato Geremia percepisce mediante una rivelazione in due tempi (ordine di comparizione: v. 1; disvelamento del senso: vv. 5ss.), sta l'azione del vasaio che lavora al tornio: i vasi vengono rifiniti o buttati, se mal riusciti, a suo giudizio insindacabile.

13-17. L'oracolo ha le movenze della prima predicazione geremiana, con richiami palesi al c. 2 (cfr. v. 13 con 1,10ss.; v. 15 con 2,32). Per cui viene assegnato al tempo di Giosia, e la collocazione attuale spiegata con l'esigenza di documentare l'infedeltà di Israele. Il brano è mal conservato e la traduzione deve far ricorso a frequenti congetture per ottenere un senso più accettabile. Lo svolgimento è classico: Israele ha «dimenticato» il Signore, cosa impensabile come vedere in secca i torrenti di alta montagna; per forza deve finir male e il suo territorio andare incontro a una rovina terribile: Dio li ha abbandonati.

18-23. Nuovo sfogo del profeta, introdotto da un versetto in prosa che intende precisare circostanze e motivazioni: l'ostilità delle classi dirigenti (sacerdoti, saggi, profeti) che giunge, se l'introduzione va collegata col successivo componimento poetico, fino al tentativo di soppressione (cfr. vv. 19.23). Ciò provoca in Geremia una reazione di sorprendente violenza. Nel valutarla, si deve tener conto, oltre che dell'animo esacerbato, anche dell'identificazione che il profeta fa della sua sorte con la causa di Dio. Tenuto conto di questi elementi, il tempo di Ioiakim, quando più forte si manifestò l'avversione contro la predicazione del profeta, sembra il più indicato, anche se il tempo della riforma di Giosia non può essere del tutto escluso. Gli avversari hanno dalla loro parte le risorse del diritto, degli appoggi politici, delle parole (così sembra da intendere il v. 18: non mancano gli strumenti legali per intervenire); si metta a tacere la «lingua» del fastidioso perturbatore. Ma Geremia ha dalla sua la verità, e la lingua che prima ha interceduto presso Dio ora si abbandona a suggerimenti di vendetta crudele, che, peraltro, rientrano nel linguaggio tipico di simili circostanze.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Chi punta su Dio vince 1Il peccato di Giuda è scritto con stilo di ferro, è inciso con punta di diamante sulla tavola del loro cuore e sui corni dei loro altari. 2Così i loro figli ricorderanno i loro altari e i loro pali sacri presso gli alberi verdi, sui colli elevati, 3sui monti e in aperta campagna. «I tuoi averi e tutti i tuoi tesori li abbandonerò al saccheggio, come ricompensa per tutti i peccati commessi in tutti i tuoi territori. 4Dovrai ritirare la mano dall’eredità che ti avevo dato; ti renderò schiavo dei tuoi nemici in una terra che non conosci, perché avete acceso il fuoco della mia ira, che arderà sempre». Così dice il Signore: 5«Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. 6Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene, dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere. 7Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. 8È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti. 9Niente è più infido del cuore e difficilmente guarisce! Chi lo può conoscere? 10Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori, per dare a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni. 11È come una pernice che cova uova altrui, chi accumula ricchezze in modo disonesto. A metà dei suoi giorni dovrà lasciarle e alla fine apparirà uno stolto». 12Trono di gloria, eccelso fin dal principio, è il luogo del nostro santuario! 13O speranza d’Israele, Signore, quanti ti abbandonano resteranno confusi; quanti si allontanano da te saranno scritti nella polvere, perché hanno abbandonato il Signore, fonte di acqua viva. 14Guariscimi, Signore, e guarirò, salvami e sarò salvato, poiché tu sei il mio vanto. 15Essi mi dicono: «Dov’è la parola del Signore? Si compia finalmente!». 16Io non ho insistito presso di te per la sventura né ho desiderato il giorno funesto, tu lo sai. Ciò che è uscito dalla mia bocca è innanzi a te. 17Non essere per me causa di spavento, tu, mio solo rifugio nel giorno della sventura. 18Siano confusi i miei avversari, non io, si spaventino loro, non io. Manda contro di loro il giorno della sventura, distruggili due volte. 19Il Signore mi disse: «Va’ a metterti alla porta dei Figli del popolo, per la quale entrano ed escono i re di Giuda, e a tutte le porte di Gerusalemme. 20Dirai loro: Ascoltate la parola del Signore, o re di Giuda e voi tutti Giudei e abitanti di Gerusalemme, che entrate per queste porte. 21Così dice il Signore: Per amore della vostra stessa vita, guardatevi dal trasportare un peso in giorno di sabato e dall’introdurlo per le porte di Gerusalemme. 22Non portate alcun peso fuori dalle vostre case in giorno di sabato e non fate alcun lavoro, ma santificate il giorno di sabato, come io ho comandato ai vostri padri. 23Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio, anzi si intestardirono a non ascoltarmi e a non accogliere la lezione. 24Se mi ascolterete sul serio – oracolo del Signore –, se non introdurrete nessun peso entro le porte di questa città in giorno di sabato e santificherete il giorno di sabato non eseguendo alcun lavoro, 25entreranno per le porte di questa città re e prìncipi che sederanno sul trono di Davide, vi passeranno su carri e su cavalli insieme ai loro ufficiali, agli uomini di Giuda e agli abitanti di Gerusalemme. Questa città sarà abitata per sempre. 26Verranno dalle città di Giuda e dai dintorni di Gerusalemme, dalla terra di Beniamino e dalla Sefela, dai monti e dal meridione, presentando olocausti, sacrifici, offerte e incenso e sacrifici di ringraziamento nel tempio del Signore. 27Ma se non ascolterete il mio comando di santificare il giorno di sabato, di non trasportare pesi e di non introdurli entro le porte di Gerusalemme in giorno di sabato, io accenderò un fuoco alle sue porte; esso divorerà i palazzi di Gerusalemme e mai si estinguerà».

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Approfondimenti

Chi punta su Dio vince 17,1-27 Tra gli oracoli di questo capitolo, alcuni dei quali (cfr. vv. 12 s. 19-27) non geremiani o di dubbia autenticità, troviamo argomenti caratteristici di questo periodo (minaccia, invocazione di vendetta); altri compaiono per la prima volta (riflessione sulla caducità dell'uomo, importanza del sabato).

1-4. La «tavola del cuore» si contrappone alle tavole di pietra sulle quali fu incisa la legge (Es 31,18; 32,15; 34,1); anche in questo caso Geremia si concentra sull'interiorità dell'uomo (cfr. la «circoncisione del cuore»), ma non è la legge che qui viene interiorizzata, bensì il peccato (cfr. per l'opposto l'oracolo di Ger 31,31-34). Il peccato è ora la norma interiore che regola la condotta del popolo. Anche gli altari, invece di essere luoghi privilegiati per onorare Dio, diventano la testimonianza del ripudio di lui da parte del popolo. La risposta divina è di ordine giuridico: l'agire infedele del popolo lo ha privato del diritto ereditario al possesso della terra. L'ira divina (cfr. Dt 32,22) è la manifestazione concreta della punizione che il popolo con la sua condotta ha meritato.

5-11. Israele si fida degli uomini, dell'intelligenza («cuore») e delle ricchezze. Ma l'uomo è «carne» fragile e imperfetta (cfr. Is 40,6), il cuore fallace, le ricchezze effimere; farne il punto di riferimento esistenziale manda allo sbando senza rimedio. Questi versetti riuniscono una serie di detti sapienziali che mettono a confronto il giusto e il malvagio. Il contrasto tra l'uomo maledetto e quello benedetto è formulato a partire dal fondamento della loro «fiducia»: l'essere umano (adam) o JHWH. Si noti la stretta affinità con le immagini presentate nel Sal 1.

12-13. L'elogio appassionato del tempio («nostro santuario») fa concludere a molti che questo passo non sia di Geremia perché contrasta con le affermazioni di 7,1-15. Ma la condanna di un culto ipocrita non esclude di per sé l'apprezzamento del tempio nel suo vero significato. In ogni caso, il peso dei due versetti è tutto sulla seconda parte (v. 13) che ribadisce il fallimento totale di ogni progetto di vita che prescinda da Dio. Tema e immagine sono schiettamente geremiani (cfr. 2,13).

14-18. Idealmente il passo si ricongiunge con 15,10ss. e forma la quarta confessione. Il tema dominante è anche qui quello del conflitto che l'annuncio della parola crea tra il popolo e il profeta, tuttora preoccupato dell'umiliazione a cui può andare incontro (vv. 17s.). Potrebbe trattarsi della stessa situazione. In ogni caso, la sfida degli avversari (v. 15) fa supporre che le minacce di Geremia non si siano ancora realizzate e dunque l'oracolo precede il 597. L'invocazione a Dio di essere «guarito» (v. 14), con la quale inizia lo sfogo, va intesa allora come preghiera per essere liberato dalla condizione di disagio e di pericolo (su cui cfr. 15, 10-21). Anche qui (cfr. 14, 11) si fa leva sulla profonda solidarietà del profeta con il popolo sventurato: se ha chiesto, e chiede (cfr. v. 18), la rovina anche spietata per gli empi, non ha chiesto, anzi ha deprecato, il «giorno funesto» che colpisce tutti indistintamente.

19-27. Questo è l'unico passo in cui il profeta si occupa del riposo del sabato. Conosciamo il suo atteggiamento riservato nei confronti delle istituzioni religiose (tempio, culto, festività) e la lotta sostenuta per una religione dello spirito. Tutto ciò certamente non basta a far giudicare inautentico un testo come questo. Ma lo spazio minimo riservato nella pagina all'aspetto teologico, il fatto che si ribadisca quasi legalisticamente la proibizione, l'insistenza su un divieto in definitiva parziale quale quello di non portare pesi: tutto ciò ta dubitare fortemente che, almeno nella forma attuale, il brano risalga al profeta di Anatot. Potrebbe essere suo il nucleo iniziale. La menzione dei re di Giuda (v. 25) fa supporre che ci si riferisca a una situazione anteriore all'esilio del 587.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1Mi fu rivolta questa parola del Signore: 2«Non prendere moglie, non avere figli né figlie in questo luogo, 3perché dice il Signore riguardo ai figli e alle figlie che nascono in questo luogo e riguardo alle madri che li partoriscono e ai padri che li generano in questo paese: 4Moriranno di malattie strazianti, non saranno rimpianti né sepolti, ma diverranno come letame sul suolo. Periranno di spada e di fame; i loro cadaveri saranno pasto agli uccelli del cielo e alle bestie della terra». 5Poiché così dice il Signore: «Non entrare in una casa dove si fa un banchetto funebre, non piangere con loro e non commiserarli, perché io ho ritirato da questo popolo la mia pace – oracolo del Signore –, la mia benevolenza e la mia compassione. 6Moriranno in questo paese grandi e piccoli; non saranno sepolti né si farà lamento per loro e nessuno per disperazione si farà incisioni né per lutto si taglierà i capelli per loro. 7Non si spezzerà il pane all’afflitto per consolarlo del morto e non gli si darà da bere il calice della consolazione per suo padre e per sua madre. 8Non entrare nemmeno in una casa dove si banchetta per sederti a mangiare e a bere con loro, 9poiché così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Ecco, sotto i vostri occhi e nei vostri giorni farò cessare da questo luogo i canti di gioia e di allegria, i canti dello sposo e della sposa. 10Quando annuncerai a questo popolo tutte queste cose, ti diranno: “Perché il Signore ha decretato contro di noi questa sventura così grande? Quali iniquità e quali peccati abbiamo commesso contro il Signore, nostro Dio?”. 11Tu allora risponderai loro: Perché i vostri padri mi abbandonarono – oracolo del Signore –, seguirono altri dèi, li servirono e li adorarono, mentre abbandonarono me e non osservarono la mia legge. 12E voi avete agito peggio dei vostri padri; ognuno di voi, infatti, segue caparbiamente il suo cuore malvagio e si rifiuta di ascoltarmi. 13Perciò vi scaccerò da questo paese verso un paese che né voi né i vostri padri avete conosciuto, e là servirete divinità straniere giorno e notte, perché non vi farò più grazia. 14Pertanto, ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali non si dirà più: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dalla terra d’Egitto!”, 15ma piuttosto: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dalla terra del settentrione e da tutte le regioni dove li aveva dispersi!”. E io li ricondurrò nella loro terra che avevo concesso ai loro padri. 16Ecco, io invierò numerosi pescatori a pescarli – oracolo del Signore –, quindi invierò numerosi cacciatori a catturarli, su ogni monte, su ogni colle e nelle fessure delle rocce; 17poiché i miei occhi scrutano le loro vie: ciò che fanno non può restare nascosto dinanzi a me, né si può occultare la loro iniquità davanti ai miei occhi. 18Anzitutto ripagherò due volte la loro iniquità e il loro peccato, perché hanno profanato la mia terra con le carogne dei loro idoli, e con i loro abomini hanno riempito la mia eredità». 19Signore, mia forza e mia difesa, mio rifugio nel giorno della tribolazione, a te verranno le genti dalle estremità della terra e diranno: «I nostri padri ereditarono soltanto menzogna, e nullità che non giovano». 20Può forse l’uomo fabbricarsi i propri dèi? Ma quelli non sono dèi! 21«Perciò, ecco, io faccio loro conoscere questa volta la mia mano e la mia forza. Essi sapranno che il mio nome è Signore».

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Approfondimenti

Ribellione e docilità del profeta 15,10-16,21 16,1-21. Contiene, con alternanza oracoli, di minaccia e di maledizioni, assieme a una promessa di ritorno per Israele (16,14-15), un annuncio di invasione e un oracolo sulla conversione dei popoli pagani. Da notare, in specie, un'azione simbolica non compiuta ma vissuta: il celibato. Difficile assegnare i singoli brani a una data anche solo approssimativa, ma l'epoca di Ioiakim sembra la più probabile.

1-13. Con linguaggio proprio dei discorsi deuteronomistici, viene riferito l'ordine dato a Geremia di non sposar-si, una disposizione che sembra lo abbia vincolato per tutta l'esistenza. Il significato della scelta è di minaccia: esprime la rovina di Israele ridotto come una donna senza figli, mediante una strage così vasta che non ci sarà modo di svolgere i riti funebri tradizionali (taglio dei capelli, incisioni, v. 6, che in seguito la legislazione proibirà: cfr. Lv 19,27; Dt 14,1; banchetti funebri, pane di lutto, cfr. Ez 24,16-22), rendendo così ancora più penosa la sciagura. Ragione di tanto disastro: l'idolatria (vv. 10-13) pertinace («caparbietà del cuore malvagio»: v. 12) del popolo che, per una specie di contrappasso, sarà esiliato e dovrà servire le divinità di una terra straniera perché non ha voluto servire il Signore nella sua terra.

14-15. Accanto alla minaccia, la promessa di restaurazione dopo l'esilio, che può inizialmente aver riguardato il ritorno delle tribù del Nord. Nel contesto attuale, assume il valore di garanzia di ritorno dall'esilio babilonese. Utilizzando un tema caro al Deuteroisaia (cfr. Is 43,18-21; 48,20s.; 51,9s.; 52,12) viene stabilito un rapporto tra esodo dall'Egitto e rientro da Babilonia, concepito evidentemente come un secondo esodo. L'oracolo ricompare, praticamente identico, in 23,7-8.

16-18. Il castigo è sotto forma di invasione, descritta con le immagini della pesca e della caccia: Israele è un animale catturato e destinato all'uccisione. Ogni condotta malvagia genera rovina e non c'è da sperare che qualcosa scivoli via inosservato (v. 17).

19-21. Eppure più grande della cattiveria dell'uomo è la potenza salvatrice di Dio che, rifiutata da Israele, trova cultori fedeli tra i popoli pagani che rinnegheranno l'idolatria per aderire a colui il cui «nome è JHWH» (v. 21). Come i vv. 14s., anche questo brano risente delle tematiche del Deuteroisaia: universalismo della salvezza (Is 42,1-6; 45,14ss.20-25; 49,6; 55,3-5) e nullità degli idoli (Is 40,20; 41,21-29; 42,17; 45,20ss., ecc.), temi non ignoti a Geremia (cfr. 2,5.11, ecc.) ma espressi in una forma che fa concludere a un'origine non geremiana del brano.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1Il Signore mi disse: «Anche se Mosè e Samuele si presentassero davanti a me, non volgerei lo sguardo verso questo popolo. Allontanali da me, se ne vadano! 2Se ti domanderanno: “Dove dobbiamo andare?”, dirai loro: Così dice il Signore: Chi è destinato alla morte, alla morte, chi alla spada, alla spada, chi alla fame, alla fame, chi alla schiavitù, alla schiavitù. 3Io manderò contro di loro quattro specie di mali – oracolo del Signore –: la spada per ucciderli, i cani per sbranarli, gli uccelli del cielo e le bestie della terra per divorarli e distruggerli. 4Li renderò un esempio terrificante per tutti i regni della terra, per quello che ha fatto in Gerusalemme il re di Giuda Manasse, figlio di Ezechia. 5Chi avrà pietà di te, Gerusalemme, chi ti compiangerà? Chi si volterà per domandarti come stai? 6Tu mi hai respinto – oracolo del Signore –, mi hai voltato le spalle e io ho steso la mano su di te per annientarti; sono stanco di pentirmi. 7Li ho dispersi al vento con la pala, alle porte del paese. Ho reso senza figli e ho fatto perire il mio popolo, perché non si sono convertiti dalle loro abitudini. 8Le loro vedove sono diventate più numerose della sabbia del mare. Ho mandato sulle madri e sui giovani un devastatore in pieno giorno; ho fatto piombare d’un tratto su di loro turbamento e spavento. 9È abbattuta la madre di sette figli, esala il suo respiro; il sole tramonta per lei quando è ancora giorno, è coperta di vergogna e confusa. Io consegnerò i loro superstiti alla spada, in preda ai loro nemici». Oracolo del Signore.

Ribellione e docilità del profeta 10Me infelice, madre mia! Mi hai partorito uomo di litigio e di contesa per tutto il paese! Non ho ricevuto prestiti, non ne ho fatti a nessuno, eppure tutti mi maledicono. 11In realtà, Signore, ti ho servito come meglio potevo, mi sono rivolto a te con preghiere per il mio nemico, nel tempo della sventura e nel tempo dell’angoscia. 12Potrà forse il ferro spezzare il ferro del settentrione e il bronzo? 13«I tuoi averi e i tuoi tesori li abbandonerò al saccheggio, come ricompensa per tutti i peccati commessi in tutti i tuoi territori. 14Ti renderò schiavo dei tuoi nemici in una terra che non conosci, perché si è acceso il fuoco della mia ira, che arderà contro di te». 15Tu lo sai, Signore, ricòrdati di me e aiutami, véndicati per me dei miei persecutori. Nella tua clemenza non lasciarmi perire, sappi che io sopporto insulti per te. 16Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore, perché il tuo nome è invocato su di me, Signore, Dio degli eserciti. 17Non mi sono seduto per divertirmi nelle compagnie di gente scherzosa, ma spinto dalla tua mano sedevo solitario, poiché mi avevi riempito di sdegno. 18Perché il mio dolore è senza fine e la mia piaga incurabile non vuole guarire? Tu sei diventato per me un torrente infido, dalle acque incostanti. 19Allora il Signore mi rispose: «Se ritornerai, io ti farò ritornare e starai alla mia presenza; se saprai distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile, sarai come la mia bocca. Essi devono tornare a te, non tu a loro, 20e di fronte a questo popolo io ti renderò come un muro durissimo di bronzo; combatteranno contro di te, ma non potranno prevalere, perché io sarò con te per salvarti e per liberarti. Oracolo del Signore. 21Ti libererò dalla mano dei malvagi e ti salverò dal pugno dei violenti».

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Approfondimenti

Castigo e pentimento 14,1-15,9

15,1-4. Dio però giudica diversamente e anziché alleviare i mali in corso ne preannuncia di nuovi: anche gli intercessori più qualificati («Mosè e Samuele»: cfr. Es 32,11; Sal 106,23; 1Sam 7,8-12) non potrebbero stornare il castigo. Dio scaccia il suo popolo (v. 1) come un giorno ha fatto il faraone (cfr. Es 11,8; 12,3): è una specie di contro-esodo. Seguono nel capitolo un oracolo che si direbbe di commiserazione per Gerusalemme (vv. 5-9) e una “confessione” estremamente ardita, quasi blasfema, del profeta (vv. 10-21). Ambedue sembrano da collocare al termine del regno di Ioiakim.

5-9. Dio riflette sulle sventure con cui ha dovuto e dovrà colpire anche gli elementi meno colpevoli e ne è amareggiato.

Ribellione e docilità del profeta 15,10-16,21 In contrasto, il profeta è piegato su di sé a compiangere la sua sofferenza. È un momento tragico nella vita di Geremia, una crisi devastante che coinvolge per un istante anche la sua fede perché il Dio riconosciuto un tempo rocca di Israele (cfr. Sal 18,47; Dt 32,4) gli appare ora come un torrente tropicale (v. 18) che promette acqua e si presenta invece asciutto al viandante. A questa affermazione di sconcertante arditezza, il profeta giunge dopo uno sfogo prolungato e vario in cui si alternano professione di fedeltà (v. 11), richiesta di vendetta (v. 15), nostalgia del passato (v. 16) e cruccio per il presente (v. 17) e vi si inserisce anche l'assicurazione divina di punizione severa per i malvagi (vv. 12-14). In realtà, questi ultimi versetti non si accordano bene con il contesto, interrompendo il flusso delle recriminazioni; hanno un doppione in 17,35. Segue un pacato ma energico invito da parte di Dio a riprendere il proprio posto di creatura sottomessa al Creatore. La lagnanza del profeta corre sul filo dell'amarezza per l'emarginazione di cui si sente oggetto: è sfuggito come un insolvente o un usuraio (v. 10), si apparta perché si sente fuori posto nelle allegre compagnie (v. 17), portatore com'è delle minacce divine. Questo soprattutto lo ferisce e lo indispone: il vedere come la scelta per Dio (v. 11) conduca a risultati così amari. Le parole di Dio che egli ha sempre accolto con piena disponibilità, proprio esse causano il rigetto del profeta da parte del popolo che non accetta Dio e perseguita chi è a lui consacrato. Ma allora la «gioia» e la «letizia» di un tempo (v. 16) sono state ingannevoli? L'accusa di inganno a Dio è grave e Geremia è bruscamente richiamato a rendersene conto e a ravvedersi (v. 19-20): ritorni a Dio che lo richiama e riprenderà il suo compito. E palese il collegamento con 1,18s.; perciò questo brano è talvolta interpretato come una nuova vocazione. Geremia si rende conto definitivamente che Dio non recede da quanto ha deciso e il profeta deve inserirsi nel progetto divino con risolutezza. La sua vera realizzazione è in questo oscuro e doloroso essere «come la... bocca» di Dio, che però lo fa mirabimente stare «alla [sua] presenza» e gli garantisce la vittoria finale.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Castigo e pentimento 1Parola rivolta dal Signore a Geremia in occasione della siccità. 2Giuda è in lutto, le sue porte languiscono, sono a terra nello squallore; il gemito di Gerusalemme sale al cielo. 3I suoi nobili mandano i servi in cerca d’acqua; si recano ai pozzi, ma non ne trovano, e tornano con i recipienti vuoti; sono pieni di delusione, di confusione, si coprono il capo. 4Il terreno è screpolato, perché non cade pioggia nel paese: gli agricoltori delusi si coprono il capo. 5Anche la cerva nei campi partorisce e abbandona il cerbiatto, perché non c’è erba. 6Gli asini selvatici, fermi sui colli, aspirano l’aria come sciacalli, con gli occhi languidi, perché non ci sono pascoli. 7«Le nostre iniquità testimoniano contro di noi, ma tu, Signore, agisci per il tuo nome! Molte sono le nostre infedeltà, abbiamo peccato contro di te. 8O speranza d’Israele, suo salvatore al tempo della sventura, perché vuoi essere come un forestiero nella terra e come un viandante che si ferma solo una notte? 9Perché vuoi essere come un uomo sbigottito, come un forte incapace di aiutare? Eppure tu sei in mezzo a noi, Signore, il tuo nome è invocato su di noi, non abbandonarci!». 10Così dice il Signore riguardo a questo popolo: «A loro piace fare i vagabondi, non stanno attenti ai loro passi». Ma il Signore non li gradisce; ora ricorda la loro iniquità, chiede conto dei loro peccati. 11Il Signore mi ha detto: «Non pregare per questo popolo, per il suo benessere. 12Anche se digiuneranno, non ascolterò la loro supplica; se offriranno olocausti e sacrifici, non li gradirò, ma li distruggerò con la spada, la fame e la peste». 13Allora ho soggiunto: «Ahimè, Signore Dio! Dicono i profeti: “Non vedrete la spada, non soffrirete la fame, ma vi concederò una pace autentica in questo luogo”». 14Il Signore mi ha detto: «I profeti hanno proferito menzogne nel mio nome; io non li ho inviati, non ho dato loro ordini né ho parlato loro. Vi annunciano visioni false, predizioni che sono invenzioni e fantasie della loro mente. 15Perciò così dice il Signore: I profeti che profetizzano nel mio nome, senza che io li abbia inviati, e affermano: “Spada e fame non ci saranno in questo paese”, questi profeti finiranno di spada e di fame. 16Gli uomini ai quali essi profetizzano saranno gettati per le strade di Gerusalemme, morti di fame e di spada, e nessuno seppellirà loro, le loro donne, i loro figli e le loro figlie. Io rovescerò su di essi la loro malvagità. 17Tu riferirai questa parola: I miei occhi grondano lacrime notte e giorno, senza cessare, perché da grande calamità è stata colpita la vergine, figlia del mio popolo, da una ferita mortale. 18Se esco in aperta campagna, ecco le vittime della spada; se entro nella città, ecco chi muore di fame. Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per la regione senza comprendere». 19Hai forse rigettato completamente Giuda, oppure ti sei disgustato di Sion? Perché ci hai colpiti, senza più rimedio per noi? Aspettavamo la pace, ma non c’è alcun bene, il tempo della guarigione, ed ecco il terrore! 20Riconosciamo, Signore, la nostra infedeltà, la colpa dei nostri padri: abbiamo peccato contro di te. 21Ma per il tuo nome non respingerci, non disonorare il trono della tua gloria. Ricòrdati! Non rompere la tua alleanza con noi. 22Fra gli idoli vani delle nazioni c’è qualcuno che può far piovere? Forse che i cieli da sé mandano rovesci? Non sei piuttosto tu, Signore, nostro Dio? In te noi speriamo, perché tu hai fatto tutto questo.

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Approfondimenti

Castigo e pentimento 14,1-15,9 Questa sezione viene spesso accostata alle liturgie penitenziali (cfr. Gl 1-2; Sal 74; 79) in cui popolo, sacerdoti e profeti si alternavano nella supplica per strappare a Dio la liberazione da una calamità che si riconosceva meritata per i propri peccati. Alla presentazione delle sventure (ad opera dei sacerdoti) seguiva l'esortazione al pentimento, la confessione delle colpe, la parola di conforto da parte dei profeti che a nome di Dio promettevano grazia. Nel nostro caso, se i momenti di tale liturgia sembrano mantenuti, la loro articolazione è però più complessa: due sono le descrizioni (14,2-6.17-18), due le confessioni (14,7-9.19-22), due le risposte divine (14,10-12, 15,1-3). Soprattutto inopinato, fuori schema, è lo sbocco assolutamente negativo: Dio ricusa decisamente di esaudire la preghiera del popolo e condanna duramente i profeti che promettevano benessere (14,14-15). A prescindere dall'origine probabilmente composita, il complesso attuale si presenta come un dialogo appassionato e incalzante tra il popolo, il profeta e Dio, che alla fine ribadisce la punizione.

2-9. All'origine sta una siccità (fenomeno peraltro ricorrente, allora, nella regione) al tempo probabilmente di Ioiakim. A nome del popolo il profeta supplica appassionatamente Dio, «speranza di Israele» (v. 8), di mostrare l'efficacia salvifica della sua presenza in mezzo a coloro che gli sono consacrati («siamo chiamati con il tuo nome»: v. 9).

10-16. La risposta di Dio è subito negativa, ché anzi il profeta, come in 7,16, è invitato a non pregare per il popolo perché il castigo è inevitabile. Ma il profeta prega ugualmente, cercando di scusare il popolo, traviato dai falsi profeti: Dio però non recede; anche i profeti saranno puniti dalla «spada» e dalla «fame» (v. 15).

17-22. Con un raccordo maldestro («Tu riferirai questa parola») viene introdotta una lamentazione del profeta che descrive la rovina generale che ha gettato nello sconcerto anche le guide del popolo («il profeta e il sacerdote»: v. 18c); esprime il riconoscimento dei propri errori; formula una splendida professione di fede (v. 22), fondata sull'«alleanza» (v. 21). In realtà, non Dio ma il popolo ha rotto l'alleanza; l'invito a Dio è piuttosto di dare spazio all'attesa misericordiosa.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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