Management educativo in territori fragili
Sono un Educational Program Manager — lo sono diventato nel tempo, via via che ho scoperto strumenti educativi e approcci manageriali capaci di contribuire a un
Educational Program Manager
Sono un Educational Program Manager — lo sono diventato nel tempo, via via che ho scoperto strumenti educativi e approcci manageriali capaci di contribuire a un
La pedagogia riduce la distanza tra i limiti soggettivi e le possibilità reali. La sua materia è l’educazione, il suo strumento l’apprendimento e la sua natura è sintesi.
trascrizione parziale intervento Montecitorio
Noi partiamo da una posizione che abbiamo imparato a scuola, che ci ha accompagnato nelle università, che è la divisione delle discipline
La flessibilità è un valore positivo, si lega alla capacità di adattamento, alla libertà operativa e alla riduzione delle rigidità. Ma nel tempo dell’instabilità la sua esaltazione
Quando ci si ferma un momento, ci si accorge che le scelte digitali sono scelte culturali. Ogni strumento che usiamo riflette un’idea di relazione, un sistema di valori
Nel panorama europeo, cresce il numero di realtà che stanno rivedendo le proprie infrastrutture digitali per allinearle a principi di eticità, sicurezza, sostenibilità
In ambito sociale, il Project Manager ha un ruolo chiave: connette territorio e progetto per facilitare l’emersione di risorse latenti.
Le periferie sono spazi estremamente stratificati. Nate da urbanità frammentate sono attraversate da vissuti personali e collettivi che spesso assumono la forma
Il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato le linee guida 2025 sull’uso dell’intelligenza artificiale nella scuola. È un passaggio che apre una domanda cruciale: cosa significa educare in un tempo in cui anche le macchine imparano?
L’intelligenza artificiale non è neutrale. Dentro ogni algoritmo ci sono scelte: valori, priorità, visioni del mondo. Proprio come un libro di testo, anche un sistema informatico non descrive: interpreta.
L’AI è un prodotto culturale. Cambia le abitudini, ridisegna le relazioni, sposta equilibri. E tutto ciò che cambia la quotidianità finisce per cambiare la società.
La domanda, allora, non è solo dove ci porta questa trasformazione, ma se ci sta portando dove vogliamo andare. E ancora prima: abbiamo un’idea della società in cui vogliamo vivere, o stiamo lasciando che sia la tecnologia a scriverla?
In questo scenario non basta preparare le nuove generazioni all’uso dell’AI: serve educarle allo spirito critico, all’immaginazione politica e a una visione più ampia della vita.
In definitiva, il modo in cui educhiamo le nuove generazioni all’AI rivela l’idea di società che vogliamo per il nostro futuro.
Viviamo un tempo in cui le crisi non finiscono: si sommano, si intrecciano ed entrano nelle nostre vite. Non riguardano solo l’economia o la politica: toccano il lavoro, le relazioni, il nostro equilibrio interiore. È una pressione costante, che mette alla prova le risorse di tutti.
Ma evitare la complessità non ci protegge. Al contrario, imparare ad abitarla – restare presenti anche quando le cose si fanno difficili – ci permette di affrontare meglio ciò che accade. Anche sul lavoro, dove l’incertezza è ormai la norma, serve sviluppare una nuova postura mentale.
È proprio questo dimorare nella complessità a diventare un allenamento silenzioso, un modo per riconoscere le nostre reazioni automatiche senza esserne dominati. E trasformare la pressione in consapevolezza.
Rif. bibliografici: 1. Compounded Effects of Multiple Global Crises on Mental Health, Richter et al., 2024 2. Man’s Search for Meaning, Viktor E. Frankl, 1946 3. La Méthode, Morin, 2004 4. Emotional Responses and Psychological Health in Global Crises, Lau et al., 2024