Management educativo in territori fragili
Sono un Educational Program Manager — lo sono diventato nel tempo, via via che ho scoperto strumenti educativi e approcci manageriali capaci di contribuire a un
Educational Program Manager
Sono un Educational Program Manager — lo sono diventato nel tempo, via via che ho scoperto strumenti educativi e approcci manageriali capaci di contribuire a un
La pedagogia riduce la distanza tra i limiti soggettivi e le possibilità reali. La sua materia è l’educazione, il suo strumento l’apprendimento e la sua natura è sintesi.
trascrizione parziale intervento Montecitorio
Noi partiamo da una posizione che abbiamo imparato a scuola, che ci ha accompagnato nelle università, che è la divisione delle discipline
Si dice spesso che le organizzazioni devono essere flessibili. Che l’adattabilità è tutto, che bisogna muoversi leggeri, con ruoli fluidi. Ma cosa significa essere flessibili?
Quando ci si ferma un momento, ci si accorge che le scelte digitali sono scelte culturali. Ogni strumento che usiamo riflette un’idea di relazione, un sistema di valori
Nel panorama europeo, cresce il numero di realtà che stanno rivedendo le proprie infrastrutture digitali per allinearle a principi di eticità, sicurezza, sostenibilità
In ambito sociale, il Project Manager ha un ruolo chiave: connette territorio e progetto per facilitare l’emersione di risorse latenti.
Le periferie sono spazi stratificati e in continuo movimento, intrecciati con vissuti personali e collettivi, segnati da condizioni complesse. Nate da urbanità frammentate, sono attraversate da vere e proprie forme di invisibilità.
Condizioni avverse, in cui talvolta l’umano e il simbolico emergono con forza: nuove estetiche, spazi di solidarietà, laboratori d'innovazione, economie informali, pratiche educative non convenzionali.
Forme di resistenza: espressioni vitali, segnali preziosi che ci ricordano quanto sia urgente fare in modo che queste esperienze non restino isolate, ma diventino parte di un disegno più ampio, sostenuto da risorse accessibili.
Periodicamente, drammatici bagni di realtà ci spingono a rispondere ai problemi strutturali delle periferie con misure emergenziali.
Ma ciò che serve è un approccio trasformativo, basato sull’empowerment, sulla promozione del benessere mentale, sull’educazione socio-affettiva come leva della cittadinanza attiva, su percorsi di rigenerazione urbana partecipata e sul rafforzamento di reti solidali capaci di durare nel tempo.
Perché, quando viene meno l’accesso a ciò che è essenziale – una scuola, un medico, un autobus – la vita si restringe.
Perché, quando si resta fuori dalle scelte che plasmano lo spazio comune, le aspirazioni diventano problemi da gestire.
Perché, nell’impossibilità di immaginare un futuro, il tempo degenera.
Non vanno “salvate” le periferie, vanno riconosciute per ciò che sono: luoghi abitati, complessi e vitali, attraversati da potenzialità e problematiche profonde, culture ibride e capacità di resilienza.
Per dar vita a percorsi di emancipazione e benessere in questi luoghi servono alleanze solide e un quadro di riferimento stabile, sostenuto da metodologie di finanziamento all’avanguardia. Occorre costruire le basi di un ecosistema educativo, culturale, urbano e politico che offra supporto in modo accessibile, stabile e coerente.
Intervenire, allora, non è un atto di salvataggio, ma un gesto di giustizia sociale.