Uomo dai lunghi fieri capelli,
ingannato da una seducente brezza,
scruti tra i monti l'orizzonte,
immaginando una vana speranza.
I tuoi sogni albergano in lidi nascosti,
umiliati da una penosa ed inutile fatica.
Il vespro avvolge i tuoi timori,
naufragando in un mare amaro,
tra guglie dorate e solitarie
che si scambiano ruvide parole
con rintocchi monotoni e severi.
Offeso dal sospetto di una bugia,
guardi farfalle ingoiare rospi
e senti rimbalzare le mutevoli foglie
all'ombra di un inquietante binario,
lanciato verso una nebbiosa stazione,
ingabbiata tra rovi e macerie.
Un cane disteso dorme
sotto il peso dell’arsura estiva,
mentre qualche sospettosa lucertola
guizza tra fili d’erba e mattoni.
In una lenta e soffocante solitudine,
budelli di ripide strade
si inerpicano senza pietà,
tra vecchi portoni inanimati.
Abbandonate ad un cupo destino,
da grandi valigie di colore ocra,
le vallate sono spente e silenti
come gli ultimi petali di sole.
Vaghe ombre nella sera,
consumate da infiniti rosari
e riverse su polverose piazze,
ballano intorno ad una fontana sbiadita,
invocando i tempi di un tempo.
Nessuno ascolta il suono della notte
che porta il pianto.
Nessuno vede il volto della Luna
che annuncia la fine.
Rapito da un dolore antico,
attraversi l'effimero tempo
con gli occhi confusi ed incerti
di una sofferente quotidianità.
Scivolando in una orgogliosa solitudine,
le tue sonnolente mani
si aggrappano a malinconici gesti.
Un pallido televisore sempre acceso,
dai colori spenti,
dai suoni inutili,
raccoglie i tuoi pensieri smarriti,
mentre una timida luce,
sopra un tavolo disordinato e stanco,
canta i tuoi ritmi
e i tuoi deboli ricordi.
Sentieri incantati accolgono
il tuo vago sospiro,
il tuo eterno lamento.
In terra straniera ansimanti porti,
affascinati da tormentati sogni,
si aprono al tuo impetuoso peregrinare
per storie curiose e amare leggende.
Il mondo cade sotto il peso disperato
di occhi in bilico tra il bene ed il male,
incerti tra il vuoto ed il cielo.
Sommerso da un urlo violento
biancheggia il mare in tempesta,
mentre l’agghiacciante rintocco della morte
ingoia preghiere intense ed incomprensibili.
Un pensiero raccoglie le briciole amare,
sfuggite al vortice di eventi possibili.
In lontananza singolarità opache mormorano
abbagliate da un ponte sospeso,
apparso tra le pieghe oscure del giorno.
Due sentieri confusi si scrutano,
si cercano nell’onda del tempo,
tentando di amarsi per un attimo,
ma imprigionati nelle loro solitudini
e ingannati dalle seducenti immagini
abbandonate nella loro memoria,
si ritrovano in balia di un ruvido vento
che si agita per ricordare
agli infiniti mondi,
le infinite occasioni perdute.
Stanze in disordine e alla deriva,
come vele dimenticate tra cielo e terra,
rincorrono desideri smarriti
nella confusa fretta di rompere
la quotidiana fatica delle scale.
I gradini sbiaditi e insicuri
raccontano malinconici sospiri,
mentre il marmo freddo e ruvido
ricorda ad ogni incerto passo
che la gioia muta nel lamento
di una lunga eterna notte.
Vaga in ogni silente piano
il cupo sofferente esistere,
ovattato da pareti scrostate
che racchiudono frammenti di infinito
e ascoltano pianti diversi,
nascosti da timorose porte.
Nella penombra sorda e vuota,
occhi cerulei e spenti calpestano
soffici tappeti consumati dagli anni,
osservando inquieti il fruscio del crepuscolo.
I monti annunciano la tormenta,
tuoni impetuosi abbracciano le strade,
sospingendo svolazzanti abiti
verso alberi in fuga dal vortice degli eventi.
Sui terrazzi i rossi stanchi gerani,
sconfitti dal frastuono del vento
e spogli dei loro fragili petali,
si piegano nell’attesa dell’imminente fine.
Al primo chiarore due lacrime resistono,
segnando i muri fradici della città.
Il Sole insegue la ritrosa Luna
che vorrebbe sottrarsi al perenne divenire,
ma il tempo riprende il suo perpetuo canto,
la fiera aurora riconquista l’orizzonte,
illuminando spavalda gli effimeri tetti.
Travolti dalla violenza cieca
di occhi chiusi alla pietà
e umiliati dall'avida indifferenza,
corpi affamati ed impauriti
strisciano tra gemiti e sospiri,
nascosti nella penombra guardinga
di misere stive tremolanti.
Li accompagna un mare stupito e ribelle
che scruta il fruscio della malinconica luna
abbracciata all'ultimo orizzonte.
Tra gli astri appare la nuda aurora,
mentre il Sole pallido e fradicio di dolore
si smarrisce nel sordo lamento
di una fragile e misteriosa Terra,
dove porti insicuri e brulicanti,
scolpiti con sangue innocente
e corrosi dall’acqua salmastra,
zampillante di stanche promesse,
affogano sotto un cielo plumbeo.
Una menzogna svelata
dal ricordo di una brezza estiva
e un pendolo perpetuo,
abbandonato su bianche pareti,
narrano penosi tormenti
a sorrisi feriti e spenti,
mentre un’ultima amara illusione
regala fragili evasioni.
Alfine la stanca speranza vacilla
all’ombra di una pallida luce,
velata dalla polvere della rinuncia.
Ho scritto parole
d’amore,
di conforto,
di speranza,
di dolore
su uomini felici
e donne disperate.
Mi ritrovo ora in ginocchio
a ricomporre le silenti pagine
di una malinconica vita vissuta
sotto l’ombra di una penna
che non vuole più muoversi.
Luci sparse su una tortuosa strada
e alberi stanchi,
rapiti dal dolente vespro,
mostrano forme confuse dal tempo
e da una saggia Luna.
Sorpreso da un lontano timido bagliore,
l’asfalto superbo ed indifferente
minaccia le rimbombanti nuvole
gocciolanti su annoiate città,
che rosseggiano come il sangue
versato per ogni aspro mattone,
affidato alla memoria
da una mano sporca di lavoro
e da grigie bestemmie
trasfigurate in orazioni e lacrime.
Seduto su una ruvida panchina,
un vecchio paltò
si aggrappa alla magia di un ricordo
sospeso nel vuoto,
mentre grattacieli camuffati da cipressi dorati
viaggiano verso l’infinito universo,
e finestre sospettose e profumate
ascoltano seducenti note
suonate su un distratto aperitivo.