📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA: Regole; a Diogneto ● PROFETI ● Concilio Vaticano II ● NUOVO TESTAMENTO

1Quando Geremia finì di riferire a tutto il popolo tutte le parole del Signore, loro Dio – tutte quelle parole per cui il Signore lo aveva inviato a loro –, 2Azaria, figlio di Osaià, e Giovanni, figlio di Karèach, e tutti quegli uomini superbi e ribelli dissero a Geremia: «Una menzogna stai dicendo! Non ti ha inviato il Signore, nostro Dio, a dirci: “Non andate in Egitto per dimorarvi”; 3ma Baruc, figlio di Neria, ti istiga contro di noi per consegnarci nelle mani dei Caldei, perché ci uccidano e ci deportino a Babilonia». 4Pertanto Giovanni, figlio di Karèach, e tutti i capi delle bande armate e tutto il popolo non obbedirono all’invito del Signore di rimanere nel paese di Giuda. 5Così Giovanni, figlio di Karèach, e tutti i capi delle bande armate raccolsero tutti i superstiti di Giuda, che erano ritornati per abitare nella terra di Giuda da tutte le regioni in mezzo alle quali erano stati dispersi, 6uomini, donne, bambini, le figlie del re e tutte le persone che Nabuzaradàn, capo delle guardie, aveva lasciato con Godolia, figlio di Achikàm, figlio di Safan, insieme con il profeta Geremia e con Baruc, figlio di Neria, 7e andarono nella terra d’Egitto, non avendo dato ascolto alla voce del Signore, e giunsero fino a Tafni. 8Allora la parola del Signore fu rivolta a Geremia a Tafni: 9«Prendi in mano grandi pietre e sotterrale nel fango nel terreno argilloso all’ingresso della casa del faraone a Tafni, sotto gli occhi dei Giudei. 10Quindi dirai loro: Dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Ecco, io manderò a prendere Nabucodònosor, re di Babilonia, mio servo; egli porrà il trono su queste pietre che hai sotterrato e stenderà il baldacchino sopra di esse. 11Verrà infatti e colpirà la terra d’Egitto, mandando a morte chi è destinato alla morte, alla schiavitù chi è destinato alla schiavitù e uccidendo di spada chi è destinato alla spada. 12Darà alle fiamme i templi degli dèi d’Egitto, li brucerà e porterà gli dèi in esilio, spidocchierà la terra d’Egitto come un pastore pulisce dai pidocchi il mantello, poi se ne andrà indisturbato. 13Frantumerà gli obelischi del tempio del Sole nella terra d’Egitto e darà alle fiamme i templi degli dèi d’Egitto».

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Approfondimenti

43,1-7. La reazione dei fuggiaschi è dura: rifiuto deciso del responso di Geremia come inautentico e accusa a Baruc di condizionare il profeta (v. 3). Il che sorprende: il profeta ormai anziano poteva apparire manovrabile dal più giovane segretario, ma non si capisce come questi si sia fatta la fama di fanatico sostenitore dei Babilonesi. Baruc però non viene ucciso e nemmeno staccato da Geremia, ma con lui è condotto alle soglie dell'Egitto (v. 7: «Tafni», al confine tra Egitto e Palestina, oggi Tell ed-De-fenneh, a oriente del delta del Nilo) con la massa (da non esagerare) dei rifugiati.

8-13. In risposta, Geremia compie un'azione simbolica che mima la posa del basamento per il trono di Nabucodonosor per significare che il dominio di Nabucodonosor è voluto da Dio e quindi è inutile e anzi deleterio ogni tentativo di sottrarvisi; tale dominio si sarebbe esteso fino all'Egitto, il che si verificò nel 568 con la campagna contro il faraone Amasis (cfr. vv. 11-13). Degna di nota è la designazione di un re pagano come servo di JHWH (v. 10), seppure ancora per punire sia Israele che altri popoli (l'Egitto), che anticipa una tematica del Deuteroisaia.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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La fuga in Egitto 1Tutti i capi delle bande armate e Giovanni, figlio di Karèach, e Azaria, figlio di Osaià, e tutto il popolo, piccoli e grandi, si presentarono 2al profeta Geremia e gli dissero: «Ti sia gradita la nostra supplica! Prega per noi il Signore, tuo Dio, in favore di tutto questo resto, perché noi siamo rimasti in pochi dopo essere stati molti, come vedi con i tuoi occhi. 3Il Signore, tuo Dio, ci indichi la via per la quale dobbiamo andare e che cosa dobbiamo fare». 4Il profeta Geremia rispose loro: «Comprendo! Ecco, pregherò il Signore, vostro Dio, secondo le vostre parole e vi riferirò quanto il Signore mi risponderà per voi; non vi nasconderò nulla». 5Essi allora dissero a Geremia: «Il Signore sia contro di noi testimone verace e fedele, se non faremo quanto il Signore, tuo Dio, ti dirà che dobbiamo fare. 6Che ci sia gradita o no, noi ascolteremo la voce del Signore, nostro Dio, al quale ti mandiamo, obbediremo alla voce del Signore, nostro Dio, perché ce ne venga del bene». 7Al termine di dieci giorni, la parola del Signore fu rivolta a Geremia. 8Questi chiamò Giovanni, figlio di Karèach, e tutti i capi delle bande armate che erano con lui e tutto il popolo, piccoli e grandi, 9e riferì loro: «Così dice il Signore, Dio d’Israele, al quale mi avete inviato perché gli presentassi la vostra supplica: 10Se continuate ad abitare in questa regione, vi edificherò e non vi abbatterò, vi pianterò e non vi sradicherò, perché mi pento del male che vi ho arrecato. 11Non temete il re di Babilonia, che vi incute timore; non temetelo – oracolo del Signore –, perché io sarò con voi per salvarvi e per liberarvi dalla sua mano. 12Io gli ispirerò sentimenti di pietà per voi, così egli avrà compassione di voi e vi lascerà dimorare nella vostra terra. 13Se invece, non dando retta alla voce del Signore, vostro Dio, voi direte: “Non vogliamo abitare in questo paese”, 14e direte: “No, vogliamo andare nel paese d’Egitto, perché là non vedremo guerre e non udremo il suono del corno né soffriremo carestia di pane: là abiteremo”, 15in questo caso ascoltate la parola del Signore, o resto di Giuda: Così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Se voi decidete veramente di andare in Egitto e vi andate per dimorarvi, 16ebbene, la spada che temete vi raggiungerà laggiù nella terra d’Egitto, e la fame che temete vi si attaccherà addosso laggiù in Egitto e là morirete. 17Allora tutti gli uomini che avranno deciso di recarsi in Egitto per dimorarvi moriranno di spada, di fame e di peste. Nessuno di loro scamperà o sfuggirà alla sventura che io manderò su di loro. 18Poiché così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Come si è riversato il mio furore e la mia ira contro gli abitanti di Gerusalemme, così la mia ira si riverserà contro di voi quando sarete andati in Egitto. Voi sarete oggetto di maledizione, di orrore, di esecrazione e di obbrobrio e non vedrete mai più questo luogo». 19Questo vi dice il Signore, o superstiti di Giuda: «Non andate in Egitto. Sappiate bene che oggi io vi ho solennemente avvertiti, 20poiché avete messo a rischio le vostre vite, quando mi avete mandato dal Signore, vostro Dio, dicendomi: “Intercedi per noi presso il Signore, nostro Dio, riferiscici ciò che il Signore, nostro Dio, dirà e noi lo eseguiremo”. 21Oggi ve l’ho riferito, ma voi non ascoltate la voce del Signore, vostro Dio, riguardo a tutto ciò per cui mi ha inviato a voi. 22Perciò sappiate bene che morirete di spada, di fame e di peste nel luogo in cui volete andare a dimorare».

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Approfondimenti

La fuga in Egitto 42,1-22 La fuga in Egitto è preceduta da un concitato dialogo tra Geremia e i capi dei fuggiaschi. L'invito al profeta di pregare è in questo caso in relazione alla funzione di veggente, in grado di interpretare la volontà di Dio. La domanda, però, o è apertamente formalistica, dal momento che si è già decisi ad attuare il progetto di fuga (cfr. 41,17), oppure è fatta con la speranza che Dio accolga i loro disegni. Il responso si fa attendere dieci giorni (v. 7): la parola di Dio è sempre sovranamente libera e si fa sentire quando Dio ha deciso e come a lui è piaciuto. Tuttavia non è estranea al testo l'idea di una certa preparazione, da parte del profeta, a tale comunicazione, la quale è insieme di compassione e di minaccia. Dio ha pietà del popolo martoriato e gli assicura la sua protezione misericordiosa se rimane in Palestina. Altrimenti sarà maggiormente castigato; tanto più che si tratterebbe di flagrante violazione della parola data (v. 20; cfr. vv. 5s.). Questa requisitoria del profeta, in forza del v. 21 suppone negli uditori la volontà aperta di non accettare il responso, per cui contenutisticamente i vv. 19-21 si collocano meglio dopo 43,3. La ragione del divieto di andare in Egitto sembra essere: politicamente l'intento di non lasciare ancor più spopolata la terra di Israele, in vista di una ricostruzione; religiosamente la richiesta di un atto di fiducia in Dio e conseguentemente di coraggio nell'affrontare situazioni di pericolo.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1Ora, nel settimo mese, Ismaele, figlio di Netania, figlio di Elisamà, di stirpe regale, si recò con dieci uomini da Godolia, figlio di Achikàm, a Mispa, e mentre là a Mispa prendevano cibo insieme, 2Ismaele, figlio di Netania, si alzò con i suoi dieci uomini e colpì di spada Godolia, figlio di Achikàm, figlio di Safan. Così uccisero colui che il re di Babilonia aveva messo a capo del paese. 3Ismaele uccise anche tutti i Giudei che erano con Godolia a Mispa e i Caldei, tutti uomini d’arme, che si trovavano là. 4Due giorni dopo l’uccisione di Godolia, quando nessuno sapeva della cosa, 5giunsero uomini da Sichem, da Silo e da Samaria: ottanta uomini con la barba rasa, le vesti stracciate e con incisioni sul corpo. Essi avevano nelle mani offerte e incenso da portare nel tempio del Signore. 6Ismaele, figlio di Netania, uscì loro incontro da Mispa, mentre essi venivano avanti piangendo. Quando li ebbe raggiunti, disse loro: «Venite da Godolia, figlio di Achikàm». 7Ma quando giunsero nel centro della città, Ismaele, figlio di Netania, con i suoi uomini li sgozzò e li gettò in una cisterna. 8Fra quelli si trovavano dieci uomini, che dissero a Ismaele: «Non ucciderci, perché abbiamo nascosto provviste nei campi: grano, orzo, olio e miele». Allora egli si trattenne e non li uccise insieme con i loro fratelli. 9La cisterna in cui Ismaele gettò tutti i cadaveri degli uomini che aveva ucciso era la cisterna grande, quella che il re Asa aveva costruito quando era in guerra contro Baasà, re d’Israele; Ismaele, figlio di Netania, la riempì dei cadaveri. 10Poi Ismaele fece prigioniero il resto del popolo che si trovava a Mispa, le figlie del re e tutto il popolo rimasto a Mispa, su cui Nabuzaradàn, capo delle guardie, aveva messo a capo Godolia, figlio di Achikàm. Ismaele, figlio di Netania, li condusse via e partì per rifugiarsi presso gli Ammoniti. 11Intanto Giovanni, figlio di Karèach, e tutti i capi delle bande armate che erano con lui ebbero notizia di tutto il male compiuto da Ismaele, figlio di Netania. 12Raccolsero i loro uomini e si mossero per andare ad assalire Ismaele, figlio di Netania. Essi lo trovarono presso la grande piscina di Gàbaon. 13Appena tutto il popolo che era con Ismaele vide Giovanni, figlio di Karèach, e tutti i capi delle bande armate che erano con lui, se ne rallegrò. 14Tutto il popolo che Ismaele aveva condotto via da Mispa si voltò e, ritornato indietro, raggiunse Giovanni, figlio di Karèach. 15Ma Ismaele, figlio di Netania, sfuggì con otto uomini a Giovanni e andò presso gli Ammoniti. 16Giovanni, figlio di Karèach, e tutti i capi delle bande armate che erano con lui presero tutto il resto del popolo che Ismaele, figlio di Netania, aveva condotto via da Mispa dopo aver ucciso Godolia, figlio di Achikàm, uomini d’arme, donne, fanciulli e cortigiani, e li condussero via da Gàbaon. 17Essi partirono e sostarono a Gherut-Chimàm, che si trova vicino a Betlemme, per proseguire ed entrare in Egitto, 18lontano dai Caldei. Avevano infatti paura di loro, poiché Ismaele, figlio di Netania, aveva ucciso Godolia, figlio di Achikàm, che il re di Babilonia aveva messo a capo del paese.

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Approfondimenti

41,4-18. Il seguito degli eventi è un confuso intreccio di massacri, fughe e inseguimenti, intriso di crudeltà e tradimento. Viene trucidato un gruppo di pellegrini (vv. 4-7) in lutto che dal nord andava a Gerusalemme, segno che la distruzione del tempio non era stata così totale da impedire ogni espressione di culto e che il tempio stesso manteneva in qualche modo valore di santuario anche per le popolazioni dell'ex-regno settentrionale. Ismaele li fa massacrare e gettare in una grande cisterna. Il movente dell'eccidio sembra sia stata la rapina, magari congiunta con la preoccupazione di nascondere il più a lungo possibile l'assassinio del governatore. Dopo di ciò Ismaele prende (come ostaggi?) membri della famiglia reale («le figlie del re»: v. 10) e fugge verso oriente. Evidentemente non tutta la famiglia reale era stata condotta prigioniera in Babilonia (cfr. anche v. 16: «eunuchi») e il rastrellamento delle forze antibabilonesi non era stato molto accurato. I gruppo di Giovanni, più consistente, riesce a liberare i prigionieri di Ismaele e si avvia verso l'Egitto, per timore che le truppe babilonesi facciano pagare a tutti l'attentato inconsulto di Ismaele.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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VERSO LA FINE

Godolia, speranza troncata 1Questa parola fu rivolta a Geremia dal Signore, dopo che Nabuzaradàn, capo delle guardie, lo aveva rimandato libero da Rama, avendolo preso mentre era legato con catene in mezzo a tutti i deportati di Gerusalemme e di Giuda, che venivano condotti in esilio a Babilonia. 2Il capo delle guardie prese Geremia e gli disse: «Il Signore, tuo Dio, ha predetto questa sventura per questo luogo. 3Il Signore l’ha mandata, compiendo quanto aveva minacciato, perché voi avete peccato contro il Signore e non avete ascoltato la sua voce; perciò vi è capitata una cosa simile. 4Ora ecco, oggi ti sciolgo queste catene dalle mani. Se vuoi venire con me a Babilonia, vieni: io veglierò su di te. Se invece preferisci non venire con me a Babilonia, rimani. Vedi, tutto il paese sta davanti a te: va’ pure dove ti pare opportuno. 5Torna pure presso Godolia, figlio di Achikàm, figlio di Safan, che il re di Babilonia ha messo a capo delle città di Giuda. Rimani con lui in mezzo al popolo oppure va’ dove ti pare opportuno». Il capo delle guardie gli diede provviste di cibo e un regalo e lo licenziò. 6Allora Geremia andò a Mispa da Godolia, figlio di Achikàm, e si stabilì con lui tra il popolo che era rimasto nel paese. 7Tutti i capi delle bande armate, che si erano dispersi per la regione con i loro uomini, vennero a sapere che il re di Babilonia aveva messo a capo del paese Godolia, figlio di Achikàm, e gli aveva affidato gli uomini, le donne, i bambini e i poveri del paese che non erano stati deportati a Babilonia. 8Si recarono allora da Godolia, a Mispa, Ismaele, figlio di Netania, Giovanni e Giònata, figli di Karèach, Seraià, figlio di Tancùmet, i figli di Efài, il Netofatita, e Iezania, figlio del Maacatita, con i loro uomini. 9Godolia, figlio di Achikàm, figlio di Safan, giurò a loro e ai loro uomini: «Non temete gli ufficiali dei Caldei; rimanete nella terra e servite il re di Babilonia e vi troverete bene. 10Quanto a me, ecco, io mi stabilisco a Mispa come vostro rappresentante di fronte ai Caldei che verranno da noi; ma voi fate pure la raccolta del vino, della frutta e dell’olio, riponete tutto nei vostri magazzini e dimorate nelle città da voi occupate». 11Anche tutti i Giudei che si trovavano in Moab, tra gli Ammoniti, in Edom e in tutte le altre regioni, seppero che il re di Babilonia aveva lasciato un resto di Giuda e vi aveva messo a capo Godolia, figlio di Achikàm, figlio di Safan. 12Tutti questi Giudei ritornarono da tutti i luoghi nei quali si erano dispersi e vennero nel paese di Giuda presso Godolia a Mispa. Raccolsero vino e frutta in grande abbondanza. 13Ora Giovanni, figlio di Karèach, e tutti i capi delle bande armate che si erano dispersi per la regione, si recarono da Godolia a Mispa 14e gli dissero: «Non sai che Baalìs, re degli Ammoniti ha mandato Ismaele, figlio di Netania, per toglierti la vita?». Ma Godolia, figlio di Achikàm, non credette loro. 15Allora Giovanni, figlio di Karèach, disse segretamente a Godolia, a Mispa: «Io andrò a colpire Ismaele, figlio di Netania, senza che nessuno lo sappia. Perché egli dovrebbe toglierti la vita? Si disperderebbero allora tutti i Giudei che si sono raccolti intorno a te e perirebbe il resto di Giuda!». 16Ma Godolia, figlio di Achikàm, rispose a Giovanni, figlio di Karèach: «Non commettere una cosa simile, perché è una menzogna quanto tu dici di Ismaele».

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Approfondimenti

40,1-45,5. Con questo blocco di racconti si esauriscono le informazioni su Geremia, a partire dal suo rilascio in Palestina al seguito di Godolia sino alla sua deportazione forzata in Egitto con un gruppo di Giudei, timorosi della rappresaglia babilonese dopo l'assassinio del governatore. Le notizie sono in parte scarne, lacunose e un poco incoerenti; in parte ripetitive e prolisse, segno di un lavoro di trasmissione e di redazione complesso. È in ogni caso significativo che il brano di chiusura, a prescindere dall'oracolo di benedizione su Baruc (45,1-5) che lascia trapelare la mano dell'estensore dei ricordi, sia costituito da due episodi in certo modo emblematici: il contrasto con i capi circa l'opportunità di andare in Egitto (41,1-43,13) e il contrasto con il popolino circa i culti idolatrici (44,1-30): per mostrare che il “profeta contro voglia” fino all'ultimo ha assolto il suo compito di portavoce di Dio, ma la sua parola si è urtata contro l'ottusità dei capi e del popolo (cfr. 1,18b) ed è finito vittima del suo ministero. Possiamo distinguere vari momenti in questo cammino verso la fine.

40,1-6. La prima fase inizia con il profeta a Rama (v. 2), villaggio a una decina di km a nord di Gerusalemme, insieme agli altri prigionieri (vv. 1.4) in viaggio verso l'esilio, in contrasto con quanto detto in 39,11-14 circa la sua liberazione. Probabilmente siamo di fronte a due ricordi non coincidenti degli avvenimenti di cui il secondo rispecchia meglio lo svolgimento dei fatti, in quanto l'effettiva condizione di libertà sarebbe venuta dopo un breve periodo di detenzione dovuta al marasma dei primi giorni dopo l'occupazione. Si può anche dire che 39,11ss. racconta subito la soluzione finale, mentre 40,1-6 è più dettagliato. Le frasi, poi, poste in bocca a Nabucodonosor (vv. 1-3), rispecchianti temi ed espressioni della fede di Israele, fanno parte di un cliché letterario, ma non è improbabile che in effetti i Babilonesi strumentalizzassero in qualche modo le parole del profeta per convalidare la vittoria e i conseguenti provvedimenti punitivi. Geremia liberato si reca da Godolia che apparteneva a una famiglia di funzionari regi (= scribi: cfr. 2Re 22,3: Satan, scriba di Giosia; suo figlio Achikam, 2Re 22,12; Ghemaria, altro figlio di Sefan, scriba di Ioiakim; Ger 36,10ss.) vicina al profeta che difese in più di una circostanza (cfr. 26,24; 36,25). Mizpa, a ca. 13 km a nord di Gerusalemme, rivestì una certa importanza nel passato come sede di assemblea per le tribù (cfr. Gdc 20,1-3; 21,1-8; 1Sam 7,5-12; 10,17), luogo di culto (cfr. Os 5,1) e città fortificata del nord alla frontiera con Giuda (cfr. 1Re 15,22).

40,7-41,3. Il racconto dell'uccisione di Godolia per opera di un gruppo di fanatici lascia intravedere un clima di turbolenza per la lotta tra bande rivali e di dissesto economico al quale aveva cercato di porre rimedio il governatore. I «capi dell'esercito» (v. 7) sono ufficiali superiori riusciti a sfuggire alla cattura, con brandelli di truppe di cui poteva avvalersi qualche mestatore. L'iniziativa di Baalis (v. 14) tende alla destabilizzazione politica nella zona con mire espansionistiche, avvalendosi della rivalità, tra i superstiti, delle grandi famiglie giudee rimaste in Palestina. L'assassino di Godolia, infatti, è di stirpe davidica (cfr. 41, 1).

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Sorte di Geremia 1Nel decimo mese del nono anno di Sedecìa, re di Giuda, Nabucodònosor, re di Babilonia, con tutto il suo esercito arrivò a Gerusalemme e l’assediò. 2Nel quarto mese dell’anno undicesimo di Sedecìa, il nove del mese, fu aperta una breccia nella città, 3entrarono tutti i generali del re di Babilonia e si stabilirono alla porta di mezzo: Nergal-Sarèser di Sin-Maghìr, Nebosar-Sechìm, capo dei funzionari, Nergal-Sarèser, comandante delle truppe di frontiera, e tutti gli altri capi del re di Babilonia. 4Appena videro ciò, Sedecìa, re di Giuda, e tutti i suoi guerrieri fuggirono, uscendo di notte per la via del giardino del re, attraverso la porta fra le due mura, e presero la via dell’Araba. 5Ma i soldati dei Caldei li inseguirono e raggiunsero Sedecìa nelle steppe di Gerico, lo presero e lo condussero a Ribla, nel paese di Camat, presso Nabucodònosor, re di Babilonia, che pronunciò la sentenza su di lui. 6Il re di Babilonia fece ammazzare i figli di Sedecìa a Ribla, sotto i suoi occhi; il re di Babilonia fece ammazzare anche tutti i notabili di Giuda. 7Cavò poi gli occhi a Sedecìa e lo fece mettere in catene per condurlo a Babilonia. 8I Caldei diedero alle fiamme la reggia e le case del popolo e demolirono le mura di Gerusalemme. 9Nabuzaradàn, capo delle guardie, deportò a Babilonia il resto del popolo rimasto in città e i disertori che erano passati a lui. 10Nabuzaradàn, capo delle guardie, lasciò nel paese di Giuda i poveri del popolo, che non avevano nulla, assegnando loro vigne e campi in tale occasione. 11Quanto a Geremia, Nabucodònosor, re di Babilonia, aveva dato queste disposizioni a Nabuzaradàn, capo delle guardie: 12«Prendilo e tieni gli occhi su di lui, non fargli alcun male, ma trattalo come egli ti dirà». 13Essi allora – cioè Nabuzaradàn, capo delle guardie, Nabusazbàn, capo dei funzionari, Nergal-Sarèser, comandante delle truppe di frontiera, e tutti gli alti ufficiali del re di Babilonia – 14mandarono a prendere Geremia dall’atrio della prigione e lo consegnarono a Godolia, figlio di Achikàm, figlio di Safan, perché lo conducesse a casa. Così egli rimase in mezzo al popolo. 15A Geremia era stata rivolta questa parola del Signore, quando era ancora rinchiuso nell’atrio della prigione: 16«Va’ a dire a Ebed-Mèlec, l’Etiope: Così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Ecco, io pongo in atto le mie parole contro questa città, a sua rovina e non a suo bene; in quel giorno esse si avvereranno sotto i tuoi occhi. 17Ma io ti libererò in quel giorno – oracolo del Signore – e non sarai consegnato in mano agli uomini che tu temi. 18Poiché, certo, io ti salverò; non cadrai di spada, ma ti sarà conservata la vita come tuo bottino, perché hai avuto fiducia in me». Oracolo del Signore.

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Approfondimenti

Sorte di Geremia 39,1-18 Il capitolo si è formato probabilmente a partire da ricordi sulla sorte di Geremia al momento della presa di Gerusalemme (vv. 11-14), ai quali si aggiunsero poi annotazioni cronologiche (vv. 1-10) desunte altrove (cfr. 2Re 25,1-4a; Ger 52,4-7a). Il tutto per fornire un quadro della rovina del re e della casa regnante e mostrare così l'avveramento delle parole del profeta che riceve invece dai Caldei un trattamento di riguardo. Chiude il capitolo un oracolo di benedizione per Ebed-Melech, riportandoci indietro al periodo della detenzione del profeta: per completare il quadro della sorte di coloro che gli sono stati attorno in quel periodo.

1-10. La data indicata (v. 1) corrisponde all'inizio del 588 essendo stato fatto re Sedecia nel 597. Il versetto compendia l'anno e mezzo di durata dell'assedio di Gerusalemme che ebbe la svolta decisiva nel giugno-luglio 587 («quarto mese dell'anno undicesimo di Sedecia»: (v. 2) con lo sfondamento delle mura della città e l'irruzione delle truppe caldee (v. 3). Il re cerca di fuggire dalla parte sud della città («giardino del re»: v. 4) per mettersi in salvo al di là del Giordano, forse sperando di giungere fino in Egitto. L'«Araba» è la regione che si stende a sud del Mar Morto sino al golfo di Agaba. La fuga del re, com'era prevedibile, non riesce e ne compromette irrimediabilmente la situazione di fronte a Nabucodonosor che lo fa crudelmente torturare (vv. 6-7) nel suo quartiere generale a Ribla, nella Siria meridionale, sul fiume Oronte.

11-14. L'affidamento di Geremia a Godolia, governatore del territorio dopo la partenza delle truppe babilonesi (cfr. 40,7), esprime il trattamento di riguardo che i vincitori riservano al profeta. L'annotazione (v. 14) che questi «rimase in mezzo al popolo» intende anche esprimere la scelta di condivisione (cfr. 40, 6) della sorte di coloro che sono rimasti in Palestina.

15-18. La promessa di liberazione per l'eunuco Ebed-Melech ha la forma dell'oracolo di salvezza. Non si racconta l'avveramento ma lo si suppone realizzato.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Geremia nella cisterna 1Sefatia, figlio di Mattàn, Godolia, figlio di Pascur, Iucal, figlio di Selemia, e Pascur, figlio di Malchia, udirono le parole che Geremia rivolgeva a tutto il popolo: 2«Così dice il Signore: Chi rimane in questa città morirà di spada, di fame e di peste; chi si consegnerà ai Caldei vivrà e gli sarà lasciata la vita come bottino e vivrà. 3Così dice il Signore: Certo questa città sarà data in mano all’esercito del re di Babilonia, che la prenderà». 4I capi allora dissero al re: «Si metta a morte quest’uomo, appunto perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché quest’uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male». 5Il re Sedecìa rispose: «Ecco, egli è nelle vostre mani; il re infatti non ha poteri contro di voi». 6Essi allora presero Geremia e lo gettarono nella cisterna di Malchia, un figlio del re, la quale si trovava nell’atrio della prigione. Calarono Geremia con corde. Nella cisterna non c’era acqua ma fango, e così Geremia affondò nel fango. 7Ebed-Mèlec, l’Etiope, un eunuco che era nella reggia, sentì che Geremia era stato messo nella cisterna. Ora, mentre il re stava alla porta di Beniamino, 8Ebed-Mèlec uscì dalla reggia e disse al re: 9«O re, mio signore, quegli uomini hanno agito male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremia, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame là dentro, perché non c’è più pane nella città». 10Allora il re diede quest’ordine a Ebed-Mèlec, l’Etiope: «Prendi con te tre uomini di qui e tira su il profeta Geremia dalla cisterna prima che muoia». 11Ebed-Mèlec prese con sé gli uomini, andò nella reggia, nel guardaroba del magazzino e, presi di là pezzi di vestiti logori, li gettò a Geremia nella cisterna con delle corde. 12Ebed-Mèlec, l’Etiope, disse a Geremia: «Su, mettiti questi pezzi di vestiti logori sotto le ascelle e poi, sotto, metti le corde». Geremia fece così. 13Allora lo tirarono su con le corde, facendolo uscire dalla cisterna, e Geremia rimase nell’atrio della prigione.

Ultimo colloquio con Sedecia 14Il re Sedecìa mandò a prendere il profeta Geremia e, fattolo venire presso di sé al terzo ingresso del tempio del Signore, il re gli disse: «Ti domando una cosa, non nascondermi nulla!». 15Geremia rispose a Sedecìa: «Se te la dico, non mi farai forse morire? E se ti do un consiglio, non mi darai ascolto». 16Allora il re Sedecìa giurò in segreto a Geremia: «Com’è vero che vive il Signore che ci ha dato questa vita, non ti farò morire né ti consegnerò in mano di quegli uomini che vogliono la tua vita!». 17Geremia allora disse a Sedecìa: «Dice il Signore, Dio degli eserciti, Dio d’Israele: Se ti arrenderai ai generali del re di Babilonia, allora avrai salva la vita e questa città non sarà data alle fiamme; tu e la tua famiglia vivrete. 18Se invece non ti arrenderai ai generali del re di Babilonia, allora questa città sarà messa in mano ai Caldei, i quali la daranno alle fiamme e tu non scamperai dalle loro mani». 19Il re Sedecìa rispose a Geremia: «Ho paura dei Giudei che sono passati ai Caldei; temo di essere consegnato nelle loro mani e che essi mi maltrattino». 20Ma Geremia disse: «Non ti consegneranno a loro. Ascolta la voce del Signore riguardo a ciò che ti dico, e ti andrà bene e vivrai. 21Se, invece, rifiuti di arrenderti, questo il Signore mi ha mostrato: 22Ecco, tutte le donne rimaste nella reggia di Giuda saranno condotte ai generali del re di Babilonia e diranno: “Ti hanno ingannato e hanno prevalso gli uomini di tua fiducia. I tuoi piedi si sono affondati nella melma, mentre essi sono spariti”. 23Tutte le donne e tutti i tuoi figli saranno condotti ai Caldei e tu non sfuggirai alle loro mani, ma sarai tenuto prigioniero in mano del re di Babilonia e questa città sarà data alle fiamme». 24Sedecìa disse a Geremia: «Nessuno sappia di questi discorsi, altrimenti morirai. 25Se i dignitari sentiranno che ho parlato con te e verranno da te e ti domanderanno: “Raccontaci quanto hai detto al re, non nasconderci nulla, altrimenti ti uccideremo e raccontaci che cosa ti ha detto il re”, 26tu risponderai loro: “Ho presentato la supplica al re perché non mi mandi di nuovo nella casa di Giònata a morirvi”». 27Ora tutti i dignitari vennero da Geremia e lo interrogarono; egli rispose proprio come il re gli aveva ordinato, e perciò lo lasciarono tranquillo, poiché non era trapelato nulla della conversazione. 28Geremia rimase nell’atrio della prigione fino al giorno in cui fu presa Gerusalemme.

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Approfondimenti

Geremia nella cisterna 38,1-13 Il secondo imprigionamento di Geremia è causato dal suo invito ad arrendersi ai Caldei per aver salva la vita: alcuni capi denunciano il profeta al re, non direttamente per eliminarlo ma per neutralizzarne l'influenza sul popolo e punirlo. Chi si preoccupa per lui è un forestiero, un funzionario («eunuco») di razza cuscita, che lo estrae dalla cisterna, issandolo con una corda passata sotto le ascelle previamente imbottite di stracci.

Ultimo colloquio con Sedecia 38,14-28 Ultimo colloquio di Geremia con Sedecia che praticamente è prigioniero degli estremisti. Il profeta non può che ribadire l'esortazione alla resa, ma neppure il preannuncio degli scherni che riceverà da parte delle donne riesce a vincere l'indecisione del re.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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NELLA BUFERA

Geremia e Sedecia 1Sedecìa, figlio di Giosia, divenne re al posto di Conìa, figlio di Ioiakìm; Nabucodònosor, re di Babilonia, lo nominò re nella terra di Giuda. 2Ma né lui né i suoi ministri né il popolo del paese ascoltarono le parole che il Signore aveva pronunciato per mezzo del profeta Geremia. 3Il re Sedecìa inviò allora Iucal, figlio di Selemia, e il sacerdote Sofonia, figlio di Maasia, dal profeta Geremia per dirgli: «Prega per noi il Signore, nostro Dio». 4Geremia intanto andava e veniva in mezzo al popolo e non era stato ancora messo in prigione. 5Inoltre l’esercito del faraone si era mosso dall’Egitto e i Caldei, che assediavano Gerusalemme, appena ne avevano avuto notizia, si erano allontanati da Gerusalemme. 6Allora la parola del Signore fu rivolta al profeta Geremia: 7«Così dice il Signore, Dio d’Israele: Riferite al re di Giuda, che vi ha mandati a consultarmi: Ecco, l’esercito del faraone, uscito in vostro aiuto, ritornerà nel suo paese, l’Egitto; 8i Caldei ritorneranno, combatteranno contro questa città, la prenderanno e la daranno alle fiamme. 9Così dice il Signore: Non illudetevi pensando che i Caldei se ne vadano, perché non se ne andranno. 10Anche se riusciste a battere tutto l’esercito dei Caldei che combattono contro di voi, e rimanessero solo alcuni feriti, costoro sorgerebbero ciascuno dalla propria tenda e darebbero alle fiamme questa città». 11Mentre l’esercito dei Caldei era lontano da Gerusalemme per l’avanzata dell’esercito del faraone, 12Geremia uscì da Gerusalemme per andare nella terra di Beniamino a prendervi una parte di eredità tra i suoi parenti. 13Ma alla porta di Beniamino si imbatté in un incaricato del servizio di guardia chiamato Ieria, figlio di Selemia, figlio di Anania; costui arrestò il profeta Geremia dicendo: «Tu passi ai Caldei!». 14Geremia rispose: «È falso! Io non passo ai Caldei». Ma quegli non gli diede retta. E così Ieria arrestò Geremia e lo condusse dai capi. 15I capi erano sdegnati contro Geremia, lo percossero e lo gettarono in prigione nella casa di Giònata, lo scriba, che avevano trasformato in un carcere. 16Geremia entrò in una cisterna sotterranea a volta e rimase là molti giorni. 17Il re Sedecìa mandò a prenderlo e lo interrogò in casa sua, di nascosto: «C’è qualche parola da parte del Signore?». Geremia rispose: «Sì» e precisò: «Tu sarai dato in mano al re di Babilonia». 18Geremia poi disse al re Sedecìa: «Quale colpa ho commesso contro di te, contro i tuoi ministri e contro questo popolo, perché mi abbiate messo in prigione? 19E dove sono i vostri profeti che vi predicevano: “Il re di Babilonia non verrà contro di voi e contro questo paese”? 20Ora ascolta, o re, mio signore: la mia supplica ti giunga gradita. Non rimandarmi nella casa di Giònata, lo scriba, perché io non vi muoia». 21Il re Sedecìa comandò di custodire Geremia nell’atrio della prigione e gli fu data ogni giorno una focaccia di pane, proveniente dalla via dei fornai, finché non fu esaurito tutto il pane in città. Così Geremia rimase nell’atrio della prigione.

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Approfondimenti

NELLA BUFERA 37,1-39,18. Crediamo utile separare questi capitoli, che pure formano un racconto continuato con i successivi cc. 40-45, non solo per ragione di suddivisione, ma anche perché trattano un argomento in sé abbastanza concluso e capitale: la caduta di Gerusalemme e la rovina della famiglia reale, con gli eventi immediatamente precedenti. L'angolo di lettura degli eventi è per il narratore non propriamente la sorte del casato di Davide o della città, bensì le sofferenze del profeta che qui entra veramente nella “passione” e ne beve il calice amaro.

Geremia e Sedecia 37,1-38,28 I capitoli 37 e 38 vanno considerati congiuntamente perché gli episodi narrati sono collegati sia cronologicamente, collocandosi al tempo dell'assedio di Gerusalemme nel 587, all'epoca del momentaneo allontanamento dell'esercito caldeo (cfr. c. 32), sia tematicamente, poiché gravitano attorno all'imprigionamento del profeta in una cisterna. Il fatto è raccontato come accaduto due volte, ma è possibile che si tratti di un unico episodio che la tradizione ha trasmesso con leggere variazioni. Attorno a questo nucleo della “passione” di Geremia si dispongono altri fatti e in particolare due colloqui con il re Sedecia, collocati all'inizio (37,1-10) e alla fine (38,14-28) per contrastare il sereno coraggio del profeta con l'incerto ed equivoco comportamento del re.

37,1-10. Che il brano provenga da altro contesto, appare dal fatto che sono compendiate (vv. 1-2) le vicende di Sedecia per introdurre il colloquio con il profeta. La situazione va facendosi disperata e l'uomo di Dio è l'unica speranza. In realtà il comportamento di Sedecia nei confronti di Geremia è incostante, come il suo carattere, e risente delle pressioni che riceve dalle varie fazioni politiche, anche se è da credere che spontaneamente fosse piuttosto incline a fidarsi del profeta. In ogni caso, la risposta di Geremia (vv. 6-10) è dura e inequivocabile: non c'è speranza di salvezza per la città.

11-16. Probabilmente la questione dell'eredità di cui qui si parla e l'acquisto del campo, di cui al c. 32, sono collegati. La temporanea sospensione dell'assedio consente agli abitanti di Gerusalemme di spingersi nei dintorni per approvvigionamento e anche per riallacciare contatti, il che significa che l'esercito babilonese non aveva fatto terra bruciata attorno alla città. Ma si era anche creato un clima di sospetto e di nervosismo all'interno della città, come prova l'accusa di passaggio al nemico rivolta a Geremia che cercava di andare ad Anatot. A meno che non si tratti di un pretesto per mettere le mani sul profeta e disfarsene.

17-21. La scena dell'incontro con il re mette in luce un duplice aspetto del profeta: la fedeltà alla sua missione che gli fa enunciare con franchezza al re il suo destino (v. 17b) e la sua umanità che lo induce a chiedere una riduzione della pena. Ma anche lascia scorgere la simpatia del re per il profeta e fa intuire, con un solo cenno, la tragica situazione della città in quel frangente («finché non fu esaurito tutto il pane in città»: v. 21).

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Le vicende del rotolo 1Nel quarto anno di Ioiakìm, figlio di Giosia, re di Giuda, fu rivolta a Geremia da parte del Signore questa parola: 2«Prendi un rotolo e scrivici tutte le parole che ti ho detto riguardo a Gerusalemme, a Giuda e a tutte le nazioni, dal tempo di Giosia fino ad oggi. 3Forse quelli della casa di Giuda, sentendo tutto il male che mi propongo di fare loro, abbandoneranno la propria condotta perversa e allora io perdonerò le loro iniquità e i loro peccati». 4Geremia chiamò Baruc, figlio di Neria, e Baruc scrisse su un rotolo, sotto dettatura di Geremia, tutte le cose che il Signore aveva detto a quest’ultimo. 5Quindi Geremia ordinò a Baruc: «Io sono impedito e non posso andare nel tempio del Signore. 6Andrai dunque tu nel tempio del Signore in un giorno di digiuno a leggere nel rotolo, che hai scritto sotto la mia dettatura, le parole del Signore; le leggerai al popolo e a tutti quelli di Giuda che sono venuti dalle loro città. 7Forse si umilieranno con suppliche dinanzi al Signore e ciascuno abbandonerà la sua condotta perversa, perché grande è l’ira e il furore che il Signore ha manifestato verso questo popolo». 8Baruc, figlio di Neria, fece quanto gli aveva comandato il profeta Geremia, e lesse dal rotolo le parole del Signore nel tempio del Signore. 9Nel quinto anno di Ioiakìm, figlio di Giosia, re di Giuda, nel nono mese, fu indetto un digiuno davanti al Signore per tutto il popolo di Gerusalemme e per tutto il popolo che era venuto dalle città di Giuda a Gerusalemme. 10Baruc dunque lesse nel rotolo facendo udire a tutto il popolo le parole di Geremia, nel tempio del Signore, nella stanza di Ghemaria, figlio di Safan, lo scriba, nel cortile superiore, presso l’ingresso della porta Nuova del tempio del Signore. 11Michea, figlio di Ghemaria, figlio di Safan, udite tutte le parole del Signore lette dal libro, 12scese alla reggia nella stanza dello scriba; ed ecco, là si trovavano in seduta tutti i capi: Elisamà, lo scriba, e Delaià, figlio di Semaià, Elnatàn, figlio di Acbor, Ghemaria, figlio di Safan, e Sedecìa, figlio di Anania, insieme con tutti i capi. 13Michea riferì loro tutte le parole che aveva udito quando Baruc leggeva nel rotolo al popolo in ascolto. 14Allora tutti i capi inviarono Iudì, figlio di Netania, figlio di Selemia, figlio di Cusì, da Baruc per dirgli: «Prendi in mano il rotolo che leggevi al popolo e vieni». Baruc, figlio di Neria, prese il rotolo in mano e si recò da loro. 15Ed essi gli dissero: «Siedi e leggi davanti a noi». Baruc lesse davanti a loro. 16Quando udirono tutte quelle parole, si guardarono l’un l’altro pieni di paura e dissero a Baruc: «Dobbiamo riferire al re tutte queste parole». 17Poi chiesero a Baruc: «Raccontaci come hai fatto a scrivere tutte queste parole». 18Baruc rispose: «Geremia mi dettava personalmente tutte queste parole e io le scrivevo nel rotolo con l’inchiostro». 19I capi dissero a Baruc: «Va’ e nasconditi insieme con Geremia; nessuno sappia dove siete». 20Essi poi si recarono dal re nell’appartamento interno, dopo aver riposto il rotolo nella stanza di Elisamà, lo scriba, e riferirono al re tutte queste parole. 21Allora il re mandò Iudì a prendere il rotolo. Iudì lo prese dalla stanza di Elisamà, lo scriba, e lo lesse davanti al re e a tutti i capi che stavano presso il re. 22Il re sedeva nel palazzo d’inverno – si era al nono mese –, con un braciere acceso davanti. 23Ora, quando Iudì aveva letto tre o quattro colonne, il re le lacerava con il temperino da scriba e le gettava nel fuoco sul braciere, finché l’intero rotolo non fu distrutto nel fuoco del braciere. 24Il re e tutti i suoi ministri non tremarono né si strapparono le vesti all’udire tutte quelle parole. 25Eppure Elnatàn, Delaià e Ghemaria avevano supplicato il re di non bruciare il rotolo, ma egli non diede loro ascolto. 26Anzi, ordinò a Ieracmeèl, un figlio del re, a Seraià, figlio di Azrièl, e a Selemia, figlio di Abdeèl, di arrestare lo scriba Baruc e il profeta Geremia, ma il Signore li aveva nascosti. 27Dopo che il re ebbe bruciato il rotolo con le parole che Baruc aveva scritto sotto dettatura di Geremia, la parola del Signore fu rivolta a Geremia: 28«Prendi un altro rotolo e scrivici tutte le parole che erano nel primo rotolo bruciato da Ioiakìm, re di Giuda. 29Contro Ioiakìm, re di Giuda, dirai: Dice il Signore: Tu hai bruciato quel rotolo, dicendo: “Perché hai scritto: verrà il re di Babilonia, devasterà questo paese e farà scomparire uomini e bestie?”. 30Per questo dice il Signore contro Ioiakìm, re di Giuda: Non avrà un erede sul trono di Davide; il suo cadavere sarà esposto al caldo del giorno e al freddo della notte. 31Io punirò lui, la sua discendenza e i suoi ministri per le loro iniquità e manderò su di loro, sugli abitanti di Gerusalemme e sugli uomini di Giuda, tutto il male che ho minacciato, senza che mi abbiano dato ascolto». 32Geremia prese un altro rotolo e lo consegnò a Baruc, figlio di Neria, lo scriba, il quale vi scrisse, sotto dettatura di Geremia, tutte le parole del rotolo che Ioiakìm, re di Giuda, aveva bruciato nel fuoco; inoltre vi furono aggiunte molte parole simili a quelle.

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Approfondimenti

Le vicende del rotolo 36,1-32 Il racconto della messa per iscritto delle profezie geremiane, prima su un rotolo distrutto beffardamente dal re e poi riscritte su un secondo con aggiunte ulteriori, è esemplare per la formazione dei libri profetici, per l'annotazione del passaggio dalla fase orale a quella scritta nel dinamismo della profezia. L'esigenza di avere sottomano gli oracoli già pronunciati, per ribadirli o rimeditarli, determina una prima raccolta a cui circostanze diverse fanno sì che altre si aggiungano. Precisare quali oracoli dell'attuale libro di Geremia corrispondono a quella prima raccolta, non è facile. È certo comunque che si tratta di materiale contenuto nei primi 25 cc. L'episodio è chiaramente datato: 605-604, anno quarto dell'ascesa al trono di Ioiakim. Geremia si decide per impulso interiore a fissare per iscritto gli oracoli finora pronunciati contro Giuda. La chiamata di Baruc come scrivano non significa che Geremia non sapesse scrivere. In realtà questo compito era allora riservato a una classe-professione particolare.

La proclamazione è affidata ugualmente a Baruc data la proibizione per Geremia di accedere al tempio, forse per uno scontro precedente con il clero (cfr. 26,1ss.). Il giorno scelto è di digiuno per una calamità o un pericolo imminente, con liturgie penitenziali e suppliche nel tempio e larga partecipazione del popolo. L'opportunità per la lettura pubblica si presentò diversi mesi dopo la stesura (v. 9: «nel quinto anno»; cfr. v. 1). Dato che in seguito (v. 22) si precisa che il nono mese cadeva d'inverno, è evidente che il computo è fatto secondo il calendario orientale che faceva iniziare l'anno nel mese di Abib (marzo/aprile), e non secondo il calendario occidentale che iniziava in autunno (Tishri = settembre/ottobre). Siamo dunque nel dicembre 604/603. La movimentata sequenza delle varie letture del rotolo culmina con l'intervento distruttore del re Ioiakim che crede di eliminare le parole di minaccia mediante il fuoco e l'autore di esse mediante una persona fidata. Ma Dio salva l'uno e fa risorgere le altre ancora più implacabili. L'ampliamento del secondo rotolo, con le «molte parole aggiunte» non è direttamente comandato nell'oracolo ma annotato come osservazione del narratore, che sembra alludere a una seconda edizione riveduta e ampliata delle profezie di Geremia.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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L'esempio dei Recabiti 1Questa parola fu rivolta a Geremia dal Signore durante il regno di Ioiakìm, figlio di Giosia, re di Giuda: 2«Va’ dai Recabiti e parla loro, conducili in una delle stanze nel tempio del Signore e offri loro vino da bere». 3Allora presi tutta la famiglia dei Recabiti, cioè Iaazania, figlio di Geremia, figlio di Cabassinia, i suoi fratelli e tutti i suoi figli. 4Li condussi nel tempio del Signore, nella stanza dei figli di Canan, figlio di Igdalia, uomo di Dio, la quale si trova vicino alla stanza dei capi, sopra la stanza di Maasia, figlio di Sallum, custode della soglia. 5Posi davanti ai membri della famiglia dei Recabiti boccali pieni di vino e delle coppe e dissi loro: «Bevete il vino!». 6Essi risposero: «Noi non beviamo vino, perché Ionadàb, figlio di Recab, nostro antenato, ci diede quest’ordine: “Non berrete vino, né voi né i vostri figli, mai; 7non costruirete case, non seminerete sementi, non pianterete vigne e non ne possederete, ma abiterete nelle tende tutti i vostri giorni, perché possiate vivere a lungo sulla terra dove vivete come forestieri”. 8Noi abbiamo obbedito agli ordini di Ionadàb, figlio di Recab, nostro padre, in tutto ciò che ci ha comandato, e perciò noi, le nostre mogli, i nostri figli e le nostre figlie, non beviamo vino per tutta la nostra vita; 9non costruiamo case da abitare né possediamo vigne o campi o sementi. 10Noi abitiamo nelle tende, obbediamo e facciamo quanto ci ha comandato Ionadàb, nostro padre. 11Quando Nabucodònosor, re di Babilonia, è venuto contro il paese, ci siamo detti: “Venite, entriamo in Gerusalemme per sfuggire all’esercito dei Caldei e all’esercito degli Aramei”. Così siamo venuti ad abitare a Gerusalemme». 12Allora fu rivolta a Geremia questa parola del Signore: 13«Così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Va’ e riferisci agli uomini di Giuda e agli abitanti di Gerusalemme: Non accetterete la lezione, ascoltando le mie parole? Oracolo del Signore. 14Sono state messe in pratica le parole di Ionadàb, figlio di Recab, il quale aveva comandato ai suoi figli di non bere vino, ed essi non lo hanno bevuto fino ad oggi, obbedendo al comando del loro padre. Io invece vi ho parlato con premura e insistenza, ma voi non mi avete ascoltato! 15Vi ho inviato con assidua premura tutti i miei servi, i profeti, per dirvi: Abbandoni ciascuno la sua condotta perversa, migliorate le vostre azioni e non seguite e non servite altri dèi, per poter abitare nella terra che ho concesso a voi e ai vostri padri, ma voi non avete prestato orecchio e non mi avete dato retta. 16E mentre i figli di Ionadàb, figlio di Recab, hanno eseguito il comando del loro padre, questo popolo non mi ha ascoltato. 17Perciò dice il Signore, Dio degli eserciti, Dio d’Israele: Ecco, io farò venire su Giuda e su tutti gli abitanti di Gerusalemme tutto il male che ho annunciato contro di loro, perché ho parlato loro e non mi hanno ascoltato, li ho chiamati e non hanno risposto». 18Geremia disse poi alla famiglia dei Recabiti: «Dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Poiché avete ascoltato il comando di Ionadàb, vostro padre, e avete osservato tutti i suoi decreti e avete fatto quanto vi aveva ordinato, 19per questo dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Non verrà mai a mancare a Ionadàb, figlio di Recab, qualcuno che stia sempre alla mia presenza».

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Approfondimenti

L'esempio dei Recabiti 35,1-19 Del clan dei Recabiti non sappiamo altro che quanto ci racconta questa pagina di Geremia che dà per scontato cose a noi ignote. Pare si trattasse di fervidi jahvisti che avevano scelto l'ideale nomadico come forma di vita per reazione alla civiltà sedentaria (cfr. vv. 7-10), considerata sfavorevole al puro jahvismo. In tal senso si spiegherebbe il rifiuto di bere vino quale prodotto della coltivazione. Ma potrebbe trattarsi invece di un gruppo di uomini semiliberi ai quali il padrone, in segno di dipendenza e di appartenenza a un rango inferiore nella “famiglia” ha vietato l'uso del vino. Siamo in ogni caso di fronte a persone vincolate da un giuramento al quale si attengono fedelmente, anche se provocate a violarlo. La “tentazione” a cui Geremia li sottopone si adatta al tempo in cui Nabucodonosor, come reazione alla defezione di Ioiakim dal vassallaggio (ca. 602: cfr. 2Re 24,19), dà mano libera alle scorrerie dei popoli vicini (cfr. 2Re 24,2), per cui molta gente della campagna si trasferisce nella città (v. 11). Siamo in ogni caso prima del 598, anno della morte di Ioiakim. Geremia, alla presenza di alcune personalità, offre vino a un gruppo di Recabiti ottenendone un deciso rifiuto di bere. La scena si svolge in una delle stanze assegnate agli incaricati della manutenzione del tempio. La fedeltà dei Recabiti fa risaltare l'infedeltà di Israele che sarà severamente punito, mentre a quelli e assicurata la permanenza nella terra di Israele («che stia sempre alla mia presenza», v. 19, senza la connotazione cultuale che abitualmente riveste).

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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VERSO LA CATASTROFE

Condanna del re e tradimento del popolo 1Parola che fu rivolta dal Signore a Geremia, quando Nabucodònosor, re di Babilonia, e tutto il suo esercito e tutti i regni della terra sotto il suo dominio e tutti i popoli combattevano contro Gerusalemme e tutte le sue città: 2«Così dice il Signore, Dio d’Israele: Va’ a parlare a Sedecìa, re di Giuda e digli: Così parla il Signore: Ecco, io consegno questa città in mano al re di Babilonia, che la darà alle fiamme. 3Non scamperai dalla sua mano, ma sarai preso e consegnato in suo potere. I tuoi occhi fisseranno gli occhi del re di Babilonia, ti parlerà faccia a faccia e poi andrai a Babilonia. 4Tuttavia ascolta, o Sedecìa, re di Giuda, la parola del Signore! Così dice il Signore a tuo riguardo: Non morirai di spada! 5Morirai in pace e come si bruciarono aromi per i tuoi padri, gli antichi re di Giuda che furono prima di te, così si bruceranno anche per te e si farà il lamento dicendo: “Ahimè, Signore!”. Io l’ho detto». Oracolo del Signore. 6Il profeta Geremia riferì a Sedecìa, re di Giuda, tutte queste parole a Gerusalemme. 7Frattanto l’esercito del re di Babilonia muoveva guerra a Gerusalemme e a tutte le città di Giuda che ancora rimanevano, Lachis e Azekà, poiché fra le città di Giuda erano rimaste solo queste fortezze. 8Questa parola fu rivolta a Geremia dal Signore, dopo che il re Sedecìa aveva concluso un patto con tutto il popolo che si trovava a Gerusalemme, per proclamare la libertà degli schiavi 9e per rimandare liberi ognuno il suo schiavo ebreo e la sua schiava ebrea, così da non tenere più in schiavitù un fratello giudeo. 10Tutti i capi e tutto il popolo, che avevano aderito al patto, acconsentirono a rimandare liberi ognuno il proprio schiavo e la propria schiava, così da non costringerli più alla schiavitù: acconsentirono dunque e li rimandarono effettivamente; 11ma dopo mutarono parere e ripresero gli schiavi e le schiave che avevano rimandato liberi e li ridussero di nuovo in schiavitù. 12Allora questa parola del Signore fu rivolta a Geremia: 13«Così dice il Signore, Dio d’Israele: Io ho concluso un patto con i vostri padri quando li ho fatti uscire dalla terra d’Egitto, liberandoli da quella condizione servile. Ho detto loro: 14“Alla fine di ogni sette anni ognuno lascerà andare il proprio fratello ebreo che si sarà venduto a te; ti servirà sei anni, poi lo lascerai andare via da te libero”. Ma i vostri padri non mi ascoltarono e non prestarono orecchio. 15Voi oggi vi eravate ravveduti e avevate fatto ciò che è retto ai miei occhi, proclamando ciascuno la libertà del suo fratello; avevate concluso un patto davanti a me, nel tempio in cui è invocato il mio nome. 16Ma poi avete mutato di nuovo parere, avete profanato il mio nome e avete ripreso gli schiavi e le schiave, che avevate rimandati liberi secondo il loro desiderio, e li avete costretti a essere ancora vostri schiavi e vostre schiave. 17Perciò dice il Signore: Voi non mi avete ascoltato e non avete proclamato ognuno la libertà del suo fratello e del suo prossimo: ora, ecco, io affiderò la vostra liberazione – oracolo del Signore – alla spada, alla peste e alla fame e vi renderò un esempio terrificante per tutti i regni della terra. 18Gli uomini che hanno trasgredito il mio patto, non attuando le clausole del patto stabilite in mia presenza, io li renderò come il vitello che tagliarono in due passando fra le sue metà. 19I capi di Giuda, i capi di Gerusalemme, i cortigiani, i sacerdoti e tutto il popolo del paese, che passarono attraverso le due metà del vitello, 20li darò in mano ai loro nemici e a quanti vogliono la loro vita; i loro cadaveri saranno pasto per gli uccelli del cielo e per le bestie della terra. 21Darò Sedecìa, re di Giuda, e i suoi capi in mano ai loro nemici, a quanti vogliono la loro vita, e in mano all’esercito del re di Babilonia, che ora si è allontanato da voi. 22Ecco, io darò un ordine – oracolo del Signore – e li farò tornare verso questa città, la assaliranno, la prenderanno e la daranno alle fiamme, e renderò le città di Giuda desolate, senza abitanti».

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Approfondimenti

VERSO LA CATASTROFE Con il c. 34 riprende la narrazione in terza persona delle vicende di Geremia interrotta dal “libro della consolazione”. Il narratore va a ritroso, dall'assedio di Gerusalemme nel 587 agli inizi del regno di loiakim (605). Questo insolito sistema potrebbe indicare che non procede a casaccio ricuperando brani prima omessi, ma che persegue un certo disegno: di mostrare come le cose si avviassero verso la catastrofe, presentando la pervicacia nel male dei nobili (c. 34) e del re (c. 36), in contrasto con la fedeltà dei Recabiti (c. 35). In ogni caso, abbiamo narrativamente una specie di pausa di ambientazione che reintroduce nel clima della ribellione a Dio, prima di puntare diritto agli eventi del disastro.

Condanna del re e tradimento del popolo 34,1-22 Gli oracoli si riferiscono al tempo della guerra del 588-587 che culminò con la distruzione di Gerusalemme, e il tema della rovina della città fa da collegamento. Abbiamo un oracolo, rivolto a Sedecia (vv. 1-7), degli inizi della campagna, quando le armate babilonesi erano ancora impegnate nella conquista delle piazzeforti di Azeka (Tell Zakarija) e Lachis (Tell ed-Duweir),– rispettivamente a 30 e a 46 km a sud-ovest di Gerusalemme (v. 7), e un oracolo inquadrato (vv. 8-22) nel racconto dell'impegno assunto dalla cittadinanza di liberare gli schiavi ebrei, secondo la prescrizione della legge (Dt 15,12s.).

1-7. La situazione supposta è gravissima. L'esercito caldeo formato da milizie di ogni parte dell'impero («tutti i regni della terra sotto il suo dominio»: v. 1) sta ultimando l'eliminazione delle ultime sacche di resistenza: Lachis è stata l'ultima città fortificata a cadere prima di Gerusalemme. Tuttavia l'insieme del racconto lascia intravedere che la catastrofe della capitale può ancora essere scongiurata con la sottomissione di Sedecia ai Babilonesi. Il cambiamento repentino dell'oracolo, da minaccia a promessa, suppone questa possibilità e va inteso in dipendenza da essa: in caso di resa Sedecia rimarrà sul trono fino alla morte e avrà onori funebri degni di un re.

8-22. La sezione riguardante l'impegno di liberare gli schiavi ebrei ha due momenti: un'esposizione sommaria del fatto (vv. 8-11) nello stile delle narrazioni di Baruc; una minaccia di punizione per aver tradito la parola data, affine ai discorsi messi in bocca a Geremia. La prescrizione di liberare, allo scadere di sette anni (anno sabbatico), gli schiavi e le schiave ebrei, vendutisi per motivi economici, risale all'antico Codice dell'alleanza (Es 20,22-23,33; cfr. 21,2-4) ed è ribadita in Dt 15,12s. (cfr. Lv 25,39-43). In realtà, sembra che abitualmente sia stata trascurata, mentre in circostanze particolarmente gravi, per ottenere da Dio la liberazione da qualche calamità, si poteva farsi carico, magari solennemente, dell'antica prescrizione disattesa. Nel nostro caso, però, ciò avviene quanto meno senza vera convinzione, sì che passato all'apparenza il pericolo con l'allontanamento dell'armata nemica, ci si rimangia la parola. Può sembrare si sia trattato di un impegno assunto solo davanti agli uomini (il termine «alleanza», v.8, si direbbe usato in senso profano); in realtà, l'impegno implicava l'accettazione della legge di Dio e il prevalere delle sue prescrizioni sui vantaggi immediati. Preferendo questi ultimi, il popolo di Gerusalemme si rende fedifrago nei confronti di Dio e viola l'alleanza (cfr. vv. 15-16.18) con lui. Del resto la solennità del gesto compiuto (v. 18) che, pur tacendo parte di un rituale non necessariamente sacro, richiama l'alleanza tra Dio e Abramo (cfr. Gn 15,17), mostra che si era consapevoli di obbligarsi davanti a Dio in forza del patto del Sinai. Per cui sono comprensibili i preannunci di punizione severa.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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