📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA: Regole; a Diogneto ● PROFETI ● Concilio Vaticano II ● NUOVO TESTAMENTO

PRIMA LAMENTAZIONE Alef 1Come sta solitaria la città un tempo ricca di popolo! È divenuta come una vedova, la grande fra le nazioni; la signora tra le province è sottoposta a lavori forzati. Bet 2Piange amaramente nella notte, le sue lacrime sulle sue guance. Nessuno la consola, fra tutti i suoi amanti. Tutti i suoi amici l’hanno tradita, le sono divenuti nemici. Ghimel 3Giuda è deportato in miseria e in dura schiavitù. Abita in mezzo alle nazioni, e non trova riposo; tutti i suoi persecutori l’hanno raggiunto fra le angosce. Dalet 4Le strade di Sion sono in lutto, nessuno si reca più alle sue feste; tutte le sue porte sono deserte, i suoi sacerdoti sospirano, le sue vergini sono afflitte ed essa è nell’amarezza. He 5I suoi avversari sono suoi padroni, i suoi nemici prosperano, perché il Signore l’ha afflitta per i suoi misfatti senza numero; i suoi bambini sono andati in esilio, sospinti dal nemico. Vau 6Dalla figlia di Sion è scomparso ogni splendore. I suoi capi sono diventati come cervi che non trovano pascolo; camminano senza forze davanti agli inseguitori. Zain 7Gerusalemme ricorda i giorni della sua miseria e del suo vagare, tutti i suoi beni preziosi dal tempo antico, quando il suo popolo cadeva per mano del nemico e nessuno le porgeva aiuto. I suoi nemici la guardavano e ridevano della sua rovina. Het 8Gerusalemme ha peccato gravemente ed è divenuta un abominio. Quanti la onoravano la disprezzano, perché hanno visto la sua nudità. Anch’essa sospira e si volge per nasconderla. Tet 9La sua sozzura è nei lembi della sua veste, non pensava alla sua fine; è caduta in modo inatteso e nessuno la consola. «Guarda, Signore, la mia miseria, perché il nemico trionfa». Iod 10L’avversario ha steso la mano su tutte le sue cose più preziose; ha visto penetrare nel suo santuario i pagani, mentre tu, Signore, avevi loro proibito di entrare nella tua assemblea. Caf 11Tutto il suo popolo sospira in cerca di pane; danno gli oggetti più preziosi in cambio di cibo, per sostenersi in vita. «Osserva, Signore, e considera come sono disprezzata! Lamed 12Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore, al dolore che ora mi tormenta, e con cui il Signore mi ha afflitta nel giorno della sua ira ardente. Mem 13Dall’alto egli ha scagliato un fuoco, nelle mie ossa lo ha fatto penetrare. Ha teso una rete ai miei piedi, mi ha fatto tornare indietro. Mi ha reso desolata, affranta da languore per sempre. Nun 14S’è aggravato il giogo delle mie colpe, dalla sua mano sono annodate. Sono cresciute fin sul mio collo e hanno fiaccato la mia forza. Il Signore mi ha messo nelle loro mani, non posso alzarmi. Samec 15Il Signore in mezzo a me ha ripudiato tutti i miei prodi, ha chiamato a raccolta contro di me per fiaccare i miei giovani; il Signore ha pigiato nel torchio la vergine figlia di Giuda. Ain 16Per questo piango, e dal mio occhio scorrono lacrime, perché lontano da me è chi consola, chi potrebbe ridarmi la vita; i miei figli sono desolati, perché il nemico ha prevalso». Pe 17Sion protende le mani, nessuno la consola. Contro Giacobbe il Signore ha mandato da tutte le parti i suoi nemici. Gerusalemme è divenuta per loro un abominio. Sade 18«Giusto è il Signore, poiché mi sono ribellata alla sua parola. Ascoltate, vi prego, popoli tutti, e osservate il mio dolore! Le mie vergini e i miei giovani sono andati in schiavitù. Kof 19Ho chiamato i miei amanti, ma mi hanno tradita; i miei sacerdoti e i miei anziani sono spirati in città, mentre cercavano cibo per sostenersi in vita. Res 20Guarda, Signore, quanto sono in angoscia; le mie viscere si agitano, dentro di me è sconvolto il mio cuore, poiché sono stata veramente ribelle. Di fuori la spada mi priva dei figli, dentro c’è la morte. Sin 21Senti come gemo, e nessuno mi consola. Tutti i miei nemici hanno saputo della mia sventura, hanno gioito, perché tu l’hai fatto. Manda il giorno che hai decretato ed essi siano simili a me! Tau 22Giunga davanti a te tutta la loro malvagità, trattali come hai trattato me per tutti i miei peccati. Sono molti i miei gemiti e il mio cuore si consuma». =●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti

LAMENTAZIONI

Nel libretto delle Lamentazioni tutto ci riporta al momento desolato e buio che seguì immediatamente la distruzione di Gerusalemme e la deportazione di molti Israeliti nel 587 a.C. Non sappiamo chi scrisse le Lamentazioni, sebbene nella traduzione greca dei Settanta (verso il 200 a.C.) il libro ricevette il titolo Lamentazioni di Geremia. Ma l'attribuzione a Geremia sembra dover essere esclusa. Alcuni studiosi propongono l'ipotesi che diversi autori abbiano messo mano a questi poemi; altri invece sono inclini ad attribuire il libro ai cantori del tempio di Gerusalemme rimasti nella città santa dopo la catastrofe. Nella tradizione giudaica, questo libro biblico fa parte di un gruppo di cinque libri chiamati Megillôt (Rut, Cantico, Qoelet, Lamentazioni, Ester) usati nelle cinque feste più importanti dell'anno.

Le Lamentazioni sono lette nella festa chiamata “nove del mese di Ab”, che commemora la rovina di Gerusalemme nel 70 d.C., ma anche la precedente catastrofe del 587 a.C. I cristiani leggono questo testo durante la Settimana santa, legata alla memoria della passione e morte di Gesù.

Le Lamentazioni sono la preghiera della comunità credente di fronte alla prova della disfatta, della perdita della casa. Immaginiamo una famiglia che vede distruggere la propria abitazione; essa rimpiange le ore liete colà trascorse, rievoca le stanze in cui è vissuta, ricorda tutte le cose care. Una folla di sentimenti, ricordi, impressioni, nostalgia accendono l'immaginazione e stringono il cuore. Ebbene, il nostro libro è un canto triste e nostalgico di chi ha perduto la “casa”.

Che senso ha una tale perdita? Si può tentare una riflessione teorica sul dolore e sul suo legame con il peccato. Le Lamentazioni invece sono una composizione poetica. La forma letteraria mostra un evidente artificio: i cinque capitoli contengono ciascuno tanti versetti quante sono le lettere dell'alfabeto ebraico (cioè 22), anche se la numerazione delle nostre Bibbie e un po' diversa, perché risale solo al 1500 d.C. Inoltre, eccetto i capitoli 3 e 5, ogni versetto inizia con una lettera differente, in ordine progressivo, dell'alfabeto ebraico. L'espediente è artificioso, ma efficace: esso vuol dire che ogni poema è compreso tra l'alef e il tau (noi diremmo: tra la A e la Z). Ciò indica la sofferenze umane, dalla A alla Z, entro questi poemi.

Si è cercato di scoprire, nell'espediente dell'acrostico, un residuo di credenze nel potere magico delle lettere oppure un semplice mezzo per aiutare la memoria. Ma sappiamo che la Bibbia condanna sempre ogni forma di magia; d'altra parte, non ci pare che l'acrostico sia un vero aiuto per la memoria, semmai è un ostacolo perché esige che si ricordi un poema molto sofisticato. Penso che soltanto chi legge può apprezzare l'abilità della composizione con acrostico.

Non si tratta, dunque, né di storia né di teoria, ma di preghiera in forma poetica. Il genere letterario è quello del lamento che ritroviamo anche in altre parti della Bibbia, in particolare nei salmi.

PRIMA LAMENTAZIONE 1,1-22 La prima Lamentazione (c. 1) è un canto alfabetico, dove ogni strofa inizia progressivamente con una lettera dell'alfabeto del testo ebraico; dunque, risultano 22 strofette, ognuna costituita da tre stichi, ad eccezione della settima che è formata da 4 stichi.

  • Nella prima metà del canto (vv. 1-11), il discorso in terza persona riguarda Gerusalemme, personificata come una «signora» che «è diventata come una vedova» (v. 1);
  • nella seconda parte (vv. 12-22), ad eccezione del v. 17, la città stessa prende la parola e parla in prima persona come «vergine figlia di Giuda» (v. 15), come madre i cui «figli sono desolati» (v. 16).

Il passaggio dalla terza alla prima persona è un espediente poetico che consente di intensificare l'uso di un linguaggio personale, ricco di emotività e di lirismo, ma anche di coinvolgere più direttamente il lettore uditore – probabilmente in occasione di una lettura liturgica – inserendolo nel “noi” della città personificata, cioè del popolo di Israele. Inoltre, con il discorso in prima persona, il “fatto” – cioè la distruzione di Gerusalemme e l'esilio (587 a.C.) – diventa un “vissuto”, si trastorma in esperienza personale di angoscia e di desolazione, manifestando così tutto il suo significato; dall'evento esterno, obiettivo, narrato alla terza persona, si passa alla reazione psicologica interna, soggettiva. Nella prima parte, il poeta contempla il dolore e la sventura; nella seconda parte, egli lascia parlare la “città” sofferente e sconsolata.

1-11. Descrizione poetica, con immagini impressionanti di desolazione, della rovina di Gerusalemme. L'inizio con «Ah!» (v. 1) è tradizionale per un evento funebre (cfr. 2,1; 4,1; Ger 48,17; Is 14,4). Sion è una signora vedova, sottoposta a tributo, piangente, sola e tradita, afflitta, in lutto: «caduta in modo inatteso e ora nessuno la consola» (v. 9). «Amanti» ed «amici» (v. 2) sono i vicini Moabiti, Ammoniti ed Edomiti, alleati di Giuda che però l'hanno abbandonata, tradita. Il popolo di Giuda nel 587 a.C. è «deportato» (v. 3), andato schiavo e misero in esilio a Babilonia. A Gerusalemme, la distruzione del tempio ha fatto cessare le feste e i pellegrinaggi, cosicché sacerdoti e vergini non fanno che affliggersi (v. 4). Il poeta poi vede in questa afflizione la mano del Signore, riflettendo così la mentalità deuteronomica (cfr. Dt 28), e il trionfo dei nemici, la cui crudeltà è giunta fino al punto da condurre in schiavitù anche i bambini (v. 5). È finito e scomparso lo splendore di Sion (v. 6), che resta soltanto un ricordo del passato felice (v. 7). Ma tra i ricordi c'è il peccato («ha peccato gravemente», v. 8), che l'ha resa impura come un panno «immondo», toccato o usato da una donna durante la mestruazione (cfr. Lv 15,19-27). Dall'onore al disprezzo e al riso schernitore; da un vestito splendente alla «nudità» (v. 8), simbolo di miseria. E nessuno la «consola», cioè può cambiare la sua condizione vergognosa (v. 9). Non c'è altra via d'uscita che gridare al Signore: «Guarda» (v. 9); ma lo “sguardo” di Dio non è come quello dei nemici («guardavano e ridevano della sua rovina», v. 7). Lo “sguardo” di Dio è invocato come sguardo che salva, benevolo e misericordioso (cfr. v. 11): se Dio non «guarda», allora non c'è speranza di salvezza. La «mano» (v. 10) del nemico, simbolo della sua potenza, si è stesa violentemente su Sion, e, nel 587 a.C., i pagani babilonesi hanno profanato il tempio, derubandolo di tutte le cose più preziose (cfr. 2Re 25,13-17). Il popolo affamato è giunto a dare «gli oggetti più preziosi in cambio di cibo» (v. 11). La miseria è totale e per di più c'è il disprezzo dei conquistatori (v. 11). Finora si è detto che JHWH ha afflitto Sion (v. 5), perché essa «ha peccato gravemente» (v. 8) e «i suoi misfatti sono senza numero» (v. 5).

12-22. Ora parla Sion in prima persona. Essa interpreta il senso della rovina e del dolore incomparabile (v. 12) che l'ha colpita nel dies irae del Signore, che è sempre visto come passato (cfr. 2,1.21.22). Perché è avvenuto un disastro simile e perché tanto dolore? Occorre «considerare e osservare» (v. 12); non si tratta soltanto di una sconfitta politica, di un evento casuale. Sion, cioè la gente di Giuda, andava infatti dicendo: «Il Signore mi ha punito» (v. 12), «ha scagliato un fuoco dall'alto» e «ha teso una rete ai miei piedi» (v. 13), «mi ha fatto cadere all'indietro», mi ha annientata (= «desolata»), e colpita da una malattia inguaribile (= «affranta da languore per sempre») (v. 13).

La risposta al “perché?”, nel v. 14, è complicata dalle difficoltà poste dal TM, di ardua comprensione. Una prima affermazione: «I miei peccati pesano gravemente su di me» (v. 14a) è spiegata con l'immagine del giogo: «il loro giogo è sul mio collo» (v. 14c); la conseguenza è che «non posso rialzarmi» (v. 14f). Ma il fardello dei peccati è tenuto in mano dal Signore attraverso fili misteriosi (v. 14b), con i quali però non mi libera, lasciandomi nelle mani dei miei peccati (v. 14e), cosicché «ha fiaccato la mia forza» (v. 14d). C'è quindi una colpa che pesa su Sion ed è la causa della sua rovina; ma sia la colpa sia il male/dolore conseguente sono nelle mani di Dio.

Stabilita la sovranità di Dio sugli eventi, il poeta non teme di attribuire a Dio quanto è accaduto: il Signore «ha ripudiato» (v. 15a), «ha chiamato», «ha pigiato» (v. 15), «ha inviato» (v. 17). Il «nemico» (v. 16), cioè i Babilonesi, e «i nemici» (v. 17), cioè i popoli vicini a Israele, sono soggetti storici, ma dipendono da Dio e rientrano nei suoi piani; non sono però semplici “strumenti” di Dio che agiscono in nome di Dio. Nelle loro azioni tuttavia traspare non solo il piano degli uomini, ma anche la distorsione del piano di Dio per il rifiuto umano.

L'intero popolo di Israele è coinvolto nella rovina: non solo i sacerdoti e le vergini (1, 4), i bambini (1,5), i capi (1,6), ma anche i prodi e i giovani (1, 15), le vergini e i giovani (1, 18), i sacerdoti e gli anziani (1, 19). E l'intero «popolo» (1,7.11) che è colpito; esso è personificato in una donna, «la vergine figlia di Giuda» (1, 15), «vedova» (1,1). E «nessuno la consola» (1,2.9.16.17.21): solo Dio può salvare. Israele deve testimoniare davanti a «tutti i popoli» (v. 18), che «il Signore è giusto» (v. 18); tutti devono «osservare il dolore» (v. 18) di Sion e capire che essa si è «ribellata alla parola del Signore» (v. 18), fidando nei suoi amanti (cfr. 1,2), le potenze straniere (v. 19).

Sion ora confessa: «sono stata veramente ribelle» (v. 20). Se Dio è giusto e buono, se egli non è “estraneo” alla storia di angoscia e sconvolgimenti, di guerra e morte (v. 20), allora si può pregarlo: «Guarda, Signore» (v. 20). Se Dio «ha fatto tutto ciò» (v. 21), allora non c'è il fato, la necessità, il destino; dunque, si può invocare Dio: «Senti come sospiro» (v. 21). Dio guarda e sente! (cfr. 1,9.11). Davanti a lui sta ogni cosa: «Ti sia presente» (v. 22). La preghiera esprime la convinzione che mentre i nemici «sono felici» (v. 5) e «ridono della sua rovina» (v. 7), «ne hanno gioito» (v. 21), Dio non ha gioito. I nemici «guardavano» (v. 7), «hanno visto» (v. 8; cfr. v. 12); anzi tutti i popoli possono «osservare» (v. 18); ma la preghiera invoca lo sguardo di Dio che consola (vv. 9.11.20).

C'è un «giorno decretato» (v. 21), che non è il dies irae (cfr. v. 12), ma è il futuro salvifico atteso: «Manda il giorno». E un giorno già promesso; per questo può essere invocato. In quel giorno il Dio giusto farà giustizia; non ci sarà più il vincitore e il vinto: «essi (i nemici) siano simili a me» (v. 21). La malvagità loro (v. 22), che ora trionfa, sia trattata duramente, «come hai trattato me» (v. 22). Se è vero che Giuda ha peccato, non si può dire che i Babilonesi siano stati dei giusti giudici. Essi hanno prevalso e trionfato, ma da malvagi (1,22). Non possono quindi essere considerati strumenti del giusto giudizio di Dio. Come la rovina di Giuda mette in luce le sue «prevaricazioni» (1,22), così il fallimento dei suoi nemici metterà in chiaro «la loro malvagità». Non si tratta perciò di un desiderio di vendetta, ma della supplica al Dio giusto perché faccia valere la sua giustizia. Il poema si chiude con una nota di intensa tristezza (1, 22).

EXCURSUS Il “no” di Israele al suo Dio ha condotto il popolo alla rovina, alla solitudine. Israele infatti è stato tradito da tutti i suoi “amanti”, gli stati vicini, con i quali sperava di attuare una politica di alleanze. Il giudizio di Dio è manifestato dalla conquista distruttiva dei Babilonesi. È un giudizio di condanna della condotta di Israele, ma in pari tempo lascia trasparire l'idea che solo Dio potrà “consolare” e quindi salvare il suo popolo, a condizione che esso si converta. Il “castigo” non è un atto vendicativo di Dio, ma è solo il “volto” che l'uomo peccatore percepisce in relazione ai propri peccati. L'appello alla misericordia di Dio continua a risuonare in questo poema, perché la fedeltà di Dio non può venire meno. La bontà divina si scontra con il peccato umano e allora il conflitto tra la volontà buona di Dio e il male è percepito e tradotto, in termini umani, nelle categorie del “castigo” o dell''ira”. Ciò non significa tuttavia che Dio sia all'origine del male che colpisce l'uomo.

(cf. ANTONIO BONORA, Lamentazioni – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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APPENDICE

Gerusalemme è distrutta 1Quando divenne re, Sedecìa aveva ventun’anni; regnò undici anni a Gerusalemme. Sua madre era di Libna e si chiamava Camutàl, figlia di Geremia. 2Fece ciò che è male agli occhi del Signore, come aveva fatto Ioiakìm. 3Ma, a causa dell’ira del Signore, a Gerusalemme e in Giuda le cose arrivarono a tal punto che il Signore li scacciò dalla sua presenza. Sedecìa si ribellò al re di Babilonia. 4Nell’anno nono del suo regno, nel decimo mese, il dieci del mese, Nabucodònosor, re di Babilonia, con tutto il suo esercito arrivò a Gerusalemme. Si accamparono contro di essa e vi costruirono intorno opere d’assedio. 5La città rimase assediata fino all’undicesimo anno del re Sedecìa. 6Al quarto mese, il nove del mese, quando la fame dominava nella città e non c’era più pane per il popolo della terra, 7fu aperta una breccia nella città. Allora tutti i soldati fuggirono, uscendo dalla città di notte per la via della porta fra le due mura, presso il giardino del re e, mentre i Caldei erano intorno alla città, presero la via dell’Araba. 8I soldati dei Caldei inseguirono il re e raggiunsero Sedecìa nelle steppe di Gerico, mentre tutto il suo esercito si diresse lontano da lui. 9Presero il re e lo condussero a Ribla, nel paese di Camat, presso il re di Babilonia, che pronunciò la sentenza su di lui. 10Il re di Babilonia fece ammazzare i figli di Sedecìa sotto i suoi occhi e fece ammazzare anche tutti i capi di Giuda a Ribla. 11Poi cavò gli occhi a Sedecìa, lo fece mettere in catene e lo condusse a Babilonia, dove lo tenne in carcere fino alla sua morte. 12Il decimo giorno del quinto mese – era l’anno diciannovesimo del re Nabucodònosor, re di Babilonia – Nabuzaradàn, capo delle guardie, che prestava servizio alla presenza del re di Babilonia, entrò a Gerusalemme. 13Egli incendiò il tempio del Signore e la reggia e tutte le case di Gerusalemme; diede alle fiamme anche tutte le case dei nobili. 14Tutto l’esercito dei Caldei, che era con il capo delle guardie, demolì tutte le mura intorno a Gerusalemme. 15Nabuzaradàn, capo delle guardie, deportò il resto del popolo rimasto in città, i disertori che erano passati al re di Babilonia e quanti erano rimasti degli artigiani. 16Nabuzaradàn, capo delle guardie, lasciò parte dei poveri della terra come vignaioli e come agricoltori. 17I Caldei fecero a pezzi le colonne di bronzo che erano nel tempio del Signore, i carrelli e il Mare di bronzo che erano nel tempio del Signore e ne portarono tutto il bronzo a Babilonia. 18Essi presero anche i recipienti, le palette, i coltelli, i vasi per l’aspersione, le coppe e tutti gli oggetti di bronzo che servivano al culto. 19Il capo delle guardie prese anche i bicchieri, i bracieri, i vasi per l’aspersione, i recipienti, i candelabri, le coppe e i calici, quanto era d’oro e d’argento. 20Quanto alle due colonne, all’unico Mare, ai dodici buoi di bronzo che erano sotto di esso e ai carrelli, che aveva fatto il re Salomone per il tempio del Signore, non si poteva calcolare quale fosse il peso del bronzo di tutti questi oggetti. 21Delle colonne poi l’una era alta diciotto cubiti e ci voleva un filo di dodici cubiti per misurarne la circonferenza; il suo spessore era di quattro dita, essendo vuota nell’interno. 22Su di essa c’era un capitello di bronzo e l’altezza di un capitello era di cinque cubiti; tutto intorno al capitello c’erano un reticolo e melagrane, e il tutto era di bronzo. Così pure era l’altra colonna. 23Le melagrane erano novantasei; tutte le melagrane intorno al reticolo ammontavano a cento. 24Il capo delle guardie fece prigioniero Seraià, sacerdote capo, e Sofonia, sacerdote del secondo ordine, insieme ai tre custodi della soglia. 25Dalla città egli fece prigionieri un cortigiano, che era a capo dei soldati, sette uomini fra gli intimi del re, i quali furono trovati nella città, lo scriba del comandante dell’esercito, che arruolava il popolo della terra, e sessanta uomini del popolo della terra, trovati nella città. 26Nabuzaradàn, capo delle guardie, li prese e li condusse al re di Babilonia, a Ribla. 27Il re di Babilonia li colpì e li fece morire a Ribla, nel paese di Camat. Così fu deportato Giuda dalla sua terra. 28Questa è la gente che Nabucodònosor deportò: nell’anno settimo del suo regno tremilaventitré Giudei; 29nell’anno diciottesimo di Nabucodònosor furono deportati da Gerusalemme ottocentotrentadue persone; 30nell’anno ventitreesimo di Nabucodònosor, Nabuzaradàn, capo delle guardie, deportò settecentoquarantacinque Giudei. In tutto furono deportate quattromilaseicento persone.

Ioiachin riabilitato 31Ora, nell’anno trentasettesimo della deportazione di Ioiachìn, re di Giuda, nel dodicesimo mese, il venticinque del mese, Evil-Merodàc, re di Babilonia, nell’anno in cui divenne re, fece grazia a Ioiachìn, re di Giuda, e lo liberò dalla prigione. 32Gli parlò con benevolenza e pose il suo trono al di sopra del trono dei re che si trovavano con lui a Babilonia. 33Gli cambiò le vesti da prigioniero e Ioiachìn prese sempre cibo alla presenza di lui per tutti i giorni della sua vita. 34Dal re di Babilonia gli venne fornito il sostentamento abituale ogni giorno, fino a quando morì, per tutto il tempo della sua vita.

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Approfondimenti

APPENDICE Appendice storica che riesprime in forma di compendio le vicende che condussero alla distruzione di Gerusalemme, che evidentemente è considerata il punto di gravitazione di tutte le profezie geremiane. Così, ripresa a conclusione del libro, l'amara vicenda della città e del regno serve a mostrare la veridicità della missione del profeta e la forza irresistibile del giudizio divino contro chi si ostina nel peccato.

Gerusalemme è distrutta 52,1-30 Il contenuto corrisponde, con qualche aggiunta, a quanto raccontato in 2Re 24,18-25,30. Anche lo stile narrativo è uguale. Se non si tratta di una rielaborazione di tale testo, bisogna dire che la fonte è la medesima. Il brano quindi non rientra nel materiale proprio dei racconti su Geremia, il quale in effetti in queste pagine non viene nominato. Da notare che le date (cfr. vv. 4ss.) sono fornite accuratamente ma, nonostante l'evento si sia impresso sicuramente nella memoria, c'è qualche discordanza con la recensione di 2Re. Il decimo mese (dicembre 589) inizia l'assedio che si protrae fino al luglio del 587 quando la città è data alle fiamme da Nabuzaradan e buona parte del popolo deportata. La descrizione dello smantellamento degli oggetti più vistosi del tempio non è senza problemi. I buoi di bronzo, secondo 2Re 16,17, erano già stati alienati da Acaz più di un secolo prima e il rifacimento non sembra verosimile, tenuto conto del costo e delle condizioni economiche del regno. Le notizie circa il numero dei Giudei deportati (vv. 28ss.) in varie riprese (anni 597, 587, 582) non hanno riscontro nei testi paralleli di 2Re. Potrebbero derivare da documenti d'archivio babilonesi, dato che il testo segue la cronologia babilonese e si esprime con la secchezza burocratica della cancelleria regia. Il numero esiguo dei deportati del 587 può forse spiegarsi con il fatto che qui si parla solo di maschi adulti e probabilmente soltanto degli abitanti di Gerusalemme. Per le deportazioni del 598, 2Re fornisce cifre sensibilmente superiori.

Ioiachin riabilitato 52,31-34 Il libro si chiude con una luce di speranza: Ioiachin viene graziato ed ammesso alla vita di corte e ciò è visto come preludio al rientro dei deportati in patria.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1Così dice il Signore: «Ecco, susciterò contro Babilonia e contro gli abitanti della Caldea un vento distruttore; 2io invierò in Babilonia quelli che la vaglieranno come pula e devasteranno la sua regione, poiché le piomberanno addosso da tutte le parti nel giorno della tribolazione. 3Non deponga l’arciere l’arco e non si spogli della corazza. Non risparmiate i suoi giovani, sterminate tutto il suo esercito». 4Cadano trafitti nel paese dei Caldei e feriti nelle sue piazze, 5bperché la loro terra è piena di delitti davanti al Santo d’Israele. 5aMa Israele e Giuda non sono vedove del loro Dio, il Signore degli eserciti. 6Fuggite da Babilonia, ognuno salvi la sua vita; non vogliate perire per la sua iniquità, poiché questo è il tempo della vendetta del Signore: egli la ripaga per quanto ha meritato. 7Babilonia era una coppa d’oro in mano al Signore, con la quale egli inebriava tutta la terra; del suo vino hanno bevuto le nazioni e sono divenute pazze. 8All’improvviso Babilonia è caduta, è stata infranta; alzate lamenti su di essa, prendete balsamo per la sua ferita, forse potrà essere guarita. 9«Abbiamo curato Babilonia, ma non è guarita. Lasciatela e andiamo ciascuno al proprio paese; poiché la sua punizione giunge fino al cielo e si alza fino alle nubi. 10Il Signore ha fatto trionfare la nostra giusta causa, venite, raccontiamo in Sion l’opera del Signore, nostro Dio». 11Aguzzate le frecce, riempite le faretre! Il Signore suscita lo spirito del re di Media, perché il suo piano riguardo a Babilonia è di distruggerla; perché questa è la vendetta del Signore, la vendetta per il suo tempio. 12Alzate un vessillo contro il muro di Babilonia, rafforzate la guardia, collocate sentinelle, preparate gli agguati, poiché il Signore si era proposto un piano e ormai compie quanto aveva detto contro gli abitanti di Babilonia. 13Tu che abiti lungo acque abbondanti, ricca di tesori, è giunta la tua fine, il momento di essere recisa. 14Il Signore degli eserciti lo ha giurato per se stesso: «Ti ho gremito di uomini come cavallette, che intoneranno su di te il canto di vittoria». 15Il Signore ha formato la terra con la sua potenza, ha fissato il mondo con la sua sapienza, con la sua intelligenza ha dispiegato i cieli. 16Al rombo della sua voce rumoreggiano le acque nel cielo. Fa salire le nubi dall’estremità della terra, produce le folgori per la pioggia, dalle sue riserve libera il vento. 17Resta inebetito ogni uomo, senza comprendere; resta confuso ogni orafo per i suoi idoli, poiché è menzogna ciò che ha fuso e non ha soffio vitale. 18Sono oggetti inutili, opere ridicole; al tempo del loro castigo periranno. 19Non è così l’eredità di Giacobbe, perché egli ha formato ogni cosa. Israele è la tribù della sua eredità, Signore degli eserciti è il suo nome. 20«Un martello sei stata per me, uno strumento di guerra; con te martellavo le nazioni, con te annientavo i regni, 21con te martellavo cavallo e cavaliere, con te martellavo carro e cocchiere, 22con te martellavo uomo e donna, con te martellavo vecchio e ragazzo, con te martellavo giovane e fanciulla, 23con te martellavo pastore e gregge, con te martellavo l’aratore e il suo paio di buoi, con te martellavo prìncipi e governatori. 24Ma ora ripagherò Babilonia e tutti gli abitanti della Caldea di tutto il male che hanno fatto a Sion, sotto i vostri occhi. Oracolo del Signore. 25Eccomi a te, monte della distruzione, che distruggi tutta la terra. Oracolo del Signore. Stenderò la mano contro di te, ti rotolerò giù dalle rocce e farò di te una montagna bruciata; 26da te non si prenderà più né pietra d’angolo né pietra da fondamenta, perché diventerai un luogo desolato per sempre». Oracolo del Signore. 27Alzate un vessillo nel paese, suonate il corno fra le nazioni, convocandole per la guerra contro di lei; reclutate contro di lei i regni di Araràt, di Minnì e di Aschenàz. Nominate contro di lei un comandante, fate avanzare i cavalli come cavallette spinose. 28Preparate alla guerra contro di lei le nazioni, il re della Media, i suoi prìncipi, tutti i suoi governatori e tutta la terra del suo dominio. 29Trema la terra e freme, perché si avverano contro Babilonia i progetti del Signore di ridurre la terra di Babilonia in luogo desolato, senza abitanti. 30Hanno cessato di combattere i prodi di Babilonia, si sono ritirati nelle fortezze; il loro valore è venuto meno, sono diventati come donne. Sono stati incendiati i suoi edifici, sono spezzate le sue sbarre. 31Corriere rincorre corriere, messaggero rincorre messaggero, per annunciare al re di Babilonia che la sua città è presa da ogni parte. 32I guadi sono occupati, le fortezze bruciano, i guerrieri sono sconvolti dal terrore. 33Poiché dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: «La figlia di Babilonia è come un’aia al tempo in cui viene spianata; ancora un poco e verrà per essa il tempo della mietitura». 34«Mi ha divorata, mi ha consumata Nabucodònosor re di Babilonia, mi ha ridotta come un vaso vuoto, mi ha inghiottita come fa il drago, ha riempito il suo ventre, dai miei luoghi deliziosi mi ha scacciata». 35«Il mio strazio e la mia sventura ricadano su Babilonia!», dice la popolazione di Sion. «Il mio sangue sugli abitanti della Caldea!», dice Gerusalemme. 36Perciò così dice il Signore: «Ecco, io difendo la tua causa, compio la tua vendetta; prosciugherò il suo mare, disseccherò le sue sorgenti. 37Babilonia diventerà un cumulo di rovine, un rifugio di sciacalli, un oggetto di stupore e di scherno, senza più abitanti. 38Essi ruggiscono insieme come leoncelli, ringhiano come cuccioli di una leonessa. 39Con veleno preparerò loro una bevanda, li inebrierò perché si stordiscano. Si addormenteranno in un sonno perenne e non si svegliaranno mai più. Oracolo del Signore. 40Li farò scendere al macello come agnelli, come montoni insieme con i capri». 41Come è stata presa e occupata Sesac, l’orgoglio di tutta la terra? Come è diventata un orrore Babilonia fra le nazioni? 42Il mare dilaga su Babilonia, essa è stata sommersa dalla massa delle onde. 43Sono diventate una desolazione le sue città, una terra riarsa, una steppa. Nessuno abita più in esse non vi passa più nessun essere umano. 44«Io punirò Bel a Babilonia, gli estrarrò dalla gola quanto ha inghiottito. Non andranno più a lui le nazioni. Persino le mura di Babilonia sono crollate. 45Esci fuori, popolo mio, ognuno salvi la sua vita dall’ira ardente del Signore. 46Non si avvilisca il vostro cuore e non temete per la notizia diffusa nel paese; un anno giunge una notizia e l’anno dopo un’altra. La violenza è nel paese, un tiranno contro un tiranno. 47Per questo ecco, verranno giorni nei quali punirò gli idoli di Babilonia. Allora tutto il suo paese sentirà vergogna e tutti i suoi cadaveri cadranno in mezzo ad essa. 48Esulteranno su Babilonia cielo e terra e quanto contengono, perché da settentrione verranno contro di essa i devastatori. Oracolo del Signore. 49Anche Babilonia deve cadere per gli uccisi d’Israele, come per Babilonia caddero gli uccisi di tutta la terra. 50Voi scampati dalla spada partite, non fermatevi; da lontano ricordatevi del Signore e vi torni in mente Gerusalemme. 51“Sentiamo vergogna perché abbiamo udito l’insulto; la confusione ha coperto i nostri volti, perché stranieri sono entrati nel santuario del tempio del Signore”. 52Perciò ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali punirò i suoi idoli e in tutta la sua regione gemeranno i feriti. 53Anche se Babilonia si innalzasse fino al cielo, anche se rendesse inaccessibile la sua cittadella potente, verranno da parte mia devastatori contro di essa». Oracolo del Signore. 54Udite! Un grido da Babilonia, una rovina immensa dalla terra dei Caldei. 55È il Signore che devasta Babilonia e fa tacere il suo grande rumore. Mugghiano le sue onde come acque possenti, risuona il frastuono della sua voce, 56perché piomba su Babilonia il devastatore, sono catturati i suoi prodi, si sono infranti i loro archi. Il Signore è il Dio delle giuste ricompense, egli rende ciò che è dovuto. 57«Io ubriacherò i suoi capi e i suoi saggi, i suoi prìncipi, i suoi governatori e i suoi guerrieri. Si addormenteranno in un sonno perenne e non si sveglieranno mai più». Oracolo del re, il cui nome è Signore degli eserciti. 58Così dice il Signore degli eserciti: «Le larghe mura di Babilonia saranno rase al suolo, le sue alte porte saranno date alle fiamme. Si affannano dunque invano i popoli, le nazioni si affaticano per il fuoco». 59Ordine che il profeta Geremia diede a Seraià, figlio di Neria, figlio di Macsia, quando egli andò con Sedecìa, re di Giuda, a Babilonia nell’anno quarto del suo regno. Seraià era capo degli alloggiamenti. 60Geremia scrisse su un rotolo tutte le sventure che dovevano piombare su Babilonia. Tutte queste cose sono state scritte contro Babilonia. 61Geremia quindi disse a Seraià: «Quando giungerai a Babilonia, avrai cura di leggere in pubblico tutte queste parole 62e dirai: “Signore, tu hai dichiarato di distruggere questo luogo, perché non ci sia più chi lo abiti, né uomo né animale, ma sia piuttosto una desolazione per sempre”. 63Ora, quando avrai finito di leggere questo rotolo, vi legherai una pietra e lo getterai in mezzo all’Eufrate 64dicendo: “Così affonderà Babilonia e non risorgerà più dalla sventura che io le farò piombare addosso”». Fin qui le parole di Geremia.

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Approfondimenti

Contro Babilonia 50,1-51,64

51,1-9. All'annuncio della distruzione che incombe su Babilonia e sui Caldei, con l'invito a proseguire nell'opera di sterminio, si alternano in questo brano pensieri di commiserazione (v. 6) ed esortazioni a curarne le ferite (v. 8), pur constatando l'inguaribilità della situazione per i troppi peccati (v. 9).

10-19. A parte il v. 10, fuori contesto, si riprende il tema dell'assalto finale alla città: l'ha deciso il Creatore dell'universo (v. 15-16). Evidenti le reminescenze di composizioni precedenti (cfr. 10,12-16) e salmiche (cfr. Sal 135,7). Il riferimento al re (v. 11) può essere un'aggiunta di precisazione, ma è certo che sotto Ciro, re della Media e della Persia, le tribù mede hanno contribuito in maniera determinante alla conquista dell'impero babilonese. In ogni caso, tutto avviene perché Dio chiama e investe (v. 11).

20-26. Una composizione fortemente ritmata, veramente martellante: Dio si è servito di Babilonia come di un martello (vv. 20-23); ora è la volta di Babilonia di essere martellata fino all'ultima pietra (vv. 24-26).

27-33. Ancora una descrizione della presa e distruzione di Babilonia in due tempi: preparativi dell'attacco; risultato di esso. Sono chiamati in causa i popoli dell'Asia Minore, probabilmente dell'Armenia (Ararat, Aschenaz, Minni) per condurre a termine l'opera di demolizione con i Medi.

34-40. Nello stile dei salmi imprecatori, Dio stesso qui si assume l'incarico di attuare la distruzione e lo fa con durezza. Il procedimento di trasferire in Dio i propri sentimenti consente una presentazione più espressiva del suo coinvolgimento nella sorte del suo popolo, della cura che ha per esso e della futura liberazione come dono della sua fedeltà all'alleanza. Si inizia con una descrizione dello scempio fatto da Nabucodonosor e dal suo esercito a Gerusalemme (v. 34), segue l'assicurazione della rivalsa che il «sangue» (v. 35) chiede a gran voce: un dialogo vivace tra Dio e la sua città a spese di Babilonia.

41-45. Quasi con stupore il profeta constata quanto dura è stata la sorte della città: una terribile mareggiata (v. 42) l'ha sommersa. Babilonia (Sesac sembra essere crittogramma per Babel: cfr. 25,26) è scomparsa.

46-58. L'accumulo di oracoli contro Babilonia, in confronto ai pochi per le altre nazioni, testimonia l'enorme risonanza che la caduta ha destato in tutti, ma anche la carica di rancore che la città aveva saputo suscitare.

59-64. Azione simbolica che Geremia compie, stando all'annotazione cronologica (v. 59), nel 593, in occasione di un viaggio di Sedecia in Babilonia con alti funzionari, probabilmente in qualità di vassallo per rassicurare circa la sua lealtà. Il brano è posto a conclusione degli oracoli contro le nazioni a dimostrazione che il profeta ha previsto la rovina di Babilonia e l'ha resa ineluttabile con il gesto compiuto.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Contro Babilonia 1Parola che il Signore pronunciò contro Babilonia, contro la terra dei Caldei, per mezzo del profeta Geremia. 2«Proclamatelo fra i popoli e fatelo sapere, non nascondetelo, dite: “Babilonia è presa, Bel è coperto di confusione, è infranto Marduc, sono svergognati i suoi idoli, sono infranti i suoi feticci”. 3Poiché dal settentrione sale contro di essa un popolo che ridurrà la sua terra a un deserto: non vi abiterà più nessuno. Uomini e animali fuggono, se ne vanno. 4In quei giorni e in quel tempo – oracolo del Signore – verranno i figli d’Israele insieme con i figli di Giuda; cammineranno piangendo e cercheranno il Signore, loro Dio. 5Domanderanno di Sion, verso cui sono fissi i loro volti: “Venite, uniamoci al Signore con un’alleanza eterna, che non sia mai dimenticata”. 6Gregge di pecore sperdute era il mio popolo, i loro pastori le avevano sviate, le avevano fatte smarrire per i monti; esse andavano di monte in colle, avevano dimenticato il loro ovile. 7Quanti le trovavano, le divoravano, e i loro nemici dicevano: “Non ne siamo colpevoli, perché essi hanno peccato contro il Signore, sede di giustizia e speranza dei loro padri”. 8Fuggite da Babilonia, dalla regione dei Caldei, uscite e siate come capri in testa al gregge. 9Poiché ecco, io suscito e mando contro Babilonia una massa di grandi nazioni dalla terra del settentrione; le si schiereranno contro, ed essa sarà presa. Le loro frecce sono come quelle di un abile arciere, nessuna ritorna a vuoto. 10La Caldea diventerà preda di saccheggiatori, tutti se ne sazieranno». Oracolo del Signore. 11Gioite pure e tripudiate, predatori della mia eredità! Saltate pure come giovenchi su un prato e nitrite come stalloni! 12Vostra madre è piena di confusione, è coperta di vergogna colei che vi ha partorito. Ecco, è l’ultima delle nazioni, un deserto, un luogo riarso e una steppa. 13A causa dell’ira del Signore non sarà più abitata, sarà tutta una desolazione. Chiunque passerà vicino a Babilonia rimarrà stupito e fischierà di scherno davanti a tutte le sue piaghe. 14Disponetevi intorno a Babilonia, voi tutti che tendete l’arco; tirate senza risparmiare le frecce, perché ha peccato contro il Signore. 15Da ogni parte alzate il grido di guerra contro di lei. Essa tende la mano, crollano le sue torri, rovinano le sue mura: questa è la vendetta del Signore. Vendicatevi di lei, trattatela come essa ha trattato gli altri! 16Sterminate in Babilonia chi semina e chi impugna la falce per mietere. Di fronte alla spada micidiale ciascuno ritorni al suo popolo e ciascuno fugga verso la sua terra. 17Una pecora smarrita è Israele, i leoni le hanno dato la caccia; per primo l’ha divorata il re d’Assiria, poi Nabucodònosor, re di Babilonia, ne ha stritolato le ossa. 18Perciò, dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: «Ecco, io punirò il re di Babilonia e la sua terra, come già ho punito il re d’Assiria, 19e ricondurrò Israele nel suo pascolo. Pascolerà sul Carmelo e sul Basan; sulle montagne di Èfraim e di Gàlaad si sazierà. 20In quei giorni e in quel tempo – oracolo del Signore – si cercherà l’iniquità d’Israele, ma essa non sarà più; si cercheranno i peccati di Giuda, ma non si troveranno, perché io perdonerò al resto che lascerò. 21Avanza nella terra di Meratàim, avanza contro di essa e contro gli abitanti di Pekod. Devasta, annientali – oracolo del Signore –, fa’ quanto ti ho comandato!». 22Rumore di guerra nella regione, e grande disastro. 23Come è stato rotto e fatto in pezzi il martello di tutta la terra? Come è diventata un orrore Babilonia fra le nazioni? 24Ti ho teso un laccio e sei stata catturata, Babilonia, senza avvedertene. Sei stata sorpresa e afferrata, perché hai fatto guerra al Signore. 25Il Signore ha aperto il suo arsenale e ne ha tratto le armi del suo sdegno, perché il Signore, Dio degli eserciti, ha un’opera da compiere nella terra dei Caldei. 26Venite dall’estremo limite della terra, aprite i suoi granai; fatene dei mucchi come covoni, sterminatela, non ne rimanga neppure un resto. 27Uccidete tutti i suoi tori, scendano al macello. Guai a loro, perché è giunto il loro giorno, il tempo del loro castigo! 28Voce di profughi e di scampati dalla terra di Babilonia, per annunciare in Sion la vendetta del Signore, nostro Dio, la vendetta per il suo tempio. 29Convocate contro Babilonia gli arcieri, quanti tendono l’arco. Accampatevi intorno ad essa: nessuno scampi. Ripagatela secondo le sue opere, fate a lei quanto essa ha fatto, perché è stata arrogante con il Signore, con il Santo d’Israele. 30«Perciò cadranno i suoi giovani nelle sue piazze e tutti i suoi guerrieri periranno in quel giorno. Oracolo del Signore. 31Eccomi a te, o arrogante – oracolo del Signore degli eserciti –, poiché è giunto il tuo giorno, il tempo del tuo castigo. 32Vacillerà l’arrogante e cadrà, nessuno la rialzerà. Io darò alle fiamme le sue città, esse divoreranno tutti i suoi dintorni». 33Così dice il Signore degli eserciti: «Sono oppressi insieme i figli d’Israele e i figli di Giuda; tutti quelli che li hanno deportati li trattengono e rifiutano di lasciarli andare. 34Ma il loro vendicatore è forte, Signore degli eserciti è il suo nome. Egli sosterrà efficacemente la loro causa, renderà tranquilla la terra e sconvolgerà gli abitanti di Babilonia. 35Spada sui Caldei – oracolo del Signore – e sugli abitanti di Babilonia, sui suoi capi e sui suoi sapienti! 36Spada sui suoi indovini: che impazziscano! Spada sui suoi prodi: che atterriscano! 37Spada sui suoi cavalli e sui suoi carri, su tutta la gentaglia che è in essa: diventino come donnicciole! Spada sui suoi tesori: siano saccheggiati! 38Spada sulle sue acque: si prosciughino! Perché essa è una terra di idoli; vanno pazzi per questi spauracchi. 39Perciò l’abiteranno animali selvatici e sciacalli, vi si stabiliranno gli struzzi; non sarà mai più abitata né popolata di generazione in generazione. 40Come quando Dio sconvolse Sòdoma, Gomorra e le città vicine – oracolo del Signore –, non vi abiterà alcuna persona né vi dimorerà essere umano. 41Ecco, un popolo viene dal settentrione, una grande nazione, e molti re si muovono dalle estremità della terra. 42Impugnano archi e lance; sono crudeli, senza pietà. Il loro clamore è quello di un mare agitato e montano cavalli, pronti come un sol uomo alla battaglia contro di te, figlia di Babilonia. 43Appena il re di Babilonia ne ha udito la fama, gli sono cadute le braccia; si è impadronita di lui l’angoscia, come gli spasimi di partoriente. 44Ecco, come un leone sale dalla boscaglia del Giordano verso i prati sempre verdi, così in un baleno io li scaccerò di là e porrò su di esso il mio eletto. Perché chi è come me? Chi può citarmi in giudizio? Chi è dunque il pastore che può resistere davanti a me?» 45Per questo ascoltate il progetto che il Signore ha fatto contro Babilonia e le decisioni che ha preso contro il paese dei Caldei. Certo, trascineranno via anche i più piccoli del gregge e sarà desolato il loro pascolo. 46Per il fragore della presa di Babilonia si scuoterà la terra, ne risuonerà l’eco fra le nazioni.

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Approfondimenti

Contro Babilonia 50,1-51,64 La raccolta di oracoli contro le nazioni si chiude con una serie di vaticini contro Babilonia: scagliati con forza, e se ne capisce la ragione. Nonostante che Geremia abbia sempre appoggiato la sottomissione ai Caldei e ne sia stato ricompensato, lo scempio da essi perpetrato contro il popolo e la terra non poteva non gridare vendetta. Per cui si comprende come avrebbe potuto reagire alla previsione di una rovina umiliante del popolo nemico. Tuttavia, negli oracoli dei cc. 50-51 l'atmosfera che fa da sfondo non è tanto quella di un preannuncio di rovina a scadenza non precisata, quanto piuttosto l'attesa ansiosa di una catastrofe imminente. Per intenderci, è la tensione fremente verso una liberazione considerata ormai vicina, la stessa che troviamo nel Deuteroisaia, quella che caratterizzò la situazione mediorientale nella seconda metà del VI sec. a.C. al diffondersi delle notizie sulle vittorie di Ciro. E allora probabile che a un profeta di tale epoca e non a Geremia vadano assegnati i componimenti di questi capitoli, in poesia e in prosa. Composizioni, peraltro, talvolta molto vivaci e incisive, non indegne del profeta di Anatot, talaltra fiacche e maldestre. A parte l'alternarsi di brani poetici e in prosa (che normalmente riguardano la sorte di Israele), la presentazione del castigo di Babilonia procede, si direbbe, per accostamenti successivi: dalla descrizione dello sgomento al giungere della notizia, all'ordine dell'attacco finale, all'incalzante enumerazione della rovina che la spada sta portando avanti settore per settore.

50,2-3. Gli oracoli in poesia e i brani in prosa dei cc. 50-51 sono racchiusi nella cornice di 50,2-3 e 51,54-58, in cui si proclama la distruzione della grande nemica Babilonia. Questi brani riflettono la sconfitta di Babilonia a opera di Ciro, avvenuta nel 539 a.C. (sebbene alcuni esegeti ritengano che essi l'anticipino). Il linguaggio dei due brani è convenzionale e influenzato da altri passi del testo di Geremia; perciò non vanno letti necessariamente come una descrizione puntuale degli avvenimenti, ma come una celebrazione della disfatta di Babilonia. Qui emerge soprattutto la spinta emozionale e non tanto la precisione storica.

4-7. Oracolo in prosa che promette come imminente il ritorno degli Israeliti in Palestina, con accenti che sembrano ispirati dai vaticini classici (cfr. soprattutto Os 3,5; Ger 23,31; Ez 34). S'intrecciano in esso i temi: della ricerca di Dio (v. 4; cfr. Os; Am) dopo la conversione (pianto); di Sion punto di riferimento (v. 5; cfr. Is 2,3) e di aspirazione; dell'alleanza definitiva (v. 5), «eterna», che richiama evidentemente l'alleanza nuova di 31,31, scritta nel cuore e quindi non dimenticabile; dei «pastori» (vv. 6-7) cui si rimprovera la negligenza e l'aver allontanato dal Signore le pecore conducendole alla rovina.

8-20. Il brano ha due parti, in poesia (vv. 8-17) e in prosa (vv. 18-20). In poesia è una viva e partecipe descrizione della rovina della grande città cosmopolita (cfr. v. 16) che l'autore osserva, con feroce compiacimento (v. 11), cadere a brandelli (v. 15) e finalmente ridursi a un deserto (v. 12). È la giusta punizione per chi ha fatto tanto male a Israele. Per questo – ed è la parte in prosa – c'è una promessa di ritorno: anzitutto, nella terra di cui si menzionano le regioni tradizionalmente considerate più fertili che la lontananza fa sognare anche più feraci; poi, nell'amicizia di Dio, che fa dono del ritorno dall'esilio e del perdono dei peccati.

21-32. Comando agli eserciti nemici di passare all'attacco. Il ritmo è incalzante, con versi talvolta (cfr. 21c) di rude onomatopea che gioca sul timbro aspro di gutturali e dentali. È in azione la macchina da guerra che Dio stesso, guerriero, conduce (cfr. v. 25), estraendo le sue armi più micidiali per distruggere. È il Santo di Israele e non può tollerare l'alterigia dell'uomo che osa farsi simile a Dio.

33-34. In prosa si riafferma l'attenzione del Signore per il suo popolo deportato. Il richiamo letterario sembra essere al soggiorno forzato in Egitto allorché il faraone rifiutava di lasciar partire Israele. La liberazione è contenuta implicitamente nella promessa di sostenere la causa del popolo di Israele (v. 34) in una specie di dibattimento giudiziario (cfr. in v. 34b il gioco sulla radice ryb «sostenere la causa») in cui JHWH assume il ruolo come di un avvocato, ebr. gō'ēl «vendicatore», che era propriamente il tutore dei diritti familiari nella società ebraica del tempo.

35-40. La spada di JHWH è in azione: nulla le sfugge. Dai capi al popolino, dagli indovini agli idoli spaventapasseri, dai tesori alle acque, tutto è guastato. Il risultato è una landa deserta (vv. 39-40), ricettacolo di animali selvatici.

41-46. In prosa, minaccia contro Babilonia, con allusione al nemico del nord che più volte (cfr. 4,5ss.) è stato preannunciato contro Israele. La descrizione di esso (v. 42) è stereotipa; perciò non si riferisce a un nemico concreto. In realtà, i Persiani furono un popolo estremamente umanitario per l'antichità e anche nei confronti dei Babilonesi si comportarono con moderazione.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Contro Ammon, Edom, Damasco, gli Arabi ed Elam 1Sugli Ammoniti. Così dice il Signore: «Israele non ha forse figli, non ha forse un erede? Perché Milcom ha ereditato la terra di Gad e il suo popolo ne ha occupato le città? 2Perciò ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali io farò udire fragore di guerra a Rabbà degli Ammoniti; essa diventerà un cumulo di rovine, i suoi villaggi saranno consumati dal fuoco, Israele spoglierà i suoi spogliatori, dice il Signore. 3Urla, Chesbon, arriva il devastatore; gridate, villaggi di Rabbà, cingetevi di sacco, innalzate lamenti e andate raminghi con tagli sulla pelle, perché Milcom andrà in esilio, con i suoi sacerdoti e i suoi capi. 4Perché ti vanti delle tue valli, figlia ribelle? Confidi nei tuoi tesori ed esclami: “Chi verrà contro di me?”. 5Ecco, io manderò su di te il terrore – oracolo del Signore, Dio degli eserciti – da tutti i dintorni. Voi sarete scacciati, ognuno per la sua via, e non vi sarà nessuno che raduni i fuggiaschi. 6Ma dopo cambierò la sorte degli Ammoniti». Oracolo del Signore. 7Su Edom. Così dice il Signore degli eserciti: «Non c’è più sapienza in Teman? È scomparso il consiglio dei saggi? È svanita la loro sapienza? 8Fuggite, voltatevi, nascondetevi in un luogo segreto, abitanti di Dedan, poiché io mando su Esaù la sua rovina, il tempo del suo castigo. 9Se vendemmiatori venissero da te, ti lascerebbero appena qualche grappolo. Se ladri notturni venissero da te, saccheggerebbero quanto basta loro. 10Perché io intendo spogliare Esaù, rivelo i suoi nascondigli ed egli non ha dove nascondersi. La sua stirpe, i suoi fratelli, i suoi vicini sono distrutti ed egli non è più. 11Lascia i tuoi orfani, io li farò vivere, le tue vedove confidino in me! 12Poiché così dice il Signore: Ecco, coloro che non erano obbligati a bere il calice lo devono bere e tu pretendi di rimanere impunito? Non resterai impunito, ma dovrai berlo, 13poiché io ho giurato per me stesso – oracolo del Signore – che Bosra diventerà un orrore, un obbrobrio, un deserto, una maledizione, e tutte le sue città saranno ridotte a rovine perenni». 14Ho udito un messaggio da parte del Signore, un messaggero è stato inviato fra le nazioni: «Adunatevi e marciate contro di lui! Alzatevi per la battaglia». 15«Poiché ecco, ti faccio piccolo fra le nazioni e spregevole fra gli uomini. 16Ti ha indotto in errore la tua arroganza, la superbia del tuo cuore; tu che abiti nelle caverne delle rocce, che ti aggrappi alle cime dei colli, anche se, come l’aquila, ponessi in alto il tuo nido, di lassù ti farò precipitare. Oracolo del Signore. 17Edom sarà una desolazione; quanti vi passeranno vicino resteranno sbigottiti e fischieranno di scherno davanti a tutte le sue ferite. 18Come nello sconvolgimento di Sòdoma e Gomorra e delle città vicine – dice il Signore –, non vi abiterà alcuna persona né vi dimorerà essere umano. 19Ecco, come un leone sale dalla boscaglia del Giordano verso i prati sempre verdi, così in un baleno io lo scaccerò di là e porrò su di esso il mio eletto. Perché chi è come me? Chi può citarmi in giudizio? Chi è dunque il pastore che può resistere davanti a me? 20Per questo, ascoltate il progetto che il Signore ha fatto contro Edom e le decisioni che ha preso contro gli abitanti di Teman. Certo, trascineranno via anche i più piccoli del gregge e sarà desolato il loro pascolo. 21Al fragore della loro caduta tremerà la terra. Un grido! Fino al Mar Rosso ne risuonerà l’eco. 22Ecco, come l’aquila sale e si libra e distende le ali su Bosra. In quel giorno il cuore dei prodi di Edom sarà come il cuore di una donna nei dolori del parto». 23Su Damasco. «Camat e Arpad sono piene di confusione, perché hanno sentito una cattiva notizia; esse sono agitate come il mare, sono in angustia, non possono calmarsi. 24Spossata è Damasco, volta le spalle per fuggire; un tremito l’ha colta, angoscia e dolori l’assalgono come una partoriente. 25Come non potrebbe essere abbandonata la città gloriosa, la città del tripudio? 26Perciò cadranno i suoi giovani nelle sue piazze, tutti i suoi guerrieri periranno in quel giorno. Oracolo del Signore degli eserciti. 27Darò fuoco alle mura di Damasco e divorerà i palazzi di Ben-Adàd». 28Su Kedar e sui regni di Asor, che Nabucodònosor, re di Babilonia, sconfisse. Così dice il Signore: «Su, marciate contro Kedar, saccheggiate i figli dell’oriente. 29Prendete le loro tende e le loro pecore, i loro teli, tutti i loro attrezzi, portate via i loro cammelli; un grido si leverà su di loro: “Terrore all’intorno!”. 30Fuggite, andate lontano, nascondetevi in un luogo segreto o abitanti di Asor – oracolo del Signore –, perché Nabucodònosor, re di Babilonia, ha ideato un disegno contro di voi, ha preparato un piano contro di voi. 31Su, marciate contro la nazione tranquilla, che vive in sicurezza – oracolo del Signore – e non ha né porte né sbarre, e vive isolata. 32I suoi cammelli diverranno preda e la massa delle sue greggi bottino. Disperderò a tutti i venti coloro che si radono le tempie, da ogni parte farò venire la loro rovina. Oracolo del Signore. 33Asor diventerà rifugio di sciacalli, una desolazione per sempre; non vi abiterà alcuna persona né vi dimorerà essere umano». 34Parola che il Signore rivolse al profeta Geremia riguardo a Elam all’inizio del regno di Sedecìa, re di Giuda. 35«Dice il Signore degli eserciti: Ecco, io spezzerò l’arco di Elam, il nerbo della sua potenza. 36Farò venire contro Elam i quattro venti dalle quattro estremità del cielo e li disperderò davanti a questi venti; non ci sarà nazione in cui non giungeranno i profughi di Elam. 37Incuterò terrore negli Elamiti davanti ai loro nemici e davanti a coloro che vogliono la loro vita; manderò su di loro la sventura, la mia ira ardente. Oracolo del Signore. Manderò la spada a inseguirli, finché non li avrò sterminati. 38Porrò il mio trono su Elam e farò scomparire il suo re e i suoi capi. Oracolo del Signore. 39Ma negli ultimi giorni cambierò la sorte di Elam». Oracolo del Signore.

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Approfondimenti

Contro Ammon, Edom, Damasco, gli Arabi ed Elam 49,1-39 Contiene oracoli contro diversi popoli del Vicino Oriente rei in qualche modo di aver vessato Israele e coinvolti di conseguenza nella punizione. Ammoniti, Edomiti, Siriani, Arabi ed Elamiti, ricevono ciascuno la propria razione di minacce e di derisione per le sventure che li attendono. Ad eccezione di brevi spezzoni, gli oracoli sembrano geremiani, pronunciati in vari periodi della sua attività profetica, comunque non agli inizi. Tuttavia qualche rimaneggiamento va riconosciuto, come testimonia ad es. il ripetersi di versetti identici in componimenti diversi (cfr. 48,40s. con 49,2).

1-6. Contro Ammon. Gli Ammoniti, che la tradizione considerava affini agli Israeliti (cfr. Gn 19,30), abitavano la regione al di là del Giordano, grosso modo tra l'Arnon e lo Iabbok, e avevano come capitale Rabbat-Ammon l'attuale Amman). Un territorio che le tribù israelitiche hanno sempre rivendicato e che la tradizione aveva assegnato alla tribù di Gad (cfr. Gs 13, 24-28). In realtà solo saltuariamente tale territorio rimase sotto l'effettiva sovranità di Israele. Ne fu staccato in pratica definitivamente dagli Assiri dopo la caduta del regno settentrionale (722). Per questo Geremia (l'oracolo è quasi sicuramente suo, salvo piccole aggiunte: v. 2 e forse v. 6) inizia con una domanda retorica sul perché la regione di Gad sia ora occupata dagli Ammoniti, quasi dono del loro dio Milcom. È venuto il momento del castigo che devasterà le città della regione (Chesbon in verità apparteneva a Moab: cfr. 48,44) e le valli opime di cui erano così orgogliosi (v. 4). Sarà lutto ovunque.

7-22. Contro Edom. È il popolo più vicino per stirpe agli Israeliti, come anche la tradizione riconosceva facendo addirittura dell'antenato Edom/Esaù il gemello di Giacobbe (cfr. Gn 25,12-28). Come per Moab, anche qui abbiamo una raccolta di oracoli (per altri, un unico lungo oracolo), parte in poesia, parte in prosa, la cui autenticità sembra fuori di dubbio. La rovina di Edom sarà inesorabile nonostante l'apparente inaccessibilità della regione ai grandi eserciti nemici. Dio ha deciso lo sterminio del popolo edomita per la superbia e l'arroganza a motivo della sapienza, per cui era famoso nell'antichità (cfr. Gb 2,11; Bar 3,22; Abd 8) e della supposta sicurezza dei suoi confini. In verità gli oracoli menzionano espressamente tra le ragioni del castigo divino l'arroganza (v. 16), ma senza precisarne il contenuto. È il tema della hybris umana che anche altrove nei profeti (cfr. Is 2,11ss.) viene duramente stigmatizzata. Tempo di composizione sembra il 605, durante la prima spedizione di Nabucodonosor nella regione. Proprio dalla «sapienza» inizia il profeta constatando ironicamente che non è stata capace di prevedere il disastro. «Teman» è una zona del territorio di Edom di incerta ubicazione. Qui probabilmente sta per l'intera regione, a meno che non si voglia vedervi indicato uno dei confini (l'altro sarebbe «Dedan»: v. 8) del territorio edomitico. Edom non può sfuggire alla punizione se hanno dovuto «bere il caliсе», cioè assaporare l'amarezza della punizione (cfr. 13,13; 25,15-18; 48,26; Is 51,17-23; Ez. 23,32-34, есс.) gli innocenti (probabilmente gli Israeliti non colpevoli coinvolti nel castigo di Israele). Non serve a nulla abitare «nelle caverne delle rocce» (v. 16) perché niente può resistere a Dio e a colui che ha designato esecutore del suo castigo: li strapperà di là senza sforzo.

23-27. Contro Damasco. L'epoca di composizione sembra quella dell'oracolo precedente: l'invasione di Nabucodonosor del 605. La composizione si limita a predire succintamente la rovina, partendo dalla paura che invade gli abitanti della regione, quando giunge la notizia, sino alla fuga dalla città.

28-33. Contro le tribù arabe. Questo oracolo è espressamente (v. 28) rapportato a una campagna di Nabucodonosor che potrebbe sempre essere quella del 605. Oggetto di esso è la sorte di «Kedar» e dei regni di «Azor», cioè le regioni a oriente della Palestina e le popolazioni che le abitavano, popoli seminomadi con struttura sociopolitica ancora a base tribale. Su queste tribù tranquille e sicure nella loro regione appartate piomberà inaspettatamente il re di Babilonia e saccheggerà e razzierà deportandone la popolazione. Il motivo non è menzionato; si può supporre l'idolatria, se l'accenno al taglio dei capelli va inteso come segno religioso e non come semplice acconciatura.

34-39. Contro Elam, regione a est della Bassa Mesopotamia. Alleata dei Medi e dei Persiani, nel 539 attaccò Babilonia (cfr. Is 21,2), ma in seguito fu praticamente assorbita nell'impero persiano. La capitale Susa, distrutta da Assurbanipal nel 640 a.C. e ricostruita da Dario I, divenne una delle città più importanti dell'impero, residenza invernale della corte di Persia (cfr. Ne 1,1; Est 1,1). Il vaticinio, quasi sicuramente di Geremia, può essere stato pronunciato allorché si ebbero le prime avvisaglie dei movimenti espansionistici persiani verso ovest. L'introduzione (v. 34) lo colloca nel 597. È oracolo di minaccia, ma si chiude con la prospettiva di salvezza (v. 39).

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Contro Moab 1Su Moab. Così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: «Guai a Nebo, poiché è devastata! Piena di vergogna e catturata è Kiriatàim, sente vergogna, è abbattuta la roccaforte. 2Non esiste più la fama di Moab, a Chesbon tramano il male contro di essa: “Venite ed eliminiamola dalle nazioni”. Anche tu, Madmen, sarai demolita, la spada ti inseguirà. 3Una voce, un grido da Coronàim: “Devastazione e rovina grande!”. 4Abbattuta è Moab, le grida si fanno sentire fino a Soar. 5Piangendo, salgono la salita di Luchìt, giù per la discesa di Coronàim si odono grida strazianti: 6“Fuggite, salvate la vostra vita! Siate come l’asino selvatico nel deserto”. 7Poiché hai posto la fiducia nelle tue fortezze e nei tuoi tesori, anche tu sarai preso e Camos andrà in esilio, insieme con i suoi sacerdoti e con i suoi capi. 8Il devastatore verrà contro ogni città, nessuna città potrà scampare. Sarà devastata la valle e la pianura desolata, come dice il Signore. 9Erigete un cippo funebre a Moab, perché è tutta in rovina. Le sue città diventeranno un deserto, nessuno le abiterà. 10Maledetto chi compie fiaccamente l’opera del Signore, maledetto chi trattiene la spada dal sangue! 11Moab era tranquillo fin dalla giovinezza, riposava come vino sulla sua feccia, non è stato travasato di botte in botte, né è mai andato in esilio; per questo gli è rimasto il suo sapore, il suo profumo non si è alterato. 12Per questo giorni verranno – oracolo del Signore – nei quali manderò uomini a travasarlo, vuoteranno le sue botti e frantumeranno i suoi otri. 13Moab si vergognerà di Camos come la casa d’Israele si è vergognata di Betel, in cui aveva riposto la sua fiducia. 14Come potete dire: “Noi siamo uomini prodi e uomini valorosi per la battaglia”? 15Il devastatore di Moab sale contro di lui, i suoi giovani migliori scendono al macello. Oracolo del re, il cui nome è Signore degli eserciti. 16È vicina la rovina di Moab, la sua sventura avanza in gran fretta. 17Compiangetelo, voi tutti suoi vicini e tutti voi che conoscete il suo nome; dite: “Come si è spezzata la verga robusta, quello scettro magnifico?”. 18Scendi dalla tua gloria, siedi sull’arido suolo, o popolo che abiti a Dibon; poiché il devastatore di Moab sale contro di te, egli distrugge le tue fortezze. 19Sta sulla strada e osserva, tu che abiti ad Aroèr. Interroga il fuggiasco e lo scampato, domanda: “Che cosa è successo?”. 20Moab prova vergogna, è in rovina; urlate, gridate, annunciate sull’Arnon che Moab è devastato. 21È arrivato il giudizio per la regione dell’altopiano, per Colon, per Iaas e per Mefàat, 22per Dibon, per Nebo e per Bet-Diblatàim, 23per Kiriatàim, per Bet-Gamul e per Bet-Meon, 24per Keriòt e per Bosra, per tutte le città del territorio di Moab, lontane e vicine. 25È infranta la potenza di Moab, è spezzato il suo braccio. Oracolo del Signore. 26Inebriatelo, perché si è sollevato contro il Signore, e Moab si rotolerà nel vomito e anch’esso diventerà oggetto di scherno. 27Non è stato forse Israele per te oggetto di scherno? Fu questi forse sorpreso fra i ladri, dato che quando parli di lui scuoti sempre la testa? 28Abbandonate le città e dimorate nelle rupi, abitanti di Moab, siate come la colomba, che fa il nido sull’orlo di un precipizio. 29Abbiamo udito l’orgoglio di Moab, il grande orgoglioso, la sua superbia, il suo orgoglio, la sua alterigia, l’altezzosità del suo cuore. 30Conosco bene la sua tracotanza – oracolo del Signore –, l’inconsistenza delle sue chiacchiere, le sue opere vane. 31Per questo alzo un lamento su Moab, grido per tutto Moab, gemo per gli uomini di Kir-Cheres. 32Io piango per te come per Iazer, o vigna di Sibma! I tuoi tralci arrivavano al mare, raggiungevano Iazer. Sui tuoi frutti e sulla tua vendemmia è piombato il devastatore. 33Sono scomparse gioia e allegria dai frutteti e dalla regione di Moab. È finito il vino nei tini, non pigia più il pigiatore, il canto di gioia non è più canto di gioia. 34Delle grida di Chesbon e di Elalè si diffonde l’eco fino a Iaas; da Soar si odono grida fino a Coronàim e a Eglat-Selisià, poiché anche le acque di Nimrìm sono un deserto. 35Io farò scomparire in Moab – oracolo del Signore – chi sale sulle alture e chi brucia incenso ai suoi dèi. 36Perciò il mio cuore per Moab geme come i flauti, il mio cuore geme come i flauti per gli uomini di Kir-Cheres, poiché sono venute meno le loro scorte. 37Sì, ogni testa è rasata, ogni barba è tagliata; ci sono incisioni sulle mani e tutti i fianchi sono coperti di sacco. 38Sopra tutte le terrazze di Moab e nelle sue piazze è tutto un lamento, perché io ho spezzato Moab come un vaso senza valore. Oracolo del Signore. 39Come è rovinato! Gridate! Come Moab ha voltato vergognosamente le spalle! Moab è diventato oggetto di scherno e di orrore per tutti i suoi vicini. 40Poiché così dice il Signore: Ecco, come l’aquila si libra e distende le ali su Moab. 41Le città sono prese, le fortezze sono espugnate. In quel giorno il cuore dei prodi di Moab sarà come il cuore di una donna nei dolori del parto. 42Moab è distrutto, ha cessato di essere popolo, perché si è sollevato contro il Signore. 43Terrore, fossa e laccio ti sovrastano, o abitante di Moab. Oracolo del Signore. 44Chi fugge al grido di terrore cadrà nella fossa, chi risale dalla fossa sarà preso nel laccio, perché io manderò sui Moabiti tutto questo nell’anno del loro castigo. Oracolo del Signore. 45All’ombra di Chesbon si fermano spossati i fuggiaschi, ma un fuoco esce da Chesbon, una fiamma dal palazzo di Sicon e divora le tempie di Moab e il cranio di uomini turbolenti. 46Guai a te, Moab, sei perduto, popolo di Camos, poiché i tuoi figli sono condotti in schiavitù, le tue figlie in esilio. 47Ma io cambierò la sorte di Moab negli ultimi giorni». Oracolo del Signore. Fin qui il giudizio su Moab.

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Approfondimenti

Contro Moab 48,1-47 Contro Moab, popolo parente-nemico (cfr. Gn 19,30-38) che è sempre stato in rapporto di tensione con gli Israeliti. Gli oracoli, ora in prosa ora in poesia, non sembrano tutti di mano geremiana: probabilmente un nucleo risalente al profeta ha funto da polo aggregatore per composizioni similari o ha dato l'avvio a variazioni su un unico tema, quello della minaccia di distruzione totale, con insistenza sulle diverse città che formavano il vanto della popolazione, la quale si sentiva sicura perché era insediata in una regione decentrata rispetto ai grandi percorsi e di non facile accesso per la natura del suolo. «Riposava», dice poeticamente il profeta con riferimento all'abbondanza dei vigneti, «come vino sulla sua feccia» (v. 11) che conserva inalterato il sapore genuino. Ma è venuto il tempo della rovina, ad opera di Nabucodonosor in una delle molte campagne condotte nella regione (605 o 597 o 587). Anche qui il disastro politico-militare è interpretato come punizione divina (vv. 7.10-11.21.26-27.30), anche se il male commesso non è tanto l'ostilità contro Israele, ma l'ostinata idolatria, l'arroganza di chi si è «levato contro il Signore». È difficile precisare a quale periodo della vita del profeta potrebbe risalire il nucleo autentico degli oracoli: o in un periodo avanzato del suo ministero o forse dopo Ioiakim.

1-20. Lungo poema, che il v. 13 spezza in due tronconi. La prima parte (vv. 1-12) è una carrellata sulle varie città della regione, da Nebo, nel nord (v 1), via via per tutto il territorio, anche se non di tutte è possibile precisare l'ubicazione. Descrizione della rovina in atto e minaccia per un futuro immediato (vv. 8.12), pianto per lo sfacelo e invito allo scampo (v. 6) si intrecciano fittamente con ritmo incalzante. Su tutto, martellante, l'idea di crollo generale, dal dio nazionale Camos (v. 7) all'ultimo degli abitanti. Chi vuole scampare deve fuggire nel deserto come «asino selvatico» (v. 6) o addirittura prendere il volo (v. 9). Il v. 13 preannuncia per Moab la stessa sorte di Israele, il regno settentrionale, data la menzione di Betel e l'allusione al suo santuario («oggetto della fiducia»). Per la condanna profetica di questo santuario cfr. Os 4,15; Am 3,14; 4,4; 5,5s. Il richiamo alla rovina di Betel (722), senza menzione di quella di Gerusalemme, suggerisce una data per l'oracolo precedente al 587. La seconda parte (vv. 14-20) riprende più pacatamente il tema della devastazione: ormai è cosa fatta e non rimane che piangere.

21-29. Nella sezione si alternano brani in prosa e in poesia a ribadire la condanna di Moab della quale si dà come motivazione l'orgoglio (v. 29), ma anche il disprezzo nei confronti di Israele (vv. 26-27). È come un gagliardo dal braccio spezzato (v. 25); le sue città, di cui si dà un elenco (vv. 21-24), sono destinate alla rovina.

30-39. Il profeta ha un moto di compassione e piange sulla sorte di Moab, vigna devastata dai saccheggiatori. Per l'immagine, cfr. Sal 80,9-19; Ez 17,5-10; 19,10-14 e soprattutto Is 16,7-11 con cui il brano ha larga affinità anche verbale.

40-47. L'ultima serie di oracoli contro Moab è una composizione vivace con immagini e vocabolario nuovi e spesso con ritmo incalzante (cfr. v. 43: una serie di allitterazioni esprime l'impossibilità di fuga). La capitale Chesbon con il palazzo del re (Sicon) sono dati alle fiamme e il popolo è rovinato in esilio. Tutto questo è il frutto dell'avversione contro Israele e il suo Dio (v. 42) che però non manca di misericordia nei confronti di Moab, come non manca nei confronti del popolo eletto (v. 47).

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Contro i Filistei 1Parola del Signore che fu rivolta al profeta Geremia sui Filistei, prima che il faraone occupasse Gaza. 2Così dice il Signore: «Ecco, si sollevano ondate dal settentrione, diventano un torrente che straripa. Allagano la terra e ciò che è in essa, la città e i suoi abitanti. Gli uomini gridano, urlano tutti gli abitanti della terra. 3Allo strepito scalpitante degli zoccoli dei suoi cavalli, al fragore dei suoi carri, al cigolio delle ruote, i padri non si voltano verso i figli, le loro mani sono senza forza, 4perché è arrivato il giorno in cui saranno distrutti tutti i Filistei e saranno abbattute Tiro e Sidone con quanti sono rimasti ad aiutarle; il Signore infatti distrugge i Filistei, il resto dell’isola di Caftor. 5Fino a Gaza si sono rasati per lutto, Àscalon è ridotta al silenzio. Asdod, povero resto degli Anakiti, fino a quando ti farai incisioni? 6Ah! spada del Signore, quando ti concederai riposo? Rientra nel fodero, férmati e càlmati. 7Come potrà riposare, se il Signore le ha ordinato di agire? Contro Àscalon e tutta la costa del mare, là egli l’ha destinata».

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Approfondimenti

Contro i Filistei 47,1-7 I Filistei avevano conservato nei secoli identità razziale, indipendenza politica e animosità nei confronti degli Israeliti. Loro zona di insediamento era la striscia inferiore del litorale marittimo, con epicentro, sembra, in questo periodo, in Gaza. Il v. 1 allude all'occupazione della città ad opera di un faraone: forse Cofra che può aver attaccato Gaza in occasione della guerra contro Tiro di cui i Filistei erano alleati (cfr. v. 4). Saremmo allora nel 570. Ma potrebbe anche trattarsi di Necao e della sua spedizione in aiuto degli Assiri nel 609/608. Il proteta immagina l'esercito invasore che come ondata s'abbatte dal nord e spazza il litorale da Tiro fino all'estremo sud, a Gaza: gli oriundi di Creta (= Caftor), i Filistei, sono travolti e i superstiti non possono che abbandonarsi alle manifestazioni di lutto (v. 5). Ma anche per loro il profeta ha un moto di compassione (cfr. v. 6).

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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ORACOLI CONTRO LE NAZIONI

Contro l'Egitto 1Parola del Signore che fu rivolta al profeta Geremia sulle nazioni. 2Sull’Egitto. Contro l’esercito del faraone Necao, re d’Egitto, che si trovava a Càrchemis, presso il fiume Eufrate, esercito che Nabucodònosor, re di Babilonia, vinse nel quarto anno di Ioiakìm, figlio di Giosia, re di Giuda. 3«Preparate scudo grande e piccolo e avanzate per la battaglia. 4Attaccate i cavalli, montate, o cavalieri. Schieratevi con gli elmi, lucidate le lance, indossate le corazze! 5Che vedo? Sono spaventati, retrocedono! I loro prodi sono sconfitti, fuggono a precipizio senza voltarsi; terrore all’intorno. Oracolo del Signore. 6Il più agile non sfuggirà né il più prode si salverà. A settentrione, sulla riva dell’Eufrate, inciampano e cadono. 7Chi è colui che trabocca come il Nilo, come un fiume dalle acque turbolente? 8È l’Egitto che trabocca come il Nilo, come un fiume dalle acque turbolente. Esso dice: “Salirò, ricoprirò la terra, distruggerò la città e i suoi abitanti”. 9Caricate, cavalli, avanzate, carri! Avanti, o prodi, uomini di Etiopia e di Put, voi che impugnate lo scudo, e voi di Lud che tendete l’arco. 10Ma quel giorno per il Signore, Dio degli eserciti, è giorno di vendetta, per punire i nemici. La sua spada divorerà, si sazierà e si inebrierà del loro sangue; poiché sarà un sacrificio per il Signore, Dio degli eserciti, nella terra del settentrione, presso il fiume Eufrate. 11Sali in Gàlaad a prendere il balsamo, vergine, figlia d’Egitto. Invano moltiplichi i rimedi, ma non c’è guarigione per te. 12Le nazioni hanno saputo del tuo disonore; del tuo grido di dolore è piena la terra, poiché il prode inciampa nel prode, tutti e due cadono insieme». 13Parola che il Signore comunicò al profeta Geremia quando Nabucodònosor, re di Babilonia, giunse per colpire la terra d’Egitto. 14«Annunciatelo in Egitto, fatelo sapere a Migdol, fatelo udire a Menfi e a Tafni; dite: “Àlzati e prepàrati, perché la spada divora intorno a te”. 15Perché mai il tuo potente è travolto? Non resiste perché il Signore l’ha rovesciato. 16Una gran folla vacilla e stramazza, ognuno dice al vicino: “Su, torniamo al nostro popolo, al paese dove siamo nati, lontano dalla spada micidiale!”. 17Chiamate pure fanfarone il faraone, re d’Egitto: si lascia sfuggire il momento opportuno. 18Per la mia vita – oracolo del re il cui nome è Signore degli eserciti –, verrà uno simile al Tabor fra le montagne, come il Carmelo presso il mare. 19Prepàrati il bagaglio per l’esilio, o figlia che abiti l’Egitto, perché Menfi sarà ridotta a un deserto, sarà devastata, senza abitanti. 20Giovenca bellissima è l’Egitto, ma un tafano viene su di lei dal settentrione. 21Anche i suoi mercenari in mezzo ad essa sono come vitelli da ingrasso. Anch’essi infatti hanno voltato le spalle, fuggono insieme, non resistono, poiché è giunto su di loro il giorno della sventura, il tempo del loro castigo. 22La sua voce è come di serpente che fugge, poiché i nemici avanzano con un esercito e vengono contro di lei, armati di scure come tagliaboschi. 23Abbattono la sua selva – oracolo del Signore – e non si possono contare, essi sono più delle locuste, sono senza numero. 24Prova vergogna la figlia d’Egitto, è data in mano a un popolo del settentrione». 25Il Signore degli eserciti, Dio d’Israele, dice: «Ecco, punirò Amon di Tebe, l’Egitto, i suoi dèi e i suoi re, il faraone e coloro che confidano in lui. 26Li consegnerò in mano di quanti vogliono la loro vita, in mano di Nabucodònosor, re di Babilonia, e dei suoi ministri. Ma dopo sarà abitato come in passato. Oracolo del Signore. 27Ma tu non temere, Giacobbe, mio servo, non abbatterti, Israele, perché io libererò te dalla terra lontana, la tua discendenza dalla terra del suo esilio. Giacobbe ritornerà e avrà riposo, vivrà tranquillo e nessuno lo molesterà. 28Tu non temere, Giacobbe, mio servo – oracolo del Signore –, perché io sono con te. Sterminerò tutte le nazioni tra le quali ti ho disperso, ma non sterminerò te; ti castigherò secondo giustizia, non ti lascerò del tutto impunito».

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Approfondimenti

ORACOLI CONTRO LE NAZIONI 46,1-51,64 Come in altre raccolte profetiche (cfr. Am 1,3-2,3; Is 13-21.23; Ez 25-32), anche nel libro di Geremia una sezione contiene oracoli contro le nazioni pagane, sezione che verosimilmente, come testimoniano i LXX, era inizialmente posta dopo il c. 25. In Geremia sono tutti oracoli di minaccia per l'idolatria regnante e per i misfatti contro Israele, gli stessi che altrove nel libro sono presentati come voluti da Dio. Vediamo qui trasparire il gusto amaro della vendetta: è l'involucro umano, storicamente condizionato, di un annuncio che intende proclamare la sovranità di Dio su tutti i popoli, la sua intemerata giustizia e la capacità di far rientrare in un disegno di salvezza anche la malvagità degli uomini. Non tutto il materiale qui raccolto è genuinamente geremiano: tratti posteriori si sono aggiunti a precisazione e ampliamento, ma buona parte degli oracoli risale al profeta di Anatot.

Contro l'Egitto 46,1-28 Sono radunati in questo capitolo vari componimenti riguardanti aspetti diversi della rovina dell'Egitto in svariati momenti, a partire dalla sconfitta di Carchemis nel 605.

2-12. La battaglia presso la città sulla grande ansa dell'Eufrate avvenne tra le armate babilonesi, al comando del giovane Nabucodonosor, e le truppe egiziane venute in aiuto dell'Assiria morente. Sconfitto, il faraone Necao dovette ripiegare in Egitto lasciando ai Babilonesi libero accesso alla Siria e alla Palestina. La descrizione procede per accostamenti contrapposti che le danno un caratteristico movimento di va-e-vieni tra l'inizio e la fine, il progetto e il fallimento. Nei vv. 3-4 si descrivono i preparativi della battaglia subito seguiti dalla proclamazione della sconfitta (v. 5-6); si ritorna alla partenza dall'Egitto con l'elenco dei vari corpi d'armata (vv. 7-9) e infine si piangono le ferite e il disonore (vv. 10-12).

13-24. Questa composizione si riferisce alla spedizione di Nabucodonosor contro l'Egitto nel 568/567 (cfr. 43,10-12). Ha le movenze di una lamentazione, non senza una venatura di ironia per l'umiliazione che accosta una potenza militare come l'Egitto alla situazione tante volte sperimentata da Israele. Il testo, non bene trasmesso, ha bisogno di frequenti correzioni. Come altre volte (cfr. 4,5ss.; 22,20; 48,1-5; 49,2ss.) Geremia chiama in causa diverse città per rendere più viva e concreta la ferale notizia: gli dei d'Egitto sono sconfitti, fuggiti, e il faraone non dà migliore garanzia. Non c'è nulla da fare: è JHWH che ha deciso il castigo e l'attuerà mediante l'esercito babilonese che avanza inesorabile.

25-28. Segue una breve promessa di restaurazione, in prosa (vv. 25-26). La stessa promessa di salvezza, più ampia e articolata, viene rivolta a Israele (vv. 27-28) con un oracolo di nuovo in poesia: il Dio che pensa all'Egitto, non dimentica il suo popolo. E probabile che il brano sia stato successivamente aggiunto alla composizione sull'Egitto: compare infatti quasi identico in 30,10-11.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Introduzione 1Questa è la parola che il profeta Geremia comunicò a Baruc, figlio di Neria, quando egli scriveva queste parole in un libro sotto la dettatura di Geremia nel quarto anno di Ioiakìm, figlio di Giosia, re di Giuda: 2«Dice il Signore, Dio d’Israele, su di te, Baruc: 3Tu hai detto: “Guai a me, poiché il Signore aggiunge tristezza al mio dolore. Io sono stanco dei miei gemiti e non trovo pace”. 4Dice il Signore: Ecco io abbatto ciò che ho edificato e sradico ciò che ho piantato; così per tutta la terra. 5E tu vai cercando grandi cose per te? Non cercarle, poiché io manderò la sventura su ogni uomo. Oracolo del Signore. A te farò dono della tua vita come bottino, in tutti i luoghi dove tu andrai».

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Approfondimenti

45,1-5 Questo oracolo di conforto a Baruc, che un tempo chiudeva l'intera raccolta delle profezie di Geremia (cfr. LXX), è probabilmente un indizio dell'opera redazionale del segretario. È percorso da una sottile vena di pessimismo: è gran cosa poter restare in vita e questo il Signore assicura allo scrivano fedele come dono speciale. Queste parole, le uniche attribuite nel libro allo scrivano, tradiscono una crisi di sconforto che risente un po' dell'animo di Geremia nelle “confessioni”. Quali cause abbiano generato simile sconforto si può solo congetturare, partendo dall'epoca a cui l'oracolo fa riferimento (v. 1), quel 605 (anno quarto di Ioiakim) così determinante nella vita di Geremia (cfr. c. 36), che ha segnato, se non l'inizio, certo una svolta importante nelle sofferenze del profeta. Che il segretario fosse associato a tali vicende è noto (cfr. c. 36 passim); che ne risentisse in maniera così profonda, come questo testo lascia supporre, sorprende. La promessa profetica non garantisce molto, come del resto a Geremia stesso; è comunque segno di un'intesa cordiale tra profeta e segretario e di paterno interessamento il fatto che sia Geremia stesso a comunicare le parole di sconforto.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Ultimo scontro con il popolo 1Questa parola fu rivolta a Geremia per tutti i Giudei che abitavano nel paese d’Egitto, a Migdol, a Tafni, a Menfi e nella regione di Patros. 2«Così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Voi avete visto tutte le sventure che ho mandato su Gerusalemme e su tutte le città di Giuda; eccole oggi una desolazione, senza abitanti, 3a causa delle iniquità che commisero per provocarmi, andando a offrire incenso e a venerare altri dèi, che né loro conoscevano né voi né i vostri padri conoscevate. 4Vi ho inviato con assidua premura tutti i miei servi, i profeti, per dirvi: “Non fate questa cosa abominevole che io ho in odio!”. 5Ma essi non mi ascoltarono, non prestarono orecchio e non abbandonarono la loro iniquità cessando dall’offrire incenso ad altri dèi. 6Perciò la mia ira e il mio furore si riversarono e divamparono come fuoco nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme, ed esse divennero un deserto e una desolazione, come sono ancora oggi. 7Dice dunque il Signore, Dio degli eserciti, Dio d’Israele: Perché voi fate un male così grave contro voi stessi, tanto da farvi sterminare di mezzo a Giuda, uomini e donne, bambini e lattanti, in modo che non rimanga di voi neppure un resto? 8Perché mi provocate con l’opera delle vostre mani, offrendo incenso a divinità straniere nella terra d’Egitto, dove siete venuti a dimorare, in modo da farvi sterminare e da divenire oggetto di esecrazione e di obbrobrio tra tutte le nazioni della terra? 9Avete forse dimenticato le iniquità dei vostri padri, le iniquità dei re di Giuda, le iniquità dei vostri capi, le vostre iniquità e quelle delle vostre donne, compiute nella terra di Giuda e per le strade di Gerusalemme? 10Fino ad oggi essi non ne hanno sentito rimorso, non hanno provato timore e non hanno camminato secondo la legge e i decreti che io ho posto davanti a voi e ai vostri padri. 11Perciò dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Ecco, io rivolgo la faccia contro di voi a vostra sventura e per distruggere tutto Giuda. 12Prenderò il resto di Giuda, che ha deciso di andare a dimorare nella terra d’Egitto; essi periranno tutti nella terra d’Egitto, cadranno di spada e periranno di fame, piccoli e grandi, moriranno di spada e di fame e saranno oggetto di maledizione e di orrore, di esecrazione e di obbrobrio. 13Punirò coloro che dimorano nella terra d’Egitto, come ho punito Gerusalemme con la spada, la fame e la peste. 14Nessuno scamperà né sfuggirà fra il resto di Giuda che è venuto a dimorare qui nella terra d’Egitto con la speranza di tornare nella terra di Giuda, dove essi desiderano ritornare ad abitare; essi non vi ritorneranno mai, eccettuati pochi fuggiaschi». 15Allora tutti gli uomini che sapevano che le loro donne avevano bruciato incenso a divinità straniere, e tutte le donne che erano presenti, una grande folla, e tutto il popolo che dimorava nel paese d’Egitto e a Patros, risposero a Geremia: 16«Quanto all’ordine che ci hai comunicato in nome del Signore, noi non ti vogliamo dare ascolto; 17anzi decisamente eseguiremo tutto ciò che abbiamo promesso, cioè bruceremo incenso alla regina del cielo e le offriremo libagioni come abbiamo già fatto noi, i nostri padri, i nostri re e i nostri capi nelle città di Giuda e per le strade di Gerusalemme. Allora avevamo pane in abbondanza, eravamo felici e non vedemmo alcuna sventura; 18ma, da quando abbiamo cessato di bruciare incenso alla regina del cielo e di offrirle libagioni, abbiamo sofferto carestia di tutto e siamo stati sterminati dalla spada e dalla fame». 19E le donne aggiunsero: «Quando noi donne bruciamo incenso alla regina del cielo e le offriamo libagioni, forse che prepariamo per lei focacce con la sua immagine e le offriamo libagioni senza il consenso dei nostri mariti?». 20Geremia disse a tutto il popolo, agli uomini e alle donne e a tutta la gente che gli avevano risposto in quel modo: 21«Forse che il Signore non si ricorda e non ha più in mente l’incenso che voi bruciavate nelle città di Giuda e per le strade di Gerusalemme, voi e i vostri padri, i vostri re e i vostri capi e il popolo del paese? 22Il Signore non ha più potuto sopportare la malvagità delle vostre azioni né le cose abominevoli che avete commesso. Per questo la vostra terra è divenuta un deserto, oggetto di orrore e di esecrazione, senza abitanti, come oggi si vede. 23Per il fatto che voi avete bruciato incenso e avete peccato contro il Signore, non avete ascoltato la voce del Signore e non avete camminato secondo la sua legge, i suoi decreti e i suoi statuti, per questo vi è capitata questa sventura, come oggi si vede». 24Geremia disse a tutto il popolo e a tutte le donne: «Ascoltate la parola del Signore, voi tutti di Giuda che siete nella terra d’Egitto. 25Dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Voi donne lo avete affermato con la bocca e compiuto con le vostre mani, affermando: “Noi adempiremo tutti i voti che abbiamo fatto di offrire incenso alla regina del cielo e di offrirle libagioni”! Adempite pure i vostri voti e fate pure le vostre libagioni. 26Tuttavia ascoltate la parola del Signore, voi tutti di Giuda che abitate nella terra d’Egitto. Ecco, io giuro per il mio nome grande, dice il Signore. Mai più il mio nome sarà pronunciato in tutta la terra d’Egitto dalla bocca di un uomo di Giuda che possa dire: “Per la vita del Signore Dio!”. 27Ecco, veglierò su di loro per la loro disgrazia e non per il loro bene. Tutti gli uomini di Giuda che si trovano nella terra d’Egitto periranno di spada e di fame, fino al loro sterminio. 28Gli scampati dalla spada torneranno dalla terra d’Egitto nella terra di Giuda molto scarsi di numero. Tutto il resto di Giuda, che è andato a dimorare nella terra d’Egitto, saprà quale parola si avvererà, se la mia o la loro. 29Sarà per voi il segno – oracolo del Signore – che io vi punirò in questo luogo, perché sappiate che le mie parole si avverano sul serio contro di voi, per vostra disgrazia. 30Così dice il Signore: Ecco, io metterò il faraone Cofra, re d’Egitto, in mano ai suoi nemici e a coloro che vogliono la sua vita, come ho messo Sedecìa, re di Giuda, in mano a Nabucodònosor, re di Babilonia, suo nemico, che attentava alla sua vita».

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Approfondimenti

Ultimo scontro con il popolo 44,1-30 Il capitolo sembra composito. Si presenta in forma di dialogo tra Geremia e i Giudei fuggiti in Egitto, a proposito dell'idolatria e in particolare del culto della Regina del cielo (l'identità precisa di questa divinità è ancora oggetto di dispute anche se sono state proposte varie identificazioni: Ishtar, Astarte, Iside, Anat, la migliore candidata sembra la dea semitica occidentale Astarte), ma in realtà sono tre monologhi (Geremia-popolo-Geremia) che si direbbero appartenere a generi letterari diversi.

Il primo (vv. 1-14), infatti, si apparenta ai discorsi in terza persona ed è un centone di espressioni tipiche di questo genere letterario (cfr. v. 7). Il fatto che vi si parli della «Regina del cielo», cioè di una dea del pantheon cananeo e non di una divinità egiziana, fa supporre che non si tratti di materiale tardivo, molto posteriore al profeta.

Gli altri due brani (vv. 15-19 e 20-30) potrebbero rientrare nel gruppo dei racconti su Geremia attribuiti a Baruc.

1-14. La scena è localizzata presso il Delta ove si trovano Migdol, Tafni e Menfi. Patros, invece, va ricercata molto più a sud e sembra voler indicare tutto l'Alto Egitto: si tratta forse di un'aggiunta attualizzante ed estensiva (cfr. 46,14) che allarga la prospettiva a tutte le colonie ebraiche in Egitto. Geremia ricorda che i mali che affliggono il popolo e la terra di Israele sono dovuti alla ribellione contro Dio, manifestatasi in tutti gli strati sociali (v. 9). Se intendono continuare nella linea dei padri, possono deporre la speranza di ritornare in patria.

15-19. Lo scontro fra le due visioni della realtà, quella di Geremia fondata sulla fede, e quella del popolo fondata sull'esperienza, è frontale: gli stessi eventi sono valutati in maniera opposta. È proprio questo il compito del profeta: aiutare a leggere i segni nella prospettiva del Dio dell'alleanza. Ma si richiede negli ascoltatori un minimo di disponibilità e di fiducia nelle sue parole, mentre in questo caso il popolo esasperato fa aperta confessione di idolatria e rifiuta JHWH. In questa reazione le donne svolgono una parte di primo piano, forse perché il culto della Regina del cielo era particolarmente praticato da esse e forse anche perché le deviazioni idolatriche erano dovute al loro influsso.

20-30. Geremia ribadisce che la causa della rovina è il tradimento dell'alleanza, la deviazione dalla via di Dio per tracciarsi un percorso a misura d'egoismo. La punizione è la più terribile. Dio si ritira dai Giudei d'Egitto; non vuole più aver a che fare con loro (v. 26). Come in altri casi (cfr. 28,9), Geremia si appella al futuro (vv. 28ss.) per dimostrare la validità delle sue parole: l'avveramento, in questo caso l'invasione di Nabucodonosor del 568/567, confermerà la giustezza delle predizioni; l'uccisione del faraone Cofra sarà come la premessa dello sterminio che opereranno in Egitto le truppe babilonesi.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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