norise

Canto per Nkosi

(In memoriam)

– A Nkosi Johnson, morto a 12 anni, il I° giugno 2001, a Johannesburg. Nato sieropositivo, fu scelto come testimonial contro il morbo dell'AIDS.-

colei che ti diede vita

la sai madre di cielo

bambino che hai corteggiato la morte –

tu messo in un angolo come vergogna

(lo sguardo orfano rapito

in vastità di cieli) presto non più

che mucchietto d'ossa – Nkosi

sei la nostra Coscienza:

e violentaci dunque nel profondo – tu

con la purezza di un breve mattino

mentre questa morte – vedi –

già s'ingemma di sole

Felice Serino

Da Fuoco dipinto, 2002 –

Commento di Luca Rossi

Pensare che quella di Felice Serino sia un'opera che mira solamente all'esaltazione isolata e semplicistica di un sentimento è cosa da poco; il poeta infatti cerca di attrarre il lettore verso il nucleo del dramma e della sua autenticità, mettendo in risalto la sofferenza che deriva da una presa di coscienza non tanto del vuoto lasciato da chi ora non c'è più, ma di chi ha fatto da spettatore a quanto andava accadendo.

Nella poesia il vero morto non è Nkosi, ma colui che rimane indifferente davanti alla denuncia di chi scrive, nel proprio “non-voler-fare” perché ciò possa “non-accadere”. A quali persone si rivolga in particolare il poeta non è dato saperlo. Forse ai potenti della terra che manipolano i commerci, in unione con le grosse multinazionali, come quelle farmaceutiche, per evitare morti precoci, o forse più semplicemente, a tutti noi (lo dice lui stesso: “Nkosi, sei la nostra Coscienza…”).

E' la coscienza di chi non ha mai visitato, almeno una volta nella sua vita, le piazze delle grandi città, nelle quali ogni anno vengono distese al suolo le coperte con incisi i nomi dei figli, degli amici, dei compagni e delle compagne morti a causa dell'AIDS. E' la coscienza di chi non ha mai stretto tra le mani, nelle stesse piazze, una candela accesa per ricordare gli uomini e le donne scomparse mentre viene letto il loro nome; persone magari sconosciute, verso la cui morte però non ci si può dimostrare non solidali. E' la coscienza di quelli che non hanno mai voluto possedere un simbolo (come il fiocco di stoffa rossa a forma di “A”) il cui significato testimonia quella solidarietà umana verso coloro che saranno o sono già stati falciati dalla malattia. E' anche la coscienza di colui che pensa di ritenersi immune per sempre da essa, o di chi addita le ragioni di quest'inferno terreno riconoscendone nella devianza una delle cause.

La morte di Nkosi per il poeta resta quindi un pretesto per indicare i veri morti, perché chi vive la malattia è colui che riscopre nella sua predestinazione a scomparire il senso vero ed estremo del vivere.

Così il poeta confonde il tutto facendoci notare quella “purezza di un breve mattino” al quale dobbiamo volgere lo sguardo per ritrovare l'innocenza e la verità perdute o dimenticate: quelle certe di Nkosi che non sono venute mai meno, ma anche, come nel primo caso, le nostre. Lui (Nkosi) ci fa da guida.

Apposta il poeta confonde, perché desidera lasciarci scoprire se continuare ad essere dei morti tra coloro che continuano a vivere o persone vive che prendono coscienza di quella morte che ci renderà tutti uguali.

E' un monito duro ma schietto, che non bada a mediazioni di sorta, perché deve risvegliare la voglia di comprendere il dolore ed il perdono verso chi sta all'origine di tale dramma, come in questo caso lo furono i genitori che, da datori di vita, hanno implicitamente segnato la condanna del proprio figlio.

Anche noi così forse riusciremo un giorno a vedere, se saremo in grado di farlo, quel sole che, nei versi con i quali si chiude l'opera, risplende sulle tenebre della morte che presto o tardi ci raggiungerà, rivolgendo i nostri occhi alla resurrezione di Johnson: l'unico vero sole che resterà anche quando l'astro che ci illumina estinguerà per sempre la sua luce.

I FUOCHI DELLA LUNA

(a cura di Luca Rossi)

coi fuochi della luna bivaccanti nel sangue

baluginare d'albe e notti che s'inseguono

dentro il mio perduto nome

per le ancestrali stanze un aleggiare di

creatura celeste che a lato mi vive

nella luce pugnalata

[da Fuoco dipinto – 2002, edizione dell'Autore]

*

Dire se i fuochi della luna siano cosa reale o meno, non possiamo affermarlo con certezza.

Ma se per un momento, come fa il poeta, cerchiamo rifugio nella notte, allora potremmo vedere anche noi questi fuochi prima di oltrepassare la sottile linea che ci divide dal razionale, per inseguire un delirio che ci faccia sentire diversi da ciò che eravamo, fino al mezzogiorno di un incubo che prende il nome dalla vita di tutti i giorni dalla quale fuggire per un istante.

Ordinaria follia di un giorno che si vorrebbe esorcizzare, per superare il confine in cui la mente si libera da opprimenti istanze, dove fiumi di sangue scorrono davanti ai nostri occhi per avere accoltellato la luce tra un inseguirsi rapido di albe e di notti (come dice il poeta) in cui vivere o lasciarsi morire.

Già, perché non c'è modo di liberarsi del giorno che uguale ritorna ogni volta per vederci protagonisti di un tempo che ci tiene prigionieri.

Notte senza maschere quella in cui viviamo per scendere dal palcoscenico e restituire i soldi del biglietto allo spettatore seduto, ora che le parti si invertono, adesso che la vita ha cambiato il suo gioco.

Vaghiamo da una stanza all'altra aprendo porte chiuse alla luce e spalanchiamo finestre che danno ancora sulla notte dell'Io, dove il calcolo dei giorni scaduti è di gran lunga superiore a quello dei traguardi che si sarebbero voluti raggiungere.

Una figura mi è sempre accanto. Conosce il mio nome: ultimo tentativo tra coscienza e oblio di recuperare ciò che restava del mio corpo ucciso, lasciato nel sangue tra gli ultimi fuochi di una luna ancora malata.

.

CIELO INDACO

confondersi del sangue con l'indaco

cielo della memoria dove l'altrodi-

me preesiste – sogno

infinito di un atto d'amore

*

Commento critico di Luca Rossi

Ottobre 1999

E' l'attesa l'elemento fondamentale che si evidenzia in questo scritto.

Un'attesa-sogno che va a rivelarsi in ciò che già comunque in un certo modo sussiste: “. . .di me preesistente”.

Si chiude con la poesia l'inizio della vita, quell'atto d'amore che ci ha generati per essere attesi là dove già era collocato il nostro posto.

E non c'è dubbio sulla nostra nascita perché la memoria è un cielo color indaco che aspetta solo il confondersi del nostro sangue con esso, perché tutto si possa realizzare come predestinato, come preesistente.

E oltre l'attesa, anche il desiderio.

E' un sogno potere credere che un giorno qualcuno verrà, farà parte di questo cielo dove memoria è uguale a realtà vissuta ma allo stesso tempo che deve ancora venire (l'altro di me ed io futuro).

Quattro versi per descrivere un'attesa così lunga.

Quattro versi per descrivere un desiderio che sembra non avere mai fine. Quattro semplici versi per ricordarci che non più lunga deve essere l'intensità che si prova riflettendo su di essi.

.

.

Nel segreto del cuore

tenere in serbo scomparti

colore del vento che oblìa

memorie: rossi

come il sangue della passione

verdi come le prime primavere

azzurri come il manto di madonne

custodirvi gocce di poesia

cavalli di nuvole ed arco

baleni –

le coordinate dei sogni – e

l'insaziato stupirsi della vita

da respirare su mari aperti

– che tenga lontano la morte

Felice Serino

  • * *

Nota a cura di Andrea Crostelli

luglio 2008

“Nel segreto del cuore” enumera ogni attaccamento dell'anima alle cose che ritiene essenziali.

L'impronta che ci caratterizza che vorremmo avere sempre davanti agli occhi per non perdere gli stimoli, gli entusiasmi.

Chi siamo e da dove veniamo… domande alle quali c'è bisogno di avere sempre una risposta pronta per non smarrirsi.

La morte, infatti, è la motivazione che viene a mancare, è l'assenza fatta di vuoto (non l'assenza dello “stupirsi” che è contemplazione, estasi, massima presenza).

Il “respiro su mari aperti” è laddove riusciamo ad essere liberi. Ad essere spettatori, a volte, di noi stessi. In quei frangenti possiamo meravigliarci della nostra persona come se venissimo a conoscerla improvvisamente, come il bambino che fa esperimenti e si compiace delle sue capacità e allora parla ad alta voce, parla a se stesso.

Raccontarsi con la poesia, progredire nel presente dello spirito che muove le cose, le inventa, le materializza, le valorizza, le sublima.

.

Commento a Il mondo le cose del mondo, di Felice Serino

a Padre Pio

il mondo le cose del mondo

ci devono scivolare addosso

come acqua – dicevi

mentre era un sorriso

interiore a illuminarti –

guaglio':

la casa del Padre è in fondo al tuo cuore

ma è il cuore

un campo di battaglia: a ogni giorno basta

la sua pena –

Da Il sentire celeste, 2006

*

Padre Pio parlava con semplicità di cose spirituali, ma c'è da lavorare, da togliere squame per andare all'essenzialità, per trovare sotto la carne tenera del cuore.

Ed il cuore è un campo di battaglia che gioca suo malgrado con le nostre falsità (falsifica il male per poi trovargli posto la mente/volontà distorta).

A ogni giorno basterebbe la sua pena e credo sarebbe perfetta letizia, ma si aggiunge un fardello troppo pesante sopra al cuore (il nostro orgoglio-egoismo) che soffoca i suoi veri battiti con un riverbero non più chiaro. La difficoltà del Dottore è quella di non poterti dire come stai, avendo tu interrotto il sistema di comunicazione via cuore che arriva come un segnale telegrafico non decifrabile. Bisogna cogliere allora il “suono allarmante” che indica il pericolo, la strada senza sbocco. Bisogna cogliere il lamento e risalire all'incrocio in cui abbiamo preso la via sbagliata.

Il cuore, in realtà, lo dobbiamo sentire da noi stessi – l'eco scandito dal suo battito, il pulsare dolce, soave, leggiadro che è lo stato di grazia al quale dobbiamo tendere. Il sorriso che esce dal cuore.

Andrea Crostelli

ACCOSTAMENTI A “CREATURA” DI FELICE SERINO

(riflessioni, riferimenti personali ed altro)

CREATURA

mi godo la luce

come farfalla

sul palmo della tua mano

Signore non posso

che offrirti il mio niente –

fragile creatura

ti devo una morte

Da Il sentire celeste, 2006

Quante morti, per non pensare a quella ultima, abbiamo reso a Dio?!… e, quindi, quante resurrezioni!

C'è un'intuizione strabiliante in questa poesia. Ovvero la figura della farfalla abbinata alla morte.

Qualche anno fa ho avuto il privilegio di seguire da vicino un ragazzino dodicenne malato di tumore (uno dei cancri più rari e tremendi). L'ultima volta che l' ho potuto portare davanti casa, semi-seduto su una sdraio, ho assistito a questa scena. Aveva una piaga sul ginocchio sinistro e, mentre si stava meditando il rientro, un nuvolo di farfalle bianche (le cavolaie) andò a posarsi su di lui e a baciare quella ferita.

Era coperto di farfalle, stettero in quel posto sacro, su quell'altare umano per minuti che sembravano eterni, prima di allontanarsi come uno sciame d'api venuto dal nulla. Era il segno che stava per essere accolto, dopo la morte, da quella luce straripante che in quegli istanti particolari ci aveva invaso. I giorni seguenti videro Samuele (così si chiamava) in coma. Un pomeriggio pensai che era il caso di portargli la comunione e pregare un po' insieme. In effetti si svegliò dal coma e pregò profondamente insieme a tutti i presenti (familiari e amici). Il mattino dopo sullo stradello che porta a casa sua trovai una cavolaia morta. Piombò dentro me il dolore della perdita assieme alla certezza consolante di avere un santo, ora presente, “solo” in maniera spirituale.

Le morti interiori a causa del male commesso sono l'offerta del nostro niente a Dio. Offerta per il rifacimento totale del nostro essere che cerca la vita nuova nella grazia.

La morte può essere intesa pure come liberazione dai pesi terreni, la zavorra che si stacca dal nostro corpo che acquista leggerezza e sale nel cielo pari a una farfalla e, delicatamente, va a cercare la mano che l' ha generato e vi si posa [per sempre].

C'è un altro significato che mi preme venga messo in luce. Quello che sta a dire: la mano del Signore mi ha salvato ora gli devo la vita (o meglio, quella gliela dovevo anche prima, ora gli “devo una morte”.

Andrea Crostelli

Insostanziale la Luce

insostanziale la Luce

nella carne si oscura

(energia fatta densa)

luce verde della memoria

scuote la morte:

il nocciolo del tempo

nel buio delle vene è universo

presto deperibile

– da La bellezza dell'essere, 2007 –

Felice Serino

*

La luce ha bisogno di arrivare, come nel tunnel di una galleria ha sempre fame d'aria, di libertà, dispazi aperti, di correre fluentemente a gran velocità.

Non appartiene a nessuna sostanza (insostanziale) la luce: nella carne, nella materia, si oscura, perde di forza, di energia, si appesantisce… La sostanza del tempo / nel buio delle vene è universo /presto deperibile, ma la memoria salva dalla morte, riesce a rendere vivi avvenimenti passati (luci)di gioie irripetibili che sembravano perse. Si tratta di una memoria spirituale che non è cancellabile, bensì eterna.

La poesia di Felice Serino è di una brevità lessicale e concentrazione di significati unica. Se dovessimo catalogarla tra terra cielo e mare, diremmo senza dubbio che è una poesia di cielo.

Andrea Crostelli

Considerazioni sulle poesie di Felice Serino:

Spiove luce – Immersi nell'Assoluto – Infanzia

*

Spiove luce

spiove luce

di stelle gonfie di vento

col tuo peso

greve di limiti

ti pare quasi vita sognata

il vissuto già divenuto memoria

siamo frecce

scagliate nel futuro

o il tempo che ci è dato è maya

e si è immersi in un eterno presente?

Da In una goccia di luce, 2008

*

Immersi nell'Assoluto

come in una bolla d'aria o goccia

di luce

si ha vita

nel fiato del Sogno infinito

Da In una goccia di luce, 2008

*

Infanzia

la tenerezza dei giorni verdi

sparpagliati

nell'oro del sole appesi

alla luna

il papà dalle spalle

larghe come la volta

del cielo

quel sentirsi dèi – quasi

alati senza peso – e

non sapere la vita

Innocenza nostalgia del paradiso

  • * *

ALATI SENZA PESO

Il nostro vivere non si concretizza, non si materializza malgrado le attese.

Siamo disciolti nell'aria come “frecce scagliate nel futuro”, ciò che conta si chiama anima. Il tendere. La concentrazione nel volo per non cambiare direzione, per non deragliare. Il tendere come dapprima le corde dell'arco. O come una bolla che il “fiato del Sogno infinito ” ti ha spinto.

Continuare il viaggio rilucendo dei colori del sole fino a dissolversi in esso.

“Sentirsi dei ” è la leggerezza della grazia, è comunque l'abbandono al Supremo, come bambini che ritornano agli affetti e si lasciano guidare fiduciosi nell'ignoto che li attende.

Andrea Crostelli

.

“La Ricerca di Felice Serino”: Un'Odissea Introspettiva. Recensione di Alessandria today . La Ricerca, poesia di Felice Serino, è un'esplorazione profonda dell'animo umano e della sua incessante ricerca di significato. La poesia ci porta in un viaggio introspettivo, attraverso i dubbi, le paure e le speranze che caratterizzano la nostra esistenza.

Serino utilizza un linguaggio ricco e suggestivo per creare immagini vivide nella mente del lettore. Le sue parole ci trasportano in un mondo interiore di riflessioni e domande esistenziali.

La poesia è ricca di metafore, come la vita paragonata ad un “mare in tempesta” e la ricerca di significato ad una “stella polare”. Queste immagini rafforzano l'idea della vita come un viaggio incerto e pieno di sfide.

Il tono generale della poesia è riflessivo e malinconico. Serino riconosce la difficoltà di trovare risposte alle domande più profonde della vita, ma non si arrende. La poesia ci ricorda che la ricerca di significato è un viaggio che vale la pena intraprendere, anche se non sappiamo dove ci porterà.

In sintesi, “La Ricerca” è una poesia profonda e toccante che esplora il tema universale della ricerca di significato nella vita. La poesia ci invita a riflettere su noi stessi e sul nostro posto nel mondo.

Pier Carlo Lava

. La ricerca

uscire dal porto -il cuore in mano- issare la vela della passione dietro lo stridulo urlo dei gabbiani tra le vene bluastre del cielo foriero di tempesta squarciare nel giorno stretto il grande ventre del mare che geloso nasconde negli abissi i suoi figli

FELICE SERINO

POESIE

IN ONDIVAGHI SPAZI

1 Mattone di poesie

non scarti niente metti metti anche quelle così nate tra il lusco e il brusco

vuoi farti del male – di' ?

ti attirerai i critici messo a nudo sotto tante lampade!

però devi pur riconoscere che quelli sono scarti della bellezza dell'angelo suggeriti in dormiveglia o trance

peccato tralasciarli – ti pare?

11.7.24

2 La parola

t'innamora di sé - abiti la parola – ti lasci abitare

in luce di sangue

14.7.24

3 Il linguaggio dei fiori

chissà se loro sentono di esserci: non come

gli animali o gli umani s'intende ma in qualche misterioso linguaggio

affratellati con la terra e l'aria nel respiro dell'humus-madre

sanno -i fiori- nell' offrirsi al bacio del sole -

del candore d'un impalpabile sogno

18,7.24

4 Altri tempi

nell'era del digitale non trovi più la cartolina a libretto che ti sorprendeva con la musichetta né il calendarietto profumato del barbiere con le foto sexy (vietato ai minori) né la letterina a Natale sotto il piatto che strappava una smorfia di commozione al papà né il pianino a manovella per le vie della città

altri tempi – oggi se cerchi qualcosa te lo dice google l'intelligenza artificiale pensa per te giacché ha un quoziente che ti supera!

25.7.24

5 Turbamento

meridiana a perpendicolo sull'altro lato un po' d'ombra altre -di ombre- a tratti le senti passeggiare a lato del cuore ondivaghe e sinistre – invochi l'angelo ma non t'ascolta sarà già impegnato ad assistere un più povero cristo

29.7.24

6 Ribaltato

prostituito alla vita giunta l'ora un tuffo nel “nero” di qua vedi buio di là tutto è ribaltato in vita trasfigurata un chiaro accecante vedi uscire gli scheletri dall'armadio con larghi sorrisi

9.8.24

7 Vita latente

qui solo apparenza ti dici il tutto -l'Assoluto- è vita latente:

la bellezza che mordi

16.8.24

8

Vele di nuvole

vele di nuvole e il cuore dove ti porta

s'attarda a svelarsi la musa tra pieghe dell'anima dove si leva un'alba rosata – a

celebrare la luce

9

L'albero

sono quell'albero reciso che mostra senza un grido la sua ferita bianca

la radice ha ritratto in sé la parola monca

10

Homeless

ho incontrato per strada un derelitto nelle tasche solo sogni avevo -veder fiorire una luce in quegli occhi senza cielo: aprirgli la porta e il cuore

11

La passione

aveva le sue “cose” e una luna sghemba quando lo copriva d'improperi lui zittiva pensando di mandarla in quel posto ma la fiamma della passione lo strappava dal letto di procuste d'ogni screzio faceva tabula rasa e rasserenava il cielo

12

Gli anni oscuri

(alle vittime dell'olocausto)

udimmo dietro le porte pianti ed urla mentre s'incupiva il cielo e s'espandeva l'ombra del male

l'aria era nera del fumo dei corpi bruciati

ora apparteniamo anche noi alla terra alle radici al vento

ed ha voce di pietà il cuore

13

Vade retro

“vade retro” ripetevo in dormiveglia – poi da sveglio: “nulla puoi se Lui invoco” – seppur lacerato da estenuanti lotte – io che abbraccio ogni giorno la Croce

(affetto da DOC: disturbo ossessivo compulsivo)

14

Quel motivetto

quel motivetto che mi gira a vuoto e non mi lascia e mi riporta agli anni andati quando con un soldo compravo caldarroste all'angolo

quel motivo che mi accompagnava nelle scorribande per vicoli emulando sandokan o il pirata barbanera -banda d'obbligo sull'occhio-

a fare da sfondo al tempo d'un'età spensierata

15

Per A.

caro fratello non ti è stato dato di “giocare” la vita: appena un affaccio sul mondo fuori dall'alveo di nostra madre che hai subito rimesso le ali per altri lidi

potevamo giocare insieme io giovincello tu ancora bambino avrei potuto tenerti a cavalluccio avremmo corso per i prati e guardare con innocente meraviglia la farfalla posarsi su un fiore o immergere le mani nelle acque del ruscello e poi ridere ridere nell'incoscienza dell'età

ora -strappato il velo del sogno- posso solo ricordarti nella mia preghiera mentre tu mi guardi dai cieli con occhi d'angelo

16

Sul ciglio

(nightmare)

sempre in bilico sul ciglio a lato voragini e fiamme

il più delle volte non rispondo più di me stesso:

sono il grido dei perduti

al cospetto dell'Altissimo sarò giustificato?

17

Non più quei brividi

sono arida sabbia più non mi lecca l'onda si è ritirato il mare

non più quei brividi sulla pelle della musa che latita propiziassero le braccia a conforto

in queste aride notti al lume d'una luna controversa

18

Poesia è quando

stasera un film già visto di bevute e scopate (factotum) per nulla emotivo o poetico se la poesia è viva ti domandi: lei è quando seduto sul water leggi un libro o davanti a un tramonto bevi per dimenticare e ti vien da piangere -ami bukowski quando t'ispira cavolate

19

In lacero lucore

andare su cocci – nelle stanze del cuore

defluisce arido sangue riflesso in volti d'angeli distorti

gridano piaghe in lacero lucore

20

Primavera

freme primavera in surplus canoro

in una sospensione lucente t'ispira la musa uno spunto

mentre il chiurlo ti fa il verso

21

Nightmare

quel senso amaro di sperdimento di quando ragazzo scappasti da casa ecco te lo ritrovi nei sogni nel percorrere strade allucinanti di un paese sconosciuto e attraversare tortuosi cunicoli e tunnel che ti avviteranno in un girone dantesco se non ti svegli prima

22

Antenati

sarà bene tenerselo buono quello che ogni tanto ti appare in stato ipnagogico un ectoplasma forse un antenato di una vita precedente che vuol rivalersi in questa d'uno sgarbo subito?

23

Come nella prima luce

“qualcosa c'è” -dici?

vuoi mettere? al confronto il “qui” lo traduci

nel transeunte l'apparire – il caduco

di là: il Reale l'Assoluto – l'Aleph

l'essere che in sé rinasce come nella prima luce

24

Boomerang

il male è un boomerang per la legge del contrappasso

è un verme che rode viscere e cuore

gira la banderuola nel vento dei vinti

“beati voi quando vi perseguiteranno a causa della giustizia”

25

Yakamoz

esco da un sogno e mi culli dolcemente la mente

donna dei boschi che di sé m’innamora

una luna complice si specchia nel lago fra silenzi d’acque

naufrago approdo fra le tue braccia nell’ora desiosa languida

* (yakamoz: riflesso della luna sull’acqua)

26

L'infinito di noi

apparire del mondo a specchio di cielo

non può finire tutto in un pugno di terra

ci è stato messo nel cuore il senso dell'eterno

27

Brindisi

m'inseguono gli anni dappresso come lupi affamati

tra i malanni un brindisi al genetliaco

paresi distrofia trombo: sono una mina inesplosa

28

Il tempo

un tempo lento s'appoggia a una spalliera di brezza

l'anima un lento navigare in sogno

29

Seguendo una scia

parole e parole -

vagheggi seguendo una scia d'ispirazione questa dove ti porta

sei come quel tronco in balia della corrente

30

Gli ultimi giorni di A.

povero fratello mio imbottito di morfina e ossigeno ad obnubilare il cervello ora vedi nei tuoi deliri acque che ti sommergono abissi che ti attraggono e fiamme che ti lambiscono e vorresti scappare ti strappi tubicini e flebo legato gridi verso un cielo denso di silenzi entro una infinita notte

(una luce breve si posa sul tuo viso di pietra)

(povero fratello mio non ti ha baciato nuova primavera)

31

Gli scomparsi

nel primo pomeriggio ti lasci dondolare sul filo di un dolce intontimento hai quasi la sensazione possa apparirti un tuo caro da un altrove in una luce spalmata intuita anche se gli scomparsi non sono a comando ci celano sono presenti magari nascosti tra le pieghe del divano

32

Su binari sconnessi

nei corridoi della mente scorre il sangue della verità anche se non lo riconosciamo o non vogliamo “vederlo”

il coltello nello zainetto scolastico la dice lunga su una giovinezza sviata e la famiglia? sorpassata va su binari sconnessi

o è 'allargata' in modo innaturale

33

Ritrovarsi

nascere in un altrove questo il morire -ferve la mente

“tutto si crea nulla si distrugge” sembra ti legga nel pensiero mentre poggi la testa nell'incavo della spalla

un volo mi si ferma negli occhi - penso agli anni andati: i tuoi non hanno sciupato questa luminosità del viso

certo lo sai anche tu: sognando lontananze ci ritroveremo

in un dove che non sappiamo

34

Ipnagogica

il mio doppio con le braccia d'aria s'inabissa nei fondali d'inconscio

35

Le tue ceneri

(ad A.)

una nube si specchia nel lago in pareidolie bizzarre le tue ceneri disperse nel roseto

anche tu a precedermi – io nel vortice degli anni

36

La lotta

all'alba continua l'eterna lotta dell'angelo

folgorato dagli strali lucenti “quello” si ritira ma per poco

per rimontare più agguerrito bava alla velenosa bocca

37

Sognare uno svolìo

arte e poesia tendono a cicatrizzare ferite

si bea il cuore di bellezza

sogna in fondo agli specchi uno svolìo di ali

(ispirata a “L'oisseau blu” 1909, di Maeterlinck: “...gli uccelli azzurri del sogno si nutrono di raggi di luna...”)

38

Una ridda la mente

una ridda la mente crocifissa al blasfemo

sarebbe forse un cadere in demenza meno devastante che questo abbuiarsi del sangue

mostro che come un gioco m'intrappola in un giro vizioso *

ah la non voluta offesa ricada su di me Signore ch'io resti trafitto sulla punta delle stelle

e il sangue ricami le parole: “Ti amo!”

  • affetto da DOC: disturbo ossessivo compulsivo

39

Epifanie

rifrangersi dei rinsanguati echi del divenire

40

Riconciliazione

Verbo fatto bambino nato in una mangiatoia Ti darai in pasto “questo è il mio corpo” sarai appeso ad una croce

Tu compassionevole ci vuoi simili a Te un dì trasfigurati noi nati da uno sputo nella polvere

o felice colpa!

41

La ripulsa

fioca luce emana la tua aura se il cuore non risponde a impulsi di perdono

per legge di contrappasso la tua ripulsa è un boomerang

42

Quel motivo

mi venisse almeno in sogno quel motivo che mi sfugge a ogni ora del giorno e che mi prende il cuore in una lacerante nostalgia

che sia di debussy o di vivaldi o chissà chi?

il non ricordare mi fa mutilato nell'anima

fantastico - un altr'anno se ne va - nell'ora meridiana me ne sto s'una panchina ancora calda di sole seguendo pareidolie in bianche nuvole

43

I difetti

usa le posate in modo non ortodosso infila la manica da sopra la spalla odia gli ombrelli e le filastrocche farsi fare la barba (acconsentirebbe da mani femminili!) deve dare la destra a chi gli cammina a fianco detesta la verbosità vuol sempre dire la sua e interrompe chi sta parlando (ma non pretende l'ultima parola) si accende per questioni di lana caprina fa ogni tanto 6-7 starnuti a raffica è affetto da DOC (disturbo ossessivo compulsivo)

44

Irriverente la mente

irriverente la mente del vegliardo scivola su osceni pensieri

impiccato all'albero più alto il puro ideale

che nutriva il fanciullo a specchio di cielo

45

Fotografie

affacciato sui ricordi da finestra che abbaglia:

vi si sfoglia il quaderno degli anni

ti risucchiano a imbuto gli io i tuoi fantasmi

46

Placebo

poi uscito dal dormiveglia alcune note ti affiorano alla mente che ti lasciano uno stato di grazia tutta la mattina

poco importa se si è trattato di autosuggestione o effetto placebo

47

Lo spartito (a Piergiorgio Frassati)

tendi l'orecchio

ascolta lo spartito che il Signore suona per te solo

48

Invocazione alla Vergine

stargate – Tu orifiamma - misericorde – Mater dulcissima - Avvocata

infinite voci per la Tua grazia

fluenti nell'infinito mare delle beatitudini

49

Corpo di luce

uscire da te stesso è un ritrovarti

non più guardare un orizzonte che “il guardo esclude”

la mente un'espansione dei sensi

là dove si perpetua la bellezza

avrai un corpo di luce

e potrai volare

28.1.25

50

Scomosciuti

le volte -rare- che l'incrocio il suo garbo è una mano che mi carezza il cuore

e il sorriso da 'gioconda' nel dare il buongiorno è balsamo – stato di grazia

rare le volte e si resta sconosciuti

come un'apparizione: è forse l'angelo che me la fa incontrare

rari gl'incontri che vanno a molcere questo scorcio d'anni

29.1.25

51

Sogno impossibile

un mare incantevole luccicante – piatto . la sensazione di voler trasferire quella visione fuori dal sogno . intatta – viva – con sottofondo incluso . poi riavermi da quella illusione . 30.1.25

52

L'inconoscibile

chi ci dice che non siamo feti nel grembo dell'universo

“tutta la natura geme delle doglie del parto”

lì nel tumulto del sangue si agitano le nostre emozioni

chi ci dice che non è il nostro Sé a sognarci

noi “materia” del possibile

5.2.25

53

Il nostro sì

noi “siamo” – a prescindere dal corpo di terra

che limita il volo sognato con ali di luce

essere vita non vuoto:

il nostro sì

9.2.25

54

In ondivaghi spazi

(visione)

in ondivaghi spazi lasciano tracce nella carne del cielo ali d'angeli

17.2.25

55

Lui mi conosce

Lui mi conosce più di quanto io non mi conosca

chi non ha scheletri non è di questo mondo

17.2.25

56

Poesia che nasci

ti levi dal letto di tenebra monco alfabeto e annaspi nella luce

veleggia la tua barchetta di carta tra perigliosi flutti

sognando un'itaca lontana

19.2.25

57

Ove bellezza ti levi

solare sangue vortica sul perno dell'esistere ove bellezza ti levi a scalzare la morte

21.2.25

58

Doppio celeste

l'uomo celeste l'uomo terreno:

l'essere sdoppiato – la sua ombra proiettata

nell'apparire

23.2.25