Il mio essere padre e le mie voragini

Sono diventato padre tardi, di figli già cresciuti, che ho voluto ma non ho scelto. L'adozione è una scelta semi-consapevole. Tu decidi di adottare, ma chi lo decidono altre persone, per cui è un salto nel buio, una scelta folle presa senza pensarci tanto su, perché se ci pensi troppo poi non fai più nulla.

La prima volta ho incontrato i miei figli in un paese lontano 12 ore di aereo. Mi sono subito affezionato? direi di no. Il mio cuore era pronto ma la mia mente era troppo presa da tante incognite e tante decisioni che non mi sono goduto per nulla il momento.

In seguito, le cose sono andate avanti nello stesso modo. Troppi impegni, troppe cose da fare, troppi pensieri.

Tornati in Italia la musica non è cambiata. Tanta burocrazia. Combattere per ogni piccola cosa, la scuola, i parenti, i vicini di casa.

Avere dei figli scuri di pelle diventa un problema. Qualunque cosa succeda danno la colpa a loro. Perché tanto sono scuri, perché tanto sono bambini di serie “b”.

Molte cose i miei figli non me le hanno raccontate. Sono sicuro di questo e ci posso mettere la mano sul fuoco. Specialmente il figlio maschio, che ad un certo punto della vita si è trasformato da bambino gioioso ad adolescente ribelle. Io so che ha subìto molte ingiustizie, sia a scuola che in altri ambienti. Lui non me lo ha mai detto, ma io lo sento, lo percepisco.

Quando ha un rifiuto di una determinata cosa o persona, significa che è successo qualcosa che non vuole dirmi. Per vergogna o per non farmi rattristare. Lui sa che ci rimango male e cerca di proteggermi tacendo. Noi uomini siamo fatti malissimo, parliamo coi silenzi. Ma chi sente i silenzi?

Mia figlia. al contrario, ha fatto il percorso inverso. Da taciturna è diventata una ragazza solare. Me la sono goduta poco, è diventata subito grande e non ha fatto in tempo ad imparare ad abbracciarmi che è diventata maggiorenne, indipendente.

Alla fine, sono cresciuti in fretta e io non mi sono goduto nulla di loro, occupato anche dai miei periodi di tristezza, o dalle numerose patologie che man mano assalivano il mio corpo.

Avrei voluto avere un fisico forte, per giocare a pallone insieme a loro. Avrei voluto essere una persona meno cerebrale e più fisica. Un padre come quelli che portano i figli a calcetto e gli danno consigli, un padre che gli organizza la vita e li sprona, un padre attivo al 100%.

Non so se sono stato un buon padre, non posso giudicarmi da solo, certo ce ne sono di migliori ma anche di peggiori. Ho lasciato loro la libertà di scelta, forse ho sbagliato o forse no. Vedo altri padri vantarsi perché il figlio ha preso 100 all'esame di maturità, mentre io ho tirato un grande sospiro di sollievo quando ce l'ha fatta con un 60.

Sono diversi punti di vista e forse il mio è sbagliato. Ho sempre pensato che si può essere felici anche vendendo castagne agli angoli delle strade, mentre forse avrei dovuto costringerli a studiare e a migliorarsi.

A volte quando racconto dei miei figli ad altre persone, sento una punta di rimprovero. Penso di non essere stato il miglior padre possibile per loro. Con un padre diverso forse avrebbero potuto raggiungere altri traguardi, avrebbero potuto affrontare la vita in modo più gioioso.

Ma il destino ha deciso così, e chi sono io per mettermi contro il destino ?

Alla fine sono diventato un padre problem-solving, che si cerca solo quando ci sono problemi o quando servono soldi (come la maggior parte dei padri).

Per mia fortuna hanno una madre forte, che sa prendere decisioni. E molte volte se non quasi sempre le prende anche per me.

Alla fine l'avventura non è finita anche se la strada è disseminata di voragini, nelle quali cado regolarmente, rialzandomi con sempre maggiore fatica.