L'amore per il mio lavoro
In questo “diario di bordo” dove descrivo un pò gli episodi della mia vita ed i pensieri, non ho mai scritto del mio lavoro. E' un lavoro difficile da comprendere per la maggior parte delle persone. E' uno di quei lavori che fanno funzionare le cose che si usano tutti i giorni, ma che non fa nascere mai la domanda “come fanno a funzionare queste cose?”, almeno fintanto che funzionano. Ci si accorge che c'è qualcuno che le cura, solo quando non funzionano.
L'amore per il proprio lavoro è una condizione felice e maledetta. Penso che solo una minima parte dei lavoratori abbia a cuore il proprio lavoro, altrimenti non si spiegherebbero la disorganizzazione, i ritardi, gli errori ed altre amenità che affliggono la pubblica amministrazione ed il mondo del lavoro in generale. Ovviamente ci sono anche altre cause, ma non è possibile descriverle tutte altrimenti c'è da farne un libro in 7 tomi.
Ma veniamo a me.
Non ho deciso io di vestire una divisa, ma fu mio padre a fare domanda per me, visto i deludenti risultati dell'università. In tutta sincerità, era l'ultima cosa che avrei voluto fare. Ma con la sicurezza che non mi avrebbero mai preso, lasciai andare la cosa. Invece, come spesso succede, quando fai una cosa sicuro che non andrà in porto, la legge di “Murphy” fa succedere il contrario. Riuscii ad entrare nell'Esercito e, dopo tre mesi della cosiddetta “naia”, dove vissi il peggio del peggio della mia vita militare, andai a fare il corso per diventare Sottufficiale.
Il servizio militare obbligatorio, la famosa “naia”, richiederebbe un capitolo a parte. Ma parlando di me, diciamo che ho scampato per poco una coltellata o la galera per omicidio.
Al corso mi sforzai di fare il massimo che potevo negli studi e nelle attività fisiche (la mia nota dolente da sempre), spinto dal pensiero che a casa non avevo alternative lavorative valide. Poi come tanti altri, seguirono la specializzazione, il primo reparto operativo lontanissimo da casa e il ritorno a Napoli, nella mia regione.
Per mia fortuna, ero riuscito a ricavarmi il mio spazio con le cose che amavo. L'informatica, i libri, la musica, l'amicizia.
Scartando i libri,che non riesco più a leggere per problemi di vista, le restanti tre cose fanno ancora parte della mia vita e lo saranno fino alla fine.
Amo il mio lavoro, e questo mi aiuta a sopportare molte difficoltà, compreso l'essere incompreso (scusate il gioco di parole). Nella pubblica amministrazione, dove lo stipendio è legato non a quello che fai, ma al tempo che passi chiuso dentro un edificio, ho sempre cercato di “guadagnarmi il pane” facendo per bene il mio lavoro. Purtroppo mio padre mi ha insegnato l'onestà. Dico purtroppo perché vedo i disonesti vivere molto più agiatamente di me e con molti meno pensieri. Ma come si dice “chi nasce tondo non può diventare quadro” ed io non sono capace di forzare la mia natura.
L'amore per il proprio lavoro ti porta anche a spendere soldi per migliorare la condizione di lavoro. E sottolineo questo, perché ci sono persone che starebbero con le mani in mano perché l'azienda non gli fornisce la penna per scrivere.
L'amore per il proprio lavoro ti porta a contribuire con idee nuove per migliorare le condizioni della tua azienda, anche se ogni volta vengono ignorate.
L'amore per il proprio lavoro ti porta a costruire sistemi e procedure che funzionano, relazioni serene con i colleghi, rapporti di stima con i capi. Ti porta a voler trasmettere le tue conoscenze anche agli altri, senza gelosie e senza vanità, semplicemente perché ami ciò che fai, ci metti cura nel farlo, ci metti passione nel trasmetterle, desideri che le cose funzionino e vuoi dare un senso alla tua giornata, anche se sai che la paga sarà la stessa del tuo collega che passa il tempo senza fare nulla.
Amo il mio lavoro e per esso ho sopportato anche soprusi, invidie, gelosie, diffamazioni e attacchi personali. Ho lasciato passare senza reagire anche offese personali, facendo violenza a me stesso.
Adesso, con il peso degli anni e delle difficoltà che ancora mi attanagliano il corpo e l'anima, ho imparato ad usare l'ironia. Ho dato tanto al mio lavoro che se anche adesso mi mettessero a contare i piccioni in piazza del Duomo ci andrei senza protestare. Quello che ho fatto ho cercato di farlo sempre nel migliore dei modi per lasciare il mondo un pò migliore di come l'ho trovato.
Per commenti: @signoredibaux@mastodon.uno