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mastodon

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(Threads)

Di vero c'è che avrei dovuto “applicarmi.” Se provi un nuovo #SocialMedia la regoletta è che devi metterti a seguire chi già leggevi (o vedevi) sugli altri: in questo caso, ovviamente, #Instagram. Poi devi scrivere, interagire, starci, smanettare, fare e fare. Questi passi sono perlopiù sostenuti dalla curiosità, più che dalla novità. Le piattaforme social ormai non le contiamo più. E' semplicemente una questione di grandezza, di influenza (insopportabile) e di moda.

Non essendo il mio lavoro, come per miliardi di altri utenti, gli “scopi” per starci sono relativamente importanti. Direi che perfino chi ci guadagna dovrebbe porsi delle domande su tutto questo, ma i post filosofici li ho già fatti. Quindi, arriviamo al nocciolo. #Threads mi ha già annoiato e perfino infastidito. Come accennato, non avendo obblighi di alcun tipo, ci ho provato. Chiarisco che non è un problema di numeri, di followers. L'asilo l'ho terminato.

Mi arrogo un minimo di esperienza in rete e la cosa che dovrebbe sempre restare in primo piano è l'uso che le Big della rete fanno di questi mezzi. #Meta è ovunque e se ci mettiamo a pensare, pure per poco, comprendiamo che ci siamo già giocati tutto, a livello di informazioni. Per ciò, non è nemmeno questo il gradino più alto. Nel caso di #Threads è altro, quell'altro che sta facendo di “X” (da molto) un luogo non “tossico”, ma molto più pericoloso. E intendo un pericolo per chiunque cerchi un approccio minimale, se non tranquillo.

Su questa nuova piattaforma si intuisce subito come sia divenuta immediatamente terreno fertile per le cose peggiori: bullismo verbale, banalità, idea dei social come esposizione totale (anche del corpo), stupidità sbandierata come passatempo. Anche il famigerato #follow4follow che chiunque ha sperimentato (tipo su “Facebook”), porta a risultati deleteri. E' semplice cassare queste affermazioni enunciando la -relativa- gioventù di #Threads e di pari passo la il suo doversi assestare, ma è ancora accettabile dedicare tempo a cose come questa, intese in tale maniera?

La mia risposta personale è chiara. Facendo due conti sto usando quattro social (compreso il Blog, che non lo è in senso stretto e per fortuna). Molto più di quello che dovrebbe fare chiunque. Perciò, dopo qualche giorno essenzialmente di noia e incazzature non dovute, chiuderò il profilo. Lascio volentieri il campo a coloro che hanno intenzione di attendere che #Threads diventi adulto, ben consapevole che la mia è solo un'opinione che si può discutere.

Per concludere, e sarebbe il caso, ritengo che #Mastodon resti la vera alternativa. Certo, se non vi interessa avere miliardi di possibili “amici”. Mi pare sia questo che si desidera. Ma anche nella vita di tutti i giorni suggerirei di selezionare coloro cui dedicare energie, pensieri ed affetto e mollare il resto. Ricordate che il tempo va sempre e solo avanti. Non si può ricaricare come uno smartphone o un portatile. Ed è anche più semplice da ricordare, questa cosa. Impegniamoci. (D.)

#Blog Opinions #SocialMedia

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Tutte le opinioni qui riportate sono da considerarsi personali. Per eventuali problemi riscontrati con i testi, si prega di scrivere a: corubomatt@gmail.com

Dieci righe 39 (ma stavolta sono molte, molte di più).

NOTA: nel seguente testo il sottoscritto non pretende di impartire alcuna lezione, né di convincere coloro che, giustamente, la pensano in maniera diversa. E' solo l'ampliamento di una risposta data ieri a @naciketas@qoto.org su #Mastodon riguardo ai noti fatti di #Firenze e sull'azione di @ultimagenerazione@mastodon.uno E altro ancora, ovviamente.

Il punto di vista sociologico della ribellione attraverso i #SocialNetwork nella prima delle risposte alla mia affermazione di non disdegnare le azioni di “Ultima generazione”, mi sembra abbastanza condivisibile. Non del tutto. E' vero che, ormai, la pervasione del mezzo social ha travolto quasi tutte le altre forme di comunicazione e di azione diretta. A mio parere resta ineludibile, però, l'azione e l'impegno personale: vuoi per formazione ed, ahimé, per età non riesco ancora a delegare in gran parte la veicolazione di idee ed opinioni solo attraverso la rete. Argomento di cui ho scritto spesso e che, in questo caso abbraccia azioni che hanno così ampia risonanza sulle piattaforme sociali, soprattutto in Italia, soprattutto quando ad agire è chi sta portando la protesta per fermare i #cambiamenticlimatici sulle strade, tra la gente.

Se si parla di spirito di emulazione di altri gruppi, anche con rivendicazioni molto più discutibili (esempio principe sono i #NoVax, ormai fuori luogo anche storicamente), che potrebbe portare ad azioni peggiori, ritengo di poter dire che non sono mancate nè verranno meno in futuro. Come non possiamo ricordare il blocco del porto di Trieste da parte di una frangia di lavoratori contrari alle regole durante la pandemia da #Covid19 o l'assalto alla sede della #CGIL a Roma. Se, in questi casi, la parte politica ha giocato un ruolo fondamentale, è anche vero che il “modus operandi” ha creato danni maggiori, se non altro alla popolazione. Non che i cinquemila litri d'acqua adoperati per ripulire “Palazzo Vecchio” non possano (debbano) infastidire, ma siamo lontani da attività lavorative bloccate o feriti.

Quindi, scendere personalmente sulle strade, compiere gesti anche fastidiosi agli occhi dei più resta la maniera per cui si può anche entrare sui Social con una forza che, spesso, slogan o lunghe discussioni scritte non hanno e che portano a meno attenzione. Ambedue i modi di esprimersi dovrebbero arrivare a coinvolgere più persone possibile: si eccepisce che imbrattare i muri è controproducente per la causa dell'ambiente, ma anche questo è un argomento che ha dei limiti. Certamente non è auspicabile che moltitudini di persone facciano lo stesso, ma questi gesti salgono immediatamente alla ribalta, veicolati anche dalla moltissima acrimonia che generano e dalla spesso vuota e abbastanza violenta reazione verbale di tanta gente. Potrebbe aver colto nel segno, almeno per il pochissimo tempo che la memoria Social può avere.

Ripeto, quindi, che la reazione di fronte a certe cose può essere variegata, ma che, francamente, va posta in una giusta collocazione rispetto alla gravità in sé, che, alla fine, appare bassa. Auspico sempre che una parte del tempo che usiamo a rispondere, insultare, veicolare o leggere su e per queste cose venga scambiata con periodi di attività nel reale. Ognuno con modi e compagnie a lui adattabili, cha siano la politica, il volontariato o semplici scambi di idee ed opinioni. Perchè quello resta l'agone principale, quello è il vero modo di cambiare le cose. Inutile ribadire altri esempi: scadrei nella noia, nel ripetitivo, nella panacea di un vuoto richiamo ipocrita. Questo credo di non averlo evitato del tutto, ma volevo ampliare un attimo la risposta a chi mi ha interrogato, magari involontariamente, su questi fatti e che ringrazio. Buona Domenica. (D.)

#Blog #Firenze #Clima #ClimateChange #ClimateCrisis

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C'è stato un tempo in cui avrei voluto essere famoso in #Internet. Poi ci sono stati due problemi irrisolvibili (allo stato attuale): il mio carattere e la mia stupidità. Il primo è abbastanza evidente, se riuscite a seguire il poco che metto sui #SocialNetwork (in particolare #Mastodon.)

Il secondo (o la seconda) non è abbastanza vasta per competere con quella di coloro che sono davvero famosi in rete. Come vedete, davvero non c'è nulla da poter fare. Per fortuna. (D.)

#Personal #Personale #Opinioni #Opinions

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Ci vorrebbe un bugiardino, proprio come quello delle medicine. Ci vorrebbe per i #socialnetwork. Non eviterebbe gli effetti collaterali, che di norma sono molti più dei benefici, ma almeno qualcosa si potrebbe evitare. O no? Quando discutiamo di un mezzo usato da miliardi di persone nello stesso giorno non ci sono formule o avvertimenti che tengano. E' un paradosso. E' impossibile.

La parola che più posso, con i miei limiti, avvicinare a quel foglietto è “netiquette.” Ammetto che era da qualche tempo che non ne leggevo così diffusamente: è certo che sia data per scontata, ormai, come molte cose da molte persone. E' implicita, ma dandola per ovvia, tante persone fanno finta che non esista più. Premettendo che io per primo sono colpevole (e da qui in avanti questa affermazione non va dimenticata), c'è da domandarsi come mai adesso, su #Mastodon, si accetti con entusiasmo. Anzi, che sia premessa per ogni interazione di questa piattaforma, che venga ricordata tanto frequentemente, che sia “esposta.”

Mettiamo che il presupposto sia la saturazione che deriva dalla tossicità (definiamola così per brevità) di cui sono intasati i social. Malattia che è prodotta unicamente dai fruitori. Chi fornisce le piattaforme ne trae guadagno, nel caso non sia “Mastodon”: quindi ha un ritorno dalle interazioni, da tutte le interazioni, senza discernere di che tipo siano. Lasciamo perdere le moderazioni ed i manifesti anti qualcosa. La realtà fattuale è quella di un far west più o meno senza regole. Tutto è fagocitato dai numeri che si traducono in soldi: quindi, adattarsi o crepare.

Però sembra che di regole chiare, non fraintendibili, ci fosse bisogno come l'acqua in un deserto. Il che può presupporre un'analisi di coscienza approfondita. O solo del buonismo. La seconda ipotesi mi sento di volerla scartare a priori: tanto vale restare su “Twitter” o “Facebook” e raccontare un monte di fregnacce. Mica esiste un controllo dei pensieri. La prima è molto migliore. Implica il raggiungimento di un livello di saturazione elevato, un rifuggire dall'ipocrisia che tutti abbiamo usato (e usiamo) con troppa disinvoltura. Non appaia un pensiero paternalistico: se si ha un Blog si scrive, prima che ad ogni altro, a se stessi.

Non è una cosa semplice ribaltare anni ed anni di incazzature, strali, offese e risposte violente: quando ci vuole ci vuole, non si dice così? Non è affatto facile rivedere il proprio modus operandi mettendo tanti e tanti paletti. Non è solo immediato, è anche faticoso. Quello che non si vuole da un social: l'arduo compito di mettersi d'impegno. Se dovessi andare dietro all'ego, al carattere, alle mie (e di tantissimi) brutte abitudini, alla mia ipocrisia su “Mastodon” non ci sarei dovuto arrivare. Invece, contravvenendo a tutto questo, mi sento fiducioso. Assai. Potrei dire che sudo, che mi mordo la lingua, che lascio metà delle risposte nella mia mente, ed è tutto vero. Ma è altrettanto vero che il tempo che ho va speso bene, meglio, anzi parecchio (per citare uno dei Maestri.) E siccome non mi pagano, meglio averne un ritorno in termini di pacificazione. Il che non significa essere buonisti o passare per fessi, ma rimettersi in gioco. Palla al centro e pedalare.

(Sempre e solo con l'avallo di Alessandra.)

#netiquette #Mastodon #socialnetworks #Blog #opinioni #opinions

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Non devo fare un mero elenco delle cose buone o meno di “Mastodon.” Di certo sarebbe più facile e certamente più leggibile. Eppure, preparando questo post nella mia testa (e poi perdendomi dietro al lavoro), ho seguito varie considerazioni, varie idee ed è meglio cercare di rendere questo casino. So che apparirà più tortuoso e meno abbordabile, ma quale testa non è così?

Il blog lo ho aperto nel 2005: adesso è lì, perso. Sono cambiate tante cose, la maggior parte a livello personale ed ora, con mia somma gioia, condivido lo spazio del web con la mia adorata moglie Alessandra. Ma non è di certo questo che può importare. Voglio dire che ritengo di avere una certa anzianità in rete, seppure. e va detto immediatamente, che non sono un informatico. Data la mia età non ho mai avuto una formazione in questo senso: ai “miei tempi” l'unico computer era in segreteria. A dire che il pochissimo che so è perchè mi sono smazzato per i fatti miei. Da quell'anno la comunicazione in questa maniera è cambiata totalmente, ad iniziare dalla tempistica, caduta da quella più lenta dei Blog a quella rapidissima dei “social network.” Passate tutte le piattaforme (facendola breve) e relative incazzature, scazzi, errori (molti da parte mia) e improbabili pretese di notorietà, sembrava sempre mancare qualcosa. Però questo è ascrivibile al mio carattere, all'uso del mezzo, alla velocità di comprensione dei meccanismi e alla relativa semplicità nell'accettazione delle imposizioni dei big data, non di certo all'idea del social in sé. Vecchia, la faccenda: come si usa una cosa fa la differenza. E tralasciando gli affari troppo personali, “Mastodon” è l'ultimo approdo, ma non in senso negativo, tutt'altro.

A me appare chiaro come l'idea che sottende a “Mastodon” sia poderosa, nella sua essenza e semplicità: evitare di essere, innanzi tutto, sottomessi volutamente a chi ha fatto dei pensieri altrui mera merce di scambio per prodotti, servizi e cose che arricchiscono altri. E basterebbe questo per decidere di starci, ma quello che più mi ha attirato è il desiderio di rimettere a posto l'illogica logica del protagonismo, che è difetto umano, ma ormai arrivato al paradosso. Lo dice uno che combatte da sempre con la propria insicurezza, in ogni ambito e sa molto bene che significhi essere succubo del giudizio altrui. Non sono certo tutte rose e tutte fiori, ma la maniera tranquilla, quasi rilassata con cui ci si muove (o ci si inizia a muovere) su “Mastodon” è impagabile. La netiquette, questo animale mitologico, sembra davvero funzionare e le regole sono chiare, cristalline. In mano a molta gente sarà probabile qualche problema o molti, ma anche adesso che tanti, soprattutto da “Twitter”, planano, va messo in conto. E poi ti aiutano, in questa transizione che, come ho già avuto modo di dire, può sembrare complicata particolarmente per coloro che non hanno “mestiere”, ma che sono rispettati. Magari, a volte, sembra un po' di essere sgridati come alle elementari, ma si può sorvolare.

Il fatto, poi, che si sia direttamente coinvolti con la gestione dei server (anche solo, magari, eliminando il carico dei toot dal proprio profilo) e con il loro mantenimento anche economico, rende l'esatta idea di partecipazione attiva. Un modo che deve indurre ad una responsabilità dovuta prima che ad ogni altro a se stessi, facendo in modo che le cose vadano bene, che si possa davvero creare uno spazio molto grande, ma molto sereno. Se sia un'utopia sarà da capire, ma, come ogni cosa, viene determinata dalla volontà di farlo: è più facile cadere nella panacea delle migliaia di follower, del lecchinismo, del like come se piovesse che fare questo.

Anche comprendere che i numeri sono tali e puntare ai contenuti (anche il cazzeggio va fatto bene, ca va sans dire) senza scornarsi per quanti li leggano, non è cosa da tutti i giorni.

Certo, dal mio punto di vista ci sono delle piccole cose che non vanno, ma minime. Per esempio il termine “seguaci”, che si potrebbe sostituire con “...persone ti seguono” e “...segui X persone”. Poi, e a me appare ovvio, evitare di criticare chi usa la funzione del blocco: se c'è ne posso approfittare senza che, per questo, sfilino orde di gente molto buona. Oppure il tono a volte paternalistico di alcuni nello spiegare certe sottigliezze della piattaforma, ma che volete che sia? Davvero, che è? Non voglio apparire come troppo indulgente, ma quello che spero è che ci sia il mio impegno e quello di tanti altri per creare una piattaforma che diventi un punto di riferimento (se non lo è già) per vivere più tranquillamente i social. Creare una comunità è molto meglio che produrre ansia e far virare un'intera società verso l'edonismo tout-court. Fa male a tutti. Nella vita, ma è sempre un'opinione personale, si dovrebbe procedere per sottrazione, non per accumulo. Senza scordare che, comunque, tutto, ma davvero tutto è destinato a passare. E noi anche.

(Daniele, con l'avallo di Alessandra.)

#blog #mastodon #socialnetwork #opinioni #opinions

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