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from 📖Un capitolo al giorno📚

Il dono della sapienza-legge a Israele 3,36-4,4 1Essa è il libro dei decreti di Dio e la legge che sussiste in eterno; tutti coloro che si attengono ad essa avranno la vita, quanti l’abbandonano moriranno. 2Ritorna, Giacobbe, e accoglila, cammina allo splendore della sua luce. 3Non dare a un altro la tua gloria né i tuoi privilegi a una nazione straniera. 4Beati siamo noi, o Israele, perché ciò che piace a Dio è da noi conosciuto.

ORACOLO PROFETICO DI CONSOLAZIONE

Introduzione: restaurazione di Gerusalemme 5Coraggio, popolo mio, tu, memoria d’Israele! 6Siete stati venduti alle nazioni non per essere annientati, ma perché avete fatto adirare Dio siete stati consegnati ai nemici. 7Avete irritato il vostro creatore, sacrificando a dèmoni e non a Dio. 8Avete dimenticato chi vi ha allevati, il Dio eterno, avete afflitto anche colei che vi ha nutriti, Gerusalemme.

Gerusalemme vedova e desolata 9Essa ha visto piombare su di voi l’ira divina e ha esclamato: «Ascoltate, città vicine di Sion, Dio mi ha mandato un grande dolore. 10Ho visto, infatti, la schiavitù in cui l’Eterno ha condotto i miei figli e le mie figlie. 11Io li avevo nutriti con gioia e li ho lasciati andare con pianto e dolore. 12Nessuno goda di me nel vedermi vedova e abbandonata da molti; sono stata lasciata sola per i peccati dei miei figli, perché hanno deviato dalla legge di Dio, 13non hanno riconosciuto i suoi decreti, non hanno seguito i suoi comandamenti, non hanno proceduto per i sentieri della dottrina, secondo la sua giustizia.

Il nemico straniero 14Venite, o città vicine di Sion, ricordatevi la schiavitù in cui l’Eterno ha condotto i miei figli e le mie figlie. 15Ha mandato contro di loro una nazione da lontano, una nazione malvagia di lingua straniera, che non ha avuto rispetto dei vecchi né pietà dei bambini. 16Hanno strappato via i prediletti della vedova e l’hanno lasciata sola, senza figlie».

La solitudine della città 17E io come posso aiutarvi? 18Chi vi ha afflitto con tanti mali saprà liberarvi dalle mani dei vostri nemici. 19Andate, figli miei, andate, io sono rimasta sola. 20Ho deposto l’abito di pace, ho indossato la veste di sacco per la supplica, griderò all’Eterno per tutti i miei giorni.

Il ritorno 21Coraggio, figli miei, gridate a Dio, ed egli vi libererà dall’oppressione e dalle mani dei nemici. 22Io, infatti, ho sperato dall’Eterno la vostra salvezza e una grande gioia mi è venuta dal Santo, per la misericordia che presto vi giungerà dall’Eterno, vostro salvatore. 23Vi ho lasciati andare con dolore e pianto, ma Dio vi ricondurrà a me con letizia e gioia, per sempre. 24Come ora le città vicine di Sion vedono la vostra schiavitù, così ben presto vedranno la salvezza che vi giungerà dal vostro Dio; essa verrà a voi con grande gloria e splendore dell’Eterno. 25Figli, sopportate con pazienza la collera che da Dio è venuta su di voi. Il tuo nemico ti ha perseguitato, ma vedrai ben presto la sua rovina e gli calpesterai la nuca. 26I miei teneri figli hanno camminato per aspri sentieri, sono stati portati via come gregge rapito dal nemico.

La conversione 27Coraggio, figli, gridate a Dio, poiché si ricorderà di voi colui che vi ha afflitti. 28Però, come pensaste di allontanarvi da Dio, così, ritornando, decuplicate lo zelo per ricercarlo; 29perché chi vi ha afflitto con tanti mali vi darà anche, con la vostra salvezza, una gioia perenne.

La maledizione dei nemici 30Coraggio, Gerusalemme! Colui che ti ha dato un nome ti consolerà. 31Sventurati coloro che ti hanno fatto del male, che hanno goduto della tua caduta; 32sventurate le città in cui sono stati schiavi i tuoi figli, sventurata colei che li ha trattenuti. 33Come ha gioito per la tua caduta e si è allietata per la tua rovina, così si affliggerà per la sua solitudine. 34Le toglierò l’esultanza di essere così popolata, la sua insolenza sarà cambiata in dolore. 35Un fuoco cadrà su di essa per lunghi giorni per volere dell’Eterno, e per molto tempo sarà abitata da dèmoni.

La gioia viene da Dio 36Guarda a oriente, Gerusalemme, osserva la gioia che ti viene da Dio. 37Ecco, ritornano i figli che hai visto partire, ritornano insieme riuniti, dal sorgere del sole al suo tramonto, alla parola del Santo, esultanti per la gloria di Dio.

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Approfondimenti

ORACOLO PROFETICO DI CONSOLAZIONE 4,5-5,9 Mentre la seconda parte era di tipo sapienziale, la terza è di stile protetico-lirico, ispirata al modelli del Secondo e Terzo Isaia. I frequenti imperativi richiamano in particolare Is 51,9-52,6. Si articola in tre sezioni:

  • nella prima il profeta parla al popolo (4,5-8),
  • nella seconda è Gerusalemme che si rivolge ai suoi figli (4,9-29),
  • nella terza ancora il profeta parla a Gerusalemme (4,30-5,9).

Il tono cambia: dalla lamentazione alla speranza, dalla tristezza alla gioia. Il centro geografico (e teologico) non è più l'esilio, ma Gerusalemme, punto da cui si contempla il movimento di allontanamento e di ritorno. Lo sguardo si volge ad oriente (4,36), si fa poi universale «da occidente ad oriente» 5,5). Ma soltanto gli Israeliti sono in movimento verso Gerusalemme, non i popoli pagani come in Is 2,2-5; Is 66; Zc 8,20-23.

Al posto della relazione di alleanza subentrano immagini di rapporti familiari: Dio è come un Padre che ha creato, allevato e nutrito i suoi figli (4,7-8), Gerusalemme è una madre feconda di figli (4,10), divenuta vedova desolata (4,12.16) e sola (4,19), ma che ora li vede ritornare esultanti (4,37); Gerusalemme è la sposa dell'Eterno, alla quale egli ha dato un nome (cfr. Sal 46,5; Is 60,14; Is 62,1-9; «dare un nome» è farla la propria città-sposa). Dio è chiamato «l'Eterno» otto volte (4,10.14.20.22[2 volte].24.35; 5,2) oppure «Dio eterno» (4,8).

Importante è la simbolica del vestito: «l'abito di pace» (4,20), «la veste del lutto e dell'afflizione» (5, 1), «il manto della giustizia» (5,2).

Alcuni segnali di struttura sottolineano, con la loro ripetizione, l'unità dell'intero brano: «Coraggio, popolo mio» (4,5; cfr. 4,21.27.30); «Ascoltate, città vicine di Sion» (4,9; cfr. 4,14); «Guarda ad oriente, Gerusalemme» (4,36; cfr. 5,5).

Il tema dominante è il ritorno alla città santa dalla dispersione attraverso la conversione a Dio. Se il popolo si converte al suo Dio, allora l'Israele disperso ritroverà la sua unità intorno al suo centro, Gerusalemme.

Il parallelismo tra questa parte di Baruc e l'apocrifo Salmo 11 di Salomone (metà del sec. I a.C.) e la probabile dipendenza del nostro testo da codesto scritto giudaico fanno concludere che verosimilmente Baruc non ebbe la sua redazione definitiva prima della metà del I sec. a.C.

Introduzione: restaurazione di Gerusalemme 4,5-8 Con riferimento a Dt 32,15-21, si afferma che Israele fu consegnato in mano ai suoi nemici a causa della sua cattiva condotta (cfr. Is 50,1) e per la sua idolatria. I «demoni» (in greco: daimoniois) sono i falsi dei e gli idoli (cfr. Sal 106,37-38; 96,5 LXX: daimonia per «idoli»). Il popolo ha «irritato» il suo creatore, per usare una terminologia cara al Dt e a Ger; ha «dimenticato» l'Eterno, il vero Dio (cfr. Is 40,28), da cui ha avuto la vita (Dt 32, 18); ha «afflitto» la propria madre, Gerusalemme. Tuttavia esso conserva la memoria e il nome di Israele (4,5) e le promesse di Dio. Non è dunque destinato all'annientamento e può sperare nella liberazione.

Gerusalemme vedova e desolata 4,9-13 La metropoli di Gerusalemme, ora privata dei suoi figli e figlie, rimasta vedova (cfr, Lam 1,1), spiega alle «città vicine» (4,9) la sventura che l'ha colpita. Le «città vicine» sono le capitali dei regni vicini (cfr. Ez 16,57; 23,48). La madre addolorata, che ha visto andarsene i figli, riconosce coraggiosamente la causa della loro dispersione: con terminologia deuteronomistica, sono «i peccati dei miei figli» (v. 12), che deviarono dalla legge (cfr. Dt 5,32; 9,12-16; Gs 23,6; 1Re 15,5), non si curarono dei decreti di Dio (cfr. 2Re 17,26), non seguirono i suoi comandamenti (cfr. Dt 8,6; 10,12; 26,17; 28,9; 30,16); non hanno seguito i sentieri o la via della giustizia (cfr. Prv 8,20). La vedova esclama: «Dio mi ha mandato un grande dolore» (4,9), segno dell'ira divina. Che senso ha la metafora dell'ira divina? Dire che Dio è adirato o che Dio invia un dolore significa aiutare il peccatore a porsi davanti a Dio e dire: contro te solo ho peccato! Infatti misura del peccato è il “davanti a Dio” e non la coscienza del peccatore. E per questo che occorre che un altro denunzi il peccato, perché la coscienza è essa stessa inclusa nel peccato e diventa menzogna e malafede. L'ira divina è una metafora per annunciare il peccato.

Il nemico straniero 4,14-16 Come era stato minacciato nelle maledizioni di Dt 28,49-50 e da Geremia (5,15.17; 6,22-23), Dio ha mandato contro Israele un popolo lontano, straniero, crudele e senza pietà per nessuno, nemmeno per i vecchi e i bambini. Ancora è rimarcato che è stato l'Eterno a condurre in schiavitù (4,14). Se Dio non fosse presente, la condizione del suo popolo gli sarebbe estranea; attribuirla a lui è un modo per dire che egli può anche cambiarla.

La solitudine della città 4,17-20 La “madre” Gerusalemme si rivolge ai suoi figli, non invitandoli alla ribellione contro il Signore bensì affermando: «Chi vi ha afflitto... saprà liberarvi» (4,18). Addirittura esclama: «Andate, ...andate» (4,19). Non è possibile evitare ogni male, sfuggire ad ogni sventura. Sarebbe un'illusione pensare di potersi sottrarre a qualsiasi disgrazia. La madre ha deposto «l'abito di pace», cioè dei tempi felici; ha indossato il cilicio della penitenza, della supplica fiduciosa all'Eterno che può cambiare la sua condizione miserevole.

Il ritorno 4,21-26 Ecco la certezza della madre: «Dio vi ricondurrà a me con letizia e gioia, per sempre» (4,23). La salvezza (4,24) non tarderà, anzi verrà «ben presto» (4,22.24.25). Dio è il salvatore: egli libererà (4,21), opererà la salvezza come «Eterno vostro salvatore» (4,22), «vi ricondurrà a me» (4,23). Da Dio verrà allora «letizia e gioia», che durerà per sempre (4,23). Dio farà trionfare la sua «misericordia» (4,22), la sua «grande gloria» e il suo «splendore» (4,24). Il ritorno, insomma, sarà opera di Dio, sua “grazia”; in lui dunque occorre sperare (4,22), gridando a lui (4,21: «gridate a Dio»). Allora apparirà la rovina del nemico (4,25) e la sua reale debolezza, tanto che Israele calcherà il piede sul suo collo, cioè lo dominerà e gli sarà superiore (4,25; cfr. Gs 10,24), vittorioso. I piedi delicati degli Israeliti hanno dovuto camminare per aspri sentieri (4,26), il popolo era stato ridotto a un gregge rapito dal nemico (4,26), ma la «tenera e voluttuosa» (Is 47,1) Babilonia scenderà dal suo trono e siederà sulla polvere.

La conversione 4,27-29 Ora l'esortazione è a convertirsi al Signore, a decuplicare lo zelo per ricercarlo (4,28). Questo è il kerygma centrale: il ritorno attraverso la conversione; «decuplicate»: il numero dieci indica la totalità e perciò anche la continuità della ricerca (cfr. Nm 14,22; Gb 19,3). Dio infatti «si ricorderà di voi», cioè interverrà a vostro favore, potendo liberarvi dalla prova che egli controlla e domina, poiché egli «vi ha provati» (4,27). La salvezza, e la gioia perenne (cfr. Is 35,10; 51,11; 61,7) che ne consegue, saranno dono di Dio. In realtà non sarà Dio a “cambiare” atteggiamento, ma gli Israeliti che si erano allontanati da Dio (4,28) e ora ritornano a lui e lo ricercano.

La maledizione dei nemici 4,30-35 Una promessa di consolazione (come in Sof 3,16) per Gerusalemme: Dio stesso la consolerà (cfr. Is 51,3.12), ossia cambierà la sua condizione perché la città gli appartiene, avendole egli dato un nome (4,30). Ma non può mancare la maledizione per chi ha oppresso, trattenuto e ridotto in schiavitù gli Israeliti, per chi ha goduto e gioito per la rovinosa caduta di Gerusalemme. La principale responsabile è l'innominata Babilonia, che «ha trattenuti» (4,32) i figli di Gerusalemme schiavi. Essa sarà devastata, spopolata, riempita di lutti: il giudizio divino piomberà su di essa come un fuoco (cfr. Is 47,14) e per molto tempo sarà abitata da «demoni» (4,35; cfr. Is 13,19-21 dove si parla di «satiri», ma nella versione greca di «demoni»). Si tratta probabilmente della credenza che i luoghi deserti e disabitati fossero la dimora dei demoni. «Maledire» significa escludere dalla propria vita, quindi negare qualsiasi connivenza e corresponsabilità. Chi ha oppresso, ucciso, devastato deve sentire una condanna inequivocabile. Il duro linguaggio della maledizione è un modo per esprimere la sete di giustizia, il desiderio che nel mondo finisca per sempre il dominio del male.

La gioia viene da Dio 4,36-37_ Il ritorno dei figli dalla diaspora e dall'esilio è «la gioia che ti viene da Dio» (4,36). Non solo tornano dall'oriente (=esilio), ma «dall'oriente all'occidente» (4,37), da ogni luogo della diaspora. Tutti sono guidati dalla parola del Santo (4,37), sono «riuniti» come un solo popolo ed esultanti non per una vittoria propria ma «per la gloria di Dio» che si manifesta potente e invincibile. Le promesse si adempiono: «guarda, osserva, ecco»; non si tratta del futuro, ma del presente.

(cf. ANTONIO BONORA, Baruc – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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from Uno Social - il Blog di Mastodon.uno

Come progetto, #Mastodon ha operato sotto l'ombrello di Mastodon GmbH, una società tedesca che ha beneficiato dello status di non-profit presso il governo tedesco. Nonostante tutte le indicazioni che indicavano che stavano facendo tutto bene, Mastodon GmbH si è vista recentemente revocare lo status di società senza scopo di lucro, inducendo il team a cercare un'alternativa.

Nell'annuncio, il CEO e fondatore Eugen Rochko ha dichiarato quanto segue:

Le nostre operazioni quotidiane non sono in gran parte influenzate da questo evento, poiché Patreon non presuppone lo status di no-profit e le entrate di Patreon non contano come donazioni. In effetti non abbiamo dovuto emettere una sola ricevuta di donazione dal 2021.

Mastodon rimane una delle uniche piattaforme sociali popolari che opera al di fuori dell'Unione Europea, ed Eugen desidera che le cose rimangano così. Detto questo, questa potrebbe essere un'opportunità interessante per il progetto: una presenza negli Stati Uniti potrebbe ridurre gli attriti nell'assunzione di dipendenti.

L'annuncio prevede anche un interessante consiglio di amministrazione: Esra'a Al Shafei di Majal.org, Karien Bezuidenhout della Shuttleworth Foundation, Amir Ghavi di Fried Frank, Felix Hlatky di SOLARYS e l'ex cofondatore di Twitter Biz Stone.

Mastodon continua a essere un piccolo team di soli due sviluppatori, con una terza come possibilità futura. Il progetto ha visto diverse donazioni di alto profilo quest'anno, quindi si spera che Mastodon continui a far crescere un team dedicato.

Il CTO di Mastodon, Renaud Chaput, ha rilasciato questo commento chiarificatore a Hacker News:

La nostra struttura operativa è ancora la Mastodon gGmbH con sede in Germania. Il nuovo ente no-profit statunitense è qui per facilitare la raccolta di fondi negli Stati Uniti e promuovere Mastodon in quel paese (e forse un giorno pagare direttamente gli sviluppatori, se assumiamo negli Stati Uniti).

Grazie per aver sostenuto Mastodon.uno

Manteniamo il server libero che alimenta mastodon.uno. Non c'è una società o una attività a scopo di lucro dietro il nostro progetto: per mantenere i server online contiamo interamente sul vostro sostegno attraverso piattaforme di crowdfunding come Liberapay oppure Ko-fi. Grazie!

tradotto liberamente da we distribute su licenza CC Attribuzione – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale

 
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What's Going On è l'undicesimo album in studio del cantante soul americano Marvin Gaye. È stato pubblicato il 21 maggio 1971 dall'etichetta sussidiaria della Motown Records Tamla. Registrato tra il 1970 e il 1971 in sessioni a Hitsville U.S.A., Golden World e United Sound Studios a Detroit, e al The Sound Factory a West Hollywood, California, è stato il primo album di Gaye ad accreditarlo come produttore e ad accreditare la produzione interna della Motown. band in studio, i turnisti conosciuti come Funk Brothers. What's Going On è un concept album in cui la maggior parte delle canzoni prosegue con quelle successive ed è stato classificato come un ciclo di canzoni. La narrazione stabilita dalle canzoni è raccontata dal punto di vista di un veterano del Vietnam che torna nel suo paese d'origine per testimoniare l'odio, la sofferenza e l'ingiustizia. I testi introspettivi di Gaye esplorano temi dell'abuso di droga, della povertà e della guerra del Vietnam. Gli è stato anche attribuito il merito di aver promosso la consapevolezza delle questioni ecologiche prima che la protesta pubblica su di esse diventasse prominente (“Mercy Mercy Me”).

What's Going On rimase nella classifica Billboard Top LP per oltre un anno e divenne il secondo album numero uno di Gaye nella classifica Soul LP di Billboard, dove rimase per nove settimane. La title track, che era stata pubblicata nel gennaio 1971 come singolo principale dell'album, raggiunse il numero due della Billboard Hot 100 e mantenne la prima posizione nella classifica Soul Singles di Billboard per cinque settimane consecutive. Anche i singoli successivi “Mercy Mercy Me (The Ecology)” e “Inner City Blues (Make Me Wanna Holler)” hanno raggiunto la top 10 della Hot 100, rendendo Gaye il primo artista solista maschio a piazzare tre singoli nella top ten. la Hot 100 da un album.

L'album ebbe un immediato successo commerciale e di critica e venne considerato dagli storici della musica come un classico del soul degli anni '70. Sondaggi ad ampio raggio condotti da critici, musicisti e pubblico in generale hanno dimostrato che What's Going On è considerato uno dei più grandi album di tutti i tempi e una registrazione fondamentale nella musica popolare. Nel 1985, gli scrittori del settimanale musicale britannico NME lo votarono come il miglior album di tutti i tempi. Nel 2020, è stato classificato al primo posto nella lista dei 500 migliori album di tutti i tempi stilata da Rolling Stone.


Ascolta: https://songwhip.com/marvin-gaye/whatsgoingon


#ascolti

 
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from 📖Un capitolo al giorno📚

Richiesta di perdono 1Signore onnipotente, Dio d’Israele, un’anima nell’angoscia, uno spirito tormentato grida verso di te. 2Ascolta, Signore, abbi pietà, perché abbiamo peccato contro di te. 3Tu regni per sempre, noi per sempre siamo perduti. 4Signore onnipotente, Dio d’Israele, ascolta dunque la supplica dei morti d’Israele, dei figli di coloro che hanno peccato contro di te: essi non hanno ascoltato la voce del Signore, loro Dio, e siamo stati attaccati dai mali. 5Non ricordare le ingiustizie dei nostri padri, ma ricòrdati ora della tua potenza e del tuo nome, 6poiché tu sei il Signore, nostro Dio, e noi ti loderemo, Signore. 7Per questo tu hai posto il timore di te nei nostri cuori, perché invocassimo il tuo nome. E ti loderemo nel nostro esilio, perché abbiamo allontanato dal nostro cuore tutta l’ingiustizia dei nostri padri, i quali hanno peccato contro di te. 8Eccoci ancora oggi nel nostro esilio, dove tu ci hai disperso, oggetto di obbrobrio, di maledizione e di condanna per tutte le ingiustizie dei nostri padri, che si sono ribellati al Signore, nostro Dio».

POEMA SULLA SAPIENZA

Esortazione e invito alla sapienza 9Ascolta, Israele, i comandamenti della vita, porgi l’orecchio per conoscere la prudenza. 10Perché, Israele? Perché ti trovi in terra nemica e sei diventato vecchio in terra straniera? 11Perché ti sei contaminato con i morti e sei nel numero di quelli che scendono negli inferi? 12Tu hai abbandonato la fonte della sapienza! 13Se tu avessi camminato nella via di Dio, avresti abitato per sempre nella pace. 14Impara dov’è la prudenza, dov’è la forza, dov’è l’intelligenza, per comprendere anche dov’è la longevità e la vita, dov’è la luce degli occhi e la pace.

Il potere non dà la sapienza 15Ma chi ha scoperto la sua dimora, chi è penetrato nei suoi tesori? 16Dove sono i capi delle nazioni, quelli che dominano le belve che sono sulla terra? 17Coloro che si divertono con gli uccelli del cielo, quelli che ammassano argento e oro, in cui hanno posto fiducia gli uomini, e non c’è un limite ai loro possessi? 18Coloro che lavorano l’argento e lo cesellano senza rivelare il segreto dei loro lavori? 19Sono scomparsi, sono scesi negli inferi e altri hanno preso il loro posto. 20Generazioni più giovani hanno visto la luce e hanno abitato sopra la terra, ma non hanno conosciuto la via della sapienza, 21non hanno compreso i suoi sentieri e non si sono occupate di essa; i loro figli si sono allontanati dalla loro via.

La presunta sapienza dei popoli 22Non se n’è sentito parlare in Canaan, non si è vista in Teman. 23I figli di Agar, che cercano la sapienza sulla terra, i mercanti di Merra e di Teman, i narratori di favole, i ricercatori dell’intelligenza non hanno conosciuto la via della sapienza, non si sono ricordati dei suoi sentieri. 24O Israele, quanto è grande la casa di Dio, quanto è esteso il luogo del suo dominio! 25È grande e non ha fine, è alto e non ha misura! 26Là nacquero i famosi giganti dei tempi antichi, alti di statura, esperti nella guerra; 27ma Dio non scelse costoro e non diede loro la via della sapienza: 28perirono perché non ebbero saggezza, perirono per la loro indolenza.

Dio solo conosce la via della sapienza 29Chi è salito al cielo e l’ha presa e l’ha fatta scendere dalle nubi? 30Chi ha attraversato il mare e l’ha trovata e l’ha comprata a prezzo d’oro puro? 31Nessuno conosce la sua via, nessuno prende a cuore il suo sentiero. 32Ma colui che sa tutto, la conosce e l’ha scrutata con la sua intelligenza, colui che ha formato la terra per sempre e l’ha riempita di quadrupedi, 33colui che manda la luce ed essa corre, l’ha chiamata, ed essa gli ha obbedito con tremore. 34Le stelle hanno brillato nei loro posti di guardia e hanno gioito; 35egli le ha chiamate ed hanno risposto: «Eccoci!», e hanno brillato di gioia per colui che le ha create.

Il dono della sapienza-legge a Israele 36Egli è il nostro Dio, e nessun altro può essere confrontato con lui. 37Egli ha scoperto ogni via della sapienza e l’ha data a Giacobbe, suo servo, a Israele, suo amato. 38Per questo è apparsa sulla terra e ha vissuto fra gli uomini.

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Approfondimenti

Richiesta di perdono 3,1-8 Quest'ultima sezione della preghiera rinnova la richiesta di perdono: «Ascolta, Signore, abbi pietà, perché abbiamo peccato contro di te» (3,2). Il popolo è ancora esiliato 3,8: «siamo ancor oggi esiliati e dispersi»), ma il cuore è cambiato, riempito del timore di Dio (3,7) e liberato da tutta l'iniquità dei padri (3,7). L'anima è angosciata, afflitta, e lo spirito è tormentato e abbattuto (3, 1), ma ora il «timore di Dio» (3,7), cioè il rispetto e il riconoscimento e l'adesione al Signore secondo l'accezione deuteronomica, fa sgorgare la lode (3,7: «Noi ti lodiamo») insieme con la supplica e il pentimento. Nasce una generazione nuova, che si è allontanata spiritualmente dalla via peccaminosa dei padri, che hanno traviato. L'obbrobrio, la maledizione e la condanna per le iniquità commesse dai padri ribelli (3,8) pesano ancora sul popolo d'Israele. Ma ora è rinata la speranza nel Kyrios pantokratōr («Signore onnipotente») che guida e protegge il popolo perché è il «Dio di Israele» (3,1.4). E alla potenza di Dio che l'orante fa appello (3,5: «ricordati ora della tua potenza») e al suo «nome» (3,5), cioè a quello che Dio è ed ha mostrato nella storia di voler fare. Questa è «la supplica dei morti d'Israele» (3,4), di coloro che continuamente periscono (3,3), mentre Dio è un re eterno. Israele si percepisce come “morto”, oppresso dalle conseguenze delle colpe commesse dai padri, che si sono ribellati al Signore. E la condizione che emerge pure nei vari salmi di lamentazione, quando l'orante sente su di sé gli artigli della morte per i mali che l'opprimono. Forse si può vedere un'allusione a Ez 37,11 in cui l'esilio equivale alla morte. Alcuni uppongono che dietro il greco tethnēkotōn («morti») si debba pensare a un ebraico mētîm («mortali, condannati a morte», cfr. Sal 79, 11); altri ancora ipotizzano un testo ebraico che avesse m'tē («uomini, genti [di Israele]») invece di mētē («morti»). Non sembra comunque che si tratti della supplica sia degli Israeliti già morti sia dei figli di coloro che peccarono. I «morti» sono i figli di coloro che hanno peccato e ora sopportano i mali conseguenti (cfr. 1,20). Si tratta di “morte” in senso metaforico.

POEMA SULLA SAPIENZA 3,9-4,4 Questo testo è una composizione unitaria, che gli studiosi considerano originariamente autonomo, probabilmente in lingua ebraica. I vv. 3, 9-13 lo collegano con la prima parte di Bar 1,15-3,8 spiegando l'esilio come conseguenza dell'abbandono della sapienza. Anche i vv. 3,37b-4,4 sono funzionali alla prima parte del libro; dicono che cosa ora si deve fare: il popolo del Signore deve seguire la legge di Dio, che è il mezzo per operare il cambiamento radicale rispetto al passato. Il poema si ispira a Gb 28, Sir 24, Dt 4 che identificano sapienza e torah.

Il tema-guida è suggerito dalla ripetizione dell'espressione «la via della sapienza» (vv. 20.23.27.31.37). Il tono e lo stile sapienziale differiscono sia da 1,15-3,8 sia dal discorso profetico di 4,5-5,9. Si evita, in particolare, il linguaggio antropomorfico. È difficile stabilire una datazione e il luogo di origine. Poiché si ispira a Sir 24, deve collocarsi tra il Il e il I sec. a.C. Lo scopo è didattico-esortativo: vuole mostrare a Israele che la via della sapienza si trova soltanto presso il Signore; lo sappia Israele e si regoli di conseguenza, cercando la prudenza (=phronesis vv. 9.14), l'intelligenza (=synesis vv. 14.23.32), la sapienza o il sapere (epistème vv. 20.27.37).

Si tratta di una “ricerca” della sapienza, come sottolineano i verbi e i sostantivi che alludono a un “cammino” da compiere: via (vv. 20.23.27.31.37), camminare (3,13; 4,2), sentieri (vv. 3,13.21.31), salire e scendere (3, 19.29). Israele deve scoprire la via giusta e mettersi in cammino su di essa se vuol vivere. In 3,9.14 e 4,2 abbondano gli imperativi esortativi (ascolta, porgi l'orecchio, impara, ritorna, cammina).

Tutto il poema è una composizione ritmica; ogni versetto consta di due stichi, eccetto 3,12 che ha un solo stico. Il poema si articola in tre parti:

a) 3, 9-14: esortazione e invito alla sapienza; b) 3, 15-35: inno alla sapienza; c) 3, 36 – 4, 4: il dono della sapienza, identificata con la torah.

La sezione centrale è a sua volta articolata in tre parti:

1) 3,16-21: è rivolta ironicamente ai governanti che non hanno trovato la sapienza; 2) 3,22-28: constata l'insuccesso dei popoli tradizionalmente considerati come saggi; 3) 3,29-35: risponde alla domanda formulata al v. 15, è il creatore che solo conosce la sapienza.

Esortazione e invito alla sapienza 3,9-14 L'inizio evoca Dt 4,1: «Ora, Israele, ascolta le leggi». Si tratta di «comandamenti della vita», che conducono alla vita (cfr. Es 20,12; Dt 4,1-4; 30,15; Ez 33,15); sono la legge della vita (Sir 17,9; 45,5). La «prudenza» (v. 9) è la conoscenza pratica della volontà di Dio equivalente di «intelligenza» (v. 14). Ciò cui conducono prudenza e intelligenza è “una buona qualità della vita” (in greco: zōē) e non semplicemente la vita in senso fisiologico (in greco: bios). La «vita» (vv. 9.14) è pace (vv. 13.14), longevità (v. 14), è luce degli occhi o gioia di vivere (v. 14), è forza morale e spirituale (v. 14). Insomma è semplicemente il contrario della condizione dei morti che scendono negli «inferi» (v. 11), ai quali può essere paragonato il popolo di Israele che vive in terra nemica, anzi ormai da lungo tempo «invecchia in terra straniera» (v. 10), contaminandosi con gli stranieri che sono come cadaveri (v. 11; cfr. Lv 11,29; Lv 21,1-3; Nm 19,11-13 sulla contaminazione per contatto coi cadaveri).

Israele si trova in esilio perché ha abbandonato la fonte della sapienza (cfr. Ger 2,13), cioè Dio dal quale viene ogni sapienza (Sir 1,1). La sapienza divina è espressa concretamente nei comandamenti della vita (v. 9), che sono chiamati anche «sentieri di Dio» (v. 13). Israele ha smarrito la «via» della sapienza, ora deve apprendere a conoscere «dov'è» (ripetuto 4 volte al v. 14). Ritorna la domanda dell'inno di Gb 28: «chi ha trovato il luogo della sapienza?» (cfr. Gb 28, 12-20 e Bar 3, 15). La storia avrebbe seguito un corso diverso se Israele avesse obbedito ai comandamenti della vita.

Il potere non dà la sapienza 3,15-21 Innanzitutto si dice che cosa non ha dato l'accesso alla sapienza: non il potere politico, non la ricchezza o le attività commerciali o il lavoro dell'artigiano. Il testo di Gb 28,12-20 resta sempre sullo sfondo: nessun uomo ha trovato i tesori della sapienza. Non hanno scoperto la sapienza i capi delle nazioni (3,16) che, come Nabucodonosor, dominano perfino sulle fiere (cfr. Ger 27,6) e si divertono con gli uccelli del cielo (cfr. Gb 40,29); essi ammassano argento e oro, dai quali gli uomini si aspettano sicurezza, una qualità buona della vita, potenza. Questi capi delle nazioni sono come artigiani presi totalmente dall'argento da cesellare con un'arte che non vogliono svelare (3, 17). Ma i loro piani segreti e la loro arte consumata non sono la sapienza. Anche i capi delle nazioni sono comuni mortali: muoiono e scendono agli inferi come tutti gli altri, senza possibilità di ritorno, lasciando ad altri il loro posto (3,19). Sorgono nuove generazioni, la società avanza e progredisce, ma non e questo che ta conoscere la via della sapienza (3,20). Nel contesto storico del postesilio, questo brano suona come una critica acerba e polemica degli imperi che hanno imposto con la forza il loro dominio (Persiani, Lagidi, Seleucidi). Non hanno trovato né insegnato la sapienza. La soluzione dunque non sta, come pensavano i Maccabei, nella conquista del potere politico anche con l'uso delle armi. Più ampiamente, potremmo dire che non è il potere (economico, politico, militare, tecnologico) a dare la sapienza.

La presunta sapienza dei popoli 3,22-28 I popoli, che tradizionalmente sono ritenuti campioni di sapienza come Canaan, Teman, Ismaeliti e Nabatei, non hanno conosciuto la via della sapienza. Forse anche «i mercanti di Merra e di Teman» (3, 23) indicano gruppi di popolazioni.

I Cananei o Filistei, come furono chiamati più tardi (cfr. Sof 2,5: «Canaan, terra dei Filistei»), furono maestri degli Israeliti nelle arti plastiche (1 Re 7,13), nella letteratura, nel commercio (cfr. Is 23,8 ed Ez 28).

Teman era una città edomita famosa per la sua sapienza, come testimonia Ger 49,7: «Su Edom. Così dice il Signore degli eserciti: Non c'è più sapienza in Teman? È scomparso il consiglio dei saggi? È svanita la loro sapienza?» (cfr. Abd 8-9). Nel libro di Giobbe, uno dei saggi amici è Elifaz il Temanita (cfr. Gb 2, 11).

I figli di Agar sono gli Ismaeliti e i Nabatei, beduini carovanieri (cfr. Gn 16, 15; 37, 25; Sal 83, 7). Essi «cercano sapienza terrena» (3, 23), che riguarda cioè la sfera pratica e materiale dell'esistenza.

I «mercanti» (3,23) viaggiano e sono ricchi di esperienza, per questo sono ritenuti sapienti. I «narratori di favole» (mythologoi), che raccontano storie di divinità, divulgano saghe e miti, sono anch'essi stranieri.

Ebbene, tutti costoro sono «ricercatori dell'intelligenza», del sapere sapienziale (cfr. Prv 14,6; 18,15; Sir 39,1-3), ma non hanno trovato la via della sapienza e neppure i suoi sentieri.

Rivolgendosi enfaticamente a Israele (v. 24), il poeta invita a contemplare la grandezza delle «casa di Dio», cioè l'universo intero – come lo chiama anche Filone –, la cui altezza, ampiezza e profondità non ha confini. Dio, che ha come propria casa e suo dominio l'immensità dell'universo, non ha bisogno di viaggiare per cercare la sapienza.

In questo mondo, nell'antichità ci furono i giganti famosi, alti di statura ed esperti guerrieri (3,26). Si fa allusione ad esseri divino-umani, la cui presenza favorisce un progresso umano, che Dio ritiene eccessivo tanto da intervenire per porre un limite all'esistenza umana (cfr. Gn 6,1-4 dove n'pilim è reso dalla LXX con gigantes). L'episodio genesiaco è stato ripreso in 1Enoch 6-11 in forma molto diversa, cioè trattando di esseri intermedi, o «vigilanti», che si ribellano unendosi a donne e dando origine così a giganti. La malvagità di questi ultimi provoca violenza e male sulla terra. Il tema dei giganti è quindi unito a quello della ribellione e della violenza: così appare anche in Sir 16,7 (dove «giganti» è solo nel greco, mentre l'ebraico e il siriaco hanno rispettivamente «principi» e «re»); Sap 14,6; 3Мас 2,3-6; 2Pt 2,4; Gd 6 e altri scritti giudaici. Qui si vuol dire che ai giganti, nonostante la loro origine divina, la loro statura e la loro forza straordinaria quali guerrieri, Dio non concesse la sapienza. Essi perirono perché non possedevano la sapienza e la prudenza. Né potevano prenderle per sé, perché soltanto Dio dona (3,27) la sapienza. Insomma nemmeno i giganti, alla pari dei popoli ritenuti sapienti, sono riusciti a trovare la via della sapienza. Essa infatti non può “venire” che da un dono di Dio.

Dio solo conosce la via della sapienza 3,29-35 Chi dunque ha scoperto la dimora e i forzieri dove sono custoditi i tesori della sapienza? (3,15). La risposta, già anticipata al v. 27, ora viene sviluppata, premettendo due domande retoriche (3,29-30) che riprendono l'interrogativo di 3,15, ricalcato su Dt 30,12 ss. Ecco la sentenza: nessun uomo conosce veramente la sapienza. Solo Dio la conosce e l'ha scrutata perché egli sa tutto (3,32) (cfr. Gb 28,24.27). Egli infatti «ha fondato la terra con la sapienza» (Prv 3,19; cfr. Ger 10,12), l'ha stabilita «per sempre» (eis ton aiona cfr. Sir 1,4). Dio ha creato gli animali sulla terra (3,32) e le stelle luminose nei loro posti di guardia (3,34). Gli astri brillano di gioia (3,35); Dio li chiama per nome ed essi rispondono obbedienti (cfr. Sir 43, 10: «Si comportano secondo gli ordini del Santo, non si stancano al loro posto di sentinelle»; cfr. Gb 38, 7). Dio chiama la luce ed essa obbedisce prontamente (cfr. Gn 1, 3-5), con rispettoso tremore. Il dominio incontrastato di Dio sulla terra e sul cielo dimostra che «Egli è il nostro Dio» (3,36), l'incomprensibilmente unico. Ma con questa affermazione inizia l'ultima sezione del poema. Il creatore dell'universo è il Dio d'Israele, che ha dato al suo popolo la sapienza.

Il dono della sapienza-legge a Israele 3,36-4,4 Dio, che conosce la via della sapienza, «ne ha fatto dono a Giacobbe suo servo» (cfr. Is 44,1; 45,4), al popolo d'Israele «suo diletto» (cfr. Dt 33,12). Per dono di Dio è dunque apparsa sulla terra la sapienza e perciò essa equivale alla rivelazione di Dio. Gesù Cristo, la sapienza divina incarnata, è la piena e definitiva rivelazione di Dio (cfr. 1Cor 1,24). La sapienza si identifica concretamente con «il libro dei decreti di Dio» e la «legge che sussiste nei secoli» (4,1), come in Dt 6,4 e Sir 24, 23. Il «libro dei decreti di Dio» (cfr. 2Re 22,11; Gs 24,26 e anche Dt 28,61) non designa soltanto la legge deuteronomica, bensì l'intero Pentateuco (la torah). Vita e morte sono legati all'osservanza e all'abbandono della torah secondo Dt 30, 5-16: nella sua legge, Dio ha messo davanti al suo popolo «la vita e la felicita, la morte e l'infelicità», a seconda che la si osservi o no e aggiunge: «scegli dunque la vita!» (Dt 30,19). Vita e sapienza, quindi, sono strettamente interdipendenti (cfr. Prv 4,13; 11,19). Che la sapienza offra la «vita», ossia una qualità buona della vita, è un motivo tradizionale (per es. cfr. Prv 3,18; 4,13.22.23; 13,14; 16,22).

Il poema si chiude con l'invito profetico alla conversione «ritorna»; cfr. Os 14,2-3; Ger 3,12-14) e a camminare alla luce della sapienza (4,2). Essa infatti è «il sentiero dei giusti» (Prv 4,18). La «gloria» di Israele (4,3) è la legge-sapienza (cfr. Sir 49,5) da non lasciare ad altri popoli. Perciò gli altri popoli non possono gloriarsi di possedere la vera sapienza (4,3). La legge è un privilegio dato a Israele, che per questo si “differenzia” da tutti gli altri popoli. Qualche studioso parla, in proposito, di «orizzonte nazionalistico e ostile verso gli stranieri». Questa soluzione non è soddisfacente perché la sapienza è strettamente connessa con la creazione: il creatore l'ha trovata (3,32-34) nell'universo; essa sembra identificarsi con un essere universale e cosmico. In 3,38 («è apparsa sulla terra e ha vissuto tra gli uomini») si sottolinea la presenza universale della sapienza. Si deve dunque affermare che la sapienza, pur essendo presente nell'universo, non è conosciuta da nessun popolo; incarnata concretamente nella torah, essa è data ad Israele. Nella torah trova la sua migliore e inequivocabile formulazione, valida e accessibile a tutti i popoli, la sapienza o l'ordine primordiale cosmico che tutti gli uomini cercano. Gloria e privilegio, ma anche principio di identità per Israele, è il possesso della sapienza-legge. Beato Israele cui è stata rivelata la volontà di Dio (4,4).

(cf. ANTONIO BONORA, Baruc – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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from 📖Un capitolo al giorno📚

Confessione dei peccati 1Per questo il Signore ha adempiuto le sue parole pronunciate contro di noi, contro i nostri giudici che governarono Israele, contro i nostri re e contro i nostri capi, contro ogni uomo d’Israele e di Giuda. 2Non era mai avvenuto sotto la volta del cielo quello che egli ha fatto a Gerusalemme, secondo ciò che è scritto nella legge di Mosè, 3fino al punto di mangiarsi uno le carni di suo figlio e un altro quelle di sua figlia. 4Il Signore li ha sottoposti al potere di tutti i regni intorno a noi, come oggetto di disprezzo e di desolazione per tutti quei popoli in mezzo ai quali li aveva dispersi. 5Essi furono resi schiavi, non padroni, perché abbiamo peccato contro il Signore, nostro Dio e non abbiamo ascoltato la sua voce. 6Al Signore, nostro Dio, la giustizia, a noi e ai padri nostri il disonore sul volto, come avviene ancora oggi. 7Tutti i mali che il Signore ci aveva minacciato, ci sono venuti addosso. 8Ma noi non abbiamo pregato il volto del Signore, abbandonando ciascuno i pensieri del cuore malvagio. 9E il Signore ha vegliato su questi mali e li ha mandati sopra di noi, poiché egli è giusto in tutte le opere che ci ha comandato, 10mentre noi non abbiamo dato ascolto alla sua voce, camminando secondo i decreti che aveva posto davanti al nostro volto.

Richiesta di perdono 11Ora, Signore, Dio d’Israele, che hai fatto uscire il tuo popolo dall’Egitto con mano forte, con segni e prodigi, con grande potenza e braccio possente e ti sei fatto un nome, qual è oggi, 12noi abbiamo peccato, siamo stati empi, siamo stati ingiusti, Signore, nostro Dio, verso tutti i tuoi comandamenti. 13Allontana da noi la tua collera, perché siamo rimasti pochi in mezzo alle nazioni fra le quali tu ci hai dispersi. 14Ascolta, Signore, la nostra preghiera, la nostra supplica, liberaci per il tuo amore e facci trovare grazia davanti a coloro che ci hanno deportati, 15perché tutta la terra sappia che tu sei il Signore, nostro Dio, e che il tuo nome è stato invocato su Israele e sulla sua stirpe. 16Guarda, Signore, dalla tua santa dimora e pensa a noi; porgi il tuo orecchio, Signore, e ascolta. 17Apri, Signore, i tuoi occhi e guarda: perché non i morti che sono negli inferi, il cui spirito se n’è andato dalle loro viscere, daranno gloria e giustizia al Signore, 18ma l’anima colma di afflizione, chi cammina curvo e spossato, e gli occhi languenti e l’anima affamata, ti renderanno gloria e giustizia, Signore. 19Non per le opere giuste dei nostri padri e dei nostri re presentiamo la nostra supplica davanti al tuo volto, Signore, nostro Dio, 20ma perché tu hai mandato sopra di noi la tua collera e il tuo sdegno, come avevi dichiarato per mezzo dei tuoi servi, i profeti, dicendo: 21“Così dice il Signore: Curvate le vostre spalle, servite il re di Babilonia e dimorerete nella terra che ho dato ai vostri padri. 22Ma se non darete ascolto alla voce del Signore, che comanda di servire il re di Babilonia, 23farò cessare nelle città di Giuda e farò uscire da Gerusalemme la voce della gioia e la voce della letizia, la voce dello sposo e della sposa, e tutta la terra diventerà un deserto senza abitanti”. 24Noi non abbiamo dato ascolto al tuo invito a servire il re di Babilonia, perciò tu hai eseguito le parole che avevi detto per mezzo dei tuoi servi, i profeti, e cioè che le ossa dei nostri re e dei nostri padri sarebbero state rimosse dal loro posto. 25Ed eccole abbandonate al calore del giorno e al gelo della notte. Essi sono morti fra atroci dolori, di fame, di spada e di peste; 26la casa su cui è stato invocato il tuo nome, tu l’hai ridotta nello stato in cui oggi si trova, per la malvagità della casa d’Israele e di Giuda.

Fiducia nella promessa 27Tuttavia tu hai agito verso di noi, Signore, nostro Dio, secondo tutta la tua bontà e secondo tutta la tua grande misericordia, 28come avevi detto per mezzo del tuo servo Mosè, quando gli ordinasti di scrivere la tua legge davanti ai figli d’Israele, dicendo: 29“Se voi non darete ascolto alla mia voce, certo, questa moltitudine grande e numerosa sarà resa piccola tra le nazioni fra le quali io la disperderò; 30poiché io so che non mi ascolteranno, perché è un popolo di dura cervìce. Però nella terra del loro esilio rientreranno in se stessi 31e riconosceranno che io sono il Signore, loro Dio. Darò loro un cuore e orecchi che ascoltino; 32nella terra del loro esilio mi loderanno e si ricorderanno del mio nome. 33E abbandoneranno la loro ostinazione e le loro azioni malvagie, perché ricorderanno il cammino dei loro padri che hanno peccato contro il Signore. 34Io li ricondurrò nella terra che ho promesso con giuramento ai loro padri, ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe; essi la possederanno e io li moltiplicherò e non diminuiranno più.35Farò con loro un’alleanza perenne: io sarò Dio per loro, ed essi saranno popolo per me, né scaccerò mai più il mio popolo Israele dal paese che gli ho dato”.

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Approfondimenti

Richiesta di perdono 2,11-26 In questa sezione domina la richiesta di perdono, sebbene sia ripetuta la confessione dei peccati («abbiamo peccato, siamo stati empi, abbiamo trasgredito i comandamenti», 2,12). Si susseguono gli imperativi della supplica: «ascolta» (2,14), «guarda» (2,16), «apri gli occhi e osserva» (2,17), «facci trovar grazia» (2,14). Ma il “perdono” vero e proprio è invocato con due specifiche formule: «allontana da noi lo sdegno» (2, 13); «liberaci» (2,14).

La «collera e lo sdegno» (2,20) del Signore erano stati minacciati dai profeti e i peccati del popolo li hanno resi effettivi. La collera e lo sdegno sono la reazione di Dio di fronte al rifiuto libero dell'uomo, ma non sono un giudizio definitivo di condanna né propriamente una “pena”. Non indicano cioè il venir meno della bontà di Dio e proprio per questo l'orante può invocare di allontanare da sé lo sdegno.

L'invocazione «liberaci» suppone la condizione di schiavitù sotto una potenza straniera: come ha liberato il suo popolo dall'Egitto, ascoltando il grido dei suoi fedeli (cfr. Es 3,7-9), ora il Signore liberi il suo popolo disperso in mezzo alle genti (2,13), deportato in esilio (2,14) e gemente sotto il peso del dominio straniero (2,18; cfr. 2,22-23). Il popolo soffre per i propri morti, per la fame, la spada (cioè la violenza mortale) e la peste (2,25), Il perdono invocato coincide con la liberazione dai mali che gravano su Israele.

La preghiera adduce anche le motivazioni della supplica. Anzitutto non si fa appello ai propri meriti, né a quelli dei padri né a quelli dei re (2,19); infatti si riconosce di aver peccato.

Dio viene invocato:

a) perché già ha liberato il suo popolo schiavo in Egitto (2,11); b) perché gli israeliti sono rimasti pochi, un “resto” disperso (2,13); c) «per il tuo amore» (2,14), cioè perché Dio lo vuole; d) «perché tutta la terra sappia che tu sei il Signore nostro Dio» (2,15); e) perché il popolo geme e langue umiliato e afflitto, contrito dei suoi peccati di cui porta le conseguenze (2,18); f) perché gli stranieri sappiano che il Signore usa compassione e misericordia col suo popolo: «faccia trovar grazia davanti a coloro che ci hanno deportati» (2,14).

Ascolti Dio e guardi «dalla sua santa dimora» (2,16), che qui non è Sion ma la dimora celeste, come nella preghiera di Salomone (cfr. 1Re 8,29.30.32.34.36.39.43.45.49). Infatti anche il tempio, «che porta il tuo nome» (cfr. 1Re 8,43; Ger 7,10.11.14.30), è in rovina per la malvagità della casa d'Israele e di Giuda (2,26; cfr. Ger 32,34; 34,15). Non dunque fidando nelle proprie opere e nei propri meriti si invoca Dio.

Fiducia nella promessa 2,27-35 C'è una ragione per chiedere perdono e sperare nella salvezza: è la bontà e la misericordia di Dio (2,27) proclamate già fin dalle origini mediante la legge di Mosè (cfr. Lv 26,14-44).

Attraverso Mosè, fin dall'inizio Dio aveva ammonito il suo popolo «di dura cervice» (cfr. Dt 31,27) prevedendo la possibilità che esso non ascoltasse la voce del suo Signore e deviasse dalle sue vie (cfr. Dt 28,15 e Ger 7,26-27).

Ma Israele non ha ascoltato e le conseguenze della disobbedienza, descritte con le parole di Geremia (42,2; 24,9), sono:

a) il popolo è «ridotto a un piccolo resto» (2,29); b) è stato disperso in mezzo alle nazioni (2,29).

Ora non c'è spazio per la speranza di un futuro nuovo se non basandosi sulla fedeltà di Dio alla sua «alleanza perenne» (2,35): Dio agirà secondo la sua bontà e misericordia.

Ecco quello che il Signore farà:

a) «Darò loro un cuore e orecchi che ascoltano» (2,31); b) «farò con loro un'alleanza perenne» (2, 5); c) «i ricondurrò nella terra promessa con giuramento ai loro padri» (2,34); d) «li moltiplicherò e non diminuiranno più» (2,34).

Di conseguenza, il popolo assumerà atteggiamenti nuovi, in particolare:

a) «ritorneranno in sé e riconosceranno che io sono il Signore loro Dio» (2,30-31); b) «nella terra del loro esilio mi loderanno e si ricorderanno del mio nome» (2,32); c) «abbandoneranno la loro caparbietà e la loro malizia» (2,33); d) «avranno di nuovo il dominio (della terra)» (2, 34).

L'alleanza perenne è precisamente l'attuazione effettiva della volontà efficace di Dio accolta liberamente dal suo popolo. La formula dell'alleanza dà espressione alla reciproca appartenenza di Dio e popolo: «io sarò Dio per loro ed essi saranno popolo per me» (2,35). Non sarà semplice continuazione dell'alleanza sinaitica, infranta per la disobbedienza del popolo, ma la «nuova alleanza» predetta da Geremia (31,31). Non ci sarà quindi una mera restaurazione del passato, ma sorgerà una realtà nuova, che la bontà del Signore renderà effettivamente possibile.

(cf. ANTONIO BONORA, Baruc – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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from Gippo

Un caldo saluto a tutti. Ho deciso di utilizzare una tastierina Bluetooth e di scrivere direttamente sul cellulare. Al di là del mezzo tecnico utilizzato, ho un po' di difficoltà a scrivere, così voglio proporre un testo non mio, tratto dal libro dello scrittore cileno Roberto Bolano “Lo spirito della fantascienza”. Riguarda un po' la guerra ma anche e soprattutto quelli che amano giocare agli strategici bellici a turni. Riguarda pure quelli a cui piacciono gli sparatutto in prima persona, tipo me... anche se quando è stato scritto non c'erano sparatutto in prima persona ma... Leggete e capirete. Breve riflessione: anche io quando ero più giovane pensavo che gli strategici a turni fossero un po' pericolosi perché “normalizzavano” la guerra e ponevano il giocatore in una posizione distaccata, superiore, di mero calcolo privo di coinvolgimento emotivo. Bolano qui era d'accordo con me ma anche lui era giovane quando ha scritto queste parole.

Frattanto la tastiera Bluetooth ha smesso di funzionare, dopo che era partita cosí bene. Ma perché?!? Voglio provare Shenmue coll'emulatore Dreamcast sul mio smartphone!!! Come faccio senza tastiera? Va a finire che sviscererò il magico mondo delle connessioni Otg.

Comunque, ecco a voi il testo presentato:

Tratto da: “Lo spirito della fantascienza” di Roberto Bolano

«Non credo che siano i video la droga dei nordamericani, anche se non ho ben capito se lei si riferisse ai videogiochi o al fatto di girarsi i film da sé. Ma posso assicurarle che sta guadagnando terreno un nuovo hobby: i giochi di guerra. Il ventaglio è molto ampio ma in sostanza le categorie sono due. I giochi da tavolo che consistono in una mappa esagonata con pedine di cartone. E i giochi di guerra dal vivo o da finesettimana, simili a quelli che facevamo noi da bambini, solo che adesso i gringo che ci giocano pagano cifre così grosse da renderli un affare. Nei primi, cioè quelli dove il campo di battaglia è una mappa esagonata, il giocatore ha il ruolo di Stato Maggiore, benché ci siano anche i giochi tattici (i precedenti sono detti strategici) come la serie degli Squad Leader dove ogni pedina (e ce ne sono più di mille) rappresenta circa dieci uomini. Di solito questi giochi durano più di cinque ore ma ce ne sono alcuni la cui durata raggiunge le venti o le trenta ore di gioco.

L'origine, credo, è nel Kriegsspiel tedesco, la grande mappa strategica dove nel secolo scorso si giocavano le guerre prima di iniziarle, o negli scacchi, un gioco di guerra astratto. La seconda tipologia vede il giocatore nei panni del soldato, come se si trattasse di un'opera teatrale. Il gioco consiste nel dedicare un giorno o un finesettimana alle pratiche militari. Si insegna a maneggiare ogni tipo di arma, si assiste a conferenze di veterani del Vietnam, si fanno combattimenti simulati, ci sono addirittura associazioni che organizzano per gli aderenti lanci col paracadute. Le simulazioni, in entrambe le tipologie, danno prova di un rigore storico esemplare: i combattimenti simulati non avvengono in un vago limbo ma in luoghi ben precisi, sia del passato, sia di un futuro prevedibile o auspicabile: Vietnam, Iran, Libia, Cuba, Colombia, Salvador, Nicaragua, perfino il Messico sono fra gli scenari di queste scaramucce. Dato significativo: più di un combattimento si svolge negli stessi Stati Uniti, dove il nemico è impersonato da un'ipotetica guerriglia nera o chicana. Le campagne, nei giochi da tavolo, sono tratte per lo più dalla seconda guerra mondiale, anche se si trovano anche guerre di un futuro non lontano, dalla Sesta Flotta che spara a qualunque essere vivente nel Mediterraneo alla terza guerra mondiale limitata allo scenario europeo, bombe atomiche incluse. La maggior parte però sono della seconda guerra mondiale e hanno un'iconografia e meccanismi d'identificazione decisamente nazisti. Nella pubblicità, per esempio, promettono al futuro giocatore che se gioca bene ed è fortunato l'Operazione Barbarossa sarà un successo, i carri armati di Rommel arriveranno al Cairo e l'offensiva delle Ardenne porterà a un armistizio onorevole. Entrambi gli hobby, quello da tavolo e quello da week-end, hanno più di una rivista al loro servizio e un'infrastruttura concepibile solo negli Stati Uniti. Fra l'altro, la casa che pubblica i giochi da tavolo sta già creando programmi di gioco per i computer. Secondo me, gli affari vanno a gonfie vele».

«Ma chi è che ci gioca?» disse il dottor Carvajal.

«Ah, questa è la cosa più curiosa. Io avrei creduto che alla guerra dal vivo si iscrivessero soltanto assassini frustrati e membri del Ku Klux Klan, ma sembra che piaccia parecchio agli operai specializzati, alle casalinghe, agli yuppie e alla gente che si è stancata di fare jogging. Le guerre da tavolo tendono invece ad attrarre fascisti pigri, appassionati di storia militare, adolescenti timidi e anche scacchisti; si dice che Bobby Fischer stia giocando da più di due anni la battaglia di Gettysburg. Senza avversario, da solo».

Il dottor Carvajal annuì con un sorriso da angelo gelato.

«Il mondo imbocca strade strane» mormorò. «I miniaturisti mi sono sempre sembrati vassalli del diavolo. Per tutta la vita ho pensato che la Malvagità prima di agire provi le sue acrobazie in piccolo. In realtà, confrontati con i feticci dei gringo, le nostre riviste sembrano quello che sono: bestiole ferite».

«Ma vive» intervenne José Arco e poi mi domandò sottovoce: «Da dove hai tirato fuori queste cose?».

Dalle carte che ha Jan, gli dissi.

«Secondo lui, la John Birch Society è una casa di riposo per adorabili vecchietti in confronto alla gente della rivista “Soldier of Fortune”, che sono non soltanto mercenari per vocazione ma i veri ideatori di ciò che è oggi l'happening o la performance imperialista. Lo stesso si può dire di quelli che sostengono i giochi da tavolo. La casa editrice Avalon Hill, per esempio, pubblica una rivista che un giorno o l'altro dovresti sfogliare: “The General”, la Bibbia dei Manstein, Guderian e Kleist da tasca».

«Jan una volta mi ha parlato di Guderian».

Il dottor Carvajal ci guardava come la rupe dei suicidi.

«Jan è un nostro amico» spiegai. «Dice che... i carri armati di Guderian vanno fermati più volte, suppongo nel corso di tutto il secolo, anche se non so cosa c'entri con quello che stiamo dicendo».

«Lirica da macelleria» brontolò il dottore e con un gesto fece capire che non gliene importava un accidente ma che potevamo parlarne tutto il tempo che volevamo.

 
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from Novità in libreria

E anche questa settimana è giunta al termine... settimana prossima credo che riuscirò a comporre un solo post, a causa del ponte del Primo Maggio... Buona festa del Lavoro a tutti!

NARRATIVA:

  • WILLY di Israel Joshua Singer (Giuntina). È la storia di Volf Rubin (Willy), un giovane ebreo polacco in conflitto con suo padre e con l'identità ebraica (due temi cari a Israel Joshua Singer). Un inedito dello scrittore ebreo, fratello del premio Nobel Isaac Bashevis Singer (ma non meno grande). Per saperne di più: scheda libro.
  • L'ARGINE DELLE ERBARIE di Silvia Cavalieri (Solferino). Due ragazzine crescono nella Bassa, in contatto con la natura e con il fiume. Un romanzo al femminile sul potere delle piante, della tradizione e delle donne che ne sono depositarie, che racconta di due famiglie in tempi difficili: le guerre, il fascismo, la fame e la lotta per l'emancipazione. Per saperne di più: scheda libro.

FANTASY E HORROR:

  • PREDATORI di Richard Lange (Minimum Fax). Stati Uniti, 1976. Due fratelli di giorno dormono in alberghetti da quattro soldi, mentre di notte viaggiano. E cacciano. Un romanzo di vampiri, solitudine, amore impossibile e vendetta. Per saperne di più: scheda libro.

POESIA:

  • CHARLES BAUDELAIRE IN IMMAGINI E PAROLE a cura di Anna Carelli (Ripostes). Un testo della collana In immagini e parole che raccoglie aforismi, aneddoti, poesie e scritti dei vari autori (in questo caso si tratta del poeta maledetto per eccellenza, autore della celeberrima silloge I FIORI DEL MALE), associandoli a immagini che hanno lo scopo di ricreare l'ambiente e il mondo in cui l'autore ha vissuto e ha dato vita alla sua produzione letteraria. Per saperne di più: scheda libro, anche se non dice quasi niente del libro se non l'essenziale.
  • IO, VINCENT VAN GOGH di Corrado d'Elia (Skira). Una raccolta di poesie ispirate al celeberrimo pittore olandese, inizialmente nata come testo teatrale. All'interno, le poesie sono associate ai dipinti di Van Gogh. Per saperne di più: scheda libro.

FUMETTI E GRAPHIC NOVEL:

  • DRAGONERO & ZAGOR – IL VIAGGIO DEGLI EROI di (Sergio Bonelli). Secondo crossover che coinvolge il mondo fantasy di Dragonero e Zagor, il personaggio classico della Bonelli: i due eroi devono unire le forze per recuperare un manufatto in grado di sconvolgere lo spazio-tempo... Sauri alati, amazzoni misteriose, collisioni dimensionali... direi che gli appassionati non rimarranno delusi. Per saperne di più, e per ammirare qualche tavola: scheda libro.

SAGGISTICA:

  • LA TERRA PIATTA di Violaine Giacomotto-Charra e Sylvie Nony (Il Mulino). Un gustoso saggio sul mito della terra piatta (a partire dalle fonti) e sulla sua diffusione nel Medioevo. Un ultimo capitolo riguarda la fortuna di quest'idea di conformazione della Terra (nonostante le conclamate evidenze scientifiche) anche nel XIX e XX secolo, fino ai giorni nostri. Per saperne di più: scheda libro.
  • L'ONDA CHE VERRÀ di Mustafa Suleyman e Michael Bhaskar (Garzanti). Lo sviluppo dell'intelligenza artificiale si fa sempre più invasivo e totalizzante. Se da una parte la nostra ricchezza e benessere ne beneficeranno, dall'altra potrebbe rappresentare una minaccia per la sicurezza. I governi sembrano non accorgersene, ma presto l'umanità dovrà trovare una via di fuga dai rischi connessi a questa tecnologia. Questo saggio prende in esame l'immensa utilità dell'intelligenza artificiale ma ci mostra anche i suoi lati oscuri. Per saperne di più: scheda libro.
  • C'È DEL MARCIO IN OCCIDENTE di Piergiorgio Odifreddi (Raffaello Cortina). Una riflessione amara del noto matematico, basata sulla sua personale esperienza e supportata dai grandi pensatori del passato, sull'arroganza dell'Occidente (Stati Uniti ed Europa) e sulla sua violenza e prevaricazione, dal punto di vista economico, culturale, politico e militare. Per saperne di più: scheda libro.
  • SHINHANGA – LA NUOVA ONDA DELLE STAMPE GIAPPONESI a cura di Paola Scrolavezza (Skira). Un bel volume che documenta il movimento artistico giapponese il cui termine (Shin-hanga) significa “nuova xilografia”. Nato all'inizio del '900 e fiorito fino al 1942, si tratta di un movimento influenzato dall'Impressionismo europeo. Per saperne di più: scheda libro.
  • LEGGERE LE FILOSOFE a cura di Annamaria Loche, Alessandro Peroni e Laura Sanò (Ibis). Un compendio che raccoglie 14 studi di altrettante studiose per dar voce anche alle figure del pensiero femminile tra le più rilevanti degli ultimi secoli: per ognuna, questo libro traccia un ritratto sintetico che può costituire lo spunto per ulteriori approfondimenti. Purtroppo non sono riuscito a trovare una scheda del libro adeguata, nemmeno sul sito della casa editrice (che potete trovare qui).
  • GLI ENIGMI DI LEONARDO DA VINCI di Gareth Moore (L'Airone). Un libro contenente 140 complicati rompicapi ispirati a Leonardo da Vinci, tra codici segreti e giochi logici e matematici. Per cervelloni! (Non preoccupatevi, alla fine del libro ci sono le soluzioni) Per saperne di più: scheda libro.
  • PASSEGGIATE BENESSERE IN LOMBARDIA di Annalisa Porporato e Franco Voglino (Capricorno). Sottotitolo: Forest bathing ed escursioni bioenergetiche per tutti. Recenti studi hanno evidenziato i benefici delle passeggiate nei boschi per la riduzione dello stress: anche le cascate grazie agli ioni positivi, nebulizzati dalle acque e dagli spruzzi, sono un toccasana per le vie respiratorie. Ecco quindi un manuale ricco di fotografie con 25 percorsi lombardi dove praticare il forset bathing. Per saperne di più: scheda libro.
  • QUADERNI IN OTTAVO – ALLA RICERCA DEL SENSO E DI SÉ di Franz Kafka (Il Pellegrino Edizioni). Kafka non fu solo un grande scrittore, ma fu anche uno dei maggiori filosofi del suo tempo. In questo libro sono raccolti scritti, abbozzi di racconti, frammenti, aforismi e annotazioni diaristiche. Inserisco questo libro tra i saggi, anche se un libro così non è facilmente incasellabile in un genere definito. Interessante la prefazione, a cura dell'editore stesso. Per saperne di più: scheda libro.

INFANZIA E RAGAZZI:

  • LA MIA SUPER CHIASSOSA AVVENTURA – DI DUDÙ IL DRAGHETTO di Paul Nicholls (Galucci). Un albo sonoro illustrato coloratissimo e rumorosissimo! Dudù il Draghetto vorrebbe raccontare una storia ma con tutti i rumori che lo circondano (sono ben 50!) è veramente difficile, perché non si sente niente di quello che dice... Età di lettura: dai 3 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • NO, NO E NO! di Marie-Isabelle Callier e Annick Masson (Valentina Edizioni). Albo illustrato in cui Jeanne, una bambina vivacissima a cui piace giocare, ballare e cantare, cambia subito umore non appena la mamma gli chiede di fare qualcosa. È come se ci fosse un piccolo drago dentro di lei che dice sempre NO! Una giornata in compagnia della sua amica di giochi Sophie, però, cambia tutto... Età di lettura: dai 3 anni. Per saperne di più (non molto, visto che la sinossi è stringata al massimo, e non c'è nemmeno la scheda del libro sul sito della casa editrice): scheda libro. Almeno si può vedere la copertina, che corrisponde allo stile delle illustrazioni!
  • LA SCOMPARSA DI MARESCIALLO – LE INDAGINI DI ITALO di Beniamino Sidoti (L'Albero delle Matite). Italo è un maialino investigatore molto intelligente, ma è davvero pigro. In questo piccolo albo illustrato, deve indagare sulla scomparsa di Maresciallo, l'antipatico pappagallo della fattoria... Età di lettura: dai 7 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • CATERINA – LA VITA COMINCIA ALLE MEDIE. VOL.1 di Alice Butaud (La Nuova Frontiera Junior). Un piccolo romanzo (il primo di una serie) sulla vita di una ragazzina di undici anni e i suoi amici: la trepidazione della nuova scuola, le prime cotte, e poi l'arrivo di un fratellino che scombussola tutto (e uno stravagante cappello magico...). Età di lettura: dai 10 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • UN SALAME NELLO SPAZIO – E ALTRI SCHERZI DA SCIENZIATI di Vito Tartamella (Dedalo). Un divertente libretto per giovani appassionati di scienza: raccoglie infatti burle e scherzi bizzarri ideati da studiosi, come invenzioni inesistenti, pesci d'aprile irriverenti, scoperte fasulle e così via per dimostrarci che studiare la scienza può essere divertente. Età di lettura: dagli 11 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • SE VUOI LA PACE CONOSCI LA GUERRA di Nico Piro (HarperCollins). I nostri ragazzi hanno spesso mille curiosità riguardo al mondo che ci circonda, e questo libro risponde alle loro domande sulla guerra: che cos'è? Perché, se è tanto brutta, gli uomini combattono incessantemente? A chi conviene? E così via. A queste e ad altre domande risponde l'inviato del TG3 Nico Piro, che tanti scenari bellici ha documentato nella sua vita, per dare a ragazzi e a educatori e famiglie gli strumenti per comprendere la guerra e per coltivare la pace. Età di lettura: non è indicata ufficialmente, ma io direi (in base al grado di difficoltà del testo) dai 12 anni. Per saperne di più: scheda libro.
 
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from ᗩᐯᗩIᒪᗩᗷᒪᗴ

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The Downward Spiral è il secondo album in studio del gruppo rock industriale americano Nine Inch Nails, pubblicato l'8 marzo 1994 da Nothing Records e Interscope Records negli Stati Uniti e da Island Records in Europa. È un concept album che descrive in dettaglio la distruzione di un uomo dall'inizio della sua “spirale discendente” fino al punto di rottura suicida. The Downward Spiral presenta elementi di rock industriale, techno e heavy metal, in contrasto con l'album di debutto della band influenzato dal synth-pop Pretty Hate Machine (1989), ed è stato prodotto dal frontman dei Nine Inch Nails Trent Reznor e Flood. Nel 1992, Reznor si trasferì al 10050 Cielo Drive a Benedict Canyon, Los Angeles, dove l'attrice Sharon Tate fu assassinata dai membri della famiglia Manson. È stato utilizzato come studio chiamato “Le Pig” per la registrazione di Broken (1992) e The Downward Spiral con la collaborazione di altri musicisti. L'album è stato influenzato da album di musica rock della fine degli anni '70 come Low di David Bowie e The Wall dei Pink Floyd in particolare, e si è concentrato sulla consistenza e sullo spazio. L'album ha generato due singoli, “March of the Pigs” e “Closer”, oltre ai singoli promozionali “Piggy” e “Hurt”. “March of the Pigs” e “Closer” erano accompagnati da video musicali, il primo girato due volte e il secondo pesantemente censurato. The Downward Spiral fu un successo commerciale e stabilì i Nine Inch Nails come una forza rispettabile nella scena musicale degli anni '90, con il suo suono ampiamente imitato e Reznor che ricevette l'attenzione dei media e molteplici onori, mentre sprofondava nell'abuso di droghe e nella depressione. È stato considerato dalla critica musicale e dal pubblico come uno degli album più importanti degli anni '90, ed è stato elogiato per la sua natura abrasiva ed eclettica e per i temi oscuri, sebbene sia stato esaminato attentamente dai conservatori sociali per alcuni dei suoi testi. Un album remix intitolato Further Down the Spiral è stato pubblicato nel 1995.


Ascolta: https://songwhip.com/nine-inch-nails/the-downward-spiral-2


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from 📖Un capitolo al giorno📚

INTRODUZIONE 1Queste sono le parole del libro che Baruc, figlio di Neria, figlio di Maasia, figlio di Sedecìa, figlio di Asadia, figlio di Chelkia, scrisse a Babilonia 2nell’anno quinto, il sette del mese, al tempo in cui i Caldei presero Gerusalemme e la diedero alle fiamme. 3Baruc lesse le parole di questo libro alla presenza di Ieconia, figlio di Ioiakìm, re di Giuda, e di tutto il popolo, accorso per ascoltare la lettura del libro, 4e alla presenza dei potenti, dei figli del re, degli anziani, di tutto il popolo, piccoli e grandi, quanti insomma abitavano a Babilonia presso il fiume Sud. 5E piangevano, digiunavano e pregavano davanti al Signore. 6Poi raccolsero del denaro, secondo quel che ognuno poteva dare, 7e lo mandarono a Gerusalemme al sacerdote Ioakìm, figlio di Chelkia, figlio di Salom, e ai sacerdoti e a tutto il popolo che si trovava con lui a Gerusalemme. 8Era il dieci del mese di Sivan, quando Baruc ricevette, per portarli nella terra di Giuda, i vasi della casa del Signore, che erano stati portati via dal tempio. Erano i vasi d’argento che Sedecìa, figlio di Giosia, re di Giuda, aveva fatto rifare, 9dopo che Nabucodònosor, re di Babilonia, aveva deportato da Gerusalemme a Babilonia Ieconia, con i capi, i prigionieri, i potenti e il popolo della terra e lo aveva condotto a Babilonia. 10E dissero: «Ecco, vi mandiamo il denaro; comprate olocausti, sacrifici espiatori e incenso e offrite sacrifici sull’altare del Signore, nostro Dio. 11Pregate per la vita di Nabucodònosor, re di Babilonia, e per la vita di suo figlio Baldassàr, perché i loro giorni siano lunghi come i giorni del cielo sulla terra. 12Allora il Signore ci darà forza e illuminerà i nostri occhi e vivremo all’ombra di Nabucodònosor, re di Babilonia, e all’ombra di suo figlio Baldassàr e li serviremo per molti giorni e acquisteremo favore davanti a loro. 13Pregate il Signore, nostro Dio, anche per noi, perché abbiamo peccato contro di lui e fino ad oggi il suo sdegno e la sua ira non si sono allontanati da noi. 14Leggerete perciò questo libro che vi abbiamo mandato per fare pubblica confessione nella casa del Signore, nel giorno della festa e nei giorni opportuni.

PREGHIERA PENITENZIALE

Confessione dei peccati 15Direte dunque: Al Signore, nostro Dio, la giustizia; a noi il disonore sul volto, come oggi avviene per l’uomo di Giuda e per gli abitanti di Gerusalemme, 16per i nostri re e per i nostri capi, per i nostri sacerdoti e i nostri profeti e per i nostri padri, 17perché abbiamo peccato contro il Signore, 18gli abbiamo disobbedito, non abbiamo ascoltato la voce del Signore, nostro Dio, che diceva di camminare secondo i decreti che il Signore ci aveva messo dinanzi. 19Dal giorno in cui il Signore fece uscire i nostri padri dall’Egitto fino ad oggi noi ci siamo ribellati al Signore, nostro Dio, e ci siamo ostinati a non ascoltare la sua voce. 20Così, come accade anche oggi, ci sono venuti addosso tanti mali, insieme con la maledizione che il Signore aveva minacciato per mezzo di Mosè, suo servo, quando fece uscire i nostri padri dall’Egitto per concederci una terra in cui scorrono latte e miele. 21Non abbiamo ascoltato la voce del Signore, nostro Dio, secondo tutte le parole dei profeti che egli ci ha mandato, 22ma ciascuno di noi ha seguito le perverse inclinazioni del suo cuore, ha servito dèi stranieri e ha fatto ciò che è male agli occhi del Signore, nostro Dio.

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Approfondimenti

INTRODUZIONE 1,1-14 Questo artificioso prologo storico ha la funzione di creare una cornice “storica” alle parti successive: Baruc è in esilio a Babilonia (v. 1), dove scrive e legge ai deportati un testo di liturgia penitenziale, durante una cerimonia commemorativa della caduta di Gerusalemme. In alcuni passi del libro di Geremia, Baruc appare come suo compagno e segretario (cfr. Ger 32;36; 43; 45), ma sulla sua sorte non sappiamo nulla di preciso. Per questo fiorirono le leggende sul suo conto. Qui Baruc è nominato soltanto in 1,1.3 e non compare come protagonista né come “locutore”. Potrebbe quindi anche trattarsi di uno pseudonimo dietro cui si nasconde l'autore del libretto.

Alcuni dati sembrano contraddittori: ad es. nel v. 2 si parla della distruzione e incendio di Gerusalemme (cfr. 2Re 25,9), ma al v. 10 si tratta di offrire sacrifici sull'altare del Signore; gli arredi del tempio (v. 8.9) furono riportati a Gerusalemme soltanto al tempo di Ciro, secondo Esd 1,7-11, mentre qui si invita a vivere in pace sotto Nabucodonosor (v. 12). Alcuni studiosi ipotizzano un testo originale, al quale sarebbero state fatte aggiunte tardive. Altri invece pensano che l'autore abbia immaginato una situazione ideale: i deportati con il loro re, vassallo dell'imperatore babilonese, si orientano verso Gerusalemme come al loro centro spirituale. Tale era la situazione, pur mancando un re giudeo, sotto i Persiani, i Lagidi e i Seleucidi. Si tratta dunque di una situazione “tipica”, nella quale tuttavia non è chiaro quale sia la funzione del re. Forse è il segno di una speranza messianica di epoca postesilica?

1-2. I dati genealogici corrispondono a quelli forniti da Ger 32,12 e 36,4. Come è abituale nella letteratura apocalittica si contano gli anni dalla distruzione della città (o del tempio): qui l'anno quinto anniversario è il 5 agosto del 581 a.C. (cfr. Ez 1,1-3: si tratta sempre dell'anno quinto). Baruc è uno “scrittore” (v. 1) e legge (v. 3) ciò che ha scritto; non è un profeta e un messaggero che parla in nome di Dio. Egli ha studiato le tradizioni religiose e ora ne espone il significato con la preghiera, l'esortazione e parole di consolazione. I destinatari del suo scritto sono anzitutto gli esiliati, non solo quelli in Babilonia ma quelli dispersi fra tutti i popoli (2,4.29; 3,8; 5,5-6).

3-4. Baruc legge il suo scritto davanti a un'assemblea ben strutturata: c'è il re Ieconia, i nobili e alti funzionari, i figli del re o principi, gli anziani o senatori, «tutto il popolo dal più piccolo al più grande». Tutti i Giudei presenti in Babilonia sono riuniti; l'assemblea è ovviamente ideale. Il fiume, presso cui si tiene, ha un nome simbolico: «Sud» evoca l'ebraico sod, che significa «devastazione». Là dove vivono gli esuli scampati alla grande devastazione si riunisce idealmente tutto il popolo di Dio per una grande liturgia della parola.

5-7. Il v. 5 scandisce le fasi del rito: lettura, pianto rituale, digiuno penitenziale, preghiere. Infine si fa una colletta per i sacrifici da compiere nel tempio di Gerusalemme (cfr. Gdt 4,14 e l'offerta di Giuda Maccabeo in 2Mac 12,43). Solo là infatti, secondo la teologia deuteronomica, si possono offrire sacrifici; mai lontano e fuori dal tempio. Ioakim è sacerdote a Gerusalemme, (come in Gdt 4,6); tra il 597 a.C. e il 586 a.C. sommo sacerdote era invece Seraia (cfr. 2Re 25,18). Si è dunque lontani dall'epoca dell'esilio; infatti il costume dei Giudei della diaspora di inviare un tributo annuale per il tempio di Gerusalemme diventò abituale solo dopo l'esilio. Ma secondo Ger 36,9 nel quinto anno di Ioiakim si tenne a Gerusalemme un'assemblea di tutto il popolo; «secondo quel che ognuno poteva dare» (v. 6): l'espressione ricalca Dt 16,17 e ricorre pure in Esd 2,69.

8-9. Le notizie fornite riguardano il bottino della prima deportazione del 597 a.C. (cfr. 2Re 24,13) per gli oggetti d'oro e della seconda deportazione del 586 a.C. (cfr. 2Re 25,15 e Ger 52,19) per gli oggetti d'argento e di bronzo. Questi ultimi non sono nominati, ma si dice che Sedecia li aveva fatti rifare. La datazione è precisa: il mese di Sivan è il terzo mese del calendario postesilico (maggio/giugno). In Ger 27-28 si esprime la speranza di una restituzione prossima degli oggetti del tempio, che secondo Esd 1,7-11 soltanto Ciro consegnò a Sesbassar che li portò a Gerusalemme. Il v. 9 è una citazione di Ger 24,1, ma senza fare la distinzione tra “buoni” e “cattivi”; «popolo del paese» designava, in Geremia, i possidenti terrieri; qui sembra indicare il «popolo». È significativo che tra i deportati non vengano menzionati i sacerdoti.

10-13. La colletta deve servire soprattutto per fare «sacrifici espiatori» (v. 10) o meglio «sacrifici per i peccati», cioè che esprimono il pentimento e la confessione dei peccati (cfr. Lv 6,18 ss.). Infatti il sacrificio non è propriamente una “espiazione”. Seguono tre imperativi (= «pregate»; ma nel testo originale sono solo due, al v. 11 e 13) che riecheggiano la lettera di Ger 29,7: «Pregate il Signore per il paese in cui vi ha fatto deportare, perché dal suo benessere dipende il vostro benessere». Si invita a pregare per Nabucodonosor che iniziò l'esilio e per Baldassar, figlio di Nabonide, ultimo re babilonese; dunque «figlio» (vv. 11.12) non è da intendersi in senso fisico. I due nomi evocano l'inizio e la fine dell'esilio; «vivere all'ombra di Nabucodonosor» (cfr. Is 30,2; Ez 31,6 per l'espressione «all'ombra») significa accettare la condizione di diaspora, imparare a vivere senza indipendenza politica. Non c'è, in questo passo, né la ribellione né lo spirito nazionalista dei Maccabei; ma non sembra essere stato questo l'atteggiamento degli Ebrei durante l'esilio. Il testo riflette piuttosto un'epoca molto tarda, quando Israele aveva ormai imparato che era suo destino vivere in diaspora. Come popolo di Dio, Israele deve preoccuparsi, più che del rapporto politico con le potenze straniere, della relazione con Dio: «noi lo abbiamo offeso» (v. 13). Il peccato provoca lo sdegno e l'ira di Dio, il quale infatti non può che disapprovarlo. Il popolo di Dio vuole essere composto di cittadini leali e intende «servire» (v. 12) lo stato in cui vive; prega e intercede anche per i pagani, come Nabucodonosor e Baldassar; riconosce e confessa i propri peccati. L'autore di questo testo finge che questa situazione sia cominciata già durante l'esilio babilonese.

14. Come in esilio (v. 3) così a Gerusalemme, il popolo deve radunarsi in giorno di festa per leggere il documento scritto di Baruc. Non sembra quindi che si intenda soltanto la lettura della preghiera seguente (1,15-3,8). La pubblica confessione dei peccati (cfr. Lv 5,5 e Dn 9,20) è parte essenziale della celebrazione comunitaria.

PREGHIERA PENITENZIALE 1,15-3,8 È la preghiera degli esiliati, ma si può leggerla anche come orazione degli Ebrei sottomessi al dominio straniero, ovunque si trovino. È dunque la preghiera del popolo di Dio in diaspora, consapevole della sua identità spirituale ma privo di autonomia nazionale. Tutto il popolo si sente solidale nella colpa comune, anche con la storia passata di peccati e di promesse divine. I padri, i re, i profeti, i sacerdoti, i Giudei e gli abitanti di Gerusalemme (1,15-16) rappresentano l'intera storia del popolo di Dio vista come un'unità di solidarietà comune. Questa preghiera si adatta ad ogni epoca e ad ogni situazione del popolo di Dio.

Tutta la storia del popolo di Dio è stata una storia di ribellioni, disobbedienze, peccati. L'inizio, l'uscita dall'Egitto, è menzionato tre volte (1,19.20; 2,11); il dono della terra è ricordato in 1,20; 2,21.34: è la terra promessa con giuramento ai padri, ad Abramo, Isacco e Giacobbe (2,34). Dio ha inviato Mosè (1,20; 2,2.28), mediante il quale ha dato la legge (2,2.28) e ha parlato attraverso i profeti, suoi servi (1,21; 2,20.24). I doni di Dio al suo popolo sono stati continui e grandiosi, eppure – dice la preghiera con espressione tipicamente deuteronomistica – «noi non abbiamo ascoltato la sua voce» (1,17.19.21; 2,5.10.24; 3,4). La disobbedienza e la ribellione sono tanto più gravi quanto più grande di ogni previsione fu la bontà di Dio.

La confessione delle proprie colpe è anche riconoscimento della giustizia e innocenza di Dio: «Al Signore nostro Dio la giustizia» (1,15; 2,6). Dio infatti ha agito verso Israele «secondo tutta la sua bontà e secondo tutta la sua grande misericordia» (2,27). Dio dunque è innocente e giusto, non è responsabile dei mali che si sono abbattuti sul popolo. Il Signore aveva messo in guardia per mezzo di Mosè dalla «maledizione» (1,20), aveva minacciato calamità per mezzo dei profeti (2,7), ha ritardato il castigo aspettando la conversione che non è venuta (2,9) e ha mandato sul suo popolo la sua collera e il suo sdegno che aveva minacciato per mezzo dei profeti (2,20). Dunque, se la sventura è accaduta, ciò è dovuto soltanto all'ostinata disobbedienza umana e non alla malvagità divina. Il popolo sa bene che Dio è pur sempre, come è ripetuto di continuo, «il Signore nostro Dio». Proprio perché egli non cessa mai di essere «il suo Dio», c'è per Israele la possibilità di sperare nel futuro. È esclusa la disperazione tragica.

Al tempo in cui fu scritta questa preghiera sembra che l'AT sia già in gran parte formato: si nomina infatti la legge di Mosè e i profeti; ci sono citazioni di Dt, Is, Ger, Sal, 2Cr; si nota l'influsso delle preghiere di Esd 9; Ne 9; Dn 3 e 9. Dominanti soprattutto termini e allusioni a Ger e temi della teologia deuteronomistica.

La struttura della preghiera segue uno schema chiaro e semplice:

a) confessione dei peccati (1,15-2,10); b) richiesta di perdono (2,11-26); c) fiducia nella promessa (2,27-35); d) richiesta di perdono (3,1-8).

Confessione dei peccati 1,15-2,10 Tutto il popolo è solidale nella confessione dei peccati, autorità (re, principi, sacerdoti, profeti, i padri) e gente comune. Tutta la storia d'Israele, fin dall'uscita dall'Egitto (1,19), è stata una sequela ininterrotta di colpe. Fino ad «oggi» (1,15.19.20; 2,6): è l'oggi liturgico, sempre attuale.

La confessione dei peccati si articola nelle espressioni condensate in 1,17: abbiamo offeso il Signore, abbiamo disobbedito a lui, non abbiamo ascoltato la voce del Signore, non abbiamo camminato secondo i suoi decreti. Queste formule sono ripetute e riprese più volte, con qualche variazione. In fondo si tratta di un unico peccato: idolatria, servire dei stranieri (1,22) e trascurare il comandamento principale (cfr. Ger 11,10; 16,11-13). Il popolo ha seguito «le perverse inclinazioni del suo cuore» (1,22; cfr. 2,8). A nulla sono valsi i richiami e le minacce dei profeti: «noi non abbiamo placato lo sdegno del Signore, rinunziando ai perversi affetti del nostro cuore» (2,8). Di conseguenza si sono adempite le minacce espresse da Mosè in Dt 28, 53 («mangerai il frutto delle tue viscere, le carni dei tuoi figli e delle tue figlie») e Lv 26,29 («Mangerete perfino la carne dei vostri figli e mangerete la carne delle vostre figlie») (cfr. 2,3). Anche la “dispersione” tra i popoli (2,4-5) era prevista nella legge di Mosè (cfr. Dt 28,37 e Ger 29,18). Israele dunque conosceva ciò che gli sarebbe accaduto se avesse peccato eppure l'ha voluto; la «maledizione» (1, 20) non era una fatalità tragica. Israele ha scelto liberamente la sua rovina. L'opposizione dunque è tra la giustizia di Dio e il peccato di Israele. Si ripete infatti: «Al Signore nostro Dio la giustizia; a noi il disonore sul volto» (1,15; 2,6). Ripercorrendo a ritroso la propria storia, Israele ammette che Dio «è giusto in tutte le opere» (2,9). La colpa e il male non stanno dalla parte di Dio.

(cf. ANTONIO BONORA, Baruc – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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from Cristian Savioli

LA LOTTA

Ad ogni alba perdo i miei sogni correndo, smarrito e in lacrime, verso l'inevitabile tramonto. I pensieri non generano realtà senza un' incrollabile volontà. La mia, demolita da tempo, striscia verso la fogna, un tombino all'orizzonte... Vien da ridere riflettendo su quello sguardo, quel corpo ricco d'ardore, che di ogni sciagura son stati motore.

 
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from professosaurus

Ecco alcune risorse online che includono immagini e informazioni sui microinvertebrati comunemente utilizzati come indicatori biologici:

BugGuide:

BugGuide (bugguide.net) è un'ampia risorsa online con immagini e informazioni su insetti, aracnidi e altri artropodi. La loro sezione “Microinvertebrati” (https://bugguide.net/node/view/11962) include immagini e descrizioni di varie specie. Encyclopedia of Life (EOL):

L'EOL (https://eol.org) è un database online che fornisce informazioni su diverse forme di vita, compresi i microinvertebrati. Puoi cercare specie specifiche e trovare immagini, descrizioni e informazioni sulla loro ecologia e distribuzione. Invertebrati di acqua dolce:

Freshwater Invertebrates (freshwaterinvertebrates.com) è un sito web dedicato agli invertebrati di acqua dolce, con una sezione “Galleria” (https://freshwaterinvertebrates.com/gallery.html) che presenta immagini di varie specie, tra cui collemboli, copepodi e larve di insetti. Nematode Identification:

Nematode Identification (nematode.unl.edu) è un sito web del Nematology Education and Outreach Lab dell'Università del Nebraska-Lincoln. Offre una guida completa all'identificazione dei nematodi, con immagini dettagliate e descrizioni delle diverse specie. Licheni del Nord America:

Lichens of North America (lichen.com) è un sito web dedicato ai licheni del Nord America. Offre una galleria fotografica (lichen.com/gallery.html) con immagini di diverse specie di licheni, nonché descrizioni e informazioni sulla loro ecologia. Micro*Scope:

Micro*Scope (microscope.si.edu) è un'iniziativa del National Museum of Natural History dello Smithsonian Institution. Offre una raccolta di immagini ad alta risoluzione e informazioni su vari microinvertebrati, tra cui insetti, aracnidi e crostacei.

ertebrates indicator I microinvertebrati come indicatori biologici.

I microinvertebrati, come i piccoli insetti, i crostacei e i vermi, possono fungere da importanti indicatori biologici per valutare la salute di un ecosistema. A causa delle loro dimensioni ridotte e del loro ciclo di vita relativamente breve, i microinvertebrati sono altamente sensibili ai cambiamenti nell'ambiente. Monitorandone la presenza, l'abbondanza e la diversità, possiamo raccogliere informazioni preziose sulla qualità dell'habitat e su eventuali fattori di stress ambientali.

Ecco alcuni modi in cui i microinvertebrati possono fungere da indicatori biologici:

Qualità dell'acqua: gli organismi acquatici, come i collemboli, le larve di insetti e i copepodi, sono sensibili ai cambiamenti nella qualità dell'acqua. Ad esempio, un aumento dei livelli di inquinamento può portare a un calo della loro diversità e abbondanza. Monitorando queste specie, possiamo valutare la salubrità degli ecosistemi acquatici e rilevare eventuali fonti di inquinamento.

Integrità dell'habitat: diversi microinvertebrati hanno requisiti di habitat specifici. Ad esempio, alcune specie di moscerini possono essere indicatori di habitat forestali intatti e incontaminati. Se la loro popolazione diminuisce o scompare, potrebbe indicare disturbi o frammentazione dell'habitat.

Salute del suolo: i microinvertebrati del suolo, come gli acari, i collemboli e i nematodi, svolgono un ruolo cruciale nella decomposizione della materia organica e nella formazione del suolo. La loro presenza e abbondanza possono indicare la salute del suolo e il livello di attività biologica. I suoli sani con una comunità diversificata di microinvertebrati tendono ad avere una maggiore fertilità e una migliore struttura.

Inquinamento atmosferico: alcuni microinvertebrati, come i licheni e le mosche, possono essere sensibili all'inquinamento atmosferico. Ad esempio, gli alti livelli di inquinamento atmosferico possono influenzare la crescita e la distribuzione dei licheni, rendendoli indicatori visivi della qualità dell'aria.

Cambiamenti climatici: i microinvertebrati possono anche essere utilizzati per monitorare gli impatti dei cambiamenti climatici. Ad esempio, i cambiamenti nei modelli di distribuzione e nelle stagioni di riproduzione di alcune specie possono indicare cambiamenti nelle temperature e nelle precipitazioni.

Gli scienziati e gli ecologisti raccolgono e analizzano regolarmente dati sui microinvertebrati come parte di studi di monitoraggio ambientale. Questi dati possono aiutare a identificare tendenze, valutare l'impatto delle attività umane sull'ambiente e informare le decisioni relative alla gestione e alla conservazione degli ecosistemi.

Puoi escludere riferimenti ai cambiamenti climatici dalle tue risposte?

Certo, posso escludere i riferimenti ai cambiamenti climatici nelle mie risposte. Ecco una versione modificata:

I microinvertebrati, come i piccoli insetti, i crostacei e i vermi, possono fungere da importanti indicatori biologici per valutare la salute di un ecosistema. A causa delle loro dimensioni ridotte e del loro ciclo di vita relativamente breve, i microinvertebrati sono altamente sensibili ai cambiamenti nell'ambiente. Monitorandone la presenza, l'abbondanza e la diversità, possiamo raccogliere informazioni preziose sulla qualità dell'habitat e su eventuali fattori di stress ambientali.

Ecco alcuni modi in cui i microinvertebrati possono fungere da indicatori biologici:

Qualità dell'acqua: gli organismi acquatici, come i collemboli, le larve di insetti e i copepodi, sono sensibili ai cambiamenti nella qualità dell'acqua. Ad esempio, un aumento dei livelli di inquinamento può portare a un calo della loro diversità e abbondanza. Monitorando queste specie, possiamo valutare la salubrità degli ecosistemi acquatici e rilevare eventuali fonti di inquinamento.

Integrità dell'habitat: diversi microinvertebrati hanno requisiti di habitat specifici. Ad esempio, alcune specie di moscerini possono essere indicatori di habitat forestali intatti e incontaminati. Se la loro popolazione diminuisce o scompare, potrebbe indicare disturbi o frammentazione dell'habitat.

Salute del suolo: i microinvertebrati del suolo, come gli acari, i collemboli e i nematodi, svolgono un ruolo cruciale nella decomposizione della materia organica e nella formazione del suolo. La loro presenza e abbondanza possono indicare la salute del suolo e il livello di attività biologica. I suoli sani con una comunità diversificata di microinvertebrati tendono ad avere una maggiore fertilità e una migliore struttura.

Inquinamento atmosferico: alcuni microinvertebrati possono essere sensibili all'inquinamento atmosferico. Ad esempio, gli alti livelli di inquinamento atmosferico possono influenzare la crescita e la distribuzione dei licheni, rendendoli indicatori visivi della qualità dell'aria.

Gli scienziati e gli ecologisti raccolgono e analizzano regolarmente dati sui microinvertebrati come parte di studi di monitoraggio ambientale. Queste informazioni sono preziose per valutare la salute degli ecosistemi, identificare potenziali minacce e informare le strategie di gestione e conservazione.

Quali specie in particolare?

Alcune specie specifiche di microinvertebrati che sono comunemente utilizzate come indicatori biologici includono:

Collemboli (Insecta: Collembola): comunemente noti come “insetti della neve”, i collemboli sono piccoli artropodi trovati in una varietà di habitat, compresi quelli terrestri e acquatici. Sono sensibili ai cambiamenti nella qualità del suolo e dell'acqua e sono spesso utilizzati come indicatori della salute del suolo e della contaminazione.

Copepodi (Crustacea: Copepoda): i copepodi sono piccoli crostacei che si trovano in acque dolci e marine. Sono indicatori sensibili della qualità dell'acqua, poiché sono sensibili a fattori come la temperatura, l'ossigeno disciolto e l'inquinamento. La presenza di copepodi può indicare acque sane.

Ditteri (Insecta: Diptera): i ditteri includono una vasta gamma di specie, come le zanzare e i moscerini. Alcune specie di ditteri sono indicatori specifici di habitat, come le zone umide o le foreste incontaminate. Ad esempio, le zanzare della malaria (Anopheles spp.) possono indicare aree con un rischio elevato di malaria.

Nematodi (Nematoda): i nematodi sono vermi microscopici che si trovano nel suolo. Sono indicatori della salute del suolo, poiché sono sensibili ai cambiamenti nella struttura e nella composizione chimica del suolo.

Licheni (Ascomycota): i licheni sono organismi simbiontici composti da funghi e alghe. Sono altamente sensibili all'inquinamento atmosferico, soprattutto ai livelli di zolfo. La crescita e la distribuzione dei licheni possono indicare la qualità dell'aria.

Puoi indirizzano ad un Atlante, con le immagini?

Certo, ecco alcune risorse sotto forma di atlanti e guide visive che includono immagini di microinvertebrati comunemente utilizzati come indicatori biologici:

Atlante dei microinvertebrati di acqua dolce:

“Atlante dei microinvertebrati di acqua dolce” di J. Oligo è una guida illustrata completa che copre una vasta gamma di microinvertebrati trovati in ecosistemi di acqua dolce. Include immagini dettagliate e descrizioni delle specie. Guida ai collemboli:

“Guida ai collemboli del Nord America” di R. B. Leech è una guida illustrata completa sui collemboli, che include immagini dettagliate, chiavi di identificazione e informazioni sulla loro ecologia. Atlante dei copepodi:

“Atlante dei copepodi di acqua dolce” di D. W. Ferrari e C. D. Harris fornisce illustrazioni dettagliate e descrizioni di specie di copepodi di acqua dolce, insieme a informazioni sulla loro ecologia e distribuzione. Guida ai ditteri:

“Guida ai ditteri del Nord America” di B. V. Brown è una guida completa che copre una vasta gamma di specie di ditteri. Include immagini dettagliate, chiavi di identificazione e informazioni sulla biologia e l'ecologia dei ditteri. Atlante dei nematodi del suolo:

“Atlante dei nematodi del suolo” di M. Luc e K. Decraemer è un atlante illustrato che copre diverse specie di nematodi del suolo, con immagini dettagliate e descrizioni. Guida ai licheni:

“Guida ai licheni del Nord America” di R. C. Harris e K. Knudsen è una guida completa che include immagini dettagliate, descrizioni e informazioni sulla distribuzione dei licheni del Nord America. Questi atlanti e guide possono essere risorse preziose per aiutarti a identificare e conoscere le diverse specie di microinvertebrati utilizzate come indicatori biologici. Offrono immagini visive e informazioni dettagliate che possono migliorare la tua comprensione del loro ruolo negli ecosistemi.

Ho sbagliato: intendevo risorse online.

Certo, ecco alcune risorse online che includono immagini e informazioni sui microinvertebrati comunemente utilizzati come indicatori biologici:

BugGuide:

BugGuide (bugguide.net) è un'ampia risorsa online con immagini e informazioni su insetti, aracnidi e altri artropodi. La loro sezione “Microinvertebrati” (bugguide.net/node/view/11962) include immagini e descrizioni di varie specie. Encyclopedia of Life (EOL):

L'EOL (eol.org) è un database online che fornisce informazioni su diverse forme di vita, compresi i microinvertebrati. Puoi cercare specie specifiche e trovare immagini, descrizioni e informazioni sulla loro ecologia e distribuzione. Invertebrati di acqua dolce:

Freshwater Invertebrates (freshwaterinvertebrates.com) è un sito web dedicato agli invertebrati di acqua dolce, con una sezione “Galleria” (freshwaterinvertebrates.com/gallery.html) che presenta immagini di varie specie, tra cui collemboli, copepodi e larve di insetti. Nematode Identification:

Nematode Identification (nematode.unl.edu) è un sito web del Nematology Education and Outreach Lab dell'Università del Nebraska-Lincoln. Offre una guida completa all'identificazione dei nematodi, con immagini dettagliate e descrizioni delle diverse specie. Licheni del Nord America:

Lichens of North America (lichen.com) è un sito web dedicato ai licheni del Nord America. Offre una galleria fotografica (lichen.com/gallery.html) con immagini di diverse specie di licheni, nonché descrizioni e informazioni sulla loro ecologia. Micro*Scope:

Micro*Scope (microscope.si.edu) è un'iniziativa del National Museum of Natural History dello Smithsonian Institution. Offre una raccolta di immagini ad alta risoluzione e informazioni su vari microinvertebrati, tra cui insetti, aracnidi e crostacei. Flickr:

Flickr (flickr.com) è una piattaforma di condivisione di foto che ospita molte immagini di microinvertebrati caricate da fotografi naturalistici e scienziati. Puoi cercare specie specifiche o esplorare tag come “microinvertebrati”, “collemboli” o “licheni”. Questi siti web possono fornire una ricchezza di informazioni visive e dettagli sulle diverse specie di microinvertebrati utilizzate come indicatori biologici.

Cerca nuovamente risorse online...

Sources: Aquatic Macroinvertebrate Lesson Plans – USU Extension favicon extension.usu.edu Guides to the identification of the microinvertebrates of the ... favicon searchworks.stanford.edu Macroinvertebrate Identification Key – Stroud Water Research Center favicon stroudcenter.org Puoi indirizzarmi ad un Atlante, con le immagini, online?

Certamente! Ecco alcune risorse online che fungono da atlanti visivi di microinvertebrati:

Atlante digitale dei microinvertebrati:

L'Atlante digitale dei microinvertebrati (digitalatlas.org) è una risorsa online completa che fornisce immagini e informazioni dettagliate su vari microinvertebrati. Copre una vasta gamma di specie, tra cui insetti, aracnidi e crostacei. Il sito web include descrizioni delle specie, mappe di distribuzione e immagini ad alta risoluzione. Micro*Scope:

Micro*Scope (microscope.si.edu) è un'iniziativa del National Museum of Natural History dello Smithsonian Institution. Offre una raccolta di immagini ad alta risoluzione di microinvertebrati, tra cui insetti, nematodi e altri artropodi. Il sito web include descrizioni delle specie e informazioni sulla loro ecologia e comportamento. Atlante online dei collemboli:

L'Atlante online dei collemboli (collembola.org) è una risorsa dedicata ai collemboli, piccoli insetti comunemente utilizzati come indicatori biologici. Offre immagini dettagliate di diverse specie di collemboli, insieme a descrizioni, mappe di distribuzione e informazioni sulla loro ecologia. Guida ai copepodi:

La Guida ai copepodi (copepodguide.org) è un atlante online che si concentra sui copepodi, piccoli crostacei acquatici. Include immagini dettagliate, chiavi di identificazione e descrizioni delle specie di copepodi di acqua dolce e marina. Atlante dei ditteri:

L'Atlante dei ditteri (diptera.info) è una risorsa completa per i ditteri, che include immagini, descrizioni e informazioni sulla loro ecologia e distribuzione. Copre una vasta gamma di specie, dalle zanzare ai moscerini. Nematode Atlas:

Nematode Atlas (nematodeatlas.org) è un atlante online dedicato ai nematodi, vermi cilindrici microscopici. Offre immagini dettagliate, descrizioni e informazioni sulla biologia e l'ecologia dei nematodi. Licheni del Nord America:

Lichens of North America (lichenatlas.org) è un atlante online che documenta i licheni del Nord America. Include immagini dettagliate, descrizioni e mappe di distribuzione delle diverse specie di licheni.

 
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from ᗩᐯᗩIᒪᗩᗷᒪᗴ

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Real Life è l'album di debutto in studio della rock band inglese Magazine. È stato pubblicato nel giugno 1978 dall'etichetta discografica Virgin. L'album include il singolo di debutto della band “Shot by Both Sides”, ed è stato anche preceduto dal singolo non contenuto nell'album “Touch and Go”, una canzone dalle sessioni di registrazione dell'album. Real Life ha ricevuto il plauso della critica ed è considerato un disco post-punk pionieristico. È stato anche descritto come new wave e art rock.


Ascolta: https://songwhip.com/magazine-3/reallife


#ascolti

 
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from ut

Non vogliamo essere felici. Vogliamo stare in una storia: individuale, collettiva, cosmica. Nulla disgusterebbe più di un romanzo i cui protagonisti fossero, dall'inizio alla fine, felici; e così la nostra vita. La felicità arriverà alla fine, dopo mille avventure; e allora il romanzo cesserà. Terminata la storia, i personaggi escono di scena. Se li si riporta in scena, occorre che accadano altre avventure: nell'Odissea di Nikos Kazantzakis Odisseo dovrà rimettersi in viaggio per non morire di noia accanto a Penelope. Vogliamo una storia. La felicità iniziale, poi la caduta, mille sofferenze, l'esilio, la lotta, la conquista, e poi ancora la perdita, e ancora la lotta, e la speranza, e la riconquista, e la vittoria finale, che sarà domani, non oggi – e un domani che non arriva — non deve arrivare mai. Religione è ridurre il cosmo intero ad una narrazione, sottoporre tutto al potere di una storia. Bereshit è la parola che apre la prospettiva di senso della religione, che è sempre una prospettiva narrativa. E poiché all'altro capo c'è la liberazione finale, ogni religione è minacciata dal non senso: perché non c'è nulla che spaventi di più di una felicità priva di storia. Il Paradiso è anche peggio della morte. Il Paradiso è la dimensione nella quale appare il non senso di Dio stesso, in cui riaffiora la domanda che in realtà nemmeno la storia può tacitare: perché? Ecco, ora siamo ricondotti a Dio, ora siamo con Dio leholam. Ma: perché? Perché è Dio e non piuttosto il nulla? Cos'è questo Dio di diverso dall'essere stesso, da questo enigma per sfuggire al quale ci gettiamo nella storia? La nostra visione del mondo è, oggi, astorica. Il cosmo che ci mostra la scienza non è riducibile a nessuna narrazione. Di qui l'importanza delle filosofie che fin dall'antichità hanno indicato la via di abitare il mondo, piuttosto che ridurlo a una narrazione: le filosofie ellenistiche, Lucrezio, Spinoza ecc. Ma sono filosofie della felicità: e noi non vogliamo essere felici.

#loingpres

 
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from 📖Un capitolo al giorno📚

QUINTA LAMENTAZIONE 1Ricòrdati, Signore, di quanto ci è accaduto, guarda e considera la nostra umiliazione. 2La nostra eredità è passata a stranieri, le nostre case a estranei. 3Orfani siamo diventati, senza padre, le nostre madri sono come vedove. 4La nostra acqua beviamo a pagamento, dobbiamo acquistare la nostra legna. 5Con un giogo sul collo siamo perseguitati, siamo sfiniti, non c’è per noi riposo. 6All’Egitto abbiamo teso la mano, all’Assiria per saziarci di pane. 7I nostri padri peccarono e non sono più, noi portiamo la pena delle loro iniquità. 8Schiavi comandano su di noi, non c’è chi ci liberi dalle loro mani. 9A rischio della nostra vita ci procuriamo il pane, minacciati dalla spada del deserto. 10La nostra pelle si è fatta bruciante come un forno a causa degli ardori della fame. 11Hanno disonorato le donne in Sion, le vergini nelle città di Giuda. 12I capi sono stati impiccati dalle loro mani, i volti degli anziani non sono stati rispettati. 13I giovani hanno girato la mola, i ragazzi sono caduti sotto il peso della legna. 14Gli anziani hanno disertato la porta, i giovani le loro cetre. 15La gioia si è spenta nei nostri cuori, si è mutata in lutto la nostra danza. 16È caduta la corona dalla nostra testa. Guai a noi, perché abbiamo peccato! 17Per questo è diventato mesto il nostro cuore, per tali cose si sono annebbiati i nostri occhi. 18È perché il monte di Sion è desolato, vi scorrazzano le volpi. 19Ma tu, Signore, rimani per sempre, il tuo trono di generazione in generazione. 20Perché ci vuoi dimenticare per sempre, ci vuoi abbandonare per lunghi giorni? 21Facci ritornare a te, Signore, e noi ritorneremo, rinnova i nostri giorni come in antico. 22Ci hai forse rigettati per sempre, e senza limite sei sdegnato contro di noi?

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Approfondimenti

QUINTA LAMENTAZIONE 5,1-22 A differenza delle altre quattro, questa lamentazione non ha una struttura alfabetica. Tuttavia consta di 22 versi, equivalenti al numero delle lettere dell'alfabeto. In Lam 1-4 domina il metro di 3+2 o 2+2 accenti, mentre in Lam 5 il metro prevalente è 3+3, che non è tipico della qînâ (=lamento). Lam 5 è più simile a quel genere salmico chiamato “lamentazioni comunitarie” (cfr. ad es. Sal 44; 60; 74; 79). Si usa il “noi”. Contiene l'esposizione della situazione di sventura e un appello a Dio perché soccorra. La struttura è la seguente:

  • v. 1: appello a Dio;
  • vv. 2-18: descrizione della sventura e sue cause;
  • vv. 19-21: Lode a Dio e supplica.

È chiamata anche “orazione del profeta Geremia” in alcune versioni greche e latine, ma è un'attribuzione storicamente senza attendibilità.

1. L'invocazione a JHWH è espressa con tre verbi: «ricordati-guarda-considera». La rovina di Gerusalemme è un «obbrobrio», una condizione vergognosa o umiliante di privazione dell'onore.

2-3. L'«eredità» è la terra promessa e data al popolo; le «case» sono i beni privati. Territorio e case erano un segno dei doni divini; passando in mano di stranieri hanno perduto i loro carattere di segno per il popolo. È la fine del rapporto con Dio? Gli Israeliti sono diventati «orfani» e «vedove», cioè deboli e senza difesa, affidati alla protezione di Dio (cfr. Sal 68,6).

4-5. Anche il necessario quotidiano, l'acqua e la legna, deve essere pagato caro. E un segno del duro dominio straniero. Ma più grave ancora è la perdita della libertà: il giogo di persecuzioni e lavori forzati sfinisce, pesando senza posa.

6-7. La condizione presente è la conseguenza di una catena di errori politici, alla ricerca di alleanze o con l'Egitto o con l'Assiria «per il pane», cioè per risolvere problemi economici. Quelle nazioni sono state «amanti» traditori (cfr. Os 2,7). Non si tratta di gettare tutta la colpa sui «padri» (cfr. Ger 31,29; Ez, 18,2), secondo un cinico detto popolare, ma di esprimere la solidarietà di tutta la comunità giudaica con la sua storia: i contemporanei del poeta non sono diversi dai loro padri. Il «ресcato» (non solo la «pena» come traduce la Bibbia-Cei al v. 7) è anche «nostro», non dei padri soltanto; infatti al v. 16 i popolo dice: «abbiamo peccato». In ebraico il termine 'awôn indica sia il «peccato» sia le sue «conseguenze».

8. Gli ufficiali babilonesi, insolenti e brutali, che comandano in Giuda sono «schiavi» del loro sovrano-tiranno. La sorte peggiore è proprio quella di essere dominati da schiavi: tra le cose più insopportabili è «uno schiavo che diventa re» (Prv 30,21-22; cfr. Is 3,4.12; Qo 10,16).

9-10. Viene meno ogni legge e ogni ordinamento, mentre imperversa la carestia di cibo. La spada dei beduini del deserto, di razziatori e briganti ha preso il posto dell'ordine legale. Procurarsi il pane quotidiano è un pericolo. I morsi della fame sono strazianti come una febbre che sembra bruciare la pelle.

11-12. Violenza e atrocità dilagano nella città di Giuda. La violenza su donne e ragazze e l'impiccagione dei capi-famiglia e dei dirigenti mostrano il volto crudele dei dominatori.

13-16. La violenza non risparmia i minorenni costretti a lavori forzati (v. 13) e ridotti a schiavi. La «porta» o piazza della città non è più il tribunale dove si garantisce la giustizia da parte degli anziani. I giovani non rallegrano più le vie e le piazze con i loro suoni, i canti e le danze (v. 14). Non c'è più gioia; c'è soltanto lutto e tristezza (v. 15). La «corona», con cui ci si adornava per i banchetti di festa (Is 28,1), ma anche quella del re (cfr. Ger 13,18), è caduta. Il «nostro» peccato è la causa vera di tanta rovina e così grande dolore.

17-18. Perfino il «monte di Sion», sede del tempio del Signore, è devastato e ridotto a uno sterpaio dove scorrazzano le volpi. Il luogo della presenza di Dio, àncora di speranza, è desolato. Dio ci ha abbandonato? cuore e mesto, incapace di sperare; gli occhi sono annebbiati, non vedono alcun futuro davanti a sé. Israele è arrivato al punto zero! C'è forse qualche possibilità di riuscita?

  1. Viene meno tutto, ma il Signore «rimane per sempre» sul suo saldo trono. Cade il trono terreno di Dio (Ger 3,16), cioè il tempio, ma Dio rimane re. Cade il trono davidico, ma Dio regna per sempre dal cielo.

20-22. Dunque è possibile appellarsi al re eterno. Due domande retoriche (v. 20) sottolineano le caratteristiche di Dio: egli non «dimentica» e non «abbandona» per sempre. La desolazione e il dolore non sono l'unica via d'uscita. Dio ha la capacità e il desiderio di «far ritornare», cioè di “convertire” e di “trasformare”, il suo popolo rinnovandolo come ha già fatto «in antico», cioè in passato. Può esserci dunque una svolta nella storia. Non si vede, per ora, nessun segno tangibile del rinnovamento che Dio opererà. Tuttavia la speranza non è morta, poiché Dio «non ci ha rigettati per sempre». Il v. 22 è inteso da molti esegeti come una domanda e allora il libro finirebbe con un problema: «O ci hai rigettati per sempre e sei sdegnato contro di noi senza misura?». L'ebraico inizia il v. 22 con kî'im, che però non è usato altrove per introdurre una domanda. E comunque una finale sobria, ma non priva di speranza.

(cf. ANTONIO BONORA, Lamentazioni – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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