Dio è con noi
Credo che non ci sia nulla di più noioso di qualcuno che ci racconta i suoi sogni notturni.
Sogno di una notte di inizio estate
Mi pare fosse agli inizi di giugno quando ho fatto il seguente sogno. Passavo per una stradina del mio quartiere che era stata pesantemente modificata dagli anni e dall'urbanistica. Un tempo era una strada senza uscita con molte erbe e sterpaglie ai lati della carreggiata che finiva dritta verso una zona piuttosto selvaggia, con vari edifici dismessi che ospitavano soltanto topi e altre bestiacce. Nel sogno invece quella stradina era completamente di campagna, ricoperta di erba e breccia, e conduceva verso un casolare dove si teneva una festa. Era uno di quei sogni che smuovono ricordi d'infanzia, vicende oniriche che si intrecciano anche non volendo alle vicende reali.
La casa in fondo alla stradina
Dopo quel sogno, quest'estate mi sono ritrovato molte volte a passare per quella stradina. Ho visto fin troppo bene com'era cambiata a seguito del percorso irresistibile del progresso: sì, era decisamente migliore e più comoda e non finiva più in un vicolo cieco ma proseguiva verso altre strade a loro volta più larghe e comode. Gli edifici dismessi erano stati recuperati e riqualificati, come si dice in gergo. E quella casa in fondo alla stradina? Ci ho riflettuto giungendo alla conclusione che si trattasse di quella del mio amico T. Il sogno voleva senz'altro dirmi qualcosa su T. o sulla sua famiglia. Per questo, di tanto in tanto, gettavo lo sguardo verso la sua abitazione. O meglio: la sua ex abitazione. T. infatti si era sposato vari anni fa ed era andato ad abitare più a nord. C'ero passato spesso per casa sua, ricordo che alle medie, durante le estati, trascorrevo praticamente tutto il pomeriggio girando con la bicicletta in lungo e in largo per il quartiere e spesso andavo da lui con altri due-tre amici per organizzare una partita a pallone o a tacchetto (o calcio all'olandese) cioè quel gioco con un unico portiere cui si doveva cercare di fare gol al volo sollevando il pallone e di piede valeva uno, di testa due, di tacco o di culo dieci e se ti paravano andavi tu a porta e si restava in gioco finché non finivano i punti, last man standing. Dicevo allora che T. se n'era andato e aveva litigato con il padre che aveva costruito o comprato (sicuramente sistemato) quell'enorme casa con l'orto e l'appartamento bello e pronto per lui quando si sposava ma lui quando si è sposato è andato al nord, ma non il nord profondo bensì quello a una trentina di chilometri da casa e non per esigenze di lavoro ma proprio perché anche i genitori di sua moglie avevano avuto la stessa idea di mettere da parte un appartamento. E così il padre di T. stava spesso a coltivare l'orto col suo fare burbero e deluso dalla vita e dalla prole e a volte lo salutavo, un cenno del capo e via, passando. Poi una mattina, lo vedo a coltivare l'orto e decido di parlargli.
Ritrovare la fede
Sì, gli voglio parlare. Due battute interlocutorie e poi dritti al punto. “Sai” dico “è un po' che non ti vedo a messa.” Lui abbassa lo sguardo. “E' passato un po' di tempo, é vero...” “Come mai?” gli chiedo “Hai forse perso la fede?” “Hai ragione, ho un po' perso la fede. E anche la speranza.” Inutile stare a spiegarci il perché, lo sappiamo entrambi e sappiamo anche che a volte le parole non servono a nulla, tantomeno le spiegazioni o le analisi psicologiche. Sono tentato per una attimo di lasciar cadere la questione ma dentro di me sento che non sarebbe giusto e che non posso farlo, né come cattolico e credente, né come uomo e membro di una comunità di persone che si riconoscono nei comuni valori per i quali Gesù è morto sulla croce, affinché potessimo conoscere e raggiungere la salvezza che Dio nostro Padre ci ha riservato come suoi figli e grazie a cui ci sentiamo tutti fratelli in Cristo. “Non voglio accusarti di nulla, né fare prediche” dico pesando bene le parole “perché non ne ho il diritto. Ma andare a messa è importante e se non frequentiamo le funzioni non facciamo certo un dispetto a Dio ma a noi stessi.” Il padre di T. rimane in silenzio mentre riflette sulle mie considerazioni. Abbassa ancora di più lo sguardo e vedo che vorrebbe piangere, sentendosi in colpa per il suo egoismo di uomo troppo preso dalle egoistiche questioni materiali che ci allontanano spesso dalla vera Fede. Vedendo la sua sincera contrizione, gli appoggio una mano sulla schiena, come a dirgli: 'Ti capisco, coraggio'. “Dai, vatti a cambiare” gli dico poi con sguardo e tono raddoliciti “Tra mezz'ora c'è la messa e oggi il vangelo è dedicato al tema del perdono...” Lui mi guarda e mi abbraccia. Un po' imbarazzato rifletto sul fatto che ho rischiato sì di apparire un moralista ma alla fine, forse anche grazie ad un aiuto superiore che ha ispirato la mia decisione e il mio parlare, questo intervento ha contribuito a salvare un'anima che si era smarrita.
Mezz'ora dopo avrei visto il padre di T. fra i banchi della chiesa e, sopra la mascherina, avrei riconosciuto i suoi occhi grati d'aver ritrovato il contatto e il dialogo con Dio e la comunità parrocchiale.
PURTROPPO
Purtroppo questo dialogo è tutto inventato. Ma sarebbe stato bello se fosse avvenuto, non trovate? Comunque oggi a messa ci sono stato e il tema era il perdono.
Gippo for Comitato Yamashita