Mondo Oscuro / World Obscure

Prologo

Avete idea di come sia scendere con un paracadute rotto, in piena notte, nei cieli di Scozia? Ecco, trovo difficile descriverlo, dato che in questo momento sto lottando per non precipitare in mare e non spiaccicarmi a terra.

È piena notte, l'aereo è esploso non so nemmeno il perché e l'unico colpo di fortuna è che avevo già indossato il paracadute, quando sono stato sbalzato all'esterno. I rottami roventi del velivolo hanno fatto il resto del danno.

Mi scappa di urlare, mentre mi affanno a raccogliere tra le dita ricoperte dai guanti tattici i cavi svolazzanti del paracadute, con un iniziale insuccesso. Questa caduta libera incontrollata mi dà il tempo di vedere un insperato punto di riferimento nel buio che mi circonda.

Spero tanto che non sia il Buio. Quello con la B maiuscola. Significherebbe che sono più fottuto di quanto già non lo sia.

Il punto di riferimento, dicevo: una fiamma. Un fuoco. Un rogo? Perché mi è venuto in mente questo termine.

Afferro appena in tempo l'ultimo dei cavi direzionali del paracadute, giusto il tempo di tirarli disperatamente e dare una parvenza di direzione a una discesa troppo, troppo veloce.

Grido, un misto di paura e rabbia disperata.

26 schifose missioni e ci lascio le penne alla 27esima per un maledetto incidente.

Ok entrare nel Club 27 fa gran figo, ma nessuno lo verrebbe a sapere.

Abbasso le braccia violentemente, tirando con quanta forza riesco a dare, irrigidendo gli addominali e sollevando le gambe dritte davanti a me, i piedi a martello.

Lo strappo mi toglie il fiato, ma riduce di molto l'impatto con il terreno.

Percepisco una folata di vento rovente, probabilmente sono passato appena sopra o attraverso quel fuoco che ho visto dall'alto. Ho gli occhi serrati dietro gli occhiali protettivi.

Rotolo, cercando inutilmente di controllare una caduta che già a vedermi vivo ora è un miracolo.

Rotolo fino a farmi fermare da una pietra grossa il doppio di me.

Buio.

§§§

Mi risveglia una sferzata gelida che mi percorre tutto il corpo come un'esplosione.

Alzo la testa che mi pare di svariate misure più ampia del cranio che la contiene e grido. Almeno ci provo: sono imbavagliato così bene che a stento riesco a muovere la mandibola.

Sono anche bendato, posso muovere la testa a destra e a sinistra, cosa che mi fa esplodere un dolore inenarrabile alla cervicale.

Freddo, cazzo! Un freddo dannato!

Sono nudo!

Inizio a tremare scompostamente, ma meno di quanto creda.

Non sono semplicemente legato: sono impastoiato.

Chi mi ha ridotto così non si è preso la briga di legarmi a una sedia, ma ha fatto in modo di impedirmi qualsiasi tentativo di liberarmi. Mi ha addirittura legato ogni singolo dito delle mani separatamente allo schienale della sedia.

Ogni articolazione è serrata allo stesso modo. Deglutisco, quando riconosco il materiale di ciò che mi lega: la plastica antitaglio delle stringhe che utilizzo come manette d'emergenza.

Stai fermo. Sei nudo e impotente. Sei venuto a casa mia e ora mi dirai perché. Se opporrai resistenza, morirai al gelo e nessuno si ricorderà di te.

Giuro che ho sentito questa voce nella mente. Una voce senza tono, senza timbro, asettica e priva di qualsiasi emozione. Mi irrigidisco, cercando di contrastare il tremito del freddo e annuisco con forza, anche se un nugolo di aghi di dolore ghiacciati mi esplodono nella fronte.

Qualcuno o qualcosa afferra la sedia dove sono avvinto e la piega indietro. Sento il legno strisciare su altro legno e nel giro di pochi istanti il vento si fa meno forte, sino a svanire. Con lui, viene meno anche il freddo.

Ci metto quasi un minuto a percepire il calore di un ambiente chiuso.

Non sento passi, dietro o attorno a me, ma di sicuro qualcuno c'è. Ma è silenzioso, ai limiti dell'impossibile: non sento neppure il suo respiro.

Le probabilità che un appassionato di paracadutismo faccia un lancio la notte di All Hallows' Eve nei cieli di Scozia dopo l'arrivo del Buio sono molto prossime allo zero. Quindi sei qui per precisa volontà e dato che io e la mia dimora siamo le uniche cose di un qualche interesse nel raggio di molte leghe, stai cercando me.

Deglutisco di nuovo, la voce nella mente è qualcosa ai limiti del disgustoso. Il fatto che possa arrivarmi senza alcun filtro è insopportabile. Mugugno qualcosa, più per cercare di convincere il mio ospite a togliermi il bavaglio che per dire qualcosa di concreto.

Al tempo, al tempo. Quando vorrò risposte da parte tua, te lo toglierò.

Cazzo, mi legge nella mente. L'affare si fa serio, forse anche oltre le aspettative.

Il tuo bagaglio è molto interessante. Un set completo da interrogatorio, con tanto di droghe e stimolanti. Più un necessaire da tortura minimale ma di tutto rispetto. Non so come prendere questa cosa. Dovrei essere preoccupato o risentirmi per essere così sottovalutato? Davvero pensavi di potermi cogliere così di sorpresa al punto da arrivare ad utilizzare tutto questo armamentario su di me?

Scuoto la testa, con forza e fregandomene del dolore. Mugugno nuovamente, ma non troppo forte, non voglio pensi che lo sto implorando. Voglio mi tolga il maledetto bavaglio per spiegare chi sono e perché sono qui.

Lo strappo quasi mi porta via le labbra e mi spezza il collo.

Ma mi faccio trovare pronto.

« Sono Calvin Ross! Devo parlare con Wilson Solo!»

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Sommario
Pilot - Prologo
Il Colonnello e l'Agente
Missione Compiuta
Rendez vous
In volo
La Via de la Santa Muerte
Il Passaggio
La Foresta Nera
Mater Obscura
Nella Nebbia
Season Finale - Bouvetøya

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Mondo Oscuro / World Obscure by Wilson Solo aka Lo Zio is licensed under CC BY-NC-ND 4.0

Il Colonnello e l'Agente

Un silenziosissimo led rosso si accese sul display del colonnello. Dapprima non la notò, essendo in piedi a qualche passo dalla scrivania, proprio dinanzi al muro digitale. Le mani sui fianchi, la tuta potenziata a inguainare un fisico scolpito da anni di duro allenamento mai venuto meno.

Dopo cinque lampeggi, un ovattato segnale sonoro si attivò per attirare la sua attenzione.

« Che c'è?»

L'interfono rispose con voce femminile.

« Signore, l'Agente è qui per il rapporto.»

« Lo faccia entrare. E non ci sono per nessuno.»

« Sissignore.»

Lo scatto della serratura magnetica diede seguito all'aprirsi della pesante porta blindata e all'entrata del volto sorridente di Calvin Ross.

« Colonnello...»

« Agente...»

Hilda Heidemann, Responsabile della Sicurezza della città-fortezza di Providence e Colonnello delle Forze Armate del Protettorato, alzò la mano facendogli cenno di avvicinarsi.

Lui colmò la distanza in pochi passi e le si mise a fianco, volgendo il fronte verso il muro digitale, assumendo la medesima posizione tenuta dalla militare.

Il display luminoso riportava una cartografia mondiale piena zeppa di dati che cambiavano in tempo reale. La cosa che attirava di più l'attenzione erano delle zone circolari completamente nere, dei cerchi oscuri che nascondevano il territorio sottostante.

« Il Buio ha guadagnato terreno?»

« No, Agente. Almeno non secondo gli ultimi aggiornamenti. Le variazioni si attestano nello zero virgola in più o in meno ogni giorno. Diciamo che dai rapporti congiunti dagli altri protettorati, siamo in una sorta di momentaneo equilibrio.»

« Novità dalla zona di Bouvetøya?»

Il colonnello non rispose, preferendo dirigersi alla scrivania e lasciando Calvin al muro digitale. Non sembrò adontarsi per la mancata risposta. Con un gesto molto semplice, appoggiò le mani sulla mappa del mondo in corrispondenza dell'Antartide e le allargò, ottenendo lo zoom su una particolare zona. Alcuni pannelli ausiliari apparvero subito dando una pletora di informazioni quali la situazione meteo, la temperatura, i venti, visibilità, pressione barometrica e un'altra decina di valori.

« Non troverai lì le risposte che cerchi, Agente. Ora, per favore, puoi fare meno il bambino e venire a fare il tuo rapporto? So che ti sei gustato una settimana di ospedale per un focolaio di polmonite. Era proprio necessario rischiare così tanto?»

Calvin prese posto in una delle due poltrone dinanzi al Colonnello e scosse la testa.

« Ne avrei fatto volentieri a meno, signore. Ma una serie di spiacevoli eventi mi ha messo nella condizioni di beccarmi un malanno.»

« Morire alla ventiseiesima missione per colpa di una polmoni sarebbe stata una ben magra fine, no?»

« Ventisette.»

« Prego?»

« Ventisette, signore. Questa è stata la mia ventisettesima missione riuscita.»

« Alla quale siete sopravvissuto, vorrete dire. Sul successo, è tutto da vedere. Avete trovato il Professore?»

« Si, signore.»

« Gli avete dato il messaggio?»

« Sì, signore.»

Hilda intrecciò le dita sul ventre e chinò il capo leggermente a destra, guardandolo attentamente.

« Agente, se avete intenzione di rispondere così a ogni domanda, faremo sicuramente tardi e io ho altri impegni.»

« Forse non importanti come sapere se la missione è andata o meno a buon fine, no?»

« Se non fosse per le ventisei missioni che avete portato a termine, la vostra arroganza non verrebbe tollerata.»

Calvin alzò le mani in segno di pace.

« Mi scusi, signore. Ma la missione è stata difficile, pericolosa e ho rischiato sul serio di lasciarci le penne, stavolta. E non per la polmonite.»

Hilda socchiuse gli occhi.

« Vada avanti.»

« Poco prima del lancio, l'aereo è esploso in aria e i rottami mi hanno danneggiato il paracadute. Sono arrivato a terra per miracolo, evitando un bagno letale nel mare gelido. Peccato che la caduta, per quanto frenata, mi abbia fatto svenire. Al risveglio mi sono ritrovato letteralmente impastoiato a una sedia, nudo e in balia del mio carceriere.»

Il sopracciglio destro del colonnello si incurvò deciso.

« Siete ancora vivo, però.»

« Ad essere sincero, mi chiedo ancora perché. Diciamo che la mia presentazione non è stata delle migliori. Essendo svenuto, ha potuto scovare tutto il necessaire che avevo con me nel caso si fosse resa necessaria una certa... Decisione nella comunicazione.»

« Le si è ritorto contro, mi pare di capire.»

Calvin allargò le mani.

« Solo inizialmente, colonnello. Appena sono riuscito a farmi togliere il bavaglio, le cose sono leggermente migliorate. Prima che mi liberasse e mi permettesse di rivestirmi è passata quasi un'ora. Dato che su certe domande mi mostravo piuttosto riservato, ha ritenuto opportuno farmi fare qualche giro all'esterno.»

« All'esterno. Nudo. Legato a una sedia.»

« Impastoiato, colonnello. Fossi stato legato, mi sarei liberato in qualche modo. Ma ci sa fare e mi ha immobilizzato senza scampo.»

« Da qui la polmonite?»

Calvin annuì.

« Ma il messaggio l'ho dato, come da missione, signore.»

« Sembra non abbia sortito effetto, comunque.»

Gli occhi di Hilda si volsero alla mappa, dove un pallino rosso lampeggiava sulle coste scozzesi.

« A quanto vedo, il Professore è ancora là.»

« Signore, gli dia tempo. È in esilio volontario da talmente tanto tempo che la sola idea di uscire dai suoi confini, non solo fisici ma mentali, è qualcosa di estremamente profondo.»

« Tempo non ne abbiamo, Calvin.»

Al sentirsi chiamare con il suo Vero Nome, l'uomo fissò il colonnello.

« Hilda, cosa ha fatto?»

Lei inspirò a fondo, andando a sostenere il suo sguardo.

« Ho inviato il Team 4 a prelevarlo.»

La mascella di Calvin si indurì, le mani strinsero convulsamente i braccioli.

« Quando sono partiti?»

« Saranno di ritorno domani con il Professore.»

« È stato un madornale errore.»

Seguì un pesante silenzio, mentre i due si fronteggiavano.

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Missione Compiuta

La porta blindata si aprì dopo un breve ronzio e Calvin entrò nell'ufficio del colonnello.

« Mi ha chiamato, signore?»

Gli occhi di Hilda si staccarono dal terminale sulla sua scrivania e gli fece cenno con una mano di avvicinarsi e prendere posto.

« La squadra è tornata. Il Tenente sta arrivando senza nemmeno passare per il debriefing. Deve essere successo qualcosa di importante.»

Calvin annuì e si fece vicino alla scrivania. Hilda lo guardò sorniona.

« Dopotutto i tuoi cattivi presagi non si sono avverati.»

« Da uomo sul campo, non posso che esser contento che i ragazzi siano tornati.»

La porta blindata emise nuovamente il ronzio e si aprì.

Fece il suo ingresso il Tenente, ancora completamente ricoperto della sua power suit che gli conferiva un'aria molto minacciosa. Aveva ancora l'elmetto ben calcato in testa. L'armatura potenziata riportava segni inequivocabili di una violenta colluttazione ed era striata di fango e altre macchie più opache e cupe. Si diresse con passo marziale verso la scrivania.

Il colonnello si alzò per accoglierlo.

« Bentornato Tenente. Poteva tranquillamente passare a togliere la tuta. Non vedo tutta questa urgenza.»

Il soldato, giunto nei pressi dei due ospiti, con una mossa improvvisa sollevò la gamba destra, raccogliendola al corpo. I servo-muscoli potenziati fecero il resto: un violento calcio laterale mandò Calvin a sbattere violentemente contro la parete laterale, per poi ruzzolare a terra senza fiato per il colpo subito al petto.

Hilda spalancò gli occhi osservando l'agente a terra e appena ebbe riportato lo sguardo sul tenente, si trovò faccia a faccia con la canna di una calibro 9 da combattimento.

Si umettò le labbra, alzando istintivamente le mani in segno di resa.

Il combattente, mentre Calvin si lamentava a terra girandosi su un fianco, con la mano libera fece scattare il colletto meccanico. Poi la appoggiò al lato della testa e si tolse il casco.

Due occhi di un azzurro impossibile erano fissi sul colonnello Heidemann. L'espressione del volto era glaciale, impenetrabile e, soprattutto, non lasciava dubbi sulle conseguenze di una qualsiasi azione inconsulta.

Calvin si trascinò alla parete, tenendosi il braccio destro attorno all'addome. Si appoggiò con la schiena e guardò l'uomo che teneva sotto punteria il colonnello. Ansimando, disse:

« Era... Proprio... Necessario?»

Senza perdere la presa sull'elmetto, l'uomo punto l'indice verso di lui. Un chiaro segno di restare dov'era. Calvin alzò la mano libera verso di lui.

« Ho capito... Ho capito... Me ne sto qui.»

Hilda stava perdendo la pazienza.

« Cosa significa tutto questo?!?»

Lei è il colonnello Hilda Heidemann. Lei ha mandato l'agente Ross prima e la squadra poi a casa mia.

La voce risuonò nella mente della donna con un tono gelido, al punto da provocarle un brivido lungo la schiena. Calvin osservava la scena.

« Ti sta parlando nella mente, vero? Io non lo sento.»

Lei annuì, ma tenne lo sguardo su quell'arma puntata.

« Sì, sono io.»

Non avevo bisogno di conferme, colonnello. Stavo solo facendo un'osservazione.

« Dove sono i miei uomini?»

I suoi uomini stanno impazzendo nel Mondo del Crepuscolo. Dovrebbe sentirsi responsabile per loro. Immagino avessero una famiglia alla quale tornare. Tuttavia, non lo faranno più.

« Il... Mondo del Crepuscolo?»

Seduta.

Il tono del pensiero nella sua mente non era nemmeno così imperativo, ma si ritrovò nella poltroncina, incapace di muovere un muscolo, le braccia caddero sui braccioli imbottiti.

« Professore, possiamo parlare come fanno tutti?»

Nessuna risposta.

Wilson Solo rimise la pistola nella fondina e guardò Calvin.

« Hai intenzione di fare qualche sciocchezza, agente?»

La sua voce era neutra e aveva un timbro basso.

« No, so di cosa sei capace. Me ne sto qui buonino e ti lascio fare, ok?»

Gli occhi azzurri lo scrutarono per qualche istante, poi si spostarono sulla parete digitale, alla quale si avvicinò. La osservò a lungo, studiando numeri e statistiche.

« Professore, non è necessario tutto questo.»

Non era necessario venire a casa mia. Non era necessario mandare un Agente. Non era necessario inviare una squadra di estrazione. Ma lo ha fatto, colonnello. Un madornale errore.

Il colonnello lanciò uno sguardo a Calvin. Aveva usato la stessa espressione durante il loro colloquio. La voce di Solo irruppe nuovamente nella sua mente.

Sa colonello, dovrebbe avere più rispetto per la vita umana. Stiamo diminuendo a vista d'occhio, per colpa del Buio e di tutto ciò che questo ha portato con sè. Perdere uomini così facilmente non dovrebbe essere la norma.

Prima che la donna potesse rispondere Wilson si voltò verso Calvin.

« Agente, in quale zona si trova il laboratorio del quale mi hai raccontato?»

« Bouvetøya.»

« Perchè lì?»

« L'Antartide è la zona buia più ampia del pianeta. L'isola è il punto più prossimo e che mantiene comunque una certa distanza di sicurezza.»

« Avete perso le comunicazioni. Direi che la distanza di sicurezza non era abbastanza.»

« L'isola non è stata ingoiata dal Buio. I satelliti ancora riescono a visualizzarla, ma non si notano più movimenti e i rapporti che arrivavano con regolarità ora sono terminati. C'è silenzio.»

Hilda riprese la parola.

« Professore, abbiamo bisogno del suo aiuto.»

Gli occhi di Wilson tornarono su di lei. Stavolta la donna non attese la voce nella mente e continuò a parlare.

« Siamo in una situazione di stallo da mesi. Il Buio non avanza più come prima. Vogliamo capire se sia finita, se sia una pausa o preludio a qualcosa di peggio. La nostra squadra laggiù è una delle tante che, in giro per il mondo e in collaborazione con gli altri Protettorati, prova a capire che succede.»

Lo sguardo non mutò e Hilda continuò.

« Lei è uno dei massimi esperti, ho letto il suo libro dopo che il Buio ci ha colpito. Lei sa cose che altri non sono nemmeno in grado di capire. Anche dopo aver visto con i propri occhi gli orrori scaturiti dalle zone buie, quasi tutti rifiutano di accettare che viviamo in una nuova realtà che cozza con l'umana e razionale concezione della Vita.»

Nessuna parola in risposta.

« Abbiamo bisogno che lei guidi una squadra per andare a vedere che è successo a Bouvetøya. E, se possibile, aiutarla a capire come si sta muovendo il Buio e perchè.»

Wilson si rivolse nuovamente a Calvin.

« Puoi organizzare un trasporto?»

Calvin lanciò un'occhiata alla Heidemann, poi annuì all'uomo.

« Credo di sì. Dove andiamo?»

« Te lo dirò dopo a casa mia.»

« Devo saperlo, Professore. Viaggiare con il Buio in agguato è un bel problema. Bisogna capire se sia meglio via terra o via aria. E arrivare a Bouvetøya è un lungo viaggio.»

« Non andiamo a Bouvetøya. Ci vediamo tra un'ora a casa mia. Sii puntuale e con il trasporto organizzato.»

Senza aggiungere altro, si rimise l'elmetto in testa. Fece scattare la visiera, in modo che i suoi occhi azzurri si posassero nuovamente sui due davanti a sè.

Sconsiglio ad entrambi altre azioni nei miei confronti. Vi sarebbero delle spiacevoli conseguenze.

Con la medesima facilità con la quale era entrato, Wilson Solo uscì dalla stanza, richiudendo la porta blindata dietro di sè.

Calvin si alzò da terra, dolorante.

« Hilda?»

Il colonnello riusciva a muoversi ora. Appoggiò la mano al terminale, per chiamare la Sicurezza Interna. La mano di Ross lo spense.

La donna lo fissò con durezza.

« Agente Ross, che stai facendo.»

« Evito che le cose si mettano peggio.»

« Quell'uomo ha penetrato la nostra sicurezza...»

Calvin la interruppe.

« Colonnello Heidemann! Non perda di vista il quadro generale. Mi ascolti: quell'uomo andrà dove vogliamo.»

« Ha detto che non va a Bouvetøya.»

Calvin guardò la porta con aria pensierosa.

« Già, così ha detto. Non ci va... Per ora. Ma ci andrà. Missione compiuta.»

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Rendez vous

Un'ora dopo, minuto più, minuto meno, Calvin Ross fermò il suo fuoristrada davanti a una casa dall'aspetto abbandonato. Una vecchia villa, appena fuori Providence, al limite con il confine vigilato per la minaccia del Buio e di ciò che ne consegue.

Scese e chiuse la portiera, guardando quella costruzione che un tempo doveva essere stata particolarmente elegante, oltre che un ottimo ricordo di un periodo architettonico che teneva conto della bellezza e non solo di canoni costruttivi senz'anima.

La consueta pioggerellina fastidiosa e il cielo grigio senza sole davano un'aria spettrale alla scena. Si fece avanti, guardandosi attorno.

Il silenzio era interrotto da alcuni versi di animali, cosa che capitava in campagna. Anche se con meno frequenza: il Buio non guardava in faccia a nessuno e ciò che era successo al genere umano aveva colpito in egual misura tutto l'ecosistema biologico terrestre.

Salì i pochi scalini che portavano a una veranda aperta con due colonne a sostenerla e con la mano guantata diede tre colpi decisi all'assito della porta, che scricchiolò pericolosamente. Tanto che al terzo colpo che diede la porta cedette aprendosi davanti a lui. Dentro era buio e il cigolio della porta non era rassicurante.

« Professore? Solo?»

La sua voce si perse all'interno, senza ricevere risposta.

Poi qualcosa di freddo si appoggiò alla sua gola.

« E tu chi sei? Non ti conosco.»

Calvin rimase immobile: sapeva riconoscere una lama affilata anche senza doverla provare. Allargò le mani con i palmi aperti, per mostrare che non aveva cattive intenzioni.

« Mi chiamo Calvin Ross e ho appuntamento con il Professor Solo. Potrebbe togliere quella lama dalla mia gola, ora?»

Una risatina alle sue spalle.

« La vera minaccia non sono io.»

La lama non si spostò, ma qualcosa si mosse nel buio oltre la porta. Calvin deglutì, ma con prudenza. Si accese un pallino rosso che saettò verso il suo petto, all'altezza del cuore.

Uscendo dall'oscurità, una donna ricoperta di una tuta tattica lo teneva sotto tiro con un fucile di precisione munito di silenziatore. Il mirino laser non lasciava dubbi su dove avrebbe colpito. Gli occhi neri della donna lo scrutarono a lungo.

« Non ti abbiamo mai visto qui. Né altrove, se è per quello. Che rapporti hai con Wilson?»

« Professionali, strettamente professionali. Ed è evidente che siete dei professionisti anche voi, quindi... Perché non facciamo tutti un bel respiro e affrontiamo questa chiacchierata con più calma e meno armi spianate?»

« Hai un bel sangue freddo, Calvin Ross. Draco?»

La lama si tolse dal suo collo, ma mani poderose lo perquisirono senza troppa gentilezza.

« È pulito.»

« All'interno della città-fortezza solo la Sicurezza può portare armi, non lo sapete? Se vi trovano vi arrestano e vi portano dentro.»

La risata alle sue spalle si fece ancora più forte e roca.

« Devono solo provarci.»

Gli occhi della donna sfavillarono.

« E prima devono trovarci, no? Chi altri sa che sei qui?»

« Il comando della Sicurezza Cittadina, per esempio.»

In quel momento la donna smise di tenerlo sotto tiro, appoggiando il fucile a terra con la canna in alto. Fece un cenno con il mento al suo collega.

« Eccolo.»

Ora che nessuna minaccia gli impediva di muoversi, Calvin si voltò e vide Wilson Solo avvicinarsi a piedi, coperto da un poncho nero che lo ricopriva dalla testa ai piedi. L'uomo chiamato Draco era un marcantonio di notevoli dimensioni, anche lui ricoperto da una tutta tattica alla quale erano assicurate una serie impressionante di armi di ogni tipo, anche vecchie, forse antiche.

« Andate dentro! I saluti li facciamo all'asciutto!»

La voce di Wilson li raggiunse prima del suo arrivo e i tre si misero sotto la veranda, al coperto dalla pioggia che si stava facendo più insistente, con un corollario di tuoni lontani che annunciavano un peggioramento.

Quando Solo li raggiunse, si sfilò il poncho, si tolse il bonnie hat che gli ricopriva il cranio rasato e appoggiò a terra lo zaino che portava in spalla. Il primo a farsi avanti fu Draco, che lo abbracciò con la consueta forza.

« Fratello, mi stai per spezzare a metà.»

« È bello rivederti, Solo. Pensavo non ti saresti più mosso dalla tua tana.»

« Ringrazia lui, allora.»

Lo sguardo di tutti si puntò su Calvin che alzò le mani imbarazzato. La donna gli passò davanti ignorandolo e allargò le braccia ad accogliere l'amico ritrovato.

« Wilson, ci sei mancato.»

« Anche tu, Mytrin.»

La abbracciò, con trasporto e rimasero in silenzio per qualche secondo. Poi sciolsero l'abbraccio ed entrarono. Appena la porta si chiuse, la casa cambiò sotto lo sguardo confuso di Calvin.

D'improvviso si accesero tutte le luci, illuminandola a giorno. Tutte le pareti diroccate e bucate si sistemarono diventando di un riposante color carta da zucchero. Il mobilio cadente tornò ad essere perfetto e in puro stile liberty. La casa ora non sembrava più cadente o abbandonata.

Draco e Mytrin non sembravano per nulla stupiti, anzi. Come fossero a casa loro, appoggiarono le loro sacche negli armadi, poi lei si diresse in cucina e lui prese posto in una delle poltrone.

« Per la Luna del Cacciatore, era da mesi che non sedevo in qualcosa di così comodo. Mi sei mancata anche tu, tesoro.»

Calvin, immobile in entrata, si guardava attorno incapace di dire una parola. Wilson gli si fermò a fianco.

« Un vecchio incantesimo di trasfigurazione. Farla apparire come abbandonata e al limite di una casa di fantasmi evita che persino i barboni vengano ad occuparla. Avanti, agente Ross, vai a sederti vicino a Draco.»

Calvin si mosse in automatico, prendendo posto su un divano vicino. Mytrin arrivò con un vassoio pieno di tramezzini appena fatti, che appoggiò al tavolino. In cucina si udì il tintinnare di alcune bottiglie e Wilson fece il suo ritorno in sala con quattro bottiglie di birra gelide. Allungò la prima a Draco che la aprì con i denti. Mytrin scosse la testa.

« Spaccone. Vedi di scheggiarteli.»

« Figurati.»

Draco fu anche il primo a prendere un tramezzino e a ingurgitarlo quasi per intero in pochi morsi. La donna ne prese uno e sedette su uno sgabello che stazionava davanti al mobile bar poco lontano. Wilson, in piedi, bevve un sorso di birra.

« Agente Ross, hai il nostro trasporto?»

L'altro si scosse da ciò che stava accadendo e sbattè un paio di volte gli occhi. Draco lo guardò.

« Ma è del mestiere, questo?»

« Lo è, ma è poco avvezzo ad essere così vicino agli eventi. Nonostante le sue ventisette missioni lo rendano uno dei mortali meno dotati ad esserci andato parecchio, parecchio vicino.»

« Ventisette missioni di cosa?»

Stavolta fu Calvin a prendere la parola.

« Sono un agente della Sicurezza del Protettorato di Providence. Non sono un soldato, sono più un agente sotto copertura, per così dire. Un tempo forse sarei stato una spia, ma con i tempi che corrono, non c'è nulla da spiare, se non quei quattro esseri umani che ancora non hanno capito che la minaccia è il Buio e non un altro essere umano. Ho partecipato a ventisette missioni in giro per il mondo, sempre per capire il Buio e cosa si cela dietro di esso.»

« E alla ventisettesima è capitato a casa mia, Draco. Ecco perchè sono qui e lui pure. Ma non hai ancora risposto alla mia domanda. Hai il trasporto?»

« Come dicevo, devo sapere dove andiamo. Il Buio ha complicato parecchio i viaggi al di fuori delle città-fortezza, lo sapete bene. Voi magari più di lui, che è stato in esilio fino a qualche giorno fa.»

Draco annuì deciso.

« Il ragazzino ha ragione, Zio. Per quanto faccia schifo, persino Providence è un paradiso in confronto a quanto c'è fuori dai confini vigilati. Qui almeno vigila l'ordine, oltre ad essere un territorio protetto. Ma nella maggior parte dei territori aperti... È peggio che in un film posto apocalittico di serie B.»

Wilson si umettò le labbra, dopo aver bevuto la birra.

« La meta è Juarez.»

Il silenzio successivo fu al tempo stesso teso e imbarazzato. Lo ruppe Calvin.

« Stiamo parlando di quella Juarez? Ciudad Juarez?»

« Quella.»

Draco si lasciò sfuggire un fischio.

« Accidenti Zio, sembra che tu abbia organizzato un rientro in grande stile.»

« Di certo ne avrei fatto a meno.»

« Beh, lascia che ti dica che già prima non era un bel posto dove andare a fare una scampagnata, ma ora... È praticamente un suicidio.»

Calvin si intromise con aria preoccupata.

« Esatto. Dal crollo delle strutture governative, non tutte le città sono state fortunate come Providence. La maggior parte sono territorio di contesa per la sopravvivenza. Juarez, che prima era un inferno, ora è anche peggio. Perché vuoi andare laggiù?»

« Ho un amico da rivedere.»

« Perchè non ti basto io?»

Draco scoppio a ridere dopo aver parlato. Wilson fece un paio di passi, piantandosi davanti a Calvin.

« Tu sei venuto a casa mia. Tu mi hai voluto qui. Ora mi devi un trasporto.»

L'agente si schiacciò nella poltrona, tenendo gli occhi fissi su di lui. Draco, al suo fianco, appoggiò la bottiglia al tavolino, prese un tramezzino e fece schioccare le dita della mano libera, semplicemente aprendo e chiudendo il pugno.

« Ok, ok, allora direi che, tra le scelte, il viaggio aereo è quello meno pericoloso.»

« Il tuo ultimo viaggio aereo non è finito molto bene, agente Ross.»

« Una tragica fatalità. In ogni caso meno pericoloso che percorrere 2.400 miglia su ruota in un giorno e mezzo di viaggio, forse due dovendo evitare alcune zone buie. Ma non possiamo atterrare a Juarez. Qualsiasi velivolo che solchi i suoi cieli viene abbattuto dai cartelli del narcotraffico. Dobbiamo atterrare a El Paso.»

Wilson mise le mani sui fianchi e guardò Mytrin.

« Avete contatti laggiù?»

« Noi abbiamo contatti ovunque, Zio. Quanto tempo ho per organizzarmi?»

Tutti guardarono Calvin, che assunse un'espressione possibilista.

« Due giorni?»

Wilson sbuffò.

« Mi hai fatto fretta, agente Ross. Ora ho fretta.»

« Meno di un giorno è impossibile.»

« Ventiquattro ore sono accettabili, di questi tempi. Muoviti, allora, che il tempo vola.»

L'uomo si spostò e Calvin si alzò in piedi, dirigendosi verso l'uscita sotto lo sguardo dei tre. Alzò una mano in segno di saluto e uscì.

Draco finì l'ultimo tramezzino.

« Zio, ma che diavolo ha fatto quell'uomo per convincerti a tornare tra di noi?»

Wilson fissava la porta chiusa, sempre con le mani appoggiate ai fianchi.

« È venuto ad avvisarmi che mio figlio è sparito.»

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Il Colonnello e l'Agente
Missione Compiuta
Rendez vous
In volo
La Via de la Santa Muerte
Il Passaggio
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Mater Obscura
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Season Finale - Bouvetøya

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Mondo Oscuro / World Obscure by Wilson Solo aka Lo Zio is licensed under CC BY-NC-ND 4.0

In volo

L'aeroporto civile di Providence era semideserto, sebbene la presenza del presidio militare della Sicurezza del Protettorato lo punteggiasse di veicoli e postazioni di difesa.

Benchè presenti, tuttavia, molti davano chiari segni di poca attenzione. Wilson, Mytrin e Draco avanzavano su una delle piste senza che nessuno andasse a chiedere conto della loro presenza. Nemmeno il fatto che fossero attrezzati di zaini piuttosto appariscenti per dimensione smosse qualcuno.

« Fancazzisti» fu l'unico commento disgustato di Draco.

Si diressero verso un Osprey parcheggiato poco lontano. Dal portellone di carico posteriore, ora aperto, scese Calvin Ross in tutta di volo.

« Stiamo finendo i controlli pre-volo. Partiamo tra 10 minuti. Assicurate tutto alle reti di carico.»

Draco gli passò davanti sbuffando.

« Non è il mio rodeo, cowboy.»

Mytrin ridacchiò seguendo il compagno a bordo.

Wilson appoggiò a terra la sua sacca.

« Cosa pensi di fare?»

« In che senso, Professore?»

« Tu non sei nel gruppo. Io lavoro solo con i miei. E già siamo in troppi, per i miei gusti. Di solito lavoro da solo.»

Calvin incrociò le braccia al petto.

« Non hai molta scelta. Senza di me questo aereo non si alza in volo. Sono quasi sicuro che potresti trovare il modo di costringermi, ma non importa.»

« Non mi piacciono queste sfide.»

« Non ti piace quando le cose non vanno come dici tu, forse. Penso di aver capito come ragioni e forse posso darti dei motivi per i quali considerarmi del gruppo.»

« Hai capito come ragiono, addirittura. Stupiscimi.»

Calvin si tolse gli occhiali da sole per fissarlo.

« Questo volo non è autorizzato. Il pilota a bordo è un mercenario che ha già lavorato con me e che pago di tasca mia. L'osprey invece è del Protettorato di Providence. Il Colonnello Heidemann non è informato di nulla e con tutta probabilità appena lo verrà a sapere mi farà mettere agli arresti.»

I rotori del velivolo si misero in moto. Alcuni soldati poco lontano li guardarono incuriositi. Tra essi, un paio presero le loro trasmittenti per comunicare.

« Stiamo attirando attenzione. Ultimamente i voli sono piuttosto rari.»

« Mi stai dicendo che ti stai tagliando i ponti dietro e non hai alternativa se non venire con noi, giusto?»

« Esatto.»

Un paio di soldati, brandendo le loro armi, camminavano già verso di loro.

« Mi stai mettendo pressione con questa situazione per non darmi scelta se non consentirti di salire a bordo.»

« Esatto anche questo. Se non siamo su quell'aereo tra 30 secondi non partiremo più.»

Wilson prese la sacca e si diresse alla rampa, sulla quale Draco aveva già la mano sul pulsante di chiusura.

« Andiamo!»

Il portellone si chiuse alle spalle di Wilson e Calvin.

Dopo una decina di minuti il rombo dei motori e le vibrazioni dell'aereo diventarono un sottofondo per tutti. Senza dire una parola a nessuno, Wilson si stese di traverso su alcuni sedili e si avvolse in una rete di carico, assicurandosi alla paratia per non rotolare. Si calò il berretto da marinaio sugli occhi e incrociò le braccia al petto. Nel giro di qualche minuto era addormentato.

Un sonno tormentato. A tratti era scosso da tremiti, pur senza arrivare a svegliarsi.

Calvin uscì dalla cabina di pilotaggio, tenendo il casco con una mano e lanciandogli un'occhiata. Poi andò a sedere vicino a Mytrin e Draco, che stavano controllando alcuni fogli contenenti delle liste. Fece loro cenno di indossare le cuffie.

Draco non lo prese in considerazione, mentre Mytrin si coprì le orecchie con le cuffie e orientando il microfono dell'intercom davanti alla bocca.

« Mi senti, Ross?»

« Forte e chiaro. Puoi chiamarmi Calvin.»

« Come vuoi. Tutto tranquillo?»

« Il pilota dice di sì, ha fatto più volte questa rotta. Ma con i tempi che corrono e il Buio, nessun volo può dirsi veramente tranquillo. Ci metteremmo meno se non dovessimo fare una deviazione.»

« Mhmm, perchè mai deviamo? Non credo ci sia tutto questo traffico aereo, no?»

« Le Badlands sono costellate di bande organizzate. Alcune hanno avuto accesso ad armamenti pericolosi, tipo dei vecchi Stinger. Hanno già abbattuto alcuni nostri velivoli, nella speranza che trasportassero qualcosa di utile.»

Mytrin assunse un'espressione contrariata. Draco si alzò tenendosi ai tubolari della paratia, per avvicinarsi alle loro sacche. La donna gli lanciò un'occhiata.

« Non badare a lui. È un lupo solitario di suo, io e Wilson siamo gli unici con i quali si sente a suo agio. Tu non gli andrai mai a genio.»

« E perchè mai?»

Gli occhi della Cacciatrice tornarono su di lui.

« Da quando Wilson si è ritirato nel suo esilio volontario, niente e nessuno era mai riuscito a smuoverlo da là. Nemmeno noi. Poi arrivi tu. E lui non solo lascia la sua tana, ma si mette pure in viaggio, chiamandoci.»

« Ne avrei fatto volentieri a meno, con quello che mi ha fatto passare. Ma suo figlio...»

Mytrin lo interruppe con un cenno della mano.

« Spero per te che non sia una panzana, questa del figlio. Perchè se così fosse, prima di affrontare la sua ira, affronteresti la mia.»

Gli occhi della cacciatrice scintillarono, forse per un lampo che aveva tagliato una delle nubi vicine all'osprey. Calvin deglutì.

« Nessun panzana. Il Matematico stava studiando alcune formule che ha detto essere relative al Buio. Nonostante il nostro parere contrario, è voluto andare a Bouvetøya a tutti i costi. Diceva che doveva vedere più da vicino. Poi i contatti si sono interrotti.»

« E così sei andato da Wilson.»

Calvin guardò la figura addormentata, scossa da tremiti.

« Ho letto i libri del Professore all'università di Providence, quando iniziarono i disordini a causa del Buio. Avevamo bisogno di informazioni e non sapevamo più a chi rivolgerci. Mi avevano parlato di un docente che si era ritirato a causa delle sue teorie strampalate sul mondo del soprannaturale. In quel momento di crisi, le sue parole sono state illuminanti e se Providence e altri protettorati sono in piedi è anche grazie a lui.»

« Wilson è sempre stato un osservatore alquanto interessato, ma soprattutto con un'apertura di vedute che gli ha permesso di cogliere molti aspetti del nostro mondo che altri non potevano nemmeno immaginare, figuriamoci accettare.»

« Al di là della parentela, il Matematico è una risorsa fondamentale per noi. Era a un passo, forse, dal comprendere il Buio e, sempre forse, aiutarci a sopravvivere ad esso. Quando abbiamo perso i contatti, l'unica persona che mi è venuta in mente per aiutarci è stato il Professore.»

« Un bel pieno di forse, Calvin.»

« Le certezze oggi sono solo per gli illusi. Posso farti una domanda?»

« Spara.»

« Sai perchè trema così? Sta dormendo, credo.»

« Perchè per uno come lui non c'è pace nemmeno nel sonno. Finchè è sveglio, ha le sue barriere che gli permettono di attutire l'impatto di determinate cose. È uno psionico potente, ma questo lo espone: la sua sensibilità mentale superiore apre anche un varco a tutto il resto del mondo mentale. Pensieri: a decine, centinaia, migliaia che gli rimbombano nella mente e che lui scherma costantemente, con un dispendio di energie enorme. Col tempo ha imparato, ora gli viene più facile, ma è comunque uno sforzo. Se a questo aggiungiamo anche i Sussurri, il gioco è fatto.»

« Sussurri?»

Mytrin lo guardò seria seria.

« Wilson Solo è l'ultimo Figlio di Anubi esistente sulla faccia della terra. Almeno per quanto ne sappiamo. Fino a prima del Buio, ce n'erano molti di più, chi più e chi meno dotato. Ma almeno si distribuivano i Sussurri e il loro peso non era così opprimente. Ma ora... Ora che c'è solo lui, è l'unico terminale alla quale arrivano e la cosa non lo aiuta per niente.»

Calvin aveva una faccia perplessa.

« Perdonami, Mytrin. Ma forse tu dai per scontato cose che io non conosco. Parli con termini che non mi sono propri. Figlio di Anubi, Sussurri... Cosa significa?»

Lei si appoggiò alla paratia, inspirando a fondo.

« Calvin, Wilson Solo è l'ultimo essere mortale ad avere la capacità di interagire con il Mondo dei Morti, oltre il Velo che divide il loro mondo dal nostro. I Morti comunicano con lui tramite i Sussurri, un mormorio continuo che gli invade la mente. Tra essi, egli deve capire cosa gli viene detto, chi glielo dice e perché. Così, a tutte le ore del giorno, di tutti i giorni, finché sarà in vita.»

Calvin rimase a bocca aperta, per lo stupore. Mytrin annuì.

« Esatto, Ross. Quella è l'espressione giusta. Wilson Solo ha una vita piuttosto complicata.»

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La Via de la Santa Muerte

L'atterraggio a El Paso non fu una passeggiata. Oltre a una perturbazione piuttosto violenta che si abbatteva sulla città con raffiche di vento feroci e pioggia battente, si aggiunse anche l'arrivo in contemporanea con un altro velivolo.

Lo spazio di manovra era più che ampio, tuttavia mancava da tempo il personale alla torre di controllo e quindi concordare le rotte di approccio era un vero azzardo.

Fecero prima a combinarsi i due piloti, piuttosto che attendere gli esiti dalla torre.

Atterrarono per secondi, non senza una certa apprensione mentre l'aereo proprio prima di toccare scartava di lato a causa di una raffica improvvisa. Solo la prontezza del pilota nel compensare evitò un disastro.

Si aprì il portellone, mentre Calvin saldava il conto con il pilota.

« Tempo di merda» fu il commento di Draco, mentre prendeva il bagaglio.

« Meglio così che il sole a picco, Fratello. Visibilità scarsa significa meno occhi in grado di vederci, meno problemi ad arrivare dove vogliamo.»

« Anche noi vedremo meno, però.»

« Due Cacciatori vedono di più di molti in questa città. Confido in voi.»

Mytrin rise.

« Oooook, nessuna pressione.»

Draco fu il primo a mettere piede a terra e dirigersi con disinvoltura verso una serie di depositi. Gli altri gli si fecero appresso, correndo come lui, per ridurre la quantità di acqua che stavano prendendo a causa del diluvio che ora scendeva impietoso sulla città.

Entrati in uno dei depositi, Draco si fermò davanti a un fuoristrada che aveva visto troppi chilometri.

Calvin li guardò preoccupato.

« Ci muoviamo con quello?»

Draco gli lanciò un AR-15 e un caricatore e l'agente li afferrò al volo, un po' goffamente.

« Ci muoviamo con questo. Se non ti va, puoi sempre fartela a piedi. Se invece vieni con noi, arma quel giocattolo. Sempre sperando che tu lo sappia fare.»

Mytrin salì lato navigatore, mentre Wilson e Calvin si misero ai sedili posteriori. L'ultimo a salire fu Draco, che aprì il parasole facendosi cadere le chiavi in mano. Mytrin aveva appena armato un MP5 e lo teneva nascosto vicino alla portiera. Il Cacciatore guardò nello specchietto.

« Zio, a te manco lo chiedo se hai un'arma. Sei la solita signorina.»

Solo sogghignò. Draco portò l'attenzione su Ross.

« Agente, tieni ben nascosta la tua arma. Nessuna provocazione. Se vedi qualcosa di strano, mi parli. Non spari se non lo diciamo noi, nemmeno se siamo sotto fuoco nemico. Claro che sì?»

« Claro.»

« Bene signori, la temperatura esterna fa schifo, il tempo non migliorerà e stiamo per andare all'inferno. Grazie per averci scelto e speriamo ci sia una prossima volta.»

Inaspettatamente, il motore del fuoristrada si accese al primo colpo e il suo suono era più regolare del previsto. Draco sorrise.

« Eheheh, i nostri ragazzi di El Paso sanno sempre come dare soddisfazione.»

Ingranò la marcia e uscì dal deposito.

Seguendo le indicazioni del navigatore acceso su uno dei loro pad, Draco guidò sempre con disinvoltura tra le vie di El Paso, prendendo con decisione la direzione di Juarez.

Un silenzio teso regnava a bordo, mentre tutti e quattro aguzzavano lo sguardo all'esterno, per cogliere qualche eventuale pericolo.

« Teoricamente non dovrebbe capitarci nulla, da queste parti. Ma chi può dirlo, in questo pazzo, pazzo mondo?»

« Draco, la situazione a El Paso?»

« Quando ho sentito il Cacciatore di qui, mi ha detto che è più o meno come a Providence, anche se la costante presenza delle bande di Juarez complica il quadro. Fino al confine, siamo relativamente al sicuro.»

Tornarono al silenzio, mentre la pioggia iniziava a calmare il suo ritmo battente sul parabrezza. La visibilità dapprima ridotta a pochi metri, ora divenne più ampia e davanti a loro si estese nella sua interezza la panoramica su Juarez. Stavano scendendo verso la principale direttrice che portava a Ciudad.

Un mare sterminato di case, caseggiati, niente di più alto di tre piani, occupava l'intero orizzonte a vista. Un labirinto, un labirinto che non prometteva altro che oscurità, dolore e sofferenza.

A due chilometri dal confine, Draco sterzò in una via trasversale e la seguì per parecchi chilometri. Poi svoltò nuovamente dirigendosi al confine.

« Dove stai andando?»

« Calma, agente. Evitiamo i controlli troppo premurosi della National Guard di El Paso.»

Il fuoristrada sobbalzò un paio di volte passando su dei dissuasori del traffico. Davanti a loro si vedeva un posto di blocco.

Draco non rallentò. Wilson si spinse avanti tra i due sedili anteriori, facendo capolino tra i due cacciatori.

« Che facciamo?»

« Passiamo, Zio. Tesoro, agente... State pronti se qualcuno decidesse di fare l'eroe.»

Il fuoristrada rombava allegramente, dimezzando la distanza dal posto di blocco. Ora che erano vicini, si distinguevano chiaramente gli uomini a presidio: una banda di scapestrati armati alla buona e che avevano sistemato alcune auto in maniera strategica. Probabilmente si limitavano a chiedere un pizzo per il passaggio.

Mytrin fece scattare la sicura del suo MP5, pur senza alzarlo ancora.

« Draco, è proprio necessario? Magari gli diamo dei soldi e passiamo.»

« Zio, lasciami lavorare. Altrimenti non mi chiamavi, no? Ross?»

Calvin teneva ben saldo il suo AR-15, basso, ma saldo.

« Ci sono.»

« Non fartela addosso, mi raccomando.»

Un grugnito fu la risposta.

A venti metri dal blocco, la banda si diede da fare a spostare le auto il più in fretta possibile. Tuttavia, non fu possibile evitare un impatto parziale, che fece schizzare una delle auto e ruppe i fanali anteriori destri del fuoristrada.

« Mi sa che l'ho ammaccato» rise Draco, entrando spavaldamente a Ciudad Juarez.

Wilson battè la mano sulla spalla di Draco, dopo mezz'ora di viaggio.

« Accosta qui. Se andiamo troppo vicini è peggio.»

Il fuoristrada accostò e il motore si spense.

« Scendiamo. Tenete le armi in vista, ma non impugnatele. Devono sapere che siamo armati ma non una minaccia» disse Wilson, mentre apriva la portiera.

Gli altri tre scesero a loro volta, mettendosi ai suoi fianchi e dietro.

Davanti a loro, a cinquecento metri, si presentava uno spettacolo unico nel suo genere.

Una lunga processione di poveracci serpeggiava fino ad arrivare a una vecchia chiesa in stile romanico. Era massiccia, bassa, con un robusto campanile laterale. Ma quello che colpiva di più era che su ogni superficie piana disponibile era appoggiata una candela accesa. Erano candele di ogni forma, dimensione e colore. Non c'era illuminazione in quel luogo, se non quella che si effondeva dalle candele.

Calvin, che teneva la retroguardia, lanciò un'occhiata sopra le spalle di Solo.

« Quella sarebbe?»

« La Catedral de la Santa Muerte di Ciudad Juarez.»

« Noi andiamo lì, giusto?»

La risposta di Wilson fu camminare in quella direzione.

I tre gli si fecero appresso, lanciando sguardi ovunque.

Facevano bene: non c'era vicolo o palazzo che non fosse occupato da gente della peggior specie, molti tatuati e con simboli di bande locali. Eppure, in quel luogo sembrava che non vi fossero scontri aperti. Solo alcuni avevano l'ardire di offendersi a distanza, pur senza esagerare.

Mentre camminavano, Wilson parlava.

« Il culto della Santa Muerte è forte, qui. Già prima del Buio, è stato accolto e perseguito dai cartelli locali che lasciano degli ex-voto per riceverne il favore. Ad essa si rivolgono in egual misura i disperati che non riescono a uscire da questo inferno e quelli che questo inferno lo alimentano.»

« Zio, chi stiamo cercando qui?»

« Lorenzo.»

« L'Antiquario? È qui?»

« Un Sussurro mi ha detto di cercarlo qui.»

Giunti che furono a una ventina di metri dalla struttura, Wilson rallentò il passo, sino quasi a fermarsi. Da una entrata laterale, ben lontana dalla fila dei poveracci, entravano invece i capi delle bande. Lì era presente uno strano presidio: sembravano suore, dall'abito talare, tuttavia i volti delle donne erano tatuati con la raffigurazione della Santa Muerte ed erano armate.

Una in special modo era ferma ad osservare il gruppo dei quattro.

Wilson si fermò, dato che un chico gli si era parato davanti allargando le braccia.

« Hey, gringo. Non l'hai vista la fila?»

« L'ho vista.»

« Non mi pari un poveraccio, quindi non puoi stare in quella fila. Non sei uno delle bande, quindi non puoi stare nell'altra fila. Turisti non ne vogliamo, qui. Quindi fila via, o finisce male.»

Gli occhi dell'azzurro impossibile di Solo si piantarono nei suoi.

« Ora non ti puoi più muovere.»

Il bandito deglutì, appena si rese conto di non riuscire a muovere un muscolo. Era come bloccato. Lo sguardo del gringo non lo lasciava un istante ed era severo. Maledettamente severo.

« Non puoi parlare. Tuttavia, ho lasciato che il tuo cuore e i tuoi polmoni continuassero a muoversi liberamente. Così non muori.»

Gli occhi spalancati fissavano Wilson atterriti. Ma la voce senza emozione dell'uomo era impietosa.

« Ora perderai la vista.»

Improvvisamente tutto si fece dapprima sfuocato, poi nero.

La voce di Solo gli risuonò all'orecchio destro.

« E queste sono le ultime parole che sentirai.»

I suoni si fecero ovattati, poi sparirono. Il bandito ansimava e sudava copiosamente, privato di qualsiasi possibilità di fare alcunchè.

Ora, hai una possibilità di salvarti.

La voce di Wilson gli risuonò nella mente, aumentando considerevolmente il terrore che ormai gli attanagliava il petto.

Ti lascerò andare, tu andrai alla cattedrale e cercherai per me Lorenzo de la Santa Muerte. Gli dirai che Solo è qui per lui e lo accompagnerai da me. Non ripeterò queste parole. Se farai qualcosa di stupido, sarà l'ultima volta che lo farai. Conosco il tuo Vero Nome, Xavier.

Di colpo l'uomo riprese a respirare più liberamente, i suoni tornarono, la vista gli si fece chiara, il corpo si mosse, barcollando all'indietro. Wilson continuava a guardarlo.

« Conosco il tuo Vero Nome» gli ripetè, stavolta con la sua vera voce.

Il bandito ebbe un singulto e poi si scapicollò verso la chiesa, spingendo e urtando gli altri per riuscire a entrare il prima possibile.

Mytrin si mise spalla a spalla con l'amico.

« Non voglio nemmeno sapere che gli hai fatto.»

« Non ho tempo per le sottigliezze.»

« Sei cambiato, Zio.»

« Chi non cambia, è destinato a perire nelle sue convinzioni.»

La donna annuì.

« Vero. Ma chi perde i propri principi diventa altro.»

Solo non rispose, restando a fissare la chiesa e la Sorella della Santa Muerte che teneva le mani ben fisse sulle impugnature dei suoi machete. Il suo volto segnato dai tatuaggi che la raffiguravano più simile a un teschio stilizzato che a una donna era inquietante.

Fu in quel momento che la folla si aprì dall'uscita riservata alle bande e si fece avanti un uomo alto, magro al punto da essere dinoccolato, vestito di abiti locali quasi ridotti a stracci, con a tracolla un tascapane. Portava i capelli con un undercut laterale e una lunga treccia dall'altra, tempestata di anelli di legno di tutti i colori.

Appena vide Wilson, a grandi passi gli si fece incontro, allargando le braccia.

« Mi hermano!»

Wilson non fece tempo a rispondere che si trovò avvolto da un abbraccio che sapeva di sigaro, incenso e altri odori non meglio identificati. Appena Lorenzo si staccò, guardò gli altri e salutò con vigore.

« Ma guarda! Ci sono anche i due Cacciatori del mio cuore!»

Draco gli fece un cenno con la mano e Mytrin rise.

« È un po' che non ci si vede, Antiquario.»

« Questa situación globale ha incasinato parecchio le cose, senora.»

Poi guardò Calvin, dubbioso.

« Quello non lo conosco, Tio Wilson.»

« Lorenzo, lui è Calvin Ross. Calvin, lui è l'Antiquario.»

Calvin fece un cenno con il capo. Lorenzo non parve dargli importanza, mise le mani dalle lunghe dita ripiene di anelli ai fianchi e guardò Wilson.

« Accidenti, hermano. Quanto tempo. Ti sapevo in ritiro sulle coste scozzesi.»

« Mi sapevi bene. Io ti sapevo a San Paolo a studiare il candomblè.»

« Beh, Tio, è stato quasi una decina di anni fa. Ho concluso da tempo quegli studi.»

Solo si grattò il mento, quasi non riuscisse a capacitarsene.

« Dieci anni eh?»

« Come passa il tempo quando ci si diverte, eh Zio?» commentò ridacchiando Draco.

Lorenzo rise e mise una mano sulla spalla al suo hermano.

« Ma che ci fate voi qui? Non è proprio il luogo più sano del mondo, anche considerando il Buio.»

« Rispondi tu a una domanda. Che ci fai qui tu? Capisco la tua ascendenza e il tuo cognome, ma non è un po' eccessivo?»

« Ahahahah, l'Omen Nomen non c'entra nulla, stavolta. Semplicemente la situazione qui era arrivata a un livello inumano. Sto cercando con l'aiuto della Santa Muerte di dare un po' di ordine nel caos.»

« Non so, mi pare difficile. Non ci sono riusciti in decenni di lotta al crimine e ora?»

« Ora è in gioco la sopravvivenza, amigo. Un fronte comune per riuscire a sopravvivere al Buio, ecco cosa cerco.»

« Sei il solito idealista.»

« Siempre. Y ahora, tocca a te.»

Stavolta fu Wilson a mettere una mano sulla spalla a Lorenzo.

« Mi serve uno dei tuoi passaggi. Devo affrontare un lungo viaggio e i mezzi comuni non sono sicuri.»

« Nemmeno i miei passaggi lo sono più, Tio. Il Buio ha davvero complicato tutto.»

La voce d Wilson si fece greve, la sua espressione preoccupata.

« Non ho alternative, Lorenzo.»

L'Antiquario lo fissò, con altrettante preoccupazione. Poi guardo i Cacciatori, infine Calvin. Inspirò a fondo.

« Va bene, allora. Venite dentro. Vediamo che si può fare.»

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Il Passaggio

Seguendo Lorenzo, percorsero un tortuoso susseguirsi di stanze, grandi e piccole, collegate da porte a volte talmente basse da costringerli a fare attenzione a non colpirle con la testa.

A ogni passaggio, un presidio di Sorelle della Santa Muerte li fermava. I loro occhi cerchiati di nero li osservavano attentamente, mentre Lorenzo spiegava che stava conducendo i suoi amici dentro la chiesa.

« Sospettose, eh?» commentò Draco, guardandole storto.

« Se non fosse per loro questo santuario sarebbe il caos ogni giorno che la Signora manda in terra, Cacciatore. Rendigli grazie, invece di schernirle.»

« A me basta che ci lascino in pace. Mi piacciono poco quei machete in bella vista.»

« Hanno il loro scopo. E non sono molto diversi dal tuo fucile mitragliatore.»

Passarono lungo una navata laterale del corpo centrale della chiesa.

La navata centrale era gremita di credenti, chi in ginocchio sulla nuda pietra, chi prostrato a terra, chi genuflesso su inginocchiatoi imbottiti. L'aria era densa del fumo di migliaia di candele. Le navate esterne erano costellate di altari minori, ciascuno con una effige della Santa Muerte con l'abito di un colore diverso.

Giunti nei pressi dell'altar maggiore, scorse tra due colonne la statua principale della Santa Muerte. Aveva l'abito nero come la notte, la pietra scolpita era candida come la neve, il volto segnato dal nero dell'effige scheletrica.

Il mormorio della preghiera era quasi stordente, tanto riusciva a penetrare le menti.

Lorenzo fece loro cenno di seguirli dietro un telo che doveva fungere da porta.

Lì si fermò.

C'erano un tavolo e alcuni sgabelli, un armadio a muro e una piccola Santa Muerte con un altarino angolare che vegliava anche qui.

« Nessuno verrà a disturbarci in sagrestia.»

« Meglio così, Lorenzo. Vogliamo togliere il disturbo il prima possibile.»

« Ora spiegami meglio.»

« Mio figlio è scomparso, hermano. Devo trovarlo.»

L'Antiquario assunse un'espressione addolorata.

« Mi spiace, fratello. Ho bisogno di sapere dove inviarti, per capire quale sia il modo migliore. Anche se, e lo ripeto perché so che la cosa non ti interessa ma io ho a cuore la tua salute, nessun passaggio è sicuro ora.»

Calvin si intromise.

« Dobbiamo andare a Bouvetøya.»

« L'isola perduta?»

« Quella.»

Lorenzo guardò Wilson.

« Bisogna che io sia stato in un posto, per mandartici, hermano. Non sono mai stato in quell'isola. Mi spiace.»

Solo non sembrò per niente colpito dalle sue parole.

« Non ascoltare il giovane agente che non ha chiaro il contesto generale e non conosce nemmeno i particolari di questo viaggio, sebbene sia stato lui a iniziarlo.»

Calvin lo guardò con aria interrogativa. Wilson guardava fisso Lorenzo.

« Devo andare a Friburgo, in Europa.»

Mytrin schioccò le dita e allungò una mano verso il compagno che, borbottando, estrasse una moneta d'oro e gliela lanciò. La Cacciatrice la prese al volo e sorrise a Wilson.

« Avevo scommesso che saremmo passati da là. Draco ha perso la scommessa.»

Solo li guardò entrambi.

« Non posso esimermi dal farlo. Le conseguenze sarebbero infinitamente deleterie.»

« Non ci devi spiegare nulla, Zio. Sappiamo come stanno le cose.»

Calvin si mise in mezzo a loro allargando le mani.

« Come al solito io sono fuori dal vostro entourage e va bene, sono disposto ad accettarlo. Ma posso almeno sapere perché andiamo a Friburgo in Germania? E non vorrei ripetermi per l'ennesima volta, ma tutte le nostre destinazioni sono dannatamente vicine al Buio.»

Sollevò il proprio tablet facendolo girare verso di loro, in modo che notassero come il pallino della destinazione fosse singolarmente vicino a una zona di Buio. Draco fischiò.

« Accidenti, ora la Foresta Nera è più nera di prima. E già al tempo non era uno dei posti più raccomandabili.»

Wilson non staccava gli occhi da Lorenzo.

« So che sei stato laggiù, un tempo.»

« Certo, dovevo studiare la tradizione...»

Wilson fece un gesto per interromperlo.

« Sai che starei ad ascoltarti per ore, ma il tempo ci è contro. C'è qualche possibilità?»

Lorenzo camminò lungo i bordi della stanza, riflettendo. Nessuno parlava, tutti erano concentrati su di lui. Si fermò, davanti all'altarino.

« Solitamente cammino lungo le ley lines, lo sai. Non tutti i canali sono impraticabili, ma sicuramente quelli che portano laggiù sono poco sicuri. Brutte perturbazioni. Immagino che suggerirti di utilizzare il Passaggio dei Morti sia inutile.»

« Se avessi potuto utilizzarlo, non sarei qui, lo sai.»

« Sì, lo immagino. Sto banalmente ripassando le alternative per vedere se riesco a trovare l'ispirazione giusta. Il Mondo Onirico ci è precluso, almeno senza una DreamWalker.»

Mytrin ebbe un sussulto.

« Selvaggia?»

« Fuori dal mio raggio d'azione» rispose Wilson « Non so il perché, posso solo sperare che stia bene.»

Lorenzo annuì.

« Quindi niente DreamWalker. Per aprire un Portale Magico occorrerebbe un'energia magica enorme già solo per una persona e permetterle di arrivare oltreoceano. Figuriamoci per quattro persone. Non abbiamo un mago o una evocatrice così potenti, qui.»

« Lorenzo…»

« Sì, sì... Il tempo, ho capito.»

Inspirò a fondo e mise le mani sui fianchi, abbassando lo sguardo a terra.

« Non vedo altre soluzioni, allora. Apriamo il Pozzo di San Patrizio. Mi servono gessi bianchi e verdi.»

I quattro astanti si guardarono, sorpresi dall'uscita inaspettata.

Su indicazioni di Lorenzo, Draco e Calvin avevano spostato il mobilio in una stanza vicina alla sagrestia, liberando completamente la superficie del pavimento. Mytrin era andata dalle Sorelle della Santa Muerte con le richieste di Lorenzo, che erano state successivamente esaudite.

In un cesto di vimini c'erano ora dei grossi gessi di varie colorazioni.

Lorenzo ne prese uno.

« Ora, per favore, state ai margini della stanza, oppure sulle porte. Mi serve quanto più spazio possibile.»

Fu ubbidito immediatamente ed ebbe campo libero.

La prima cosa che fece fu abbozzare con delle sottili linee di gesso una cerchio regolare che andava a occupare per dimensioni l'intera stanza. Lo guardò a lungo, come valutando se andasse bene o meno. Poi si mise in mezzo, con gli occhi socchiusi.

Infine, diede via alla sua opera.

Sotto gli occhi ammirati del gruppo di Wilson, Lorenzo sfoderò una bravura unica nel disegno. Con la medesima rapidità con la quale aveva segnato il primo cerchio regolare, segno il pavimento con altre linee, cambiando ogni tanto il pezzo di gesso per scegliere un colore che a lui doveva apparire più adatto in quel punto. A volte non segnava linee, ma riempiva uno spazio tra le linee, creando una superficie piena.

Ci volle una buona mezzora prima che il disegno arrivasse ad avere un senso per i quattro spettatori. Calvin fu il primo a lanciare un'esclamazione sommessa.

« Ma... È incredibile!»

« Avevo sentito parlare di questa tecnica» mormorò Mytrin « Ma vederla realizzare dal vivo è un evento preziosissimo. Hai visto Draco?»

« Queste cose non le capirò mai. Ma ammetto che è davvero uno spettacolo mostruoso.»

Wilson osservava sia il disegno che prendeva forma che il suo amico.

Il volto di Lorenzo era concentrato, segnato da uno sforzo immane e completamente sudato. L'aria era umida, invero, ma quello era sudore da fatica. Lorenzo stava profondendo ben oltre le proprie energie fisiche, in quell'opera.

Sebbene fosse quasi del tutto completa, l'Antiquario sembrava deciso a rifinire quanto più possibile l'immagine che ora era ritratta sul pavimento della sagrestia. Quando ebbe terminato, si sedette per terra, piegato su un gomito. Wilson gli si fece accanto immediatamente, genuflettendosi.

« Tutto bene, hermano?»

« Uh, sì. Era da un pezzo che non usavo questa tecnica. Considerato il viaggio, ho cercato di renderlo quanto più stabile possibile.»

Calvin mosse un passo per raggiungerli, ma Mytrin lo afferrò alla spalla, impedendogli di concluderlo.

« Ehi, che fai?»

« Ti impedisco di ammazzarti.»

« E come avrei fatto, di grazia? Hai paura che rovini il disegno?»

Lei fece un cenno verso il cerchio disegnato a terra.

« Sicuro che sia un disegno? Chinati vicino al bordo e guarda bene.»

Ross corrugò la fronte e si chinò in avanti, verso l'immagine. Sbattè un paio di volte gli occhi, come non riuscisse a mettere a fuoco correttamente, poi cadde bocconi, senza fiato.

« Ma è impossibile! Fino a poco fa era un disegno!»

Poco oltre il limitare delle sue mani appoggiate al terreno, si apriva ora un pozzo profondissimo, definito dai tratti precisi di Lorenzo. Da quella prospettiva ora Calvin si rendeva conto che il pavimento non era più una superficie piana che ospitava una immagine, ma un pozzo perfettamente disegnato, con due percorsi che si avvolgevano a spirale doppia elica, uno in salita e uno in discesa. Lungo le due vie, ampi finestroni garantivano alla luce di illuminare le superfici degradanti e ascendenti.

« Ma com'è possibile?» chiese, abbacinato.

« Un'antica arte che ho imparato, amico mio» rispose Lorenzo, che poi guardò Wilson con apprensione « Non so quanto resterà aperto e soprattutto stabile. Ho infuso il mio ricordo di Friburgo. Siate rapidi nel passaggio, perché sai che il Pozzo di San Patrizio è un passaggio che permette sia di andare che di venire. So che voi andate, ma non so cosa potrebbe arrivare, se restasse aperto troppo.»

Wilson annuì.

Ma prima che potesse dire qualcosa ai compagni, fece irruzione una Sorella della Santa Muerte in evidente stato di agitazione.

« Apareció una puerta roja en el tercer altar!»

Lorenzo strabuzzò gli occhi.

« Una porta rossa?»

Draco ripeté allarmato.

« Una porta rossa? Quella Porta Rossa?»

L'Antiquario si rivolse alla Sorella.

« Está abierta?»

« No. O todavía no. Pero la perilla de la manija está caliente.»

Lorenzo si lasciò sfuggire un'imprecazione.

« Una Porta Rossa ora non ci voleva! Sono sfinito!»

Wilson si passò la mano sinistra sul mento, raspando sulla barba di tre giorni. Lanciò un'occhiata a Mytrin e Draco. I due lo guardarono a loro volta. Poi il Cacciatore prese il proprio zaino e lo porse a Calvin.

« Ascoltami bene. Qui c'è tutto il necessario. Veglia sullo Zio. Se gli capita qualcosa, ti vengo a cercare. Zio, mi raccomando.»

Poi si rivolse alla Sorella.

« Senti, non parlo spagnolo. Ma portami alla Porta Rossa. Subito.»

Lorenzo tradusse e la Sorella si fece seguire dal Cacciatore, che sparì oltre la tenda che copriva la porta. Mytrin si avvicinò a Wilson.

« Le Porte Rosse sono una priorità per noi, Zio. Lo sai. Possiamo arrivare ad aiutarti, ma non venire meno a una simile minaccia. Pensi di riuscire a farcela lo stesso?»

« Lorenzo ci ha dato una possibilità. Ora è sfinito e non potrebbe mai fronteggiare quella... Cosa, da solo. Gli dobbiamo un po' di aiuto e penso che il vostro essere qui non sia un caso.»

« Come sempre, Zio. Non lo è mai» fu la risposta della Cacciatrice, che gli diede un bacio sulla fronte e poi sparì a sua volta oltre la porta. Calvin si stava mettendo in spalla lo zaino oltremodo pesante di Draco.

Wilson aiutò Lorenzo a sollevarsi da terra.

« Grazie hermano. Facciamo il prima possibile. Appena puoi, chiudi pure il Pozzo sopra di noi. Non torneremo indietro, comunque.»

« Vi auguro buon viaggio.»

« Abbi cura dei Cacciatori.»

« Sin duda.»

Wilson prese il suo zaino e fece il primo passo lungo la discesa nel Pozzo seguito, non senza una certa apprensione, da Calvin.

L'ultima immagine che colsero i due, guardando in alto dopo appena tre giri lungo la circonferenza della doppia spirale, fu Lorenzo che li salutava mestamente.

Man mano che scendevano, la luce dell'apertura disegnata dall'Antiquario veniva meno.

Si fermarono ad estrarre dallo zaino di Draco due fasce con torcia incorporata, tipica degli speleologi. Le avevano appena accese, quando Lorenzo chiuse il portale sopra di loro.

L'oscurità scese su di loro, avvolgendoli.

I coni di luce riuscivano a fenderla per non più di qualche metro.

Wilson fece cenno a Calvin di muoversi.

« Muoviamoci, agente. Sopra di noi la discesa del Pozzo ha già iniziato a sfaldarsi. Dobbiamo muoverci.»

Calvin inspirò a fondo.

« Sfaldarsi... Andiamo sempre meglio.»

Senza aggiungere altro, Wilson lo precedette di buon passo.

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La Foresta Nera

La discesa nel Pozzo all'inizio fu incerta, per quanto la premura di Wilson fosse ben chiara nelle continue esortazioni a Ross affinché si muovesse.

« Non possiamo fermarci. Stai vicino al lato destro e non guardare fuori dai finestroni.»

« Ok.»

« Nemmeno per sbaglio, Calvin. Non sto scherzando. In un normale pozzo potresti non vedere il fondo, ma il fondo del Pozzo di San Patrizio è diverso. Presente la sensazione che provi quando ti affacci oltre una balaustra e sotto c'è un precipizio? Quella che ti fa venire voglia di fare il passo in più e cadere?»

« Soffro di vertigini, ma so di cosa parli.»

« Meglio così. Perché in un Pozzo di San Patrizio non c'è modo di resistere al richiamo del vuoto. Non è un vuoto comune, è IL Vuoto, con la V maiuscola.»

Calvin istintivamente si mise quasi rasente con la spalla al muro, che era scabro, fatto di pietre appoggiate una all'altra e saldate da una muratura quasi artigianale.

Proseguirono alla luce tenue delle torce da speleologo per un tempo che parve infinito.

Calvin si accorse che stavano risalendo quando iniziò a percepire una certa stanchezza nel fare ogni singolo passo.

« Stiamo salendo?»

« Sì, abbiamo passato il punto più profondo mezz'ora fa.»

L'agente inspirò a fondo.

« Cos'è una Porta Rossa, Professore.»

« È difficile da spiegare.»

« Se non parlo un po' questo passaggio mi farà impazzire. So che non parla da anni con qualcuno, qualcuno di reale a quanto ho capito. Ma glielo chiedo come favore personale.»

Wilson sospirò.

« Va bene.»

« Ho letto tutti i suoi libri, dopo che li ho scoperti alla biblioteca di Providence. È lì che ho cominciato a fare un po' di ordine rispetto a quanto stavo sperimentando nella realtà. Capire che esistono persone come voi, come i Cacciatori e via dicendo. Rendersi conto che tutto ciò che è stato pura letteratura e cinematografia fosse realtà non è stato facile.»

« La differenza, tuttavia, sta proprio in questa presa di coscienza. Ciò che rende me o persone come i Cacciatori e Lorenzo quel che sono non è niente di magico o di prodigioso. Semplicemente noi abbiamo aperto la nostra mente prima di altri alla possibilità che ci fosse qualcosa che andasse oltre la spiegazione scientifica. L'assunto che se non riesco a dimostrare scientificamente e in maniera ripetibile un fenomeno ci ha limitato in maniera determinante.»

« Quindi quando il Buio è arrivato, ci siamo fatti trovare impreparati.»

« L'unica cosa buona che ha fatto il Buio, se vogliamo trovare un lato positivo in questa tragedia che viviamo, è che ha costretto tutti a raggiungere la medesima apertura mentale. Una soluzione brutale, un po' come gettare un bambino in acque profonde per insegnargli a nuotare.»

« Molti sono morti nella follia, per questo.»

« E altri si sono evoluti, come te. Chiamala selezione naturale.»

« Quindi sarà un'estinzione di massa?»

« Se non evolviamo, sì.»

Il tono di Solo era inquietante, tanta era la sua mancanza di emozione nel parlare.

« Lei sembra non esserne preoccupato.»

« Se non lo fossi, non sarei qui.»

« Lei è preoccupato per suo figlio, non per se stesso o per me o per chiunque altro.»

« Il legame genitoriale in alcuni è potente, in altri invece del tutto assente. In quanto mammiferi, è genetica. Se ogni padre o madre si prendessero cura dei propri figli nella maniera più appropriata, forse non si sarebbe arrivati a tutto questo.»

Calvin alzò lo sguardo su di lui, osservando le sue spalle ondeggiare mentre avanzavano.

« Ritiene che il Buio sia collegato a questo?»

« Non ho elementi per affermarlo né per provarlo. E in ogni caso sarebbe solo uno degli aspetti coinvolti. Non sapendo nulla circa la vera natura del Buio, tutto è una congettura. Non abbiamo prove provate di alcunché.»

« Ma si sarà fatto un'idea, in questi anni di esilio.»

Wilson si fermò e si voltò di tre quarti per guardarlo.

« Calvin, ci abbiamo messo secoli a rovinarci con le nostre mani. Abbiamo dato la stura al progresso fottendocene delle conseguenze. Il Buio, a confronto con l'oscurità che abbiamo creato con la nostra società, è l'unica luce che ci meritiamo.»

Non aggiunse altro, lasciando Ross impietrito sul posto.

Dopo un tempo indefinito, Ross vide Solo spegnere la propria torcia. Istintivamente spense anche la propria, ma non caddero nel buio più totale.

Dalle arcate che si aprivano sul vuoto centrale del pozzo, proveniva una tenue luce.

« Stiamo arrivando, anche se penso che ormai siamo prossimi al tramonto. Muoviamoci!»

Wilson accelerò l'ascesa, che si era fatta inspiegabilmente più ripida, al punto che entrambi avevano il fiatone.

Il porticato della salita li fece uscire all'interno di una radura circondata di alberi. A un'occhiata più precisa, si trattava di un Tor di betulle bianche.

Wilson si guardò attorno, al pari di Calvin.

« Maledizione. Non siamo a Friburgo!»

L'agente di Providence rabbrividì alle parole del suo compagno ed estrasse dal suo zaino un tablet, accendendolo.

« Muoviti, muoviti...» mormorava concitato.

Wilson guardò il terreno: il pozzo era già richiuso. Sotto i loro piedi, stava solo un solido terreno erboso. Calvin indicò una direzione.

« Friburgo, circa 3 chilometri in quella direzione.»

« Siamo nella Foresta Nera» grugnì Wilson.

« Il Buio è veramente vicino. Dobbiamo andarcene subito!»

Non servivano ulteriori esortazioni. I due si misero in cammino, di buon passo. La luce del giorno, un giorno grigio, stava degradando rapidamente verso un crepuscolo sempre più oscuro. Ansimando, Calvin apriva la strada osservando la direzione con il suo navigatore, mentre Wilson gli teneva dietro.

Un subitaneo scricchiolio fece fermare quest'ultimo. Calvin si distanziò di alcuni passi, prima di accorgersene. Si fermò a sua volta.

« Professore? Non si fermi!»

« C'è qualcosa, qui.»

« Non ne dubito. Con il Buio così vicino e la tradizione della Foresta Nera... Possiamo aspettarci solo il peggio. Muoviamoci!»

« Qualcosa di insidioso. Silenzio.»

Calvin si genuflesse lentamente a terra, appoggiandosi a una pietra vicina. Wilson si appressò a un albero, guardandosi attorno. L'agente percepì un movimento sulla loro sinistra e fece un cenno al compagno.

Solo lanciò un'occhiata, sbirciando oltre il tronco e impallidì. Si umettò le labbra e frugò nel proprio tascapane.

« Ross, corri a Friburgo e cerca la Strega. Non rischi di sbagliarti, c'è solo lei.»

« Non posso lasciarti.»

« Non puoi fare nulla per aiutarmi, agente. Tranne arrivare in salvo dalla Strega e dirle esattamente quello che hai detto a me. Tutto chiaro? Vai e non guardarti indietro!»

« Cosa ci insegue?»

« Non ci insegue, ma abbiamo invaso il suo territorio. Un Senzafaccia. Vai e non guardare, capito? Non guardare!»

Il tono di urgenza vinse le ultime resistenze e l'agente si rialzò, partendo in una corsa sfrenata.

Wilson estrasse dal tascapane un oggetto bianco, una sorta di balaclava completamente bianca. Appena Calvin ebbe raggiunto una distanza di sicurezza, con un gesto repentino se la infilò. A differenza delle normali balaclave però, questa non aveva i buchi, né per il naso né per gli occhi: il volto veniva completamente coperto.

Nonostante questo, appena Wilson abbandonò il riparo del rifugio, si mosse senza alcun apparente disagio, come se ci vedesse benissimo attraverso quello strano tessuto candido.

Si mise a correre a sua volta, parallelamente al percorso preso da Calvin.

Questi lo sopravanzava di quasi cinquecento metri. Con il fiatone e la luce che calava sempre di più, si addossò per un attimo dietro un grosso albero, per controllare il tablet ed essere sicuro di procedere nella direzione giusta.

Per abitudine, lanciò un'occhiata alle spalle, facendo capolino con un occhio oltre il tronco. Ci mise un attimo a focalizzare la scena.

Wilson aveva indosso una sorta di passamontagna bianco e stava fronteggiando a braccia spalancate qualcosa che spuntava dal bordo di un albero. Una figura antropomorfa innaturalmente alta, vestita di un singolare completo nero. Le mani della creatura avevano dita innaturalmente lunghe, ricoperte da quelli che sembravano guanti bianchi.

Appena l'avversario di Solo oltrepassò il confine imposto da quel tronco, Calvin vide che la sua testa era anch'essa ricoperta del passamontagna indossato da Solo. Gli si persero un paio di battiti al cuore, per il terrore.

Un terrore incontrollabile, che rischiò di ghiacciargli il cuore e farlo restare lì per sempre, incapace a muoversi.

Invece lo schiocco di un ramo rotto lo scosse, l'istinto di sopravvivenza fece il resto.

L'adrenalina pompò energia a cuore, polmoni e muscoli. Riprese la sua corsa folle, senza più voltarsi indietro. Ruzzolò un paio di volte, inciampando.

Alla seconda qualcosa lo afferrò per lo zaino, facendolo rimettere in piedi in corsa.

« Cazzo, Ross, muoviti!»

La voce arrochita di Wilson.

Non si voltò a guardarlo, preferendo correre al suo fianco.

Uscirono dai confini della Foresta Nera, entrando direttamente a Friburgo.

La città doveva essere semi-abbandonata, perché ormai nessuno si preoccupava di tenere la foresta a distanza e le strade libere. La Natura si stava riprendendo il posto che le spettava.

Quando furono a una distanza che ritennero di sicurezza, si fermarono a riprendere fiato.

Calvin si appoggiò a una parete di una casa abbandonata e indicò la foresta.

« Cosa... Cosa era... Quella... Cosa?»

« Ti stai ripetendo, Ross. La corsa deve averti sfinito.»

« Rispondimi!» gridò con voce rotta Calvin.

Wilson era in piedi davanti a lui con le mani sui reni, ansimante.

« Un SenzaFaccia. Un mostro, come lo chiameresti tu.»

« Come... Come hai fatto... A fermarlo?»

« Fermarlo? Scherzi? Quei così non si fermano. Al massimo li puoi rallentare. No, fermare no. Mai.»

« L'hai fatto con quella cosa bianca che avevi in testa?»

« Sì, una Maschera dei SenzaFaccia... Ne ho trovata una un giorno...»

Le sue parole vennero interrotte da un grido agghiacciante, poi lo schiocco come di una noce di cocco che viene rotta. Calvin venne inondato da una serie di schizzi caldi e densi.

Si pulì il volto con le mani, cercando di mettere a fuoco: Wilson aveva un'accetta piantata nel cranio. L'uomo dapprima cadde in ginocchio, poi si accasciò a faccia avanti nel fango, proprio davanti a lui.

La chiazza di sangue e cervella si allargò rapidamente sotto gli stivali di Calvin.

Gli occhi sbarrati sulla figura di Wilson, esanime, si sollevarono guardando la ragazzina che si trovava alle spalle del professore morto.

Non doveva avere più di dodici o tredici anni. Era vestita come una piccola vichinga, il volto con segni rituali dipinti nella miglior tradizione norrena.

Puntava il dito verso Wilson, accasciato e ancora con l'ascia piantata tra le ossa del cranio. Gioiva soddisfatta.

« Stavolta ti ho preso, Vecchio! Ah, se ti ho preso!»

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Mater Obscura

Calvin guardava con gli occhi sbarrati la figura esanime di Wilson, a terra.

Davanti a lui la piccola vichinga saltellava tutto intorno gioendo dell'omicidio appena compiuto.

« Ma... Ma cosa hai fatto?!?» esplose finalmente Calvin, riuscendo finalmente a sbloccarsi.

« Aveva detto che non ci sarei mai riuscita! Ogni volta che ci siamo visti ci ho provato. Stavolta ci sono riuscita! Il Vecchio è morto!»

Morto? Mi sembra un po' eccessivo, piccola.

La ragazzina smise di saltellare, guardando in maniera interrogativa Ross, che la guardò a sua volta e scosse la testa.

« Non guardare me, non sono io.»

No, non è lui, piccola. Ammetto che stavolta ci sei proprio andata vicina. Ero distratto dalla fuga dalla foresta. Per fortuna mi ha raggiunto un Sussurro appena in tempo.

Dinanzi agli occhi di Calvin e della ragazzina il corpo di Wilson si dissolse lentamente nel crepuscolo. Tutto svanì: il cranio spaccato, l'accetta, la chiazza di sangue e cervello. La ragazzina si guardò le mani e scoprì che aveva entrambe le armi ancora strette nei suoi pugnetti pieni di graffi e calli. Guardò alla propria sinistra e vide Solo accosciato al suo fianco.

« Piccola Disìr, lo sa tua madre che ti attardi sino a tardi fuori dalle mura che vi riparano?»

« Sono cresciuta, Vecchio. So difendermi.»

Wilson sogghignò e si rimise in piedi.

« Ti va di accompagnarci? Devo vedere la Signora.»

« Nessuno entra nel Gineceo, Vecchio.»

« Speriamo che tua madre faccia un'eccezione, o siamo morti.»

« Potevi pensarci prima di venire qui» rispose la piccola, infilando le accette nelle fodere assicurate alla sua cintura « Ma se volete fare un tentativo, seguitemi. Ormai la notte arriva.»

Wilson aiutò Calvin a rialzarsi.

« Ma come... Lei?»

« La piccola Disìr ha il compito di uccidermi dalla tenera età di 6 anni. Diciamo che è la sua piccola prova per diventare altro.»

« Altro? Altro cosa?»

« Considerate le pitture che la abbelliscono, direi che è prossima a divenire una Shieldmaiden. E poi il passo sarà divenire una Valchiria.»

« Professore, le sue spiegazioni sono sempre così semplici eppure incomprensibili.»

« Muoviti, agente.»

Accelerarono il passo per non restare troppo indietro.

« Ho dovuto usare i miei poteri psichici per far credere a Disìr che fosse riuscita nel suo intento e si calmasse.»

« La facilità con la quale agisce sulle nostre menti mi spaventa.»

« Spaventa di più me, credimi. A volte nelle menti altrui si trovano cose che sarebbe meglio non scoprire.»

La ragazzina si era fermata davanti a un robusto caseggiato a pianta rettangolare, a tre piani. Il primo piano era illuminato, benché le finestre del primo piano fossero serrate e avessero le inferriate.

Nella notte ormai calata, si udì il lontano ululato di lupi. Molti lupi.

La vichinga diede alcuni colpi sul robusto assito della porta, una vecchia porta di legno massiccio con un infisso e la struttura rivestite di lastre di acciaio brunito. Poi fece suonare il campanello.

I lupi tornarono a ululare.

« Vengono anche in città?» domandò Calvin, guardandosi attorno preoccupato.

« Spesso e volentieri. Se vuoi te li faccio vedere.»

« Non ci tengo, ragazzina.»

Wilson scosse la testa.

« La Signora ha sempre avuto un ottimo rapporto con i lupi.»

La porta si spalancò e la faccia incarognita di una donna dapprima squadrò Disìr, poi lanciò uno sguardo torvo agli altri due.

« Entrate prima che arrivi qualcosa di peggio dei lupi.»

Si infilarono nello spiraglio aperto dalla donna, che richiuse la porta dietro di loro. Si trovavano in una astanteria non più larga di cinque metri. La ragazzina sedette su una panca che occupava una delle pareti della stanza. La donna era impegnata a chiudere con robusti chiavistelli e aste di acciaio la porta. A lavoro terminato, sarebbe stato assai difficile entrare.

Si voltò, mise le mani sui fianchi.

« Disìr, hai fatto tardi.»

« Colpa sua» rispose lei indicando Wilson, che allargò le mani.

« Non mi pare che tu sia riuscita a ucciderlo.»

« Ha fatto uno dei suoi trucchi mentali, mamma.»

« Lo sai che li fa. Ti ho addestrata a questo.»

Wilson tentò di intervenire.

« A onor del vero, Disìr ci è andata molto vicino.»

« Tu... Zitto!»

Wilson allargo le braccia assumendo un'espressione stupita, ma la donna non gli diede bado.

« Disìr, vai dentro e lasciaci parlare. Avrai altre occasioni, forse.»

La ragazzina con il broncio scese dalla panca e si diresse verso la porta che dava all'interno, lanciando occhiate velenose a Wilson. L'ospite, appena la figlia fu uscita, si rivolse a Calvin.

« E tu saresti?»

« Calvin Ross, signora. Grazie di averci accolto.»

« Almeno sei rispettoso. Ma quello zaino non ti appartiene. È di un Cacciatore. Cosa gli hai fatto?»

« Nulla signora. Me l'ha affidato prima che io e...»

« Un Cacciatore non dà mai via un suo zaino in questa maniera» lo interruppe lei.

« A meno che non ci sia di mezzo una Porta Rossa» interloquì nuovamente Wilson.

Più veloce di una serpe, dalla mano destra della donna si dipanò qualcosa di sinuoso. Solcò l'aria fino a un palmo dal volto dell'uomo e schioccò ferocemente. Con colpo deciso del polso la frusta tornò alla padrona, avvolgendosi attorno alla sua cintura.

« Ultimo avviso. Al prossimo intervento non richiesto, vado al volto.»

Wilson si risolse ad andare a sedere alla panca lasciata libera da Disìr.

La donna tornò su Calvin.

« Quindi una Porta Rossa.»

« Si, signora. A Juarez. Siamo arrivati poco fa grazie a un... Passaggio?»

« Sì, ho idea di cosa possa essere, anche se usarli oggigiorno è più un suicidio che una opportunità di muoversi rapidamente. A chi va la tua lealtà?»

Calvin guardò Wilson, poi la donna che pareva leggergli dentro gli occhi. Deglutì, abbassò lo sguardo e rispose.

« A me stesso, signora.»

« Una scelta saggia, in fede mia. Mi sarei aspettata che accompagnandoti a costui saresti stato più compiacente, invece no. Quindi i casi sono due: o sei abbastanza saggio da non perdere di vista te stesso per davvero, oppure fingi benissimo facendogli credere che sei fedele a lui. In ogni caso, non la vedo bene, come cosa.»

Calvin la guardò vagamente confuso, ma già lei si era spostata, piazzandosi davanti a Wilson. Lui alzò la testa per guardarla in volto.

« Vecchio, non sei atteso.»

« Anche per me è un piacere rivederti, Erika. Disìr cresce bene. Il Re Pescatore?»

« Lui sta benissimo, grazie. Sei così disperato?»

« Nella misura in cui devo vedere la Signora.»

« Non riesco a immaginare un motivo così determinante per scalzarti dal tuo esilio e, tra i mille posti che potresti visitare, scegliere proprio questo. Non è un bel periodo.»

« Non lo è per nessuno, Guardiana.»

« Posso ospitarvi stanotte e niente più.»

« Erika, devo vedere la Signora. A costo di rischiare di farmi divorare dai... Lupi.»

La donna sbuffò, picchettando con il piede rivestito di un robusto stivale di pelle borchiata. La mascella si induriva e si rilassava, mentre borbottava tra sé e sé.

« E va bene, maledetto. La Signora mi spellerà viva. Spero per te che ne valga la pena!» — Una volta entrati attraverso la seconda porta, che Erika si premurò di richiudere con la stessa cura della prima, si ritrovarono in un atrio enorme, che occupava due piani dello stabile. In stile Liberty, su due lati si elevavano due scalinate in marmo stile Impero che portavano al piano superiore. In mezzo alle due, una porta a mosaico in vetro fuso in intelaiatura di acciaio brunito. La raffigurazione era quella di una madonna avvolta da nubi che degradavano da un grigio piombo al nero. non fosse stato per le deboli luci retrostanti, sarebbe stato impossibile cogliere le gradazioni di colore. Fu a quella porta che si diresse la donna, seguita dai due ospiti. Con una grossa chiave che doveva avere secoli, tanto era grande e complessa nella struttura, Erika fece scattare la serratura e la aprì.

« Entrate.»

I due si infilarono nel breve pertugio e lei gli si fece dietro, serrando la porta nuovamente.

« Problemi di sicurezza? Vedo difficile che qualcuno riesca a entrare» commentò Calvin.

« Ragazzino, questa porta serve ad impedire di uscire, non di entrare.»

L'agente guardò Wilson, che scosse la testa sconsolato. Scesero lungo una scala in pietra, larga abbastanza per procedere affiancati spalla a spalla, illuminata da torce infisse nelle pareti a intervalli regolari. Discesero almeno due piani prima di ritrovarsi dinanzi a una stanza con il soffitto a volta altissimo. L'intera superficie era suddivisa da divisori realizzati con ampie lenzuola bianche sostenute da cavi tesi tra le pareti e le colonne che sostenevano la volta. Il rumore di sottofondo era un murmure intervallato a tratti da grida e lamenti. Erika non si fermò.

« Benvenuti al Lazzaretto.»

Wilson non perse il passo.

« Mi aspettavo di tutto, tranne quello di trovare un luogo di cura qui. Questa è una dimora oscura.»

« Alcune cose cambiano...»

« ... altre invece, no» intervenne una terza voce, provenendo da una delle stanze laterali.

Una figura reclinata a terra, vicino a un corpo esanime scosso da tremiti su una lettiga, si sollevò lentamente da terra. Ricoperta integralmente di una lunga veste nera, una volta in piedi rivelò essere una donna, dall'incarnato candido come la neve, cosa che metteva in risalto i suoi occhi neri e i capelli del medesimo colore, striati di lunghe ciocche rossicce. Magra, il volto quasi scavato. Teneva in mano un secchio di legno e una pezza che depose in equilibrio sul bordo. Lanciò un'occhiata a Calvin, ma riportò l'attenzione a Wilson.

« Sei invecchiato, Azrael.»

« Tu invece nemmeno di un anno» rispose prontamente lui, accennando un breve inchino.

Lei si lasciò sfuggire una risatina.

« Ancora dopo tanti anni, sei fermo al 1890.»

« Quando tutto è cambiato.»

« Guardiana, per favore, puoi controllare che tutto proceda?»

Lei fece un cenno di assenso, guardando poco convinta Calvin.

« Seguitemi, andiamo in un posto più tranquillo.»

I due si accodarono alla loro nuova guida. Camminavano tra i filari di giacigli occupati da uomini e donne con lo sguardo perso nel vuoto, alcuni inerti, altri letteralmente legati al letto per evitare che i loro tremiti li facessero cadere.

« Non ti facevo dedita alla taumaturgia.»

« Azrael, come dicevamo pocanzi, alcune cose cambiano.»

« Beh, è una interessante novità» riconobbe Wilson, guardandosi attorno « Posso chiedere chi sono? Gente di Friburgo rimasta ferita?»

« Sono tutti Baciati dall'Oscurità.»

Calvin si fermò di colpo.

« Sta dicendo che sono stati colpiti dal Buio... e sono ancora vivi?»

Lei si voltò a guardarlo.

« Così è. Il suo tocco purtroppo è stato spietato. Tutti han perso la ragione. I più fortunati sono vivi ma moriranno di inedia a breve: non mangiano, non bevono. Si spegneranno. I meno fortunati, invece, sono vivi ma con la mente completamente sconvolta. Poche frasi sconnesse, la più ricorrente è arriva, arriva il Buio. Conducono un'esistenza elementare, scossa da accessi violenti che teniamo a bada. Ma nient'altro risiede in loro.»

« Ma Signora, questo è il primo posto dove qualcuno sopravvissuto al Buio è vivo. In tutti i Protettorati della terra non si sono mai registrati ritorni, in alcuna condizione fisica o mentale possibile!»

« Ma qui siamo a casa mia, giovanotto.»

Lei guardò Wilson.

« Ragazzo singolare, quello a cui ti accompagni.»

Prima che lui potesse rispondere, riprese a camminare. Solo si voltò a far cenno all'altro di seguirli e di stare zitto. Una volta rimessosi al passo, Wilson pose una domanda.

« Ti credevo alla tua dimora nella foresta.»

« Il Buio non guarda in faccia a nessuno, Wilson. Sono potente, ma non ho inteso rischiare. Con me c'erano anche la Guardiana e la Piccola, ho dovuto tenerne conto.»

« Ma perché questa dimora? Tra le tante, intendo.»

Mentre camminava lei sollevò i suoi occhi neri su di lui, con espressione divertita.

« Ti preoccupi? Tipico. La Mater Tenebrarum ha lasciato la Casa molto tempo fa. Il suo trono era vacante da un bel pezzo. Chissà che fine ha fatto. Direi che sostituire una Mater Tenebrarum con una Mater Obscura è stato quasi... naturale.»

Wilson, a sentire quei due nomi, ebbe un brivido lungo la schiena.

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Nella Nebbia

Raggiunsero quella che sembrava un piccolo laboratorio. Al centro della stanza era posizionato un tavolo quasi interamente ricoperto di fiale, alambicchi, pestelli, mortai. Sulle pareti laterali si trovavano scaffali ripieni di libri e altre bottiglie piene di liquidi dai colori più vari. Gli odori si mischiavano in una congerie difficilmente distinguibile: lavanda, cannella, chiodi di garofano, rosmarino e chissà cos'altro.

Calvin chiuse la porta dietro di sé e si mise leggermente di lato per non disturbare la chiacchierata che si stava chiaramente per delineare tra il Professore e la Strega. Perché lei era evidentemente La Strega di cui tutti parlavano.

Prese posto su uno scranno a capotavola, raccogliendo le gambe al petto e lasciando i piedi nudi appoggiarsi al bordo.

« Forza, Azrael, ora dimmi cosa ti porta qui. È una bella scarpinata dalle coste scozzesi, con i tempi che corrono.»

« In effetti, per arrivare qui ho fatto un giro niente male. Prima tappa Providence, poi Juarez.»

« Sei passato da casa tua, quindi?»

« È stato un passaggio necessario. L'Agente Ross qui presente era venuto a trovarmi, in precedenza. Ma le sue informazioni erano state parziali. Quel tanto che basta per farmi lasciare la costa.»

La Strega guardò quasi ammirata Calvin.

« Impresa non da poco, ragazzo. Non ti avrei dato un nichelino, a guardarti. E cosa ti ha raccontato, il signorino?»

« Che Shiryu è scomparso.»

L'espressione della donna raggelò all'istante.

« Che... cosa?!?»

I lunghi capelli neri vennero percorsi da sottilissime scariche di energia rossastra e nel contempo si allungarono sino a toccare terra, circondando il volto della Strega di un alone rosso oscuro.

Wilson non sembrò preoccuparsene.

« L'Agente Ross, con una azione alquanto imprudente, mi ha raggiunto in Scozia per portarmi a Providence. Non ci è riuscito al primo colpo, poi mi ha detto che Shiryu era scomparso. Allora mi sono messo in moto, recandomi a Providence dove ho parlato con un colonnello del Protettorato. Appena ho scoperto l'ultimo luogo dove è stato visto Shiryu, con Mytrin e Draco sono andato di corsa a Juarez e da lì con l'aiuto dell'Antiquario sono riuscito ad arrivare qui. Non sono riuscito a fare prima.»

La Strega era scesa dallo scranno con movenze simili a quelle di un serpente che svolge le sue spire, una a una. I lunghi capelli crepitanti di energia ormai erano striati di rosso. Tese una mano con il palmo aperto verso i due uomini. Calvin venne inchiodato al muro alla quale si era addossato, incapace di muoversi. Con gli occhi spalancati, guardava a turno Wilson e la donna chiaramente alterata, incapace di proferir verbo.

« Dove sono i Cacciatori, ora?»

« Sarebbero venuto con noi, ma proprio quando il Passaggio si è aperto è apparsa una Porta Rossa al Santuario de la Santa Muerte di Juarez. L'Antiquario era sfinito per l'apertura del passaggio, pertanto loro si sono fermati a dare una mano. Io e l'Agente Ross abbiamo proseguito per raggiungerti.»

La mano testa della Strega si chiuse a pugno. Nel medesimo istante dal muro e dal terreno uscirono dei viticci, simili a radici di albero che, animati, si avvolsero strettamente attorno a Calvin. Nel giro di pochi secondi l'agente era trattenuto contro al muro e avvolto in un groviglio di radici. Due di esse si sollevarono, appuntite, fermandosi a pochi centimetri dai suoi occhi. Lei si fece avanti.

« Dove, dove si trova Shiryu?»

« Bouvetøya!» rantolò Calvin, terrorizzato « L'isola di Bouvetøya!»

La Strega chinò il capo di lato, squadrandolo.

« E perché si sarebbe recato in quel luogo tanto remoto?»

« Perché... laggiù abbiamo una stazione... di ricerca... sul Buio!»

« Shiryu non sarebbe mai andato volontariamente verso il Buio!»

« Invece è stato proprio lui a volerci andare!» ribatté Calvin con la voce rotta, i due viticci che gli danzavano pericolosamente davanti alle pupille, aspidi pronti a colpire « È il nostro capo ricerche e ha detto che doveva controllare più da vicino alcune sue teorie! Abbiamo provato a dissuaderlo, ma non c'è stato verso!»

Gli occhi della donna divennero neri, persino la sclera perse colore divenendo un unico con iride e pupilla. Volse lo sguardo a Wilson.

« Questa è colpa tua.»

« Mai negato che la sua testardaggine fosse cosa mia» ammise lui, alzando le mani in segno di resa.

« Cosa centra Shiryu con il Buio? L'abbiamo sempre tenuto lontano dal nostro mondo.»

« Lo sai che su questa e molte altre cose che lo riguardano siamo sempre stati d'accordo. Lui è il Matematico per i Mortali e ci sarà un perché lo è. Il suo approccio deve essere andato oltre il razionale, a questo punto.»

« Aritmologia? Simbologia Numerica? Cosa? Cosa lo ha attirato?»

« Ci ho riflettuto, mentre eravamo in volo. Mi viene da dire che sia la sua insaziabile curiosità ad avergli dischiuso vie sinora precluse.»

Lei tornò su Calvin.

« Siamo sicuri che ha detto tutto? Cosa ci nascondi, agente?»

I due viticci aguzzi vibrarono, come sonagli di un serpente a sonagli.

« Ho detto quello che so! Professore! Glielo dica! Lei ci ha interrogato a Providence e sa che non le ho nascosto nulla!» la voce era intrisa di terrore puro.

Wilson si mise di fianco alla donna.

« Agente Ross, tu pensavi che io potessi essere una minaccia, quando sei venuto a trovarmi. Rispetto alla Mater Obscura io non sono nulla. Ti è chiaro?»

« Sì! Sì!»

« Sei altrettanto sicuro di non averci nascosto nulla?»

« Sicuro!» gli sgorgarono lacrime dagli occhi impauriti.

La voce della donna mormorò.

« Løse opp!»

I viticci si dissolsero, rapidamente come erano apparsi. Calvin tornò a respirare, ma non si mosse dalla parete. La paura di cadere a terra dopo la prova appena subita era troppa. I capelli della Strega tornarono della lunghezza naturale, il crepitare si spense, la sclera degli occhi tornò ad imbiancarsi.

« Devo prepararmi e fare in modo che le cose qui proseguano in mia assenza» annunciò con la semplicità di una cosa assodata e certa.

« Va bene. Quanto ti ci vuole?»

« Qualche ora. Approfittatene per riposare. Soprattutto lui.»

Lanciò un'ultima occhiata sprezzante a Ross e poi uscì dalla porta. L'agente guardò Wilson.

« Almeno gli altri non mi hanno menato. Ma che problemi ha?»

Wilson guardò la porta chiusa e mise le mani sui fianchi, assumendo un'aria pensosa.

« Di almeno due sono a conoscenza, diciamo così.»

« E sarebbero?»

« È stata mia moglie ed è la madre di Shiryu.»

Calvin rimase nuovamente senza parole.

Ross venne svegliato da Wilson con un breve scossone a un braccio. Per poco non volò per terra dalla panca dove si era steso. Gli pareva di essersi appena assopito, invece il display digitale del suo orologio gli diceva che aveva dormito quasi cinque ore.

Wilson aveva aperto lo zaino lasciatogli da Draco e aveva estratto numerosi oggetti, molti dei quali erano ordinatamente esposti sul tavolo.

« Preparati, lì c'è la tua parte.»

L'agente si mise seduto, sbadigliando, poi lo raggiunse al tavolo osservando quanto indicato: si trattava di una tenuta artica completa. Dagli scarponi alla giacca dotata di cappuccio e visiera incorporati. Sbatté gli occhi un paio di volte, poi un pensiero gli passò la mente.

« Ma, Professore, com'è possibile che tutto questo materiale fosse dentro quello zaino? È...»

« Stai per dire fisicamente impossibile? Si chiama Tecnologia Spazio Zero e non ho assolutamente idea dei principi che ne stanno alla base né chi l'abbia inventata. So solo che i Cacciatori se ne avvalgono da tempo per il trasporto di tutti i loro carichi.»

« Oh...»

« Quante cose stai imparando, Agente Ross. Ora, vestiti. Stiamo per andare al freddo.»

Calvin stava per fare un'altra domanda, ma un'occhiata di Solo lo dissuase dal farla in quel momento. Meglio vestirsi. Avevano appena concluso quando la porta si aprì e apparve La Strega, vestita esattamente come l'avevano lasciata. Li guardò con occhio tra il divertito e il poco convinto.

« Ma come vi siete ridotti?»

« Noi non possiamo fare conto sugli Elementi come farai sicuramente tu. Stiamo per andare in uno dei posti più freddi della terra e dobbiamo prepararci al peggio. Se la stazione di ricerca fosse danneggiata o non funzionante, non avremo un rifugio caldo per molto tempo. E suppongo che tu non possa estendere a noi la tua protezione.»

« Non per un tempo indefinito, ovviamente. In caso di emergenza, posso farlo.»

« Questo è confortante. Ross, sei pronto?»

L'agente era talmente inguainato nella tuta artica che si muoveva a fatica. Fece un ok con la mano guantata.

Wilson rise.

« Tranquillo, tra poco ringrazierai di essere così goffo.»

Poi si rivolse alla Strega.

« Siamo nelle tue mani. Fai strada.»

Lei si voltò e camminò verso un corridoio laterale, seguita dai due imbacuccati e carichi dei rispettivi zaini. Ad attenderli stavano Erika e Disìr.

« Sorella, tento di tornare il prima possibile.»

« Non ti preoccupare. Con l'Alipha che ci hai lasciato, resisteremo a lungo.»

« Sai che non mi fido molto di quegli oggetti. Sono tropo potenti e... bizzosi. Tuttavia non c'è scelta, per ora.»

« Speriamo non lo siano proprio in tua assenza. Io e Disìr faremo buona guardia.»

« Non potrei lasciare la casa in mani migliori.»

Passò oltre, seguita dai due. Quando Wilson le fu davanti, Erika borbottò.

« Spera che non le capiti nulla.»

« Lo speriamo tutti» fu la laconica risposta dell'uomo.

Man mano che procedevano lungo il corridoio, Calvin si accorse che ormai aveva gli scarponi immersi in una sorta di nebbiolina che ora nascondeva il pavimento. Sembrava ghiaccio secco che evaporava. Si voltò indietro e non vide più né la Guardiana, né la figlia.

« Professore, sta accadendo qualcosa.»

Solo prese una delle corde di sicurezza che gli pendevano dalla cintura e la assicurò alla medesima corta che si trovava alla cintura di Calvin.

« Questa è per evitare che ci perdiamo. Stiamo entrando nella Nebbia.»

« Questo lo vedo. Ma è pericolosa?»

« Se seguiamo la Strega, diciamo di no. Ma non si può mai sapere. Manteniamo qualche passo di distanza e, in caso di necessità, dai un tiro. Resteremo sempre a portata di voce.»

Man mano che camminavano, la nebbia si infittiva e si sollevava, andando ad occupare integralmente il corridoio. Non era umida, ma era densa al punto che Calvin perse di vista Wilson.

« Professore?» e diede un tiro alla corda.

« Stai calmo, agente. Sono qui davanti a te. Non ti vedo, ma sento la corda. Cammina, respira regolare e sii paziente. Non so quanto durerà il viaggio. Cammina.»

« Va bene.»

Ci misero poco a perdere la cognizione del tempo e, bardati com'erano, diventava difficoltoso maneggiare gli oggetti più minuti e delicati, come orologi e tablet. Calvin ci rinunciò praticamente subito, preferendo concentrarsi sul cammino. L'uniformità cangiante della nebbia che si avvolgeva su se stessa creava un sottofondo visivo ipnotico, in grado di indurre una sorta di stato onirico. Più volte l'agente ebbe la sensazione di cogliere ombre fugaci o figure a malapena riconoscibili immerse in quel candore lattiginoso.

Poco più avanti, Wilson ebbe un sobbalzo quando al suo fianco si materializzò la Strega.

« Sempre teso, eh?»

« Sempre. Dannazione, Kirsten, mi hai fatto prendere un colpo. Come procediamo?»

« Al momento nulla mi fa pensare al peggio.»

« Peggio sarebbe?»

« Essere smembrati un po' in tutto il mondo. Un pezzo qui, uno là. Sai com'è.»

« Fortunatamente no. Ma mi fido.»

« Perché Shiryu si è immischiato in questa cosa?» domandò lei a bruciapelo.

Wilson sospirò a fondo.

« Il Buio, Kirsten. Il Buio ha cambiato tutto. Oltre ad aver scombinato la vita di noi tutti e aver prodotto un collasso globale, ha messo in discussione tutto quello che avevamo preparato per lui.»

« Io non riesco a farmene una ragione! Tra le tante cose, proprio in questa doveva invischiarsi? Non gli bastavano i suoi enigmi matematici?»

« Lo sai che lui vede in ogni cosa i suoi amati numeri. Il Buio è l'enigma perfetto dei nostri tempi. Qualcosa lo ha sicuramente colpito al punto da intromettersi nella questione.»

« Io non mi fido di quell'agente.»

« Mi fido ancora meno del Protettorato dal quale dipende. E parlo di quello di casa mia. Da quello che ho capito, Shiryu stava lavorando per loro, quando è partito per l'isola.»

« Ecco, appunto. L'unica cosa decente di tutto questo è che quella è terra mia.»

« Vero, anche se non credo che in questo momento la corona norvegese abbia tempo e voglia di dedicarsi a quel pezzo di terra sperduto nell'oceano.»

« A me viene da chiedermi perché un centro di ricerca non norvegese si trovi laggiù.»

« Da quel che ho capito, i Protettorati fanno fronte comune. Forse un patto di ricerca comune.»

« Bella conventicola, quella.»

Wilson si voltò a guardarla, trovando i suoi occhi neri.

« Teniamoci pronti a tutto. Per Shiryu.»

« Aye, Azrael.»

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Sommario
Pilot - Prologo
Il Colonnello e l'Agente
Missione Compiuta
Rendez vous
In volo
La Via de la Santa Muerte
Il Passaggio
La Foresta Nera
Mater Obscura
Nella Nebbia
Season Finale - Bouvetøya

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Mondo Oscuro / World Obscure by Wilson Solo aka Lo Zio is licensed under CC BY-NC-ND 4.0