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informazione

The Post Internazionale, 11 dicembre 2021

di Giulio Cavalli

I cosiddetti Stati autoritari che vengono bastonati (giustamente) dalle organizzazioni umanitarie potrebbero prendere appunti: è possibile perseguitare un giornalista senza sgualcirsi il polsino, con la faccia pulita degli esportatori di democrazia e confidando in una stampa internazionale morbida e distratta.

Julian Assange ha pubblicato file diplomatici che hanno permesso al mondo di conoscere gli intrighi degli Stati Uniti, i crimini commessi nelle cosiddette missioni di pace e un’enorme mole di violazioni della legge da parte dello stesso governo che promette di difenderla. Assange non è diverso dai tanti giornalisti eroi che vengono giustamente celebrati per avere fatto conoscere ciò che il potere vorrebbe tenere nascosto, Assange non è diverso dai testimoni di giustizia che venendo a conoscenza di crimini decidono di renderli pubblici per assicurare la giustizia stessa, Assange non è nemmeno molto diverso dai giornalisti che qui in Italia hanno fatto la storia dell’antimafia quando l’antimafia era una cosa seria, che non si limitava alle beghe di quattro picciotti ma mirava a scardinare i gangli più alti del potere e le sue collusioni mafiose.

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