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Veckatimest () è il terzo album in studio della band indie rock americana Grizzly Bear, pubblicato il 26 maggio 2009 su Warp Records. L'album prende il nome da Veckatimest Island, una piccola isola nella contea di Dukes, Massachusetts. Prodotto dal bassista e polistrumentista Chris Taylor, l'album è entrato nella classifica Billboard 200 degli Stati Uniti all'ottavo posto, vendendo 33.000 copie nella prima settimana di uscita. A settembre 2012, l'album aveva venduto circa 220.000 copie negli Stati Uniti. Nel 2010. Ha ricevuto una certificazione d'oro dall'Independent Music Companies Association che indicava vendite di almeno 100.000 copie in tutta Europa. L'album è stato anche incluso nell'edizione del 2011 del libro 1001 Albums You Must Hear Before You Die.


Ascolta: https://album.link/i/313355630


 
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from Cambiare le cose

Durante i mesi caldi, sui prati vicino a Ladispoli, dove abito, si vedono spesso lunghe file di formiche che si muovono da una tana nel terreno a un'altra, distante anche parecchi metri. Ho anche caricato un paio di video sul mio canale YouTube, se volete vederli ve li linko qui e qui. Si tratta di Messor capitatus, formiche diffuse nel Centro-Sud d'Italia e dette anche formiconi neri a causa delle loro notevoli dimensioni, che possono raggiungere anche i 12-16 mm nelle operaie major. Si nutrono si granaglie, da qui il nome Messor, mietitrici, e hanno diverse caste di operaie, con dimensioni e compiti diversi. Messor capitatus Perché vi sto parlando di formiche? Sono animali interessanti, ma cos'hanno a che fare con il tema di questo blog? Il punto è che queste formiche, come si vede bene nel video, muovendosi tra un buco e l'altro, lasciano un segno, una traccia sul prato dove non c'è più erba. Questa cosa mi ha molto colpito: come può un esserino lungo poco più di un centimetro incidere così tanto sul paesaggio attorno a sé? La risposta è ovvia: non si tratta di una sola formica, ma di tante. M. capitatus forma colonie composte da circa 5000 individui e, quando si muovono tutti insieme, i piccoli effetti causati da ciascuno di loro si sommano, creando una traccia visibile. E questa mi sembra una perfetta metafora su ciò che possiamo fare noi umani per cambiare le cose: se 5000 insetti lunghi un centimetro e mezzo possono lasciare un segno tangibile, cosa possono fare altrettanti umani 100 volte più grandi? E non sto parlando di impronte su un prato, ma di effetti più sostanziali. Ho smesso di contare le volte in cui mi sono sentito dire che i singoli non possono fare la differenza, che risparmiare elettricità non serve perché le industrie ne consumano molta di più, che non usare l'auto è inutile perché le fabbriche, le navi mercantili, le centrali inquinano anche se andiamo a piedi, che ridurre il consumo di carne, acqua, plastica, risorse non ha effetto perché tanto ci sono sprechi molto più grandi che non possiamo controllare... Andatelo a dire alle formiche. Andatelo a dire alle 5000 M. capitatus che hanno lasciato il solco nel prato, o alle migliaia di Formica rufa che costruiscono nidi nei boschi (vi lascio un video anche di queste). Come fanno? Lavorano assieme, ecco come fanno. Senza che nessuno le diriga, lo fanno perché la collaborazione e, incidentalmente, il concetto che il bene della colonia è più importante di quello del singolo individuo, sono codificati nel loro DNA. La nostra società è immensamente più complessa di quella delle formiche, così come il nostro cervello. Noi non siamo guidati dall'istinto o da stimoli biochimici, noi abbiamo facoltà di scegliere. Quando non facciamo la differenziata, quando prendiamo l'auto per percorrere 500 metri, quando teniamo il riscaldamento a 25°C o il condizionatore a 18°C, quando compriamo frutta fuori stagione che ha viaggiato per gli oceani di mezzo mondo prima di arrivare da noi, abbiamo scelto di fregarcene di tutto quello che sta al di fuori della nostra piccola bolla personale, abbiamo scelto di mettere il nostro benessere immediato davanti a quello futuro della società e dei nostri figli. E raccontandoci che tanto le nostre azioni individuali non hanno effetto, stiamo prendendo per il culo gli altri e noi stessi. Perché siamo troppo pigri e ipocriti per ammettere che degli altri non ce ne frega una beata mazza, nemmeno se saranno i nostri figli a dover vivere in un mondo sempre più ostile per la razza umana. Le nostre azioni individuali contano. contano quando si sommano alle azioni dei nostri vicini, contano quando fanno da esempio per gli altri, contano quando stimolano altre persone a comportarsi come noi. Non mi credete? andate a vedere la spiaggia libera di Ladispoli, o alcuni tratti della Braccianese, o certe zone di Roma. spiaggia di Ladispoli La merda che vedete per terra non è il risultato dell'azione dolosa di un singolo criminale, ma la somma di tanti piccoli gesti d'incuria e maleducazione dei singoli, che hanno trasformato una piaggia, un prato o una strada in tanti immondezzai. Perché i gesti dei singoli hanno conseguenze. Nel bene e nel male. E adesso, se volete, pensate pure i piccoli gesti per migliorare il mondo non servano a niente.

 
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from chiaramente

Aridi pensieri ingarbugliati Bianco grattare di geiger impazzito. Senza catarsi emotiva C'è solo un triste presagio E una domanda ostinata Orfana di risposta.

 
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from jens

Sermone narrativo su Geremia 20,7-13

Mi chiamo Geremia, figlio di Chilchia, della città di Anatot, un piccolo villaggio nel territorio di Beniamino, non molto lontano da Giuda e Gerusalemme. Anatot è un nome che forse pochi di voi hanno sentito, eppure, è proprio da qui, da questa terra umile e tranquilla, che la mia vita è stata sconvolta.

Non sono nato in una famiglia di profeti né di uomini potenti, mio padre era un semplice sacerdote e abituato ai rito al tempio di Gerusalemme. Forse sapete che il Tempio era il nostro punto di culto centrale e unico per quanto riguardava i sacrifici. Credevamo che proprio nel Tempio Dio avesse la sua abitazione qui in Terra. C’erano molti riti, tutti circolavano attorno al sacrificio, infatti giorno e notte dal Tempio si vedeva la stele di fumo salire verso il cielo e portare l’odor soave degli sacrifici verso Dio per calmarlo.

Tutto era rituale e perfetto. Il nostro contatto con Dio, così mi insegnava mio padre, si limitava a portare dei sacrifici per purificarci e poter sussistere davanti a Dio. Ma avere contatto con Dio oltre ai riti nel Tempio non era previsto.

Perciò, nel giorno in cui la voce di Dio si fece sentire, la mia esistenza cambiò per sempre. Non chiesi di essere scelto. Anzi, avrei voluto tutto fuorché questo. Ma Dio ha scelto me, e con la Sua chiamata, ha cominciato a scrivere una storia che avrei dovuto vivere, una storia che non avevo mai immaginato, al di fuori del modo in cui vivevo prima la mia religione.

Quando il Signore mi rivolse la sua vocazione, non ero preparato. Ero solo un giovane, un ragazzo senza esperienza, che non aveva mai pensato a grandi cose, che non aveva mai avuto ambizioni particolari.

Mi trovavo nel pieno della mia vita, nei miei sogni di adolescente, quando quella voce interruppe tutto. Il Signore mi chiamò nel tredicesimo anno del regno di Giosia, figlio di Ammon, e subito la Sua parola mi fece tremare. «Prima che io ti avessi formato nel grembo di tua madre, io ti ho conosciuto; prima che tu uscissi dal suo grembo, io ti ho consacrato e ti ho costituito profeta delle nazioni» mi disse.

Non riuscivo a credere a ciò che stavo udendo. Era come se il mio mondo fosse stato capovolto in un istante, come se una realtà che avevo sempre conosciuto fosse improvvisamente scomparsa, lasciando al suo posto solo una grande confusione, perché finora Dio per me era relegato al tempio e basta. Non pensavo che potesse parlare a me. Certo, nei rotoli sacri Mosè aveva contatto diretto con Dio, ma erano altri tempi. Oramai eravamo liberati dalla schiavitù e avevamo la nostra terra promessa e sacra. Avevamo, in fondo siamo solo noi, le tribù di Beniamino e Giuda, perché le altre sono state deportate dagli Assiri oltre 100 anni fa e non sono mai tornate.

In quel momento in cui Dio mi parlò, il mio cuore era un groviglio di emozioni e di pensieri. Sentivo un peso enorme sulle spalle, una chiamata che non mi faceva sentire speciale, ma piuttosto schiacciato, spaventato.

Non c'era nulla di glorioso in questo compito. La mia mente non riusciva a concepire come un ragazzo come me, senza esperienza, senza forza, potesse portare il peso di un messaggio così grande.

Come avrei potuto annunciare la fine di Gerusalemme? Come avrei potuto dire al popolo che Dio li avrebbe giudicati e che la loro rovina era imminente? Io, così giovane, senza autorità, senza supporto, come avrei mai potuto farlo? Cosa avrebbe detto mio padre che di Dio si sarebbe dovuto intendere?

Il dubbio mi assaliva. Mi sentivo insignificante di fronte a quella chiamata. «Ahimè, Signore, Dio, io non so parlare, perché non sono che un ragazzo» dissi, con la voce tremante, tentando di respingere quella responsabilità che mi stava schiacciando. Mi sembrava di essere inadeguato, fragile, incapace.

La paura mi divorava, e la sensazione di non essere all’altezza di una simile missione mi paralizzava. Come potevo andare avanti con questa chiamata? Come potevo affrontare la violenza del mondo con la mia voce tremante e il cuore pieno di incertezze?

Ma la risposta che mi diede il Signore non fu un conforto nel senso che mi aspettavo. Non mi disse che sarebbe stato facile, non mi promise che sarei stato compreso. Mi disse: «Non dire: “Sono un ragazzo”, perché tu andrai da tutti quelli ai quali ti manderò e dirai tutto quello che io ti comanderò. Non li temere, perché io sono con te per liberarti»

Non c'era spazio per le mie giustificazioni. Non c'era spazio per le mie paure. C’era solo la Sua volontà, che mi spingeva ad obbedire.

Non riuscivo a liberarmi di quella sensazione di essere troppo giovane, troppo fragile. La mia mente si riempiva di domande. Come avrei potuto affrontare le dure parole che mi sarebbero state rivolte? Come avrei potuto dire che Dio avrebbe punito il popolo, che la città sacra sarebbe stata distrutta, che tutto ciò che avevamo conosciuto sarebbe crollato?

Il pensiero di affrontare i miei compaesani, i sacerdoti, il re, mi riempiva di orrore. Sapevo che non avrebbero mai voluto ascoltarmi, che avrebbero visto in me solo un ragazzo senza esperienza. Eppure, quella voce non smetteva di risuonare, insistente, imperiosa.

In quei momenti, il mio spirito era dilaniato. Da una parte, sentivo il peso della chiamata. Dall’altra, mi sentivo schiacciato dal timore di non essere capace, di non poter compiere ciò che mi veniva richiesto. Non ero pronto. Non ero forte. Non ero esperto.

C’erano altri, sicuramente, che avrebbero potuto farlo meglio di me. Eppure, Dio mi aveva scelto. Quella consapevolezza mi sovrastava, mi faceva sentire impotente. Le sue parole mi costringevano ad accettare un destino che non avevo scelto, che non desideravo.

Eppure, c’era un fuoco che mi bruciava dentro, una spinta che non riuscivo a fermare. Non potevo più fare a meno di parlare, di annunciare ciò che avevo visto, ciò che il Signore mi aveva rivelato.

Il compito che mi era stato assegnato era difficile, troppo difficile. Dovevo denunciare la corruzione, la falsità, la disobbedienza del popolo. Dovevo predire la rovina di Gerusalemme, il crollo di un mondo che era il mio mondo, quello che avevo sempre conosciuto.

Dovevo dire loro che non c’era speranza, che la fine era vicina, che Dio li avrebbe puniti per la loro infedeltà. E mentre mi preparavo a farlo, il cuore mi si riempiva di tristezza e di paura. Non volevo essere il portatore di una cattiva notizia. Non volevo essere quello che avrebbe segnato il destino del popolo con le sue parole.

Il mio corpo tremava quando dovevo parlare, e la mia mente era tormentata. Ogni volta che annunciai il giudizio di Dio, sentivo le reazioni del popolo: il disprezzo, la rabbia, la negazione. Mi chiamavano profeta di sventura, traditore della nostra terra.

I sacerdoti e i re mi guardavano con odio, cercavano di zittirmi, di farmi tacere. Ma non potevo. Non riuscivo a farlo. La mia bocca, nonostante la paura, non riusciva a fermarsi. Le parole di Dio mi bruciavano dentro, non c’era modo di controllarle. Come un fiume in piena, la verità doveva essere pronunciata, anche a costo della mia vita.

C’era una solitudine che mi avvolgeva ogni giorno di più. Nessuno mi capiva. La mia famiglia mi aveva abbandonato. Mio padre mi ha cacciato di casa, non ero degno di seguire le sue orme e fare sacrifici al tempio. I miei amici mi evitavano, e il popolo mi disprezzava. Ogni passo che facevo mi portava sempre più lontano dal mondo che conoscevo, e mi avvicinava alla solitudine del profeta, alla solitudine di chi ha ricevuto una chiamata che non può sfuggire, ma che lo consuma dall’interno.

Spesso mi chiedevo perché Dio avesse scelto proprio me, perché non avesse scelto qualcun altro, qualcuno più esperto, più potente, più in grado di affrontare la missione che mi aveva dato. In quei momenti di disperazione, mi veniva da urlare: Tu mi hai persuaso, mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre, tu mi hai fatto forza e mi hai vinto; io sono diventato, ogni giorno, un oggetto di scherno, ognuno si fa beffe di me.

“Perché, Signore? Perché mi hai scelto per soffrire così tanto? Perché non hai scelto qualcun altro?” Ma, alla fine, una risposta non arrivò. Eppure, nonostante tutte le mie incertezze, nonostante i miei dubbi, non potevo fermarmi. Non potevo.

E allora, mi ritrovavo a parlare, a predicare, a denunciare la malvagità e la falsità del popolo, ma anche a sperare. Sì, sperare, perché sapevo che, nonostante tutto, Dio aveva ancora un piano. La Sua promessa di restaurare Israele non sarebbe mai venuta meno, anche se il cammino sembrava buio e doloroso.

E così, tra il dubbio e la speranza, tra il dolore e la fede, la mia vita è diventata una testimonianza del difficile cammino di chi obbedisce alla chiamata di Dio, senza sapere come finirà, ma con la certezza che quella chiamata è la vera vita, anche quando tutto sembra andare contro di te.

Ecco il mio cammino. E nonostante i dubbi, nonostante la solitudine, continuo a parlare. Perché, in fondo, non posso fare altro.

 
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from Solarpunk Reflections

I was at the library a few days ago, chatting with another longtime fan of scifi. He was older than me, perhaps in his fifties, and despite not being very up-to-date with politics or current events, with what's happening with Musk in USA or China, he's also heard of this idea of colonizing Mars.

He immediately pointed out that it was bullshit, and he was sure that it wouldn't be feasible within our lifetimes: we're yet to manage a stable, manned base on the Moon, let alone Mars; we're yet to manage the runoff chemicals within our own atmosphere, let alone create a breathable one from scratch.

He said all this as a passionate reader of the Mars Trilogy by Kim Stanley Robinson, so he has an idea of what it takes to terraform a whole planet or even place a manned base. This knowledge safeguarded him against the narrative that Musk is trying to build around Mars (which, as a matter of fact, is the only thing that can be built at present).

Of course, that conversation made me reflect. As a scifi writer myself (albeit still an amateur), I had always believed that the only way to have a tangible impact on the reader was to provide imaginary alternatives (be they positive or negative) to our current world, with a great disdain for neutral visions, those who are agnostic towards the future. And yet, writing about technology in and of itself can be useful as a social antibody, rhetorical if you will: readers of scifi already have an idea of the necessary conditions for certain technologies to emerge, spread and have meaningful impacts on society and ecosystems at large. This awareness helps them spot the underlying flaws of the rhetorical somersaults that the Silicon Valley or the powers that be try to spin, which are more often than not fallacious and based on nothing more than a dreadful mix of vibes and economic interests.

Science fiction, as my friend Margherita suggests, can be declined in various ways: from dystopia to utopia to space exploration, but first of all it originates as a critique to scientific progress. Now, since we live in a time when the scientific point of view (and science in general) is the dominant mode of interaction with the world and even with nature (but also with various elements of society), science has almost risen to the level of a faith: faith in progress no matter the cost, faith in technical solutions to social or political problems, faith in technology as a set of tools that cannot be anything else than positive. Whoever contradicts the tenets of this faith and dares criticize the benefits of progress or shed light on the required sacrifices is immediately delegitimized and labelled as a luddite or primitivist. In this sense, writing and reading stories that are deemed heretic is crucial to provide a counternarration, to contradict the dominant framing of progress as inevitable and inevitably positive.

These musings are, of course, also borne of a time when the discourse on artificial intelligence has already penetrated everyone's life, even those of us that are least interested in discussing technology or work. These AI have been either promoted as revolutionary technologies that will free mankind of toil, or touted as a looming, world-ending threat that will oppress humanity and can only be stopped by surrendering all policymaking powers to the same companies that develop them. What could go wrong, after all?

Science fiction readers, however, have already been discussing the idea of artificial intelligence for over sixty years: they have, indeed, been the first to point out that a mere virtual parrot won't free anyone from construction sites, cleaning offices or assisting patients. Scifi then becomes a crucial channel for citizens to interact with ideas and possibilities brought forth by technological advancements before these are brought into the world. It becomes a discipline ancillary to ethics, which should intervene upstream to examine the flowing consequences, whether these will be beneficial or harmful, safe or dangerous, before the touted innovations flood our lives without any embankments or protection measures in case things turn out worse.

Writing and reading science fiction also means being able to tell apart which stories can shed light the fault lines of progress, technological advancements or our current relationships with technology, and which don't say much in this regard. In the last few decades, perhaps since the Star Wars saga has become a global phenomenon, the mainstream has seized most of the scifi imagery, twisting it to the requisites of the dominant narration and removing most elements of reflection, speculation or critique to progress. Quoting my friend Paweł, it's a medieval knight story with a few lasers on top.

Let's make an example: the latest Avatar, the Way of Water. Despite having several elements that belong in scifi (exploring an alien planet, battlesuits, interstellar travel and resource harvesting), it never delves into the relationship with such technologies and rarely and shallowly explores that among humans and aliens, or between humans and the ecosystem in which the aliens live. Sure, Spider is a human and needs a mask in order to live with the na'vi, but it's never a limit, a burden, an advantage or anything that highlights the differences between him and his friends. It is reduced to a character quirk. Avatar is, in essence, a story about colonialism that could be very well told in any terrestrial setting, without summoning aliens or mechas.

This is just an example, but there are plenty of space operas that don't really bother with exploring the role of technology or our relationship with it, but simply use it as a vibe because it's popular, and many scifi fans are content with that. To many, it's enough to feel in space, seeing spaceships and missiles and nothing else.

Our resolution, as writers and readers, should be to resist being “just fans” and instead approach science fiction with a more critical eye; to become the vaccine of the future, which aids the lacking immune system by communicating dangers within before the become a full-fledged ailment.

 
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from CASERTA24ORE

Libri. “Il genio di Giovanni Falcone. Prima il dovere”, la presentazione di Caserta

Il 19 marzo 2025, alle ore 11:00, nella Sala Romanelli della Reggia di Caserta, avrà luogo la presentazione del libro “Il genio di Giovanni Falcone. Prima il dovere”, del Magistrato Antimafia Catello Maresca, evento organizzato da Marican Holding e dall’Associazione UNICA – Unione Nazionale Italiana della Cultura Antimafia per celebrare la Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. L’evento rientra nel Piano di Responsabilità Sociale di Marican Holding, azienda leader nel logistica integrata e sostenibile, che da sempre pone grande attenzione alla diffusione del concetto di cultura come momento di sana aggregazione e di crescita sociale. Il Genio è un racconto appassionato di cosa ha significato il giudice Giovanni Falcone per intere generazioni di giovani e di cosa speriamo ancora oggi possa trasmettere a chi ha sete di giustizia e di verità. E’ un messaggio per i ragazzi, soprattutto delle scuole secondarie di primo e secondo grado, che si inserisce nel solco della diffusione della cultura antimafia, intrapreso dal Magistrato Catello Maresca insieme alla associazione di promozione sociale UNICA – Unione Nazionale Italiana della Cultura Antimafia. “Giovanni Falcone – afferma il Magistrato Catello Maresca – e’ stato un Genio italiano, nel settore della Giustizia e dell’Antimafia. Scrivere di lui, dopo che lo hanno fatto quasi tutti, amici, nemici e finti amici, è stato complicatissimo. Perciò ho provato a farlo non con la mente, ma con il cuore: quello di un ragazzo che è cresciuto nel suo mito, che ha creduto al suo esempio, che ha seguito il suo modello e che ha avuto la fortuna di svolgere la sua stessa missione e di farlo con grande passione ed amore. Grazie Giovanni, orgoglio italiano, ovunque tu sia”. Catello Maresca, già Sostituto Procuratore presso la Procura Generale di Napoli, è docente di Procedure di Contrasto alla Criminalità Organizzata presso l'Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. Ha partecipato alle indagini che hanno portato all'arresto, nel 2011, del boss dei Casalesi Michele Zagaria e all'operazione Gomorra, dedicata alla repressione del traffico internazionale di merce contraffatta; ha rappresentato l’accusa nel processo al cosiddetto “gruppo Setola”, che ha portato alla cattura, tra gli altri, del mafioso Giuseppe Setola. Nel corso delle sue attività investigative ha subito più volte minacce di morte da parte delle organizzazioni criminali di stampo mafioso, è quindi sotto scorta dal 2008. L’Associazione UNICA – Unione Nazionale Italiana della Cultura Antimafia è composta da donne e uomini che hanno vissuto la vita intera a piangere tutte le vittime innocenti della criminalità organizzata e a sostenere magistrati e forze dell’ordine nella loro incessante battaglia contro tutte le mafie. Cittadine e cittadini di questo Paese che hanno deciso di scendere in campo, che hanno acquisito consapevolezza del fatto che ognuno di noi deve provare a fare e dare di più. Perché la lotta alle mafie non può essere delegata solo alle Istituzioni, ma la società civile deve fare la sua parte e lo deve fare tutti i giorni, in ogni atto della vita quotidiana.

 
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from Recensioni giochi PC, PlayStation e Xbox

Un Sogno che Non Doveva Esistere, e Invece...

Ci sono giochi che sembrano un delirio febbrile, un esperimento nato per errore da una notte di baldoria tra sviluppatori. “Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii” è esattamente questo. E la cosa incredibile? Funziona. Funziona così bene che ci si chiede come abbiamo fatto a vivere senza Majima pirata fino ad ora.

Kiryu e Ichiban fianco a fianco, pronti ad affrontare una minaccia comune con la loro solita grinta e un pizzico di follia.

Se Like a Dragon: Infinite Wealth ci ha portato su un terreno più emotivo e serio, questo spin-off è la pausa tropicale che non sapevamo di volere. Ma non fatevi ingannare dall'ambientazione soleggiata e dal tono volutamente sopra le righe: il cuore della saga pulsa forte anche tra le onde del Pacifico. Questo è un gioco per chi conosce ogni cicatrice di Goro Majima, per chi ha riso e pianto con la sua follia.

Majima, Spade e Palle di Cannone: Il Sistema di Combattimento

Parliamo subito della novità più dirompente: il combattimento navale. La serie “Like a Dragon” non ha mai avuto paura di reinventarsi, e qui assistiamo a una fusione tra la tradizione action della saga e meccaniche alla “Assassin's Creed IV: Black Flag”. Majima, con il suo stile “Sea Dog”, combatte come un incrocio tra Capitan Barbossa e Spider-Man: spade affilate, pistola in pugno e un rampino che gli permette di spostarsi rapidamente tra i ponti delle navi avversarie.

Un momento di interazione con un NPC un po' strano, magari durante una delle tante strambe attività secondarie che questo gioco sa offrire.

L'uso del rampino non è solo estetico: Majima può afferrare i nemici, disarmarli o scaraventarli fuori bordo con una risata folle. E poi c'è la “Danza del Kraken”, una serie di attacchi concatenati che trasforma il combattimento in un balletto letale. Il risultato? Un gameplay che è un inno alla fluidità e alla creatività, senza perdere il peso e l'impatto tipici della serie.

Un'Avventura che Sa di Mare, di Sangue e di Famiglia

Non fate l'errore di pensare che questo spin-off sia solo una parentesi spensierata. La trama si collega sorprendentemente bene agli eventi di “Infinite Wealth”. Majima si trova a Nele Island, un luogo segnato dalla contaminazione radioattiva, dove ex-yakuza cercano di ricostruire una vita lontano dalla malavita. Qui incontra Noah, un bambino determinato a trovare suo padre, e il suo adorabile cucciolo di tigre (sì, una tigre domestica), che porta il nome più perfetto possibile: Goro.

Ichiban che si pavoneggia con un nuovo outfit un po' tamarro a tema piratesco, pronto a farsi notare (e magari a scatenare qualche risata).

Quello che inizia come una fuga spensierata in mare si trasforma presto in un viaggio carico di scoperte e redenzione. C'è qualcosa di quasi poetico nel vedere Majima, sempre così caotico e imprevedibile, assumere il ruolo di capitano e guida per un ragazzino alla ricerca di un posto nel mondo. E mentre si solcano le acque, le ombre del passato non tardano a riaffiorare.

Il Fanservice Fatto Bene

E qui arriviamo a quello che potrebbe essere il vero punto di forza di Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii: il fanservice. Non nel senso banale del termine, ma come celebrazione di tutto ciò che rende questa saga unica. Ci sono citazioni, riferimenti, volti noti che tornano in modi inaspettati. C'è amore in ogni angolo di questa avventura, un tributo ai fan di lunga data che non si limita a strizzare l'occhio, ma costruisce qualcosa di nuovo e memorabile.

E poi, diciamolo: poter urlare “Io sono il Capitano Majima!” mentre si affrontano avversari su una nave che affonda è un sogno che si avvera.

Un'espressione sorpresa sul volto di Ichiban durante una cutscene un po' sopra le righe, tipica dello stile 'Like a Dragon'.

Hawaii e il Fascino del Nuovo Mondo

Se Kamurocho è sempre stata la casa della serie, le Hawaii rappresentano un cambio di scenario radicale. La cura nei dettagli è impressionante: dalle spiagge mozzafiato ai vicoli meno turistici, tutto trasuda lo stile “Like a Dragon”. C'è un contrasto affascinante tra la natura lussureggiante e il mondo sotterraneo che Majima si trova ad affrontare. Perché, ovviamente, anche in paradiso ci sono affari sporchi.

Una visuale di gioco che mostra l'esplorazione a piedi di una zona vivace di Honolulu, piena di negozi e gente del posto con cui interagire.

La libertà di esplorazione è uno degli elementi più riusciti del gioco. Puoi prendere una barca e avventurarti tra le isole minori, ognuna con segreti e missioni secondarie che vanno dal poetico al surreale. E tra un combattimento e l'altro, ci sono momenti di autentica leggerezza, come le partite di poker in una taverna malfamata o le sfide di pesca che diventano epiche battaglie contro mostri marini.

Conclusione: Un Caos Magnifico

Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii è una follia meravigliosa. Un gioco che non avrebbe mai dovuto esistere e che invece si impone come una delle esperienze più fresche e appassionanti della saga. Tra combattimenti elettrizzanti, una trama che sorprende e momenti di puro spettacolo, questo spin-off si ritaglia un posto speciale nel cuore dei fan.

E ora, se mi scusate, ho un pappagallo da insegnare a dire “KIRYU-CHAAAN!”.

 
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from Bymarty

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Tramonto di primavera 🍀

Caldi colori, emozioni, sole e nuvole sorridenti tutte intorno, scie luminose, diverse, quasi magiche portano con sé gli ultimi strascichi di questo freddo inverno! I fiori spontanei spiegano al vento, petali lievemente colorati e profumati e fanno si che, piccoli e rumorosi insetti ne rubino un po' di nettare.. È primavera, c'è chi bussa ad una porta ben chiusa, chi apre le finestre e si affida al nuovo giorno, alla speranza, a ciò che di bello o meno bello esso porterà con sé....E forse saremo un po' più sereni.. È primavera e gli occhi brillano di nuova luce, i pensieri si alleggeriscono e il vento dissolve al vento le ultime lacrime rimaste... E poi è subito sera e i giorni passano veloci e sempre più luminosi e sereni..

 
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from Cooperazione Internazionale di Polizia

GIORNATA INTERNAZIONALE DELLE FORESTE: LA LORO CRUCIALE IMPORTANZA E LE MINACCE GLOBALI

La Giornata Internazionale delle Foreste, celebrata ogni anno il 21 marzo, è un'occasione istituita dall'Assemblea Generale dell'ONU nel 2012 per sensibilizzare la popolazione sull'importanza degli ecosistemi forestali per le generazioni presenti e future. Le foreste, che assorbono circa l'80% della specie terrestri, rappresentano un pilastro fondamentale per la stabilità climatica del pianeta e contribuiscono in modo cruciale a mitigare gli effetti dei gas serra.

La Deforestazione: Un Problema Urgente

Paesi più piccoli (come ad esempio il Belgio), nonostante non lo si percepisca immediatamente, sono tra i principali responsabili indiretti della distruzione delle foreste tropicali a causa dell'importazione massiccia di materie prime legate alla deforestazione. L'Italia è identificata come il terzo maggior importatore europeo di commodities che causano deforestazione, come olio di palma, soia, caffè, legname e derivati bovini, per un valore di circa 36,6 miliardi di euro nel 2021. Le importazioni italiane, che valgono circa 36,6 miliardi di euro e coinvolgono oltre 175.000 imprese, alimentano la distruzione di decine di migliaia di ettari di foreste ogni anno, soprattutto in aree ad alta biodiversità come l’Amazzonia. La deforestazione è la causa dell'espansione agricola nelle aree tropicali, con conseguenze come la perdita di biodiversità, l'aumento delle temperature, la desertificazione e persino l'aumento dei prezzi di beni come caffè e cacao. Il Regolamento Europeo “Deforestazione Zero” (EUDR) Il Regolamento “Deforestazione Zero” (EUDR), approvato dall'Unione Europea, mira a garantire che i prodotti importati nell'UE non abbiano causato deforestazione. Gli operatori dovranno dichiarare l'origine delle commodities e certificare che la loro produzione non ha comportato la distruzione di foreste. La sua applicazione è posticipata al 30 dicembre 2025, e si spera che possa aiutare i consumatori a fare la differenza, scegliendo prodotti certificati e riducendo il consumo di carne e derivati, privilegiando alimenti locali e biologici.

Il Ruolo dei Carabinieri Forestali

I Carabinieri Forestali sono in prima linea per la Giornata Internazionale delle Foreste. Essi svolgono importanti attività di tutela del territorio, contrasto al bracconaggio, controllo degli ecosistemi forestali (CON.ECO.FOR.), inventario forestale nazionale e perimetrazione delle aree a rischio di incendi boschivi. Durante la Giornata, vengono organizzate iniziative didattiche di educazione ambientale rivolte agli alunni degli istituti d'istruzione superiore, sensibilizzando sull'importanza della tutela del patrimonio forestale. Ad esempio, a Brescia i Carabinieri Forestali del Comando Gruppo hanno collaborato con diverse istituzioni per rilevare le caratteristiche di cinque alberi monumentali, candidati ad essere inseriti nell'elenco degli Alberi Monumentali d'Italia. I Carabinieri Forestali si impegnano anche a sensibilizzare l'opinione pubblica sulla tutela delle foreste, evidenziando il valore biosferico planetario del bosco e i servizi multifunzionali che assicurano all'umanità (acqua, legna, cibo, regolazione idrogeologica e del clima). A tale proposito è di grande importanza la prevenzione e repressione degli incendi boschivi, un fattore di maggiore criticità per il patrimonio forestale nazionale.

La Corruzione come Forza Motrice della Deforestazione

Un ruolo devastante nel guidare la deforestazione e portare le foreste sull'orlo dell'estinzione lo ha la corruzione. Negli ultimi 30 anni, il mondo ha perso il 10% delle foreste, con una perdita equivalente a 37 campi da calcio al minuto dal 1990. Le foreste sono cruciali per mitigare il cambiamento climatico (assorbendo CO2) e ospitano una vasta biodiversità (80% dei mammiferi, 75% degli uccelli e 80% degli anfibi terrestri). La corruzione rende le foreste vulnerabili, poiché i fattori che attraggono attività criminali (come il valore economico del legname o i prodotti agricoli come cioccolato e olio di palma) sono esacerbati dalla corruzione che permette l'accesso illegale alla terra e l'elusione delle normative. Molte compagnie ottengono illegalmente terreni per piantagioni, e la corruzione tra funzionari pubblici permette di ignorare le politiche di protezione forestale. La vastità geografica delle foreste complica ulteriormente la supervisione e l'applicazione delle normative, creando opportunità per la corruzione. Il Crimine Organizzato Transnazionale e il Traffico di Fauna Selvatica La deforestazione e il traffico di legname illegale sono collegate con il crimine organizzato e il traffico di altre merci illecite, come la droga. Il traffico di legname illegale è un modo per riciclare denaro sporco. Il crimine transnazionale contro la fauna selvatica, stimato fino a 199 miliardi di dollari annui. Questo crimine può privare i governi di entrate significative (7-12 miliardi di dollari annui) e ha un valore economico globale stimato tra 1-2 trilioni di dollari all'anno. Va sottolineato come la perdita di biodiversità esacerbi il cambiamento climatico e come lo sfruttamento eccessivo della fauna selvatica sia un importante motore del declino delle specie e aumenti i rischi per la salute umana.

Conclusione

Il quadro sullo stato delle foreste a livello globale è complesso e preoccupante. La deforestazione, alimentata da dinamiche di mercato globali e dalla corruzione, rappresenta una seria minaccia per la biodiversità, il clima e il benessere umano. La Giornata Internazionale delle Foreste 2025 rappresenta un'occasione cruciale per sensibilizzare l'opinione pubblica e promuovere azioni concrete a livello individuale, nazionale e internazionale. L'impegno dell'Italia, anche attraverso l'attività dei Carabinieri Forestali e l'implementazione di regolamenti come l'EUDR, è fondamentale per contribuire alla protezione di questo patrimonio insostituibile. Tuttavia, è essenziale affrontare anche le radici del problema, come la corruzione e il crimine organizzato, per garantire una tutela efficace e duratura delle foreste del nostro pianeta. A tale riguardo la “Global Initiative to End Wildlife Crime” (Iniziativa Globale per Porre Fine al Crimine contro la Fauna Selvatica), mira a incoraggiare gli Stati a intensificare gli sforzi per contrastare questo crimine a livello internazionale e nazionale. Questa iniziativa prevede, tra l'altro, la creazione di un protocollo aggiuntivo alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità Organizzata Transnazionale (UNTOC).

#giornatainternazionaledelleforeste #carabinieriforestali

 
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from Bymarty

🖋️ Pensieri un po' stanchi E si anche oggi mi sono persa ho pianto, nessuno mi ha presa x mano, mi ha abbracciato..Sono stanca e forse è arrivato il momento di proseguire qsto cammino da sola, non so neppure se valga la pena scrivere, condividere, ho scritto, di me tanto, mi sono confidata, ho lasciato che le pagine del mio libro venissero lette, ma c'è chi si è stancato, chi non è interessato, e chi forse si è ritrovato e x questo si è allontanato! Devo voltare pagina e iniziare a leggere io quelle pagine di me , che spesso ho dimenticato...e chissà mi scoprirò più forte, e più pronta per affrontare ogni giorno, ogni tempesta...

 
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from jens

In un contesto europeo che attraversa una crisi geopolitica senza precedenti, l'idea di un'iniezione di risorse miliardarie in armi da parte dell'Unione Europea, con Berlino a fare da protagonista, solleva la seria domanda se i nostri governanti sanno cosa fanno e per chi sono chiamati a governare.

Da pastore non posso tacere di fronte a un così ovvio abuso e misuso dell'incarico di governare.

Il titolo stesso, che evoca la possibilità che la Germania destini fino a 1.000 miliardi di euro alla spesa militare, ci costringe a confrontarci con una delle contraddizioni più evidenti dell'Europa contemporanea: come giustificare la spesa per armamenti, quando parallelamente i diritti sociali, la sanità e l'educazione necessitano di un urgente e sostanzioso investimento? Come sostenere una spesa così ingente e inimmaginabili di fronte a sempre più persone che versano nella povertà?

La proposta tedesca rischia di minare la coesione sociale all'interno dell'Unione, sottraendo risorse vitali per il benessere dei cittadini europei. In un momento in cui milioni di persone lottano contro la povertà, la disoccupazione e la crisi climatica, la priorità accordata alla militarizzazione sembra non solo inopportuna, ma anche eticamente e socialmente irresponsabile. Gli stati membri dell’UE dovrebbero uscire dal loro delirio e capire che le risorse devono essere utilizzate in modo più produttivo per affrontare le sfide sociali e ambientali che minacciano il nostro futuro collettivo.

L'invito che il teologo Jürgen Moltmann ci offre, un invito al “convertire le armi in strumenti di agricoltura”, risuona come un monito profetico. La sua visione è una chiamata a trasformare la “energia criminale” della guerra in un “energia dell’amore” che ci porti a costruire una società più giusta e pacifica.

La vera sfida per l'Europa non dovrebbe essere quella di aumentare l'arsenale bellico, ma piuttosto quella di investire nella prevenzione dei conflitti, nel dialogo, nell'educazione e nella giustizia sociale. In questo, Moltmann ci ricorda che la pace non può essere costruita con le stesse armi che alimentano la violenza, ma solo con la forza della solidarietà e della cooperazione.

Il welfare e la giustizia sociale non sono semplici concetti astratti; sono i pilastri di una società che si vuole definire giusta e sostenibile. Se l’Europa vuole davvero fare la differenza, deve abbandonare la logica che vede nelle armi la risposta alle sue insicurezze. Invece di puntare sulla militarizzazione, l'Europa potrebbe investire in un rafforzamento del sistema sociale, mettendo al centro l’educazione, la sanità, e la creazione di un’economia che rispetti le risorse del nostro pianeta.

In conclusione, la proposta di Berlino appare come una scelta miope, priva di una visione davvero trasformativa per il futuro. La vera sfida non è quella di alimentare la corsa agli armamenti, ma di indirizzare l'energia e le risorse verso la costruzione di un’Europa più equa, pacifica e rispettosa dei diritti di tutti e tutte. Se l'Europa vuole davvero essere un faro di speranza, dovrà scegliere di investire nella pace, non nella guerra.

 
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from Cooperazione Internazionale di Polizia

I cambiamenti nel “DNA” della criminalità organizzata nel Rapporto sulla Criminalità Organizzata nell’ Unione Europea

EUROPOL ha pubblicato il Rapporto sulla Minaccia della Criminalità Organizzata e Grave dell'Unione Europea (EU-SOCTA) 2025, che analizza in modo approfondito e prospettico le dinamiche in evoluzione della criminalità organizzata che colpisce l'UE.

Il rapporto evidenzia come la criminalità stia diventando sempre più destabilizzante per la società, sfruttando il mondo online e venendo accelerata dall'intelligenza artificiale e da altre nuove tecnologie. Questi elementi interconnessi ridefiniscono le modalità operative dei network criminali. In questo contesto emerge infatti la “criminalità come servizio”(crime-as-a-service), che si riferisce a network delinquenziali specializzati che offrono competenze specifiche (come riciclaggio di denaro o attacchi informatici) ad altri attori criminali. Questo permette ai malviventi di delegare compiti e distanziarsi dalle attività illecite dirette.

Il testo esamina inoltre le tattiche utilizzate dai gruppi criminali, le aree chiave che rappresentano le maggiori minacce e la dimensione geografica di tali attività illecite.

La criminalità organizzata destabilizza la società minando l'economia attraverso proventi illeciti e riciclaggio di denaro, diffondendo la violenza e normalizzando la corruzione. Inoltre, agisce sempre più come proxy per minacce ibride esterne, contribuendo agli obiettivi politici di questi attori.

Secondo il Rapporto, le strutture legali d'impresa vengono sfruttate dalla criminalità organizzata in vari modi, dall'uso inconsapevole da parte dei malviventi all'infiltrazione ad alto livello o alla creazione di imprese completamente controllate. Questo permette di mascherare attività illecite, riciclare denaro e commettere frodi in diversi settori.

L' Intelligenza Artificiale (#IA #AI) e le nuove tecnologie vengono sfruttate per automatizzare ed espandere le operazioni criminali, rendendole più rapide, efficienti e difficili da rilevare. Ciò include attacchi informatici più sofisticati, frodi online su vasta scala e nuove forme di sfruttamento.

Diverse sono le minacce principali, tra cui gli attacchi informatici e il ransomware, le frodi online (inclusa la compromissione di email aziendali e le truffe “romantiche”), lo sfruttamento sessuale infantile online, il traffico di esseri umani, il contrabbando di migranti e il traffico di droga.

Nel contesto europeo, il traffico di migranti si adatta ai conflitti, alle difficoltà economiche e alle sfide ambientali, con flussi manipolati da attori ibridi. Le tecnologie digitali plasmano sempre più le rotte e i metodi operativi, nonostante la sua base nel mondo fisico.

Anche il traffico di droga ha un impatto significativo sulla società dell'UE a causa della violenza correlata, della corruzione e dell'infiltrazione nell'economia legale. L'alta disponibilità di droghe potenti aumenta i rischi per la salute, e la produzione danneggia l'ambiente.

Il traffico di armi da fuoco alimenta la violenza legata alla criminalità organizzata e altre attività illecite. L'instabilità geopolitica, come la guerra in Ucraina, può esacerbare questa minaccia aumentando la disponibilità di armi illecite.

L'EU-SOCTA 2025 fornisce un'analisi dettagliata e lungimirante delle minacce della criminalità organizzata, aiutando i decisori a stabilire le priorità e le forze dell'ordine ad anticipare le tendenze criminali, allocare le risorse in modo efficace e sviluppare strategie mirate.

GLOSSARIO

#EUSOCTA (European Union Serious and Organised Crime Threat Assessment): La Valutazione della Minaccia della Criminalità Organizzata e Grave dell'Unione Europea, uno studio dettagliato prodotto da #Europol che analizza le minacce della criminalità organizzata che colpiscono l'#UE.

Minaccia ibrida: Una combinazione di attività, sia convenzionali che non convenzionali, utilizzate in modo coordinato da attori statali o non statali per destabilizzare un paese o una regione. Nella relazione, spesso coinvolgono proxy criminali.

Strutture legali d'impresa: Imprese legittime che vengono sfruttate, infiltrate o create da network criminali per facilitare le loro attività illecite, come riciclaggio di denaro o frodi.

Criminalità come servizio (#CaaS – Crime-as-a-Service): Un modello in cui network criminali specializzati forniscono servizi specifici (ad esempio, attacchi informatici, riciclaggio di denaro, trasporto) ad altri attori criminali.

Il documento [en] è reperibile qui https://www.europol.europa.eu/cms/sites/default/files/documents/EU-SOCTA-2025.pdf

 
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from Pabba60 (per ora)

Dopo oggi non si può più tacere. Dopo oggi non ci si può girare dall'altra parte. Dopo oggi non si può più fare finta di non aver sentito.

Una delle pagine più nere e vergognose della Storia di questa Repubblica.

Un discorso delirante, un attacco vigliacco per irridere il manifesto della nostra Europa, uno dei testo fondanti della storia repubblicana.

Certo che non è la tua Europa! La tua proviene dalla ideologia malefica del nazifascismo, di cui tu sei il frutto marcio. Hai gettato la maschera, ecco le tue “radici”.

E sciacquati la bocca quando parli di Altiero Spinelli e gli altri, che scrissero il manifesto dal confino, spediti li dallo “statista” delle tue radici fasciste!

VERGOGNA!

 
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from GRIDO muto (podcast)

Che fine farò? Dove mi porterà la malattia?

E ora? Cosa succede ora? Ora siamo arrivati alla fine della mia storia, non nel senso che la mia storia finisce qui; la mia storia continua, ma siamo arrivati al momento presente. Ti ho raccontato chi sono nel corso di tutte le nostre puntate che ci hanno visto insieme, e quindi ora sai un po' meglio chi sono, sai che cosa faccio, sai quali sono i miei sogni e i miei desideri. Per questa puntata un po' speciale non mi sono preparato niente; infatti sto parlando, come dire, improvvisando, ma avendo bene chiaro in mente quello che ti voglio comunicare.

Per chi preferisce ascoltare anzinché leggere, può ascoltare la puntata qui.

Se stai ascoltando questo podcast all'esterno di YouTube, sentirai che l'audio è un po' diverso dal solito. Questo perché sto registrando questa puntata mentre sono in viaggio. Mi trovo infatti in Andalusia; in questo momento sono su una spiaggia enorme, infinita, di sabbia sottile e dorata che si trova sull'Atlantico, sulla parte Atlantica della spiaggia a Conil.

Se sei arrivato fino a qui ad ascoltarmi, saprai perché sono qui; lo avrai capito subito.

Mi trovo qui perché sto cercando una nuova casa.

Sto cercando appunto un posto in cui poter convivere con le nostre patologie. E proprio per questo continuerò a viaggiare per l'Europa e ad alimentare il mio canale principale, che è il Simone Viaggiatore. Vai a vedere quel canale se non l'hai ancora visto, perché lì c'è la parte felice di Simone, la parte di Simone che ama viaggiare, ama scoprire, ama fotografare i colori, ama sentire i profumi che ci sono nei posti più belli del nostro continente. Ed è anche la stessa anima di Simone che ama condividere tutto quello che di bello trova nel mondo.

Grido Muto resterà come canale YouTube in cui continuerò a riversare i miei pensieri. Continuerò a parlare di quello che ritengo importante per le nostre patologie e, soprattutto, continuerò a parlare dei vari luoghi che visito nell'ottica, come ti dicevo poco fa, di trovare una nuova casa in cui stare. Ho capito che rispetto a quando ho iniziato a fare questo podcast sono una persona molto diversa, ed è stato proprio il podcast che mi ha aiutato in questo processo, perché anche il solo fatto di doversi concentrare per richiamare alla memoria alcune cose che credevo fossero sepolte, ma che non lo erano, o comunque non erano state elaborate in maniera così esplicita nel mio inconscio, tutto questo processo mi ha aiutato a far emergere alcune cose, a riordinare i pensieri e a dare un senso a molte cose.

Ho capito di essere una persona diversa, ti dicevo, ho capito meglio tanti aspetti delle nostre patologie. Ho capito che per stare bene io devo trovarmi in alcune condizioni che in Emilia-Romagna non possono esserci, purtroppo, e credo anche in nessun'altra parte d'Italia.

Ho capito che per stare bene:

1) ho bisogno di aria pulita, aria fresca, senza nessun tipo di inquinante e di inquinamento. 2) Ho capito che ho bisogno di un clima tiepido, che non sia mai troppo caldo in estate e mai troppo freddo o gelido d'inverno. 3) Ho capito che ho bisogno di avere un clima secco; l'umidità accentua moltissimo i nostri problemi.

Lasciamo parlare un po' anche ai gabbiani.

4) E per finire ho capito che sto bene vicino al mare e in un posto dove comunque molto spesso c'è il sole e posso stare all'aria aperta.

Come ti dicevo, alcuni di questi luoghi li ho trovati viaggiando sul canale il Simone Viaggiatore, che ti invito ad andare a vedere e a iscriverti, perché è una cosa completamente diversa da questo, molto più leggera, anzi credo proprio piacevole da guardare.

Girando per il nostro continente, come ti ricorderai, avevo identificato con le Isole Canarie uno di questi luoghi d'eccellenza. Però il problema è che alle Isole Canarie ormai è molto difficile vivere, quindi ti raccontavo che anche questo mio sogno si è infranto. Sarebbe molto difficile stare laggiù sia per l'affollamento che c'è, che sta riducendo un po' tutto al collasso, sia per i prezzi, sia per la mancanza di lavoro, e doversi trovare a, diciamo, emigrare lì adesso sarebbe molto difficile. Senza contare che ci sono persone in Italia di cui devo prendermi cura e che non posso abbandonare. Però ci sono altri posti: c'è ad esempio la Provincia di Murcia che mi ripropongo di esplorare meglio, c'è l'isola di Cresso e chissà quante altre in Croazia che mi danno lo stesso effetto delle Canarie.

E devo dire che anche qui in Andalusia, dove mi trovo oggi, in alcuni posti ci sono queste condizioni. Non esattamente qui dove mi trovo oggi, perché, come ti stavo dicendo, io mi trovo sulla parte Atlantica dell'Andalusia. L'Atlantico genera molta umidità, molta umidità. Ci sono spesso, come oggi, dei venti che portano dall'oceano una specie di lattiginosa. Molto distante il corpo, diciamo, pur sentendosi meglio fa sentire che non è il nostro luogo ideale questo. Ci sono però dei posti a est di Gibilterra dove si sta, secondo me, molto meglio. Nei giorni scorsi, a fine febbraio, quando mi sono trovato qui, c'erano circa 20°, si stava molto bene, in alcuni momenti anche 22. Il sole era tiepido, il clima secco, non c'erano venti che dal mare portassero umidità, quindi si stava veramente molto molto bene. Potrebbe essere una valida opzione. Certo, ci sono tanti posti in Italia che potrei, ma ci sono stato in passato e non mi sono trovato così bene. La Sicilia, ad esempio, la Sardegna è molto bella ma non tanto per i servizi. La Calabria è stupenda ma non offrirebbe lo stesso livello dei servizi di altri posti, e poi anche per il lavoro come si potrebbe fare è molto difficile. Non lo so, ci sto pensando e questo sarà, diciamo, un altro pezzo della mia storia che vi racconterò non appena sarà possibile.

Per il momento vi invito a continuare a seguire questo canale di YouTube, oppure, se mi ascoltate dalle piattaforme come Spotify, Apple Podcast, eccetera, vi invito proprio a venire su YouTube, sia sul canale del Simone Viaggiatore sia sul canale di Grido Muto, che rimane così come rimane la pagina Facebook per pensieri di tutti i tipi. Io vi ho anche raccontato cosa faccio per cercare di combattere l'artrite e questo è, diciamo, questo aspetto del viaggiare, di cercare luoghi in cui stare bene, è solo una delle cose. Prossimamente ho intenzione di riprendere a muovermi in palestra, di cercare di fare più attività fisica, mi ripropongo sempre di mangiare meglio, spero di riuscirci prima o poi.

E continuo a prendere i farmaci ayurvedici indiani. Questi non possono mancare, sono fondamentali, così come il sole. Devo prendere del sole per stare meglio, quello in Emilia è un po' difficile. La mia storia, vi dicevo, continuerà. Io spero che resteremo insieme anche per il futuro. Mi auguro che continuerete a condividere tutti questi miei pensieri, i video, e la mia speranza è sempre quella di aiutare le persone, aiutare le persone sia a prendermi come ispirazione, non per emulare esattamente quello che faccio, ma come uno stimolo in più, nuove informazioni su cui ragionare per non arrendersi alla malattia e anche, soprattutto, perché no, per non sentirsi soli. Io vi invito a scrivermi qui nei commenti, dove volete, io cercherò di rispondervi sempre, sapendo che capisco quello che state provando, anche se sono una persona che, per tutte le attività che faccio per prendermi cura di me stesso, magari sto un pochino meglio di voi, però so che cosa passate. Credetemi, ho avuto un assaggio di quello che può essere il peggio delle nostre malattie e credo che non me lo dimenticherò mai più, anche se le cose dovessero andare bene. E poi, chissà, magari Grido Muto avrà una seconda stagione. La mia speranza, il mio desiderio sarebbe quello di trovare tante persone che abbiano voglia di raccontare cosa hanno passato, cosa stanno passando, cosa hanno perso, in modo da mettere insieme una grande bellissima storia corale, una storia di tutti noi, che ci riguarda tutti, una storia che ci rappresenta tutti e di poterla condividere con il mondo, perché una storia a molte voci avrebbe senza dubbio più valore di una singola storia.

Chiudo poi con dei ringraziamenti. È impossibile chiudere un podcast come il mio senza fare dei ringraziamenti. Ringrazio ciascuno di voi per avermi supportato in questo percorso. Vi ringrazio per avermi ascoltato fino a qui, perché non era scontato. Vi ringrazio, soprattutto, per aver ascoltato quello che avevo da dire, una cosa che finalmente qualcuno ha fatto. E poi ringrazio anche tutti quelli che sono arrivati sul canale di Grido Muto partendo dal canale del Simone Viaggiatore, cioè tutti quelli che mi conoscevano in una veste allegra, serena, e che non potevano immaginare cosa io stessi provando dietro le quinte, cosa stessi passando. Li ringrazio perché non era così scontato che mi seguissero anche in questo viaggio attraverso le mie difficoltà e però, ecco, se adesso mi conoscono meglio, ne sono molto felice.

Ringrazio anche Scott Buckley che ha composto tutte le musiche che avete sentito durante il podcast e che mi hanno consentito di dare una certa uniformità alla registrazione, di mantenere, diciamo, un tappeto sonoro coerente e molto valido, perché secondo me sono davvero brani che aiutano molto nel racconto di una storia, nell'accompagnare le emozioni che un racconto come il mio poteva voler suscitare. Vi abbraccio tutti e vi ricordo per l'ultima volta, giuro, che non è la fine, questa non è la fine della mia storia, è soltanto un nuovo inizio. La storia da adesso in avanti si scriverà giorno per giorno e quindi vedremo un po', proseguendo, cosa succederà. Lo vedremo insieme. Io adesso torno alla mia automobile da questa fantastica spiaggia di sabbia soffice e infinita che è attorno a me. Nel sottofondo si dovrebbe sentire il rumore dell'oceano, oggi molto arrabbiato perché stanotte, vi dicevo, è passata una perturbazione atlantica enorme e continuo ad esplorare, continuo ad esplorare perché non si sa mai che la mia nuova casa sia proprio dietro l'angolo e io magari non me ne accorga.

Vi abbraccio tutti, statemi bene.

Ciao.

 
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from Alviro

Agosto. Il caldo mi abbraccia come un' amante appiccicosa che non sa cogliere un indizio. Le labbra scarlatte di qualcuno – chiunque – si confondono tra il sudore e la poesia che evapora prima ancora di essere scritta. Tu, distesa, sembri bella come l’oro… che, tra l’altro, è un metallo che non si ossida con il tempo e di certo non si trova per strada.

Nella stanza, suoni primordiali, movimenti incalzanti. No, non è passione: è il ventilatore che arranca, oscillando come un oracolo stanco. La tempesta scuote i rami degli alberi, o forse è solo il vicino che sbatte il tappeto. Attendo il fragore del tuono, e invece arriva la notifica di un altro bollettino di guerra (bolletta della luce). L’estasi è fugace, soprattutto quando costa così tanto mantenerla climatizzata.

Cambio scena: notte perugina, cielo grigio. Un grillo fuori stagione decide che proprio stanotte è il momento di dimostrare il suo talento canoro. Sotto la torre degli Sciri, i miei passi risuonano solenni, come quelli di chi sta cercando disperatamente un bar ancora aperto. La pioggia mi accompagna verso casa, leggera, poetica, e perfettamente inutile contro il caldo infernale del mese prima.

La bellezza della vita sta nei dettagli, anche nei momenti che sembrano insignificanti o soffocanti. E se proprio non trovi poesia in tutto ciò, almeno trova un ventilatore decente.

 
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