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from CASERTA24ORE

Scuola: la classe di concorso spesso sconosciuta per la quale nessuno fa domanda

Esiste una classe di concorso nella scuola pubblica italiana, quella dell’educatore facente parte del personale educativo che in pochi conoscono, se non gli addetti ai lavori. Accade così che quando gli aspiranti supplenti nella scuola si inseriscono nelle graduatorie, si inseriscono come professori e ignorando che la loro laurea dà accesso anche alla professione del personale educativo non spulciano la classe di concorso PP “personale educativo” pur avendone diritto. Paradosso che non si trovano supplenti in alcune province, anche nel Sud Italia. Ma chi è l’educatore nei convitti scolastici? Spesso l’opinione pubblica confonde il profilo dell’educatore della scuola, con quello dell’educatore nelle istituzioni penitenziarie, nelle case famiglia, negli asili nido o addirittura con l’educatore socio-sanitario. Si tratta di profili professionali completamente diversi. Il precettore o istitutore, in latino: magister o praefectus era la persona addetta all'istruzione e all'ammaestramento dei figli di famiglie ricche e/o nobili. Era una figura tipica soprattutto dei tempi in cui, mancava un sistema educativo diffuso e l’educatore svolgeva la propria opera all'interno della famiglia. Con l’avvento dei convitti, prima religiosi, poi laici dello stato, tale figura assunse il nome di istitutore, svolta sia da preti che da insegnanti statali. L’educatore dei convitti si avvicina a tale tipologia lavorativa. La denominazione di istitutore/trice, ancora tutt’ora in uso per consuetudine in alcuni convitti è stata soppiantata da quella di educatore. Un breve manuale reperibile cliccando sulla copertina del libro sopra fa chiarezza su questa figura professionale, il suo ruolo, come lo si diventa e la raccolta di leggi di questo profilo professionale poco conosciuto. Le lauree che danno accesso a questa professione nella scuola pubblica italiana sono: L 19-Scienze dell'educazione, Laurea in Scienze della formazione primaria: indirizzo scuola primaria, LM 57-Scienze dell'educazione degli adulti e della formazione continua, LM 85 bis-Scienze della formazione primaria, LM 85-Scienze pedagogiche, LS 65-Scienze dell'educazione degli adulti e della formazione continua, LS 87-Scienze pedagogiche e infine il Diploma magistrale se il corso di studi è iniziato entro l'anno scolastico 1997-1998 e il titolo è stato conseguito entro l'anno scolastico 2001-2002.

 
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from jens

Predicazione su Ecclesiaste 7, 15-18

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A volte succedono cose strane! Un giovane che aveva appena preso la patente è stato salvato dalla polizia e da un carro attrezzi dai gradini di una chiesa. Come ha fatto ad arrivare? Beh, aveva seguito senza esitazione le indicazioni del navigatore satellitare, che gli aveva indicato un percorso più breve per arrivare a destinazione.

Una volta invece ho rischiato di finire in un fiume. Tornando da una riunione del Servizio Cristiano a Riesi, avevo intenzione di cambiare strada. Mi stavo seccando di dover sempre passare per Catania e pensavo che ci dovesse essere una strada a ovest dell’Etna che mi avrebbe fatto tornare a Messina. Ho programmato il navigatore e via. A un certo punto, mi ha fatto imboccare una strada sterrata, ma non c'era nulla di cui preoccuparsi: talvolta la strada più breve, il navigatore me la fa fare anche su sterrato. Mi avvicinavo al fiume e, quando il navigatore mi ha detto di voltare a sinistra sul ponte, il ponte non c’era. Era ormai buio pesto e vedevo solo le acque del fiume. Ho fatto quindi retromarcia e ho fatto la solita strada via Catania.

Certo, il navigatore satellitare è utile. Ci indica la strada, ci dà l'orientamento e ci aiuta a trovare luoghi che non abbiamo ancora visitato. Ci dà sicurezza alla guida. È positivo che i navigatori satellitari esistano. Tuttavia, non possono sostituire il pensiero alla guida.

Anche nella vita di tutti i giorni abbiamo dei sistemi di navigazione. Si chiamano principi. La maggior parte delle persone segue alcuni principi o atteggiamenti fondamentali nella vita. Seguiremo regole che abbiamo stabilito per noi stessi o regole che altri hanno stabilito e che riteniamo giuste e adeguate. Ma ha senso seguire queste regole nel bene e nel male?

Alcune persone vogliono essere sempre puntuali e non arrivare mai in ritardo. Ma cosa succede se qualcuno ha bisogno del mio aiuto immediato e io vengo trattenuto da un'emergenza? Cosa è più importante: la mia puntualità o il mio aiuto? Per altri è molto importante non mentire, ma dire sempre la verità. Essere sinceri e onesti. Ma non ci sono anche bugie giustificate? Un esempio è quando un potere criminale chiede alle persone di tradire gli amici. Oppure quando, all'inizio di una diagnosi di malattia, si omettono cose molto spiacevoli; o anche solo la piccola bugia per educazione, quando un interlocutore dice: “Sono contento di essere qui con voi”, anche se preferirebbe di gran lunga bere un bicchiere di vino con gli amici o leggere un libro in pace a casa. Sono bugie giustificate?

E che dire della nostra fede ora? Nel nostro rapporto con Dio? Ci devono essere dei principi, devono valere dei principi e devono essere rispettati. Non è così?

Ve ne siete accorti? Il nostro testo ci pone un grande punto interrogativo. Mi sono chiesto: la Bibbia predica forse un tiepido arrancare nella vita con le sue esigenze? Dovrebbe essere questo il principio su cui basare la nostra vita? Non può essere vero, no?

In ogni caso, dalla Bibbia mi aspetto qualcos'altro: chiarezza e linearità. Contiene i dieci comandamenti e molte altre regole di vita. La Bibbia non esorta forse continuamente alla giustizia? O al contrario: di tenersi lontani dall'empietà e dalla malvagità?

Il libro biblico di Qoelet, da cui è tratto il testo del nostro sermone odierno, è uno dei cosiddetti libri sapienziali, insieme ai Proverbi e a Giobbe. Sono scritti da donne e uomini che hanno osservato molto da vicino il mondo che li circondava.

Poi hanno riassunto le loro osservazioni e le hanno messe per iscritto. Il risultato è stato un insieme di regole di vita. Regole che, se seguite, possono far sì che la vita vada per il verso giusto.

Anche il nostro testo inizia con una constatazione della realtà: “Ho visto tutto questo”. Chi vorrebbe contraddire ciò che è registrato qui come una constatazione? Un uomo malvagio vive a lungo e in pace con la sua malvagità. E viceversa: un giusto perisce a causa della sua giustizia. Anche se non è facile stabilire se ciò a cui si fa riferimento qui è “a causa della sua giustizia” o “per la sua giustizia”. Entrambe le cose sono possibili. La vita ci insegna anche che chi si impegna a vivere sempre secondo i principi della giustizia può fallire miseramente: a causa dei propri ideali, della propria testardaggine, ma anche della realtà della vita.

Che cosa suggerisce il nostro saggio per affrontare questa situazione? Quale consiglio dà il Qoelet? Ebbene, mette in guardia con urgenza dal “troppo”. E anche in questo caso ci lascia senza fiato. Non siate troppo giusti o troppo saggi, per non rovinarvi. È possibile? Si può essere troppo giusti e troppo saggi? La giustizia e la saggezza non sono mai abbastanza. La giustizia e la saggezza sono qualità e comportamenti del tutto positivi e buoni.

Tuttavia, secondo Qoelet, sembra che ci sia un eccesso. È evidente che, quando dà i suoi consigli, ha in mente un certo tipo di persona. Una persona che si attiene scrupolosamente alle leggi religiose, etiche e alle istruzioni dei maestri di saggezza. Egli pensa che questo sia il modo per fare fortuna o almeno vivere a lungo.

Non posso fare fortuna né garantire una lunga vita a me stesso, non posso crearle per me stesso. Non c'è alcuna garanzia in merito. La felicità, il senso, una buona vita arriveranno, oppure no.

C'è un'altra cosa che la persona troppo giusta e saggia dimentica: la vita vera non può essere imprigionata tra due coperture di leggi e regole di vita. Si può vivere solo in modo pratico e concreto, nel qui e ora.

Forse conoscete anche il tipo di persone che Qoelet ha in mente: Quelli che hanno sempre ragione e che vogliono sempre dirci cosa è giusto e cosa è sbagliato, che hanno una risposta per tutto, anche se non si chiede loro nulla; che vogliono dirmi cosa devo pensare e come devo vivere.

Gesù ha descritto questo tipo di persona nella storia del fariseo e dell'esattore delle tasse: Una persona che pensa di dover osservare scrupolosamente tutte le leggi e che alla fine non riesce a cogliere la cosa più importante: l'umanità.

E dove questo manca, si perisce davvero. Un commentario scrive che la parola che la nostra Bibbia traduce con “perire” significa anche “diventare spoglio, vuoto”. Una persona che si attiene troppo meticolosamente alla lettera diventa vuota, desolata, perché manca di ciò che costituisce la vita: lo spirito, il cuore. Il nostro testo mette in guardia da questo.

Ma naturalmente non dobbiamo nemmeno essere empi e stolti per non morire prima del tempo. Perché ovviamente il testo del sermone, con il suo monito contro una giustizia troppo rigida, non significa che dobbiamo agire in modo eccessivamente ingiusto. Né tantomeno che dobbiamo agire in modo eccessivamente sciocco. Si tratta piuttosto della giusta misura.

Ma qual è la misura giusta? Sentiamo due risposte a questa domanda.

La prima: è bene che tu ti attenga all'una e non lasci sfuggire di mano l'altra. Qoelet ripete così il consiglio che ha appena dato: non essere troppo giusto, non essere troppo saggio, ma anche non essere troppo ingiusto o troppo sciocco. Non essere un cavaliere dei principi, ma nemmeno uno che cerca solo il proprio vantaggio e attraversa la vita con i gomiti in fuori.

Piuttosto, mantenete la giusta misura. Ma qual è lo standard della giusta misura? Lo dice l'ultima frase del nostro testo: chi teme Dio sfugge a tutte queste cose. Chi teme Dio sfugge al pericolo di essere rovinato o di perdere la mente e il cuore. E chi teme Dio sfugge al pericolo di morire prima del tempo. Dio deve quindi essere lo standard per le nostre azioni. Non i comandamenti e le leggi, non i saggi e i consigli saggi e morali della Bibbia, ma Dio stesso.

E questo suona improvvisamente del tutto coerente, perché Dio stesso agisce nel modo raccomandato da Qoelet. Dio può anche deviare dalle regole di base che ha stabilito e decidere spontaneamente in modo diverso da quello che ci aspettiamo. Noè e la sua generazione lo hanno sperimentato. Sì: Dio manda il diluvio perché l'uomo agisce in modo malvagio e corrompe la terra. Ma alla fine della storia diventa chiaro: l'uomo non cambia a causa del diluvio, ma Dio cambia. Egli promette di non permettere che un diluvio si abbatta di nuovo sulla terra.

Anche Giona fa questa esperienza. Viene incaricato da Dio di annunciare la caduta della città di Ninive, capitale degli ostili Assiri. Lo fa – scoraggiato. E alla fine, Dio risparmia Ninive. Dio cambia idea. Con grande disappunto di Giona, che affronta Dio con sfida: “Sapevo che tu sei benevolo, misericordioso, longanime e di grande bontà, e che ti penti del male” (Giona 4,2).

Come apprendiamo dalla Bibbia, Dio non è un cavaliere dei principi. Può, se vuole, deviare dai suoi principi una volta che questi sono stati stabiliti. Può essere misericordioso e benevolo, paziente e di grande bontà, come l'Antico Testamento non si stanca di lodare.

Perché – dice il salmista del Salmo 130 – Se tieni conto delle colpe, Signore, chi potrà resistere?

Perciò la raccomandazione di Qoelet di non essere troppo giusti e non troppo saggi, ma anche non troppo stolti e non troppo privi di Dio, non va assolutamente intesa come un invito a vivere la vita in modo tiepido. Piuttosto, dovremmo trattare noi stessi e le persone che ci circondano secondo gli standard di Dio: misericordiosi e benevoli, pazienti e di grande bontà.

Nella Chiesa dei primi secoli, la preparazione dei candidati al battesimo iniziava in questa domenica. Nelle nove settimane che precedevano il giorno del battesimo nella Veglia pasquale, essi imparavano ciò che dovevano sapere per la loro vita cristiana. All'inizio c'è l'immagine del Dio misericordioso. Questa è la cosa più importante. Spero che questa immagine del Dio misericordioso rimanga nei nostri cuori fino a Pasqua e oltre. E spero che questa immagine aiuti anche noi a essere misericordiosi. Amen.

Nota, la versione audio non sempre combacia con la versione scritta

 
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from Linux Italia Gaming

Essere puntuale nel pubblicare questi articoli il Giovedì sera, ultimamente mi viene difficile. Quindi non userò più (almeno per ora) il titolo “i giochi gratis del Giovedì”.

Steam

    Stellar Mess: The Princess Conundrum (Chapter 1)

    • Genere: Avventura, Indie
    • Sviluppatore: Tibba Games
    • Editore: Tibba Games
    • Franchise: Stellar Mess
    • Data di rilascio: 27 Febbraio 2023
    Stellar Mess è un gioco d'avventura punta e clicca in 2D, ambientato da qualche parte nella Patagonia argentina. Il gioco si ispira ai primi giochi classici EGA del genere.

    Pagina ProtonDB

    Lo potete riscattare gratuitamente da questo link fino il 27 Febbraio 2025, ore 19:00.

Epic Games Store

    F1® Manager 2024

    • Genere: Simulazione, Strategia
    • Sviluppatore: Frontier Developments
    • Editore: Frontier Developments
    • Franchise: Frontier Developments, FrontierDev
    • Data di rilascio: 23 Luglio 2024
    Conduci la tua squadra al trionfo in F1® Manager 2024. La nuova stagione di Formula 1® è iniziata, portando con sé l'esperienza manageriale di F1® più completa di sempre. Scrivi la storia di uno dei dieci costruttori ufficiali di F1® oppure, per la prima volta, crea la tua squadra dei sogni.

    Pagina ProtonDB

    Lo potete riscattare gratuitamente da questo link fino il 20 Febbraio 2025, ore 17:00.

Amazon Prime Gaming

    Dark Sky

    • Genere: Indie, GDR, Strategia
    • Sviluppatore: Ganymede Games
    • Editore: Midwest Games
    • Franchise: Midwest Games
    • Data di rilascio: 24 Settembre 2024
    Dark Sky è un deckbuilder RPG narrativo che presenta combattimenti tattici e un sistema di aggiornamento delle carte ramificato. Assembla il tuo gruppo, personalizza il tuo mazzo e sfrutta potenti sinergie per padroneggiare battaglie strategiche mentre sveli il mistero dietro una catastrofe planetaria.

    Pagina ProtonDB

    Lo potete riscattare gratuitamente da questo link fino il 16 Aprile 2025.

    The Smurfs 2 – The Prisoner of the Green Stone

    • Genere: Azione, Avventura
    • Sviluppatore: OSome Studio
    • Editore: Microids
    • Data di rilascio: 02 Novembre 2023
    Puffo Pratico ha creato un'invenzione rivoluzionaria: PuffoMix! Tuttavia, manca un ingrediente fondamentale, la Pietra verde, che è nelle avide grinfie di Gargamella. Quindi Puffo Pratico e la sua squadra partono in missione per recuperare la famosa pietra dal laboratorio di Gargamella, ma un passo falso fatale la fa esplodere e i suoi frammenti si spargono per tutta la Terra maledetta.

    Oltre a liberare nella natura i suoi incredibili poteri di copiare e decomporre la materia, la Pietra verde ha liberato il malvagio Stolas, un nuovo ordine deciso a creare un regno di terrore. Un team di esperti costituito da 4 Puffi deve quindi avventurarsi attraverso vari teletrasporti per trovare i frammenti della Pietra verde e ricomporli prima che faccia precipitare il mondo nel caos.Ben equipaggiati, i Puffi possono contare sul PuffoMix e su un alleato inaspettato...Gargamella

    Pagina ProtonDB

    Lo potete riscattare gratuitamente da questo link fino il 14 Maggio 2025.

    Lysfanga: The Time Shift Warrior

    • Genere: Azione, Indie, Strategia
    • Sviluppatore: Sand Door Studio
    • Editore: Spotlight by Quantic Dream
    • Data di rilascio: 13 Febbraio 2024
    Il destino del tuo Regno dipende da te... da te... e da te. Riavvolgi il tempo per creare cloni del tuo passato e combatti con un esercito tutto tuo. Diventa una legione e trionfa su orde di mostri per salvare Antala in questo gioco tattico Hack and slash.

    Pagina ProtonDB

    Lo potete riscattare gratuitamente da questo link fino il 14 Maggio 2025.

    Hardspace: Shipbreaker

    • Genere: Simulazione
    • Sviluppatore: Blackbird Interactive
    • Editore: Focus Entertainment
    • Franchise: Focus Entertainment
    • Data di rilascio: 24 Maggio 2022
    Con tecnologia di recupero all'avanguardia a portata di mano, taglia e smonta navi spaziali per recuperare materiali di valore. Potenzia il tuo equipaggiamento per lavorare su contratti sempre più impegnativi e ripagare il tuo debito miliardario con la LYNX Corp!

    Pagina ProtonDB

    Lo potete riscattare gratuitamente da questo link fino il 13 Aprile 2025.

 
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from 54rv36u

L'Appeso. Tatuaggio che mi sono fatto, una decina di anni fa, sull'interno dell'avambraccio sinistro. Non ricordo adesso se fosse il quarto o il quinto dei sette che ho. Mi piacque perché una delle interpretazioni che avevo letto di questo Arcano Maggiore (non conosco assolutamente i Tarocchi) è che rappresenta l'inversione degli schemi. Assolutamente in linea con un precedente tatuaggio che m'ero fatto, un aforisma di Samuel Butler che recita, nella versione che ho conosciuto, “La gallina è solo il modo con il quale un uovo fa un altro uovo”. Lo trovai uno splendido esempio di cambio di paradigma, di prospettiva. Mi sono fermato poi a 7 tatuaggi, già ben prima del Covid sicché qualche anno lo è, però l'ultimo mi è particolarmente caro. È una frase arrangiata tratta dalla canzone di Jarabe de Palo “Depende” nella versione spagnola e che recita: “Aquí estamos de prestado. Uno nace y luego muere y este cuento se ha acabado.” Ah, l'unica motivazione che mi ha spinto a cominciare, tra l'altro a 53 o 54 anni, a farmi dei tatuaggi è stata “Perché sì”, non sono riuscito a trovarne a posteriori altre che mi convincessero di più.

 
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from spaziovuoto

Quanti di noi comprano le carote, le mettono con amore e le migliori intenzioni nel cassetto basso del frigorifero e dopo settimane quelle poveracce sono ancora lì, stanche, in attesa di un destino migliore del rattrappirsi?

Bene, questa volta oltre alle carote che chiedevano pietà avevo anche della farina di mandorle che mi girava per la dispensa da troppo tempo. Rispolverando le ormai dimenticate doti acquisite all'alberghiero quando ancora era di moda il walkman, ho tirato su una (modestamente) ottima:

Torta di carote, arancia e farina di mandorle

3 uova 120 gr. zucchero 250/300 gr carote (esauste mi raccomando) 180 gr. farina di mandorle 100 gr. farina di grano tenero tipo 00 1 bustina di lievito per dolci 4 cucchiai di olio di oliva (no EVO) oppure girasole/semi la scorza di una arancia non trattata il succo dell'arancia di cui sopra

Io comincio dalla cosa più noiosa, imburrare e infarinare la tortiera. Uso un diametro 24 perché mi piace che venga bella alta ma va bene anche più larga (cuocerà prima occhio). Pulite e grattugiate le carote (io uso l'attrezzo con cui le metto anche nell'insalata, quello che le fa a scaglie come il parmigiano) così anche questo passaggio noioso è fatto. Setacciate farina e lievito per poi mischiarli alla farina di mandorle. Montate con uno sbattitore uova e zucchero e quando sarà montato aggiungete l'olio, la scorza ed il succo di arancia senza mescolare. Se siete sbadati come me, vi ricordo di grattare la scorza prima di spremere l'arancia.. Siete pronti per unite il mix farina/mandorle in due tempi, usando una spatola e facendo un movimento dal basso verso l'alto per non far smontare il composto. Ora non resta che dare una degna fine alle nostre carote sofferenti, unitele al composto allo stesso modo e se vi sembra troppo denso allungatelo con del latte, latte di mandorla, altra arancia o quello che avete (anche Cointreau perché no). Versate nella tortiera, livellate e mettete in forno statico preriscaldato a 180° per 35/40 minuti. Per verificare la cottura pungete con uno stecchino di legno o metallo la torta e se questo esce asciutto ci siamo. Se avete usato uno stampo apribile potete togliere l'anello dopo 5 minuti e dopo altri 5 min. girarla su un piatto o una graticola per farla raffreddare. Se la tortiera è invece un pezzo solo, vi consiglio aspettate 10/15 minuti prima di girarla così da non rischiare che la torta si rompa. Altrettanto importante, non dimenticatevi la torta nello stampo perché da fredda non la staccate più. O meglio farete un disastro ma è buona uguale.

Vi dirò che questa torta salva carota a mio avviso è uno spettacolo, ottima in ogni momento della giornata.

Un abbraccio al fediverso cui affido la ricetta

 
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from 𝚜𝚝𝚛𝚊𝚗𝚘 𝚋𝚒𝚘𝚟𝚘𝚕𝚝𝚊

Ma non vedo sinceramente il problema. Io condivido in pieno i valori di quei merdosi schifosi puzzolenti di americani, mi piacciono i loro faccioni da deretani flaccidi. Il cibo spazzatura e cancerogeno che introitano e le loro panze piene di colesterolo sono davvero il top. Poi Vance in particolare ha un bel visino da ratto di fogna e ogni cosa che dice è volgare e vomitevole come piace a me che adoro questa sua inclinazione da zerbino, suddito e voltagabbana indispensabile per avere successo nella vita. E poi adoro i social degli oligarchi americani, quelli che ti permettono di dire in pubblico che Bezos ha la faccia come una scoreggia interrotta a metà e che Zuckerberg sembra il deretano di una scimmia africana senza melatonina. Infine adoro quel rincoglionito, demente e sessuofobico, probabilmente satanista e nazista di Musk e la sua filosofia del freespeach che vorrei importata anche nella mia vecchia Europa. Esalto gli ideali terrapiattisti e satanisti di RFK junior che mi appartengono e che vorrei diventassero valori fondanti per tutto l’occidente. Evviva la libertà di pensiero e di parola!

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from jens

Trasmissione Radio RAI FVG – 6 febbraio 2025

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Un bubbolìo lontano… Rosseggia l’orizzonte, come affocato, a mare: nero di pece, a monte, stracci di nubi chiare: tra il nero un casolare: un’ala di gabbiano. Giovanni Pascoli, Temporale

A me le tempeste sul mare piacciono. Quando ho fatto la vela, ho sempre approfittato dei momenti prima dello scatenarsi della tempesta per avere il vento migliore e volare quasi sopra il mare. Tutto davanti a delle nuvole scure che facevano contrasto con il mare le cui onde iniziarono a fare schiuma. Anche le passeggiate invernali sulle dighe del mare con un forte vento che fa arrivare l’acqua quasi in cima alla diga. Quante passeggiate ho fatto e quante fotografie ho scattato di una tempesta o anche un temporale in arrivo. Gli elementi in subbuglio, colori scuri, nuvole minacciose e in mezzo io, vedere il cielo oscurarsi, gravido di nuvole, il mare mosso dal vento forte, il vento nel viso.

E’ ben diverso quando la tempesta, la devi affrontare nella propria vita, ti trovi con l’acqua alla gola, il vento forte della paura ti rende difficile respirare. Quando è il momento della tempesta, quando una perdita ti toglie la terra da sotto i piedi, cerchi un sostegno, un riparo per non farti travolgere e per non finire con le parole del profeta Giona che si rivolge a Dio:  Tu mi hai gettato nell'abisso, nel cuore del mare; la corrente mi ha circondato, tutte le tue onde e tutti i tuoi flutti mi hanno travolto.

La tempesta può anche arrivare lentamente, ma tu la senti già arrivare, pregusti già l’acqua che ti arriva alla gola. Ti trovi in un letto dell’ospedale, vieni curato per un colpo che ti è venuto e poi, durante la terapia per recuperare le tue forze, ecco, arriva una nuova diagnosi, cancro. La tempesta perfetta che arriva quasi come l’alta marea che inesorabilmente fa salire l’acqua.

La tempesta può arrivare al ciel sereno. Da un attimo all’altro perdi il lavoro, in un attimo sono esauriti i risparmi, non paghi più le bollette, salti sempre più pasti, e alla fine ti sfrattano, ti trovi sulla strada con l’acqua alla gola.

Allora, in mezzo alla tempesta hai bisogno di qualcuno che stia come una roccia nel mare in tempesta e fermi le onde.

Il nostro testo fa vedere Gesù come il Signore sulle forze della natura e sulle tempeste della vita. I discepoli non lo capiscono, loro sono in panico, hanno paura di morire. Si trovano nella tempesta mortale e a loro non va proprio giù che Gesù in mezzo a questa situazione che rischia di uccidere tutti, sta lì e dorme come se niente fosse. Si sentono abbandonati dal loro maestro che tanto ha insegnato e dato a loro: «Maestro, non t'importa che noi moriamo?»

Gesù si alza e calma la tempesta. Alla fine il nostro testo afferma: Il vento cessò e si fece gran bonaccia.

Un gospel in inglese lo dice così: In the middle of darkness, in the center of a storm, I know there’s a name I can call. And I call on your name, Jesus / Nel mezzo dell'oscurità, nel centro di una tempesta, so che c'è un nome che posso chiamare. E invoco il tuo nome, Gesù.

Dove Dio sembra lasciarti sola o solo, dove pensi di doverlo scuotere, Dio è molto vicino, lenisce, conforta, spiana le onde. Anche il più grande diluvio ha avuto una fine e dato il via a un nuovo futuro.

 
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from jens

Trasmissione Radio RAI FVG – 30 gennaio 2025

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Chi sono io? Che cosa ha importanza nella mia vita? Come voglio essere? Ognuno di noi conosce queste domande.

Le risposte a queste domande sono diverse. Dipendono da chi vogliamo essere, da come ci vediamo, dagli ideali e anche dagli idoli che abbiamo. Poi la risposta a queste domande varierà a seconda della nostra età. Oggi io mi vedo diverso da come mi vedevo 20 anni fa, e ciò è un bene, è un segno che la vita è dinamica e che con le esperienze cresco e cambio.

In fondo tutte le domande sfociano nella domanda principale della propria identità. Chi sono? Questa domanda ce la poniamo quando abbiamo paura o ci troviamo in un periodo di crisi, ce la poniamo quando non vediamo più nessuna via d'uscita dai nostri problemi.

Ed è nei tempi di crisi che la domanda del “chi sono io?” diventa insistente e viene accompagnata dalla domanda: “Dio, chi sei tu?”

Il nostro brano ci presenta entrambe le domande: inizia con la nostra prima domanda: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire dall'Egitto i figli d'Israele?» Mosè, nella sua routine quotidiana da pastore incontra Dio. Un incontro inconsueto, senza culto, senza rito predisposto, senza sacerdoti quali mediatori, no, un incontro diretto fra Mosè e Dio, un incontro del tutto inaspettato dall’uomo, genero del sacerdote Ietro.

Un incontro inaspettato in quanto Mosè conosce il suo passato, porta con sé i rimorsi della coscienza per l'omicidio commesso. Dio si incontra con un omicida, e lo fa senza grandi liturgie in mezzo alla quotidianità. Dio parla a Mosè e Mosè risponde: Eccomi qui.

Inizia così l’incontro fra Dio e Mosè.

Dio si presenta. Per chiarire subito che non è un dio nuovo che vuole l'attenzione di Mosè, Egli si presenta come Dio dei suoi antenati, il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. E Mosè? Ha paura e si chiede: “che cosa vuole questo Dio da me?”

Ancora non è però il tempo delle risposte. Prima Dio parla della ragione del suo incontro con Mosè. Dio ha visto uomini e donne che soffrono, persone abusate come schiavi, Dio ha visto delle ingiustizie che gridano al cielo e non ce la fa più a guardare, vuole intervenire.

Ed ecco, scende in terra, non rimane indifferente. Dio si fa toccare dalla sofferenza umana, Dio ascolta le lamentele degli umani, le loro domande e anche le loro accuse, Dio non rimane indifferente.

In mezzo alle sofferenze Dio ha bisogno di persone disposte a farsi coinvolgere. Mosè inizia a capire che Dio vuole proprio lui, e gli viene la paura.

Così chiede a Dio: “Chi sono io?” E noi potremmo aggiungere: “Dio ciò che vuoi è troppo grande per me. Non ce la farei, ho troppa paura.”

Chi sono io? E chi sei tu, Dio?

Certo è che Dio non è più un Dio lontano per Mosè. E' sceso in terra per incontrarsi proprio con lui. Noi sappiamo che in Cristo ci è ancora venuto più vicino, in Cristo Dio è con coloro che piangono, che gridano e anche con coloro che danno una mano a chi soffre.

“Io sarò con te”

Dio risponde in modo relazionale. Dio promette a Mosè e a tutti noi: “Io sarò con te.” Quando Mosè vuole sapere il nome di Dio, Dio risponde: “Sarò colui che sarò. Dirai così ai figli d'Israele: 'l'IO SONO mi ha mandato da voi'”

Dio non è un Dio lontano dalle nostre esperienze, non è il vecchio con la barba lunga che siede sopra le nuvole. Dio è un Dio coinvolto al massimo nelle vicende della nostra vita. La fede così cambia. Non è un sistema di regole da seguire, non è un impalcatura teologica o un sistema morale o un credere nell'esistenza di un essere supremo, la fede è relazione con il Dio che viene proprio per relazionarsi con noi e per dare una risposta alla domanda: “chi sono io?”

Siamo delle persone che non sono sole. Grazie a Dio.

 
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from jens

Trasmissione Radio RAI FVG – 23 gennaio 2025

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La samaritana vede un uomo strano, un ebreo, seduto da solo al pozzo, stanco per il viaggio, incapace di attingere acqua per sé perché non ha nulla per farla risalire dalle profondità. Quest’uomo le chiede di dargli da bere. La donna non ha idea di chi sia questo viaggiatore. Quando lo straniero cerca di rivelarle con delicatezza il segreto della sua persona, la donna rimane insospettita, addirittura sulla difensiva, perché non riesce a immaginare che qualcuno possa essere “più del nostro padre Giacobbe”. Solo dopo che Gesù le ha parlato dell'acqua della vita eterna che egli è in grado di darle, ella chiede quest'acqua.

Questa storia va intesa come un invito. Vuole aiutare le persone a credere o: a venire alla fonte della vita. Per la gente del tempo di Gesù questo era difficile almeno quanto lo è per noi oggi. O forse noi abbiamo un vantaggio, perché la storia ci dimostra molte persone eccellenti di fede che talvolta sono degli esempi per noi.

Pensiamo ai martiri che hanno difeso la loro fede fino alla morte (Dietrich Bonhoeffer, Martin Luther King) e a molti altri nei secoli passati, o pensiamo a persone la cui fede ha dato loro la forza di affrontare la vita o di fare del bene agli altri. Queste buone tradizioni ci indicano la strada verso la fonte a cui queste persone hanno attinto. Comunque, in molti anche oggi non riescono a immaginare che la Parola di Dio e la fonte di acqua fresca per la vita si trovino qui. La sete c’è, la stessa sete di vita, ma la si cerca di calmare altrove.

La verità cristiana è a volte molto diversa, molto semplice, poco appariscente, nascosta, proprio come era nascosta nella figura del Cristo viaggiatore. Ma vale la pena prestarvi attenzione, prenderla a cuore, rifletterci e discuterne con gli altri.

Anche la Samaritana aveva bisogno di tempo. Ma non si è tirata indietro. Ascoltò, si informò finché non giunse alla certezza: Questo è l'inviato di Dio. Posso credergli. Ma questa storia va intesa anche come un invito, nel senso che vuole attirarci su un nuovo sentiero. Il vecchio sentiero convenzionale, sul quale di solito cerchiamo di raggiungere la felicità nella vita, segue il motto: “Cerca di fare qualcosa di tuo”. La nuova via si chiama: “Porta gli altri con te – la vita è comunità – con Dio – con gli altri”. Il suo segno distintivo: “Incoraggia gli altri!”

A prima vista, questo nuovo stile di vita, lo stile di Gesù, sembra essere associato a perdite e rinunce per me. A un esame più attento, è benedetto da guadagni. Apre alla comunione, a trovarsi insieme, al sostegno, a sentirsi casa, al successo, alla salute e alla gioia.

La frase di Gesù: “L'acqua che io gli darò diventerà in lui un pozzo d'acqua che sgorga nella vita eterna” è probabilmente meglio tradotta come “incoraggiamento”. Chi incoraggia, rafforza, edifica e conforta gli altri è a sua volta incoraggiato, rafforzato, edificato e confortato. Egli promuove la vita e vive lui stesso. È una fonte per molti, una persona dal cui corpo sgorgano fiumi di acqua viva (Gv 7,38). E se ci si approfitta di lui? O – questa è la vecchia paura – cadete in disgrazia? E gli altri vinceranno la gara? La risposta a questo antico dubbio di tutte le persone pie potrebbe essere la richiesta della Samaritana: “Signore, dammi tanta acqua”, così tanta da annegare in essa la mia paura e il mio dubbio e da far tornare forte la mia fede.

 
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from Novità in libreria

Chiudiamo il mese di gennaio con un po' di scintille.

NOIR, GIALLI E THRILLER:

  • I FIORI DELLA MORTE di Vittorio Colitta (Newton Compton). Prima indagine del commissario Rinaldi, ambientata a Brunico, comune universitario in Trentino-Alto Adige. Un serial killer uccide giovani donne e le depone nelle fonti d'acqua, circondando i cadaveri con i fiori. Rinaldi, fresco di trasferimento da Bari, lavorerà con la profiler trentenne dall'animo tormentato Elena De Benedetti Riari. Per saperne di più: scheda libro.

FUMETTI E GRAPHIC NOVEL:

  • IL VAMPIRO DI BENARES – LE BELVE DELLA NOTTE di Georges Bess (Editoriale Cosmo). Mircéa cerca il suo amico giornalista, disperso in India, e scopre un orribile mondo segreto in cui i Vampiri regnano crudelmente. Per saperne di più: scheda libro.
  • Sempre per Editoriale Cosmo, L'ETÀ DEL BRONZO. L'ILIADE A FUMETTI – VOL.2: IL SACRIFICIO di Eric Shanower. Secondo volume per questa mirabile trasposizione del capolavoro omerico. L'autore riesce a combinare la fiction a fumetti con l'epica e i riscontri archeologici. Per saperne di più: scheda libro.
  • ADELE CRUDELE – JURASSIC NONNA di Mr Tan e Diane Le Feyer (Beccogiallo). Volume n° 16 della serie di Adele Crudele, che stavolta viene affidata un po' più spesso alla nonna... si prospetta una convivenza difficile! Età di lettura: dagli 11 anni. Per saperne di più: scheda libro.

SAGGISTICA:

  • PIRRO di Flavio Raviola (Salerno). Biografia del re greco dell'Epiro, che ambiziosamente sfidò la potenza di Roma (e il suo fallimento diede origine al famoso proverbio). Per saperne di più: scheda libro.
  • NOI SIAMO ELETTRICI di Sally Adee (Il Saggiatore). Un saggio sulla bioelettricità, ovvero quella carica elettrica che pervade tutti i corpi viventi, e sulla storia delle ricerche che la riguardano, da Luigi Galvani agli ultimi studi ed esperimenti. Per saperne di più: scheda libro.
  • PERCHÉ NON PARLI? COME RACCONTARE IL PATRIMONIO CULTURALE di Giovanni Carrada (Johan & Levi). Il patrimonio culturale e artistico italiano non può parlare da solo (come non poteva farlo il famoso Mosè di Michelangelo). L'autore di questo saggio invita gli “addetti ai lavori” a sviluppare nuove competenze riguardanti la comunicazione e la valorizzazione delle opere d'arte e dei reperti culturali. Per saperne di più: scheda libro.
  • L'AFFASCINANTE STORIA DEL SANGUE di Roberto Raimondi (Odoya). Conforme allo stile dei saggi divulgativi di Odoya, anche questo libro sulla storia del sangue (concernente la ricerca scientifica ma anche la simbologia, la religione e i miti) è corredato da fotografie e immagini. Per saperne di più: scheda libro.
  • ANCORA UN PO' di Nicklas Brendborg (Sonzogno). Sottotitolo: Come la scienza manipola i nostri istinti e i nostri consumi. Un libro sui meccanismi che stanno alla base del condizionamento che ci spinge al consumo compulsivo di cibo e di distrazioni superstimolanti. Riconoscere come funzionano queste dipendenze indotte ci aiuterà a uscirne. Per saperne di più: scheda libro.
  • LE RAGAZZE DELLA SCIENZA di Olivia Campbell (Aboca). È la storia di quattro scienziate tedesche che, a causa della loro origine ebraica o dei loro sentimenti antinazisti, furono costrette a fuggire all'estero. I loro nomi erano Hedwig Kohn, Lise Meitner, Hertha Sponer e Hildegard Stücklen: dopo viaggi difficili e pericolosi, approdarono in Svezia e negli USA, dove rivoluzionarono la scienza e la fisica, anche se il loro contributo non fu sempre adeguatamente riconosciuto. Per saperne di più: scheda libro.
  • LA VARIETÀ NECESSARIA DEL POTERE di Alberto Felice De Toni e Eugenio Bastianon (Guerini). Un libro sulla cooperazione e la corresponsabilità come chiave per il successo delle organizzazioni. L'allargamento e l'equilibrio dei poteri, insomma, può essere la soluzione ideale alle crescenti complessità che richiede un bilanciamento tra il lato oscuro (“il fine giustifica i mezzi”) e il lato luminoso (“abbi cura dei mezzi e il fine avrà cura di se stesso”). Per saperne di più: scheda libro.

INFANZIA E RAGAZZI:

  • Per Coccole Books, due titoli della nuova serie di Orsetto Giò: È NATO ORSETTO (scheda libro) e ORSETTO HA FAME (scheda libro), di Hui Chen (mi tocca mettere link a siti di e-commerce, perché le novità sul sito di Coccole Books sono ferme a dicembre – sono più in ritardo di me). I due albi raccontano le avventure di Orsetto Giò e della sua famiglia, a contatto con la natura della valle. Illustrazioni delicate e testo semplice per i piccoli lettori. Età di lettura: dai 24 mesi.
  • NED E TED di Angelo Mozzillo ed Elisa Marzano (Minibombo). Ned e Ted sono due amici uguali in tutto. L'unica differenza è che a casa di Ned il giovedì si mangia la pizza, mentre a casa di Ted il giovedì ci sono i broccoli. A Ted viene in mente che potrebbe sfruttare questa somiglianza per mangiare la pizza, ma non ha fatto i conti con un imprevisto... Età di lettura: dai 3 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • LA MAESTRA È TORNATA di Harry Allard e James Marshall (Lupoguido). La maestra Dolcini dovrà essere sostituita per qualche giorno e la classe dell'aula 307 teme che come supplente verrà la terrificante signorina Acquamarcia. A fare lezione, invece, sarà il preside Valpoco, che si rivela essere noiosissimo... così gli alunni si danno alle birbonate. Come andrà a finire? Età di lettura: dai 4 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • Una nuova serie per Ape Junior: I Mitici, con le storie della mitologia greca illustrate e raccontate per i bambini dai 5 anni. I due titoli usciti finora sono MEDUSA (scheda libro) e THOR (scheda libro). Entrambi sono scritti da Emma Adams e (simpaticamente) illustrati da Erica Salcedo.
  • SHE-SHAKESPEARE – DELLA STESSA SOSTANZA DEI SOGNI di Eliselle, illustrazioni di Arianna Farricella (Gallucci). Terzo capitolo della saga di She-Shakespeare. Stavolta Judith Shakespeare, in una Londra attanagliata dalla peste, è costretta di nuovo a indossare i panni del suo alter ego maschile William, per riuscire a ottenere l'aiuto dell'impresario teatrale Lord Strange e scrivere così drammi e commedie per la regina Elisabetta. Età di lettura: dai 12 anni. Per saperne di più: scheda libro.
 
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from 54rv36u

Stamattina mi sono alzato presto, ho sparecchiato la tavola di ieri sera, avevamo avuto una coppia di amici a cena per festeggiare il compleanno di questa amica, proprio di San Valentino (un giorno come un altro per nascere, no?). Ho caricato la lavastoviglie la cui la sistemazione finale la fa comunque mia moglie, io non so nemmeno dove vanno messe le pastiglie, quale programma impostare (so che è l'eco) e come si fa partire. Ho per consuetudine apparecchiato per la colazione e preparato le medicine del mattino. Poi sono tornato al computer. La routine del risveglio prevede che attorno alle 7:45 ( ma a volte anche alle 8) giungano dalla camera i rumori delle due che si alzano. A volte compare prima la cana, a volte prima mia moglie. Stamattina la cana. Dopo il bacino di “Buon mattino” ed il reciproco bollettino “come hai dormito stanotte?”, mia moglie porta giù in giardino la cana per i bisogni (con me non li fa!). Io intanto preparo la ciotola con i crocchini ed un po' di “umido” ad insaporire (le volte che ho dimenticato l'umido la cana, arrivando alla ciotola, si è voltata a fissarmi con lo sguardo a dire “Eh stamattina 'sta merda cos'è?”. Al loro rientro si può cominciare. Come ultima operazione proprio prima di sedermi accendo l'interruttore alla caffettiera elettrica. Sedendomi stamattina ho trovato accanto al mio piatto le prime violette della stagione, me l'ha raccolte mia moglie. Piacevole sorpresa! (https://pixelfed.uno/i/web/post/796300597102514996)

 
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from 54rv36u

20250214 Tanto per vedere come funziona qui, un ricordo: Ricordo sempre il nostro primo San Valentino. C’eravamo messi insieme da pochissimi giorni, il 5 di febbraio. Doveva essere un Febbraio caldo perché c’erano già le violette. Ne comprai un mazzetto, erano profumatissime. Trepidante te le consegnai sul Lungarno davanti a Piazza Carrara dove c’era il nostro Liceo. Mancavano pochi minuti ad entrare. Tu prendesti questo mazzetto di violette tra le tue mani, lo guardasti e poi, lo ricordo sempre con commozione, mi dicesti: “Io non sono innamorata, sicché non ti ho comprato nulla!” Suonò la campanella ed entrammo, ognuno nella sua classe. Io avevo Filosofia alla prima ora, si commentava il “Panta Rei” di Eraclito. Io pensai solo “ Eraclito, Ma te lo vai a troncà dove devi te e tutti quei greci di merda”

Tutto sommato non è andata poi così male, giusto pochi giorni fa abbiamo festeggiato i nostri 48 anni di “messinsieme”, sicché...

 
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from mydiary, I am Shiva

La scorsa settimana ho pedalato le tappe Lucca-San Miniato e San Miniato-San Gimignano della via Francigena, lo volevo fare, ed ho trovato rare giornate di bel tempo in mezzo a settimane di pioggia. Mi è piaciuto farlo, mi ha ricaricato le energie e liberato la mente dai pensieri negativi. Nel pernottamento al convento San Francesco di San Miniato mi sono trovato in camera con un pellegrino portoghese partito più di tre mesi prima. Mi sono sentito un pivello, e quasi mi vergognavo nel dirgli che stavo facendo due misere tappe di Francigena in preparazione al cammino portoghese di Santiago (Porto-Santiago). Lui era molto cattolico, infatti il suo cammino, percorso nel periodo invernale è stata una scelta per evitare i turisti della bella stagione; il suo obiettivo era raggiungere Roma ed iniziare li volontariato per il giubileo. Il mio approccio spirituale con questi cammini invece è più naturalistico e di crescita interiore. A me piace quando in solitaria faccio queste cose, liberare la mia mente dai piccoli problemi ordinari che nel quotidiano sembrano grandi, trovare ispirazione per nuove idee, purificare la mia mente, ricaricare le mie energie vitali, migliorare la mia prestanza fisica, entrare maggiormente in contatto con la natura...

Durante quei due giorni ho deciso che prima di ripartire col lavoro (seconda meta di marzo) voglio rifare qualche giorno in bicicletta da punto A a punto B, ma in una situazione pianeggiante, le colline Toscane sono bei paesaggi, ma impegnative con la bicicletta; così ho puntato all'Olanda. Ho sempre apprezzato il lifestyle di muoversi in bicicletta degli olandesi e le loro piste ciclabili, e specialmente l'ultima volta che ci sono stato in macchina ho visitato anche paesini cittadini olandesi, e spostarsi con la bicicletta la è veramente facile e piacevole; così nel mese di marzo, voglio intercettare alcuni giorni di bel tempo per farmi un po di sano cicloturismo tra Eindhoven ed Amsterdam; dovrei cavarmela con quattro giorni a pedalare e cinque pernottamenti. Devo pianificare!

 
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from Developers Italia

Buone pratiche per sviluppare applicazioni e servizi in modo sicuro, leggero e scalabile nel settore pubblico

di Daniele Pizzolli e Fabrizio De Rosa, Team Cloud Italia del Dipartimento per la trasformazione digitale

Ogni tecnologia che abilita il cloud ha un ruolo preciso, proprio come gli strumenti in un'orchestra di musica classica. E perché la melodia sia armoniosa e avvincente è necessaria una perfetta coordinazione tra tutti gli strumenti in scena.

Oggi parliamo dei “container”, dei veri e propri contenitori digitali che suonano il loro spartito in modo efficiente e sincronizzato, costruendo applicazioni e servizi in modo sicuro, leggero e scalabile. A dirigere la musica c'è il maestro d'orchestra, ad esempio Kubernetes, che ottimizza le risorse in sicurezza, permettendo ai container di collaborare insieme senza stonature. È necessario che l'orchestra sia ben affiatata per offrire prestazioni adeguate al funzionamento di organizzazioni complesse come le amministrazioni pubbliche italiane.

In questo articolo esploreremo alcuni dei passi fondamentali per l'utilizzo di queste tecnologie, analizzandone i benefici e le differenze principali con il modello di migrazione lift and shift, ovvero il semplice trasferimento di dati e servizi che rimangono dentro macchine virtuali.

I container e le virtual machine

I container sono una tecnologia che consente di allocare e isolare risorse, come ad esempio la memoria volatile (RAM) e la CPU, utilizzando il sistema operativo senza la necessità di coinvolgere l'hardware, diversamente da quanto avviene con le macchine virtuali.

Il fatto che l'isolamento sia ottenuto tramite il sistema operativo rende i container più veloci ad accendersi e a spegnersi, in quanto non c'è bisogno di inizializzare l'hardware (seppure emulato) e avviare tutto il sistema operativo della virtual machine (VM). Queste ultime risultano meno isolate, venendo a mancare la separazione netta a livello di CPU gestita dall'hypervisor, ovvero lo strato di software che gestisce le macchine virtuali dialogando con l'hardware.

Come in altri ambiti dell'informatica, non è tutto o bianco o nero: la distinzione fra container e VM, a seconda delle tecnologie usate, può non essere così evidente.

Da un lato ci sono container gestiti integralmente dal sistema operativo, dall'altro VM con uno strato di sistema operativo così esiguo da essere assimilabili a container.

Come si costruisce un container

La costruzione dell'immagine di un container è molto simile a quella di una VM, ma per fortuna molto più standardizzata. Se le immagini delle VM sono molto differenti a seconda della tecnologia, per i container c'è una buona standardizzazione de-facto nel formato dell'immagine (Image Format Specification), delle configurazioni (Runtime Specification) e la distribuzione degli artefatti (Distribution Specification) portati avanti dall'Open Container Initiative (OCI).

L'immagine di un container si può trovare sia preparata dal fornitore del software o da system integrator di terze parti, che costruita a partire da immagini di base, di norma condivise direttamente dai vari produttori di sistemi operativi all'interno di un processo automatizzato di Continuouos Integration/Continuous Delivery (CI/CD).

Qui è possibile notare le prime differenze sostanziali con le VM. Le buone pratiche per la gestione dei container prevedono che l'immagine sia stateless, ovvero che non porti con sé nessuna informazione specifica legata alla singola istanza (o al singolo deploy, se preferiamo la nomenclatura inglese). Le configurazioni vengono infatti applicate tramite appositi file o variabili d'ambiente al momento dell'inizializzazione e i dati persistenti sono archiviati in appositi volumi o database, o ancora meglio in sistemi di storage e database distribuiti, al contrario di quanto avviene solitamente con i monoliti nelle VM dove software, configurazioni e dati sono accorpati.

L'immagine di un container deve essere quindi costruita per auto-configurarsi alla partenza, cosa fattibile ma non banale in quanto richiede competenze DevOps.

Se la sicurezza riveste un ruolo prioritario, è meglio introdurre nel gruppo di lavoro anche competenze di tipo DevSecOps.

Un' orchestra per migliorare l'ottimizzazione delle risorse

Per eseguire e gestire un'immagine di un container si possono usare vari sistemi, dai più semplici basati su configurazioni più o meno statiche, eseguite all'interno di una VM, fino a sofisticati sistemi di orchestrazione che prevedono il monitoraggio delle risorse, il rilevamento di condizioni di criticità e la scalabilità automatica, spesso offerti come servizi SaaS dai cloud provider.

I sistemi più semplici sono facili da adottare, ma non consentono configurazioni che permettono di operare risparmi in base all'utilizzo di tali sistemi.

I cloud provider mettono a disposizione varie interfacce ed API per gestire il tutto. Il sistema di gran lunga più diffuso è certamente Kubernetes, un progetto Free e Open Source gestito dalla Cloud Native Computing Foundation (CNCF), il direttore d'orchestra dei container. Di solito ogni provider personalizza l'offerta con varie estensioni più o meno aperte o proprietarie.

La base comune di Kubernetes aiuta a ridurre il rischio di lock-in.

Le personalizzazioni dei cloud provider possono rappresentare un vantaggio gestionale, ma talvolta introducono complicazioni. Il campo dei sistemi di container orchestration è in continua evoluzione e ci sono decine di sistemi che rientrano nella definizione. Tra i più noti menzioniamo Docker Swarm e Nomad. Ci sono poi strumenti di gestione dei sistemi di container orchestration, come OpenShift o Rancher o appunto i sistemi messi a disposizione da ogni cloud provider. A volte le differenze fra i sistemi sono minime, a volte sostanziali. Anche in questo campo l'introduzione di automatismi basati su quello che comunemente viene chiamato “intelligenza artificiale” porterà ad ulteriori possibili scelte gestionali.

La complessità gestionale di introdurre un orchestratore di container è ripagata da un aumento della flessibilità, della resilienza, dell'ottimizzazione delle risorse, ottenibile dopo aver conseguito una certa esperienza.

Se tendenzialmente nelle VM che ospitano servizi in produzione l'accensione e lo spegnimento sono eventi rarissimi, di contro i container dovrebbero essere adottati per essere continuamente accesi e spenti oltre a lavorare in parallelo per ottenere quella che viene definita la scalabilità orizzontale

In questo modo il fallimento del singolo non si ripercuote sul sistema, che può anche essere aggiornato velocemente e gradualmente.

Da virtual machine a container

Bisogna partire da un'analisi dell'applicazione che si vuole migrare. Un buon approccio è sintetizzato nel paradigma dei 12 fattori per le applicazioni, o in generale nelle migliori pratiche della containerizzazione, riassunte qui. Di certo alcuni requisiti, come quello di non usare dati locali, potrebbero essere difficili da soddisfare se l'applicazione è un monolite pensato per lavorare direttamente sul filesystem: in questo caso la componente dello storage dell'applicazione andrà completamente ri-fattorizzata.

Fino a che tutte le buone pratiche non saranno soddisfatte, l'applicazione continuerà a vivere in una VM e solo quando raggiungerà la flessibilità necessaria per essere containerizzata potrà essere migrata sui container.

In questo caso sarà utile, parallelamente al processo di ri-fattorizzazione dell'applicazione, ristrutturare l'ambiente di Continuos Integration (CI) e Continuos Delivery (CD) per produrre le immagini dell'applicazione e per testarle automaticamente. Nell'ambiente di CI si possono inserire anche processi di scansione delle dipendenze per vulnerabilità note, sistemi di controllo della formattazione e della percentuale di codice coperto da test, che contribuiscono a migliorare la qualità del codice dell'applicazione e a tenere sotto controllo gli aspetti più visibili della sicurezza. È possibile trovare un esempio delle raccomandazioni della CNCF qui.

Come risparmiare: un esempio pratico

I container sono eseguiti all'interno di VM o direttamente nelle macchine fisiche o all'interno di cluster condivisi messi a disposizione e completamente gestiti dai cloud provider.

Nel caso venga utilizzato un cluster dedicato, al fine di ottenere dei risparmi legati all'uso delle risorse su scale medio/grandi, il sistema di orchestrazione tiene conto delle risorse richieste in tempo reale e rilascia le risorse non necessarie.

Ad esempio, facendo gestire il carico dei nodi ad un sistema di orchestrazione di container, 100 macchine virtuali con un utilizzo medio della CPU del 50% possono essere ridotte a 63, se teniamo come parametro di utilizzo medio della CPU l'80%.

Se viene rilevato un utilizzo medio delle risorse superiore, il meccanismo di autoscaling aggiungerà nuove VM al cluster. La soglia dell'80% è una soglia arbitraria, da valutare di caso in caso, per esempio, bilanciando i tempi di risposta dell'applicazione con la riserva di CPU che si vuole tenere.

Allo stesso modo, è possibile ottimizzare l'utilizzo della RAM e ovviamente bisogna tenere in considerazione anche il picco di richieste alla rete e le richieste verso lo storage.

Dopo aver messo in piedi il sistema e monitorato le prestazioni per un periodo ragionevole, è possibile analizzare i dati per determinare il numero ottimale di VM da mantenere stabilmente, ottenendo risparmi significativi a lungo termine. I picchi di utilizzo, invece, possono essere gestiti con risorse a consumo, riducendo i costi complessivi.

Un'analisi dei costi dovrebbe anche tenere conto della maggiore resilienza del sistema ai guasti o agli attacchi cibernetici.

Quanto costa un'ora di interruzione dei servizi? Quanto tempo ci vuole a ripristinare un sistema basto interamente su VM? Un sistema basato su container, se progettato e gestito correttamente, può garantire un'elevata continuità operativa, riducendo al minimo le interruzioni. Per una disamina più puntuale sull'analisi dei costi rimandiamo al manuale di abilitazione al cloud.

Anomalie e dove trovarle

Quando si collocano diverse applicazioni nello stesso cluster, è importante considerare attentamente la gestione della sicurezza. La gestione dei container segue le buone pratiche: monitora la sicurezza dell'applicazione anche in fase di costruzione dell'artefatto software (build) ed è integrata in un sistema di CI/CD per eseguire un rapido aggiornamento in caso emergessero problematiche, permettendo in questo modo di predisporre una risposta alle minacce in maniera molto efficace. La dinamicità offerta dai container permette anche di adottare paradigmi del tipo “service mesh” dove il traffico stesso fra i microservizi è oggetto di osservazione e analisi. Questo consente una rilevazione delle anomalie e una segregazione degli eventuali componenti malfunzionanti in maniera molto puntuale e precisa rispetto ad un'applicazione servita da un applicativo monolitico eseguito all'interno di una VM.

Cambio di paradigma: da tutto statico a tutto dinamico

La tecnologia dei container porta con sé un radicale cambio di paradigma, dove alla staticità delle VM si affianca la dinamicità dei container. Per questo non è facile pensare ad una transizione fluida da una tecnologia all'altra. Ci saranno necessariamente dei salti da effettuare, ad esempio nel migrare lo storage locale a quello distribuito, che devono essere progettati con attenzione e testati sul campo prima di arrivare in produzione. Allo stesso modo il paradigma *stateless*, dove i container non devono tenere lo stato dell'applicazione cambia l'approccio alla gestione dei dati. Le operazioni di backup e di restore dei dati, così come la gestione degli aggiornamenti nello schema del database, devono essere adattate agli strumenti e alle pratiche della gestione container.

È importante notare che non tutte le applicazioni (o parti di applicazioni) si sposano bene con il paradigma dei container.

In questo caso si deve valutare se l'applicazione possa essere sostituita da un servizio cloud nativo del provider (per esempio nel caso di database) o mantenuto all'interno di una VM.

Il gioco di squadra è (quasi) tutto

Per arrivare a questo traguardo occorre creare un gruppo di lavoro ben affiatato, aggiornato sulle buone pratiche e con gli strumenti giusti a disposizione. La competenza sui container, oggetti molto più leggeri, ma anche effimeri, rispetto alle virtual machine, non si improvvisa. Esistono però innumerevoli risorse, dai tutorial alla documentazione e al materiale dei workshop liberamente scaricabile, fino a corsi e sessioni pratiche su una particolare tecnologia. Il processo di refactoring di un'applicazione per il cloud dovrà necessariamente far riprogrammare i gruppi di lavoro e la loro organizzazione: prima i developer sviluppavano il software e i sysadmin lo installavano manualmente sulle virtual machine.

Oggi con i container tutto deve essere più fluido e integrato per garantire un funzionamento ottimale.

Se non si dispone di molte competenze interne, per alcune tecnologie o framework di programmazione, i cloud provider, o terze parti, mettono a disposizione degli strumenti di valutazione della prontezza (readiness) dell'applicazione al fine di essere migrata da VM a provider, e in alcuni casi il processo può anche essere automatizzato. Tali strumenti possono essere molto potenti, ma di contro sono molto invasivi e non si consiglia di utilizzarli nell'istanza di produzione con i dati reali. Usare il primo strumento che si trova (spesso richiede solo pochi clic) sarebbe equivalente a consegnare le proprie chiavi di casa ad uno sconosciuto che si propone di valutarla per fare una proposta di ristrutturazione. Fidarsi è bene, non fidarsi del tutto è meglio. Prima di un utilizzo effettivo è necessario valutare l'impatto sulla sicurezza che comporta questo accesso privilegiato.

Che si scelga di affidarsi a una squadra interna o al supporto di consulenti e strumenti specializzati, la migrazione ai container rappresenta un passo importante verso sistemi più resilienti e performanti.

Mappare le competenze

I container sono una tecnologia necessaria per stare al passo con i tempi. In questo approfondimento ci siamo focalizzati sui benefici in fase di gestione, ma la loro adozione permette anche di usufruire di ambienti di sviluppo più controllati, insieme a sistemi di test e staging più facili da gestire, abilitando l'adozione di sistemi e architetture orientate ai microservizi.

La tecnologia e l'offerta di servizi, in continua evoluzione, è certamente matura per essere adottata senza controindicazioni nella maggioranza dei casi.

L'effettiva gestione della VM o del cluster sul quale vengono eseguiti i container può essere delegata ad un modello SaaS (Software as a Service) specializzato, a volte chiamato CaaS (Container as a Service), dove si delega la complessa gestione dell'infrastruttura sottostante al cloud provider per focalizzarsi sullo sviluppo dell'applicazione.

La tecnologia ha raggiunto uno stato di standardizzazione tale che, anche se prendessimo decisioni errate per la migrazione a questo modello, comunque riusciremmo facilmente a cambiare i componenti che non soddisfano più le nostre esigenze o il sistema di orchestrazione senza grossi contraccolpi, assicurando così continuità operativa.

Mappare le competenze è il primo passo fondamentale per adottare i container senza troppi timori. Comincia questo percorso leggendo il manuale di abilitazione al cloud.

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Le immagini presenti in questo articolo sono state sviluppate con il supporto dell’Intelligenza Artificiale con l’obiettivo di rappresentare visivamente i temi trattati.

 
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from Cooperazione Internazionale di Polizia

Sono stati i carabinieri del ROS (Raggruppamento Operativo Speciale) ad eseguire tra Bari e Gorizia un Ordine europeo d’indagine, richiesto dall’Autorità giudiziaria del Belgio (Tribunale di Prima istanza di Anversa), accolto dalla procura della Repubblica nei confronti di 2 cittadini afghani, ritenuti responsabili del reato di associazione a delinquere finalizzata alla tratta di essere umani aggravata. Nei confronti dei due è stato contestualmente eseguito il mandato di arresto europeo.

crest del ROS

Questi provvedimenti hanno origine nell’ambito della cooperazione internazionale di polizia presso Europol, che oltre la partecipazione del Ros dei carabinieri, si è avvalsa della Polizia federale del Belgio, la National crime agency del Regno Unito ed altre Forze di polizia europee, finalizzata al contrasto del fenomeno della tratta di esseri umani.

In particolare, l’Operational Task Force costituita si concentra sull’esistenza di gruppi armati organizzati, attivi nel traffico di migranti lungo la rotta balcanica ed attivi principalmente in Serbia e Bosnia Erzegovina. Secondo le accuse delle autorità del Belgio, gli arrestati, sebbene in Italia, sarebbero da considerarsi membri di un’organizzazione transnazionale e coinvolti nel trasferimento dei migranti in vari Paesi europei, in particolar modo verso il Belgio e il Regno Unito. Tutte le attività delinquenziali, oltre ad essere particolarmente violente, venivano spesso documentate con video e/o foto sui principali social network.

Nello stesso tempo, sono stati eseguiti in Belgio e Regno Unito altri provvedimenti cautelari

Il logo della Polizia federale del Belgio

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