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from Novità in libreria

Chiudiamo una settimana piena di novità con un'ultima carrellata.

NARRATIVA:

  • MEMORIE DI UN KAMIKAZE di Kazuo Ōdachi (Garzanti). È la testimonianza di un sopravvissuto alle missioni suicide che i piloti dell'unità di attacco tokkōtai erano costretti a effettuare durante la guerra nel Pacifico. Dopo oltre settant'anni, si alza così il velo su un altro aspetto oscuro e feroce della Seconda guerra mondiale. Per saperne di più: scheda libro.
  • FUNERAL PARTY di Ludmila Ulitskaya (La nave di Teseo). All'inizio degli anni '90, Alik (artista fallito, ma grande viveur) giace in fin di vita in un letto, a New York. Intorno a lui, un gruppo di immigrati russi lo celebra ricordando la sua vita gaudente, mentre la grande madre patria, l'Unione Sovietica, sta subendo lo stesso destino di Alik... Per saperne di più: scheda libro.
  • Sempre per la Nave di Teseo, STORIE DELL'ORRORE di Péter Nádas. Il titolo è doppiamente fuorviante: si tratta infatti di un romanzo (e non di una raccolta di racconti) e l'orrore a cui si riferisce non è quello soprannaturale di spettri, vampiri o lupi mannari. È invece la storia di un villaggio ungherese negli anni '60 (certamente le “storie” del titolo riguardano le storie dei singoli abitanti del villaggio). E l'orrore è quello suscitato dagli animaleschi e torbidi sentimenti che corrono per le vie di quel villaggio, preludio alla violenza. Scorrendo le pagine e saggiando il tipo di scrittura, mi sorge spontaneo un avviso ai lettori: attenzione, libro da maneggiare con le pinze. Per saperne di più: scheda libro.
  • IL LIBRO DELL'OCA di Yiyun Li (NNE). Agnès e Fabienne sono due ragazzine diversissime tra loro, amiche per la pelle. Una è tranquilla, l'altra intelligente, forte e piena di fantasia. È una storia (ambientata in Francia) che richiama molto L'AMICA GENIALE di Elena Ferrante, sull'amicizia e sulla sua violenza che si intreccia all'amore, sulla fantasia e sui mondi che è in grado di creare. Per saperne di più: scheda libro.
  • GIOVINEZZA di Giuliano Giubilei (Solferino). Un romanzo che ruota intorno alle vicende di quattro fratelli mandati in guerra da Mussolini. Dal deserto libico alle montagne albanesi, una generazione di ragazzi si perde fra marce, prigionie e morte. Una storia drammaticamente vera. Per saperne di più: scheda libro.

NOIR, GIALLI E THRILLER:

IL MOSTRO DI TRIESTE di Gianluca Rampini (Newton Compton). Un serial killer imperversa a Trieste, facendo scempio delle sue vittime. L'indagine è affidata a Zeno Pentecoste, che però è afflitto da problemi familiari (la malattia della moglie e la ribellione della figlia) e personali: Zeno infatti è stato adottato e non sa nulla della sua famiglia di origine, di cui si ricorda solo questo particolare: la paura del buio. Per saperne di più: scheda libro.

SAGGISTICA:

  • BRUCE LEE UNTOLD di Lorenzo De Luca (Mediterranee). L'autore è un vero esperto della figura mitica di Bruce Lee e in questo libro ci racconta quello che ancora non era stato raccontato, avvalendosi delle sue ricerche di una vita. Per saperne di più: scheda libro.
  • L'ULTIMO MAESTRO di Massimo Clementi (Baldini+Castoldi). La vita di Edward James Marcus, vissuto in Inghilterra e in Italia nel XVI secolo, agli albori della medicina, tra il medioevo alchemico di Paracelso e la carriera accademica di John Caius, medico di corte, fino alla stima della regina Elisabetta I. Per saperne di più: scheda libro.
  • IL CAMMINO DON BOSCO di Gian Vittorio Avonda e Claudio Rolando (Edizioni del Capricorno). Un manuale che illustra una serie di percorsi nell'area torinese (il sottotitolo infatti è A passo lento tra Torino, Chieri e l'Astigiano) che si possono intraprendere a piedi, nelle zone di don Bosco, dal centro di Torino alle chiese e castelli fra le colline e le vigne. Per saperne di più (non ho trovato la scheda sul sito): scheda libro.
  • 100 RICETTE CON LA FRIGGITRICE AD ARIA (Il Cucchiaio d'Argento). La friggitrice ad aria è un forno ventilato ad aria calda che si sta diffondendo in tutte le case, grazie alla sua versatilità, velocità di cottura e semplicità d'uso. Ecco 100 ricette dall'antipasto al dolce che si possono realizzare in modo facile e pratico. Per saperne di più: scheda libro.

INFANZIA E RAGAZZI:

  • IL MIO LIBRO DEI SORRISI (Ape Junior). Un libretto con le pagine di stoffa morbida per i piccolissimi, con le faccine in colori molto contrastati, che si può appendere al passeggino. Nel libro c'è anche una pagina specchio. Attenzione: il naso della faccina scrocchia e suona! Per saperne di più: scheda libro.
  • IL MIO PICCOLO ALMANACCO SONORO: I VEICOLI illustrato da Charlie Pop (Gallucci). Per i piccoli lettori da 1 anno in su, un libro cartonato con i suoni dei veicoli, illustrazioni coloratissime e un giochino cerca-e-trova per imparare parole nuove. Per saperne di più: scheda libro.
  • PROT NELLO SPAZIO! di Mike Henson (Valentina). Dopo PROT! CHI È STATO?, ecco una nuova avventura degli animali che fanno le puzzette nello spazio. Anche questo, come il precedente, è un libro con le pagine cartonate e inserti a scomparsa che rivelano particolari buffi (e profumati). Età di lettura: dai 3 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • BUONANOTTE SOLE di Giuditta Campello e Claudio Cornelli, illustrazioni di Romina Scarpanti (Il Ciliegio). Una tenera favola in cui il sole non ha sonno, e se neanche i suoi amici la terra, la nuova e la grotta riescono a farlo addormentare, forse ci riuscirà una ninna nanna cantata dalla luna. Età di lettura: dai 3 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • LADY WHISPER – VOL.3: UN PRINCIPE AZZURRO SUPERCOOL NELLA LONDRA REGENCY di Aniela Ley (Gallucci). Terzo volume della saga di #LadyWhisper, è un libro pieno di romanticismo, magia, avventura, viaggi nel tempo... e comunque il sottotitolo dice tutto quello che serve. Età di lettura: dai 12 anni. Per saperne di più: scheda libro.
 
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from cosechehoscritto

Oggi sono andato a nuotare, ho ripreso a fare del nuoto libero omeopatico, mi butto in acqua e muovo gli arti sfruttando le onde delle donne che fanno ginnastica nella corsia a fianco alla mia. Uso degli occhialini da sole che deve aver comprato Elettra quando nuotava al mare, così che quando me li metto sembra che sia notte.

Oggi ero lì che nuotavo e pensavo a Leopardi, pensavo che secondo me Leopardi non è pessimista per niente. Questa cosa del pessimismo storico e cosmico sono cazzate. Leopardi non era pessimista, era solo realista. La vita è davvero il male. Il fine dell'universo è il male. Ciascuna cosa esistita è il male. Eppure, nonostante questo, vado alla grande, ho fatto anche dieci vasche a stile libero.

ll concetto che mi piace di Leopardi è quello dell'immaginazione. Lui dice che – in pratica – l'uomo non capisce che l'immaginazione è solo immaginazione, ma la confonde con la “facoltà conoscitrice” e quindi considera i sogni dell'immaginazione come cose reali.

E mentre sono lì, in questa notte artificiale che muovo le gambe e le braccia e le sento strapazzate dal cloro, penso che altro che pessimista. Da qui è partito l'uomo: immaginarsi delle cose e crederle reali. E fingendo che fossero reali viverci assieme finché – ad un certo punto – ma questo Leopardi non lo dice è una mia idea eh – finché ad un certo punto queste illusioni le ha raggiunte davvero. E quell'immaginazione è diventata sul serio conoscenza.

Diritti civili, parità, contratto sociale, le mie prossime due vasche a rana. Erano solo una nostra immaginazione ma ci abbiamo creduto così tanto che le abbiamo raggiunte davvero.

Arrivo al bordo vasca e mi aggrappo al cemento, sono sfinito. Faccio per uscire e guardo da quante ore sto nuotando.

Dieci cazzo di minuti. Osservo l'orologio al quarzo rosso che troneggia sopra i nuotatori serali. Sto nuotando da dieci cazzo di minuti, mi sembra di essere entrato sei ore fa. Rinuncio ad uscire. Mica per altro, ho pagato.

Mi sembra una vita che sto nuotando e ogni vasca perdo qualcosa, ieri mentre scrivevo con la penna mi sono reso conto che mi tremavano impercettibilmente le dita. Ogni vasca perdo qualcosa e guadagno qualcosa: ogni tanto vado sott'acqua e guardo i tunnel subacquei che ho scavato con il mio passaggio.

Non v'è altro bene che il non essere, non v'ha altro buono che quel che non è, le cose che non son cose. “E questo sarebbe un pessimista?”, penso. Un pessimista non dice queste cose splendide, un pessimista si lamenta che invecchia, scatarra nella doccia comune, guarda male i ragazzi che scazzano negli spogliatoi. Un pessimista non fa lo splendido con il mondo e i suoi significati.

Esco dall'acqua come Venere durante un'incauta gravidanza. Corro all'accappatoio a passi tardi e lenti, me lo metto addosso, l'accappatoio, per nascondere la pancetta che – potessi aspettare – aspetterei.

Supererò la prova costume, penso tra me e me mentre – negli spogliatoi, indosso la tuta azzurra e rossa, la S gialla, lego bene il mantello dietro e stringo forte l'addome per sentire la mia piccola kriptonite crepitare.

 
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from Transit

(152)

(Suviana)

Proviamo a scegliere un registro. Immacolato, oppure già usato, con la possibilità di metterci tutto quello che vogliamo. Immaginiamo di scrivere qualcosa su #Suviana e sulle #mortisullavoro.

Registro del dolore. Difficile da maneggiare. Solo chi deve provare certe cose, certe assenze, certi vuoti può scrivere. Solo chi sa, può usarlo.

Registro dell'empatia. Più accessibile, più semplice. Forse le parole più che la penna, però.

Registro della retorica. Ce ne sono tanti, in giro. Quello dei giornali, quello delle televisioni, quello della politica, quello a buon prezzo. Scontato. Cioè costa poco e vale poco.

Registro sindacale. Bisogna ordinarlo, perchè ce ne sono tanti, ma mai disponibili al momento. Sempre un attimo dopo a quando servirebbero.

Registro delle indignazioni. In Italia se ne fanno, ma venduti quasi per niente. Messi in ombra da quelli artigianali: tutti se ne fanno uno.

Registro degli stupori. E', di solito, venduto insieme ad un pero (albero del), da cui cascano quelli che ci salgono. Ogni volta che accadono certe cose.

Registro delle banalità. Viene fornito con mille pagine già scritte. Quelle da scrivere ammettono anche errori ortografici.

Registro economico. Piuttosto corposo. Contiene cifre molto basse (lavoratori) nella parte sinistra, molto alte (“imprenditori”) nella parte destra. Si usa carta ruvida, perchè sia fastidioso.

Registro delle stupidaggini. Viene fornito insieme al quaderno delle cretinate. Lo passano le mutue.

Registro degli scioperi. “Sì, ma io ho da fare.” “Non posso, Chi mi sostituisce?” “E' uno strumento spuntato.” Utile per le scuse. Degli altri.

(Suviana2)

Registro dei nomi e dei numeri. L' unico che viene sicuramente usato, anche se inutilmente. In media ci si possono scrivere, ogni giorno, tre nomi e tre numeri, per ogni giorno dell'anno. Anche la Domenica, che i lavoratori dovrebbero riposare (direttiva che arriva da molto in alto.) Aggiornato con solerzia e con altrettanta rapidità nascosto, specialmente a chi dovrebbe guardarlo. Non è consigliato farsene trovare addosso: c'è il reale rischio di passare per disfattisti.

#Italia #Lavoro #Opinioni

 
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from L'isola di Ula-Ula

Peter Higgs

Apprendo, giusto poco prima delle 21 (poco dopo l'uscita del post odierno su DropSea), della scomparsa di Peter Higgs. Mi ha colpito, ma forse per via della veneranda età, non come mi aspettavo, però il suo nome è legato a molti ricordi personali, che cercherò di raccontare nel seguito.

Tra bosoni e acceleratori

Ha legato il suo nome al più famoso bosone scalare della storia della fisica, il bosone associato al meccanismo che consente alle particelle di ottenere la massa. Non ripeto la storia, la trovate nei molti link che vi dissemino nel resto di questo post, però ci tengo a ricordare come, quando ero un dottorando di fisica, c'era non poco scetticismo intorno alla scoperta di questo bosone. E questo scetticismo c'era anche da molti degli sperimentali che lavoravano al CERN e venivano in università o nelle scuole di dottorato a raccontarci alcuni degli esperimenti (ATLAS su tutti) costruiti intorno a LHC, il nuovo (per l'epoca) acceleratore di particelle progettato appositamente (ma non solo) per questa ricerca. Era una situazione un po' strana: avevo in pratica già scelto la carriera del fisico teorico, per cui una parte di me era esaltata dalla possibilità che una relativamente nuova proposta teorica potesse essere confermata negli anni a venire, mentre un'altra parte sperava, come gli sperimentali, in una sua mancata scoperta, visto che ciò avrebbe aperto le porte alle proposte teoriche alternative. La cosa più strana, però, e che in qualche modo mi rese più consapevole sulle infinite strade teoriche (e, un po', sull'arroganza dei teorici), fu scoprire a un congresso di fisica teorica che molti modelli che si auto-definivano alternativi al modello standard delle particelle elementari, prevedevano non uno, ma una più o meno lunga serie di bosoni scalari legati a meccanismi simili. Poi la conferenza della scoperta del bosone, con Higgs presente e in lacrime quando venne ufficialmente fatto l'annuncio, e il premio Nobel per la fisica, assegnato a una velocità inusuale: tutto questo seguito on-line, da Milano, in un luogo, l'Osservatorio Astronomico di Brera, dove in fondo tutto questo aveva poca importanza, visto che ero l'unico a emozionarmi per tutto ciò. Oggi quella storia è finita, ma al tempo stesso continua a vivere nei miei ricordi, in ciò che ho scritto e, soprattutto, nel lavoro dei fisici teorici e nei libri che includeranno i suoi preziosi contributi alla comprensione del mondo.

Per approfondire

A Higgs avevo dedicato un articolo nella mia serie di biografie, Ritratti, cui seguì una decina di giorni più tardi il quinto episodio del mio podcast. Visto che al momento sta solo su YouTube, vi dovete accontentare. Per chi vuole usare la sua istanza invidious preferita, ecco il link da copia/incollare.

A Higgs e al suo bosone ho anche dedicato, alcuni anni fa, una conferenza all'interno di un corso di auto-aggiornamento degli insegnanti del Cavalleri di Parabiago (ero l'esterno invitato). Ovviamente a quella conferenza ho abbinato un articolo sul meccanismo e quant'altro, il tutto con un taglio comunque didattico. A questi aggiungo anche l'articolo sull'annuncio della scoperta, un articolo dal titolo abbastanza esplicito come Il credito dovuto a Peter Higgs e un articoletto sulle (poche, almeno all'epoca) rilevazioni del bosone di Higgs.

@ulaulaman@mastodon.social

#fisica #meccanicaquantistica #PeterHiggs

 
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from Novità in libreria

Questa settimana siamo sommersi dai libri nuovi... eccone un po'.

NARRATIVA:

  • L'UNITÀ di Ninni Holmqvist (Fazi). Una struttura residenziale idilliaca, appartamenti, giardini, pasti gourmet... tutto destinato, in un futuro mondo utopico (distopico?), ai single senza figli. In realtà si tratta di un grande laboratorio in cui i single senza figli vengono usati come cavie per sperimentare medicinali e donare organi fino alla morte, ad uso e beneficio dei genitori del mondo esterno. La protagonista, una scrittrice cinquantenne senza figli, si rassegna al suo destino, ma l'amore cambia tutto. Per saperne di più: scheda libro.
  • L'IMPERO DEI DANNATI di Jay Kristoff (Mondadori). Sequel de L'IMPERO DEL VAMPIRO. Avventura, avventura e ancora avventura (troveremo il Graal, in questo volume, insieme a cavalieri, minacce della fine del mondo e chi più ne ha più ne metta). Per saperne di più: scheda libro.
  • CUORE NASCOSTO di Ferzan Ozpetek (Mondadori). Basterebbe il nome dell'autore a inquadrare il tipo di romanzo: i sentimenti e l'universo femminile sono sempre stati al centro delle vicende dei suoi libri e dei suoi film, e anche questa nuova storia non è da meno. Questa volta, Ozpetec racconta di una donna che dopo la morte del marito ricco, conduce una vita da artista anticonformista, una donna che aiuterà la nipote, protagonista del romanzo, a realizzare il proprio sogno: diventare un'attrice. Per saperne di più: scheda libro.
  • LA MANO CHE CURA di Lina María Parra Ochoa (Feltrinelli). Una storia al femminile molto, molto sudamericana, in cui una madre trasmette alla figlia un'eredità di folklore, tradizione e superstizione. Interessante il motto: “Una mano cura e l’altra uccide. Nessuna delle due è buona o cattiva, perché a volte guarire è una maledizione e altre la morte è benvenuta.” Per saperne di più: scheda libro.
  • Sempre per Feltrinelli: IL FUTURO FUTURO di Adam Thirlwell. Un romanzo sull'amicizia femminile, ambientato in un futuro/passato settecentesco distopico stranissimo, che con il periodo storico ha in comune la decadenza, la violenza e l'oppressione del potere assoluto. Per saperne di più: scheda libro.
  • I GIORNI DI VETRO di Nicoletta Verna (Einaudi). Una vicenda ambientata nel ventennio fascista e la guerra: Redenta, la protagonista, è nata proprio nel giorno del delitto Matteotti, e le chiacchiere di paese la circondano fin da allora. Il suo percorso di afflizione e persecuzione incrocia quello di Iris, una donna partigiana della banda del comandante Diaz... Per saperne di più: scheda libro.
  • IL SENTIERO SELVATICO di Matteo Righetto (Feltrinelli). Ambientato sulle Dolomiti negli anni della Grande Guerra, il libro racconta di Tina Thaler (personaggio comparso nel precedente libro LA STANZA DELLE MELE), che la superstizione popolare crede sia stata rapita da bambina il Giorno dei Morti dai diavoli o da chissà chi, trasformandola in una strìa dei boschi. Un libro sul legame con la natura e la martoriata foresta, un ambiente magico e consacrato dalla antiche tradizioni. Per saperne di più: scheda libro.
  • REDAMANCY di Flaminia Galeoni (SEM). La protagonista di questa storia romantica è riuscita a ottenere un Master di scrittura creativa nella famosa Blackcross University in Scozia, ma quando tutto sembra volgere al peggio per via del suo senso di sconfitta, ecco che l'amore interviene e (forse) cambia tutto... Per saperne di più: scheda libro.
  • UN GIORNO NELLA VITA DI ABED SALAMA di Nathan Thrall (Neri Pozza). Uno scuolabus, ai confini tra Israele e Cisgiordania, è coinvolto in un incidente. Un padre è in ansia, perché suo figlio era su quell'autobus, e la ricerca di quel bambino si rivela ardua e piena di ostacoli, perché quel bambino è palestinese, figlio di un palestinese. E tutto è impedito da una selva di intoppi burocratici, posti di blocco, accessi vietati, diritti negati. Vi rimando al link per una lettura della presentazione di questo libro (che finisce dritto dritto sulla mia pigna dei “voglio leggerlo assolutamente”): scheda libro.
  • IL CANTO DELLA FORTUNA di Chiara Bianchi (Salani). Sull'onda del successo delle saghe familiari di questi anni (su tutte, la saga dei Florio di Stefania Auci), ecco la storia dell'impero editoriale dei Rizzoli, a partire dall'infanzia grama dell'orfanotrofio di Angelo Rizzoli, fino al divampare di un immenso potere imprenditoriale. Per saperne di più: scheda libro.
  • PAESAGGIO PER AMARE di Helen Wolff (Marsilio). Un uomo e una giovane donna si mettono in viaggio per il sud della Francia, fuggendo dalla Germania in cui incombe il nazismo, alla ricerca di posti da favola e una vita di lusso e sfarzo. Eppure la ragazza, pur essendo inesperta e senza un soldo, ha bisogno di libertà e indipendenza. Un romanzo autobiografico con un saggio di Marion Detjen. Per saperne di più: scheda libro.
  • CENERE di Tiziana Ferrario (Fuoriscena). Nella Milano del 1898, culla del socialismo, la rivoluzione industriale stritola le vite dei lavoratori nelle fabbriche e nelle misere case. Questo romanzo racconta la storia delle donne che, pur essendo di alta estrazione sociale, si sono impegnate per garantire diritti e riscatto sociale per gli operai. Donne come Anna Kuliscioff, compagna di Turati, Alessandrina Ravizza, contessa fondatrice della Cucina dei Malati poveri, e le altre figure femminili che hanno lottato per un mondo più equo. Per saperne di più: scheda libro.
  • NON SAI MAI CHI TI METTI IN CASA di suor Raffaella Falco (San Paolo). Interessante libro in cui l'autrice affronta i vari temi della spiritualità immaginando la riunione di un condominio nei cui appartamenti abitano i personaggi delle favole e delle storie classiche (Pinocchio, Cenerentola, la Sirenette, eccetera). Per saperne di più: scheda libro.

NOIR, GIALLI E THRILLER:

  • TRUDY di Massimo Carlotto (Einaudi): finalmente un giallo. In questo nuovo libro, Carlotto ci racconta di Gianantonio Farina, un ex commissario detto “il Grigio”, ora a capo di un'agenzia di security, impegnato nelle indagini sulla scomparsa di un commercialista. Forse la moglie dello scomparso sa qualcosa... e la sorveglianza sulla donna si fa molto stretta... Per saperne di più: scheda libro.
  • TUTTI SANNO di Jordan Harper (Neri Pozza). Mae Pruett, la protagonista di questo giallo – hard boiled, nell'ambiente del jet set hollywoodiano è nota per riuscire a “risolvere i problemi”, ovvero coprire gli scandali, tenere lontani i media da scene imbarazzanti, ripulire reputazioni eccetera. Tuttavia, all'improvviso, Mae si trova contro la Bestia, l'organizzazione criminale che gestisce tutti gli affari sporchi, a Los Angeles... Per saperne di più: scheda libro.
  • LA STORIA SE NE FREGA DELL'ONORE di Gian Arturo Ferrari (Marsilio). Milano, 1936: il fascismo regna incontrastato e la polizia politica segreta tiene d'occhio Luigi Bassetti, antifascista direttore editoriale di una grande casa editrice, che non si separa mai da un misterioso manoscritto di cui nessuno sa nulla... Basta questo per intrigarmi. Si tratta dell'esordio nel giallo di un grande intellettuale che è stato editore per tutta la vita e di editoria ha scritto moltissimo. Per saperne di più: scheda libro.

FUMETTI E GRAPHIC NOVEL:

LA STRADA di Manu Larcenet, dal romanzo di Cormac McCarthy (Coconino Press). Questo grosso librone è una vera opera d'arte, tratta dal celeberrimo romanzo di Cormac McCarthy. Un padre e suo figlio attraversano un mondo post apocalittico di cenere, cadaveri e stenti. I disegni di questa graphic novel interpretano perfettamente quel mondo, con una fedeltà al romanzo straordinaria. Non ho trovato la scheda del libro nel sito della casa editrice, quindi vi linko questo articolo, dove potrete ammirare alcune tavole di questo capolavoro.

SAGGISTICA:

  • L'EUROPA NELL'ETÀ DELL'INSICUREZZA a cura di Alessandro Colombo e Paolo Magri, dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale – ISPI (Mondadori). Un saggio di stretta attualità: le sfide e le crisi che l'Unione Europea sta affrontando in questo periodo, in un contesto internazionale in cui i grandi attori (USA, Cina, Russia) stanno rispondendo a modo loro ai grandi stravolgimenti socio-politici e demografici. Per saperne di più: scheda libro.
  • IN NOME DELLA LIBERTÀ di Paolo Del Debbio (Piemme). A distanza di più di trent'anni, il noto giornalista di Mediaset ragiona sul programma elettorale di Forza Italia, sui valori che ne sono alla base e sulla sua attualità. Prefazione di Marina Berlusconi, con l'ultimo scritto che Berlusconi stesso vergò nel letto d'ospedale, prima di morire. Per saperne di più: scheda libro.
  • POLVERIERA TUNISIA di Sara Giudice (Rizzoli). Dopo le rivolta della cosiddetta “primavera araba”, la Tunisia ha avviato un processo di transizione democratica, ma il paese oggi è nel caos: l'attuale presidente Kaïs Saïed ha mostrato la reale natura del suo regime illiberale reprimendo dissenso e diritti. La giornalista Sara Giudice ci conduce in un viaggio attraverso questo disastrato paese, che, a pochi chilometri dalle nostre coste, riveste un ruolo cruciale nella gestione delle migrazioni nel Mediterraneo. Per saperne di più: scheda libro.
  • TUTTO UNCINETTO di Laura Gianina Ferariu (Rizzoli). Questo è facile: si tratta di un manuale in cui sono spiegati passo dopo passo i rudimenti dell'arte dell'uncinetto. Al posto della scheda libro (che non ho trovato, ecco un video.
  • COME SI DORME BENE? di Aronne Romano (Fabbri). Troppo spesso sottovalutiamo la qualità del nostro sonno, non pensando che questa è strettamente legata alla nostra salute, non solo mentale. Ecco un libro che ci aiuta a capire come dormire meglio e quindi a stare meglio, con suggerimenti e indicazioni pratiche. Per saperne di più: scheda libro.
  • MIZZICA! DIZIONARIO GASTRONOMICO SICILIANO di Francesco Lauricella (Topic). Etimologia, origine e spiegazione di tutte le pietanze che la tavola tradizionale siciliana può offrire, con tutte le varianti dialettali e gli aspetti storici e culturali. Per saperne di più: scheda libro.
  • MONDI SENZA FINE di Chris Impey (Apogeo). La ricerca di pianeti fuori dal sistema solare potrebbe rappresentare, in futuro, una possibilità di sopravvivenza per il genere umano. Questo libro, che unisce discipline come astronomia, geologia e biologia, è una specie di guida divulgativa all'esplorazione dei cosiddetti esopianeti in grado di ospitare la vita. Per saperne di più: scheda libro.
  • LA TUA VOCE È UN DRAGO ALATO di Alessandra Battaglia (Mondadori): spiegazioni e consigli pratici su come usare al meglio la propria voce, uno strumento di potere che non bisogna sottovalutare, ma anche un ponte con la propria interiorità. Per saperne di più: scheda libro.
  • LUPA DI MARE di Marco Pozza (Il Pellegrino). Sottotitolo: *La ragazza di Nazareth che sfidò Dio**. Ero in dubbio se inserire questo libro fra la narrativa o la saggistica, ma soltanto sfogliandolo capisco che questo libro spiega e racconta racconta la storia di Maria in modo inedito e “provocatorio”, a partire dai sei episodi in cui, nei Vangeli, le viene data la parola. Non ho trovato la scheda del libro sul sito della casa editrice, quindi linko questo.

INFANZIA E RAGAZZI:

  • IL MAGICO LIBRO DEGLI ANIMALI di Tiago Americo (Gribaudo). È un libro-bagnetto con le pagine magiche: se si bagnano, compaiono gli animaletti nascosti (quando si asciugano, gli animaletti scompaiono di nuovo). Età di lettura: da 0 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • IL VIAGGIO DELLA CACCA di Barbara Franco (Gribaudo). Un libro cartonato che insegna ai piccoli lettori a non aver paura o disagio per il gabinetto (e potrà augurare buon viaggio alla cacca, che parte per un lungo tragitto). Contiene anche consigli per i genitori. Età di lettura: dai 24 mesi. Per saperne di più: scheda libro.
  • Per Mondadori escono 4 titoli legati ai Pokémon, nella collana Le avventure di Ash e Pikachu. Eccoli: UNA SQUADRA IMBATTIBILE (qui), UNA SFIDA ELETTRIZZANTE (qui), IL PIANO DEL TEAM ROCKET (qui), e LUCI! MOTORE! PIKACHU! (qui). Si tratta di una serie di libretti scritti in stampatello maiuscolo, naturalmente a tema Pokémon, in cui i protagonisti sono Ash e Pikachu. Età di lettura: dai 3 anni.
  • IL LIBRO DI SCIENZA, INVENZIONI E SPAZIO PIÙ DIVERTENTE MAI SCRITTO di Lisa Swerling e Ralph Lazar (Gribaudo). Un bel volume di grandi dimensioni illustrato in modo esilarante. Una serie di personaggi strambi, i Brainwaves, spiegano al piccolo lettore le più bizzarre invenzioni e tutto quello che riguarda lo spazio e la scienza. A modo loro, ovviamente. Età di lettura: dai 6 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • CHE COS'È UN FIORE? di Rachel Ignotofsky (De Agostini). Un bel libro illustrato di grandi dimensioni che racconta tutti i meccanismi della natura e della botanica. Età di lettura: dai 7 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • LA FIGLIA DEL GIGANTE di Ilaria Mattioni (Feltrinelli). Layana, figlia dodicenne della nobile famiglia dei Valmarana, abita in una villa nei dintorni di Vicenza, nella seconda metà del Settecento. Ha tutto quello che potrebbe desiderare, ma le è stato vietato di uscire dalla villa. Layana, tuttavia, possiede un'indole ribelle e anticonformista... cosa ci sarà fuori dalla villa? Il mondo esterno è così pericoloso? Età di lettura: dai 10 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • LA BIBLIOTECA SCOMPARSA di Rebecca Stead e Wendy Mass (De Agostini). A Martinville non manca niente, a parte la biblioteca. Un bel giorno, invece, compare in cima a una collina vicino al paese un cartello con la scritta “prendi un libro, lascia un libro. O entrambe le cose” con un mobiletto pieno di libri schedati (e un gattone che fa la guardia). Chi ha lasciato quei libri? Quale segreto si cela dietro ai volumi? Età di lettura: dai 10 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • GLI ARCANI DI NEBBIA – LA CARTOMANTE. VOL.1 di Fanny Caldin (Gallucci). Copertina meravigliosa per questo primo volume di una saga fantasy ambientato a Marsiglia nel 1850 e legato a un magico mazzo di tarocchi che porta la protagonista in un mondo di nebbia in cui può leggere il futuro. Età di lettura: dai 13 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • DRAGONFALL di L.R. Lam (Gribaudo). Un fantasy moderno e romantico (qualcuno direbbe spicy), a base di draghi, destinato a un pubblico adolescente. Età di lettura: dai 14 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • IL MUSEO DEI MISTERI di Owen King (Sperling & Kupfer). Un romanzo che viene classificato come dark fantasy, ma credo che si tratti più che altro di una fantascienza distopica, perché la sinossi parla di un mondo futuristico ma non troppo, che conserva una traccia del nostro universo nel Museo dei Lavoratori, una struttura dimenticata da tutti, piena di statue di cera che rappresentano i vari mestieri. In questo museo potrebbe nascondersi la verità che la protagonista sta cercando... Nel frattempo, nel mondo esterno infuriano le rivolte. P.S.: ebbene sì, Owen King è proprio il figlio di Stephen... Per saperne di più: scheda libro.
 
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from Transit

(151)

(News)

Nel suo film “La giusta distanza” (del 2007, che sembra un secolo fa), Carlo Mazzacurati narra la vicenda di un giovane, apprendista giornalista, che non riesce, in merito ad un fatto di cronaca, a mantenere la “giusta distanza” dai fatti, come gli ha suggerito il suo mentore. Ovvero non riesce ad approfondire abbastanza quel che accade per averne una visione imparziale, il più possibile corretta e scevra da opinioni ed idee personali: quello che, nella teoria, ogni giornalista dovrebbe tendere a fare nel suo mestiere.

Da parte di molte testate giornalistiche e di TG d'ogni canale è un muoversi nelle direzioni più disparate: dapprima per rimanere “sul pezzo” e, passata la fase di “picco” della notizia, per estendere all'infinito una serie di tematiche, perlopiù allarmistiche e con un alto tasso di sensazionalismo, fino a coprire intere giornate di trasmissione.

E' anche un po' il limite, per esempio, dei canali “All News”, dove per ventiquattro ore al giorno si trasmette ogni sorta di dettaglio, di accadimento, di vocio per coprire la giornata intera. Reiterando all'infinito le stesse cose (non può accadere qualcosa di clamoroso ogni ora), si finisce con il “caricare” la notizia fino allo spasimo, spesso inserendo note di colore che rendono la narrazione volutamente altisonante, pervasiva, angosciante. Una estremizzazione indotta per mantenere lo spettatore attento e soprattutto sintonizzato.

Chiaramente è una maniera d'operare per nulla corretta e, per quanto giornalisti ed opinionisti lo neghino, appare abbastanza chiaro che è un mare in cui a loro piace nuotare. Possiamo comprendere che sia più semplice fare così che mantenere quella distanza di cui sopra: si rischia, magari, la noia o una maniera troppo blanda di porgere le notizie e molte persone amano, inconsciamente o meno, il clamore e la chiacchiera, a discapito di coloro che, invece, vorrebbero leggere o sentire semplicemente ciò che è successo, senza fronzoli.

(News2)

D'altro canto ognuno può essere un amplificatore dei fatti: basta un account su “Facebook” o su “X” dove riprendere e commentare ogni cosa venga detta, magari distorcendo ulteriormente le cose, caricandole con opinioni personali (cui si ha diritto) e facendo rimbalzare tutto ovunque. Una sorta di cerchio infinito in cui la sconfitta è l'informazione di qualità, quella cui dovrebbero sempre ambire tutti. Sarebbe un freno per un mondo già pieno di input, dove siamo “bombardati” senza sosta, senza tregua di cose da seguire.

Un corto circuito permanente d'attenzione e di sovraccarico mediatico. E come ogni cosa portata all'eccesso, è un danno cui, temo, non si possa più porre rimedio, se non con la volontà personale di distaccarsi da questa narrazione sbilanciata, reinserendo nel proprio modo di informarsi una quanto mai necessaria dose di distacco e di ragionamento. Cose difficili da fare, ma non impossibili.

#Informazione #SocialMedia #Giornalismo #News #Italia

 
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from Blog in Blu

Si impara sempre qualcosa se si vuole

Ebbene gli infortuni capitano anche in momenti inaspettati. Questa mattina un lungo da 24km a blocchi, divertimento assicurato! Carico a pallettoni, adoro i lunghi a blocchi, primi 12 tranquillo senza strafare, a parte un caldo assurdo per il resto tutto bene. FORSE e dico forse ho trovato una quadra per la testa ma ci sto ancora lavorando.

Visto il caldo decide che ogni 6km un ristoro d'acqua è d'uopo. Perfetto, all'ottavo chilometro il polpaccio inizia a tirare un po', mi fermo pensando nulla di che, mi massaggio e ok riparto. Per l'intero chilometro successivo il polpaccio tira troppo. C'è da fermarsi, il polpaccio tira, inutile continuare per peggiorare. Si torna indietro. Cammino e corruccio e specie nella corsa il polpaccio tira, troppo. Li per li penso ad uno stiramento. Se cammino nulla di che.

Nel ritorno ho imparato che alla gente che incrociavo non importava nulla di me, un po' zoppicante a bordo strada, siano in auto (che non rallentano anche se la strada è stretta) e nemmeno ciclisti. Io mi arrangio, se qualcosa che non va ma ragazzi, tranquilli se vi serve una mano nel mio piccolo vi aiuto... perchè non sono ne migliore ne peggiore di nessuno, sono solo me stesso.

“If you don’t like what you see here Get the funk out” – Pornograffitti – Extreme

 
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from Die Dämmerung

Schermata iniziale del gioco

“Non siamo più semplici creature terrestri, né esseri planetari, ma luminosi figli delle stelle! E, insieme, danzeremo per dieci miliardi di anni, festeggiando il dono della coscienza fino a quando anche le stelle stesse non diventeranno fredde e stanche, e allora, tutto ricomincerà di nuovo. Dall'inizio.” Lady Deirdre Skye, “Conversazioni col pianeta”, Epilogo

Ricordo che scoprì Sid Meier's Alpha Centauri gli ultimi anni delle scuole elementari. Tutti su internet ne parlavano benissimo, ma, viste le mie scarse conoscenze dell'inglese dell'epoca ed immani problemi di compatibilità (non ancora risolti) con i moderni sistemi operativi, ho potuto giocare per la prima ad Alpha Centauri solo nel 2022, e incredibilmente, nonostante gli oltre due decenni dal suo rilascio, credo non esista videogioco che sia stato capace anche solo di scalfirlo o di spodestarlo dal suo trono. A conti fatti, lo considero uno dei pochi videogiochi effettivamente definibile “arte”, con uno dei sistemi di narrazione più originali, profondi e stupefacenti che l'intero medium abbia mai potuto offrire.

Il genere

Alpha Centauri è uno spin-off della più famosa serie di Sid Meier's Civilization. Per chi non conoscesse o avesse mai sentito parlare di Civilization, si tratta di un videogioco a turni, dove il giocatore controlla una civiltà con rispettivo condottiero (esempio: Inghilterra con la Regina Vittoria) partendo dal neolitico fino ad arrivare al 2100 d.C.. Durante il gioco, l'utente deve amministrare città, ricercare tecnologie e sconfiggere o allearsi con le altre civiltà. La vittoria viene raggiunta principalmente tramite la totale egemonia sugli avversari, oppure tramite un importantissimo evento: la costituzione della prima colonia umana su Alpha Centauri, il sistema solare più prossimo al nostro. Sid Meier's Alpha Centauri è dunque ambientato proprio durante tale “vittoria”, con una differenza fondamentale: il giocatore in questo caso dovrà sì, gestire nuovamente una civiltà con il suo leader, ma questa volta non si parlerà di nazioni o popoli, ma esclusivamente di ideologie.

La narrazione

La terra è diventata oramai invivibile: guerre, crisi economiche e sconvolgimenti climatici hanno costretto l'ONU ad inviare l'astronave coloniale Unity in un viaggio di non ritorno verso il sistema di Alpha Centauri. A bordo della Unity sono stati fatti salire i migliori scienziati, ingegneri, politici, militari, religiosi della razza umana. Nonostante gli immani preparativi e la sicurezza di aver scelto il meglio del meglio dell'umanità per ricominciare su un nuovo mondo, la missione è un fallimento totale: nemmeno il tempo di mettere piede sul pianeta che la morte improvvisa del capitano Garland spinge tutto l'equipaggio a scindersi ideologicamente in sette fazioni, tutte opposte tra di loro e con una loro visione differente non solo sullo sviluppo della colonia, ma anche dell'umanità in generale. Nei Civilization, come detto prima, si devono amministrare città e tecnologie. Negli insediamenti è possibile costruire varie strutture, tra le quali spiccano le meraviglie, come la Torre Eiffel o la piramide di Giza. Alla realizzazione di tale opere (uniche sia nella mappa di gioco che tra i giocatori), il gioco va in pausa per mostrare un messaggio, un filmato o una citazione storica all'utente. Stesso procedimento avviene per le tecnologie o per eventi importanti (come disastri naturali o rivoluzioni). Se però per i Civilization si tratta semplicemente di replicare la storia umana, per Alpha Centauri invece si parla del futuro ancora non scritto del genere umano. Filmati in computer grafica, citazioni (come quella ad inizio articolo) e brevi messaggi di intermezzo sono l'unica forma di narrazione del titolo. Per le prime scoperte e opere architettoniche, gli sviluppatori si sono basati su quelle che per il 1999 erano considerate tecnologie prossime (come il genoma umano, mappato ad inizio anni 2000 con due secoli d'anticipo rispetto al gioco), ma più si avanti, più si ci avventura in un percorso di pura fantascienza, con risvolti scientifici, morali e tecnologici a secoli (se non forse millenni) di distanza da oggi. Ognuna di queste scoperte all'interno di Alpha Centauri sarà dunque un momento di confronto tra le sette fazioni in campo e offriranno degli spunti di riflessione per i giocatori: quando infatti sarà costruita una meraviglia, ne saranno illustrati solo gli effetti nell'economia fittizia del titolo, senza però discernere in alcuna spiegazione diretta su come tali risultati siano ottenuti. Dopo quasi vent'anni dalla sua uscita, Alpha Centauri possiede un sistema di narrazione che non ho mai visto replicato in nessun altro videogioco, con dei colpi di scena assolutamente geniali e uno sguardo sul nostro futuro, prossimo e distante, ancora oggi attuale.

L'insediamento autocosciente

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“La prossima volta creeremo delle false divinità che ci sovrastino? Quanto siamo diventati orgogliosi, e quanto ciechi.” Sorella Miriam Godwinson, “Dobbiamo dissentire”

Miriam Godwinson

In Civilization, la costruzione delle meraviglie non presenta prerogative storiche: i francesi possono tranquillamente costruire il Colosso di Rodi, e il medesimo ragionamento si applica anche per Alpha Centauri.

L'insediamento (o colonia) autocosciente è una delle ultime meraviglie che si possono costruire del titolo e offre un grande vantaggio: la riduzione del 50% del consumo di energia (la valuta del gioco) in ogni colonia e un aumento di +1 per ogni fattore di polizia, potenziamento che de facto dimezza in tutte le città i “droni” (cittadini scontenti). Come però funzioni questo “dimezzamento” del dissenso, non ci è dati saperlo, e possiamo solo intuirlo da un filmato in computer grafica:

In un ambiente urbano, tenebroso e, curiosamente, vuoto, si scorgono delle figure muoversi tra i vicoli. Porgendo l'orecchio, si possono udire vari sussurri pronunciare “We must dissent” (Dobbiamo dissentire). In una delle ultime inquadrature, tale formula appare scritta a mo' di graffito su un vicolo cieco. Lo schermo dunque si illumina di rosso, e sul vicolo ora appare la sagoma carbonizzata di un corpo. I macchinari della città entrano allora in funzione e sia il graffito che la sagoma del suo probabile autore vengono completamente disintegrate.

Ecco dunque che, senza troppe spiegazioni o giri di parole, ci viene illustrata la reale portata e funzione dell'Insediamento autocosciente: una città governata da una intelligenza artificiale che decide autonomamente come, quando, ma soprattutto chi, reprimere. Già a questo punto, si potrebbe decretare l'assoluta genialità da parte degli sviluppatori per aver impacchettato una miscela così forte di emozioni contrastanti, ma in realtà è solo l'inizio, perché il vero punto più alto di Alpha Centauri sta nel dibattito, nello scontro ideologico che si forma, sempre in maniera indiretta, tra tutti i condottieri delle sette fazioni.

Miriam Godwinson, l'autrice della citazione che accompagna la costruzione della colonia autocoscienze, è l'esponente dei Credenti del Signore, una fazione di estremisti religiosi che considerano Chiron (il pianeta dell'ambientazione del titolo) come la fatidica terra promessa biblica, un luogo dove l'uomo dovrà estirpare il suo più grande peccato: l'arroganza.

I Credenti sono sempre stati considerati universalmente come la fazione più “sfigata” di Alpha Centauri: nonostante dispongano di notevole un vantaggio militare, presentano per il resto solo difetti, tra cui un terribile malus alla ricerca tecnologica. Non sono una fazione di luddisti poiché possono utilizzare teletrasporti, cannoni laser, disintegratori particellari ecc., ma comunque Miriam Godwinson è l'unica persona di tutto il gioco che vede lo sviluppo tecnologico sempre in un ottica negativa, allertando sia il giocatore, che le altre fazioni, sul corso che l'umanità rischia di prendere. Proprio l'insediamento autocosciente rappresenta un punto di non ritorno, sia per il giocatore che, per estensione, l'intero genere umano: la capacità di giudicare gli altri esseri umani, di decidere se meritino di vivere o no, viene tutta appaltata a un computer, un vero e proprio “falso Dio”. Tolti i soliti esempi sul totalitarismo tecnologico cinese, pensiamo un attimo agli strumenti tecnologici del nostro quotidiano: i sistemi operativi che utilizziamo, i social network e i motori di ricerca. Abbiamo dato letteralmente a degli algoritmi già il potere di decidere su alcune scelte della nostra vita. Come già detto, per il momento si tratta di questioni infantili e quasi ingenue, ma realisticamente, quando può essere la linea che, già attualmente, ci separa dall'incubo dell'insediamento autocosciente?

Magneti monopoli

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“Io sostengo in ogni caso che il dualismo yin-yang possa essere superato. Con un pensiero sufficientemente illuminato si può dare sostanza a ogni distinzione: la mente senza il corpo, il nord senza il sud, il piacere senza il dolore. Ricordate: il pensiero illuminato è una funzione della forza di volontà, non della forza fisica.”
Presidente Sheng-ji Yang, “Saggi sulla mente e la materia”

Sheng-ji Yang

In 1984, viene descritto lo stato de “Estasia”, comprendente al suo interno l'attuale Cina e altri paesi asiatici e la cui ideologia si basa sulla “Teoria dell'annullamento di sé”. Nel libro di Orwell tale teoria non viene minimamente approfondita, ma nonostante ciò l'ho sempre vista come una fonte d'ispirazione per l'Alveare umano, la fazione del presidente Sheng-ji Yang.

Curiosamente, a parlare della scoperta dei magneti monopoli, una tecnologia che permetterebbe di costruire con estrema rapidità strutture di qualsiasi tipologia e grandezza, non è l'accademico Prokhor Zakharov, esponente dell'Università del Pianeta, la fazione più scientifica di Alpha Centauri, ma bensì Yang. Per lo statista cinese, l'individualismo è stata la causa scatenante del disastro sulla terra, e in questo nuovo mondo l'umanità deve perciò abbandonare ogni immagine personalistica di sé per abbracciare completamente la collettivizzazione. Ogni singolo aspetto della vita dei cittadini dell'Alveare è basato sull'offrire qualcosa agli altri, “annullandosi” completamente. Questo discorso di “annullamento” viene poi esteso in senso universale proprio sullo stile dei monopoli: la scoperta di tale tecnologia è come se eliminasse una delle strutture binarie più importanti e note della fisica e dell'universo, e per questo l'essere umano sarebbe in grado anche di distruggere altre opposizioni binarie. Ciò può essere positivo: un mondo senza tristezza è un mondo composto solo da felicità, ma che però può anche corrodersi nell'opposto. Come dirà in un'altra occasione Yang “Si può definire 'tiranno' un uomo che opprime chi non può sentire dolore?”

Traduttore universale

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“E il Signore disse: 'Ecco, il popolo è uno solo e ha una sola lingua; e adesso cominciano a costruire: ora non gli sarà impedito nulla di ciò che hanno immaginato. Andiamo, scendiamo e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano i discorsi degli altri'.” Bibbia del Conclave

La “meraviglia” (ma sarebbe più propriamente giusto chiamarlo “progetto speciale”) del traduttore universale è uno dei risvolti narrativi più misteriosi di tutto il videogioco. Tale invenzione, più che per tradurre tutte le lingue umane e rendere possibile all'istante qualsiasi comunicazione, viene realizzata per comprendere i misteriosi obelischi artificiali che cospargono il pianeta, frutti forse del lavoro dell'antica razza aliena dei Progenitori. Nel filmato, assistiamo al traduttore universale entrare in funzione e scomporre il misterioso alfabeto alieno, portando alla luce un passo della genesi (quello della citazioni qui sopra), a decine di anni luce dalla terra.

Ovviamente una scoperta del genere può solo generare enormi discussioni. È una prova dell'esistenza di Dio? Oppure il traduttore universale ha riadattato un mito dei progenitori in modo che fosse comprensibile ai coloni umani?

Paradossalmente la prima ipotesi è la più lineare alla quale aggrapparsi, mentre la seconda ha più prospettive. Il riadattamento di un antico mito dei progenitori incredibilmente simile a una delle più note memorie ancestrali degli esseri umani potrebbe significare che i problemi di comunicazione intralinguistici sono una (probabile) costante di tutte le civiltà senzienti dell'universo, oppure in realtà potrebbe essere proprio la spiegazione del perché sia giusto che la nostra specie non sia mai stata capace di adottare (e mai lo sarà) una lingua comune: questo testo è appunto un riadattamento per essere compreso degli esseri umani, e nel processo di riduzione ha perso delle sfumature che lo avrebbero potuto rendere chiaro, condannando dunque i coloni di Chiron a interrogarsi per sempre sul significato di tale obelisco.

Il Paradigma climatico

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“Non affronterò il Pianeta come un nemico, ma accetterò i suoi misteri come doni da custodire. Né cercherò di togliere gli strati in modo grossolano, come la buccia di una cipolla. Li raccoglierò invece come l'albero raccoglie la brezza. Il vento soffierà e io mi piegherò. Il cielo si aprirà e io mi sazierò.” Preghiera dell'Accolito gaiano

Deirdre Sky

Una delle fonti di ispirazione principali di Sid Meier's Alpha Centauri è la Trilogia di Marte, di Kim Stanley Robinson. L'ambientazione è praticamente la stessa e anche molti risvolti della trama sono simili. Uno dei casi più eclatanti è quello di Hiroko, uno dei personaggi più affascinanti e misteriosi della trilogia di Robinson. Hiroko, unica giapponese della prima spedizione colonizzatrice di Marte, è la fondatrice della teoria dell'Areofania: favorevole ad una terraformazione del pianeta rosso seguita però dopo da una politica estremamente ambientalista, se non religiosamente devota alla cura del nuovo mondo.

In Alpha Centauri, Hiroko viene trasposta come Deirdre Sky, Lady delle Figliastre di Gaia. Per le gaiane, il grave errore dell'umanità è stato quello di mettere in secondo piano la cura della Terra e della Natura. Non sono una fazione che rinnega la tecnologia (tutt'altro) ma semmai odiano profondamente lo sviluppo urbano, lo sperpero di risorse e lo sfruttamento del suolo. Il loro scopo ultimo è quello di entrare in completa simbiosi con Chiron, un pianeta con un atmosfera e una composizione estremamente differente rispetto alla terra, ripieno sulla superficie di misteriosi funghi e abitato da altrettanti misteriosi vermi telepatici, con i quali le gaiane riescono ad entrare sorprendentemente in contatto e a comandarli.

Non viene minimamente spiegato cosa sia il “Paradigma Climatico”. Dalle informazioni del gioco, si tratterebbe di un progetto capace di raddoppiare la velocità di terraformazione di Chiron.

Lo stile di gioco delle gaiane, estremamente dispendioso e poco remunerativo all'inizio, permetterà in seguito di evitare lo scatenarsi di una crisi climatica sul Pianeta, che avrà come principale conseguenza l'innalzamento dei mari.

Piccola curiosità: i cambiamenti climatici sono rimasti per oltre due decenni un'esclusiva di Alpha Centauri, e sono stati reinseriti nel filone di Civilization solo con l'ultima espansione del sesto capitolo, quasi a voler far intuire quanto fosse percepita come “distante” l'emergenza climatica nel 1999.

Altra curiosità: Deirdre è l'unica leader di Alpha Centauri che nel suo ritratto non fissa il giocatore.

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“Come gli Americani hanno imparato dolorosamente nel corso dell'ultimo secolo della Terra, la libera circolazione delle informazioni è l'unica salvaguardia contro la tirannia. I governanti dei popoli un tempo incatenati hanno perso il loro controllo sul flusso delle informazioni, ma la Nazione libera che gradualmente impone il controllo sul discorso pubblico ha cominciato a scivolare rapidamente verso il dispotismo. Attenti a chi rifiuta l'accesso alle informazioni, perché nel suo cuore sogna già di essere il vostro padrone.” Commissario Pravin Lal, “Dichiarazione dei Diritti delle Nazioni Unite”

Pravin Lal

Nella terminologia di Alpha Centauri, un Datalink sarebbe l'equivalente del moderno Wikipedia: un archivio di rete contenente al suo interno tutta la conoscenza umana.

Nonostante faccia sorridere come gli sviluppatori avessero immaginato che si sarebbero voluti due secoli per sviluppare una tecnologia alla fine scoperta appena due anni dopo il rilascio del gioco, il concetto espresso da Pravin Lal resta comunque oggi ancora attuale.

Lal è il commissario delle Forze di mantenimento della pace, una fazione che prende il meglio di ognuna delle sette in campo: il libero mercato dei morganiani; l'ambientalismo delle gaiane; la critica del post-umanesimo dei credenti; la concezione di “stato sopra ogni cosa” dell'alveare; l'amore per la scienza dell'università ed infine il militarismo, ma per mantenere la pace, degli spartani, il tutto tenuto insieme da quella che è l'unica democrazia di Chiron. Senza giri di parola, si tratta di un vero e proprio stato utopia, completamente esente da difetti, anche a livello di meccaniche, e il solo a non “decadere” nella sua ideologia come gli altri.

Il concetto espresso da Pravin sulla libertà di espressione garantita dalla rete è, come già detto, ancora attualissimo: forse ci troviamo nel periodo dove la libertà di stampa, ma soprattutto di informazione, più sono sotto attacco. Sempre più governi occidentali premono per leggi che limitano la libertà dei propri cittadini di navigare in rete con la scusa di proteggerli, oppure le grandi multinazionali della tecnologia che si sono completamente arrese al potere del diritto d'autore, rendendo difficile, se non impossibile, recuperare opere storiche, gettandole nel baratro del dimenticatoio.

Fa anche riflettere il riferimento agli americani (che nell'ambientazione del gioco sono diventati una dittatura teocratica poco prima della partenza degli USA) che proprio in questi anni stanno attraversando un periodo di disinformazione, ignoranza e limitazioni delle libertà.

Nodo di rete

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“I don't know but I've been told, Deirdre's got a Network Node. Likes to press the on-off switch, Dig that crazy Gaian witch!” Marcia da caserma spartana

Corazon Santiago

Quando si costruisce il primo “nodo di rete” del gioco, ecco che l'utente, anziché ricevere l'ennesima citazione filosofeggiante o nichilista, si ritrova invece una marcia militare scherzosa, che racchiude al suo intorno la rivalità tra gli spartani e le gaiane

Potrebbe sembrare una correlazione completamente fuorviante, ma in realtà è forse uno degli eventi narrativi più intelligenti di Alpha Centauri: la prima cosa che i coloni caricano sulla rete internet del pianeta non è nientemeno che un meme. Pure ad anni luce dalla loro casa e in una situazione disperata, gli esseri umani non hanno perso la loro visione goliardica delle cose.

Riguardo gli spartani, non c'è molto da dire: la Federazione Spartana è guidata dalla portoricana Corazon Santiago e, come si può intuire, sono una fazione che vede nel conflitto e la violenza la soluzione a tutti i problemi.

Le loro citazioni, così come le loro scoperte, sono esclusivamente relative all'ambito militare, analizzato ossessivamente dagli spartani in ogni ambito: morale, religioso, filosofico e perfino matematico. Emblematico è come Santiago definisca l'addestramento delle sue truppe “capace di superare i limiti dell'aritmetica lineare” (cosa diamine sia l'aritmetica lineare, però, nessuno lo sa).

Integrità intellettuale

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L'immancabile capacità dell'uomo di credere a ciò che preferisce sia vero piuttosto che a ciò che le prove dimostrano essere probabile e possibile mi ha sempre stupito. Desideriamo un Universo premuroso che ci salvi dai nostri errori infantili e, di fronte a montagne di prove che dimostrano il contrario, riponiamo tutte le nostre speranze nel più flebile dei dubbi. Non è stato dimostrato che Dio non esiste, quindi deve esistere.Accademico Prokhor Zakharov, “Per questo ho assaggiato il frutto”

Prokhor Zakharov

Dell'Università del pianeta ne ho già parlato prima. Il suo leader, il russo Zakharov, è un chiaro omaggio a due personaggi della Trilogia di Marte: Sax Russell e Arkady Bogdanov. Per il primo, l'umanità rappresenta la coscienza dell'universo, è perciò ha il pieno di diritto di sperimentare e, soprattutto, di terraformare Marte; per il secondo invece l'avventura marziana deve simboleggiare un punto di rottura con il passato dell'umanità, un nuovo inizio, dove tutti i concetti precedenti vanno abbandonati e considerati retrogradi.

L'Integrità intellettuale di Zakharov intende proprio quest'ultimo punto: giunti su un nuovo mondo, così lontani da casa, gli umani devono abbandonare ogni vecchio concetto e preconcetto, e si ritorna dunque sull'esistenza di Dio, uno dei grandi tabù della storia.

Non mi dilungherò a lungo su questo poiché non ne possiedo le conoscenze, ma più che altro questa scoperta rappresenta un punto di svolta nell'evoluzione sia dell'accademico che della sua università: l'abbandono di ogni consapevolezza e concetto della passata umanità, trasformeranno la sede della scienza di Chiron in un vero e proprio incubo, con esperimenti atroci al limite del sopportabile e scoperte capaci di distruggere, letteralmente, l'intero pianeta. Gli effetti di questo approccio senza freni avranno degli effetti positivi: gli scienziati di Zakharov saranno capaci di realizzare una teoria del tutto, scoprire il senso della vita, sintetizzare un vaccino dell'immortalità e modificare lo spazio-tempo, ma a quale prezzo?

La Borsa

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Il comportamento umano è un comportamento economico. I particolari possono variare, ma la concorrenza per le risorse limitate resta una costante. La necessità, così come l'avidità, ci ha seguito fino alle stelle e le ricompense della fortuna attendono ancora coloro che sono abbastanza saggi da riconoscere questo ritmo profondo delle nostre pulsazioni comuni.Capo dell'esecutivo Nwabudike Morgan, “Il monopolio Centauri”

Nwabudike Morgan

Nwabudike Morgan è il personaggio più furbo e machiavellico di Alpha Centauri. Lungo l'intero gioco viene fatto intuire come rubi, compri e utilizzi le altre fazioni a suo vantaggio, ottenendo, in qualche maniera, il monopolio sulla produzione e distribuzione del vaccino della longevità (anche questo preso dalla Trilogia di Marte), capace di rendere immortale ogni essere umano.

Nelle sue citazioni e nei suoi modi di parlare, Morgan ricorda molto gli amministratori delegati delle moderne compagnie nord-americane: libertari, arroganti e sempre pronti a scherzare anche quando non dovrebbero, tutto pur di mostrare la loro superiorità.

È curioso però che il ruolo del saccente miliardario in Alpha Centauri non sia stato fatto interpretare da un europeo o un americano, ma bensì da un africano, originario del continente più povero del pianeta, ma, come dice Morgan, l'avidità ci ha seguito fino alle stelle, e vedendo anche come sempre più compagnie vogliano sfruttare le ricchezze dello spazio, ciò diventa ogni giorno sempre più vero.

Dopo Centauri

Mi fermo qui, ma in realtà ci sarebbe ancora molto da parlare: man mano che la partita su Alpha Centauri continua, l'umanità si evolve sempre di più, con computer cerebrali, tecnologie di teletrasporto, miniere extra-mondo, testate termonucleari capaci di distruggere interi continenti ecc. Verso la fine, alcune fasce della popolazione entrano in uno stato di trascendenza, e le prime comunità utopiche iniziano a formarsi. Il videogioco si conclude con il contatto con il Pianeta, che si scopre essere un senziente le cui reti neurali sono i fatidici funghi che lo ricoprono, un pò come in Avatar di James Cameron. Una volta entrato in contatto con il Pianeta, incomincerà un conto alla rovescia, dove a tutta l'umanità sarà data la possibilità di trascendere, entrando in un altro piano di esistenza.

Vorrei allora scriverne ancora per ore e ore, ma si tratterebbe di entrare in questioni di filosofia, fisica e scienza di cui, per il momento, non possiedo le conoscenze adatte. Per i curiosi, esiste un blog in inglese, Peaen to SMAC, che ha svolto il mio medesimo lavoro ma in maniera molto più approfondita. Qui invece su YouTube una playlist che raccoglie tutte le citazioni narrate nel titolo disposte il più vicino possibile in un ordine narrativo.

Ritornando ad Alpha Centauri: agli inizi degli anni 2000 ne fu sviluppata un'espansione, Alien Crossfire, accolta però senza troppi elogi. Tale pacchetto aggiuntivo introduce sette nuovi fazioni, di cui due aliene, che però non spiccano minimamente come le originali, apparendo come versioni semplicemente più “radicalizzate” o come curiosi ibridi. Nel 2014 è stato invece rilasciato Civilization Beyond Earth, seguito “spirituale” di Alpha Centauri che, come Alien Crossfire, non ha saputo minimamente offrire la stessa atmosfera e profondità del gioco originale, facendo, per esempio, guidare al giocatore non ideologie, ma popoli, come se si trattasse di un normale Civilization. Per questo ed altri motivi, Beyond Earth è stato subito abbandonato e dimenticato praticamente da tutti, perfino dai suoi stessi ideatori.

Attualmente, la proprietà intellettuale di Alpha Centauri è in mano ad Electronic Arts, azienda che non ha mai minimamente accennato a restaurare o aggiornare il titolo, il quale però fortunatamente è mantenuto in vita da una comunità di appassionatissimi, oltre che da articoli come questo, che intendono mantenerne viva la memoria nella speranza di un degno seguito.

 
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from Non sparate sul pianista

Stevie Ray Vaughan, il Jimi Hendrix bianco

Questa storia la raccontiamo a partire dalla fine. Perché proprio la sua fine, assurda, insensata e forse anche un po’ banale a renderla particolare.

È la notte del 27 agosto 1990 e al Pine Valley Music Theater di East Troy, Wisconsin, si è tenuto un concerto a cui hanno partecipato parecchi musicisti, fra cui Robert Cray, Buddy Guy, Eric Clapton e Stevie Ray Vaughan. I musicisti alloggiano a Chicago e per fare il viaggio di rientro hanno a disposizione un elicottero. Quando è ora di prendere il volo di ritorno, il primo viaggio toccherebbe a Slow Hand, ma Stevie Ray è stanchissimo e chiede di poter andare per primo e Clapton dice che per lui va bene. Così partono Stevie e tre membri dello staff di Eric Clapton, Bobby Brooks, Night Browne e Colin Smythee. La zona è avvolta da una fitta nebbia e il pilota non è molto esperto di volo in quelle condizioni. Improvvisamente l’elicottero si schianta su una collina. Non si salva nessuno. E in questo modo, molto poco da rockstar, muore uno dei più grandi chitarristi blues di tutti i tempi. E per una di quelle strane sliding door del destino si salva la vita Eric Clapton.

Stevie Ray Vaughan nasce il 3 ottobre del 1954 a Dallas ed è attratto dalla musica e in particolare dal blues fin da giovanissimo. È il fratello Jimmy , che sarà poi il chitarrista dei Fabulous Thunderbirds, ad avvicinarlo alla chitarra e all'ascolto dei grandi musicisti blues del passato, come Albert King, Otis Rush o Lonnie Mack.

Le prime esperienze sono, come sempre, in qualche piccolo complesso locale, sempre assieme al fratello, ma l'anno della grande decisione è il 1972, quando si trasferisce a Austin, deciso a dimostrare il suo valore. Passa di continuo da un gruppo all'altro, senza però trovare quello che sta cercando. A questo periodo risalgono le esperienze con i Nightcrawlers e i Paul Ray & The Cobras. (con i quali registra il demo “Texas, Clover”). Infine, nel 1977 fonda assieme alla cantante Lou Ann Burton i Triple Threat Review, che presto diventeranno i Double Trouble. Quando, nel 1979, Burton decide di intraprendere la carriera solista i Double Trouble assumono la formazione definitiva (Stevie Ray Vaughan alla voce e alla chitarra, Chris Layton alla batteria e Tommy Shannon al basso), SRV trova il suo equilibrio ideale e iniziano a vedersi i primi frutti di questo stato di grazia.

A scoprire e lanciare Stevie Ray Vaughan è niente meno che Mick Jagger, che lo sente suonare e lo segnala al produttore Jerry Wexler, il quale lo porta al Montreux Jazz Festival del 1982, dove ottiene un successo clamoroso, tanto che David Bowie, dopo averlo sentito, lo ingaggia per la registrazione dell'album “Let's Dance” e per il successivo tour. Si tratta però di un passo falso: a metà del tour Stevie insoddisfatto dal tipo di musica che gli fa suonare Bowie, così lontana dalle sue radici, decide di abbandonare tutto e se ne torna in Texas. Ma grazie ai soldi guadagnati con Bowie e all'incontro con il produttore John Hammond sr. nel 1983 incide il suo primo album “Texas Flood”. Finalmente, a 28 anni, ha raggiunto la maturità artistica: produce assoli travolgenti e di una qualità rara e anche la sua voce è ottima per il blues.

Passa un solo anno e supera anche la prova più difficile per un'artista: il secondo album. “Couldn't stand the weather” è un successo e lo lancia nei primi 30 posti della classifica, facendogli vincere anche un disco d'oro. Questo album contiene anche la sua famosa versione di “Vodoo Child” di Jimi Hendrix. Con “Soul To Soul” del 1985 si aggiunge anche il quarto Double Trouble, il tastierista Reese Wynans, mentre Vaughan è sempre più richiesto, tanto che partecipa come guest star ai dischi di Johnny Copeland (“Texas Twister”), James Brown (“Gravity”), Marcia Ball (“Soulfull Dress”) e del suo idolo Lonnie Mack in “Strike Like Lightning”. Il ritorno al Montreux Jazz Festival viene immortalato nell'album “Blues Explosion” che gli fa vincere il primo Grammy Award.

Ma, come sempre, non è tutto oro quello che luccica e l'abuso di alcool e droghe, che da tempo affligge l'artista, inizia a creargli molti guai, finché, nell'ottobre del 1986, in Germania, non collassa sul palco finendo prima ricoverato in ospedale poi in un centro di disintossicazione in Georgia dove rimane per oltre due mesi.

Torna in studio nel 1989 per incidere “In Step”, che venderà oltre un milione di copie, facendogli vincere un secondo Grammy Award, poi, l'anno successivo, assieme al fratello, collabora con Bob Dylan in “Under The Red Sky”.

Tutto però finisce quel 27 agosto 1990 quando le già citate sliding door della vita mettono lui su quell'elicottero al posto di Eric Clapton e ci portano via uno dei talenti più cristallini delle sei corde.

Di lui ci restano sei album in studio (quelli citati, più il non esaltante “Family Style” inciso nel 1990 con il fratello Jimmy e “The Sky is Cryng” uscito postumo nel 1991), le sue performance al Montreux Jazz Festival oltre alle collaborazioni con altri artisti.

Riposa al Laurel Land Memorial Park di Dallas, accanto al padre, morto il suo stesso giorno, ma quattro anni prima.

Nella sua carriera ha usato diverse chitarre, quasi esclusivamente Fender, ma la preferita fu sempre la Stratocaster sunburst del 1963 che aveva acquistato nel 1973 ad Austin e successivamente decorato con l’iconica scritta SRV in corsivo maiuscolo sul corpo, chiamata dal musicista “Number One” o “First Wife”, oggi di proprietà del fratello di Stevie, Jimmy, anche se qualcuno dice che sia stata sepolta con lui. Per chi volesse approfondire la storia di questa chitarra qua trovate un bellissimo articolo che la racconta.

E ora ascoltiamolo in “PrideAnd Joy” live dal Montreux Jazz Festival del 1982

 
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from Liberamente

Sul matrimonio Voi siete nati insieme, e insieme starete per sempre. Voi sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni. Sì, insieme anche nella tacita memoria di Dio. Ma vi siano spazi nella vostra unione, e fate che i celesti venti danzino tra voi.

Amatevi reciprocamente, ma non fate dell’amore un laccio: Lasciate piuttosto che vi sia un mare in moto tra le sponde delle vostre anime. Riempa ognuno la coppa dell’altro, ma non bevete da una coppa sola. Scambiatevi il pane, ma non mangiate dalla stessa pagnotta. Cantate e danzate e siate gioiosi insieme, ma che ognuno di voi resti solo, così come le corde di un liuto son sole benchè vibrino della stessa musica.

Datevi il cuore, ma l’uno non sia in custodia dell’altro. Poichè solo la mano della Vita può contenere entrambi i cuori. E restate uniti, benchè non troppo vicini insieme, poichè le colonne del tempio restano tra loro distanti, e la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro.

Kahlil Gibran

 
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from Liberamente

La via dello Sciamano Gli insegnamenti di don Juan, Una realtà separata, Viaggio a Ixtlan, L’isola del tonai, Il secondo anello del potere, Il dono dell’aquila, Il fuoco dal profondo, Il potere del silenzio, L’arte di sognare, Tensegrità e La ruota del tempo. Sono le opere create da un antropologo peruviano, Carlos Castaneda nato a Cajamarca il 25 dicembre 1925 e deceduto a Los Angeles il 27 aprile 1998. Le sue opere sono circondate dal mistero: a tutt’oggi non è chiaro quanto vi sia di autobiografico nei suoi racconti e quanta sia la finzione. Professionalmente antropologo ma nel 1968 inizia a scrivere e grazie alla sua scrittura ed ai suoi romanzi ben presto viene acclamato dalla stampa e dalla critica come lo sciamano, colui che sta tra la vita terrena e quella ultra terrena. In effetti quando si trasferì in Brasile a San Paolo iniziò a praticare lo sciamanesimo e forse proprio da quel momento che in lui ebbe inizio il viaggio spirituale. Negli anni Cinquanta si trasferisce negli Stati Uniti, dove potrebbe aver frequentato l’Università della California. Di certo, nel 1957 Castaneda viene adottato da una famiglia di Los Angeles. La sua opera fa ampiamente riferimento a Don Juan, personaggio che sembra essere don Juan Matus, un indiano yaqui incontrato dall’allora antropologo Castaneda nel 1961. Don Juan diventa il maestro di Castaneda e lo inizia alle pratiche sciamaniche. La sua figura è presente in tutti i libri di Castaneda. Il tirocinio di Carlos Castaneda dura ben 13 anni nel corso di questo periodo lo sciamano fa ampio uso di sostanze stupefacenti, come il peyote per far sperimentare allo scrittore stati alterati di coscienza. Le droghe assunte lo liberano dai pregiudizi e lentamente diventa “fluido” un termine sciamanico per indicare la capacità di entrare in contatto con il mondo di don Juan e raggiungere cosi la consapevolezza dell’essere, scopo ultimo della vita terrena. Carlos Castaneda continua a camminare sulla strada della consapevolezza e raggiunge stati sempre piu’ alti ed è ciò che esprime meglio nei suoi romanzi quando parla di paura, lucidità, potere e vecchiaia che non sono altro che ostacoli ma anche mete da raggiungere. “Nella vita è necessario raggiungere la consapevolezza di disporre di poteri che, sviluppati, permettono di arrivare alla “padronanza dell’intento”. La padronanza è il “movimento controllato” del punto di unione, il centro energetico della sfera luminosa di energia dell’uomo in cui si mette insieme la nostra percezione, che risulta il responsabile della nostra percezione sensoriale. Ogni sensazione, sentimento o azione dell’individuo è determinata dalla posizione del punto di unione. Il suo movimento consapevole permette una percezione differente e l’ingresso in mondi diversi dal nostro.“ Contro lo scrittore si muovono critiche che lo accusano pesantemente di aver sostanzialmente ripreso il lavoro di altri antropologi ed è per questo che lo scrittore è additato come un racconta storie che parla e scrive soltanto sotto l’effetto di droghe. Termina la sua esistenza terrena a Los Angeles per un tumore l’eredità letteraria lasciata al mondo è una fonte preziosa per coloro che seguono e praticano lo sciamanesimo e le tecniche annesse per raggiungere gli stati di coscienza alterata, unica via che conduce alla consapevolezza.

 
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from 𝚜𝚝𝚛𝚊𝚗𝚘 𝚋𝚒𝚘𝚟𝚘𝚕𝚝𝚊 🔄

Sono caduta in un pozzo profondissimo, mi chiedo se ci sia uscita. Ma non ho dubbi su quale sia la parte giusta della storia. I mesi sono lunghi e accade che la bolla si trasformi in un buco nero che ti risucchia. Prendendo in prestito una metafora che leggerò parecchi mesi dopo in un bellissimo fumetto dedicato alle mie vicende – dice citando Zerocalcare – sono caduta in un pozzo profondissimo. Le pareti sono scivolose ed ogni volta che faticosamente cerco di compiere un breve passo per risalire appena un pochino, finisco sempre col precipitare più in profondità. A volte mi chiedo se questo pozzo abbia un fondo e se da qualche parte ci sia davvero un'uscita. Immagino di essere un piccolo geco, che nell'oscurità silente riesce a scalare le pareti. Già, devo scalare le pareti, ma qui purtroppo non ci sono i miei compagni di arrampicata e i legami di fiducia ben stretti sulla corda della sicura. Chiudo gli occhi e lancio lo sguardo oltre le mura di questo cieco carcere: scorgo le vicende di uomini e donne come ricambi in tessuti su arazzi che raffigurano storie più ampie. Storie di popoli, di culture, di lingue e di religioni. Storia di sistemi economici, politici e giuridici. Storie di ricchezza e di miseria, di potere, di sopraffazione e di sfruttamento. Storie di guerre e di eserciti. Storie di un mondo in cui ancora si uccidono bambini, in cui alle quarte d'Europa risuonano mitraglie che riecheggiano gli scempi del secolo scorso. Apro gli occhi e mi scorgono rannicchiata sulla grigia coperta, con lo sguardo fisso sulla porta di ferro della cella. Tutto mi appare semplice e lineare in queste vicende, come in molte altre, non può esserci alcun dubbio su quale sia la parte giusta della storia.

 
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from Novità in libreria

Vediamo quali titoli costituiscono la cinquina dei libri più venduti nel mese di marzo.

1. LIFE – LA MIA STORIA NELLA STORIA di Papa Francesco (HarperCollins). In fondo me lo aspettavo: tanto tuonò che piovve. Sbandierato come sensazionale intervista, anticipato pezzo per pezzo sui giornali, ha venduto come il pane, tanto che si è fatto fatica a tenerlo a scaffale. Inchiniamoci tutti alla potenza editoriale della pubblicità... 2. TRA IL SILENZIO E IL TUONO di Roberto Vecchioni (Einaudi). Ecco, questo titolo in cima alla classifica è meno scontato del primo, anche se si poteva prevedere. Si tratta di un cantautore che ci ha abituati al suo essere “interdisciplinare”: musica, parole, letteratura, ricordi, pagine di vita. 3. L'ORIZZONTE DELLA NOTTE di Gianrico Carofiglio (Einaudi). Un legal thriller bello pieno di problemi etici che si interroga (e quindi interroga anche il lettore) sulla professione forense, sulla legalità e sul concetto stesso di giustizia. 4. CARA GIULIA di Gino Cecchettin (Rizzoli). Un caso di cronaca che ha colpito più degli altri la nostra sensibilità: il padre della vittima ha deciso di non rinchiudere il proprio dolore in un muto silenzio, ma di farne uno strumento, parlando a cuore aperto. A tutti quelli che dicono “è un'operazione commerciale, si lucra sulla morte di una figlia, eccetera”, nel mio piccolo posso rispondere: al netto del fatto che i diritti d'autore andranno a una fondazione contro la violenza di genere, solo chi non conosce i meccanismi dell'editoria italiana può pensare che ci si possa arricchire con la vendita di un solo libro (il generale Vannacci è un'altra cosa). 5. DUNE di Frank Herbert (Fanucci). Ovvero quando il cinema si lega in modo strettissimo alla lettura. In occasione dell'uscita del secondo film della saga fantascientifica, ecco che molti lettori (che siano appassionati di vecchia data oppure neofiti) riscoprono un classico intramontabile (che non ha mai perso il suo smalto), pubblicato per la prima volta nel 1965. Si tratta del primo libro della saga (composta da ben 8 volumi). In ogni caso è un titolo che sono contento sia finito in classifica, da grande appassionato di letteratura fantastica.

Per ora è tutto. Al prossimo mese per una nuova classifica!

 
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from Die Dämmerung

Andrew Catlin - 48 - 1988

La pronuncia irlandese di “Sinéad” è /ʃɪˈneɪd/ (”shin-eid”)

My name is Sinéad O’Connor. I am learning to love myself. I am deserving. I deserve to be treated with respect. I deserve not to be treated like dirt. I deserve to be listened to. I am a member of the human race. I deserve not to be hurt. My name is Sinéad O’Connor. I am a woman. I have something to offer. (Mi chiamo Sinéad O'Connor. Sto imparando ad amare me stessa. Sono meritevole. Merito di essere trattata con rispetto. Merito di non essere trattata come immondizia. Merito di essere ascoltata. Sono un membro della razza umana. Merito di non essere ferita. Il mio nome è Sinéad O'Connor. Sono una donna. Ho qualcosa da offrire.) Sinéad O'Connor – Irish Times 1993

Non sarò mai realmente in grado di trovare le parole giuste per esprimere quanto amassi la figura, la musica e l'arte di Sinéad O'Connor. La notizia della sua dipartita è stata per me devastante, poiché l'avevo scoperta esattamente nove mesi prima della sua morte. L'attenzione e la passione con la quale mi sono dedicato nello studio (perché “ascoltare” qui sarebbe riduttivo) di tutta la sua discografia non ha eguali per me con nessun altra artista. Non nascondo che in certi punti mi sentissi prossimo ad una relazione parasociale con lei, ma davvero non riuscivo a trovare un elemento di lei che non fosse per me affascinante, unico o incredibile. Su Sinéad O'Connor nel corso degli anni si è scritto tanto e in maniera molto irregolare, e in questa marea di opinioni condivisibili o non, io vorrei solo contribuire concentrandomi su ciò che mi ha sempre più colpito di lei. Non posso ignorare la sua vita privata perché in determinati punti essa è totalmente fusa con la musica e non può in alcun modo essere slegata da essa, ma allo stesso tempo non intendo pormi in mezzo a questioni personali o di gossip: Sinéad O'Connor viveva per cantare e cantava per vivere. Questa pertanto, è una monografia sulla sua musica.

Eroina

L'inizio della carriera musicale di Sinéad è abbastanza noto: già a 15 anni le fu proposto di cantare Take My Hand degli In Tua Nua. Alla fine la sua versione non fu mai pubblicata ed è andata perduta, ma il brano fu comunque rilasciato nel 1984 e Sinéad, essendo co-autrice, fu accreditata. Il vero debutto discografico di Sinéad fu però due anni più tardi, nel 1986, quando, assieme al chitarrista degli U2, The Edge, scrisse e cantò Heroine (di cui ho già scritto qui).

Il retro della copertina del singolo conteneva la prima foto pubblica di Sinéad, distinguibile già per il suo tratto estetico più noto: i capelli rasati a zero.

Retro della copertina di Heroine

La ragione dietro questo taglio così estremo è sempre stata dubbiosa: Sinéad in vita diede più spiegazioni anche conflittuali tra di loro, ma più che il “come” credo sia importante in questo caso il “fine”: Sinéad, rasandosi a zero, intendeva dare uno strappo a ogni senso tradizionale di femminilità e fare in modo che le persone si concentrassero più sulla sua musica che sulla sua persona. Paradossalmente però, questo gesto le attirò il grosso delle sue attenzioni iniziali, non sempre positive.

Il leone e il cobra

I will walk in the garden Feel religion within will learn how to run With the big boys will learn how to sink And to swim (Camminerò nel giardino Sentirò in me la religione imparerò a correre con i ragazzi più grandi imparerò ad annegare e a nuotare) Sinéad O'Connor – Just Like U Said it Would B

Considerato immediatamente come un classico, The Lion and The Cobra è sempre stato definito come la base della discografia di Sinéad O'Connor, dalla quale doveva obbligatoriamente diramarsi un'analisi di tutta la sua futura carriera, quando, in realtà, l'intero disco non è che un unicum. Composto quando la cantante aveva da poco compiuto 20 anni (con testi risalenti agli inizi della sua adolescenza), The Lion and The Cobra trova la sua unicità e la sua forza proprio nell'inesperienza di Sinéad, nella sua giovane età e nella sua ingenuità. Proprio queste doti la spinsero a concepire l'album come la chiave per la soluzione di tutti i suoi problemi: la perdita della madre, il trauma delle violenze subite da bambina e una forte ristrettezza economica (Sinéad era volata a Londra con in tasca solo l'anticipo della casa discografica). L'album però risolse solo l'ultimo dei problemi, mentre i primi due furono, al contrario, scoperchiati come un immenso vaso di Pandora e la vita privata di Sinéad divenne di dominio pubblico con tutte le conseguenze del caso.

The Lion and The Cobra si apre con l'ipnotica Jackie, che immediatamente getta nel calderone della poetica di Sinéad O'Connor il tema a lei più caro: la morte. Il brano è la narrazione del fantasma di una vedova sulla secolare attesa del ritorno del marito disperso in mare, in un'atmosfera cupa, composta da sintetizzatori, chitarre elettriche e voci distorte che Sinéad mai replicherà in nessuna opera successiva. A certificarne ancor di più l'anomalia all'interno della carriera di Sinéad, segue poco dopo Mandinka, che, oltre ad essere oggettivamente una delle sue migliori canzoni, è anche una delle poche orgogliosamente ottimiste. Se la produzione musicale emana gioia fin dal primo riff di chitarra di Marco Pirroni, il testo invece necessità di un po' più di attenzione, poiché a distanza di quasi quarant'anni non è ancora ben chiaro cosa lei volesse pienamente intendere. In vita, la cantautrice ha sempre dichiarato che l'ispirazione del brano gli fosse venuta da ragazzina dopo la lettura di Radici di Alex Haley (romanzo storico incentrato sulle origini di una famiglia di afroamericani) ma sul suo significato non si è mai dilungata. Alcuni hanno puntato su dei riferimenti alla mutilazione dei genitali femminili, su una generica critica al razzismo o su una metafora dell'industria discografica che già aveva provato più volte a mettere i bastoni nelle ruote a Sinéad. In ogni caso, non è importante, e probabilmente Mandinka non è che la reazione entusiasta di una quindicenne alla lettura di un romanzo che le è piaciuto particolarmente. Leggermente più cupi, ma comunque lontani dalla desolazione emotiva dei suoi lavori successivi, sono Just Like U Said it Would B e Jerusalem: i riferimenti al suo passato e al suo presente sono evidentissimi, e sono espressi con una furia tale che Sinéad smise di suonare questi brani immediatamente dopo il rilascio del suo secondo album. Mai eseguito in pubblico, o perlomeno mai ufficialmente registrato, è anche Drink before the War, dove le prestazioni vocali di Sinéad sono così assolutamente fuori da scala da mandare in crisi la strumentazione usata per registrarle, ma la motivazione dietro le sue pochissime esecuzioni non sta in problematiche tecniche: Sinéad odiava questo brano, che considerava troppo immaturo nel suo messaggio lirico. Il pezzo in assoluto più importante e straordinario, universalmente acclamato ed elogiato sia allora che oggi, è certamente Troy: un'anomalia nell'anomalia, in un album pieno di canzoni arrangiate con chitarre elettriche e percussioni rock, si erge questo brano orchestrale, ma non è l'accompagnamento sonoro a renderlo unico (Sinéad suonerà Troy accompagnata da un'orchestra solo una volta, nel 2008, mentre tutte in tutte le restanti occasioni avrà con sé solo una chitarra acustica): quello che rende straordinario Troy è l'intensità emotiva di Sinéad, poiché il brano è una confessione netta del più grande dramma di tutta la sua poetica e di tutta la sua vita: il rapporto con la madre.

L'undreground

The Lion and The Cobra si conclude con Just call me Joe, ed è proprio il parlare di questo brano che mi permette di concentrarmi su un altro aspetto molto peculiare e forse poco noto dell'album. The Lion and The Cobra, infatti, non fu un progetto totalmente “personale” come sarebbero stati certamente tutti i lavori successivi di Sinéad. La protagonista certamente è sempre lei, ma non si possono ignorare i contributi di John Reynolds, Fachtna Ó Ceallaigh e, soprattutto, John Maybury. Se i primi due si occuparono del lato musicale (Fachtna fu anche il primo manager di Sinéad), Maybury invece si occupò di tutto il lato artistico, dedicando anima e corpo all'aspetto visuale dell'album. Suoi sono infatti i videoclip di Mandinka, I Want Your Hands e Troy, quest'ultimo anticipato anche da un “cortometraggio” dalle tendenze alternative e undreground, futura ispirazione per la magnus opera di Maybury: The Value of Ignorance, il primo concerto ufficialmente registrato di Sinéad O'Connor, con uno stile sperimentale senza alcuna scenografia, con un illuminazione ridotta all'osso che pare far brillare di luce propria la bianchissima pelle di Sinéad, la quale si erge quasi da sola su un palco immerso in un buio totale, presagio involontario della carriera e della vita che le sarebbe aspettata.

Just Call me Joe

Ultimo tassello di The Lion and The Cobra è l'apocalittica Just call me Joe, brano peculiare per due motivi. Il primo è che fu scritto a quattro mani con Kevin Mooney, il secondo è che presenta una parte parlata da parte di Leslie Winer, una delle cantautrici e compositrici di musica elettronica più sottovalutate dello scorso secolo. La sua fama è così esigua, nonostante i suoi fattuali contributi al mondo della musica, che proprio questa partecipazione (tra l'altro non accreditata!) in The Lion and The Cobra rappresenta il picco di notorietà della sua carriera.

Per i curiosi, allego una monografia di Ondarock.

Il salto nel fiume

The Lion and The Cobra secondo le stime più ottimiste avrebbe dovuto vendere ventimila copie, ma nel giro di due anni arrivò quasi al milione. Il successo fu oltre le aspettative, ma non del tutto inatteso: Sinéad, non abituata e non desiderosa di abituarsi alle regole dell'industria, si lanciò ben presto in comunicazioni infuocate sulla situazione politica irlandese e sulla sua vita personale. Mandinka e Troy conquistarono gli Stati Uniti, a tal punto che il suo primo concerto a Boston fu inaugurato da una folla di irlandesi che irruppe nella sala stampa. Sinéad fu estasiata all'inizio da un tale successo e da tutte quelle attenzioni, ma ben presto incominciò anche a dimostrare una certa insofferenza che subito espresse nelle sue canzoni successive: in sostanza, le sembrava che a nessuno importasse realmente dei suoi brani, dei messaggi che voleva trasmettere e soffriva immensamente per la distanza con il suo primo marito, il già sopracitato John Reynolds, e il suo primo figlio Jake, concepito proprio durante la registrazione dell'album.

L'arrivo negli Stati Uniti fu, almeno agli inizi, un periodo molto stimolante per Sinéad. Se l'allora ventiduenne era in estasi per già l'immensa comunità rasta-giamaicana di Londra, l'ancor più estesa e ramificata comunità di New York la sconvolse, senza contare che si trattava di un ambiente (almeno alle apparenze) più liberale e meno bigotto di quello anglo-irlandese. Fu proprio qui che Sinéad registrò Jump in the River, aggiungendo come lato b del singolo una versione remixata del brano con l'artista “profana” Karen Finley

Hush-a-Bye-Baby

Each of these, My three babies, will carry with me. For myself, ask no one else will be Mother to these three. (Ognuno di questi tre bambini io portò con me Per volere di me stessa chiedo che nessun altro possa mai essere madre di questi tre) Sinéad O'Connor – Three Babies

Nel 1989 Sinéad prese parte alle riprese del film Hush-a-Bye-Baby. Una parentesi breve, ma cruciale per la futura carriera artistica della cantautrice. Sinéad inizialmente si inserì nella produzione come compositrice della colonna sonora, ma dopo la lettura del soggetto, il racconto di una ragazza di 14 anni che rimane incinta in un ambiente estremamente cattolico e conservatore, chiese di essere scritturata come attrice nel ruolo di una suora. Alla fine, la cantante interpretò il ruolo di “Sinéad”, una taciturna e devota ragazzina liceale, in quello che sarà il suo debutto cinematografico e il suo primo e unico ruolo attoriale di una certa importanza.

La partecipazione in Hush-a-Bye-Baby è importante nella carriera di Sinéad poiché coincide con il suo primo impegno dichiaratamente femminista (si ricorda che all'epoca in Irlanda erano illegali e perseguiti sia il divorzio, sia l'aborto che il matrimonio omosessuale), ma soprattutto perché è il primo accenno a quella che considero la terza tematica centrale della poetica di lei: la maternità. Morte, rapporto con la madre e maternità, questa è la “trinità” che serve per comprendere appieno Sinéad O'Connor, e non a caso è anche il titolo del brano che lei scrisse per la colonna sonora di Hush-a-Bye-Baby: Three Babies

Purtroppo, Hush-a-Bye-Baby all'epoca fu trasmesso esclusivamente in Irlanda del Nord e al festival di Locarno, per tale motivo il reale significato di Three Babies, la confessione da parte di Sinéad di aver subito tre aborti, non fu colto e rivelato da lei solo decenni dopo nelle sue memorie.

BP Fallon (Londra 1998)

Non voglio ciò che non ho

He thinks I just became famous And that' s what messed me up, But he's wrong. How could I possibly know what I want When I was only twenty-one? (Pensa che io sia diventata famosa e che ciò mi abbia incasinato, ma si sbaglia. Come potevo minimamente sapere cosa volessi, quando avevo solo 21 anni?) Sinéad O'Connor – The Emperor's New Clothes

Fino a questo momento, Sinéad continuava ad essere nota perlopiù tra gli appassionati ed entusiasti di musica rock, ma tutto prese un'altra piega quando agli inizi del 1989 Sinéad fu candidata ai Grammy Awards. Più che la nomina in sé, fu l'esibizione di Sinéad che, senza alcun tipo di scenografia se non il pigiama del figlio che “mi rimbalzava sul culo”, stregò tutto il pubblico con Mandinka. L'industria musicale, sorpresa da una reazione tanto entusiasta, quel giorno decise: Sinéad O'Connor sarebbe diventata la prima stella musicale degli anni 90'.

Il suo primo vero lavoro da cantautrice “professionista”, I Do Not Want What I Haven't Got era distante anni luce da The Lion and The Cobra ed era anche vero nucleo dal quale poi si sarebbe diramata l'intera carriera musicale di Sinéad. Al disco lavorarono tutti coloro che avevano aiutato Sinéad nei suoi primi anni: Marco Pirroni, Andy Rourke, Jah Wobble, John Reynolds e John Maybury.

L'album contiene 10 brani, ma solo sei di questi furono scritte da Sinéad e/o composti in un'unica sessione. Si tratta quindi di un lavoro “a metà”, che io considero essenzialmente uno “sfogo dello sfogo”: le rivelazioni di The Lion and The Cobra non avevano, come la cantautrice si aspettava, guarito le ferite del passato, ma semmai le resero ancor più dolorose ed evidenti. Con il brano di apertura, l'orchestrale Feel So Different, Sinéad si augura di andare avanti “accettando le cose che non posso cambiare” citando la preghiera della serenità, ma già solo alcune tracce più tardi tutto cambia con la (purtroppo dimenticata) You Cause as Much Sorrow dove l'eco della morte della madre continua a farsi sentire a tal punto che la finale e omonima I Do Not Want What I Haven't Got è proprio il racconto di una visione avuta con la sua genitrice, che confessava di non volere il perdono dei propri figli perché sapeva che non sarebbe mai stata degna di ottenerlo.

In ogni caso, la cosa più interessante dell'album è l'interpretazione a posteriori che può esserne fatta. Letto con gli occhi dell'epoca, alcuni brani paiono slegati tra di loro e i riferimenti del vago “you” che affligge la maggior parte delle canzoni paiono impossibili da cogliere. The Last Day of Our Acquaintance, uno dei suoi brani migliori a tal punto che la cantante lo avrebbe sempre suonato alla conclusione dei suoi concerti per tutti i successivi trent'anni, oggi è chiaramente un preavviso della sua futura separazione con John Reynolds. Il brano merita qualche riga in più per la sua genesi: stando alle parole dello stesso Reynolds, la versione presente nell'album è la primissima esecuzione, senza che i due l'avessero mai provato prima. The Emperor's New Clothes, che considero invece proprio la miglior canzone mai scritta da Sinéad, credo possa essere letta solo a posteriori: Sinéad, già nel 1989, delusa e amareggiata, stava preparando la sua fuoriuscita da un'industria musicale che percepiva disinteressata a lei e alla musica in generale:

They laugh 'cos they know they're untouchable, Not because what I said was wrong (Ridono perché credono di essere intoccabili, non perché abbia detto qualcosa di sbagliato)

Una reazione che lei aveva già immaginato in previsione del rilascio di Black Boys on Mopeds, un brano di denuncia della violenza della polizia britannica contro le minoranze di afrodiscendenza, sconvolgente ancora oggi per la sua attualità nel mondo angloamericano e che all'epoca fu recepito come una “lagna radical-chic”, nonostante Sinéad avesse passato gran parte dei suoi primi anni proprio nei quartieri etnici di Londra. Il brano generò ampio eco anche per la comparazione tra Margaret Thatcher con la repressione del partito comunista cinese (siamo negli anni della strage di piazza Tiannamen).

Prima di procedere alla prossima sezione, l'ultimo brano di I Do Not Want What I Haven't Got che va citato è indubbiamente I Am Stretched on Your Grave che Sinéad e Reynolds, in maniera a dir poco geniale, resero nell'album. La cantante infatti era solita eseguirlo “a cappella” alla fine dei suoi concerti (una di queste versioni conclude proprio il già citato The Value of Ignorance) mentre nell'album, non ho mai compreso chi fu a proporlo, si optò per porre come base sonora un loop di Funky Drummer di James Brown con in sottofondo il basso di Jah Wobble.

Nothing Compares

All the flowers that u planted, mama, In the back yard All died when u went away. (Tutti i fiori che tu hai piantato, mamma, Nel cortile Sono tutti morti quando te ne sei andata)

Il brano più importante e riconosciuto di I Do Not Want What I Haven't Got è indubbiamente Nothing Compares 2 U. Scritto inizialmente da Prince, passò per mediazione di Ó Ceallaigh nelle mani di Sinéad, che lo rese il singolo più venduto del 1990 e una delle canzoni più importanti della storia della musica popolare. Il videoclip del singolo, diretto sempre da Maybury, divenne storico per la sua impostazione: un primo piano di Sinéad, imbarazzata, vestita completamente di nero e con due occhi da cerbiatta. Nonostante il brano non fosse stato composto da lei, si generarono varie teorie su chi fossero i destinatari della canzone, tutte smentite alla fine da lei stessa nelle sue memorie, dove rivelò che la destinataria era sua madre, svelando anche la famosissima lacrima da lei versata sempre nel video.

L'anno del cavallo

Nothing Compares 2 U fu rilasciato a gennaio 1990, mentre l'album a marzo dello stesso anno. In questo lasso di tempo le aspettative crebbero a tal punto che in un solo giorno I Do Not Want What I Haven't Got riuscì a vendere più copie di quante ne avesse fatte The Lion and The Cobra nell'arco di tutta la sua commercializzazione. Il resto dell'anno fu pertanto denso di concerti, eventi, singoli (praticamente uno al mese) e interviste, con l'infelicità e l'insoddisfazione di Sinéad che crescevano di giorno in giorno: inizialmente euforica per tutto il successo ricevuto, la cantante incominciò a soffrire una forte alienazione: ciò che voleva trasmettere agli inizi della carriera era stato inevitabilmente malinteso. Intenzionata (come molti dei suoi colleghi) a trasferirsi in California, le contraddizioni dell'industria musicale, lo sciovinismo militare e il razzismo dilagante degli Stati Uniti la spinsero sempre più lontano dalle aspettative che le erano state imposte. Negli ultimi mesi dell'anno si sommarono gli “scandali”: il rifiuto dei Grammy Awards, il boicotaggio dell'inno americano e prese di posizioni recepite sempre come più “radicali” (ma che oggi parrebbero normalissime) sulla musica e il femminismo. Considerata una mina vagante, Sinéad si beccò l'etichetta (mai del tutto rimossa) di piantagrane, titolo che con orgoglio porterà con sé fino alla fine.

Visioni di te

Nel 1991 Sinéad si prese una pausa dalla frenesia dell'anno precedente. Pochissimi concerti e un continuo avanti e indietro tra Los Angeles, New York e Londra. Nei primi mesi dell'anno Sinéad, a titolo gratuito, diede una mano a suo marito e Jah Wobble per Visions of You, una delle sue migliori collaborazioni, mentre, come beneficenza per le madri curde coinvolte nella guerra del Golfo, ripescò da una vecchia sessione My Special Child, una delle sue canzoni più drammatiche e sofferte.

Non sono la tua ragazza?

“I'm angry, but I'm not full of hate, I'm full of love. God said 'I bring not peace': I bring a sword” (Sono arrabbiata, ma non sono piena di odio, sono piena di amore. Dio dice “Io non porto pace, io porto una spada”) Sinéad O'Connor – Messaggio finale alla fine di Am I Not Your Girl?

Mentre il mondo della musica stava conoscendo il grunge e iniziando a sperimentare con l'elettronica, Sinéad decise di registrare un album Jazz. La casa discografica le concesse carta bianca dopo gli straordinari numeri Nothing Compares 2 U, ma Am I Not Your Girl? venne recepito con enorme freddezza. L'album vendette comunque tantissimo, ma meno di I Do Not Want What I Haven't Got e di sicuro più per il nome sulla copertina che per i suoi contenuti.

Certo, l'odio della critica nei confronti di questo lavoro, rivista oggi, fa ridere, poiché Am I Not Your Girl? è vero che contenga solo cover delle canzoni preferite di Sinéad durante la sua infanzia, ma si tratta di interpretazioni che comunque presentano delle caratteristiche essenziali per la sua poetica.

Don't Cry for me Argentina era la canzone preferita di sua madre, e l'intensità della voce di Sinéad fa emergere il dolore per questa eterna mancanza. Leggendo tra le righe del brano originale di Tim Rice e Andrew Lloyd Webber si intravede anche un significato più profondo: la confessione di una Sinéad esausta, sconfortata e delusa, desiderosa, ancora una volta, di cambiare. Success Has Made a Failure of Our Home invece non ha bisogno di presentazioni: Sinéad in quei mesi aveva per la prima volta divorziato e lanciato una serie di accuse (poi ritirate) nei confronti del padre. Il brano si conclude con il verso “Am I not your girl?” ripetuto sempre più intensamente, a tal punto da superare volutamente la sensibilità del microfono e grattare nelle orecchie dell'ascoltatore.

Giovanna d'Arco

Ma il vero cuore dell'opera, che causò l'estraniamento totale di Sinéad sia dal suo pubblico che dal settore musicale, fu la sua feroce presa di posizione nei confronti della violenza (sia fisica che psicologica) su minori. All'interno della custodia del vinile si trova una lunga dichiarazione di Sinéad

ou est le roi perdu? (If you're out of there, I want to see you) (Dov'è il re perduto? Se sei lì fuori, voglio vederti)

relativa alle violenze su minori, che Sinéad aveva già identificato come la causa di tutti i mali del mondo, e nella traccia segreta posta alla fine del disco Sinéad denuncia una delle origini della violenza minorile: Il sacro romano impero, un'iperbole per riferirsi alla chiesa cattolica.

Rivelazioni e inchieste di quel periodo, precursori del più noto “caso Spotlight” che sarebbe stato reso pubblico un anno dopo, avevano rivelato a Sinéad di come la chiesa cattolica per decenni avesse depistato atti di violenza e pedofilia. Sinéad, in vita sua, non fu vittima “diretta” di questi atti, ma legò la violenza che aveva subito da piccola, sia da parte della madre che dell'istituto di suore dove fu rinchiusa, come il prodotto di una convivenza tacita, alla quale Sinéad collegava la condizione irlandese, la guerra civile, la carestia e l'allora attuale crisi tra la repubblica e l'Ulster. In tutto questo, la cantante si idealizzò come una sorta di Giovanna d'Arco, destinata a sacrificare tutto pur di “combattere il vero nemico

Guerra

Questo messaggio nascosto di Am I Not Your Girl? fu ampiamente ignorato o definito come delirante, ma leggerlo e analizzarlo oggi permette sicuramente di mettere subito ben in chiaro il gesto più iconico di tutta la carriera di Sinéad O'Connor: lo strappo della foto di Papa Giovanni Paolo II in diretta televisiva il 3 ottobre 1992. Di questo gesto se ne è discusso e se ne discute ancora oggi, ma è ben noto come distrusse in un'istante ogni prospettiva di carriera di successo per Sinéad. Solo tredici giorni dopo, Sinéad fu recepita con insulti e fischi durante il concerto per i 30 anni di carriera di Bob Dylan (cantautore che, assieme a Bob Marley, Sinéad ha definito come la propria più ispirazione) durante il quale avrebbe dovuto cantare I believe in You (inclusa due anni dopo come b-side dei singoli di Univeral Mother) ma alla fine riuscì solo ad intonare una esplosiva War, il medesimo brano che aveva cantato in televisione due settimane prima. Il simbolo della fine della carriera di successo di Sinéad O'Connor è l'ultima esecuzione del concerto: quando tutti gli artisti si riuniscono con Dylan per cantare Knockin' on Heaven's Door, Sinéad viene messa in disparte, ma il suo vestito blu zaffiro e i suoi capelli rasati continuano a farla spuntare tra la calca. La reazione fu tale che il padre di Sinéad, presente tra il pubblico, la invitò a ritentare la via universitaria, certo che oramai con la musica aveva definitivamente concluso, ma in realtà, fu proprio la musica a salvare di nuovo Sinéad. Il giorno dopo nonostante tutto, Sinéad si presentò per le registrazioni di Don't Give Up con Willie Nelson, anche qui, inutile ripeterlo oramai, uno dei suoi migliori lavori, emozionante come pochi e, soprattutto, estremamente sincero.

La madre universale

This album it's dedicated as a prayer Dedica di Universal Mother

Universal Mother (Fronte/Retro copertina)

Thank you for breaking my heart. Thank you for tearing me apart. Now I've a strong, strong heart. Thank you for breaking my heart. (Grazie per avermi spezzato il cuore, Grazie per avermi fatto a pezzi, Ora ho un cuore forte, Grazie per avermi spezzato il cuore) Sinéad O'Connor – Thank You For Hearing Me

Alla parvenza abbandonata da tutti, Sinéad trovò rifugio tra le braccia di Peter Gabriel che accompagnò in tour da aprile a ottobre 1993, prima di abbandonarlo dopo un tentativo di suicidio che, anni dopo, rivelò essere legato proprio per una rottura definitiva tra i due. Se Sinéad avesse compiuto il gesto fatale, sarebbe entrata nel club 27, ma ciò, per fortuna, non avvenne, anche se segnò la definitiva rottura con il passato e l'inizio di un nuovo periodo della cantante. Desiderosa di porre fine una volta per tutte ai demoni del passato che la tormentavano, Sinéad visse in questo arco di tempo una vera e propria rinascita spirituale: frequentò corsi di teologia, iniziò a dipingere e, soprattutto, incomincio di nuovo a studiare canto. In questo stato di quasi estasi religiosa, Sinéad scrisse di pugno i testi di dieci canzoni e si recò, in piena notte, a casa di John Reynolds per cantargliele: questa fu la genesi di Universal Mother, l'opera magna e l'assoluto capolavoro di Sinéad.

L'album fu il frutto di una strettissima collaborazione tra Sinéad, Reynolds e Phil Coulter, l'uomo che introdusse per la prima volta il pianoforte nella musica di Sinéad. La struttura del disco è peculiare: la prima e ultima traccia sono frutto del solo Reynolds, quelle centrali di Coulter mentre le restanti una commissione di generi tra i due. Ciò che le lega la voce di Sinéad e i temi a lei cari, che qui fanno una comparsa in tutte le loro forme: si parla di morte, del rapporto con la madre, di maternità e perfino di politica.

L'album si apre con Germaine Greer che dice “l'opposto del patriarcato non è il matriarcato, ma la fratellanza”. Subito dopo, la tromba di Miles Davis introduce Fire on Babylon, narrazione epica e tragica, modellata su Troy (il fuoco accomuna entrambi i brani) sulla violenza della madre, in questo caso (sembra) nei confronti di uno dei fratelli minori di Sinéad. La forza che lei esprime in questa canzone pare inarrestabile, ma ecco che subito segue arriva John I Love You. Sinéad nel corso della sua vita diede decine di interpretazioni su chi fosse questo “John” tra i tanti che in vita l'accompagnarono, a tal punto che tentare di decifrarlo mi pare a dir poco inutile se non impossibile; quello sul quale vorrei concentrarmi e la sinergia tra il pianoforte di Coulter, la batteria di Reynolds e la voce di Sinéad, in quello che considero una delle sue canzoni più belle e purtroppo completamente sconosciute. Da questo momento in poi, Universal Mother inizia una lenta discesa verso una dimensione sempre più onirica e spirituale. My Darling Child è una ninna dedicata a suo figlio Jake (che fa una comparsa in Am I a Human?), ma il gesto, ad un primo ascolto tenero e grazioso, si rivela l'inizio di una lunga spirale di tristezza: Red Football è un memoriale della violenza sulle donne, mentre i successivi All Apologies (brano originale di Kurt Cobain, suicidatosi pochi mesi prima), A Perfect Indian, Scorn Not His Simplicity e All Babies sono tra le composizioni più tristi, tragiche e profonde di Sinéad, un concentrato di morte, maternità, mistero e spiritualità. In This Heart è un vero e proprio canto funebre (non a caso sarà scelto come brano di chiusura proprio del funerale della cantante), sulla stessa soglia del successivo Tiny Grief Song che contiene la chiave di volta di tutta questa sezione dell'album

You were born on the day my mother was buried. My grief, my grief, my grief, my grief, my grief. (Sei nato il giorno in cui mia madre fu sepolta, Il mio dolore, il mio dolore, il mio dolore, il mio dolore) Sinéad O'Connor – Tiny Grief Song

“Famine” è l'immancabile parte “politica” e l'unico brano similmente “rap” di tutta la sua carriera; una lunga descrizione sulla carestia irlandese, che Sinéad definiva volontariamente scatenata dal governo inglese e dal clero cattolico per soggiogare in via definitiva l'intera isola. L'ultima canzone del disco, Thank You for Hearing Me, fu il più grande successo del disco, direttamente ispirato alla rottura con Peter Gabriel. Come per concludere il cerchio apertosi con Fire on Babylon, l'album termina con il suono di alcune cascate e lo scorrere di un fiume.

Quercia del vangelo

All the pain that you have known, All the violence in your soul, All the “wrong” things you have done, I will take from you when I come. (Tutto il dolore che hai conosciuto, Tutta la violenza nella tua anima, Tutte le cose “sbagliate” che hai fatto, Le prenderò da te, quando verrò) Sinéad O'Connor – This is to mother you

Universal Mother fu de facto ignorato dal grosso della critica musicale. Le radio trasmisero le canzoni dell'album per un decimo del tempo rispetto ai precedenti lavori di Sinéad e molte recensioni furono critiche per partito preso. Solo con il passare degli anni l'album fu “riscoperto” e rivalutato, mentre la cantautrice in vita avrebbe sempre raccontato con orgoglio come molti dei suoi colleghi l'avessero definito uno dei lavori più sensibili e sentimentali degli ultimi anni.

In ogni caso, Sinéad riuscì per quasi un anno a pubblicizzare l'album e ad andare in tour senza grossi scandali e problemi, ma nel 1995 Sinéad fu costretta a lasciare il palco del Lollapalooza scatenando le più astruse teorie e costringendo la cantante a rivelare di essere incinta del giornalista, già padre e coniugato, John Waters.

La lunghissima diatriba sui due riguardo la gestione della figlia divenne un argomento centrale del primo e unico EP di Sinéad O'Connor: Gospel Oak, che per tematiche e stile ho sempre considerato una costola di Universal Mother.

Intitolato al quartiere di Londra dove Sinéad all'epoca viveva, Gospel Oak incomincia esattamente come Universal Mother ma con l'opposto delle intenzioni: This is to mother you è un brano sereno, una sorta di perdono, non esente di critiche, nei confronti della madre. Come disse la stessa Sinéad, Gospel Oak rientrava proprio in un periodo dove la cantante stava tentando di lasciarsi dietro il suo passato, di sbollire la sua rabbia e la sua furia, in un modo che prima considerava inconcepibile.

Le successive I Am Enough for Myself, Petit Poulet e 4 My Love sono tutte relative alla questione tra lei e Waters sulla gestione della figlia, mentre il brano che conclude This is to mother you sarebbe stato l'ultimo grosso successo della cantante. Freccina velata agli U2, Sinéad in realtà a volte presentava il brano ai concerti come “This Is a LOVE song” poiché, come espresso nel testo del brano, si tratta di una chiara metafora tra l'amore di una donna irlandese con il suo compagno inglese. Per una coincidenza temporale, il brano divenne una sorta di colonna sonora degli accordi del Venerdì Santo che sarebbero stati firmati circa un anno dopo, nel 1998, e inaugurò anche un “ritorno” di Sinéad nel suo paese natio, mettendo oramai da parte le feroci critiche che essa gli aveva rivolto agli inizi della sua carriera musicale.

Fede e coraggio

Mark Harrison (Dublino 2000)

“Io sono una madre, sono una cantante e sono una sacerdotessa. Questa è la mia trinità.” Sinéad O'Connor sulla sua investitura

Agli inizi del 1999, Sinéad si fece proclamare sacerdotessa cattolica da parte di un vescovo dissidente. Come ha raccontato BP Fallon, per lei si trattava soltanto di una comica provocazione, ma la reazione generale alla notizia fu così feroce che fece passare in disparte la successiva notizia di un nuovo tentativo di suicidio della cantante, avvenuto nel giorno del suo 33esimo compleanno, l'8 dicembre 1999, dopo la perdita della custodia della seconda figlia.

Fu in questo contesto che prese forma Faith and Courage, il primo album di Sinéad in oltre 6 anni, al quale parteciparono una decina di produttori di tutto rispetto del panorama musicale anglo-irlandese. È bene specificare il sesso maschile di questi perché la canzone portabandiera del disco s'intitola proprio No Man's Woman, nella quale Sinéad rivendica la sua indipendenza nei confronti di qualsiasi maschio se non dello spirito di Gesù Cristo. Tolto questo brano e The Healing Room (sul modello di Feel So Different), il resto dell'album è composto da canzoni che si potrebbero semplicemente descrivere come “deliziose”; né memorabili, né pessime, le poche attenzioni che la cantante in vita ne dedicò durante i suoi concerti credo possano considerarsi uno specchio della loro effettiva qualità. Da ricordare trovo unicamente Hold Back the Night, Dancing Lessons e Jealous, mentre, come brano effettivamente di straordinaria qualità e fondamentale per la discografia di Sinéad, non posso ignorare Daddy I'm Fine che in tre minuti esatti riassume l'intera carriera della cantante fino ad allora.

Colei che…

Faith and Courage venne salutato come un ritorno di fiamma della cantante (praticamente sparita dalla scena musicale mainstream da oltre sei anni). In realtà, Faith and Courage è stato l'inizio della fine della prima parte della carriera di Sinéad: i due album successivi Sean-Nós Nua e She Who Dwells... vennero da lei introdotti come i suoi ultimi lavori prima di abbandonare definitivamente l'industria musicale.

Il primo è una raccolta di sole cover di canzoni popolari celtiche/irlandesi. Il modello è simile a quello di Am I Not Your Girl: sono brani che hanno accompagnato in larga parte l'infanzia di Sinéad, lei stessa, nelle note dell'album, aggiunge brevi aneddoti su come abbia scoperto le canzoni grazie ai consigli del padre o della madre. Personalmente si tratta di uno dei suoi lavori migliori: brani come Her Mantle So Green, The Singing Bird, Paddy's Lament e Óró Sé do Bheata 'Bhaile sono tutte delle straordinarie rese di musica popolare, adattate da lei con il suo tocco che, specialmente nell'ultimo brano, mischia un minimo il reggae con lo sean-nós. Questa curiosa unione tra musica giamaicana e irlandese sarà proprio l'elemento centrale per tutto il suo decennio successivo.

She Who Dwells… è diviso in due dischi: nel primo compaiono demo, cover, remix e qualche inedito, mentre nel secondo sono presenti le tracce audio del concerto del Vicar Street Theater nel 2002, che, secondi i suoi piani, sarebbe dovuto essere l'ultimo della sua carriera. Di tutto il mucchio, vanno assolutamente salvate la cover di Chiquitita e Dense Water, Deeper Down, mentre del concerto è difficile trovare un singolo brano che non sia stato magistralmente eseguito.

Faith and Courage, Sean-Nós Nua e She Who Dwells... furono tutti “quasi” registrati in contemporanea nel corso di tre anni, pertanto li ho sempre interpretati come una sorta di trilogia basata sulle convinzioni religiose e femministe di Sinéad dell'epoca.

Getta le tue braccia

Dal 1992 al 2002 non si può che restare meravigliati dalla varietà della discografia di Sinéad. A testimonianza di ciò, nel 2005 fu rilasciato Collaborations, una raccolta di brani a quattro o più mani pubblicati dal 1987 e i primi anni 2000. Oltre che per la sua straordinaria qualità (da segnalare che, grazie a questo album fu salvata dall'oblio, la seconda canzone di Sinéad: la meravigliosa e commovente Monkey in Winter), questa compilation va ricordata per un altra ragione a prima vista secondaria: per l'ultima volta su una copertina sarà usato lo storico font di Sinéad con la stella di David.

Il successivo Thrown Down Your Arms è infatti un cambiamento totale: abbandonata ogni grossa casa discografica, Sinéad ne fonda una indipendente e autofinanzia il suo sogno musicale: un disco di canzoni reggae registrato in Giamaica. Dopo aver reso tributo alle canzoni della sua infanzia (Am I Not Your Girl?) e della sua terra (Sean-Nós Nua), Thrown Down Your Arms è una lettera d'amore alla musica che aveva formato Sinéad nei suoi anni di vita a Londra, le cui influenze si scorgevano già in maniera molto sfumata nei suoi primi due album. Ad aiutare Sinéad in questa avventura ci sono i due produttori giamaicani Sly Dunbar e Robbie Shakespeare.

Mick Houston (Giamaica 2004)

Da persona non minimamente esperta (né interessata, a dirla tutta) di musica reggae mi è difficile dare una valutazione dell'album. In ogni caso, tra le mie tracce preferite ci sono Untold Stories, Macus Garvey e l'omonima Thrown Down your Arms. L'album si conclude con War, la medesima canzone che Sinéad aveva cantato più di un decennio prima al Saturday Night Live. L'album ebbe successo solo in Irlanda e tra gli appassionati di musica reggae, incuriositi dalle interpretazioni di una cantante europea di brani non minimamente pensati per un tale timbro di voce.

Teologia

Il periodo di “indipendenza” continuò con Theology un'album che Sinéad ha sempre orgogliosamente definito come il suo preferito nonostante sia sempre stato il più criticato, sia dalla stampa, che dai suoi ammiratori. Concepito come il frutto di anni e anni di studi teologici, l'album è composto esclusivamente da canzoni di carattere religioso divise tra due dischi identici se non per la base: nel primo (Dublin session) solo la voce di Sinéad e la chitarra di Steve Cooney (suo futuro terzo marito); nel secondo (London session) un accompagnamento da lei definito più “pop”.

In ogni caso, entrambi i dischi per me non sono memorabili e le canzoni sono così monotematiche da alienare chi non sia così tanto interessato o devoto alla religione. I brani Something Beautiful (Dublin session) e Whomsoever Dwells (Dublin session) sono straordinari, ma non risollevano le sorti di un disco condannato (purtroppo visto l'amore da lei speso per registrarlo) all'oblio e al dimenticatoio.

Sinèad sponsorizzò l'album con il concerto al Sugar Club di Dublino (incluso come extra in un'edizione speciale del disco), nel quale la cantante annunciava anche di essere incinta del suo quarto e ultimo figlio.

Il lupo sta per sposarsi

Oh, so long I've been a junkie, I ought to wrap it up and mind my monkeys. I really want to mend my ways; I'm gonna call that number one of these days. I'm gonna reach a hand out to you, Say “would you pull me up? Now could you?” I don't want to waste the life God gave me, And I don't think that it's too late to save me. (Oh, sono stati così a lungo una merda, dovrei smetterla per badare ai miei figli Voglio davvero cambiare le mie abitudini Chiamerò quel numero uno di quei giorni Ti tenderò una mano E ti chiederò “Puoi tirarmi sopra? Ora che puoi?” Non voglio sprecare la vita che Dio mi ha dato. E non credo sia troppo tardi per salvarmi) Sinéad O'Connor – Reason with me

Il periodo che va tra il 2008 e il 2011 è uno dei più duri e instabili per la vita personale di Sinéad, che attraversa due divorzi e numerosi scandali. Il cambiamento più notevole di questo periodo è estetico: Sinéad si fa tatuare il volto di Gesù Cristo sul petto e tutto il suo corpo si ricopre di tatuaggi, inizia ad ingrassare e in poco tempo tutta la fragilità e la grazia che l'avevano contraddistinta fin dagli albori della sua carriera scompaiono del tutto.

Questi passaggi burrascosi si ripetono anche in How About I Be Me?, inizialmente intitolato Home, che ebbe una produzione estremamente peculiare. Completato nella prima metà del 2011, l'album fu rilasciato solo un anno dopo, castrato dell'omonimo singolo iniziale (ripubblicato solo tre anni più tardi) e con un disastroso tour, mai incominciato, sempre per i numerosi problemi di Sinéad. L'album in ogni caso segna nuovamente un'inversione ad U per la sua musica; un netto ritorno al passato, Sinéad per produrre quest'album andò a ripescare John Reynolds e Marco Pirroni: The Wolf is Getting Married e Take Off Your Shoes sono dei ritorni alle atmosfere di The Lion and The Cobra. Perfino da un punto di vista promozionale ci sono delle notevoli similitudini: come per il suo debutto, una grossa controversia si formò intorno alla copertina del disco, che fu “censurata” in tutta Europa. Specchio totale di questo periodo della carriera di Sinéad è la sofferta Reason with me: nonostante tutti gli sforzi immensi, i continui cambiamenti e tutti i lavori realizzati, Sinéad non riesce ancora a fare pace con sé stessa. Tolta questa tragica canzone, l'album è tendenzialmente positivo e spensierato, con brani stupendi come Old Lady e 4th and Vine

The Vishnu Room

You know I love to make music, But my head got wrecked by the business Everybody wanting something from me, They rarely ever wanna just know me. I became the stranger no one sees. Cut glass, I've crawled upon my knees, But I got eight good reasons to stick around, Eight good reasons, Well, maybe nine now. (Lo sapete, io amo fare musica Ma la mia testa è stata schiacciata dall'industria Tutti vogliono qualcosa da me Raramente vogliono davvero conoscermi Sono diventata l'estraneo che nessuno vede Mi sono inginocchiato sui vetri rotti Ma ho otto buoni motivi per continuare a vivere Otto buoni motivi Beh, forse ora nove) Sinéad O'Connor – 8 Good Reasons

How About I Be Me? fu un successo, con recensioni positive e ottime vendite, ma la vita personale di Sinéad sembrava costantemente fuori controllo. Nonostante ciò, in qualche modo Sinéad fu capace di organizzarsi e realizzare un altro album nel 2014, anche questo con John Reynolds. Inizialmente intitolato The Vishnu Room, Sinéad cambiò poi il nome in I'm the Boss, not the Bossy per sensibilizzare sulla campagna linguistica femminista di Ban the Bossy, in voga nel Regno Unito in quegli anni.

Personalmente è tra i peggiori lavori della cantante, un tentativo da parte sua di sperimentare con il country e il blues. In alcuni brani l'esperimento riesce, come Dense Water, Deeper Down, ma per il resto non ho trovato nulla di memorabile se non il trio di 8 Good Reasons, Take Me to Church e Where Have You Been?. Da citare anche l'apertura del disco How About I Be Me, il brano appunto scartato per qualche ragione dall'album precedente.

La fine

Anche questa volta, di nuovo, la vita di Sinéad assunse le forme di un'imprevedibile montagna russa. I concerti dell'album tra il 2014 e il 2015 furono ottimi, lasciando presagire, finalmente, un proseguimento stabile per la carriera di Sinéad, ma anche questa volta non fu così.

Nel 2015, Sinéad subì un'isterectomia, operazione che, stando a lei, le procurò un vero e proprio collasso psicologico. Quel che ne seguì è ben documentato dai giornali scandalistici, ma, in sostanza, tolte alcune eccezioni, Sinéad non mise piede su un palco o in uno studio di registrazione per oltre quattro anni, l'allontanamento più lungo dalla musica di tutta la sua carriera.

Nel 2019, Sinéad (che paradossalmente grazie ai continui scandali di quegli anni non era sparita) annunciò di essersi convertita all'islam, generando reazioni che andavano dall'euforia alla vera e propria lapidazione. Purtroppo Sinéad in vita non ha prodotto alcuna testimonianza artistica riguardo questa sua scelta, ma in ogni caso per chiunque conoscesse un minimo la sua discografia e vita privata, si ci può ben presto rendere conto di come sia stata una scelta, in qualche modo, “naturale” per lei. Fortunatamente, in questo lasso di tempo i concerti ripresero e non furono nemmeno niente male. Sinéad, anzi, Shuhada sembrava ora essere tornata di nuovo, ma l'abbattersi del COVID, ancora una volta, l'allontanò dalla musica, ma questa volta le permise anche di scrivere le sue memorie, chiamate semplicemente Rememberings, fonte per molte delle informazioni di questa monografia, ma purtroppo con enormi buchi (motivati da lei come “ero troppo strafatta di canne per ricordare”) dal 1994 in poi. Medesima sorte per il documentario Nothing Compares, incentrato esclusivamente sulla Sinéad del 1987-1992, ignorando completamente tutto ciò che aveva realizzato dopo. Queste due opere, unite ad interviste per grossi giornali, monografie e numerosissime rivalutazioni, sembravano inaugurare una nuova giovinezza per la cantautrice, ma ecco abbattersi su di lei un'altro flagello, questa volta insuperabile: il suicidio del suo terzo figlio, che Sinéad nelle sue memorie aveva senza grossi giri di parole descritto come il suo prediletto.

Per tutto il 2022, Sinéad scompare, mentre agli inizi del 2023 riprende timidamente la sua attività sui social network. A marzo viene premiata per I Do Not Want What I Haven't Got, e si presenta alla cerimonia truccata, con l'hijab e con un enorme dito medio in reazione alle domande dei giornalisti. È tornata, di nuovo, ma questa volta è veramente l'ultima.

Sinéad O'Connor viene ritrovata senza vita nel suo appartamento di Londra il 26 luglio 2023, nella stessa città dove tutta la sua carriera era iniziata. Alla notizia della sua morte, tutte le radio irlandesi riproducono Nothing Compares 2 U ed encomi arrivano da tutto il mondo della musica. Viene sepolta con il suo nome di battesimo e sulla sua bara viene posta una sua foto di una lei 20enne e spensierata, con la sua testa rasata (forse l'unica costante di tutta la sua travagliata carriera) e il suo meraviglioso sorriso.

Nello stesso anno sono morti Andy Rourke (bassista dei suoi primi due album) e Shane MacGowan, altro cantante irlandese, dalla vita perfino più travagliata di Sinéad, con il quale nel 1995 aveva duettato per il singolo Haunted:

You got a way of walking, You got a way of talking. And there's somethig about you And now I know I never ever Want to be without you I want to be haunted by the ghost Of your preciou love (Hai un modo di camminare. Hai un modo di parlare. E c'è qualcosa di te E ora so che mai e poi mai Vorrò stare senza di te Voglio essere perseguitato dal fantasma Del tuo amore prezioso) Shane MacGowan e Sinéad O'Connor – Haunted

BP Fallon (Olanda 1988)

Perché nulla è andato perso

A questo punto si possono iniziare a tirare le conclusioni sulla musica e l'arte di Sinéad O'Connor, una cantautrice totalmente multiforme eppure solidissima nella sua base che provocatoriamente si potrebbero rendere come Dio, Patria e Famiglia. Ciò ovviamente parrebbe assurdo: Sinéad aveva preso fin dal principio posizioni che oggi considereremo progressiste ma che all'epoca erano viste come quasi radicali e come tali contrastate, eppure queste idee si sono materializzate in una perfetta sintesi. Sinéad era favorevole al divorzio (ha avuto quattro mariti diversi) e all'aborto, ma considerava la famiglia come il pilastro della sua esistenza; era una progressista estremamente tollerante verso le altre culture, eppure aveva messo sempre in primo piano il suo nazionalismo irlandese; aveva infranto ogni singola legge, scritta o non scritta, sulla religione cattolica, però nessuno avrebbe mai osato mettere in dubbio la sua fede. Un articolo di qualche mese fa, precedente la sua morte, considerava Sinéad come la più cristiana e religiose delle figure nonostante la sua esplicita opposizione allo stato delle cose, una moderna San Francesco, o, come sarebbe piaciuto a lei, una Giovanna d'Arco.

Ciò che è sicuro è questa “fluidità” nella religione, nell'etnia e nella sessualità andava di pari passo con la sua musica: sempre variegata, per genere stile e tematiche, ma saldamente legata alla sua voce, quella che lei, sempre in maniera religiosa, vedeva come il suo unico vero talento, il suo strumento di preghiera e la sua missione divina. Lo scopo della sua vita è sempre stato quello di cantare, e nonostante tutti i problemi, le disgrazie, le tragedie, le (tantissime) cadute e le (tantissime) rialzate, lo ha sempre fatto perfettamente.

Questa era una monografia su Sinéad O'Connor, la più grande cantante di tutti i tempi.

 
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from Blog in Blu

E' solo un numero

Ultimamente la mia vita ha bisogno di un nuovo equilibrio. Rompere quello vecchio e trovarne uno nuovo su cui costruire qualcosa di nuovo non cosi facile. Pero trovare mattoncini che possono dare stabilita alla costruzione e rendersene conto è qualcosa di meraviglioso!

Questa mattina, finalmente un po' di bel tempo e un po' di tempo da impiegare, esco in bici e ascolto un Podcast e da un intervista a Vittoria Bussi di Al Vento in cui racconta il suo record dell'ora. E sono ad un certo punto dove semplicemente dice che lei ha voluto farlo col suo modo, che in fondo il record è solo un numero e che per battere il record il record deve entrare nel quotidiano. Le parole non sono esattamente queste, io ho solo reinterpretato a modo mio le sue parole. Battere se stessi serve e le gare servono per battersi ma in fondo è solo un numero che serve a noi ma per battersi serve dedizione, quotidianità per abituarsi agli obiettivi.

Insomma al momento tutto questo sta prendendo forma nel mattone, ma credo si un bel mattone importante per cambiare.

 
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from ut

In un giardino un albero troncato: e intorno fioriscono, magnifici, tulipani di diversi colori. Fiorire intorno a un'assenza. Quello che abbiamo da fare qui, più o meno.

#loingpres

 
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