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from Alviro

Tra le ombre nasce un pensiero, Ho intravisto la luce d’un mistero. Echi lontani risuonano nel cuore, Il tempo si ferma, sussurra parole. Ho trovato me stesso nel silenzio interiore.

Tra le scartoffie cerco un'idea, Ho finito il caffè, tragedia che crea. Eppure resisto, non mollo la scena, Il genio latita, che pena, che pena. Hai voluto una poesia? Ecco, una chimera!

 
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from Alviro

Nel silenzio d’un sogno nascosto, Gocce di stelle danzano nel buio, Onde leggere s’infrangono al cuore, 4 passi verso l’infinito ignoto.

 
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from chiaramente

Wanting. Seeking. Chasing.

They have always led me astray.

I think there is no not-astray.

But wanting to be there is sort of dumb, if your ask me.

 
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from pixelfed

L'immagine mostra uno screenshot di testo in bianco e nero su sfondo grigio. Il testo è in italiano e contiene affermazioni riguardo all'eliminazione da parte di Meta di programmi per l'inclusione delle identità LGBTQ+, seguite da un'opinione che propone di iscriversi in massa ai servizi di Meta per arricchirli.  Un'altra parte del testo definisce il concetto di "cambiare le cose da dentro" come una soluzione plebiscitaria tipica della sindrome di Stoccolma. immagine tratta da @80x24@mastodon.uno

Ecco alcune delle cose orribili che ora si possono dire su Instagram e Facebook

Le modifiche alla politica di Meta consentono di chiamare gay e trans “malati di mente”, mentre è stato rimosso il divieto di riferirsi alle donne come “oggetti domestici”.

Meta ha rivisto il suo approccio alla moderazione negli Stati Uniti, abbandonando il fact-checking, annunciando un piano per spostare i suoi team di fiducia e sicurezza e, cosa forse più importante, aggiornando la sua politica di Hateful Conduct. Come riportato da Wired, molti testi sono stati aggiornati, aggiunti o rimossi, ma ecco alcuni dei cambiamenti che ci sono saltati all'occhio.

Un'altra sezione che vietava specificamente di fare riferimenti disumanizzanti a persone transgender o non binarie o di riferirsi alle donne “come oggetti domestici o proprietà o oggetti in generale” è stata completamente rimossa.

Anche prima di questi cambiamenti, l'anno scorso il gruppo di difesa dei media LGBTQ+ GLAAD aveva denunciato che Meta spesso non rimuoveva i post che violavano le sue politiche di incitamento all'odio. Ora stanno scomparendo anche le barriere di protezione che erano state istituite per proteggere le persone dalle molestie su Internet.

Senza queste necessarie politiche sull'incitamento all'odio e altre politiche, Meta dà il via libera a persone che prendono di mira persone LGBTQ, donne, immigrati e altri gruppi emarginati con violenza e narrazioni disumanizzanti. Con questi cambiamenti, Meta continua a normalizzare l'odio anti-LGBTQ a scopo di lucro, a spese dei suoi utenti e della vera libertà di espressione. Le politiche di fact-checking e di hate speech proteggono la libertà di parola.

Meta scioglie il team per la diversità (DEI)

Meta sta eliminando i suoi programmi per la diversità, l'equità e l'inclusione (DEI) a causa del “panorama legale e politico che circonda gli sforzi per la diversità, l'equità e l'inclusione” negli Stati Uniti. Meta ridurrà anche gli obiettivi di rappresentanza e porrà fine all'approccio “diverse slate” alle assunzioni.

La mossa segue la recente revisione della moderazione dei contenuti di Meta, che ha eliminato le restrizioni su argomenti come l'immigrazione e il genere.

Quando Roy Austin Fu assunto per dirigere un nuovo team per i diritti civili nel 2021, l'azienda lo definì “un ruolo incredibilmente importante per Facebook e per l'industria tecnologica”. Ora, Austin ha annunciato che se ne andrà nello stesso giorno in cui Meta terminerà tutti i programmi DEI.

Blocco pixelfed

Su Facebook, i link alle istanze dell'alternativa Instagram Pixelfed vengono contrassegnati come spam. Diversi utenti se ne sono accorti. I post con un link alle istanze pixelfed sono stati eliminati immediatamente, mentre un post con un link alla pagina del progetto del network fotografico è rimasto. L'azione è stata notata pochi giorni dopo l'annuncio che meno contenuti sarebbero stati moderati e più dichiarazioni controverse sarebbero state permesse sulle piattaforme. Le persone sui social network hanno criticato questa scelta.

La gestione da parte di Facebook dei link a Pixelfed ricorda incidenti simili avvenuti dopo l'acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk. All'epoca, dopo che molti utenti avevano abbandonato la piattaforma, era stato temporaneamente vietato il collegamento al concorrente Mastodon e a social network come Facebook e Instagram sul servizio di messaggistica breve. Poco tempo dopo, la piattaforma ha preso provvedimenti contro il servizio di messaggistica breve Threads.

Come social network per le foto, Pixelfed fa parte del cosiddetto Fediverso. Ciò significa che gli account di Pixelfed possono interagire direttamente con quelli di Mastodon, ad esempio. A differenza di Instagram, Pixelfed non è ancora una vera alternativa a Instagram in termini di utilizzo. Mentre il servizio di Meta ha circa due miliardi di utenti, ci sono solo circa 250.000 account Pixelfed. Secondo lo sviluppatore principale, tuttavia, il numero di registrazioni è recentemente aumentato così tanto che alcune funzioni hanno dovuto essere temporaneamente limitate.

Come procedere con le alternative?

screenshot @UZ4ever@pixelfed.uno qua il messaggio originale: https://pixelfed.uno/i/web/post/784559355607271796

Le alternative ai social di meta ci sono, Pixelfed è un'ottima alternativa di instagram in crescita, l'app per android e per ios ora supportano anche le notifiche push e anche mastodon ha istanze italiane molto attive come mastodon.uno.

Se avete creato i vostri nuovi account ora potete lasciare un messaggio di addio su facebook e instagram in questo modo:

“Ciao a tutti, a breve chiuderò definitivamente questo profilo, questo social mi hanno rotto le recenti decisioni prese dal proprietario del social stesso mi hanno spronato a compiere quest'ultimo passo. Sto passando ad un uso pill consapevole dei social, decentralizzato e non gestito da multinazionali. Se vi va di venirmi a cercare qui trovate i miei link di Mastodon e Pixelfed (oltre Telegram), gli unici social che seguirò con un minimo di costanza.

Mi trovate qui: https://l.devol.it/ (create un account su linkstack dove mettere tutti i nuovi social, quello dei devol è questo: https://l.devol.it/@devol, linkstack è un'alternativa etica a linktree, non ti spia ed è open source)

Vi voglio bene, a presto “

nel vostro profilo e username potete mettere in bella evidenza alcuni degli account che userete al posto di facebook e instagram e chi vorrà potrà continuare a raggiungervi so social più etici.

#instagram #pixelfed #Facebook #fediverso #mastodon

 
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from Pensavo che

Pensavamo di poter navigare in lungo e in largo per i silenziosi mari del cosmo e trovare risposte che ci allettassero e compiacessero. Non serve nemmeno dirlo, ormai: avremmo preferito, quelle risposte, non trovarle affatto.

Significato? Cos’è il significato se non una mera astrazione umana? Pensavamo di poter imporre alla natura, vivente o meno, il nostro schema mentale e dunque porci al centro di ogni discorso.

Perché d’altronde cosa siamo noi umani, se non la fonte e l’argomento di ogni chiacchera?

Nulla di più lontano invece si è rivelato il cosmo. Esso ci ha confuso e silenzioso è sempre stato lì a ridere di noi in una lingua per noi incomprensibile, impercettibile.

“Guardale quelle scimmie che si pensano così importanti. Credono davvero di poter intendere le mie parole. Anzi, credono davvero di potermi capire con ? Il mio silenzio vale molto più di tutto questo. Il mio esistere è molto più di un mero caso dell’evoluzione o di qualche risultato di uno sviluppo prevedibile e comprensibile.”

Solaris non è un libro semplice con cui mettersi in relazione. Un contatto con esso non è meno complesso del contatto cercato nell’opera tra l’umanità ed il pianeta presunto-senziente. I suoi personaggi sono sì psicologicamente curati, ma non si potrebbe pensare di averli come amici, conoscenti, compagni. Sono duri, enigmatici, imprevedibili, come le persone vere. Solaris stesso, nonostante sia tutto fuorché umano, è il vero protagonista della vicenda.

L’uomo, su Solaris, non riesce proprio a mettersi al centro. Decenni di scritti teorici sul significato del pianeta ed i suoi comportamenti conservati sulla stazione spaziale non sono altro che carta su Solaris. E’ il silenzio e l’azione che ne fanno da padrona, non il ragionamento.

Non ci sono esprimenti certi, logica o psicologia che possano spiegare gli avvenimenti su Solaris. Sono solo avvenimenti interpretabili ma non conoscibili. Purtroppo per noi, di estrema bellezza. Le gigantesche protrusioni frattali del pianeta tormentano la nostra immaginazione e ci costringono a cercare un “significato” o una “motivazione”. Non riusciamo ad accettare la natura per quello che è. Se lei gioca con noi, allora deve essere come noi. Ed è qui che ci sbagliamo e continueremo a sbagliare.

Aspettando, nulla cambierà. Osservando, nulla di nuovo capiremo. Certo, possiamo dare nomi alle cose, far finta di aver capito, ma sta nel dare significato e senso alle cose il seme del nostro errare per il cosmo.

Solaris per l’umanità è un asintoto irraggiungibile. Possiamo andare più distante da esso, più in là nello spazio ma con il pensiero saremo sempre lì, ad osservare i suoi due soli, le sue maree viscose e a chiederci “Perché?”.

Non riusciamo ad accettare che ci possano essere altri modi di concepire la realtà, modi a noi preclusi per natura. Il contatto d’altronde implica una comunicazione sullo stesso piano. Tra noi e Solaris invece i piani di comunicazione non sono tangenti, sghembi o sovrapponibili in nessun modo. Se noi gli parliamo con le parole, lui ci mostrerà un’ onda del suo mare. O forse nemmeno quella. D’altronde, siamo noi umani che diamo più valore all’azione che al silenzio. E noi non possiamo accettare di ricevere come risposta il silenzio.

Forse Solaris, come noi in questi brevi millenni di vita, ha provato in altre ere a conoscere e a conoscersi, fallendo miserabilmente. Se fosse così l’umanità intera allora sarebbe sempre stata sulla strada della sconfitta psicologica sin dalla sua creazione, così come qualsiasi altra specie senziente mai vissuta. Forse non vogliamo sapere veramente cosa potrebbe rivelarci Solaris, forse è meglio scappare a più anni luce di distanza possibili prima che esso ci parli e dica: “abbiamo perso”.

#libri

 
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from Pensavo che

Con questo terzo viaggio nella terra del Sol levante Igort ci porta tra le vie dell’occulto, del bizzarro e del macabro. Vie che molti considerano troppo cupe perché vi si possa annidare cultura. Ma d’altronde si sa: La bellezza senza veleno è noiosa.

Potrebbe sembrare strano ad un primo sguardo che Igort abbia dedicato un intero volume della trilogia sul suo Giappone ad un fenomeno, quello dell’ ero-guro (crasi di “ero guro nansensu”, ovvero erotico e grottesco nonsense), così di nicchia. Parrebbe un piccolo anfratto di una cultura più vasta, quasi insignificante rispetto alla tradizione giapponese che tutti conosciamo e amiamo.

Dopo poche pagine tuttavia, grazie ad una accattivante ma nostalgica introduzione, appare chiaro come il fenomeno ero-guro sia ben più ampio rispetto a quanto il Giappone stesso non ci voglia far credere, e affondi le sue radici nello stesso cuore delle tradizioni riconosciute e rispettate.

Come un fratello diseredato, estromesso dalle foto di famiglia, ma che conduce senza timori e vergogna una sua vita spregiudicata, così l’ero-guro ha sempre giocato un ruolo fondamentale nell’arte e nell’immaginario collettivo, dalle stampe, al teatro, al cinema.

Un passato e un presente costellati di violenza, mostri, perversioni, arte occulta e contemplazione artistica di drammi macabri. Una profusione di noir, yokai, personaggi singolari e fatti reali. Il fascino di questo modo di vedere il mondo sta proprio nel non riuscire a individuare una retta via, un’etica, un limite preciso tra la perversione psicologica ed il reale.

Tutto questo convive con un Giappone che ha costruito ed esportato una immagine di sé fondata sul rispetto, l’onore, la bellezza naturale e la saggezza buddhista. Appare chiaro quindi come il contrasto con l’ero-guro sia logicamente insanabile. Come possono convivere aspetti così distanti e contraddittori?

In realtà, l’arte dell’imperfezione, il wabi-sabi, e la celebrazione della violenza dei samurai e della guerra, oltre che la paranoica ossessione con le occulte forze della natura dello Shinto e delle religioni locali sono risvolti simili e compatibili con l’arte ero-guro. Quest’ultima declina però tali aspetti in chiave moderna, quasi pop, urban, e inaspettatamente progressista.

All’improvviso riusciamo a scorgere lo yin nello yang, la violenza nell’ordine, il sangue nella perfezione, il progresso nel caos.

La vita idealizzata lascia spazio ad una realtà di sopravvivenza, conflitto interiore psicologico e conflitto esteriore con le imposizioni di una società sempre più inquadrata in paradigmi aziendali.

Tutto molto poetico per noi, che possiamo osservare tali fenomeni con occhio distante e imparziale. Non altrettanta fortuna hanno però gli autori di tali opere, che sin dal medioevo giapponese si ritrovano a vivere esistenze squallide ai margini della società, cantori di storie affascinanti ma terribili, artisti maledetti dalla loro stessa arte.

La fondamentale influenza nella cultura giapponese moderna viene loro negata, ogni loro conquista prontamente nascosta sotto il tappeto. Non ci sorprende quindi constatare come tali autori abbiano avuto più successo e riconoscimento artistico all’estero che in patria.

Un aneddoto emblema di questo rapporto conflittuale tra arte e patria ci viene raccontato da Igort stesso. Alla frontiera d’ingresso in Giappone vengono confiscate e trattenute le opere più scabrose e anticonformiste, persino le opere stampate nel paese stesso.

L’arte violenta, morbosa, occulta resta quindi relegata a piccole pubblicazioni clandestine, mostre di terza categoria. Forse ciò le permette di rimanere incorruttibile, libera da regole e imposizioni. E’ in questo panorama che alcuni luminari del cinema e del fumetto riescono a concepire film di genere (pink eiga) progressisti, fumetti irriverenti, scevri dai condizionamenti delle grandi produzioni e perciò liberi di sperimentare e raccontare in modo sincero il Giappone con tutti i suoi difetti.

Nazionalismo, violenza di genere, ritmi di vita sfrenati assumono allora le forme di mostri, di personaggi bizzarri, vere incarnazioni delle reali mal sanità del paese.

L’uomo si spaventa del mostro, come se la sua forma fosse il problema. E’ solo un modo di non riconoscersi colpevole di ciò che il mostro rappresenta. Questo approccio di esorcizzazione psichica non viene colto dai più, ma sempre di arte si tratta. Anzi, dell’arte forse più concreta, più trasformativa, più utile: quella velenosa.

 
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from Linux Italia Gaming

Il CES 2025 è iniziato con una serie di importanti annunci da parte di alcuni dei più grandi nomi del settore tecnologico. AMD, NVIDIA e Intel hanno tutti presentato nuovi prodotti destinati a plasmare il futuro del gaming, della creazione di contenuti e dell'informatica in generale. Qualcomm, invece, punta a rivoluzionare il mondo dei mini PC con la sua piattaforma Snapdragon X. Ecco una veloce panoramica delle novità più rilevanti:

AMD punta su prestazioni e intelligenza artificiale

AMD Ryzen 9000 series AMD ha annunciato due nuovi processori, il Ryzen 9 9950X3D e il Ryzen AI Max, e ha offerto un'anteprima della sua prossima generazione di grafica, la RDNA 4.

  • Il Ryzen 9 9950X3D è progettato per i giocatori più esigenti e offre prestazioni eccezionali grazie alla tecnologia 3D V-Cache di AMD.
  • Il Ryzen AI Max, invece, è il primo processore x86 con un motore di intelligenza artificiale dedicato, aprendo la strada a nuove esperienze basate sull'apprendimento automatico.
  • Sebbene non siano stati ancora rivelati dettagli precisi sulla RDNA 4, AMD ha promesso un significativo aumento delle prestazioni e dell'efficienza energetica, il che non mancherà di entusiasmare i giocatori e i creatori di contenuti.

NVIDIA presenta la serie GeForce RTX 50 “Blackwell” e DLSS 4

NVIDIA GeForce RTX NVIDIA ha alzato il livello della grafica con l'annuncio della serie GeForce RTX 50 “Blackwell”. Queste nuove GPU promettono di raddoppiare le prestazioni creative in 3D, video e IA generativa, grazie alla loro architettura all'avanguardia e alle tecnologie avanzate di intelligenza artificiale.

  • Inoltre, NVIDIA ha presentato DLSS 4, l'ultima versione della sua tecnologia di upscaling basata sull'intelligenza artificiale, che renderà i giochi ancora più belli e fluidi.

Intel svela i processori mobile Core Ultra 200H/200HX

Intel Core Ultra Intel ha presentato i suoi nuovi processori per laptop, i Core Ultra 200H e Core Ultra 200HX. Questi processori di 14a generazione sono progettati per offrire prestazioni ed efficienza eccezionali, con una maggiore potenza di elaborazione e capacità grafiche migliorate.

  • I Core Ultra 200H e 200HX sono destinati a rivoluzionare l'esperienza utente sui laptop, consentendo giochi di alta qualità, creazione di contenuti fluida e multitasking senza interruzioni.

Qualcomm punta sui mini PC con Snapdragon X

Qualcomm Snapdragon X Qualcomm si prepara a sfidare il mercato dei mini PC con la sua piattaforma Snapdragon X, offrendo un'alternativa interessante ai tradizionali processori Intel e AMD. I nuovi mini PC con Snapdragon X promettono un'elevata efficienza energetica, prestazioni competitive e un prezzo accessibile, a partire da circa 600 dollari. Tuttavia, resta da vedere quale sarà il livello di supporto di Linux su questi dispositivi e se le prestazioni saranno all'altezza delle aspettative.

Insomma, sicuramente un CES ricco di novità per il futuro del computing.

Questi annunci da parte di AMD, NVIDIA, Intel e Qualcomm indicano un futuro entusiasmante per il mondo del computing. Con l'aumento delle prestazioni, l'integrazione dell'intelligenza artificiale e nuove opzioni di piattaforma, gli utenti possono aspettarsi esperienze ancora più immersive e potenti nei prossimi anni.

 
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from Il navigatore solitario

Hackerismo Gli attacchi ai siti istituzionali rappresentano una delle manifestazioni più evidenti e mediatiche del cybercrime. Questi attacchi, spesso spettacolari, colpiscono siti governativi, enti pubblici e organizzazioni di rilevanza strategica, sollevando interrogativi sulle motivazioni che spingono gli hacker a intraprendere azioni di questo tipo. Le ragioni dietro tali attacchi possono essere molteplici e spesso intrecciate, variando da obiettivi politici a interessi economici, da atti dimostrativi a intenti puramente criminali. Uno dei motivi principali risiede nel cosiddetto “hacktivismo”, un fenomeno in cui i cyberattivisti utilizzano le loro competenze informatiche per promuovere cause politiche, sociali o ideologiche. Attacchi di questo tipo sono mirati a sensibilizzare l’opinione pubblica su temi specifici, come la lotta alla censura, la difesa dei diritti umani o la critica verso governi considerati repressivi. Spesso gli attacchi hacktivisti assumono la forma di defacement, in cui la homepage del sito viene sostituita con messaggi propagandistici, o DDoS (Distributed Denial of Service), che mira a rendere il sito irraggiungibile tramite un sovraccarico di richieste. Un'altra motivazione comune è legata alla criminalità informatica vera e propria. Gli hacker possono colpire i siti istituzionali per sottrarre dati sensibili, come informazioni personali, documenti riservati o dettagli relativi a infrastrutture critiche. Questi dati possono essere rivenduti nel dark web o utilizzati per ulteriori attacchi, come campagne di phishing o estorsioni. Gli attacchi ransomware, ad esempio, bloccano l'accesso ai dati dell'ente colpito, richiedendo il pagamento di un riscatto per sbloccarli. Tale strategia si è dimostrata particolarmente efficace contro le istituzioni pubbliche, spesso poco preparate a gestire emergenze di questo tipo. Inoltre, gli attacchi possono essere motivati da interessi geopolitici. In questo contesto, si parla di cyber warfare, ovvero guerra cibernetica, dove gli attacchi ai siti istituzionali di un Paese sono condotti da attori statali o gruppi sponsorizzati da governi per destabilizzare un avversario, raccogliere intelligence o influenzare la politica interna. Questi attacchi spesso rientrano in strategie più ampie di conflitto asimmetrico, dove il cyberspazio diventa un campo di battaglia non convenzionale. Alcuni hacker, invece, agiscono per pura vanità o per dimostrare le proprie capacità tecniche. In questi casi, l'obiettivo non è tanto danneggiare, quanto ottenere riconoscimento all'interno della comunità hacker. Questo fenomeno, noto come “hacking for fame”, può sembrare meno pericoloso ma contribuisce comunque a minare la fiducia nei sistemi informatici istituzionali. A livello operativo, la vulnerabilità dei siti istituzionali può essere sfruttata per compromettere la fiducia dei cittadini nelle istituzioni stesse. Un sito governativo che viene hackerato trasmette l'idea di inefficienza e insicurezza, erodendo la credibilità dell’ente attaccato. Questo è particolarmente rilevante in Paesi con situazioni politiche già instabili, dove tali attacchi possono avere effetti dirompenti sull'ordine pubblico. Infine, va considerato l'impatto economico. Gli attacchi ai siti istituzionali possono paralizzare servizi essenziali, causando perdite finanziarie dirette e indirette. Un esempio è il blocco di sistemi di pagamento o piattaforme di gestione di servizi pubblici, che possono creare disagi significativi per i cittadini. Per difendersi da questi attacchi, le istituzioni devono adottare strategie di sicurezza informatica avanzate, che includano l'implementazione di firewall, la protezione contro attacchi DDoS, l’utilizzo di sistemi di autenticazione multifattoriale e la formazione del personale. Inoltre, è fondamentale investire nella creazione di team di risposta rapida per gestire gli incidenti e ridurre al minimo i danni. Tuttavia, la sicurezza informatica non è solo una questione tecnologica: richiede una cultura della prevenzione, un monitoraggio costante delle minacce e la collaborazione tra pubblico e privato. In un mondo sempre più interconnesso, la protezione dei siti istituzionali non è solo una priorità per i governi, ma una responsabilità collettiva per garantire la stabilità e la fiducia nell'era digitale.

 
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from Il navigatore solitario

Divulgazione culturale La divulgazione culturale è un atto di condivisione che va oltre la semplice trasmissione di informazioni. È il ponte che collega conoscenza e consapevolezza, un mezzo per rendere accessibili a tutti argomenti complessi, rendendoli comprensibili e stimolanti. È un atto democratico: permette di abbattere barriere sociali, culturali e, spesso, anche linguistiche. In un mondo sempre più veloce e digitale, la divulgazione culturale assume un ruolo cruciale. Non si tratta solo di diffondere sapere, ma di stimolare curiosità, incoraggiare il pensiero critico e alimentare la creatività. La cultura non è statica: evolve, si adatta, cresce con noi, e chi la divulga ha la responsabilità di preservarne l'essenza ma anche di renderla attuale. Divulgare cultura significa creare connessioni tra passato, presente e futuro, tra tradizione e innovazione, e tra le persone stesse. È un invito a vedere il mondo con occhi nuovi, a porsi domande, a cercare risposte. È un atto di servizio verso la società e una sfida personale per chi si dedica a quest’arte. Alla base della divulgazione culturale c'è una grande passione: per la conoscenza, per il dialogo, per l'umanità. La vera forza di chi divulga risiede nella capacità di non imporre, ma ispirare, di non semplificare in modo superficiale, ma rendere accessibile senza perdere profondità. Così facendo, la cultura diventa non solo patrimonio di pochi, ma un bene comune, un filo invisibile che ci unisce e ci rende più forti, più consapevoli e più liberi.

 
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from Novità in libreria

Proseguo a illustrare le novità relative a fine novembre e dicembre 2024.

NARRATIVA:

  • IL COLTIVATORE DEL MARYLAND di John Barth (Minimum Fax). Il poeta inglese Ebenezer Cooke, alla fine del XVII secolo, viene spedito nel Nuovo Mondo per prendere possesso della piantagione di tabacco del padre e per scrivere un poema epico sulla vita dei coloni in America. Durante il caotico viaggio gli succederà di tutto (ma proprio di tutto). Vi segnalo che la traduzione è niente meno che del grande Luciano Bianciardi (autore de LA VITA AGRA). Per saperne di più: scheda libro.

FUMETTI E GRAPHIC NOVEL:

  • ASTRONAUTE di Jim Ottaviani e Maris Wicks (Alpha Test). Una graphic novel che, attraverso la voce dell'astronauta e scienziata Mary Cleave, racconta la storia delle donne che, in mondo di colleghi maschi, hanno dimostrato il loro coraggio e acume scientifico, e hanno fatto la storia dei viaggi nello spazio. Età di lettura: dai 10 anni. Per saperne di più: scheda libro.

SAGGISTICA:

  • LA MEMORIA È IL NOSTRO FUTURO a cura di Christian Greco (Franco Cosimo Panini). Un meraviglioso libro celebrativo dei 200 anni di fondazione del Museo Egizio di Torino, che rappresenta un'eccellenza italiana e internazionale, con interventi di docenti, curatori e studiosi: vengono affrontati in questo volume moltissimi temi, tra cui il ruolo del Museo all'interno del contesto culturale e la sua importanza nella storia dell'Egittologia. Per saperne di più: scheda libro.
  • Per Terra Santa Edizioni, abbiamo due pubblicazioni riguardanti il Giubileo del 2025:
    • GRANDE STORIA DEI GIUBILEI di Anna Maria Foli (scheda libro): un volume che ripercorre (come da titolo) la storia dei giubilei, a partire dalle origini ebraiche, raccontando curiosità, particolarità e aneddoti riguardanti i papi che istituirono questa celebrazione, i vari Anni Santi della storia della Chiesa, ma anche il significato del Giubileo e i suoi “segreti”.
    • IL GIUBILEO A ROMA 2025 di Roberta Russo (scheda libro: guida destinata ai pellegrini (singoli o in gruppo), per orientarsi tra le varie chiese giubilari, gli eventi, i luoghi e gli incontri ecumenici. Contiene informazioni pratiche e una parte “spirituale”, con preghiere e riflessioni sull'Anno Santo.
  • SALITE D'ITALIA di Gabriele Brunetti e Alberto Ferraris, prefazione di Davide Cassani (Ediciclo). Una guida per illustrare, come dice il sottotitolo, le 100 scalate in bici da fare almeno una volta nella vita: 100 cime e passi leggendari da conquistare con la bicicletta; un libro adatto ai neofiti e agli esperti scalatori, completo di mappe, dettagli tecnici e percorsi con traccia GPS. Per saperne di più: scheda libro.
  • VIVIAN MAIER di Vivian Maier, a cura di Anne Morin (Contrasto). 70 fotografie, con note biografiche aggiornate, della governante-fotografa Vivian Maier, la cui storia è affascinante e misteriosa: le sue immagini, rubate dall'ambiente metropolitano americano in cui era completamente immersa, ritraggono un mondo popolare autentico, ricco di particolari, riflessi e visioni. Per saperne di più: scheda libro.
  • SPAZZINI SPAZIALI di Ettore Perozzi (Dedalo). Un saggio sui detriti e rifiuti che fluttuano in orbita, attorno al nostro pianeta. Data la loro mole, sempre più alta, cominciano a rappresentare infatti un grosso problema. Per saperne di più: scheda libro.
  • PIANTE KILLER di Molly Williams (Aboca). Manuale per la coltivazione delle piante carnivore: vegetali affascinanti e letali (per gli sventurati insetti che dovessero incorrere nelle ingegnose trappole). Destinato sia al coltivatore esperto sia al collezionista alle prime armi. Per saperne di più: scheda libro.
  • IKIGAI SVELATO di Tim Tamashiro (Hermes Mediterranee). L'Ikigai è una disciplina giapponese (dell'isola di Okinawa) che permette di trovare il proprio scopo, per una vita più significativa. I quattro elementi che compongono l'Ikigai sono fondamentalmente: 1- fai ciò che ami, 2- fai ciò in cui sei bravo, 3- fai ciò di cui il mondo ha bisogno, 3- fai ciò per cui puoi essere ricompensato. Questo manuale insegna a integrare nella propria vita questo tipo di “filosofia”. Per saperne di più: scheda libro.
  • IO NON CANCELLO – LA MIA VITA FRAINTESA di Emilio Isgrò (Solferino). Un'autobiografia (in collaborazione con Chiara Gatti) dell'artista messinese (milanese d'adozione) che ha fatto delle “cancellature” la caratteristica della sua opera. Per saperne di più: scheda libro.
  • FRANKENSTEIN JUNIOR di Giampiero Frasca (Gremese). Si tratta di un film-culto di un'intera generazione, opera di un geniale Mel Brooks e indimenticabile prova degli istrionici Gene Wilder e Marty Feldman. A cinquant'anni dalla sua prima proiezione, ecco un volume che ripercorre tutta la storia del film, il dietro-le-quinte, le curiosità e tante fotografie del cast e del set. Inspiegabilmente, il sito della casa editrice non offre la scheda di questo libro, così ricorrerò a questo link.
  • IMPRESSIONISTI IN NORMANDIA a cura di Alain Tapié (Moebius). Una selezione dei capolavori della Collezione Peindre en Normandie, dei principali autori impressionisti (come Monet, Renoir e Delacroix) che hanno ritratto i paesaggi meravigliosi della regione francese. Per saperne di più: scheda libro.

INFANZIA E RAGAZZI:

  • LAMPALIBRO – BUONANOTTE BABY DINOSAURI di David Hawcock (NuiNui). Questo libro si può sfogliare e leggere come un normale libro, ma si può anche aprire e trasformare in una lampada che si può accendere nella cameretta. Contiene 8 filastrocche della buonanotte con i piccoli dinosauri. Alimentazione con USB. Età di lettura: dai 24 mesi. Per saperne di più: scheda libro.
  • BRAVA CHIOCCIOLINA! di Silvia Vecchini, illustrazioni di Carla Manea (Edizioni Corsare). Albo illustrato inbook, ovvero corredato dai simboli della CAA (Comunicazione Alternativa Aumentativa): si tratta di simboli che hanno lo scopo di aiutare la lettura (per scoprire di cosa stiamo parlando, andate a scoprire il sito). Chiocciolina esce di casa per la prima volta dalla sua casetta e conosce tanti nuovi amici. Una storia per incoraggiare i bambini a esplorare, sperimentare e quindi a conoscere sé stessi. Età di lettura: dai 3 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • DRACULA ON THE ROAD (Chiaredizioni). Una riduzione grafica del classico di Bram Stoker, a cura degli studenti di Arti Visive dello IED di Roma: un itinerario attraverso l'Europa all'inseguimento del Conte Dracula, pieno di illustrazioni, pagine di diari, mappe e tanto lettering. Età di lettura: dai 14 anni. Per saperne di più: scheda libro.
 
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from CASERTA24ore

Ancora un morto sul lavoro in provincia di Caserta

A soli dieci giorni di distanza,sempre nella zona industriale di Gricignano d'Aversa nell'azienda Frigocaserta è morto oggi un operaio per una fuga di ammoniaca. Si tratta di Patrizio Spasiano operaio di soli diciannove anni, residente a Secondigliano Napoli era dipendente di una ditta esterna che stava effettuando lavori di manutenzione; lo hanno ritrovato riverso senza vita su un'impalcatura. Il 31 dicembre scorso moriva Pompeo Mezzacapo, 39 anni di Marcianise. A Gricignano c'e' stata una perdita di ammoniaca che ha sviluppato una nube tossica. Molti operai sono riusciti a mettersi in salvo, ma uno di loro, il 19enne Patrizio Spasiano, non è riuscito ad allontanarsi in tempo ed è morto. Il ragazzo era stato assunto solo da pochi mesi (foto di repertorio).

 
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from cronache dalla scuola

[cronache dalla scuola]

Oggi abbiamo quasi terminato il laboratorio “a stazioni” sulla rivoluzione russa (in realtà, un laboratorio su come lavorare su fonti diverse che parlano dello stesso argomento) di cui avevo parlato qualche giorno fa.

Alla fine somministro ai ragazzi un questionario di autovalutazione e di valutazione dell'attività già svolta. Anonimo. Molti sono i commenti positivi, diversi i distinguo e le segnalazioni di criticità, alcuni giudizi apertamente nagativi.

Un commento, tra i negativi, mi colpisce e penso che sia esemplare per chiarezza, forse inconsapevole, nel descrivere l'aberrazione del sistema scuola che forma studenti addestrati solo per accontentare il sistema scuola. Per privacy parafraso il testo originale:

“Il laboratorio che abbiamo terminato ha fatto crescere le nostre competenze trasversali, essenziali per la vita e per il lavoro, ma meno essenziali per superare l'esame di stato”.

Direi che è una frase che fa da pietra tombale a qualunque sforzo fatto all'interno di una struttura che gli stessi studenti introiettano come fine a se stessa. E che vogliono così.

 
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from GRIDO muto (podcast)

Cosa succede se il dolore non può passare mai più? 💊 Rimedi e conseguenze dei farmaci. E...✈️ il mio viaggio in India! 🌍

“La vita di un malato invisibile ruota attorno al dolore, e ogni giorno si devono fare scelte difficili per affrontarlo”

Se preferisci ascoltare questo episodio (il n. 10), anziché leggerlo, puoi farlo qui:

[...]

Quando sei un malato invisibile, la tua vita ruota attorno al dolore. Mi dispiace farti riflettere su questo, ma non c'è un modo più gentile o più delicato di parlarne. Da invisibile, il tuo rapporto con il dolore è diverso da quello di una persona normale. Le persone sane provano un dolore forte nella loro vita soltanto di rado, a seguito di incidenti magari, o di eventi ben pianificati, come un intervento o l'estrazione di un dente. Una persona sana, anche inconsciamente, sa che il dolore se ne va e, se non se ne andrà, prenderà qualcosa di facile: una pillola, una qualche polvere magica, e non sarà più un problema.

[Il dolore] può presentarsi anche così, senza un motivo apparente, in un attimo, e noi invece sappiamo che non se ne andrà.

Arriviamo a maturare questa consapevolezza dopo qualche tempo che siamo ammalati, ed è una cosa che ti cambia nel profondo. Non c'è modo di abituarsi. A volte qualcuno mi dice: “Mah, guarda, ormai hai queste patologie da tanto, ti sarai abituato!” E invece no, come si fa ad abituarsi? Sì, uno può avere la soglia del dolore più o meno alta, ma quando arrivi a sentirlo, non è che ti abitui. Quella sensazione è nata dall'evoluzione della specie umana, proprio per attirare la nostra attenzione, proprio per farsi notare. È impossibile ignorarla.

Tutti i giorni per noi sono uguali: ci alziamo al mattino, combattiamo il dolore sin da subito, o già da prima, durante la notte, e poi dobbiamo capire una cosa molto importante, cioè come si può affrontare la giornata. Ce la faremo? Se anche ci alziamo con meno dolore del solito, poi la situazione resterà così? Ci arriveremo a fine giornata?

Mah.

Allora dobbiamo fare una scelta tutti i giorni. E questa scelta è: prendo qualcosa oppure no? È uno di quei giorni in cui si riesce a resistere? Oppure, tra un paio d'ore, avrò così tanto male che non riuscirò neanche a ragionare? E credimi, non è una scelta da poco, perché gli antidolorifici non si possono prendere all'infinito. Dobbiamo cercare di limitarli il più possibile per evitare effetti collaterali anche sul lungo periodo.

In passato il mio istinto mi diceva di aspettare, ma le cose sono cambiate. Ora, purtroppo, tendo a prendere più farmaci e forse faccio male. Non so, ma ci sono tanti giorni in cui non posso rischiare di ragionare male con il lavoro che faccio. Io lavoro col pensiero, con la testa. Devo poter pensare, devo essere in condizioni di poter pensare.

Anni fa era tutto diverso. Ci ho messo un po' a prendere coscienza di come stava cambiando la mia vita con il dolore che aumentava, anno dopo anno. Ci sono arrivato gradualmente, un po' alla volta, e a un certo punto mi sono guardato indietro e ho pensato a quando è stata la prima volta in cui ho provato un dolore così intenso da sembrare fuori scala. Me lo ricordo bene quel periodo, e oggi so che lo spartiacque della mia salute risale proprio a quegli anni, in cui le scelte che dovevo fare erano molto più semplici e conducevo ancora una vita spensierata.

Era il 1998, e la mia nuova vita a Parma era certamente stimolante. Trasferirsi lì era stata una scelta naturale, anche se più che ragionata. I miei due fratelli vivevano lì già da tempo, così come alcuni amici, Danilo e Lorenzo, quelli con cui suonavo nel fine settimana quando tornavo dai miei in paese. Ci ricongiungevamo a Pontremoli, ci vedevamo là e dedicavamo almeno un'ora alla domenica pomeriggio per provare le nostre vecchie canzoni, e in più c'era anche un nuovo amico in quegli anni, che aveva iniziato a suonare con noi. Si trattava di Giorgio, molto abile con il basso. A quel punto Marco decise di dedicarsi al canto, mentre a suonare ci avremmo pensato noi. Con questa formazione eravamo anche andati a un festival musicale locale, il Lunigiana Rock. Visto che in questo episodio parliamo di scelte, queste erano le scelte semplici che dovevo fare in quegli anni.

Una scelta che farei oggi, invece, se mi entrasse ancora, sarebbe quella di indossare, ancora una volta, la maglietta che ci avevano dato per l'evento, tutta nera con una scritta gialla sul davanti: Lunigiana Rock.

È un bel ricordo che conservo e rappresenta un periodo davvero spensierato. Era la prima volta che suonavo di fronte a così tante persone, cioè un campo sportivo abbastanza affollato, ed era stato bellissimo. Ero molto tranquillo mentre suonavo, anche grazie alle lezioni che avevo preso negli anni precedenti da un chitarrista professionista a La Spezia. Mi stavo abituando all'idea che quella vita da musicista avrei potuto farla per sempre, perché era davvero l'unica cosa che mi faceva arrivare a sera rilassato e felice.

A volte suonavo per mio conto anche per 7, 8, 10 ore consecutive, senza accorgermene. Una scelta importante di quel periodo, invece, venne presa da me a proposito di un viaggio, cioè una delle passioni che si stava risvegliando in me insieme alla curiosità per il mondo, al volere scoprire cosa ci fosse oltre il proprio confine personale.

Prima di trovare un lavoro stabile, avevo deciso di andare in India a cercare Dio da un maestro spirituale.

Il viaggio mi attirava da sempre e più tardi avrei capito che questa esperienza avevo fatto mi aveva calmato nel profondo, anche se tutto era andato storto sin dall'inizio. In un certo senso, il mio era stato un viaggio risparmio, ma la sorte invece non si era risparmiata. All'arrivo, scoprii che le mie valigie erano state perse e dovetti ricomprare tutto il vestiario, facendomi fare anche qualche abito su misura, visto che laggiù sembravano non esserci abiti della mia taglia.

Nelle settimane successive, poi, mi venne una strana febbre per ben tre volte, senza tosse o raffreddore, ma soltanto una temperatura molto alta che mi faceva venire voglia solo di stare a letto. E a proposito del letto, era un materasso sul pavimento, anzi uno stuoino, possiamo dire, alto solo pochi centimetri. Ma peggio di tutto il resto, al momento di ripartire per tornare a casa, scoprii che il mio biglietto aereo non era stato emesso correttamente.

Così, avevo potuto fare l'andata, ma il ritorno non era valido. Sarei dovuto restare in India per un lungo periodo, in attesa di chiarire questo equivoco con la compagnia aerea, un periodo che durò ben oltre le due settimane che avevo previsto in origine. Insomma, un disastro sotto molti punti di vista. Le notti erano spesso tormentate per il gran caldo che c'era nelle stanze della comune e anche per il vociare degli animali della giungla, stridulo e irritante, che andava avanti tutta la notte. La sveglia suonava molto presto per la meditazione, già alle 3:30 del mattino, e sui monti dell'altopiano del Deccan a dicembre faceva freddo, anche se eravamo quasi all'equatore.

Nel giro di poco tempo iniziai ad avere un gran mal di schiena e non c'erano medici che potessi consultare a poco prezzo nel villaggio per contenere le spese. Andai allora da qualcosa di un po' diverso, un medico ayurvedico, uno di quelli che praticavano l'antica arte curativa tradizionale dell'India, decisamente a buon mercato, ma meglio di niente, mi dissi. Il medico riuscì a capire cosa avevo semplicemente toccandomi una mano e l'avambraccio.

Chiese consigli sull'alimentazione, sugli alimenti che le persone con il mio tipo di fisico avrebbero potuto mangiare oppure no, e tante altre cose. Mi disse che il mal di schiena era dovuto a un eccesso di energia, un eccesso di fuoco. Con qualche massaggio avrebbe potuto alleviare il dolore, ma la causa era molto profonda. Secondo lui avrei dovuto prendere anche alcune compresse che mi prescrisse. Il suo assistente, tale Shrinivas, mi aveva praticato i massaggi. Le sue mani enormi mi sembravano bollenti e anche se alla fine mi ritrovavo tutto unto come un panzerotto uscito dalla friggitrice, in poche sedute il dolore era scomparso.

Effettivamente, Shrinivas sapeva il fatto suo e grazie a lui le compresse che mi aveva suggerito il medico non servirono, e per fortuna! Perché già l'aspetto ricordava gli escrementi di pecora; ti lascio immaginare l'odore! La causa di quel mal di schiena per me era lampante: qualcosa su cui non perdere neanche un momento a riflettere, e cioè che in India si passa la vita seduti sul pavimento e camminando a piedi nudi, e tutto questo, da occidentale, probabilmente non mi aveva giovato.

A parte questo aspetto, però, in India ero stato veramente bene, e ben presto mi scordai del medico ayurvedico. Al mio rientro in Italia, quando l'India era ormai poco più di un bel ricordo, il mal di schiena tornò. Era localizzato in basso, nell'area del bacino, proprio come quando era venuto fuori in India. Il mio medico curante mi fece fare una lastra e per la prima volta in vita mia sentii dire la parola che nessuno di noi vorrebbe mai sentirsi dire: artrite.

L'artrite è una malattia infiammatoria persistente e cronica, caratterizzata da dolore e infiammazione a livello delle articolazioni, con importanti ripercussioni sulla mobilità e il sostegno dello scheletro. Le forme più gravi di artrite possono deformare le articolazioni, determinando rigidità e compromissione dei movimenti e limitando notevolmente la capacità di svolgere anche i più semplici compiti quotidiani. L'artrite può svilupparsi in persone di ogni età, anche nei bambini, e con il passare degli anni, se non riconosciuta e curata adeguatamente, l'infiammazione tende a peggiorare.

[Fonte: ISS]

Il mio medico curante allora mi disse: “Sei ancora giovane, hai solo 20 anni; non ti preoccupare, per ora hai ancora tutta la vita davanti.” Lui era uno di quei medici di una volta, quelli che riuscivano a fare diagnosi anche senza mandarti da uno specialista, e molto spesso ci azzeccava.

Mi chiedo ancora oggi se con quella diagnosi precoce, magari confermata da un reumatologo, si sarebbe potuto cambiare qualcosa. Allora ero nel pieno delle mie forze e scelsi di ignorare del tutto quella parola, che poi neanche sapevo bene cosa fosse, a dire il vero.

Sì, ok, c'era l'artrosi e l'artrite, ma l'artrite era quella meno grave, giusto? Nei miei pensieri c'era solo il lavoro e la chitarra. In quel momento non so perché, ma avevo l'idea che questa artrite fosse qualcosa di non troppo grave, e non ci pensai più. Altrimenti, come avrebbe potuto venire proprio a me, che stavo benissimo ed ero all'apice delle mie condizioni fisiche? Mi ricordo proprio di aver pensato: “Ci penserò quando sarò più vecchio.” Mi sbagliavo di un bel po'. Dimmi: al mio posto, tu come ti saresti sentito? Avevi la consapevolezza necessaria per capire qual è stato il momento chiave della tua vita? Fammelo sapere in un commento. Per me è stato proprio il momento di cui ti ho raccontato. Sono curioso di sapere il tuo.

A Parma non mi annoiavo mai, impegnato com'ero a cercare un lavoro. Ne ho cambiati molti prima di trovarne uno a tempo indeterminato come impiegato. Ricordo bene la sensazione di avere finalmente risolto un enorme problema, di essere finalmente a posto. Espandevo scuola in quel lavoro, creando programmi per tanti diversi istituti bancari. Fu lì che scoprii che le lezioni di dattilografia che avevo preso a scuola, alle scuole superiori, erano una delle cose più utili che possano esserci nel mondo moderno, perché bene o male tutti abbiamo a che fare con una tastiera e tanto vale saperla usare ad occhi chiusi. Digitavo in fretta e i programmi prendevano vita sotto i miei occhi. Era un lavoro creativo, in un certo senso. Il mal di schiena era a quel punto soltanto un ricordo, tanto più che lavoravo finalmente seduto senza fare fatica e finalmente al riparo dal freddo e dal caldo e dai pericoli.

Qualche mese dopo, però, in estate mi sarei dovuto ricredere. C'era bisogno di una riunione fatta in fretta e furia e decidemmo di farla attorno alla scrivania di una collega. Non c'erano sedie per tutti e scelsi di sedermi sul davanzale della finestra, appena sopra il condizionatore, che buttava sulle mie gambe e su tutto il corpo quella piacevolissima aria fresca. Fresca eh, niente di più. Nelle estati umide della pianura, il condizionatore è una manna.

Nel giro di 24 ore ero di nuovo bloccato dal mal di schiena, questa volta ancora più forte di come mi era venuto in India, un dolore mai provato neanche laggiù. Shrinivas era un po' troppo lontano a quel punto e decisi di prendere qualche giorno di malattia e aspettare. Ero giovane e forte, certo che sarebbe passato! Bastava solo...aspettare!

E invece no.

Il dolore era insopportabile e più passavano i giorni, più la situazione peggiorava e questo dolore nel bacino diventava più forte. In qualche angolo molto remoto del mio cervello continuavo a ripetermi che i farmaci non si dovevano prendere. Si sa, gli antidolorifici fanno male, lasciamoli ai vecchi. Li avevo già presi qualche anno prima per le ginocchia che mi facevano male. Non volevo sovraccaricarmi. Ero così giovane e inesperto che paradossalmente non avevo niente in casa e in più, in quel periodo, vivevo in realtà sulle colline di Parma. La farmacia più vicina era lontana, tanto più che non sarei neanche riuscito a guidare, neanche con tutta la buona volontà del mondo. Mi era proprio impossibile estendere le braccia e le gambe.

Il dolore era fortissimo, già a letto, ancora più forte da seduto e impossibile da gestire stando eretti. Camminavo chino come un novantenne e se avessi avuto un bastone, sicuramente l'avrei usato. Ripensandoci oggi, quell'evento avrebbe dovuto mettermi in allarme. Non è normale che un uomo di 22 anni si riduca così per un colpo di aria condizionata. Potrà sembrarti strano, ma non collegai quell'evento con la diagnosi di artrite del medico. Nella mia famiglia tutti avevano e avevano sempre avuto mal di schiena, sembrava una cosa normale, quindi.

Riuscii a procurarmi dei farmaci e tutto passò per un po'. quella che allora mi era sembrata una situazione del tutto eccezionale, oggi è la mia realtà. A distanza di 25 anni da quegli eventi chiave, ci sono ancora le crisi di dolore, anzi, più raro che non ci siano le crisi di dolore. Spesso sono improvvise e in luoghi diversi del corpo, non soltanto nel bacino, e si presentano senza avvisare.

Ogni giorno bisogna alzarsi con calma, come ti raccontavo nel primo [edit: secondo] episodio del podcast, e fare delle scelte molto difficili. Se non è il dolore cervicale o l'emicrania ad avermi svegliato, magari alle 2 del mattino, devo per prima cosa capire come mi sento. Certo, mi sento quasi sempre male, purtroppo, ma bisogna andare oltre questa sensazione. Devo ascoltarmi per capire se il malessere deriva dal fatto che il corpo non si è ancora messo in movimento e magari più tardi passerà un po', oppure se è qualcosa che non passerà.

È una valutazione molto difficile, perché dovendo lavorare, la tentazione è quella di prendere un antinfiammatorio sempre, tutti i giorni, o non riuscirò a stare concentrato quando serve. In fondo, come ti dicevo, io lavoro con la testa, coi miei pensieri, con il ragionamento, con analisi di dati, di problemi per cercare la loro soluzione. Come fai se hai un'ascia piantata in testa o in un fianco? Ti è impossibile.

Purtroppo, però, sappiamo bene che degli antinfiammatori non possiamo abusare. Oltre a rovinarci lo stomaco, non si possono assumere per più di qualche giorno per evitare di andare in sovradosaggio, tirandoci addosso anche molti altri problemi. Capisci bene, dunque, che la decisione di prendere qualcosa oppure no, per un paziente che soffre di artrite o fibromialgia, non è una decisione da poco. Il nostro non è un dolore sporadico che se ne andrà. Domani, dovremo fare le stesse scelte e quindi di nuovo sottoporci al rischio di effetti collaterali dell'antinfiammatorio.

Però questa scelta la dobbiamo fare tutti i giorni. La differenza tra prendere un antinfiammatorio oppure no è quella che passa tra il non poter fare fronte ai propri impegni o effetti gravi legati al sovradosaggio.

Tu cosa sceglieresti? Non è una scelta da poco, credimi.

Per evitare tutto questo, infatti, il medico mi ha consigliato di usare il più possibile il paracetamolo, che non “pesa” sullo stomaco. È vero, ma il problema è che ormai non riesce a togliermi il dolore e mentre l'antinfiammatorio di solito mi lascia in buone condizioni per un giorno, il paracetamolo non ha questo effetto. Quindi dovrei prendere una dose veramente molto, molto alta nel tempo.

L'unica cosa certa è che un antinfiammatorio può togliere il dolore per diverse ore e aiutarci a svolgere i nostri doveri, ma allo stesso tempo, quando li assumiamo, diamo un'immagine falsata di noi. Diamo l'immagine di una persona che sì, ha qualche problema, ma in fondo neanche troppi, visto che può comunque lavorare, può comunque farcela. Ma se questa è la percezione che possono avere gli altri, i sani, dei nostri problemi, beh, è sbagliata, è troppo semplicistica. Come ti ho raccontato, per noi è molto più complesso. E poi non è che sotto antinfiammatori uno stia così bene. A volte non fanno abbastanza, neanche quelli.

Se non conoscevi le patologie di cui soffro, forse starai cominciando a capire perché i pazienti come me vivono una vita davvero difficile. E credimi, siamo tantissimi. Se invece soffri delle mie stesse malattie, avrai capito perfettamente cosa intendo. Ci sarebbe ancora tanto da dire sui farmaci che può dovere assumere chi soffre di artrite o fibromialgia, ma ti prometto che ne parleremo più avanti. Ti do appuntamento alla prossima puntata, come sempre di martedì. Stammi bene.

Questo podcast è pensato esclusivamente per raccontare la mia esperienza personale e la mia storia. Non contiene in alcun modo consigli di carattere medico o curativo. Per qualsiasi problema di salute, ti invito a consultare il tuo medico o uno specialista di fiducia.

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from Il navigatore solitario

Io, leggo Quando prendo un libro tra le mani, è come se il mondo intorno a me si dissolvesse. La realtà si trasforma in un sottofondo distante, un sussurro che perde significato. Ogni pagina ha il potere di catturarmi, di trascinarmi in un universo alternativo fatto di parole, emozioni e visioni. Da bambino, il mio primo incontro con i libri fu quasi casuale. Ricordo ancora il vecchio scaffale polveroso nella soffitta di casa dei miei nonni. Era un ammasso disordinato di tomi, molti dei quali dall'odore acre della carta ingiallita dal tempo. Un giorno, spinto dalla noia, ne presi uno. Non ricordo il titolo, ma ricordo l'effetto: fu come se avessi aperto una finestra su un mondo che non conoscevo. Le parole si animavano nella mia mente, creando immagini che sembravano più reali di quanto lo fosse quella soffitta buia e polverosa. Da allora, leggere è diventata una necessità. Ogni libro è una porta, un invito a esplorare, a scoprire qualcosa di nuovo. Ci sono libri che mi fanno ridere, altri che mi fanno piangere. Alcuni mi lasciano senza fiato per la bellezza delle loro descrizioni, mentre altri mi tormentano per giorni, costringendomi a riflettere su ciò che sono e su come vedo il mondo. Leggere è un atto intimo, quasi sacro. Ogni volta che apro un libro, è come se stringessi un patto silenzioso con l'autore: lui mi dona le sue parole, io gli offro il mio tempo, la mia attenzione, e, in un certo senso, anche una parte di me stesso. Ci sono momenti in cui un libro mi cattura così tanto che dimentico tutto il resto. Mi immergo nelle sue pagine come un subacqueo nell'oceano, esplorando profondità sconosciute. Spesso mi chiedo: “Perché proprio questo libro mi tocca così profondamente?” Forse è la storia, forse i personaggi, o forse le emozioni che riesce a evocare. O forse è semplicemente il momento giusto. Credo che ogni libro abbia il suo tempo. Ci sono libri che ho provato a leggere più volte senza riuscirci, ma che, ripresi anni dopo, si sono rivelati perfetti. Come se avessero aspettato pazientemente il giorno in cui sarei stato pronto a comprenderli davvero. Non leggo solo per il piacere di leggere. Leggo per capire, per conoscere, per crescere. Ogni libro è una lezione, una guida, un compagno di viaggio. Mi è capitato di trovare risposte a domande che non sapevo nemmeno di avere, o di scoprire nuove domande da pormi. E non sempre le risposte sono rassicuranti. Ci sono libri che ti sfidano, che ti mettono davanti a verità scomode. Ma sono proprio quelli che, alla fine, ti arricchiscono di più. Ci sono anche momenti in cui leggere è una forma di evasione. Quando la vita si fa troppo pesante, troppo complicata, un buon libro è come un rifugio. Mi perdo tra le sue pagine, dimenticando per un po' le preoccupazioni, i problemi, le ansie. E quando torno alla realtà, spesso la vedo con occhi diversi. Più chiari, più calmi. Ma leggere non è solo un atto solitario. Amo parlare di libri, confrontarmi con altre persone, scoprire come un libro che per me ha significato una cosa per un altro abbia significato qualcosa di completamente diverso. Credo che sia questo il bello della lettura: è un'esperienza universale e al tempo stesso unica. Ogni lettore porta con sé la propria storia, le proprie emozioni, e questo rende ogni lettura diversa dalle altre. Se dovessi scegliere un libro che mi rappresenta, sarebbe impossibile. Ce ne sono troppi, e ognuno di essi mi ha lasciato qualcosa. Un pensiero, un'emozione, un ricordo. Ci sono stati libri che ho letto e riletto fino a consumarli, e altri che ho lasciato a metà, per poi riprenderli anni dopo. Ogni libro è come una relazione: alcuni li ami subito, altri li apprezzi col tempo. E ci sono quelli che, per quanto ci provi, non riesci a capire. Ma va bene così. La bellezza dei libri è anche questa: non c'è un modo giusto o sbagliato di leggerli. E così continuo a leggere, pagina dopo pagina, libro dopo libro. Ogni volta con la stessa meraviglia, la stessa curiosità. Perché leggere non è solo un passatempo. È un viaggio, un'esperienza, una scoperta. E io non smetterò mai di perdermi tra le pagine di un buon libro.

 
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from Il navigatore solitario

Noi, esseri senza memoria Nel silenzio cosmico, un mormorio si levò, antico quanto le stelle stesse. Non era un suono, né una parola: era una vibrazione, un pensiero condiviso, un impulso primordiale che danzava tra galassie e nebulose, un eco senza tempo che narrava la storia di ciò che siamo. Erano i Custodi a parlarne, entità eteree che osservavano il flusso della creazione. Invisibili agli occhi umani, essi erano le mani che tessono la trama dell’universo, legando ogni essere a un destino comune. Fu uno di loro, Antares, a sollevare la questione che da eoni rimbalzava tra le dimensioni: “Cosa sono gli esseri umani? Perché esistono?” Una risposta non immediata, ma un viaggio, uno studio continuo. Antares, curioso e instancabile, si immerse nella memoria cosmica, dove erano incisi i ricordi della Terra e dei suoi abitanti. L’umanità era nata molto prima di quanto i terrestri immaginassero. Non figli del caso, ma della volontà. Essi erano frammenti di stelle, scintille di luce intrappolate in involucri di carne. Ogni vita umana era un atto di reincarnazione, un ritorno ciclico, un passo verso l’evoluzione spirituale. Il corpo era solo un veicolo; l’anima, la vera essenza, migrava di esistenza in esistenza, portando con sé un bagaglio di memorie e lezioni. “Il karma e il dharma li guidano,” rifletté Antares. “Ma essi dimenticano. Si perdono nel caos della materia, smarriscono la connessione con il tutto. Eppure, non si arrendono mai.” Una volta, molto tempo fa, Antares aveva osservato una vita terrena. Si trattava di Mira, una giovane donna nata nel tumulto del ventesimo secolo. Cresciuta tra guerre e disillusioni, Mira cercava risposte. Era convinta che la sua esistenza non fosse frutto del caso. La sua anima, così come quella di molti altri, si dibatteva nel desiderio di capire perché era qui. Ogni notte, Mira sognava. Non erano sogni comuni, ma visioni di mondi lontani, di stelle morenti e galassie in espansione. Una notte, vide una scala d’oro che si snodava verso un’infinità luminosa. Al culmine, c’era un essere di luce che le parlava senza parole: “Tu sei qui per ricordare chi sei.” Mira si svegliò con la consapevolezza che doveva cercare. La vita terrena era una scuola, dove ogni anima veniva per apprendere le leggi dell’amore, del perdono e della compassione. Tuttavia, ciò che rendeva speciale l’umanità era la sua libertà. A differenza di altre forme di vita nell’universo, gli esseri umani avevano il dono del libero arbitrio, una forza potente e pericolosa. Potevano scegliere di costruire o distruggere, di amare o odiare, di elevarsi o cadere. “Ma perché dimenticano?” si chiese Antares, osservando le vite che si susseguivano. Era una domanda a cui nemmeno i Custodi potevano rispondere completamente. Tuttavia, c’era una certezza: il dimenticare era parte del piano. La dimenticanza era la tela su cui ogni essere doveva dipingere il proprio destino. Attraverso il dolore e la gioia, l’anima umana trovava la sua strada verso la luce. Le reincarnazioni di Mira continuarono, intrecciandosi con quelle di molte altre anime. Ognuna portava un frammento di comprensione, un tassello del grande mosaico. Mira rinacque innumerevoli volte: come guerriera, artista, contadina, scienziata. In ogni vita, incontrò persone con cui aveva un legame karmico, debiti o doni da scambiare. In una delle sue vite, fu Asha, una saggia curandera che viveva in una remota vallata. La gente la chiamava “Figlia delle Stelle” per via dei suoi occhi luminosi e delle sue conoscenze misteriose. Asha parlava spesso di reincarnazione e di come ogni anima avesse un compito unico. “Il dharma è la nostra missione divina,” diceva ai suoi allievi. “Non è sempre chiaro, ma è inciso nel nostro essere. Chi lo segue trova pace; chi lo ignora, trova conflitto.” Attraverso Asha, Mira sperimentò l’armonia. Ma anche quella vita terminò, e l’anima riprese il suo viaggio. Ogni incarnazione era un capitolo di una storia più grande, una storia che si snodava non solo sulla Terra, ma nell’intero universo. Antares continuava a osservare. Vide l’umanità affrontare sfide sempre più grandi: guerre, pandemie, crisi climatiche. Ma vide anche atti di amore e di coraggio che sfidavano ogni logica. Gli umani erano un paradosso vivente: fragili e potenti, egoisti e altruisti, persi eppure destinati a trovare la via. C'era, nell’universo, un luogo oltre il tempo e lo spazio conosciuto dai Custodi come il Liminale. Qui giungevano gli spiriti dopo il distacco dal corpo, prima di scegliere una nuova incarnazione. Era un luogo di quiete assoluta, avvolto in una luce soffusa che cambiava tonalità come il respiro di un gigante addormentato. Gli spiriti arrivavano ancora confusi, portando con sé i frammenti delle vite appena vissute. Qui si svolgeva una sorta di purificazione: le memorie del dolore e della gioia venivano distillate, trasformate in pura esperienza. Nel Liminale, c’erano guide antiche che aiutavano gli spiriti a prepararsi per il prossimo viaggio. Queste guide non erano Custodi, ma entità che un tempo erano state umane e che, completato il loro ciclo di reincarnazioni, avevano scelto di restare per servire. Essi parlavano con voce gentile, spiegando agli spiriti il significato delle loro azioni, mostrando loro il filo invisibile che legava ogni evento e ogni scelta. Antares visitò il Liminale durante una delle sue esplorazioni. Rimase colpito dalla bellezza austera del luogo e dalla serena determinazione delle guide. Vide uno spirito, ancora avvolto in una nebbia luminosa, mentre veniva condotto davanti a un grande specchio. Lo specchio non rifletteva l’aspetto esteriore, ma l’essenza. Lo spirito osservò con timore e meraviglia le sue vite passate, le scelte fatte e le conseguenze che avevano generato. “E ora?” chiese lo spirito alla guida. “Ora scegli,” rispose la guida. “Il libero arbitrio è il tuo dono più grande. La tua prossima vita è un nuovo capitolo, ma ciò che impari qui sarà la tua bussola.” Nel Liminale, gli spiriti potevano anche incontrare altre anime con cui avevano condiviso legami profondi. Questi incontri erano momenti di intensa riconciliazione, dove il perdono e la gratitudine fluivano liberamente, sciogliendo i nodi del karma. Era qui che Mira, tra una vita e l’altra, incontrava le anime che l’avevano accompagnata nel suo viaggio. Ogni incontro era un pezzo del puzzle che la conduceva più vicino alla comprensione di sé stessa e del suo dharma. Un giorno, un giovane spirito chiese ad Antares: “Perché dobbiamo tornare? Non possiamo restare qui, nella pace del Liminale?” Antares sorrise con compassione. “Il Liminale è un luogo di passaggio, non una dimora. La pace che provi qui è solo un assaggio di ciò che puoi raggiungere vivendo. Solo attraverso l’esperienza della materia, del dolore e della gioia, puoi veramente comprendere chi sei e cosa significa amare.” Alla fine, il giovane spirito comprese e scelse la sua prossima vita. Antares tornò tra i Custodi, portando con sé una nuova consapevolezza: il ciclo della vita e della morte non era un fardello, ma un dono. Era un cammino verso l’unità, un viaggio attraverso il quale ogni essere umano, ogni spirito, poteva ricordare la sua origine divina. Il mormorio cosmico continuò, ma ora aveva una nota diversa, più profonda e vibrante. Era la nota dell’umanità, un coro di voci uniche che cantavano insieme. Ed era un canto di speranza, un inno alla vita, una promessa che, un giorno, avrebbero ricordato chi erano davvero: figli delle stelle, pellegrini dell’eterno, frammenti di infinito.

 
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from Pabba60 (per ora)

Sembra essere questa l'equazione che ci accompagnerà in un futuro molto prossimo. Tecnomiliardari, dunque, alla faccia della democrazia e del popolo. In una intervista a Bloomberg, Bannon (noto pregiudicato fascista, nonchè guru del pregiudicato Trump...) ha dichiarato che :

“Il denaro e l'informazione sono le due armi nucleari tattiche della politica moderna, e Musk può schierarle entrambe su una scala senza precedenti. Musk ha appena speso un quarto di miliardo di dollari per eleggere Trump. Se mettesse in tutta Europa la stessa quantità di denaro che ha messo dietro Trump, trasformerebbe ogni nazione in un'agenda populista. Non c'è un governo di centrosinistra in Europa che sarà in grado di resistere a quell'assalto”

Mentre la showgirl di palazzo Chigi ci rassicurava sul fatto che “Musk non è pericoloso”, lui conveniva con una di Afd che “Hitler era un comunista e la sola salvezza per la Germania è AFD” (neonazisti n.d.r.). Ah beh.

Consideriamo inoltre che, anche qui in Italia i poveri “non si considerano proletariato sfruttato, ma milionari in temporanea difficoltà”. Steinbeck lo scriveva a proposito degli americani, ma ormai vale anche da noi: come spiegare altrimenti il fatto che poveri, disoccupati, lavoratori dipendenti e pensionati votino a destra?

L'equazione è dimostrata anche da Zucky, che è corso subito a prostrarsi a Mump (devo spiegare l'acronimo?) promettendogli che toglierà il fact-checking da Faccialibro, quindi Fake News in libertà (non che funzionasse bene prima, ma...).

Del resto, come controlli il popolino, se non attraverso i social pieni di monnezza? Toccherà levarsi anche da Faccialibro, come ho già fatto da TwitterDecima. Per fortuna c'è il Fediverso.

 
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