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Dieci righe 7

L' ipocrisia è cresciuta insieme ai #SocialNetwork. Poche cose sono così semplici, oggi, come fare finta che un accadimento, una storia o finanche una persona siano, per noi, importanti. Da questo pulpito qui non si predica. Si applica una semplice norma: non scrivere di cose che non ti interessavano prima che ogni cosa potesse arrivare ovunque nel mondo in due secondi. La nostra empatia non sboccia perchè sappiamo fare un #post o abbiamo sottomano il dizionario dei sinonimi. O c'era prima o probabilmente è bella che posticcia. Poi, ne sono consapevole, nessuno ha la verità in mano. Tantomeno nelle dita che digitano su una tastiera. La nostra umanità non è migliore perchè hanno inventato #Facebook. (D.)

#Blog #Opinioni #Opinions #Personal #Me

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Tutte le opinioni qui riportate sono da considerarsi personali. Per eventuali problemi riscontrati con i testi, si prega di scrivere a: corubomatt@gmail.com

Ricorda un certo tipo di fantascienza la storia della #bidellapendolare, che così tanto ci ha impegnato in questi giorni. Quel tipo di letteratura o film in cui, tramite una storia fantastica e proiettata in un futuro -di qualsiasi genere-, si parla in realtà del presente, degli accadimenti già passati o di qualche storia accaduta realmente. Si maschera la realtà con la fantasia del dopo, del divenire.

Gli somiglia perchè, senza andare lontano, quello che contiene è la foto di una parte dell'Italia attuale, una grande parte. Quella fetta di paese che vivacchia con lavori sempre meno solidi, dei pendolari eterni, delle paghe insultanti, della mobilità traballante. Non sta di certo a me dire se quello che ha occupato il web in queste ore sia vero o no. C'è chi ve/ce lo dirà con cognizione di causa (o di #debunking.)

Gli elementi che la compongono, però, dovrebbero indurre a quella riflessione che siamo così intenti a demandare da permettere che tutto quello di cui sopra sia argomento d'interesse sempre per troppa poca gente. Potete partire dagli affitti, ma senza circoscrivere il problema a Milano, dato che è comune a tutta Italia, ma proprio tutta.

Se volete, invece, si potrebbe discutere degli stipendi. Quelli che sono definiti così impropriamente, dato che il termine esatto sarebbe “elemosina.” O, ancora, dai prezzi dei trasporti: dato che è chiaro che l'erosione dei salari la pagano solo quelli che li hanno bassi e che per muoversi nessuno gli fa sconti, il conto è presto fatto.

Direi, quindi, che questa vicenda l'ho “letta” come un lungo sottotesto (quello che sta tra le righe, per dirla come un tempo) e ciò che vi ho trovato non è consolante, per niente e nessuno. Tutto il resto sono orpelli da #SocialNetwoek, per la maggior parte inutili e ridondanti. Come metà delle cose che scriviamo.

#Opinioni #Opinions #Italia #Lavoro #SocialNetwork

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C'è stato un tempo in cui avrei voluto essere famoso in #Internet. Poi ci sono stati due problemi irrisolvibili (allo stato attuale): il mio carattere e la mia stupidità. Il primo è abbastanza evidente, se riuscite a seguire il poco che metto sui #SocialNetwork (in particolare #Mastodon.)

Il secondo (o la seconda) non è abbastanza vasta per competere con quella di coloro che sono davvero famosi in rete. Come vedete, davvero non c'è nulla da poter fare. Per fortuna. (D.)

#Personal #Personale #Opinioni #Opinions

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Ci vorrebbe un bugiardino, proprio come quello delle medicine. Ci vorrebbe per i #socialnetwork. Non eviterebbe gli effetti collaterali, che di norma sono molti più dei benefici, ma almeno qualcosa si potrebbe evitare. O no? Quando discutiamo di un mezzo usato da miliardi di persone nello stesso giorno non ci sono formule o avvertimenti che tengano. E' un paradosso. E' impossibile.

La parola che più posso, con i miei limiti, avvicinare a quel foglietto è “netiquette.” Ammetto che era da qualche tempo che non ne leggevo così diffusamente: è certo che sia data per scontata, ormai, come molte cose da molte persone. E' implicita, ma dandola per ovvia, tante persone fanno finta che non esista più. Premettendo che io per primo sono colpevole (e da qui in avanti questa affermazione non va dimenticata), c'è da domandarsi come mai adesso, su #Mastodon, si accetti con entusiasmo. Anzi, che sia premessa per ogni interazione di questa piattaforma, che venga ricordata tanto frequentemente, che sia “esposta.”

Mettiamo che il presupposto sia la saturazione che deriva dalla tossicità (definiamola così per brevità) di cui sono intasati i social. Malattia che è prodotta unicamente dai fruitori. Chi fornisce le piattaforme ne trae guadagno, nel caso non sia “Mastodon”: quindi ha un ritorno dalle interazioni, da tutte le interazioni, senza discernere di che tipo siano. Lasciamo perdere le moderazioni ed i manifesti anti qualcosa. La realtà fattuale è quella di un far west più o meno senza regole. Tutto è fagocitato dai numeri che si traducono in soldi: quindi, adattarsi o crepare.

Però sembra che di regole chiare, non fraintendibili, ci fosse bisogno come l'acqua in un deserto. Il che può presupporre un'analisi di coscienza approfondita. O solo del buonismo. La seconda ipotesi mi sento di volerla scartare a priori: tanto vale restare su “Twitter” o “Facebook” e raccontare un monte di fregnacce. Mica esiste un controllo dei pensieri. La prima è molto migliore. Implica il raggiungimento di un livello di saturazione elevato, un rifuggire dall'ipocrisia che tutti abbiamo usato (e usiamo) con troppa disinvoltura. Non appaia un pensiero paternalistico: se si ha un Blog si scrive, prima che ad ogni altro, a se stessi.

Non è una cosa semplice ribaltare anni ed anni di incazzature, strali, offese e risposte violente: quando ci vuole ci vuole, non si dice così? Non è affatto facile rivedere il proprio modus operandi mettendo tanti e tanti paletti. Non è solo immediato, è anche faticoso. Quello che non si vuole da un social: l'arduo compito di mettersi d'impegno. Se dovessi andare dietro all'ego, al carattere, alle mie (e di tantissimi) brutte abitudini, alla mia ipocrisia su “Mastodon” non ci sarei dovuto arrivare. Invece, contravvenendo a tutto questo, mi sento fiducioso. Assai. Potrei dire che sudo, che mi mordo la lingua, che lascio metà delle risposte nella mia mente, ed è tutto vero. Ma è altrettanto vero che il tempo che ho va speso bene, meglio, anzi parecchio (per citare uno dei Maestri.) E siccome non mi pagano, meglio averne un ritorno in termini di pacificazione. Il che non significa essere buonisti o passare per fessi, ma rimettersi in gioco. Palla al centro e pedalare.

(Sempre e solo con l'avallo di Alessandra.)

#netiquette #Mastodon #socialnetworks #Blog #opinioni #opinions

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Non devo fare un mero elenco delle cose buone o meno di “Mastodon.” Di certo sarebbe più facile e certamente più leggibile. Eppure, preparando questo post nella mia testa (e poi perdendomi dietro al lavoro), ho seguito varie considerazioni, varie idee ed è meglio cercare di rendere questo casino. So che apparirà più tortuoso e meno abbordabile, ma quale testa non è così?

Il blog lo ho aperto nel 2005: adesso è lì, perso. Sono cambiate tante cose, la maggior parte a livello personale ed ora, con mia somma gioia, condivido lo spazio del web con la mia adorata moglie Alessandra. Ma non è di certo questo che può importare. Voglio dire che ritengo di avere una certa anzianità in rete, seppure. e va detto immediatamente, che non sono un informatico. Data la mia età non ho mai avuto una formazione in questo senso: ai “miei tempi” l'unico computer era in segreteria. A dire che il pochissimo che so è perchè mi sono smazzato per i fatti miei. Da quell'anno la comunicazione in questa maniera è cambiata totalmente, ad iniziare dalla tempistica, caduta da quella più lenta dei Blog a quella rapidissima dei “social network.” Passate tutte le piattaforme (facendola breve) e relative incazzature, scazzi, errori (molti da parte mia) e improbabili pretese di notorietà, sembrava sempre mancare qualcosa. Però questo è ascrivibile al mio carattere, all'uso del mezzo, alla velocità di comprensione dei meccanismi e alla relativa semplicità nell'accettazione delle imposizioni dei big data, non di certo all'idea del social in sé. Vecchia, la faccenda: come si usa una cosa fa la differenza. E tralasciando gli affari troppo personali, “Mastodon” è l'ultimo approdo, ma non in senso negativo, tutt'altro.

A me appare chiaro come l'idea che sottende a “Mastodon” sia poderosa, nella sua essenza e semplicità: evitare di essere, innanzi tutto, sottomessi volutamente a chi ha fatto dei pensieri altrui mera merce di scambio per prodotti, servizi e cose che arricchiscono altri. E basterebbe questo per decidere di starci, ma quello che più mi ha attirato è il desiderio di rimettere a posto l'illogica logica del protagonismo, che è difetto umano, ma ormai arrivato al paradosso. Lo dice uno che combatte da sempre con la propria insicurezza, in ogni ambito e sa molto bene che significhi essere succubo del giudizio altrui. Non sono certo tutte rose e tutte fiori, ma la maniera tranquilla, quasi rilassata con cui ci si muove (o ci si inizia a muovere) su “Mastodon” è impagabile. La netiquette, questo animale mitologico, sembra davvero funzionare e le regole sono chiare, cristalline. In mano a molta gente sarà probabile qualche problema o molti, ma anche adesso che tanti, soprattutto da “Twitter”, planano, va messo in conto. E poi ti aiutano, in questa transizione che, come ho già avuto modo di dire, può sembrare complicata particolarmente per coloro che non hanno “mestiere”, ma che sono rispettati. Magari, a volte, sembra un po' di essere sgridati come alle elementari, ma si può sorvolare.

Il fatto, poi, che si sia direttamente coinvolti con la gestione dei server (anche solo, magari, eliminando il carico dei toot dal proprio profilo) e con il loro mantenimento anche economico, rende l'esatta idea di partecipazione attiva. Un modo che deve indurre ad una responsabilità dovuta prima che ad ogni altro a se stessi, facendo in modo che le cose vadano bene, che si possa davvero creare uno spazio molto grande, ma molto sereno. Se sia un'utopia sarà da capire, ma, come ogni cosa, viene determinata dalla volontà di farlo: è più facile cadere nella panacea delle migliaia di follower, del lecchinismo, del like come se piovesse che fare questo.

Anche comprendere che i numeri sono tali e puntare ai contenuti (anche il cazzeggio va fatto bene, ca va sans dire) senza scornarsi per quanti li leggano, non è cosa da tutti i giorni.

Certo, dal mio punto di vista ci sono delle piccole cose che non vanno, ma minime. Per esempio il termine “seguaci”, che si potrebbe sostituire con “...persone ti seguono” e “...segui X persone”. Poi, e a me appare ovvio, evitare di criticare chi usa la funzione del blocco: se c'è ne posso approfittare senza che, per questo, sfilino orde di gente molto buona. Oppure il tono a volte paternalistico di alcuni nello spiegare certe sottigliezze della piattaforma, ma che volete che sia? Davvero, che è? Non voglio apparire come troppo indulgente, ma quello che spero è che ci sia il mio impegno e quello di tanti altri per creare una piattaforma che diventi un punto di riferimento (se non lo è già) per vivere più tranquillamente i social. Creare una comunità è molto meglio che produrre ansia e far virare un'intera società verso l'edonismo tout-court. Fa male a tutti. Nella vita, ma è sempre un'opinione personale, si dovrebbe procedere per sottrazione, non per accumulo. Senza scordare che, comunque, tutto, ma davvero tutto è destinato a passare. E noi anche.

(Daniele, con l'avallo di Alessandra.)

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