📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

I monti di Edom e i monti d'Israele

Crollano i monti di Seir 1Mi fu rivolta questa parola del Signore: 2«Figlio dell’uomo, volgiti verso il monte Seir e profetizza contro di esso. 3Annuncerai: Così dice il Signore Dio: Eccomi a te, monte Seir, anche su di te stenderò il mio braccio e farò di te una solitudine, un luogo desolato. 4Ridurrò le tue città in rovina, e tu diventerai un deserto; così saprai che io sono il Signore. 5Tu hai nutrito un odio secolare contro gli Israeliti e li hai consegnati alla spada al tempo della loro sventura, al colmo della loro iniquità; 6per questo, com’è vero che io vivo – oracolo del Signore Dio –, ti abbandonerò alla violenza del sangue e il sangue ti perseguiterà; tu non hai odiato la violenza del sangue e il sangue ti perseguiterà. 7Farò del monte Seir una solitudine e un deserto, e vi eliminerò chiunque lo percorre. 8Riempirò di cadaveri i tuoi monti; sulle tue alture, per le tue pendici, in tutte le tue valli cadranno i trafitti di spada. 9In solitudine perenne ti ridurrò e le tue città non saranno più abitate: saprete che io sono il Signore. 10Poiché hai detto: “Questi due popoli, questi due territori saranno miei, noi li possederemo”, anche se là è il Signore, 11per questo, com’è vero che io vivo – oracolo del Signore Dio –, io agirò secondo quell’ira e quel furore che tu hai dimostrato nell’odio contro di loro e mi farò conoscere in mezzo a loro quando farò giustizia di te: 12saprai allora che io sono il Signore. Ho udito tutti gli insulti che tu hai proferito contro i monti d’Israele, dicendo: “Sono deserti; sono dati a noi perché li divoriamo”. 13Contro di me avete fatto discorsi insolenti, contro di me avete moltiplicato le parole: ho udito tutto. 14Così dice il Signore Dio: Poiché tutto il paese ha gioito, farò di te una solitudine: 15poiché tu hai gioito per l’eredità della casa d’Israele quando era devastata, così io tratterò te: sarai ridotto a una solitudine, o monte Seir, e anche tu Edom, tutto intero. Sapranno che io sono il Signore.

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Approfondimenti

I monti di Edom e i monti d'Israele 35,1-36,38 In questi due capitoli abbiamo un dittico parallelo a quello del c. 34. Come nell'ambito sociale saranno messi da parte i cattivi pastori e sostituiti da una guida sicura, così per l'ambito territoriale saranno tolti di mezzo quei nemici che si erano impossessati del paese sacro, per far posto ai rimpatriati figli di Giacobbe. L'evento è presentato in un doppio oracolo, che Ezechiele deve pronunziare con lo sguardo rivolto verso i monti di Seir, cioè la regione montana abitata dal popolo edomita a sudest della Giudea (c. 35); poi verso i monti d'Israele o di Giuda (36, 1-15). Il negativo, l'abbassamento degli idolatri avversari del popolo eletto, mette in grande risalto il positivo, cioè il risollevarsi dei monti di Efraim (6,2-7) e il trionfo dell'onore di JHwH.

Crollano i monti di Seir 35,1-15 Gli Edomiti erano imparentati con i figli di Giacobbe per via di Esaù, ma i loro rapporti erano segnati da un'atavica rivalità (2Re 24,2; Ml 1,2-4). Già nel c. 25 erano stati giudicati per la loro compiacenza nel vedere la rovina della città santa. Ora vengono condannati per aver infierito, con i Caldei, sui deportati di Giuda e aver progettato di impossessarsi del loro territorio (v. 10). La sentenza divina si apre con un «Eccomi a te, monte Seir» (v. 3): la formula di sfida contro un avversario insolente, a cui dovrà darsi una risposta esemplare; che consisterà nell'agire «con braccio possente», cioè con tale potenza e furore (20,34) da produrre un'impressionante radicale rovina (al v. 3 ci sono due sinonimi, che formano una specie di superlativo): servirà a farne riconoscere l'origine trascendente (v. 4).

Nei vv. 5-15, una nuova formulazione ha la struttura di un giudizio dimostrativo. Accusa: Edom ha mostrato di avere un odio implacabile colpendo gli Israeliti quando, al colmo della loro iniquità, caddero in disgrazia (v. 5). Sentenza: le sorti un giorno si invertiranno; saranno colpiti a loro volta dai loro consanguinei (v. 6); le loro alture saranno coperte di cadaveri e dovranno riconoscere l'onnipotenza di JHWH (v. 9). Una terza formulazione poggia sulle insane ambizioni degli Edomiti (vv. 13.15). La condanna sarà una corrispondente terribile devastazione (v. 15).

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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I pastori d'Israele

Guai contro i cattivi pastori 1Mi fu rivolta questa parola del Signore: 2«Figlio dell’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele, profetizza e riferisci ai pastori: Così dice il Signore Dio: Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? 3Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge. 4Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza. 5Per colpa del pastore si sono disperse e sono preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate. 6Vanno errando le mie pecore su tutti i monti e su ogni colle elevato, le mie pecore si disperdono su tutto il territorio del paese e nessuno va in cerca di loro e se ne cura. 7Perciò, pastori, ascoltate la parola del Signore: 8Com’è vero che io vivo – oracolo del Signore Dio –, poiché il mio gregge è diventato una preda e le mie pecore il pasto d’ogni bestia selvatica per colpa del pastore e poiché i miei pastori non sono andati in cerca del mio gregge – hanno pasciuto se stessi senza aver cura del mio gregge –, 9udite quindi, pastori, la parola del Signore: 10Così dice il Signore Dio: Eccomi contro i pastori: a loro chiederò conto del mio gregge e non li lascerò più pascolare il mio gregge, così non pasceranno più se stessi, ma strapperò loro di bocca le mie pecore e non saranno più il loro pasto.

Sollecitudine per il popolo fedele 11Perché così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. 12Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine. 13Le farò uscire dai popoli e le radunerò da tutte le regioni. Le ricondurrò nella loro terra e le farò pascolare sui monti d’Israele, nelle valli e in tutti i luoghi abitati della regione. 14Le condurrò in ottime pasture e il loro pascolo sarà sui monti alti d’Israele; là si adageranno su fertili pascoli e pasceranno in abbondanza sui monti d’Israele. 15Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. 16Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia. 17A te, mio gregge, così dice il Signore Dio: Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri. 18Non vi basta pascolare in buone pasture, volete calpestare con i piedi il resto della vostra pastura; non vi basta bere acqua chiara, volete intorbidire con i piedi quella che resta. 19Le mie pecore devono brucare ciò che i vostri piedi hanno calpestato e bere ciò che i vostri piedi hanno intorbidito. 20Perciò così dice il Signore Dio a loro riguardo: Ecco, io giudicherò fra pecora grassa e pecora magra. 21Poiché voi avete urtato con il fianco e con le spalle e cozzato con le corna contro le più deboli fino a cacciarle e disperderle, 22io salverò le mie pecore e non saranno più oggetto di preda: farò giustizia fra pecora e pecora.

Nuovo pastore e nuova alleanza 23Susciterò per loro un pastore che le pascerà, il mio servo Davide. Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore. 24Io, il Signore, sarò il loro Dio, e il mio servo Davide sarà principe in mezzo a loro: io, il Signore, ho parlato. 25Stringerò con loro un’alleanza di pace e farò sparire dal paese le bestie nocive. Abiteranno tranquilli anche nel deserto e riposeranno nelle selve. 26Farò di loro e delle regioni attorno al mio colle una benedizione: manderò la pioggia a tempo opportuno e sarà pioggia di benedizione. 27Gli alberi del campo daranno i loro frutti e la terra i suoi prodotti; abiteranno in piena sicurezza nella loro terra. Sapranno che io sono il Signore, quando avrò spezzato le spranghe del loro giogo e li avrò liberati dalle mani di coloro che li tiranneggiano. 28Non saranno più preda delle nazioni, né li divoreranno le bestie selvatiche, ma saranno al sicuro e nessuno li spaventerà. 29Farò germogliare per loro una florida vegetazione; non saranno più consumati dalla fame nel paese e non soffriranno più il disprezzo delle nazioni. 30Sapranno che io sono il Signore, loro Dio, ed essi, la casa d’Israele, sono il mio popolo. Oracolo del Signore Dio. 31Voi, mie pecore, siete il gregge del mio pascolo e io sono il vostro Dio». Oracolo del Signore Dio.

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Approfondimenti

I pastori d'Israele 34,1-31 Questo primo discorso del ministero consolatorio di Ezechiele non porta alcuna data, ma è molto illuminante e significativo: ci apre un grande spiraglio sulla condizione in cui il popolo eletto si è trovato sotto la guida dei suoi governanti per lunghi secoli e sulla prospettiva della restaurazione escatologica. E stato un passato di disorientamento e di oppressione a causa dell'egoismo dei capi e della prepotenza di una parte dei sudditi. Sarà adesso un'era di riorganizzazione e di tranquillità a opera dello stesso sovrano d'Israele e di un suo degno rappresentante: delineata con l'allegoria, cara ai semiti, del pastore ideale. Consta di tre parti:

  1. vv. 1-10: un oracolo di «guai» contro i cattivi pastori e la loro condanna;
  2. vv. 11-22: sollecitudine di JHWH per le sue pecore, ormai sbandate e maltrattate dagli stessi montoni;
  3. vv. 23-31: costituzione di un nuovo pastore e di una nuova alleanza di pace, preludio dell'era messianica.

Guai contro i cattivi pastori 34,1-10 Questo primo brano è un'accusa e una condanna contro i passati governanti: sono i capi elencati in 22,23-31, principi, sacerdoti, anziani, profeti di professione. La loro colpa fondamentale è stata l'egoismo e la ricerca del proprio interesse, trascurando il compito di assistere e guidare le persone loro affidate. I pastori hanno certo il diritto di sostentarsi con i prodotti del gregge «latte», «lana», v. 3), ma hanno il dovere di custodire sia le singole pecore, sia l'intero gregge; dovranno difenderle dalle fiere dei campi, guidarle in buoni pascoli, andare in cerca di quelle sbandate, curare le più deboli. I responsabili del popolo di Dio, invece, hanno pensato unicamente a trarre profitto dal loro prestigio e dal loro posto di comando, e hanno lasciato che i figli d'Israele cadessero in balia di gente malvagia e i più poveri si riducessero in estrema miseria (vv. 4-6). Allo sguardo degli uditori si delineano chiaramente le tristi scene del loro recente passato: incuria della moralità e dell'ordine sociale da parte dei dirigenti, invasione dei culti idolatrici dei popoli circonvicini, deportazioni in massa, sbandamento e disagio dei pochi rimasti in patria. La sentenza divina è categorica: il Signore supremo chiederà conto dei danni causati dalla cattiva gestione dei suoi rappresentanti, e farà sì che costoro non abbiano più potere sul suo popolo (v. 10; cfr. 13,23).

Sollecitudine per il popolo fedele 34,11-22 Nel secondo brano abbiamo un oracolo di incoraggiamento. Interverrà ora JHWH a riorganizzare la comunità a lui fedele e a prendersi cura di ciascuno personalmente (v. 11). Le espressioni dell'attività della guida divina si fanno delicate e rassicuranti. Ritorna l'immagine bucolica. Egli sarà come il pastore che ama le sue pecore e di continuo le passa in rassegna, per accertarsi che nessuna manchi; le recupererà dovunque siano disperse e le ricondurrà nei verdi pascoli del loro paese, le tratterà tutte con sollecitudine secondo la loro necessità, e se qualcuna di loro oserà agire con prepotenza verso le altre, saprà come farle rigare. In altre parole, il sovrano d'Israele, dopo gli anni del caos e dell'oscurità, prospetta ai dispersi un'era di ordine e di serenità, il diretto suo interessamento, il richiamo degli esuli nella loro terra, la restaurazione sociale e religiosa presso i monti di Sion. Ma non si limiterà qui la sua azione.

Nuovo pastore e nuova alleanza 34,23-31 Una volta ricondotti nella terra dei padri, JHWH governerà gli Israeliti attraverso un suo speciale rappresentante, “un pastore unico”: sarà l'autentica loro guida, un Davide redivivo, fedelissimo servitore di JHWH (2Re 8,19). Si profila qualcosa di nuovo: in contrapposizione ai numerosi fallimentari governanti del passato, con al vertice il re, si annunzia un particolare “unto” del Signore, che sarà semplicemente un nāśî' (principe), dalle caratteristiche davidiche: discendente del primo sovrano d'Israele, gradito a Dio come lui (v. 24). A individuare la personalità del pastore che dirigerà il ricostituito popolo viene segnalata l'alleanza di pace che sarà stipulata da parte del supremo Signore: per via del governo di giustizia e di concordia, esercitato da quel degno servitore, e in forza del principio di solidarietà tra il capo e i componenti della sua comunità, sarà assicurata la benedizione dell'alto a tutta la regione attorno al colle di Sion, la difesa degli assalti nemici, una tranquillità perenne, sigillata dal mutuo rapporto d'amore secondo la formula del patto sinaitico (v. 31). In quest'era di pace i figli di Giacobbe esperimenteranno la grandezza e bontà del Dio che da secoli li ha prediletti come suo popolo (cfr. 20,5); e le genti d'attorno riconosceranno la gloriosa presenza di JHWH in Israele (v. 30). Al culmine di questo duplice magnifico quadro del governo teocratico israelitico, preesilico e postesilico, è preconizzato con straordinario intuito l'evento escatologico del regno messianico. Probabilmente lo sguardo del profeta si posava immediatamente sulla realizzazione prossima (v. 27) della restaurazione civile-religiosa del tempo di Zorobabele (Ne 7,7s.; Esd 2,8ss.) e poi dei Maccabei (1Mac 2,6). Ma in filigrana percepiva un attualizzazione più piena, dai lineamenti più sublimi, che travalicavano i confini del tempo e dello spazio; un Davide, perfetto servo di JHWH, simile all'eletto operatore di giustizia e di salvezza di Is 42,1-4; 52,13-53,12, una sicurezza inalterabile, una liberazione da tutte le oppressioni fisiche e morali: una percezione qual è stata individuata da Pietro quando scriveva: «Su questa salvezza indagarono e scrutarono i profeti che profetizzarono sulla grazia a voi destinata» (1Pt 1,10): un probabile contatto con l'escatologismo relativo e quello assoluto.

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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ORACOLI DI RESTAURAZIONE E CONFORTO

Il profeta come sentinella 1Mi fu rivolta questa parola del Signore: 2«Figlio dell’uomo, parla ai figli del tuo popolo e di’ loro: Se mando la spada contro un paese e il popolo di quel paese prende uno di loro e lo pone quale sentinella e 3questi, vedendo sopraggiungere la spada sul paese, suona il corno e dà l’allarme al popolo, 4se colui che sente chiaramente il suono del corno non ci bada e la spada giunge e lo sorprende, egli dovrà a se stesso la propria rovina. 5Aveva udito il suono del corno, ma non vi ha prestato attenzione: sarà responsabile della sua rovina; se vi avesse prestato attenzione, si sarebbe salvato. 6Se invece la sentinella vede giungere la spada e non suona il corno e il popolo non è avvertito e la spada giunge e porta via qualcuno, questi sarà portato via per la sua iniquità, ma della sua morte domanderò conto alla sentinella. 7O figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia. 8Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. 9Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato.

Responsabilità esistenziale 10Tu, figlio dell’uomo, annuncia alla casa d’Israele: Voi dite: “I nostri delitti e i nostri peccati sono sopra di noi e in essi noi ci consumiamo! In che modo potremo vivere?”. 11Di’ loro: Com’è vero che io vivo – oracolo del Signore Dio –, io non godo della morte del malvagio, ma che il malvagio si converta dalla sua malvagità e viva. Convertitevi dalla vostra condotta perversa! Perché volete perire, o casa d’Israele? 12Figlio dell’uomo, di’ ai figli del tuo popolo: La giustizia del giusto non lo salva se pecca, e il malvagio non cade per la sua malvagità se si converte dalla sua malvagità, come il giusto non potrà vivere per la sua giustizia se pecca. 13Se io dico al giusto: “Vivrai”, ed egli, confidando sulla sua giustizia commette il male, nessuna delle sue azioni buone sarà più ricordata e morirà nel male che egli ha commesso. 14Se dico al malvagio: “Morirai”, ed egli si converte dal suo peccato e compie ciò che è retto e giusto, 15rende il pegno, restituisce ciò che ha rubato, osserva le leggi della vita, senza commettere il male, egli vivrà e non morirà; 16nessuno dei peccati commessi sarà più ricordato: egli ha praticato ciò che è retto e giusto e certamente vivrà. 17Eppure, i figli del tuo popolo vanno dicendo: “Non è retta la via del Signore”. È la loro via invece che non è retta! 18Se il giusto si allontana dalla giustizia e fa il male, per questo certo morirà. 19Se il malvagio si converte dalla sua malvagità e compie ciò che è retto e giusto, per questo vivrà. 20Voi andate dicendo: “Non è retta la via del Signore”. Giudicherò ciascuno di voi secondo la sua condotta, o casa d’Israele».

La conferma del profugo 21Nell’anno dodicesimo della nostra deportazione, nel decimo mese, il cinque del mese, arrivò da me un fuggiasco da Gerusalemme per dirmi: «La città è presa». 22La sera prima dell’arrivo del fuggiasco, la mano del Signore fu su di me e al mattino, quando il fuggiasco giunse, il Signore mi aprì la bocca. La mia bocca dunque si aprì e io non fui più muto.

La pretesa dei superstiti in Giudea 23Mi fu rivolta questa parola del Signore: 24«Figlio dell’uomo, gli abitanti di quelle rovine, nella terra d’Israele, vanno dicendo: “Abramo era uno solo ed ebbe in possesso la terra e noi siamo molti: a noi dunque è stata data in possesso la terra!”. 25Perciò dirai loro: Così dice il Signore Dio: Voi mangiate la carne con il sangue, sollevate gli occhi ai vostri idoli, versate il sangue, e vorreste avere in possesso la terra? 26Voi vi appoggiate sulle vostre spade, compite cose nefande, ognuno di voi disonora la donna del suo prossimo e vorreste avere in possesso la terra? 27Annuncerai loro: Così dice il Signore Dio: Com’è vero ch’io vivo, quelli che stanno fra le rovine periranno di spada; darò in pasto alle belve quelli che sono per la campagna, e quelli che sono nelle fortezze e dentro le caverne moriranno di peste. 28Ridurrò la terra a una solitudine e a un deserto e cesserà l’orgoglio della sua forza. I monti d’Israele saranno devastati, non vi passerà più nessuno. 29Sapranno che io sono il Signore quando farò della loro terra una solitudine e un deserto, a causa di tutti gli abomini che hanno commesso.

Sincero ascolto della parola 30Figlio dell’uomo, i figli del tuo popolo parlano di te lungo le mura e sulle porte delle case e si dicono l’un l’altro: “Andiamo a sentire qual è la parola che viene dal Signore”. 31In folla vengono da te, si mettono a sedere davanti a te e ascoltano le tue parole, ma poi non le mettono in pratica, perché si compiacciono di parole, mentre il loro cuore va dietro al guadagno. 32Ecco, tu sei per loro come una canzone d’amore: bella è la voce e piacevole l’accompagnamento musicale. Essi ascoltano le tue parole, ma non le mettono in pratica. 33Ma quando ciò avverrà, ed ecco avviene, sapranno che c’è un profeta in mezzo a loro».

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Approfondimenti

ORACOLI DI RESTAURAZIONE E CONFORTO 33,1-39,29 Con questo capitolo riprende il discorso profetico rivolto a Israele in esilio (cc. 2-24), dopo la caduta di Gerusalemme e dietro la conferma della triste notizia recata da un profugo della Giudea. È composto da cinque piccole sezioni, che fanno da collegamento tra il primo ministero di annunzio di «guai» e il nuovo compito di conforto e di incoraggiamento (cc. 34-39):

  1. vv. 1-9: ufficio di sentinella;
  2. vv. 10-20: responsabilità personale, esistenziale;
  3. vv. 21-22: la conferma del profugo;
  4. vv. 23-29: la pretesa dei rimasti in Giudea;
  5. vv. 30-33: ascolto sincero della parola.

Nel momento in cui andavano in frantumi i sogni dei deportati di Sion (24,21) e l'autorità del profeta del Chebar riceveva una valida conferma dagli avvenimenti, JHWH muoveva il suo portavoce a riprendere la parola con nuovo slancio: ad ammonire, ad esortare in vista di una sincera conversione (33,1-20), a sgombrare l'animo da pregiudizi (false interpretazioni del principio di responsabilità: 33,10-20), dalla paura dei cattivi governanti del passato e dei prepotenti popoli vicini (cc. 34.35), dalla superficialità nell'ascolto della parola (33,30-33), dal timore di inadeguatezza per la prospettata rinascita religiosa e nazionale (cc. 36.37). Ezechiele è lì sulla breccia a confortare, a promettere assistenza dall'alto (36,24-27; 37,1-14), a tracciare meravigliosi traguardi di prosperità, di pace e di ricostituzione civile, cultuale, escatologica (cc. 38-48): un ministero fervente, in perfetta sintonia col Dio misericordioso dell'elezione e con lo stato di apertura e di attesa in cui il resto d'Israele si era venuto a trovare.

Il profeta come sentinella 33,1-9 Il primo brano sembrerebbe un doppione di 3,7-21. Ezechiele viene designato come la sentinella della sua gente (v. 7: identica frase in 3,17). Nel nostro testo però vi è una premessa sul compito e la responsabilità di chi è posto a guardia di una città. Egli ha l'obbligo di vigilare in continuazione e dare l'avvertimento a tutto il popolo: se ha trascurato di farlo e qualcuno sarà colto di sorpresa fuori le mura e ucciso dal nemico, lui dovrà pagare dinanzi alla comunità per la morte di quel cittadino; sarà invece esente da ogni responsabilità, qualora abbia dato l'allarme e qualche cittadino per sua rovina non ne abbia tenuto conto. Il profeta nei confronti del suo popolo ha i medesimi obblighi: egli è inviato dal Dio d'Israele perché lo guidi nella via della vita e faccia conoscere i pericoli che incombono alla comunità e quindi anche ai singoli, quando si oltrepassino certi limiti nella condotta morale. Se lui per viltà o negligenza non riferisce i chiari ammonimenti che gli vengono suggeriti, è responsabile della rovina che eventualmente colpirà chi non ha desistito dalla sua malvagità; sarà immune da colpa e per nulla responsabile della perdita altrui se, invece, avrà compiuto il suo dovere di portavoce del Signore (v. 9). Il paragone è stringente e l'eletto di JHWH ne sente ora tutto il peso. Tale compito non valeva soltanto all'inizio della sua missione, quando i compagni d'esilio avevano bisogno di essere smontati dalle loro illusioni e riportati a una seria conversione, ma anche e soprattutto adesso che la fine di tutte le loro speranze li induceva al disfattismo e al completo abbandono della fede jahvista (20,32; 33,31; 37,11). La sentinella di Dio deve stare sempre sulla breccia, non dovrà mai esimersi dal vegliare sul popolo a cui è inviata: in qualsiasi situazione, si tratta sempre di vita o di morte per l'avvenire dei suoi fratelli.

Responsabilità esistenziale 33,10-20 È appunto di quel tipo la condizione degli esuli, dopo appresa la terribile notizia: la caduta della città santa. Il Signore stesso pone sotto gli occhi del suo portavoce l'errato atteggiamento dei suoi compagni, come al c. 18,2s.; e gli suggerisce l'adeguato consiglio da proclamare. Il brano è a forma di dialogo indiretto (v. 10). Essi dicono: La sventura che ci ha colpito è segno che ormai le colpe commesse pesano inesorabilmente su di noi e siamo avviati alla deriva. Tale asserto riflette il principio della retribuzione terrena collettiva, spinto agli estremi; un grave generale disastro suppone un'enorme malizia, come una grande prosperità è segno di molta santità. Ne deducono che per loro tutto è finito; non c'è possibilità di alcuna ripresa (37,11). La risposta del Signore: finché l'uomo è in cammino verso l'aldilà da questo mondo, non esistono situazioni immutabili. Il Dio vivente non ama la morte di nessuno: egli invita ed esorta instantemente il perverso a ritirarsi dalla iniquità che lo conduce alla morte; non desidera altro che la sua conversione e la sua salvezza (v. 11). Ciò significa che rimane a chiunque la capacità di cambiare comportamento e la possibilità di una nuova vita (v. 11). Chiarificato questo principio, le conseguenze sono evidenti: la perdita di comunione con Dio e di pace integrale (šālôm) è imputabile all'attuale condotta morale di ciascuno; come, al contrario, il conferimento della «vita» è collegato al sincero cambiamento del perverso (es. restituzione del rubato e del pegno, e ritorno all'osservanza delle leggi divine: vv. 14s.). Cade così ogni obiezione contro il giusto modo di agire del Signore in occasione dell'immane sventura della nazione giudaica: questa non pesa in maniera ineluttabile e definitiva sui figli infedeli d'Israele. Per chiunque lo voglia, resta sempre uno spiraglio di speranza e di salvezza. Il confidente di JHWH dev'essere portavoce di sì salutari istruzioni e ammonimenti (vv. 14ss.).

La conferma del profugo 33,21-22 Nel c. 24 il profeta aveva registrato la data dell'inizio dell'assedio di Gerusalemme, che era il giorno stesso in cui Dio glielo rilevava: il 10 del 10° mese dell'anno 9°. Da allora egli ha atteso in silenzio e in lutto, con la prospettiva di riprendere a parlare in pubblico dal giorno in cui uno scampato giunto tra i deportati di Tel-Aviv avrebbe portato la testimonianza dell'espugnazione della città santa (24,26). Adesso, dopo la presentazione dei due precedenti oracoli (vv. 1-20), viene data l'informazione dell'arrivo del profugo da Gerusalemme: era il 5 del 10° mese dell'anno 12°, cioè nel dicembre-gennaio del 586, a ca. un anno e mezzo dalla fine della capitale giudaica. Non occorreva certo tutto quel tempo per percorrere la distanza dalla Palestina in Babilonia (ca. 1.000 km: cfr. Esd 7,9); ma non sappiamo attraverso quali peripezie un fuggiasco sia potuto approdare presso i suoi connazionali in terra straniera. La sera precedente, Ezechiele ne aveva avuto un soprannaturale presentimento: «la mano del Signore fu su di me», come nella sua prima esperienza presso il Chebar (1,3); e da quel giorno la sua lingua si sciolse e poté parlare liberamente ai suoi compagni d'esilio: quasi una nuova chiamata per un più alto ministero. La realizzazione degli eventi predetti danno prestigio e ardimento agli autentici messaggeri di JHWH.

La pretesa dei superstiti in Giudea 33,23-29 Un primo messaggio il profeta dovette rivolgerlo, quasi a conforto degli scoraggiati connazionali di Tel-Aviv, contro la pretesa di coloro che, dopo il disastro del 586, erano ancora rimasti tra le rovine della città. Ne avrà forse riferito lo stesso profugo. Essi tuttora ritengono, come in Ez 11,15, di essere gli eredi delle promesse fatte ai padri, e quindi i legittimi padroni del paese sacro, a somiglianza di Abramo (v. 24). Egli, pur essendo solo, poté prender possesso, per via della donazione divina (Gn 15,18), della terra di Canaan; a maggior ragione questa toccherà in sorte ai molti superstiti suoi discendenti, in forza della ereditarietà (Gn 12,7). La risposta dell'oracolo è tagliente: essi continuano nella ribellione, come i loro concittadini uccisi e deportati; prestano culto agli idoli, fanno valere i propri interessi con la violenza, praticano l'adulterio e altre azioni illecite (v. 26; cfr. 22,9; At 15,29s.). La sentenza del Signore non può essere che quella già emanata per i loro simili: devastazione e morte fino a ridurre tutto il paese a un deserto, perché possano riconoscere che il Dio dei loro padri è il Signore che ama la giustizia e aborre ogni contaminazione (vv. 27-29). Rimangono invece inalterate le prospettive di restaurazione degli esuli che intraprenderanno la via del ritorno al loro Dio (33,14-16; 34,17-31).

Sincero ascolto della parola 33,30-33 Un altro messaggio di conforto è riservato al profeta medesimo. Ora che egli ha ripreso con nuova fiducia la sua attività oratoria, i suoi connazionali cominciano a guardarlo con un certo entusiasmo; e tutti ne parlano e si esortano ad accorrere presso di lui, ritenendo di poter ascoltare comunicazioni sovrumane. Se ne compiacciono infatti come ci si diletta ad udire belle canzoni (v. 32). Il portavoce di JHWH però è avvertito a non lasciarsi illudere da quell'atteggiamento. Vi è sicuramente del positivo, ma occorre badare all'esecuzione dei suggerimenti divini. Il veggente non si fermi nella proclamazione delle luminose prospettive del futuro, ma insista pure nell'esigere la corrispondenza della loro condotta; senza la quale, come era già stato dichiarato, non valgono a nulla le promesse fatte ai padri né le eventuali benemerenze del passato (18,21s.; 33,16). Diversamente, quando anche queste previsioni si compiranno, troppo tardi e inutilmente per loro, dovranno constatare che un vero messaggero dell'alto era stato in mezzo a loro (v. 33). Gli insegnamenti di questi oracoli ribadiscono quelli analoghi incontrati nel primo ministero: responsabilità dei portatori della parola divina verso le persone loro affidate (3,16-27); sollecitudine del Signore misericordioso per la salvezza di tutti i componenti del suo popolo (cc. 13.14); urgenza esistenziale e giusta esigenza di una seria conversione della comunità e dei singoli (cc. 14.18); conferma che egli dà alla missione dei suoi profeti con la puntuale verifica delle loro predizioni e con la realizzazione delle sue promesse (cc. 12.24).

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Lamentazione sul dragone 1Nell’anno dodicesimo, nel dodicesimo mese, il primo del mese, mi fu rivolta questa parola del Signore: 2«Figlio dell’uomo, intona un lamento sul faraone, re d’Egitto, dicendo: Leone fra le nazioni eri considerato; ma eri come un coccodrillo nelle acque, erompevi nei tuoi fiumi e agitavi le acque con le tue zampe, intorbidendone i corsi. 3Così dice il Signore Dio: Tenderò contro di te la mia rete con una grande assemblea di popoli e ti tireranno su con la mia rete. 4Ti getterò sulla terraferma e ti scaglierò al suolo. Farò posare su di te tutti gli uccelli del cielo e sazierò di te tutte le bestie della terra. 5Spargerò per i monti la tua carne e riempirò le valli della tua carogna. 6Farò bere alla terra il tuo scolo, il tuo sangue, fino ai monti, e i burroni saranno pieni di te. 7Quando cadrai estinto, coprirò il cielo e oscurerò le sue stelle, velerò il sole di nubi e la luna non brillerà. 8Oscurerò tutti gli astri del cielo su di te e stenderò sulla tua terra le tenebre. Oracolo del Signore Dio. 9Renderò sgomento il cuore di molti popoli, quando farò giungere la notizia della tua rovina alle genti, in regioni a te sconosciute. 10Per te farò stupire molti popoli e tremeranno i loro re a causa tua, quando brandirò la spada davanti a loro. Nel giorno della tua rovina ognuno tremerà ad ogni istante per la sua vita. 11Poiché così dice il Signore Dio: La spada del re di Babilonia ti raggiungerà. 12Abbatterò la tua gente con la spada dei prodi, i più feroci tra le nazioni; distruggeranno l’orgoglio dell’Egitto e tutta la sua gente sarà sterminata. 13Farò perire tutto il suo bestiame sulle rive delle grandi acque, che non saranno più intorbidite da piede d’uomo, né unghia d’animale le intorbiderà. 14Allora farò ritornare tranquille le loro acque e farò scorrere i loro fiumi come olio. Oracolo del Signore. 15Quando avrò fatto dell’Egitto una terra desolata, priva di quanto contiene, quando avrò percosso tutti i suoi abitanti, allora sapranno che io sono il Signore. 16Questo è un lamento e lo si canterà. Lo canteranno le figlie delle nazioni, lo canteranno sull’Egitto e su tutta la sua gente». Oracolo del Signore Dio.

Lamentazione funebre sul faraone 17Nell’anno dodicesimo, il quindici del mese, mi fu rivolta questa parola del Signore: 18«Figlio dell’uomo, intona un canto funebre sugli abitanti dell’Egitto. Falli scendere, insieme con le figlie di nazioni potenti, nella regione sotterranea, con quelli che scendono nella fossa. 19Di chi tu saresti più bello? Scendi e giaci con i non circoncisi. 20Cadranno fra gli uccisi di spada; la spada è già consegnata. Colpite a morte l’Egitto e tutta la sua gente. 21Gli eroi più potenti si rivolgeranno a lui e ai suoi aiutanti e dagli inferi diranno: “Vieni, giaci con i non circoncisi, con i trafitti di spada”. 22Là è Assur e tutta la sua gente, intorno al suo sepolcro, tutti uccisi, trafitti di spada; 23poiché le loro sepolture sono poste nel fondo della fossa e la sua gente è intorno al suo sepolcro: tutti uccisi, trafitti di spada, essi che seminavano il terrore nella terra dei viventi. 24Là, intorno al suo sepolcro, è Elam e tutta la sua gente. Tutti uccisi, trafitti di spada, scesi non circoncisi nella regione sotterranea, essi che seminavano il terrore nella terra dei viventi. Ora portano la loro ignominia con quelli che scendono nella fossa. 25In mezzo ai trafitti posero il suo giaciglio e intorno al suo sepolcro tutta la sua gente, tutti non circoncisi, trafitti di spada; perché avevano seminato il terrore nella terra dei viventi, portano la loro ignominia con quelli che scendono nella fossa. Sono stati collocati in mezzo ai trafitti di spada. 26Là, intorno al suo sepolcro, è Mesec, Tubal e tutta la sua gente: tutti non circoncisi, trafitti di spada, perché avevano seminato il terrore nella terra dei viventi. 27Non giaceranno al fianco degli eroi caduti da secoli, che scesero negli inferi con le armi da guerra, con le spade disposte sotto il loro capo e con gli scudi sulle loro ossa, perché tali eroi erano un terrore nella terra dei viventi. 28Così tu giacerai fra i non circoncisi e con i trafitti di spada. 29Là è Edom, i suoi re e tutti i suoi prìncipi che, nonostante il loro valore, sono posti con i trafitti di spada: giacciono con i non circoncisi e con quelli che scendono nella fossa. 30Là sono tutti i prìncipi del settentrione, tutti quelli di Sidone, che scesero con i trafitti, coperti di vergogna nonostante il terrore sparso dalla loro potenza; giacciono non circoncisi con i trafitti di spada e portano la loro ignominia con quelli che scendono nella fossa. 31Il faraone li vedrà e si consolerà per tutta la sua gente; il faraone e tutto il suo esercito saranno trafitti di spada. Oracolo del Signore Dio. 32Poiché aveva seminato il terrore nella terra dei viventi, il faraone con tutta la sua gente giace in mezzo ai non circoncisi, con i trafitti di spada». Oracolo del Signore Dio.

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Approfondimenti

Lamentazione sul dragone 32,1-16 Il sesto oracolo è un lamento particolareggiato sulla fine del faraone, datato al 12° mese dell'anno 12° cioè del 586, a più di un anno dall'oracolo 5° (31,1). Contiene il duplice elemento del lamento funebre: descrizione dell'eccellenza dell'interessato prima della sua fine: v. 2; esposizione del suo miserrimo stato, dopo: vv. 3-16. Con una certa ironia viene detto che il re d'Egitto era considerato tra le genti come un «leone», una rispettabile potenza; ma in realtà era un semplice coccodrillo, incapace di competere con gli imperi d'Oriente, Assur e Babilonia; esercitava il potere solo sulle rive del suo fiume, con grande strepito e arroganza: una pura illusione per lo stesso Israele (v. 3). Ma subito, in sintonia con il simbolo acquatico, viene annunziata la sua completa rovina: a opera di una moltitudine di feroci predatori sarà catturato nella rete, gettato fuori delle acque e esposto alla voracità delle bestie: e cioè sarà sorpreso dal più potente degli eserciti di allora, che ne devasterà la terra e abbatterà l'orgoglio (v. 12). Una metafora escatologica drammatizza con i fenomeni del cosmo lo sgomento e lo stupore delle nazioni per la notizia di quel collasso (vv. 6-8). Le donne che vi assisteranno potranno intonare, come per il più illustre scomparso, la loro lamentazione. Tutto convergerà al riconoscimento di JHWH, che abbassa ogni orgoglio (v. 15).

Lamentazione funebre sul faraone 32,17-32 Il settimo oracolo è suggerito dalla voce divina alcuni giorni dopo il precedente, nel gennaio 586. Ha la forma di un invito rivolto all'Egitto, ormai colpito a morte, a scendere fra i popoli non circoncisi sospinti tragicamente nel profondo š'ôl (vv. 18s.). Benché gli Egiziani, come gli stessi Fenici (v. 30), praticassero la circoncisione, tuttavia morendo non meritavano di trovarsi nello š'ôl accanto ai circoncisi, ma dovevano sprofondare nel più buio abisso con gli incirconcisi, a causa della loro grande malvagità. Lì il faraone dovrà subire un eterno disonorevole confronto. Precede anche qui un'interrogazione retorica (v. 19): sei tu forse più nobile di qualcuno dei popoli scomparsi da secoli dalla scena del mondo? Essi furono precipitati in quella perenne ignominia per via del terrore che «avevano seminato nella terra dei viventi» (v. 23): potresti tu sfuggire alla loro sorte? Hai meriti superiori ad essi? La risposta è chiara. Ma ora segue la presentazione dei più famosi popoli dell'antichità giacenti nel più profondo dello š'ôl a rendere più tragica la situazione del più pernicioso dei nemici del popolo eletto: Assur, il potente re di Ninive, è indicato per primo; era noto per la sua smisurata crudeltà; sta chiuso nella sua tomba, circondato dai truci suoi guerrieri, che vi scesero tutti massacrati, a loro volta, dalla spada (vv. 22s.); quindi Elam, un regno a nord del golfo persico e a oriente di Babilonia, sempre in contrasto con Ninive: è nella medesima situazione di Assur, con attorno la schiera dei propri guerrieri (vv. 24s.); poi Mesech e Tubal, popoli dell'antica Asia Minore; di essi si dice che sparsero il terrore come gli altri; ma che non giaceranno accanto ai grandi eroi del passato: questi infatti, scesi nello š'ôl perché anch'essi furono il terrore per i loro contemporanei, vi furono accolti tuttavia con onore assieme alle loro armi e ai loro scudi, a riconoscimento del loro valore. Non potrà certamente sperare una simile onorificenza il faraone con tutti i suoi guerrieri «trafitti di spada» (vv. 26-28); infine giaceranno là, ingloriosi, Edomiti e Fenici e altri regni vissuti nelle vicinanze del paese d'Israele (vv. 29-30). La conclusione si impone: tra poco trafitto dalla spada di Babilonia, che domina tuttora nel mondo dei vivi, cadrà il re del Nilo con tutto il suo popolo e, precipitando nel fondo dello š'ôl, si potrà rallegrare – è detto ironicamente – al vedere quell'illustre compagnia di incirconcisi, assieme alla quale dovrà scontare nell'infamia il terrore sparso tra i viventi (vv. 31s.). Nei 7 oracoli contro l'Egitto vengono riprese le tematiche già rilevate negli altrettanti oracoli contro i regni che circondano il paese di Giuda. Contro il grande impero dei faraoni, però, nemico del popolo eletto, il portavoce di JHWH adopera tutta la sua foga oratoria e drammatica, per neutralizzarne il malefico influsso e cancellarne perfino l'ombra dalla mente dei suoi connazionali; mentre, d'altra parte, esalta l'opera del re di Babilonia che ha servito in quegli anni ai disegni del Dio d'Israele. Ne denuncia, come in Tiro, il senso di autosufficienza e di smisurato orgoglio (cc. 29.31.32), l'essere stato occasione di rivolta per il popolo giudaico (c. 29) e terrore per altre nazioni (c. 32); ne preannunzia una radicale devastazione fino a ridursi a un misero clan, a beneficio del re di Babilonia, monito e rimprovero per chi ha confidato nel suo appoggio (c. 29), il popolo della sua alleanza. Il procedimento della storia, agli occhi del veggente del Chebar, ruota attorno al centro del mondo (5,5; 38,12), cioè intorno a quella piccola nazione, nella quale Dio ha posto il suo nome e la manifestazione della sua gloria (20,44; 36,23).

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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La caduta del grande cedro 1Nell’anno undicesimo, nel terzo mese, il primo del mese, mi fu rivolta questa parola del Signore: 2«Figlio dell’uomo, di’ al faraone, re d’Egitto, e alla sua gente: A chi credi di essere simile nella tua grandezza? 3Ecco, l’Assiria era un cedro del Libano, bello di rami e folto di fronde, alto di tronco; fra le nubi era la sua cima. 4Le acque lo avevano nutrito, l’abisso lo aveva fatto innalzare, inviando i suoi fiumi attorno al suolo dov’era piantato e mandando i suoi ruscelli anche a tutti gli alberi dei campi. 5Per questo aveva superato in altezza tutti gli alberi dei campi: durante la sua crescita i suoi rami si erano moltiplicati, le sue fronde si erano distese per l’abbondanza delle acque. 6Fra i suoi rami fecero il nido tutti gli uccelli del cielo, sotto le sue fronde partorirono tutte le bestie selvatiche, alla sua ombra sedettero tutte le grandi nazioni. 7Era bello nella sua altezza e nell’ampiezza dei suoi rami, poiché la sua radice era presso grandi acque. 8I cedri non l’uguagliavano nel giardino di Dio, i cipressi non gli assomigliavano con le loro fronde, i platani non erano neppure come uno dei suoi rami: nessun albero nel giardino di Dio lo pareggiava in magnificenza. 9Bello lo aveva fatto nella moltitudine dei suoi rami, perciò lo invidiavano tutti gli alberi dell’Eden nel giardino di Dio. 10Perciò dice il Signore Dio: Poiché si era elevato in altezza e aveva messo la cima fra le nubi e il suo cuore si era inorgoglito per la sua grandezza, 11io lo diedi in balìa di un principe di nazioni; lo rigettai a causa della sua empietà. 12Nazioni straniere, fra le più barbare, lo tagliarono e lo gettarono sui monti. Per ogni valle caddero i suoi rami e su ogni pendice della terra furono spezzate le sue fronde. Tutti i popoli del paese si allontanarono dalla sua ombra e lo abbandonarono. 13Sui suoi resti si posano tutti gli uccelli del cielo e fra i suoi rami ogni bestia selvatica, 14perché ogni albero irrigato dalle acque non si esalti nella sua altezza fino a elevare la cima fra le nubi; ogni albero che beve le acque non confidi in sé per la propria grandezza, poiché tutti sono destinati alla morte, alla regione sotterranea, in mezzo ai figli dell’uomo, fra coloro che scendono nella fossa. 15Così dice il Signore Dio: Quando scese negli inferi, io proclamai il lutto: coprii per lui l’abisso, arrestai i suoi fiumi e le grandi acque si fermarono; per lui feci vestire il Libano a lutto e tutti gli alberi del campo languirono per lui. 16Al rumore della sua caduta feci tremare le nazioni, quando lo feci scendere negli inferi con quelli che scendono nella fossa. Si consolarono nella regione sotterranea tutti gli alberi dell’Eden, la parte più scelta e più bella del Libano, tutti quelli abbeverati dalle acque. 17Anch’essi con lui erano scesi negli inferi fra i trafitti di spada, quelli che in mezzo alle nazioni erano il suo braccio e dimoravano alla sua ombra. 18A chi credi di essere simile per gloria e per grandezza fra gli alberi dell’Eden? Anche tu sarai precipitato insieme con gli alberi dell’Eden nella regione sotterranea; giacerai fra i non circoncisi insieme con i trafitti di spada. Tale sarà il faraone e tutta la sua moltitudine». Oracolo del Signore Dio.

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Approfondimenti

La caduta del grande cedro 31,1-18 Il quinto oracolo di questa sezione, si apre con un'interrogazione retorica, che accosta l'Egitto alla situazione della grande Ninive. Il faraone (che sempre impersona il suo regno) ha creduto di essere alla pari in altezza con il re assiro (vv. 2s.); ma adesso viene invitato ad assistere alla sorte di quell'impero, come per una lezione di teologia della storia: si svolge in tre fasi: grandiosità di Assur (vv. 3-9); il suo peccato d'orgoglio (v. 10); la caduta nello š'ôl (vv. 11-17); segue l'applicazione al re d'Egitto (v. 18).

3-9. Lo splendore degli Assiri è presentato con la magnifica allegoria del cedro del Libano. Alcuni hanno voluto vedere direttamente nell'immagine del cedro lo stesso Egitto, eliminando dal TM il vocabolo «Assur»: ma senza un serio fondamento di critica testuale; mentre dal punto di vista letterario il simbolo del cedro libanese si armonizza assai bene con un regno mesopotamico, anziché col paese del Nilo, raffigurato nel coccodrillo (29,3). Il cedro detto «del Libano» è il più maestoso fra gli altri cedri, li supera in sontuosità e in altezza (v. 3). Si suppone alimentato immediatamente dalle acque del profondo abisso, da cui poi diramano le piccole sorgenti e i rivoli, per irrigare gli altri alberi: si tratta di una speciale benedizione del creatore (per l'abbondanza e preziosità delle acque, cfr. Sal 1,3; 46,5). Per questo poté svilupparsi e moltiplicare i suoi rami, attirando sotto le sue fronde numerosi volatili e gli animali dei campi: son qui indicate l'estensione del dominio degli Assiri e l'aggregazione dei vari rami d'Oriente, dai più piccoli ai più grandi, tanto da suscitare ammirazione fra i grandi alberi del giardino di Dio (Gn 2,8), cioè tra i popoli della terra.

10. Come avvenne per il principe di Tiro (28,2s.) e per la stessa nazione di JHWH (16,24), il re di Assur si lasciò inebriare dalla propria altezza, si credette autonomo dal creatore e unico artefice della sua gloria: cadde nel solito peccato della hybris.

11-18. Non gli spetta che il castigo, per la sua pretesa di autosufficienza. Il datore di ogni bene, in nome della giustizia, rifiuterà di alimentarlo ancora con le sue acque, lo lascerà anzi in potere di energici demolitori (gli eserciti medi e caldei); i quali – in coerenza con le precedenti metafore – lo spezzeranno, ne spargeranno i rami per monti e valli, faranno fuggire gli animali dalle sue fronde e lo precipiteranno nella regione sotterranea. È il disfacimento dell'impero assiro e la conseguente liberazione del popoli dal suo giogo, con la chiara finalità dell'agire divino negli eventi storici dell'umanità (v. 14), perché ogni società comprenda che non è lecito attribuire a sé la prosperità conseguita con l'aiuto dell'alto ed ergersi orgogliosamente al di sopra degli altri. La sentenza finale è corroborata da un'ulteriore parola di JHWH (v. 15): una lugubre rappresentazione dello stato dei trapassati in fondo allo š'ôl, i quali o tremano per lo stupore al vedere il grande Assur precipitato in mezzo a loro, ovvero se ne rallegrano perché ne avevano già subito la tirannia e il terrore (vv. 16s.). Nella conclusione, ritorna l'interrogazione iniziale (v. 18). Visto com'è scomparso nella polvere il più grande di tutti gli alberi della terra, il cedro del Libano, e come ivi giacciono quelli dell'Eden, non gli rimane che la confusione della scelta. Ma qualunque sia la sua preferenza, data la sua enorme superbia, non potrà aspettarsi che il precipitare, con tutti i trafitti di spada e con tutti gli sconfitti dalle armi nemiche, nella fossa tenebrosa. Ecco che cosa sta per succedere al famoso sovrano delle piramidi e ai suoi alleati (v. 18b)! Ancora una luminosa lezione sui processi storici degli imperi da parte del supremo protagonista «che umilia l'albero alto... e fa germogliare l'albero secco» (17, 24).

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Il giorno del Signore 1Mi fu rivolta questa parola del Signore: 2«Figlio dell’uomo, profetizza e di’: Così dice il Signore Dio: Gemete: “Ah, che giorno!”. 3Perché il giorno è vicino, vicino è il giorno del Signore, giorno di nubi sarà il giorno delle nazioni. 4La spada verrà sull’Egitto e ci sarà l’angoscia in Etiopia, quando cadranno in Egitto i trafitti, le sue ricchezze saranno asportate e le sue fondamenta disfatte. 5Etiopia, Put e Lud e stranieri d’ogni specie e Cub e i figli del paese dell’alleanza cadranno con loro di spada. 6Così dice il Signore: Cadranno gli alleati dell’Egitto e sarà abbattuto l’orgoglio della sua forza: da Migdol fino a Siene cadranno di spada. Oracolo del Signore Dio. 7Sarà un deserto fra terre devastate e le sue città fra città desolate. 8Sapranno che io sono il Signore quando darò fuoco all’Egitto e tutti i suoi sostenitori saranno schiacciati. 9In quel giorno da parte mia partiranno su navi messaggeri a spargere il terrore in Etiopia, che si crede sicura. E in essa, come nel giorno dell’Egitto, vi sarà spavento: ecco, già viene quel giorno. 10Così dice il Signore Dio: Farò cessare l’opulenza dell’Egitto per mezzo di Nabucodònosor, re di Babilonia. 11Egli e il suo popolo, il più violento dei popoli, saranno inviati a devastare il paese e sguaineranno la loro spada contro l’Egitto e riempiranno il terreno di cadaveri. 12Farò seccare il Nilo e darò il paese in mano a nazioni barbare, devasterò il territorio e ciò che contiene, per mezzo di stranieri. Io, il Signore, ho parlato. 13Così dice il Signore Dio: Distruggerò gli idoli e farò sparire gli dèi da Menfi. Non ci sarà più principe nella terra d’Egitto, spanderò il terrore nella terra d’Egitto, 14devasterò Patros, darò fuoco a Tanis, farò giustizia su Tebe. 15Scatenerò l’ira su Sin, la roccaforte d’Egitto, sterminerò la moltitudine di Tebe. 16Metterò a fuoco l’Egitto: Sin si torcerà dal dolore, Tebe sarà squassata, Menfi sarà smantellata dai nemici in pieno giorno. 17I giovani di Eliòpoli e di Bubasti cadranno di spada e queste città andranno in schiavitù. 18A Tafni si oscurerà il giorno, quando vi spezzerò i gioghi imposti dall’Egitto e verrà meno in lei l’orgoglio della sua potenza; una nube la coprirà e le sue figlie saranno condotte schiave. 19Farò giustizia dell’Egitto e sapranno che io sono il Signore».

Ho spezzato il braccio del faraone 20Nell’anno undicesimo, nel primo mese, il sette del mese, mi fu rivolta questa parola del Signore: 21«Figlio dell’uomo, ho spezzato il braccio del faraone, re d’Egitto; egli non è stato curato con medicamenti né fasciato con bende per fargli riprendere forza e maneggiare la spada. 22Perciò così dice il Signore Dio: Eccomi contro il faraone, re d’Egitto: gli spezzerò il braccio ancora valido e gli farò cadere la spada di mano. 23Disperderò gli Egiziani fra le genti e li disseminerò in paesi stranieri. 24Invece rafforzerò le braccia del re di Babilonia e nella sua mano porrò la mia spada: spezzerò le braccia del faraone, che gemerà davanti a lui come geme uno ferito a morte. 25Fortificherò le braccia del re di Babilonia, mentre le braccia del faraone cadranno. Sapranno che io sono il Signore, quando porrò la mia spada nella mano del re di Babilonia ed egli la stenderà sulla terra d’Egitto. 26Disperderò gli Egiziani fra le genti e li disseminerò in paesi stranieri: sapranno che io sono il Signore».

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Approfondimenti

Il giorno del Signore 30,1-19 Il terzo oracolo non è datato; assume la forma di una lamentazione per il fatidico «giorno» del regno dei faraoni, con l'invito al compianto (vv. 2s.). Sarà solo un assaggio del grande castigo che si dovrà abbattere sulle genti ostili al popolo di JHwH, «il giorno» delle nazioni (38,14; 39,8). Nella rovina del paese del Nilo saranno coinvolte le popolazioni che gli sono associate: l'Etiopia, Put (Somalia), Lud (tribù del Nord-Africa), Cub (prob. Lub-Libia) e altri clan uniti con un patto con l'Egitto («paese dell'alleanza»). L'orgoglio dei faraoni sarà così atterrato per tutta l'estensione del loro impero, dalla regione del delta (Migdol) fino a Siene con immensa desolazione: tanto da far riconoscere l'azione onnipotente del Dio d'Israele, all'annunzio che ne diffonderanno i naviganti fino ai tranquilli confini d'Etiopia (vv. 8s.). Questi grandi disastri faranno riflettere chiunque ne verrà a conoscenza.

10-19. Sono un'espansione del brano precedente e ripetono concetti di 29,8-12. Indicano nome e qualità dello strumento punitivo: sarà Nabucodonosor col suo irresistibile esercito, «il più violento dei popoli» (v. 11), che riempirà di cadaveri il paese e distruggerà i canali del Nilo. Dio si serve anche dei barbari più spietati per il compimento dei suoi disegni di giustizia. Riprende poi l'enumerazione delle località colpite: l'antica Menfi a sud del Cairo, con i suoi santuari, sarà annientata; così Patros (la Tebaide nel Nord-Egitto) con le due famose città di Tanis e Tebe; Sin, una roccaforte nel delta orientale, Eliopoli col tempio al dio Sole-Râ e Bubaste e Tafni, grandiose metropoli, sempre a nord-est, cadranno per prime sotto gli attacchi dell'invasore proveniente dal deserto sinaitico. Si oscurerà perfino il sole al sopraggiungere di quel pauroso nembo di guerrieri (v. 18). Si farà evidente la giustizia del Dio d'Israele (v. 19).

Ho spezzato il braccio del faraone 30,20-26 Il quarto oracolo porta la data dell'11° anno, primo mese, cioè del marzo-aprile 587. Siamo a tre mesi di distanza dalla proclamazione del 1° (29,1). Si annunzia una nuova, più completa disfatta del faraone: gli è stato già «spezzato il braccio» (v. 21), che finora nessun rimedio ha potuto risanare. Si accenna con tutta probabilità alla sconfitta subita dal faraone Ofra quando volle intervenire a favore dei Giudei nel 588-587 e fu costretto dalle truppe babilonesi a ritirarsi nei suoi confini (Ger 37,5-10). Da quel tempo non osò più mettersi in contrasto con i potenti Caldei, nella cui «mano Dio ha posto la sua spada» (v. 25). Sarà invece rivisitato dai grandi dominatori d'Oriente, resi più validi per le recenti conquiste, e snidato con tutti i suoi sudditi dal paese del Fiume; umiliato ai piedi del vincitore, dovrà riconoscere la grandezza del vero Dio (vv. 25s.). È lui, il sovrano d'Israele, che dirige gli eventi dei popoli ai suoi fini, e si dimostra l'unico Signore della storia!

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Oracoli contro l'Egitto

Oracolo di rovina 1Nell’anno decimo, nel decimo mese, il dodici del mese, mi fu rivolta questa parola del Signore: 2«Figlio dell’uomo, rivolgiti contro il faraone, re d’Egitto, e profetizza contro di lui e contro tutto l’Egitto. 3Parla dunque dicendo: Così dice il Signore Dio: Eccomi contro di te, faraone, re d’Egitto; grande coccodrillo, sdraiato in mezzo al Nilo, hai detto: “Il Nilo è mio, è mia creatura”. 4Metterò ganci alle tue mascelle e farò sì che i pesci dei tuoi fiumi ti si attacchino alle squame e ti farò uscire dal tuo Nilo insieme con tutti i pesci del tuo Nilo attaccati alle squame; 5getterò nel deserto te e tutti i pesci del tuo Nilo, e andrai a cadere in mezzo alla campagna e non sarai né raccolto né sepolto: ti darò in pasto alle bestie selvatiche e agli uccelli del cielo. 6Tutti gli abitanti dell’Egitto sapranno che io sono il Signore, poiché tu sei stato un sostegno di canna per la casa d’Israele. 7Quando questi ti vollero afferrare ti rompesti, lacerando tutta la loro spalla, e quando si appoggiarono a te ti spezzasti, facendo vacillare tutti i loro fianchi. 8Perciò così dice il Signore Dio: Ecco, io manderò contro di te una spada ed eliminerò da te uomini e bestie. 9L’Egitto diventerà un luogo desolato e deserto e sapranno che io sono il Signore. Perché egli ha detto: “Il Nilo è mio, è mia creatura”. 10Ebbene, eccomi contro di te e contro il tuo Nilo. Io farò dell’Egitto, da Migdol fino a Siene, fino alla frontiera d’Etiopia, una terra deserta e desolata. 11Non vi passerà piede d’uomo o d’animale e rimarrà deserta per quarant’anni. 12Ridurrò l’Egitto a una terra desolata fra le terre devastate e le sue città saranno distrutte, rimarranno una desolazione per quarant’anni e disperderò gli Egiziani fra le genti e li disseminerò in paesi stranieri. 13Perché così dice il Signore Dio: Al termine dei quarant’anni io radunerò gli Egiziani dai popoli in mezzo ai quali li avevo dispersi. 14Muterò la loro sorte e li ricondurrò nel paese di Patros, nella loro terra d’origine, e lì formeranno un piccolo regno; 15sarà il più modesto fra gli altri regni e non si ergerà più sugli altri popoli. Li renderò piccoli e non domineranno più le altre nazioni. 16Non costituiranno più una speranza per la casa d’Israele, alla quale ricorderanno l’iniquità di quando si rivolgeva a loro: sapranno allora che io sono il Signore Dio».

A favore di Nabucodònosor, contro l'Egitto 17Ora, nell’anno ventisettesimo, nel primo mese, il primo del mese, mi fu rivolta questa parola del Signore: 18«Figlio dell’uomo, Nabucodònosor, re di Babilonia, ha fatto compiere al suo esercito una grande impresa contro Tiro: ogni testa è diventata calva e ogni spalla è piagata, ma il re e il suo esercito non hanno ricevuto da Tiro il compenso per l’impresa compiuta contro di essa. 19Perciò così dice il Signore Dio: Ecco, io consegno a Nabucodònosor, re di Babilonia, la terra d’Egitto; porterà via le sue ricchezze, si impadronirà delle sue spoglie, la saccheggerà. Questa sarà la paga per il suo esercito. 20Per l’impresa compiuta contro Tiro io gli consegno la terra d’Egitto, poiché l’ha compiuta per me. Oracolo del Signore. 21In quel giorno io farò germogliare una forza per la casa d’Israele e ti farò aprire la bocca in mezzo a loro: sapranno che io sono il Signore».

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Approfondimenti

Oracoli contro l'Egitto 29,1-32,32 In questi capitoli abbiamo una nuova serie di oracoli (esattamente 7), tutti contro l'Egitto:

  1. 29,1-16: è rivolto al faraone e insieme al suo regno; è un oracolo di rovina, con accenno a due motivazioni: autosufficienza e causa di illusione per Israele (vv. 1-7); mentre nei vv. 8-16 incontriamo un'espansione del brano precedente, che annunzia l'invio dell'esercito devastatore;
  2. 29,17-21: possiamo chiamarlo un oracolo compensatorio a favore del re babilonese, inserito a questo punto, nonostante sia stato pronunziato 11 anni dopo;
  3. 30,1-19: i vv. 1-9 non hanno data, ma possono essere considerati di poco posteriori all'oracolo di 29,1-7, o più vicini a quello di 30,20; sono un annunzio del «giorno» di JHWH contro il grande Egitto e tutte le sue regioni: mentre nei vv. 10-19 troviamo un'altra espansione che celebra gli effetti del terribile giorno;
  4. 30,20-26: è dell'11° anno; mette a confronto i due massimi eserciti che allora si contendevano il dominio d'Oriente, l'egiziano e il babilonese col trionfo di questo;
  5. 31,1-18: è pure dell'11° anno, 3° mese: un confronto tra la sorte del re d'Assiria e quella del faraone. I Babilonesi assediano Gerusalemme, e i Giudei, sia in patria che in esilio, puntano su un aiuto del nuovo re egiziano, Otra. Ezechiele, come Geremia, è impegnato a dissipare ogni illusione;
  6. 32,1-16: è una lamentazione sulla morte del grande dragone;
  7. 32,17-32: dà il tocco finale, quasi un canto funebre, alla scomparsa del regno faraonico.

Oracolo di rovina 29,1-16 Il primo oracolo porta la data del 10° anno, cioè del 588 a.C. Nel 10° mese (dicembre-gennaio), Nabucodonosor, re di Babilonia, assedia Gerusalemme da circa un anno. Gli assediati, filo-egiziani, sperano molto nell'intervento del nuovo faraone Ofra. Ma si illudono, nonostante i chiari avvertimenti di Geremia (Ger 21,1-8; 37,1-10). Ofra infatti si decide un giorno a muovere le sue truppe verso la Giudea; e immediatamente i Babilonesi le bloccano, le costringono a rientrare nelle loro frontiere, sicché essi possono riprendere con più accanimento l'assalto contro la città. È in questo frangente che Ezechiele trasmette gli oracoli contro la «canna» fessa dell'Egitto (29,6). Faraone e regno fanno un tutt'uno secondo la solita concezione collettivista: quel che è detto dell'uno vale per l'altro. Viene designato come «grande coccodrillo»; e come tale viene raffigurato in antichi documenti il re del Nilo. Gli è rimproverato, come al principe di Tiro, il peccato d'orgoglio e di autosufficienza nei confronti della divinità (v. 3). La punizione è in perfetta corrispondenza con la denominazione simbolica e col tipo di incriminazione: sarà agganciato da un enorme amo e gettato con tutti i pesci a lui aderenti in terra arida, lontano dalle acque del Nilo, insepolto pasto delle belve e degli sparvieri (vv. 4s.). Si vedrà chiara l'inconsistenza della fiducia riposta in lui: si rivelerà come una “fragile canna”, che spezzandosi farà vacillare chi vi si è appoggiato, e farà risaltare agli occhi degli Israeliti la potenza di JHWH, l'unico loro sicuro sostegno (vv. 6s.). Fuori metafora, nei vv. 8-16 viene affermato che ad abbattere l'orgogliosa potenza dei faraoni sarà un esercito, «una spada», che devasterà tutto il territorio da Migdol presso il delta a Siene (Assuan) di fronte all'isola Elefantina e sino ai confini con l'Etiopia. Con espressioni iperboliche viene detto che il regno del Nilo sarà ridotto a un deserto con l'eliminazione di ogni essere vivente (v. 11). C'è tuttavia uno spiraglio di salvezza per gli Egiziani. Come per gli Ebrei di Babilonia si prospetta una non lontana restaurazione nella terra dei padri, così per gli antichi ospitali abitanti del Nilo vi sarà un ritorno nel loro paese, esattamente dopo i 40 anni del Sinai (Sal 95,10), nel loro paese originario, cioè nella regione del sud detta Patros, con al centro Tebe. Lì formeranno un modesto reame, che possa servire a ricordo e ammonimento per il popolo eletto, affinché si vergogni d'essersi affidato a simile misera potenza idolatra e non osi farlo mai più per l'avvenire (v. 16).

A favore di Nabucodònosor, contro l'Egitto 29,17-21 Il secondo oracolo è datato al 571 (il 24° anno dalla deportazione), quando già l'assedio dei Babilonesi attorno a Tiro era stato sospeso; durò infatti dal 587 al 571 ca.: dovette essere un'impresa ardua per l'impiego di materiale e di uomini (v. 18), senza che tuttavia si riuscisse ad espugnare quella fortezza marina. Probabilmente, per motivi non ben conosciuti, si addivenne a una resa onorevole, con la consegna di tributi e la sottomissione al governo di Babilonia. Nabucodonosor è chiamato da Geremia «mio servo», strumento della giustizia di JHWH (Ger 43,10-13). Qui è visto come esecutore dell'opera divina. Non la compirà in quella forma radicale, come l'ha descritta lo stesso Ezechiele nella sua vivida prospettiva (cc. 26s.); ma, per la fatica sostenuta secondo il piano del Dio d'Israele, si è meritata la sua compiacenza. Ha inferto una salutare lezione alla potenza pagana rivale del popolo eletto (27,7-10): avrà come compenso la conquista dell'Egitto e delle sue ingenti ricchezze (v. 20): come realmente avvenne nel 568 e di cui fa fede Ger 43 e un documento cuneiforme babilonese. Contemporaneamente Dio si ricorderà di beneficare il suo popolo ancora in esilio: susciterà per esso un «potente» (qeren, «un corno», simbolo in Oriente di grande forza: cfr. Sal 132,17) che lo possa confortare in vista della restaurazione, e dare nuovo impulso all'attività profetica di Ezechiele: contribuendo così al riconoscimento della gloria di JHWH tra la sua gente (v. 21). L'abbassamento degli avversari e le vicissitudini delle nazioni pagane concorrono nel piano divino a far germogliare l'era della salvezza e della prosperità del popolo eletto.

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Giudizio contro Tiro e Sidone

Contro Tiro 1Mi fu rivolta questa parola del Signore: 2«Figlio dell’uomo, parla al principe di Tiro: Così dice il Signore Dio: Poiché il tuo cuore si è insuperbito e hai detto: “Io sono un dio, siedo su un trono divino in mezzo ai mari”, mentre tu sei un uomo e non un dio, hai reso il tuo cuore come quello di Dio, 3ecco, tu sei più saggio di Daniele, nessun segreto ti è nascosto. 4Con la tua saggezza e la tua intelligenza hai creato la tua potenza e ammassato oro e argento nei tuoi scrigni; 5con la tua grande sapienza e i tuoi traffici hai accresciuto le tue ricchezze e per le tue ricchezze si è inorgoglito il tuo cuore. 6Perciò così dice il Signore Dio: Poiché hai reso il tuo cuore come quello di Dio, 7ecco, io manderò contro di te i più feroci popoli stranieri; snuderanno le spade contro la tua bella saggezza, profaneranno il tuo splendore. 8Ti precipiteranno nella fossa e morirai della morte degli uccisi in mare. 9Ripeterai ancora: “Io sono un dio”, di fronte ai tuoi uccisori? Ma sei un uomo e non un dio, in balìa di chi ti uccide. 10 Per mano di stranieri morirai della morte dei non circoncisi, perché io ho parlato». Oracolo del Signore Dio.

Lamentazione-giudizio 11Mi fu rivolta questa parola del Signore: 12«Figlio dell’uomo, intona un lamento sul principe di Tiro e digli: Così dice il Signore Dio: Tu eri un modello di perfezione, pieno di sapienza, perfetto in bellezza; 13in Eden, giardino di Dio, tu eri coperto d’ogni pietra preziosa: rubini, topazi, diamanti, crisòliti, ònici e diaspri, zaffìri, turchesi e smeraldi; e d’oro era il lavoro dei tuoi castoni e delle tue legature, preparato nel giorno in cui fosti creato. 14Eri come un cherubino protettore, ad ali spiegate; io ti posi sul monte santo di Dio e camminavi in mezzo a pietre di fuoco. 15Perfetto tu eri nella tua condotta, da quando sei stato creato, finché fu trovata in te l’iniquità. 16Accrescendo i tuoi commerci ti sei riempito di violenza e di peccati; io ti ho scacciato dal monte di Dio e ti ho fatto perire, o cherubino protettore, in mezzo alle pietre di fuoco. 17Il tuo cuore si era inorgoglito per la tua bellezza, la tua saggezza si era corrotta a causa del tuo splendore: ti ho gettato a terra e ti ho posto davanti ai re, perché ti vedano. 18Con la gravità dei tuoi delitti, con la disonestà del tuo commercio hai profanato i tuoi santuari; perciò in mezzo a te ho fatto sprigionare un fuoco per divorarti. Ti ho ridotto in cenere sulla terra, sotto gli occhi di quanti ti guardano. 19Quanti fra i popoli ti hanno conosciuto, sono rimasti attoniti per te, sei divenuto oggetto di terrore, finito per sempre».

Oracolo contro Sidone 20Mi fu rivolta questa parola del Signore: 21«Figlio dell’uomo, volgiti verso Sidone e profetizza contro di essa: 22Annunciale: Così dice il Signore Dio: Eccomi contro di te, Sidone, e mostrerò la mia gloria in mezzo a te. Si saprà che io sono il Signore quando di essa farò giustizia e manifesterò in essa la mia santità. 23Manderò contro di essa la peste e il sangue scorrerà per le sue vie: in essa cadranno i trafitti di spada, e questa da ogni parte la circonderà, e sapranno che io sono il Signore Dio.

Oracolo a favore d'Israele 24Non ci sarà più per la casa d’Israele un aculeo pungente, una spina dolorosa tra tutti i suoi vicini che la disprezzano: sapranno che io sono il Signore. 25Così dice il Signore Dio: Quando avrò radunato la casa d’Israele dai popoli in mezzo ai quali è dispersa, io manifesterò in loro la mia santità davanti alle nazioni: abiteranno la loro terra che diedi al mio servo Giacobbe, 26vi abiteranno tranquilli, costruiranno case e pianteranno vigne; vi abiteranno tranquilli, quando avrò eseguito i miei giudizi su tutti coloro che intorno li disprezzano, e sapranno che io sono il Signore, loro Dio».

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Approfondimenti

Giudizio contro Tiro e Sidone 28,1-23 Qui abbiamo altri giudizi contro i Fenici, e precisamente:

  • un nuovo giudizio di condanna contro il principe di Tiro (vv. 1-10);
  • una lamentazione-giudizio diretto al medesimo principe (v. 11-19);
  • un oracolo contro Sidone (vv. 20-23);
  • un vaticinio conclusivo a favore degli Israeliti di fronte ai loro nemici (vv. 24ss.).

Contro Tiro 28,1-10 1-5. L'accusa è introdotta al solito da «poiché» (ya'an). La colpa radicale del principe di Tiro, che qui, per la concezione corporativista orientale impersona tutto il suo regno, viene adesso esplicitata: è la hybris, un orgoglio smisurato, l'essersi ritenuto una divinità, dominatrice dell'oceano. Per gli antichi testi ugaritici il mare era dotato di forza sovrumana: Tiro vi stava assiso in mezzo, su un trono regale (v. 2). Viene descritto il processo secondo cui il re fenicio è arrivato a quell'assurdo: credersi «un dio... mentre non è che un uomo» (v. 2b). Anzitutto si esalta nella sua intelligenza, saggezza e versatilità in ogni conoscenza di affari e di diplomazia, proprio come il primo uomo nell'Eden, anelante alla conoscenza del bene e del male (Gn 3,22), al di sopra del prototipo fenicio Dāni'ēl (Ez 14,14), con l'astuzia nei traffici accresce a dismisura la sua ricchezza e la sua potenza (vv. 4.5a). Da qui l'approdo alla superbia del cuore (v. 5b). È l'iter dei superuomini che troviamo delineato in altri passi di Ezechiele e della Bibbia (16,14-15; Dt 8; Sal 82).

*6-10. La sentenza punitiva inizia con il «perciò» (lākēn) e con la ripresa sintetica del grave crimine. JHWH, l'unico vero Dio, non sopporta un tale attentato alla sua gloria (Is 43,10-13; 48,11). Mobiliterà lui stesso la più feroce delle nazioni (v. 7), cioè i Babilonesi, contro il principe di Tiro, per annientarlo e estinguerne lo splendore. Il non poter sfuggire all'estrema rovina farà finalmente ricredere il presuntuoso signore dei mari: apprenderà che nessun mortale può arrogarsi impunemente onori sovrumani (v. 9).

Lamentazione-giudizio 28,11-19 11-19. Ancora più convincente doveva riuscire l'ultimo giudizio contro quel superuomo. Vi riscontriamo l'antitesi consueta “splendore-annientamento”, ma con nel mezzo l'iniquità, causa del tracollo. Dio stesso esalta, come in 27,3ss., le grandezze e perfezioni del principe fenicio, visto anche qui come tipo ideale della città-stato (v. 12). È un esemplare eccellente, come uno di quei sigilli dei re mesopotamici che, imprimendosi nella creta, potevano riprodursi in innumerevoli forme uguali. Doti della sua perfezione erano la sapienza e la bellezza, come quella del grande re d'Israele (cfr. 2Sam 14,17; Sal 45,3). Suoi ornamenti sono le pietre più preziose, come quelle che adornano la sposa del re divino (16,10-13): sono tutti quei beni che danno fulgore a un regnante. Il Signore l'aveva posto come protettore «ad ali spiegate» (v. 14) sul monte sacro, nell'Eden, tra dardi di fuoco. Vi si scorgono tratti di reminiscenza biblica e di impronta mitologica: il kerûb posto da Dio a difesa del giardino paradisiaco, la sua spada lampeggiante (Gn 3,24), il monte altissimo dei Cananei, dimora della divinità (Sal 48,3). Non è stato soltanto il singolo uomo (Adamo, Eva) ad essere dotato dal creatore di saggezza e armonia in un giardino di delizie, con la libera facoltà di scegliere la vita o la morte, ma Dio ha agito così anche con i grandi imperi: ha assegnato loro la regione dove svilupparsi e la missione da compiere e li ha guardati con occhio di compiacenza nel loro ordinato evolversi (v. 15; cfr. Dt 32,8; Am 9,7). Ma anche per essi ci fu una fatale inversione di rotta (v. 15b); quando cioè, nascosti nelle loro disonestà e profanazioni (Gn 3,8s.), furono scoperti dallo sguardo divino e quindi espulsi dalla santa sua montagna.

Le iniquità e la punizione vengono ora descritte con termini storici; il che è a scapito della coerenza poetica, ma rende più efficace e realistica l'applicazione. Tiro, come in 28,1-10, con l'astuzia e la frode nei commerci ha corrotto la sua sapienza, ha accresciuto i suoi beni e la sua fama, ed è caduto nel massimo orgoglio, fino a profanare il culto del Dio supremo (vv. 17-18). E il crimine insopportabile dei capi d'Israele (16,15; 21,31), ma anche dei regnanti pagani (31, 10). Gli è riservato l'abbassamento fino al suolo (v. 17b), sotto gli occhi degli altri popoli (v. 18), e il dissolvimento nella polvere, come per Adamo (v. 18; cfr. Gn 3,19). I popoli ne intoneranno il lamento tra lo stupore e il terrore: la caduta del principe di Tiro sarà loro di perenne ammonimento (v. 19).

Oracolo contro Sidone 28,20-23 20-23. La serie di “giudizi” contro Tiro è completata con un oracolo contro la città sorella, Sidone. Fu anch'essa una città-stato dei Fenici, rivale di Tiro, ma al tempo di Ezechiele molto decaduta; è menzionata in Ger 27,3 tra i clan cospiratori antibabilonesi. Umiliata Tiro sotto i colpi di Nabucodonosor (v. 10.18s.), Sidone sarebbe stata occasione di disagio per il popolo di Giuda cacciato dalla sua terra. Il Signore accomuna perciò quest'altra fortezza pagana all'abbassamento dei Tiri; sicché non si potrà gloriare e compiacere per la rovina del popolo eletto (v. 24). JHWH mostrerà in essa la sua santità e giustizia, riducendola nella miseria e nell'impossibilità di produrre sconforto negli Israeliti. Gli strumenti del castigo sono molto generici («peste», «sangue», «spada»); né viene richiamata espressamente alcuna colpa. Ma dal contesto appare con chiarezza la motivazione di quell'intervento: tutti quei popoli pagani erano stati occasione di infedeltà e di vergogna per i figli di Giacobbe. Se qualcuno di loro fosse sfuggito al disastro avrebbe costituito causa di ulteriore umiliazione per il popolo eletto di JHWH, portato fuori dalla sua terra (Nm 33,55; Gs 23,13). Simile concetto sarà espresso per la punizione dell'Egitto (29,16). Abbiamo così 7 vaticini di rovina contro altrettanti regni pagani d'Oriente: contro Ammon, Moab, Edom, 1 Filistei, Tiro (duplice, con tre ginâ-giudizio), Sidone, l'Egitto (una serie di 7 oracoli, nei cc. seguenti 29-32). Il numero 7 indica nel linguaggio biblico una completezza, qui un dissolvimento totale delle potenze avversarie: simbolo di liberazione e di restaurazione del popolo prescelto di JHWH (38,17-23; 39,21-29).

Oracolo a favore d'Israele 28,24-26 24-26. In contrapposizione a questi oracoli contro le genti che circondano la nazione eletta, viene ora aggiunto un vaticinio a favore della dispersa popolazione d'Israele. Ci vuole orientare verso il retto significato di quelle profezie di sventura (v. 26). La rovina delle nazioni e la liberazione degli Israeliti dal loro giogo dovevano dimostrare che JHWH non aveva lasciato andare in esilio costoro perché incapace a proteggerli, ma solo per purificarli dalle loro colpe: tutti un giorno dovranno riconoscere la sua grandezza e santità (v. 26b).

Al termine di questi oracoli si rivela, come appare anche più chiaramente altrove (cc. 20.36s.), il misterioso disegno di salvezza e di glorificazione dell'Onnipotente nel suo agire in Israele e tra le genti: punisce e salva il clan di Giacobbe che si era scelto per farlo servire alla sua lode; punisce i popoli a causa delle loro iniquità e perché non siano di nocumento per il popolo eletto nell'ora critica che sta attraversando.

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Lamentazione contro Tiro

Elogio della nave fenicia 1Mi fu rivolta questa parola del Signore: 2«Orsù, figlio dell’uomo, intona un lamento su Tiro. 3Di’ a Tiro, alla città situata all’approdo del mare, che commercia con i popoli e con molte isole: Così dice il Signore Dio: Tiro, tu dicevi: “Io sono una nave di perfetta bellezza”. 4In mezzo ai mari è il tuo dominio. I tuoi costruttori ti hanno reso bellissima: 5con cipressi del Senir hanno costruito tutte le tue fiancate, hanno preso il cedro del Libano per farti l’albero maestro; 6i tuoi remi li hanno fatti con le querce di Basan; il ponte te lo hanno fatto d’avorio, intarsiato nell’abete delle isole di Chittìm. 7Di lino ricamato d’Egitto era la tua vela che ti servisse d’insegna; di giacinto scarlatto delle isole di Elisa era il tuo padiglione. 8Gli abitanti di Sidone e di Arvad erano i tuoi rematori, i tuoi esperti, o Tiro, erano in te, come tuoi piloti. 9Gli anziani di Biblo e i suoi esperti erano in te, per riparare le tue falle. Tutte le navi del mare e i loro marinai erano in te per scambiare merci. 10Guerrieri di Persia, di Lud e di Put erano nelle tue schiere, appendevano in te lo scudo e l’elmo, ti davano splendore. 11I figli di Arvad e il loro esercito erano intorno alle tue mura, vigilando sui tuoi bastioni; tutti appendevano intorno alle tue mura gli scudi, rendendo perfetta la tua bellezza. 12Tarsis commerciava con te, per le tue ricchezze d’ogni specie, scambiando le tue merci con argento, ferro, stagno e piombo. 13Anche Iavan, Tubal e Mesec commerciavano con te e scambiavano le tue merci con schiavi e oggetti di bronzo. 14Quelli di Togarmà ti fornivano in cambio cavalli da tiro, cavalli da corsa e muli. 15Gli abitanti di Dedan trafficavano con te; il commercio delle molte isole era nelle tue mani: ti davano in pagamento zanne d’avorio ed ebano. 16Aram commerciava con te per la moltitudine dei tuoi prodotti e pagava le tue merci con turchese, porpora, ricami, bisso, coralli e rubini. 17Con te commerciavano Giuda e la terra d’Israele. Ti davano in cambio grano di Minnit, dolci, miele, olio e balsamo. 18Damasco trafficava con te per i tuoi numerosi prodotti, per i tuoi beni di ogni specie, scambiando vino di Chelbon e lana di Sacar. 19Vedan e Iavan da Uzal ti fornivano ferro lavorato, cassia e canna aromatica in cambio dei tuoi prodotti. 20Dedan trafficava con te in coperte di cavalli. 21L’Arabia e tutti i prìncipi di Kedar commerciavano con te: negoziavano con te agnelli, montoni e capri. 22I mercanti di Saba e di Raamà trafficavano con te, scambiando le tue merci con i più squisiti aromi, con ogni sorta di pietre preziose e con oro. 23Carran, Canne, Eden, i mercanti di Saba, Assur, Chilmad trafficavano con te. 24Al tuo mercato scambiavano con te vesti di lusso, mantelli di porpora e di broccato, tappeti tessuti a vari colori, funi ritorte e robuste. 25Le navi di Tarsis viaggiavano portando le tue mercanzie. Così divenisti ricca e gloriosa in mezzo ai mari.

Il naufragio 26In alto mare ti condussero i tuoi rematori, ma il vento d’oriente ti ha travolto in mezzo ai mari. 27Le tue ricchezze, i tuoi beni e il tuo traffico, i tuoi marinai e i tuoi piloti, i riparatori delle tue avarie, i trafficanti delle tue merci, tutti i guerrieri che sono in te e tutta la turba che è in mezzo a te piomberanno nel fondo dei mari, il giorno della tua caduta.

Il cordoglio dei mari 28All’udire il grido dei tuoi nocchieri tremeranno le spiagge. 29Scenderanno dalle loro navi quanti maneggiano il remo: i marinai e tutti i piloti del mare resteranno a terra. 30Faranno sentire il lamento su di te e grideranno amaramente, si getteranno sulla testa la polvere, si rotoleranno nella cenere. 31Si raderanno i capelli per te e vestiranno di sacco; per te piangeranno nell’amarezza dell’anima con amaro cordoglio. 32Piangendo intoneranno su di te un lamento, su di te comporranno elegie: “Chi era come Tiro, ora distrutta in mezzo al mare? 33Quando dai mari giungevano le tue mercanzie, saziavi tanti popoli; con l’abbondanza delle tue ricchezze e del tuo commercio arricchivi i re della terra. 34Ora tu giaci travolta dai flutti nelle profondità delle acque: il tuo carico e tutto il tuo equipaggio sono sommersi con te. 35Tutti gli abitanti delle isole sono rimasti spaventati per te e i loro re, colpiti dal terrore, hanno il viso sconvolto. 36I mercanti dei popoli fischiano di orrore su di te, sei divenuta oggetto di terrore, finita per sempre”».

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Approfondimenti

Lamentazione contro Tiro 27,1-36 Il c. 27 è la ripresa del lamento funebre di 26,15-18 che ora è amplificato: così lo designa l'invito stesso di JHWH (v. 2). Consta di 3 parti:

a) la descrizione dello splendore di Tiro sotto l'allegoria di una magnifica nave (vv. 3-25); b) l'improvviso irrompere di un uragano e il naufragio (vv. 26-27); c) lo sgomento e il cordoglio di tutti gli abitanti delle isole (vv. 28-36).

In a) è Dio stesso che fa l'elogio della magnificenza di Tiro: in una prima sezione di stile elevato, in versi elegiaci (vv. 3-11); in una seconda sezione molto prosaica, con una densa lista di mercanzie e dei rispettivi popoli che le forniscono (vv. 12-25).

In b) riprende la forma del lamento funebre, con immagini rapide e impressionanti.

In c) JHWH riporta e fa sua la lamentazione che intoneranno tutti i popoli delle spiagge circonvicine, all'apprendere il terribile naufragio dell'imbarcazione fenicia. Espressamente non si allude ad alcun elemento religioso. Non si rimprovera alla grandiosa nave alcuna colpa verso la divinità o verso il popolo di JHwH, col quale è in regolare commercio (v. 17). La sua rovina avviene all'improvviso, per un casuale infuriare del Mar Mediterraneo tante volte solcato; né c'è la mano divina a sospingerla verso lo š'ôl, in fondo alle acque. C'era però nella mentalità d'Oriente l'idea che Tiro fosse inespugnabile. Vi si era cimentato ad abbatterla Assur, vi si proverà per lunghi anni Nabucodonosor... invano! Pareva qualcosa di imperituro che si ergesse di fronte a JHWH, il Signore dell'universo. Israele doveva imparare, attraverso l'indefettibile parola profetica (Ger 1,10; Is 2,15), che qualsiasi potenza terrena era destinata a inchinarsi all'Onnipotente, dall'eccelsa torre di Babele (Gn 11) alle imponenti navi di Tarsis (Is 2,13-16). L'oracolo divino che pronunzia un formidabile lamento sulla fine di Tiro garantiva il trionfo del Dio d'Israele sui temuti colossi della storia, e l'esule clan di Giuda poteva continuare a fidarsi del suo Signore.

Elogio della nave fenicia 27,1-25 1-11. Dopo la solita basilare apostrofe al soggetto del lamento funebre, la città di Tiro (v. 3; cfr. 19,2.10; 28,12), sỉ passa a tratteggiare i diversi aspetti di quel fulgore: la sua residenza è l'oceano, gli elementi che la compongono sono di gran pregio; i fianchi di legno scelto (cedri del Libano), i remi dalle querce di Basan (regione a sud dell'Ermon), la vela di fine variopinto bisso, la coperta di stoffa dell'isola di Elisa (Cipro). Fuori metafora, si tratta delle artistiche costruzioni che abbellivano la capitale tira. Scelti pure, e molto esperti, i rematori, cioè i responsabili del governo, gli amministratori, i difensori: sapienti di Arvad e di Semer (città dipendenti), anziani di Biblos, guerrieri di varie razze (Lud, Put: regioni del Nord-Africa). L'alto valore di tutto l'equipaggio prepara l'abisso della caduta.

12-25. In linea con l'allegoria vengono enumerate le molte località del Mediterraneo con cui commerciava l'instancabile nave dei Fenici: Tarsis (sull'estrema costa di Spagna), Tubal e Mesech (della zona del Mar Nero); Togarma (probabilmente l'Armenia); Dedan (o Rodi come è preferibile leggere con i LXX), con altre isole coloniche fenice; e poi Aram (la Siria, o Edom come hanno letto le versioni antiche), Giuda con prodotti di Minnit (città di Ammon), Damasco con merci di Chelbon e Zacar (in territorio siriano); Iavan (Grecia ionica), Vedan, Uzal, Dedan (in Arabia); Arabia, Kedar, Saba, Raema (della zona arabica del sud); Carran, Canne, Eden, Kilmad, città della Mesopotamia (vv. 12-23). Innumerevoli erano le merci di scambio, dai fini metalli alle stoffe pregiate, ai frutti, agli aromi più squisiti, agli animali d'ogni tipo, agli schiavi. Rendevano la nave stracarica e ricchissima (v. 25).

Il naufragio 27,26-27 27,26-27. Ma con tutta questa opulenza non potrà evitare il tracollo. Il disastro verrà dal vento d'oriente, che la sorprenderà in alto mare, dove si riteneva sicura e la travolgerà irrimediabilmente. Una scarna enumerazione delle mercanzie e dei componenti l'equipaggio accompagna il rigurgito dell'oceano; l'intera imbarcazione sprofonda; una pausa di silenzio pare avvolga l'immane tragedia. È «il giorno della caduta» per Tiro! Come lo sarà temporaneamente per il paese di Giuda (7,10ss.) e per il regno dei faraoni (30,3).

Il cordoglio dei mari 27,28-36 Le grida dei nocchieri, tuttavia, valicheranno i mari e susciteranno un immenso cordoglio: stupore e lamentazione di tutti i nocchieri con gesti di lutto. Prostrarsi nella polvere, radersi i capelli, coprirsi di rude sacco, intonare la nenia funebre, secondo la duplice fase segnata dal lugubre evento: chi trafficava da secoli con numerosi popoli, ora giace inerte negli abissi marini; chi si è tanto rallegrato per la caduta delle città di Giuda, ora è subissato dai fischi di compiacenza dei commercianti rivali (v. 36). Il lamento giudiziario non si conclude questa volta con la formula solita del riconoscimento di JHWH: ma la sua suprema maestà si staglia folgorante sull'istantanea scomparsa di una grandissima potenza terrena.

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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CONTRO TIRO E SIDONE

Contro Tiro 1Nell’anno undicesimo, il primo del mese, mi fu rivolta questa parola del Signore: 2«Figlio dell’uomo, poiché Tiro ha detto di Gerusalemme: “Bene! Eccola infranta la porta delle nazioni, verso di me essa si volge, la sua ricchezza è devastata”, 3ebbene, così dice il Signore Dio: Eccomi contro di te, Tiro. Manderò contro di te molti popoli, come il mare solleva le onde, 4e distruggeranno le mura di Tiro, demoliranno le sue torri: spazzerò via da essa anche la polvere e la ridurrò a un arido scoglio. 5Essa diverrà, in mezzo al mare, un luogo dove stendere le reti, poiché io ho parlato. Oracolo del Signore. Essa sarà data in preda alle nazioni 6e le sue figlie in piena campagna saranno uccise di spada; allora sapranno che io sono il Signore. 7Perché così dice il Signore Dio: Io mando da settentrione contro Tiro Nabucodònosor, re di Babilonia, il re dei re, con cavalli, carri e cavalieri e una folla, un popolo immenso. 8Le tue figlie, in terraferma, ucciderà di spada, contro di te costruirà bastioni, alzerà terrapieni, disporrà un tetto di scudi. 9Con gli arieti colpirà le tue mura, demolirà le tue torri con i suoi ordigni. 10La moltitudine dei suoi cavalli sarà tale che ti coprirà con la sua polvere, per lo strepito dei cavalieri, delle ruote e dei carri tremeranno le tue mura, quando entrerà dalle tue porte come si entra in una città espugnata. 11Con gli zoccoli dei suoi cavalli calpesterà tutte le tue strade, passerà il tuo popolo a fil di spada, abbatterà le tue colonne protettrici. 12Saccheggeranno le tue ricchezze, faranno bottino delle tue mercanzie. Abbatteranno le tue mura, demoliranno i tuoi splendidi palazzi: getteranno in mezzo al mare le tue pietre, i tuoi legnami e la tua polvere. 13Farò cessare lo strepito delle tue canzoni e non si udrà più il suono delle tue cetre. 14Ti renderò simile a un arido scoglio, a un luogo dove stendere le reti; tu non sarai più ricostruita, poiché io, il Signore, ho parlato. Oracolo del Signore Dio. 15Così dice a Tiro il Signore Dio: Al fragore della tua caduta, al gemito dei feriti, quando la strage infierirà in mezzo a te, le isole forse non tremeranno? 16Tutti i prìncipi del mare scenderanno dai loro troni, deporranno i loro manti, si spoglieranno delle vesti ricamate, si vestiranno a lutto e, seduti per terra, tremeranno ad ogni istante, spaventati per te. 17Su di te alzeranno un lamento e diranno: “Come sei perita, travolta dai flutti, città famosa, potente sui mari! Essa e i suoi abitanti, incutevano terrore su tutta la terraferma. 18Ora le isole tremano, nel giorno della tua caduta, le isole del mare sono spaventate per la tua fine”. 19Poiché così dice il Signore Dio: Quando avrò fatto di te una città deserta, come sono le città disabitate, e avrò fatto salire su di te l’abisso e le grandi acque ti avranno ricoperto, 20allora ti farò scendere nella fossa, verso un popolo di tempi lontani, e ti farò abitare nelle regioni sotterranee, in luoghi desolati da secoli, con quelli che sono scesi nella fossa, perché tu non sia più abitata: allora io darò splendore alla terra dei viventi. 21Ti renderò oggetto di spavento e più non sarai; ti si cercherà, ma né ora né mai sarai ritrovata». Oracolo del Signore Dio.

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Approfondimenti

Contro Tiro 26,1-21 Questo capitolo può considerarsi come la continuazione del precedente; solo che il “giudizio” contro Tiro è più ampio degli altri, e si apre a un ulteriore prolungamento nel capitoli seguenti: lo esigeva l'imponenza dell'avversario. Precede l'indicazione cronologica.

Si era nell'11° anno, cioè nello stesso anno della caduta di Gerusalemme, il 587, ed esattamente verso la fine di quell'anno (ai primi di dicembre), quando la notizia del crollo della città dovette raggiungere gli esuli di Tel-Aviv, il 5 del 10° mese 587 (33, 21). Tiro era una città-stato fenicia a regime monarchico, come lo erano altre città della stessa regione (Biblos, Sidone), tra i monti del Libano e il Mar Mediterraneo a nord della Palestina. Vi si erano insediati fin dal III millennio gruppi di semiti provenienti dall'est. La città di Tiro era collocata su un'isola, saldamente fortificata, ma estendeva il suo dominio anche nella terraferma. Con le sue industrie e i suoi commerci marittimi si assicurò splendidi traguardi nell'economia e nell'espansione. Fu in buoni rapporti con vari re d'Israele (Salomone nel sec. X; Acab nel sec. VIII; Sedecia nel sec. VI). Ma ciò non la sottrasse alla sua insaziabile avidità nei confronti del popolo di Giuda. Esultò quando apprese la fine della capitale ebrea: si dissolveva con essa il centro commerciale dei popoli (v. 2), che dalla Mesopotamia, attraverso Canaan, scendevano verso l'Egitto; ora questa funzione di smercio passava con grandi profitti alla città fenicia. Era questa la prima accusa che il profeta indirizzava all'ambizioso regno vicino nell'ora della crisi del suo popolo. Non meno pesante doveva essere la punizione di colui che vigila su Israele. Essa viene espressa a ondate in 4 strofe a somiglianza dei flutti dell'oceano che incalzano contro i palazzi costruiti sullo scoglio.

3-6. 1ª strofa. Il verdetto su Tiro inizia con una formula di sfida (v. 3). JHWH stesso sospinge schiere di assalitori (le truppe di Babilonia) come onde marine che finiranno per polverizzare le mura della città e ridurla a un'arida roccia, semplice spiazzo «dove stendere le reti» (vv. 4s.). Saranno anche abbattute le città dipendenti della terraferma. In quel totale dissolvimento apparirà chiaro il giusto giudizio di JHWH (v. 6).

7-14. 2ª strofa. Vengono specificati agenti e modalità e conseguenze del grande assalto. Si tratterà del re di Babel, Nabucodonosor che, sappiamo, in quegli anni assediò a lungo la famosa isola, con torri e mezzi d'assalto mobili e difendendosi con larghi scudi dalle frecce degli assediati. Cadono in suo potere le filiali del lido, le città da lei dipendenti; e quindi vengono descritte come in un plastico impressionante le tipiche fasi di un'espugnazione: crollo delle torri, ingresso degli eserciti, strepiti di carri, scalpitio di cavalli, mucchi di cadaveri, caduta delle grandi colonne del tempio del dio Melqart, e poi saccheggio delle mercanzie, e in fine “silenzio e tenebra” al posto del suono delle cetre e delle liete canzoni: immagini tutte dello stile narrativo di una conquista militare. A conferma che la minaccia si dovrà avverare, si conclude con l'attestato della parola di JHWH (v. 14). Storicamente la piena realizzazione del vaticinio pare non si sia verificata in quell'epoca. L'assedio della città insulare, durato 13 anni, ne indebolì per sempre il prestigio e l'opulenza, ma non consta che Tiro sia stata del tutto distrutta in quell'occasione (cfr. 29,17s.): lo sarà più tardi, a opera di un altro grande conquistatore d'Oriente, Alessandro Magno, nel 332 a.C. Al profeta importava proclamare decisamente l'onnipotenza del supremo Signore contro l'arroganza di quel popolo pagano: egli saprà atterrarlo al momento opportuno, a difesa del suo nome e dei suoi disegni.

15-21. Nella 3ª strofa viene annunziata la costernazione che quel disastro susciterà nelle potenze marinare, «i principi del mare»: sarà come se assistessero ai crolli dei palazzi e ai gemiti dei feriti; la esprimeranno con gesti di cordoglio usuali in quell'epoca: scesi dai troni e deposte le insegne regali vestiranno a lutto e seduti nella polvere intoneranno il lamento funebre, in cui grideranno il loro terrore nel confrontare quella paurosa scomparsa con la precedente grandezza, la gloria di un tempo con l'abisso presente. A intensificare la dose, la parola divina dichiara la rovina definitiva del popolo fenicio: sommerso lo scoglio dalle acque, gli abitanti saranno precipitati nel profondo š'ôl, dimora sotterranea dove languiscono per sempre, senza più speranza di luce, tutte le passate generazioni.

Il Dio d'Israele tiene sotto il suo dominio non solo i piccoli stati dell'area palestinese, ma anche le grandi potenze, qual è stata da secoli il regno di Tiro. Lo giudicherà per la maliziosa gioia manifestata nei riguardi del popolo eletto; lo verrà a sfidare nel suo imprendibile baluardo; lo umilierà dinanzi a tutti i signori del mare, e lo farà precipitare nel tenebroso oltretomba. Israele andrà in esilio per le iniquità commesse, ma il suo Dio lo saprà redimere e riportare nella terra dei padri; Tiro sprofonderà per sempre nell'abisso, fuori della scena della vita e del mondo. Nulla sulla terra potrà ostacolare i piani di Dio nella storia. Un concetto della potenza e fedeltà di JHwH, che il profeta del Chebar svilupperà con ulteriori particolari negli oracoli seguenti.

(cf. GAETANO SAVOCA, Ezechiele – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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